Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 201 del 9/10/2002
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Discussione del disegno di legge: S. 1692 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari (approvato dal Senato) (3197) (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 settembre 2002, n. 195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3197)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Misto ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazione nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Bertolini, ha facoltà di svolgere la relazione.

ISABELLA BERTOLINI, Relatore. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 195 del 2002 segue di poco l'entrata in vigore della legge n. 189 del 2002 che reca modifiche alla normativa in materia di immigrazione e di asilo. Tale legge, nel rinnovare il testo unico sull'immigrazione, ha modificato la disciplina relativa all'ingresso, nel territorio dello Stato, degli stranieri per motivi di lavoro dipendente, prevedendo che il permesso di soggiorno venga rilasciato solo a seguito della stipula del contratto di soggiorno per lavoro. Nell'ambito della nuova legge sull'immigrazione, l'articolo 33 ha disposto poi la possibilità di regolarizzare lavoratori domestici extracomunitari che siano sprovvisti di permesso di soggiorno.
Già nel corso della discussione della legge n. 189 era stato chiesto, da più componenti politiche, di estendere la possibilità


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di emersione ai lavoratori extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno operanti anche nei settori industriale e commerciale. Tale richiesta era stata trasfusa in tre ordini del giorno presentati alla Camera ed al Senato ed accettati dal Governo.
Il decreto-legge in esame dà quindi risposta a queste sollecitazioni parlamentari, dando la possibilità ai datori di lavoro, che abbiano alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno, di procedere alla regolarizzazione dei lavoratori stessi stipulando un contratto di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno.
Il provvedimento in esame è formato da solo quattro articoli. L'articolo 1 consente agli imprenditori o, meglio, a quei soggetti che esercitano attività di impresa in forma individuale o societaria, di regolarizzare gli eventuali rapporti di lavoro subordinato con gli extracomunitari. Tale procedura di regolarizzazione richiede che il rapporto di lavoro si sia svolto nei tre mesi antecedenti al 10 settembre 2002, data di entrata in vigore del decreto-legge, e che il datore di lavoro denunci, entro l'11 novembre 2002, termine così modificato durante l'esame del provvedimento al Senato, la sussistenza del rapporto alla prefettura, ufficio territoriale del Governo, competente per territorio, mediante la presentazione, a proprie spese, di apposita dichiarazione attraverso gli uffici postali. Ai fini della data di presentazione fa fede il timbro dell'ufficio postale accettante; qualora il datore sia costituito da una società, l'atto deve essere sottoscritto e presentato dal legale rappresentante.
La dichiarazione di emersione deve poi contenere - a pena di inammissibilità - tutta una serie di dati che vanno dalla generalità del datore di lavoro o della società alle generalità e nazionalità del lavoratore extracomunitario, alla tipologia ed alle modalità dell'impiego, nonché alla retribuzione convenuta, che non può essere inferiore a quella stabilita dai rispettivi contratti di lavoro.
Ai fini poi della ricevibilità della dichiarazione, si richiede che venga allegata una copia sottoscritta della dichiarazione di impegno a stipulare il contratto di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato, ovvero per un contratto di lavoro della durata non inferiore ad un anno, e che sia prodotto un attestato di pagamento di un contributo forfettario pari 700 euro per ciascun lavoratore di cui si denuncia l'emersione.
Nei 60 giorni successivi alla ricezione della dichiarazione la prefettura, ufficio territoriale del Governo, ne verifica l'ammissibilità e la ricevibilità e la comunica al centro regionale per l'impiego competente, mentre la questura accerta se sussistano motivi ostativi all'eventuale rilascio del permesso di soggiorno della validità di un anno.
Nei dieci giorni successivi alla comunicazione da parte della questura della mancanza di motivi ostativi al rilascio del permesso, la prefettura-ufficio territoriale del Governo invita le parti a presentarsi per la stipula del suddetto contratto di soggiorno per lavoro subordinato e per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno. La mancata presentazione delle parti comporta l'improcedibilità e l'archiviazione del relativo procedimento.
