ALLA GIUNTA DELL’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ITALIANE

 

L’arresto di venti persone appartenenti al movimento dei Forum sociali italiani avvenuto nella giornata del 15 novembre e la qualità delle accuse mosse loro ci spingono a chiedere alla Giunta dell’U.C.P.I., riunita a Lecce, un ascolto motivato da un’urgente esigenza di riflessione e di consapevole presa di posizione.

 

-     Colpisce infatti nei provvedimenti adottati in primo luogo la contestazione di reati per alcuni dei quali, i più significativi, non si rinvengono quasi precedenti nella storia della giurisprudenza del nostro paese, reati introdotti nel codice penale da un legislatore il cui spirito e le cui intenzioni sono in contrasto con lo spirito e le intenzioni della nostra carta costituzionale che prevede e garantisce il diritto alla libera manifestazione delle opinioni politiche, alla riunione, alla associazione. Colpisce quindi la persistenza, dopo oltre mezzo secolo dall’entrata in vigore della costituzione repubblicana, di un codice penale fascista, che prevede al suo interno come reati comportamenti che solo in un’ottica fascista possono divenire oggetto di una valutazione penale.

-     L’U.C.P.I. si è battuta per anni con vigore inflessibile per la realizzazione di un giusto processo. E’ importante che con altrettanto vigore si batta per un codice penale che risponda allo spirito di una società democratica, nella convinzione che un giusto processo non può esistere che in rapporto a un diritto penale anch’esso giusto e cioè ispirato ai valori e principi fondamentali della costituzione repubblicana.

-     Colpisce ancora nell’esecuzione dei provvedimenti adottati l’applicazione di quel pericoloso principio di dislocazione territoriale, sperimentato nelle prassi riguardanti l’espulsione degli stranieri non comunitari, per cui gli indagati sono stati arrestati in un luogo, trasportati per essere custoditi in un altro, processati in un altro ancora, lontani in tal modo, dalla propria residenza, dal proprio difensore, dal giudice che procede. Che ne sarà in questi casi di quelle garanzie di contatto immediato con il difensore per approntare la propria difesa, di quel diritto ad essere interrogati dal proprio giudice, di quel diritto ad ottenere senza ostacoli i documenti del proprio processo. Sono domande che l’associazione dei penalisti italiani non può ignorare.

-     Colpisce infine il fatto che ancora una volta nel nostro paese si assista alla immediata tragica rilettura in termini penali di fatti, idee, movimenti che animano e agitano nel profondo la società. I provvedimenti adottati inquietano anche perché sembrano gia alludere a un atteggiamento futuro, perché rendono reale in anticipo la possibilità che la storia che accade venga scritta attraverso le sentenze e scandita attraverso il tempo delle prigioni. Inquietano perché nascondono al loro interno un appello all’imitazione, un invito a criminalizzare sempre e ovunque.

-     Chiediamo che l’U.C.P.I. si batta contro questo stato di cose, per l’abolizione del Codice Rocco, per la tutela dei diritti alla difesa, per una cultura che cancelli dal nostro paese il sinistro pancriminalismo da cui è infetta.

 

 

LECCE SOCIAL FORUM

Lecce, il 16.11.2002