Alla cortese attenzione dell’On. Silvio Berlusconi

Presidente del Consiglio dei Ministri

 

On. Gianfranco Fini

Vice-Presidente del Consiglio dei Ministri

 

On. Giuseppe Pisanu

Ministro dell’Interno

 

On. Roberto Maroni

Ministro per il Lavoro e Politiche sociali

 

On. Franco Frattini

Ministro degli Affari Esteri

 

On. Alfredo Mantovano

Sottosegretario all’Interno

 

On. Grazia Sestini

Sottosegretario per il Lavoro e Politiche sociali

 

Dott. Donato Atubato

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Coordinamento Amministrativo

 

Pref. Carlo Mosca

Ministero dell’Interno - Ufficio Centrale Affari Legislativi e Relazioni Internazionali

 

Pref. Anna Maria D’Ascenzo

Ministero dell’Interno - Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione

 

Pref. Alessandro Pansa

Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale Polizia Stradale, Ferroviaria, Postale, di Frontiera e dell'Immigrazione

 

Pref. Carlo Marsili

Ministero Affari Esteri - Direzione Generale per gli Italiani all'Estero e le Politiche Migratorie

 

Dott. Maurizio Silveri

Ministero del Lavoro - Servizio Extracomunitari

Comitato per i minori stranieri

 

Alla cortese attenzione dei Senatori e Deputati, On. Isabella Bertolini

On. Gabriele Boscetto

On. Maria Burani Procaccini

On. Tana De Zulueta

On. Maurizio Eufemi

On. Luciano Guerzoni

On. Carlo Leoni

On. Luciano Magnalbò

On. Domenico Nania

On. Francesco Martone

On. Luca Volonté

On. Livia Turco


 

 

Roma, 18 Novembre 2002

 

 

 

In vista dell’adozione dei regolamenti di attuazione della legge 30 luglio 2002, n.189 “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”, Vi chiediamo di intervenire affinché alcuni aspetti della nuova legge che potrebbero essere oggetto di incertezze interpretative siano chiariti mediante disposizioni regolamentari, al fine di garantire la certezza del diritto e la tutela dei diritti dei minori in conformità a quanto sancito dalla legge e dalle convenzioni internazionali.

 

Confidando che il positivo confronto avuto durante la discussione del disegno di legge in Parlamento, in seguito alle proposte da noi inviate, possa continuare e svilupparsi ulteriormente, inviamo ora alcune proposte concernenti tre questioni che riteniamo particolarmente problematiche:

1)     la facoltà per i minori titolari di permesso di soggiorno per minore età di esercitare attività lavorativa;

2)     la conversione del permesso di soggiorno per minore età in permesso per lavoro o per studio, al compimento della maggiore età;

3)     lo status dei minori non accompagnati richiedenti asilo.

 

 

 

1) Il diritto di esercitare attività lavorativa

 

1.1) Aspetti problematici

 

Fino all’entrata in vigore della legge n. 189/2002 i minori stranieri non accompagnati titolari di permesso di soggiorno per minore età, secondo quanto disposto dalle circolari del Ministero dell’Interno del 13 Novembre 2000 e del 9 Aprile 2001, non potevano svolgere attività lavorativa.

Questa disposizione costituiva una violazione del principio del “superiore interesse del minore” e del principio di non discriminazione sanciti dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo (ratificata con legge n. 176/91): i minori stranieri titolari di permesso di soggiorno per minore età, infatti, risultavano evidentemente discriminati rispetto ai minori italiani e ai minori stranieri titolari di permesso per motivi familiari, ai quali è consentito svolgere attività lavorativa dopo il compimento dei 15 anni e l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Tale divieto di svolgere attività lavorativa è stato ritenuto illegittimo in diverse pronunce del Tribunale ordinario.

 

L’art. 25 della legge n. 189/2002 stabilisce che il minore straniero non accompagnato che “svolge attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana” possa convertire il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, in questo modo prevedendo implicitamente la possibilità che i minori titolari di permesso per minore età possano svolgere attività lavorativa.

 

 

1.2) Proposte per il regolamento

 

Per evitare incertezze interpretative, proponiamo che il regolamento di attuazione stabilisca esplicitamente che ai minori stranieri titolari di permesso di soggiorno per minore età è consentito svolgere attività lavorativa nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana.