Il permesso rilasciato nella fattispecie di sanatoria in esame può essere rinnovato previo accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato ovvero a termine di durata non inferiore ad un anno, nonché della regolarità della posizione contributiva assistenziale del lavoratore interessato alla regolarizzazione. A seguito della presentazione della dichiarazione, i datori di lavoro non sono considerati punibili per le violazioni delle norme in materia di soggiorno in Italia, di lavoro, nonché di quelle di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale commesse nel periodo che precede il 10 settembre 2002, sempre che tali irregolarità siano relative alle persone indicate nella dichiarazione di emersione e che la dichiarazione stessa non contenga dati che non corrispondono al vero.


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L'articolo 1, sempre al comma 7, rinvia ad uno o più decreti del ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione delle modalità per l'imputazione del contributo forfettario di 700 euro sia per quanto riguarda le modalità della copertura degli oneri che derivano dall'organizzazione e dallo svolgimento dei compiti relativi alla regolarizzazione in esame sia in relazione alla posizione contributiva del lavoratore stesso. Questi decreti devono, inoltre, riguardare le modalità di corresponsione delle somme e dei relativi interessi per i contributi previdenziali concernenti i periodi denunciati antecedenti al trimestre di cui al comma 1 (ossia alla data del 10 settembre).
Il comma 8, che è stato riformulato in maniera anche importante durante il corso dell'esame al Senato, elenca i casi di esclusione dalla possibilità di regolarizzazione per tutti quei soggetti nei confronti dei quali sia stato emesso un atto di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale. Tale revoca non può, comunque, essere disposta qualora il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni previste dall'articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.
È previsto poi che le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato previste dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 286 del 1998 siano decurtate dello stesso numero di permessi di soggiorno per lavoro rilasciati a seguito di revoca di provvedimenti di espulsione ai sensi di tale comma.
Vengono poi esclusi dalla possibilità di regolarizzazione quei soggetti che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato oppure che risultino denunciati per uno dei delitti indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo il caso in cui il procedimento penale si sia concluso con una dichiarazione di insussistenza o di archiviazione del fatto oppure siano destinatari dell'applicazione di una misura di prevenzione o di sicurezza, fatti salvi gli effetti della riabilitazione.
Il comma 9 dell'articolo 1 punisce poi con la reclusione da due a nove mesi il datore di lavoro che presenti una dichiarazione mendace per eludere la disciplina in materia di immigrazione recata dal provvedimento in esame. Resta ferma poi la possibilità di espulsione dei cittadini extracomunitari pericolosi per la sicurezza dello Stato.
Il Senato ha introdotto un ultimo comma all'articolo 1, il comma 9-bis, che reca una sanatoria per tutti coloro che, non essendo datori di lavoro, hanno dato a qualsiasi titolo alloggio a lavoratori extracomunitari già denunciati oppure ai lavoratori interessati dalla procedura di regolarizzazione prevista dall'articolo 33 della legge n. 189 del 2002 e ne hanno omesso la relativa comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza. Naturalmente, con la disposizione in esame tali soggetti possono effettuare questa comunicazione entro il termine dell'11 novembre 2002.
Gli articoli 2, 3 e 4 intervengono in parte su aspetti già disciplinati dalla Bossi-Fini e, inoltre, prevedono alcune norme transitorie e finali riferibili alla disciplina dettata dall'articolo 1. In particolare, l'articolo 2, comma 1, esclude che possano essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale nei confronti di quei lavoratori extracomunitari la cui posizione irregolare sia emersa a seguito della dichiarazione prevista dall'articolo 1,


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quanto meno sino alla conclusione della relativa procedura. In deroga a tale divieto, il comma consente l'allontanamento di quei soggetti che risultino pericolosi per la sicurezza dello Stato.
Il comma 2 riguarda, invece, le ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario emerso sia già stato oggetto di un provvedimento di espulsione. In questi casi, il rilascio del permesso di soggiorno a seguito di una stipula del contratto di soggiorno stesso comporta la revoca dei provvedimenti di espulsione già adottati.