2) La conversione del permesso di soggiorno al compimento dei 18 anni

 

2.1) Aspetti problematici

 

In base alle circolari del Ministero dell’Interno del 13 Novembre 2000 e del 9 Aprile 2001, ai minori titolari di permesso di soggiorno per minore età non era consentito in alcun caso convertire il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età.

A causa di tale disposizione, che nega a questi ragazzi qualsiasi prospettiva di integrazione nel nostro Paese, è diventato sempre più difficile attuare percorsi di inserimento legale, è aumentato il numero di minori stranieri che restano nella clandestinità e non si presentano ai servizi di accoglienza, con conseguente impossibilità di garantire i loro diritti minimi (accoglienza, protezione, istruzione, salute ecc.), e sono aumentati notevolmente i rischi di sfruttamento e di coinvolgimento in attività illegali di questi minori.

Come hanno stabilito in numerose sentenze i TAR di diverse Regioni, questa disposizione costituisce una violazione del principio di non discriminazione e del principio del “superiore interesse del minore” sanciti dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.

 

La modifica normativa introdotta dall’art. 25 della legge n. 189/2002, in base a cui i minori entrati in Italia da almeno tre anni (ovvero prima del compimento dei 15 anni) e che hanno seguito un progetto di integrazione per almeno due anni possono convertire il permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, rappresenta un certo miglioramento in direzione della tutela dei diritti dei minori non accompagnati, ma tale miglioramento resta molto limitato, dato che tipicamente la netta maggioranza di questi minori entrano in Italia dopo il compimento dei 15 anni e restano quindi esclusi dalla possibilità di convertire il permesso di soggiorno alla maggiore età.

 

Inoltre, il dettato dell’art. 25 lascia spazio ad alcune ambiguità interpretative:

 

1) In primo luogo, non sono chiari i rapporti tra il primo comma dell’art. 32 del T.U. 286/98 (il cui testo non è stato modificato dalla legge n. 189/2002) e le disposizioni dei commi successivi, introdotte dall’art. 25 della legge n. 189/2002.

Il primo comma dell’art. 32 riguarda infatti i “minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184” (e cioè con provvedimento del Tribunale per i minorenni o con provvedimento dei servizi sociali, reso esecutivo dal Giudice Tutelare) e stabilisce che, al compimento della maggiore età, possa essere loro rilasciato “un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura”, senza porre ulteriori condizioni vincolanti quali l’ingresso in Italia da almeno tre anni e la partecipazione a un progetto di integrazione per almeno due anni.

D’altra parte, i nuovi commi introdotti dall’art. 25 della legge n. 189/2002 stabiliscono differenti requisiti, quali l’ingresso in Italia da almeno tre anni e la partecipazione a un progetto di integrazione per almeno due anni, ma non includono tra tali requisiti anche il fatto che il minore sia affidato.

L’interpretazione maggiormente conforme al testo di legge sembra dunque quella secondo cui vi sarebbero due differenti situazioni in cui il permesso rilasciato al minore straniero non accompagnato può essere convertito al compimento dei 18 anni, ove non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri:

a)      i minori affidati ai sensi dell’art. 2 della legge n. 184/83, a prescindere dalla sussistenza dei requisiti previsti ai commi 1-bis e ter dell’art. 32 del T.U. 286/98 (ingresso in Italia da almeno tre anni, partecipazione a un progetto di integrazione per almeno due anni ecc.);

b)     i minori che soddisfano i requisiti stabiliti ai commi 1-bis e ter dell’art. 32 del T.U. 286/98 introdotti dalla legge n. 189/2002 (ingresso in Italia da almeno tre anni, partecipazione a un progetto di integrazione per almeno due anni ecc.), a prescindere dalla presenza di un provvedimento di affidamento.


 

2) Non è chiaro che cosa debba intendersi per “progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato”: in particolare non sono chiari né i criteri in base a cui tali progetti debbano essere strutturati, né se vi rientrino solo quei percorsi di inserimento definiti esplicitamente e dall’inizio del percorso come “progetti di integrazione ai sensi dell’art. 32, co. 1-bis”.

E’ necessario, in primo luogo, che i criteri in base a cui dovranno essere strutturati i “progetti di integrazione ai sensi dell’art. 32, co. 1-bis” siano definiti al più presto, anche sulla base delle indicazioni che auspichiamo saranno fornite dal Comitato per i minori stranieri.

In secondo luogo, per quanto riguarda il pregresso, è chiaro che non si possono considerare come “progetti di integrazione sociale e civile” solo quei percorsi di inserimento definiti esplicitamente e dall’inizio del percorso come “progetti di integrazione ai sensi dell’art. 32, co. 1-bis”: se si adottasse questa interpretazione restrittiva, infatti, i minori che compiono la maggiore età nei due anni successivi alla definizione di tali criteri, e che pure hanno seguito percorsi di inserimento scolastico, formativo o lavorativo, non potrebbero convertire il permesso di soggiorno alla maggiore età, in quanto evidentemente non possono dimostrare di aver seguito per almeno due anni un progetto definito in base a norme che non erano ancora state emanate al momento in cui hanno iniziato il percorso.

E’ opportuno, dunque, che almeno per i minori che compiranno la maggiore età entro il termine di due anni dalla data di definizione dei succitati criteri, si considerino come “progetti di integrazione” che consentono la conversione del permesso al compimento della maggiore età, i percorsi di inserimento scolastico, formativo o lavorativo, anche non definiti esplicitamente e fin dall’inizio come “progetti di integrazione ai sensi dell’art. 32, co. 1-bis”, che siano certificati da un ente pubblico (ad esempio i servizi sociali che hanno seguito il minore o la scuola pubblica che il minore ha frequentato) o da uno degli enti privati di cui allo stesso comma (ad esempio l’ente che gestisce la comunità di accoglienza in cui il minore è ospitato o che gestisce il centro di formazione professionale che il minore ha frequentato).

 

3) Non è chiaro quale organo debba valutare nei singoli casi la sussistenza dei requisiti per la conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età ai sensi dell’art. 32, co. 1-bis e ter.

La “Nota interpretativa dell’art. 25 L. 30 luglio 2002, n. 189” del 14 Ottobre 2002, a firma del Presidente del Comitato per i minori stranieri, fornisce la seguente interpretazione: “al momento del raggiungimento della maggiore età del minore, il Comitato valuterà e verificherà: - se il progetto realizzato dagli enti gestori a favore del minore è conforme alla normativa secondo gli standard applicativi indicati nelle linee guida elaborate [dal Comitato]; - se il minore è presente sul territorio da non meno di tre anni e accerterà l'idoneità della documentazione relativa alla disponibilità di un alloggio per il minore, la frequenza di corsi di studio, lo svolgimento di attività lavorativa retribuita o il possesso di un contratto di lavoro. Se il parere sul progetto sarà positivo da parte del Comitato, quest'ultimo darà indicazioni alle questure di modificare al minore il permesso di soggiorno per affidamento in un permesso di soggiorno per studio o in uno per lavoro”.

Riteniamo positiva l’indicazione secondo cui il progetto di integrazione debba essere valutato in base a standard definiti dal Comitato per i minori stranieri, in quanto organo che “opera al fine prioritario di tutelare i diritti dei minori presenti non accompagnati […] in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo” e che “vigila sulle modalità di soggiorno dei minori” (D.P.C.M. 535/99, art. 2).

Desta perplessità e preoccupazione, invece, l’indicazione secondo cui il permesso di soggiorno potrebbe essere convertito al compimento dei 18 anni solo in seguito a un parere positivo da parte del Comitato, invece che sulla base di una valutazione compiuta a livello locale.

Tale interpretazione – che non trova alcun conforto nella lettera dell’art. 25 – implicherebbe infatti un significativo allungamento delle procedure, in quanto il Comitato per i minori stranieri incontra oggettive difficoltà a valutare la situazione dell’elevatissimo numero di casi ad esso segnalati: a tale proposito è utile ricordare che il Comitato ha adottato, nel periodo tra l’1 Luglio 2000 e il 31 Gennaio 2002, solo 270 provvedimenti, pari all’1,7% del totale dei minori segnalati, e che nello stesso periodo più di 8.000 minori segnalati al Comitato hanno compiuto 18 anni senza ricevere alcun provvedimento da tale organo.