Il comma 3 prevede che i lavoratori regolarizzati siano sottoposti a rilievi fotodattiloscopici entro un anno dalla data di rilascio del permesso di soggiorno rilasciato a seguito di emersione e, comunque, in sede di rinnovo dello stesso permesso. La previsione del termine di un anno costituisce per questi soggetti una deroga alla disciplina generale in materia di rilievi fotodattiloscopici che dispone, infatti, che lo straniero richiedente il permesso di soggiorno sia immediatamente sottoposto a tali rilievi.
I successivi commi dell'articolo 2 disciplinano aspetti regolati dalla normativa generale sull'immigrazione. Il comma 4, in particolare, estende l'applicabilità di alcune disposizioni illustrate alla dichiarazione di emersione dei lavoratori domestici prevista dall'articolo 33 della legge n. 189. In particolare, sono applicabili a quella categoria di lavoratori extracomunitari emersi tutte le disposizioni che riguardano il divieto di adozione di provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale fino alla definizione della procedura di emersione, la revoca degli eventuali provvedimenti di espulsione già adottati a seguito del rilascio del permesso di soggiorno, la sottoposizione a rilievi fotodattiloscopici entro un anno dal rilascio del permesso di soggiorno, la previsione riguardante la dichiarazione di emersione presentata dal richiedente a proprie spese presso gli uffici postali.
Infine, i commi 5, 6 e 7 tornano sulla materia dei rilievi fotodattiloscopici. In particolare, si escludono dall'obbligo dei rilievi, sia al momento del rilascio del permesso di soggiorno, sia al momento del suo rinnovo, gli stranieri che abbiano richiesto il permesso di soggiorno di durata non superiore a tre mesi per visite, affari e turismo, di durata non superiore a tre mesi negli altri casi in cui sia previsto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi diversi da quelli di lavoro o di studio e per cure mediche.
Il comma 6 dispone che al trattamento dei rilievi fotodattiloscopici si applichi la disciplina in materia di trattamento e conservazione dei dati concernenti le impronte digitali di cui alla legge n. 65 del 1996.
Il comma 7 estende anche ai cittadini italiani la sottoposizione a rilievi dattiloscopici da effettuare all'atto della consegna della carta d'identità elettronica. Nel caso dei cittadini italiani, la norma prevede la sottoposizione ai soli rilievi dattiloscopici, le impronte digitali, con esclusione del rilievo fotografico. Tale norma viene inserita nel decreto-legge a seguito dell'impegno che il Governo ha assunto in accoglimento di ordini del giorno presentati durante l'esame del disegno di legge di riforma del testo unico sull'immigrazione sia alla Camera sia al Senato.
Il comma 8 reca una norma di interpretazione autentica di una disposizione che la legge n. 189 del 2002 ha introdotto nella cosiddetta legge Martelli in materia di richiedenti asilo e rifugiati. Tale comma chiarisce, infatti, che i soggetti destinatari dei servizi di accoglienza sono quegli stranieri titolari di permessi umanitari previsti dall'articolo 5, comma 6, del testo unico in materia di immigrazione.
Il comma 9 detta poi disposizioni in materia di spese per l'alloggio del lavoratore extracomunitario sostenute dal datore di lavoro in esecuzione della garanzia assunta con la stipula del contratto di soggiorno per lavoro subordinato.
Esso prevede che i datori di lavoro, che abbiano sostenuto spese in esecuzione della garanzia per l'alloggio, possono trattenere mensilmente dalla retribuzione del dipendente una somma massima pari ad un terzo dell'importo complessivo mensile, a titolo di rivalsa e per la durata della


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prestazione. Tale comma anticipa, limitatamente a questo aspetto, la disciplina dell'assunzione dei costi relativi agli alloggi dei lavoratori extracomunitari che la legge n. 189 del 2002 ha demandato ad una fonte secondaria.
Il Senato ha poi integrato il testo dell'articolo 2 con ulteriori sei commi. I primi cinque novellano vari punti dell'articolo 33 della legge n. 189 del 2002, che disciplina la dichiarazione di emersione dei lavoratori domestici extracomunitari, assicurando in questo modo che la disciplina sia del tutto omogenea a quella introdotta dall'articolo 1 del decreto-legge che stiamo esaminando, con riguardo appunto alla legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari.