Inoltre, ove vi siano chiare linee guida elaborate dal Comitato, non sembra necessaria la valutazione dei singoli progetti da parte di un organo centrale: la valutazione da parte di organi decentrati quali i servizi sociali o, in subordine, le Prefetture ci sembra anzi più opportuna, in quanto si tratta di organi che hanno un maggiore contatto con il territorio, e quindi con gli enti gestori dei progetti, con le scuole, con le comunità di accoglienza e con i minori stessi. 

 

4) La nuova legge stabilisce che il numero dei permessi di soggiorno rilasciati a minori non accompagnati al compimento della maggior età “è portato in detrazione dalle quote di ingresso definite annualmente nei decreti di cui all’articolo 3, comma 4”, senza chiarire se la detrazione debba essere portata alle quote fissate per l’anno successivo o alle quote precedentemente definite.

Questa seconda interpretazione implicherebbe la necessità di attendere ogni anno l’emanazione del decreto di programmazione dei flussi e, in caso esaurimento delle quote fissate o di mancata emanazione del decreto stesso, l’impossibilità di convertire i permessi di soggiorno rilasciati ai minori stranieri non accompagnati.

 

5) Infine, un ultimo problema riguarda i minori cui viene rilasciato, al compimento della maggiore età, un permesso di soggiorno per motivi di studio e che successivamente, al termine degli studi, intendono convertirlo in permesso per lavoro.

La legge, infatti, prevede che il permesso di soggiorno per studio possa essere convertito in permesso per lavoro (subordinato o autonomo) nell’ambito delle quote fissate dai decreti di programmazione dei flussi, senza prevedere alcun criterio di priorità rispetto alle domande relative a nuovi ingressi dall’estero: di conseguenza accade che, a fronte di un esaurimento delle quote in favore di nuovi ingressi dall’estero, ragazzi che hanno seguito nel nostro Paese un percorso di studio e formazione e che si sono integrati nella nostra società si trovino impossibilitati a ottenere un permesso per lavoro e siano quindi costretti a lasciare l’Italia o a restarvi come irregolari.

Sarebbe quindi opportuno prevedere un criterio di priorità per le conversioni dei permessi di studio in permessi per lavoro rispetto alle domande di nuovi ingressi o, preferibilmente, stabilire che tali conversioni vengono detratte dalle quote di ingresso definite dal decreto di programmazione dei flussi successivo.

 

 

 

2.2) Proposte per il regolamento

 

E’ opportuno che il regolamento di attuazione elimini le ambiguità interpretative sopra delineate, adottando, in conformità a quanto sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, l’interpretazione che risponde al principio del “superiore interesse del minore”.

A tal fine proponiamo che il regolamento stabilisca che:

 

1)     Ai minori destinatari di un provvedimento di affidamento ai sensi dell’art. 2 della legge 4 maggio 1983 n. 184 (disposto dal Tribunale per i minorenni o disposto dai servizi locali e reso esecutivo dal Giudice Tutelare) che abbiano la disponibilità di un alloggio e frequentino corsi di studio, o svolgano attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, o siano in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato, o dimostrino la sussistenza dei requisiti necessari per lo svolgimento di lavoro autonomo, o presentino documentate esigenze di cure sanitarie, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura, al compimento della maggiore età, ai sensi dell’art. 32, co. 1 del T.U. 286/98, anche ove non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri e a prescindere dalla sussistenza dei requisiti previsti ai commi 1-bis e ter dell’art. 32 del T.U. 286/98.

 

2)     Ai minori che soddisfano i requisiti stabiliti ai commi 1-bis e ter dell’art. 32 del T.U. 286/98, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio o di accesso al lavoro o di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, a prescindere dalla previa disposizione di un provvedimento di affidamento.