L'ultimo comma dell'articolo 2 modifica il comma 1 dell'articolo 34 della legge n. 189 del 2002. Ai sensi del nuovo testo di questo comma, si prevede che le direzioni provinciali del lavoro continuino a svolgere tutte le funzioni in precedenza esercitate in materia di immigrazione e non solo quelle previste da alcuni articoli della legge, che riguardano le competenze dello sportello unico per l'immigrazione in materia di lavoro, ricongiungimenti familiari e aggiornamenti normativi vari.
L'articolo 3 riguarda la copertura finanziaria; in questo articolo si provvede alla quantificazione e alla copertura di tutti gli effetti finanziari che derivano sia dall'esecuzione dei rilievi fotodattiloscopici per i lavoratori extracomunitari che rientrano nella regolarizzazione, sia dall'attività che devono svolgere gli uffici pubblici relativamente alla suddetta regolarizzazione.
Al Senato è stato introdotto un nuovo comma di questo articolo, con il quale si autorizza un'ulteriore spesa annua, finalizzata a retribuire il lavoro straordinario che il personale dell'amministrazione civile deve svolgere per far fronte agli adempimenti previsti da tale procedura. Naturalmente il comma 3 reca una clausola con la quale si autorizza il ministro dell'economia e delle finanze a modificare con un decreto le occorrenti variazioni di bilancio.
Infine, l'articolo 4 dispone che il decreto-legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bielli. Ne ha facoltà.

VALTER BIELLI. Presidente, colleghi, onorevole sottosegretario, preliminarmente ad ogni considerazione che svolgerò nel merito del decreto-legge, vorrei affermare che il gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo considera un provvedimento per la regolarizzazione di lavoratori extracomunitari una misura opportuna e necessaria, oltreché giusta. Riteniamo giusto che tanti lavoratori occupati siano messi nella condizione di usufruire delle elementari tutele di civiltà e di diritti, collegate all'ottenimento di un permesso di soggiorno. Nella vostra maggioranza c'è chi ha remato contro e senza ombre di smentite si può dire che la Lega ha pesantemente operato contro questa esigenza e ha lavorato per vanificare ipotesi serie e rigorose di regolarizzazione.
Vi è bisogno del decreto-legge, perché la Bossi-Fini, così come l'avete voluta, nonostante le nostre proposte e sollecitazioni, ha risentito di un'impostazione che si è rivelata fallimentare, che voleva regolarizzare solamente le colf e successivamente le badanti.
La cultura xenofoba e razzista di una parte della maggioranza, viziata da ideologismo, vi ha portati su un binario morto, che serviva solo alla Lega per la propria propaganda. Ma la realtà dei fatti è stata più forte e palese delle parate padane. Permettetemi di ricordare, a me e a voi, come le divisioni della maggioranza si siano manifestate a più riprese. Il 14 settembre, a Pian del Re, Bossi urlava: la mia legge è semplice e dice che se uno è


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clandestino lo prendi e lo mandi fuori. Poi, Bossi - anche lui ogni tanto ascolta -, saputo che si sarebbe fatta una sanatoria, ha fatto intervenire Maroni il quale disse: ma solo per i lavoratori che erano impegnati a tempo indeterminato. In seguito arrivarono altri contrordini e si disse: solo per chi non ha notifiche di espulsione.
Poi, siccome vi è coerenza, arriva ancora un altro contrordine, in base al quale si stabilì che sarebbero stati sanati anche coloro avevano ricevuto il foglio di via, ma entro il tetto massimo di 30 mila unità. Non è finita qui, perché in seguito si è rimosso anche quel tetto.
A questo punto, vorrei chiedere una riflessione su questo elemento. Siamo d'accordo sul tetto massimo, che appare cosa saggia, ma si introduce una norma in base alla quale il numero dei regolarizzati dovrebbe essere sottratto al flusso migratorio previsto per il prossimo anno. Dunque, di fatto, sono due anni che emerge la necessità di definire la programmazione dei flussi, sulla base di parametri oggettivi, relativi al vero fabbisogno nazionale.