 

3)     La partecipazione a un progetto di integrazione sociale e civile, ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, ai sensi dell’art. 32, co. 1-bis e ter del T.U. 286/98, può essere dimostrata mediante la certificazione, da parte di uno degli enti pubblici o privati di cui all’art. 32 co. 1-bis, che il minore abbia frequentato corsi di studio o corsi di formazione professionale, o abbia svolto attività finalizzate all’avviamento al lavoro quali borse di formazione lavoro, o abbia svolto attività lavorative.

 

4)     La verifica delle condizioni di cui all’art. 32, co. 1-bis e ter del T.U. 286/98, ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, è effettuata dai servizi sociali o, in subordine, dalla Prefettura del luogo in cui il minore è domiciliato; i risultati di tale verifica sono comunicati alla Questura competente.

 

5)     In casi particolari, ove lo richieda il superiore interesse del minore, il Questore può stabilire ai fini del rilascio di un permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, condizioni più favorevoli rispetto a quelle stabilite dall’art. 32, co. 1-bis e ter del T.U. 286/98.

 

6)     La detrazione dei permessi di soggiorno rilasciati al compimento della maggiore età, ai sensi dell’art. 32, co. 1-quater del T.U. 286/98, è riferita alle quote di ingresso definite nei decreti di programmazione dei flussi emanati successivamente alla conversione stessa.

 

7)     Le domande di conversione del permesso di soggiorno per motivi di studio in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ai sensi dell’art. 6, co. 1 del T.U. 286/98, sono esaminate con carattere di priorità rispetto alle domande relative a nuovi ingressi dall’estero, ovvero sono detratte dalle quote di ingresso definite dal successivo decreto di programmazione dei flussi.

 

 

 

3) Minori non accompagnati richiedenti asilo

 

3.1) Aspetti problematici

 

1) La legge n. 189/2002 stabilisce che in determinate circostanze i richiedenti asilo siano trattenuti nei centri di identificazione o nei centri di permanenza temporanea, senza prevedere specifiche disposizioni a tutela dei minori.

Il trattenimento dei richiedenti asilo minorenni comporterebbe tuttavia una violazione sia del principio del “superiore interesse del minore” sancito dall’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo, sia dell’art. 37 della stessa Convenzione, in base a cui la privazione della libertà personale del minore deve essere un provvedimento di ultima risorsa e deve avvenire in strutture separate dagli adulti[1].

In applicazione di tali principi, la Direttiva del Ministro dell’Interno del 30 Agosto 2000, contenente la “Carta dei diritti e dei doveri per il trattenimento della persona ospitata nei centri di permanenza temporanea”, ha precisato – con riferimento ai minori che devono essere espulsi per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato o che seguono il genitore o l'affidatario espulsi –  che i minori non possono essere trattenuti nei centri di permanenza temporanea, salvo che per tutelare l’unità familiare. Attualmente manca però, ovviamente, un’analoga disposizione riguardo al trattenimento dei minori richiedenti asilo nei centri di identificazione istituiti dalla legge n. 189/2002.

 

2) In secondo luogo, la legge n. 189/2002 non detta disposizioni riguardo ai casi in cui la Commissione territoriale rigetti la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato del minore e non adotti un altro provvedimento ai sensi dell’art. 5, co. 6 del T.U. 286/98.

In questi casi, il minore non può comunque essere allontanato dal territorio dello Stato sulla base di tale rigetto e con le modalità dell’espulsione, in quanto:

a)   per i minorenni vige il divieto di espulsione, salvo che per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato e salvo il diritto di seguire il genitore o l’affidatario espulsi, secondo quanto stabilito dall’art. 19, co. 2 del T.U. 286/98;

b)   i minori non accompagnati possono essere rimpatriati solo ove tale misura non comporti una violazione del diritto alla protezione sancito dagli artt. 20 e 22 della Convenzione sui diritti del fanciullo e quindi solo se vi siano familiari o autorità del Paese d’origine disposti ad assumerne l’affidamento e solo con le modalità del rimpatrio assistito (Regolamento del Comitato per i minori stranieri D.P.C.M. 535/99, art. 1, co. 4; Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati, cittadini di paesi terzi, art. 5, co. 1);

c)   la decisione sul rimpatrio o la permanenza del minore non accompagnato in Italia deve fondarsi, in conformità all’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo, sulla valutazione del “superiore interesse del minore” e non solo sulla valutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato.