Ancora, trattandosi di un numero del tutto aperto alle previsioni, se ne desume che potrà essere previsto un flusso eccedente il fabbisogno, al fine di poterlo decurtare dal numero previsto e per dare, ancora una volta, soddisfazione alle pretese della Lega.
Siamo d'accordo sul fatto di sconfiggere la clandestinità e, a nostro avviso, lo si può fare attraverso una politica seria e rigorosa, facilitando gli arrivi regolari sulla base delle quote che si ritengono giuste rispetto al fabbisogno delle imprese, dei servizi e del paese.
Tuttavia, la vostra politica premia i furbi e questo atteggiamento sembra rappresentare la cultura del vostro modo di governare; infatti, le vostre leggi sono sempre ad hoc, molte volte ad personam e altre volte sono emanate per aggirare ostacoli e per premiare il malaffare. Come ho detto, con la vostra politica intendete premiare i furbi e, in particolare, coloro che si arrangiano; dunque, emanate leggi per aggirare le leggi!
Chi ha fatto ricorso agli irregolari, attraverso questo decreto-legge, può sanare la situazione, mentre chi ha aspettato la possibilità di assumere regolarmente attraverso i flussi viene punito da una modalità - da voi voluta - che premia chi sceglie l'irregolarità e punisce chi aspetta di agire nella legalità, nella correttezza e nella trasparenza.
Il decreto sui flussi non riuscite ad emetterlo, non siete in grado o, meglio, non avete la volontà politica di emanarlo. Infatti, anche attraverso la regolarizzazione, che di fatto è sanatoria, nonostante il decreto di espulsione, saranno sanate tante situazioni e, siccome saranno molti coloro che verranno regolarizzati, farete in modo di non adottare il decreto sui flussi. Ma, senza il decreto sui flussi, si bloccano gli ingressi dei regolari! D'altra parte, quando non si consentono gli ingressi dei regolari è naturale che crescano gli irregolari.
Avete annunciato: Basta con i clandestini! Bloccheremo gli sbarchi! Non voglio infierire, ma gli sbarchi sono cresciuti più del doppio degli anni precedenti e ciò è avvenuto anche con fatti drammatici, con vere e proprie tragedie, come carcasse del mare andate a picco, con centinaia di morti.
Non chiedo a Berlusconi di ripetere frasi già pronunciate, infatti è troppo impegnato a raccontare le sue vicende familiari, né chiedo di ripetere considerazioni già svolte sui morti in mare, che sono soprattutto donne e bambini. Il Presidente del Consiglio ha usato frasi che hanno fatto arrossire e vergognare la maggioranza degli italiani.
Chiedo a voi e, soprattutto, a quella parte della maggioranza che fa riferimento al mondo e alla cultura cattolica: non vale la pena di ripensare le modalità di attuazione del controllo delle coste? Con le vostre proposte che risultati avete ottenuto? Più sbarchi e più morti il che, sottosegretario Mantovano - mi rivolgo a lei che so essere persona sensibile, preoccupata ed angosciata per quanto sta accadendo -, non mi pare un grande risultato.


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Ma, tornando al decreto-legge in esame: che fate con riferimento alla sciagurata legge Bossi-Fini? Si è generata una strana situazione, infatti oltre le nostre frontiere sta prevalendo uno strano stato d'animo, quello in base al quale si può pensare di arrivare in Italia in maniera irregolare perché, poi, in qualche modo, ci sarà qualcuno che sanerà questa situazione.
Quindi, da questo punto di vista, voi che parlate sempre di legalità avete incentivato, ancora una volta, l'idea peggiore: è l'illegalità ad essere premiata. Dovrete pur fare i conti con la realtà. Sarete costretti a darci ragione. Sarete costretti a tener conto di ciò che dicemmo quando presentaste la legge Bossi-Fini: allora affermammo che avreste contribuito ad aumentare il numero di coloro che erano non regolari, rendendo più difficile l'arrivo di una migrazione regolare, quella migrazione regolare - onorevole colleghi - che non ha bisogno di pagare pedaggi, che non corre il rischio di morire in mare o su un TIR, che vuole fuggire dalla miseria e dalla guerra.
Guardate un po': avete adottato provvedimenti in base ai quali rimandate a casa coloro che prestano attività significative e importanti nel nostro paese. È una notizia di questi giorni: avete rimandato alla frontiera un professore americano, degli Stati Uniti. Risale a questa mattina - mi pare - un altro episodio. Una famiglia stava per riunirsi: il padre da una parte e la madre dall'altra e li avete rimandati indietro. Cosa state facendo in verità? Qual è la cultura che sta prevalendo nella vostra maggioranza? Lo chiedo a tutti ma in particolare a coloro che spesso parlano di legalità e, soprattutto, fanno riferimento ad un principio che io considero giusto: lavorare, comunque, per l'uguaglianza.
Nel merito del provvedimento, i termini da voi previsti per questa sanatoria sono fissati in maniera tale da non apparire congrui neppure rispetto all'esigenza da voi ritenuta giusta. Oltretutto, il termine - e lo dico per sottolineare come, dal punto di vista tecnico, potreste essere un po' più accorti - non è neppure raccordato con quello previsto per l'emersione in base alla legge Tremonti e precede quello fissato per le colf e le badanti. Questo termine va modificato ma sembra che a voi della maggioranza non interessi nulla.
Il provvedimento avrebbe dovuto prevedere benefici per i datori di lavoro e per i lavoratori almeno pari a quelli previsti per i casi di emersione. Ma così non è. Inoltre, la norma sulle trattenute alloggio per i datori di lavoro è iniqua e vessatoria. Il permesso di soggiorno di durata annuale è finalizzato ad escludere i nuovi regolarizzati dal godimento di vari diritti sociali; da questo punto di vista c'è un problema anche per quanto riguarda l'accesso alla casa per cui sono previsti almeno due anni.
Tra l'altro, c'è una previsione alquanto generica riferita alle cause di non punibilità previste per il datore di lavoro; a questo proposito, innumerevoli associazioni di artigiani, di imprese commerciali, di piccole e medie imprese vi hanno chiesto di esplicitare esattamente cosa intendete con questa norma che è troppo generica.
Inoltre, vorrei fare riferimento al contratto a tempo indeterminato per l'emersione dall'irregolarità. Voi siete coloro che teorizzano il principio della flessibilità per quanto riguarda gli italiani. Tutte le volte noi poniamo un problema, sostenendo che flessibilità non può essere precarizzazione a proposito degli immigrati che hanno la necessità di venire a lavorare nel nostro paese anche per un breve periodo. Voi, con questo provvedimento, non tenete conto in alcun modo che c'è un problema di flessibilità vera e create discriminazioni dannose sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori. Ma conoscete la realtà del nostro paese? Conoscete le richieste degli artigiani, dei commercianti, della piccola e media impresa? Onorevole Bertolini, lei viene dall'Emilia Romagna: a quanti tavoli ha partecipato - in particolare, penso ai cosiddetti tavoli verdi - in cui si è parlato del problema degli stagionali in agricoltura? Quante richieste vi sono state fatte e perché non avete il coraggio di dare una risposta seria a questo problema? Cos'è


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che vi impedisce di dare una risposta che sia confacente all'interesse del nostro paese?
Ancora. Qui mi rivolgo soprattutto ai colleghi della lega, che spesso parlano del nord est e di una Padania inesistente che esiste solo nella loro testa; visto che siete in gran parte legati a quei territori, non avete avuto anche voi documenti delle imprese artigiane e dei commercianti in cui vi si dice che nel nord est il 5 per cento delle imprese, della piccola e media impresa e degli artigiani, è costituito da lavoratori extracomunitari che chiedono di emergere dalla illegalità? Non esiste una norma che faccia emergere dall'illegalità il lavoro autonomo.