Manca però, attualmente, una specifica ed esplicita disposizione che vieti il respingimento del minore straniero.

 

3) Infine, non è chiaro quale organo debba decidere, nei casi in cui la domanda di asilo sia rigettata, se il minore debba essere rimpatriato ovvero restare in Italia. La normativa vigente, infatti, esclude esplicitamente i minori che abbiano presentato domanda di asilo dalla competenza del Comitato per i minori stranieri  (D.P.C.M. 535/99, art. 1).

D’altro canto, l’art. 1, co. 5 della legge n. 39/90 (non abrogato né modificato, per la parte in oggetto, dalla legge n. 189/2002) stabilisce che al Tribunale per i minorenni deve essere data comunicazione della domanda di asilo presentata da un minore non accompagnato, ai fini dell’adozione dei provvedimenti di competenza.

E’ quindi ragionevole assumere che, in caso di rigetto della domanda di asilo, debba essere il Tribunale per i minorenni a decidere se risponda al superiore interesse del minore essere rimpatriato o restare in Italia.

 

 

 

3.2) Proposte per il regolamento

 

Proponiamo dunque che il regolamento di attuazione chiarisca che:

 

1)   I richiedenti asilo minorenni non possono essere trattenuti nei centri di permanenza temporanea e assistenza né, in generale, nei centri di identificazione; solo nel caso in cui la minore età del richiedente sia palesemente in dubbio, questi può essere trattenuto in un centro di identificazione per il solo tempo necessario a verificarne l’età; nel caso di minori accompagnati dal genitore o parente entro il quarto grado richiedente asilo, il Questore, nel decidere se disporre il trattenimento del genitore o parente, tiene in
considerazione il superiore interesse del minore, in conformità con quanto
sancito dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.

 

2)   Ove la Commissione territoriale rigetti la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e non adotti un altro provvedimento ai sensi dell’art. 5, co. 6 del T.U. 286/98,

a)   il minore non può essere espulso né respinto, né comunque allontanato dal territorio dello Stato sulla semplice base di tale rigetto, conformemente a quanto sancito dagli artt. 3, 20 e 22 della Convenzione sui diritti del fanciullo e dall’art. 19, co. 2  del T.U. 286/98;

b)   una volta esauriti i rimedi avverso la decisione della Commissione territoriale (richiesta di riesame e ricorso al Tribunale), il Tribunale per i minorenni al quale è stata data comunicazione, ai sensi dell’art. 1, co. 5 della legge 39/90, della domanda di asilo presentata dal minore non accompagnato, valuta se risponda al superiore interesse del minore il rimpatrio o la permanenza in Italia, avvalendosi della collaborazione delle competenti amministrazioni pubbliche e di idonei organismi nazionali ed internazionali; ove valuti che ciò sia nel superiore interesse del minore, ne dispone il rimpatrio assistito.

 

 

 

 

 

Nella speranza che tali proposte possano contribuire positivamente all’elaborazione dei regolamenti di attuazione della legge n. 189/2002, restiamo in attesa di un cenno di riscontro.

 

 

Distinti saluti,

Save the Children Italia

Caritas Italiana

Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana

Comitato Italiano per l'UNICEF

Comunità di Sant’Egidio

ACLI

CIR - Consiglio Italiano per i Rifugiati

Gruppi di Volontariato Vincenziano

SCS/Cnos (Servizi Civili e Sociali del Centro Nazionale Opere Salesiane)

Servizio Rifugiati e Migranti della Federazione Chiese Evangeliche Italiane

Terre des hommes Italia

Ai.Bi. - Amici dei Bambini

ECPAT Italia

ARCI

ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà)

Casa dei Diritti Sociali - FOCUS

Associazione La Provvidenza

Associazione Club Noi



[1] “L'arresto, la detenzione o l'imprigionamento di un fanciullo devono essere effettuati in conformità con la legge, costituire un provvedimento di ultima risorsa ed avere la durata più breve possibile; […] In particolare, ogni fanciullo privato di libertà sarà separato dagli adulti, a meno che si ritenga preferibile di non farlo nell'interesse preminente del fanciullo […]” (Convenzione sui diritti del fanciullo, art. 37)