Allora, sottosegretario Mantovano, l'Italia è questa e non è quella che ci raccontate. Perché non cercate di dare una risposta all'Italia che chiede legalità? Ecco perché io credo sia opportuno fare una riflessione e un approfondimento. Ma ancora, avete fatto una norma in cui per quanto riguarda la fuoriuscita dall'illegalità si fa riferimento al termine «impresa». Da questo punto di vista, per le regolarizzazioni, voi lasciate fuori anche i liberi professionisti, le associazioni culturali e le associazioni che in qualche modo possono aver bisogno anche di questi lavoratori. Perché, da questo punto di vista, non prevedete anche una riflessione con una norma che specifichi meglio come il termine «imprenditori» vale per una categoria più ampia rispetto a quello che il lessico lascia intendere. Ancora, credo che esista un problema grosso, quello di procedure complesse e farraginose. Abbiamo visto tutti la difficoltà per poter fare sì che si possa in tempo celere accedere ad un processo di regolarizzazione. Ecco perché io credo che noi siamo di fronte ad una esigenza giusta, ma con una risposta sbagliata.
Eppure, sottosegretario, lei conosce bene le associazioni ed ha un rapporto consistente con la parte del paese che a lei si è rivolta anche per chiedere cambiamenti, e lei conosce bene anche il suo ministro dell'agricoltura che è del suo stesso partito. Per quanto riguarda il problema che io ho posto per il settore dell'agricoltura e della stagionalità, quante dichiarazioni ha fatto Alemanno dicendo che bisognava riconoscere l'assurdità della situazione che si era creata? So bene che avete, mese dopo mese, rispetto al tema dell'agricoltura modificato quella quota, ma non si può vivere quando si programma un'impresa senza avere la certezza del domani. Un'impresa ha bisogno di certezze e voi non date queste certezze.
E tutto il settore turistico? Onorevole Bertolini, lei la conosce la costa romagnola? Sicuramente sì. Cosa è successo questa estate? Questa estate - diciamolo tranquillamente - i nostri alberghi e i nostri ristoranti sono andati avanti in gran parte perché non solo hanno aggirato la legge ma si è consentito che l'illegalità in qualche modo potesse permettere l'avvio di tante attività. Ma allora, alla luce non di visioni ideologiche ma di situazioni concrete e di richieste avanzate dalle categorie, cosa vi impediva di dare una risposta vera? È così forte il ricatto di quei leghisti che per razzismo e ignoranza non capiscono che gli immigrati sono persone e non merce, che possono essere una risorsa per il nostro paese? Dove sta la politica e l'interesse del paese, dell'impresa e del mondo del lavoro? Avete perso un'occasione e avete dimostrato che non avete la forza di liberarvi dai ricatti di chi ha fatto la lotta agli immigrati e dell'esaltazione di una cultura xenofoba e razzista il terreno per ottenere voti sulla paura: ci saremmo aspettati di più e di meglio, ma non avete avuto questo coraggio. Ed è per questo motivo che il nostro voto non potrà essere positivo voto che del resto non avete cercato e ce ne rammarichiamo. Avremmo voluto altro e meglio rispetto a quello che voi ci avete presentato (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, credo che la conversione del decreto-legge oggi in esame alla Camera rappresenti la cartina di tornasole di una


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politica sbagliata, connotata da contenuti razzisti che caratterizza questa maggioranza e questo Governo sul tema dell'immigrazione.
Basta scorrere le agenzie di ieri e le prese di posizione di alcune associazioni (Caritas, associazione Emigrantes), di alcuni sindacati del Lazio, della CISL e della UIL per rilevare il giudizio concreto che viene dato rispetto all'applicazione di questo provvedimento e per capire in quale pasticcio il Governo e la maggioranza intendono mettere migliaia di immigrati pensando che sia possibile risolvere sulla loro pelle e in maniera compromissoria il conflitto che si era aperto nell'ambito della discussione ed approvazione della cosiddetta legge Bossi-Fini tra la parte moderata della coalizione di centrodestra e la parte più estremista rappresentata dalla Lega.
Ieri la CISL e la UIL denunciavano il fatto che gli stranieri o pagano o sono licenziati. Credo che questa Assemblea, nel momento in cui si trova a discutere di un provvedimento del genere, non può non porsi il problema di come intervenire di fronte a ciò che concretamente sta accadendo nell'applicazione e nell'esecuzione di questo decreto-legge.
Migliaia di lavoratori, anche a causa di una sbagliata e scarsa informazione da parte del Governo su questa cosiddetta sanatoria, sono andati agli uffici postali e in modo autonomo - non attraverso i datori di lavoro - hanno ritirato i moduli per partecipare alla loro legalizzazione. Gli stessi si sono poi recati dal loro datore di lavoro perché avevano bisogno della sua firma sul testo di sanatoria. Nella maggioranza dei casi però i datori di lavoro hanno disconosciuto il rapporto esistente rifiutando di apporre la propria firma; in altri casi, hanno preferito firmare ma far pagare la sanatoria al lavoratore caricandolo delle spese economiche previste da questo provvedimento. La CISL e la UIL - non solo la CGIL che, in questo momento, può essere considerata un sindacato collocato in maniera pregiudiziale all'opposizione, cosa che ovviamente non credo - proprio ieri hanno lanciato l'allarme sul mercato delle sanatorie. La Caritas afferma che sta aumentando la precarietà e l'incertezza per migliaia di immigrati; non si affronta il tema relativo all'immigrato che, nell'ambito della sua presenza nel nostro territorio, ha costruito un'attività non dipendente, ma un lavoro autonomo, artigianale. Stiamo pensando a tutta la tematica relativa ai rom, ai nomadi, completamente tagliata fuori da questo provvedimento; pensiamo a quello che sta accadendo in quelle realtà dove, magari, l'immigrato ha lavorato per anni anche in una condizione di legalità e si è trovato licenziato dal proprio posto di lavoro solo nell'ultimo mese, nelle ultime settimane. Se questo decreto-legge, così come ci è arrivato dal Senato, verrà convertito in legge - come purtroppo temo e come penso accadrà - l'immigrato si troverà improvvisamente in una condizione di illegalità, nonostante da tempo risieda e lavori nel nostro territorio.
Pensiamo a cosa accadrà a chi, giunto in Italia, ha costituito nuclei familiari (magari monoreddito dove lavora solo uno dei due membri della famiglia) e che, in virtù dell'applicazione burocratica e razzista di questo provvedimento, dovrà presentare la domanda di ricongiungimento, dopo che una parte della famiglia è stata costretta ad andare all'estero e sarà possibile farla rientrare attraverso la presentazione della suddetta domanda. Sono fatti concreti, determinati dall'applicazione di un provvedimento sbagliato. Si tratta, infatti, di un provvedimento che considera l'immigrato al pari di una merce che è utile tenere nel nostro paese quando è necessario che svolga quei lavori che noi italiani non vogliamo fare e che, non appena è cessato il rapporto di lavoro, viene messo nelle condizioni di essere cacciato. L'immigrato è, quindi, considerato come una merce, in una concezione schiavista dei rapporti nella società italiana, come se fosse una società non condizionata e non attraversata, come ormai tutte le società del mondo occidentale, dal multiculturalismo e dalla multietnicità e che, invece, ci vuole riportare all'idea che le persone, a seconda dei paesi di


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provenienza e del colore della pelle, hanno trattamenti, diritti, tutele diverse e non sono rapportati ai principi di uguaglianza e di pari opportunità.
Credo che il provvedimento in esame sia la logica conseguenza della legge Bossi-Fini sull'immigrazione; è la logica conseguenza di chi, in maniera demagogica, intende utilizzare la paura, l'emotività, il sentimento di chiusura che, a volte, a fronte di un'accresciuta instabilità sociale, attraversa strati significativi della popolazione, anche quelli popolari, per realizzare una società dalle frontiere chiuse, un fortino assediato dove, ogni tanto, si può calare il ponte elevatoio per fare entrare manodopera ed immigrazione da utilizzare come riserva di manodopera nella regolamentazione del mercato del lavoro.
Diciamocelo francamente: il provvedimento in esame, in realtà, aumentando la precarietà e spingendo alla clandestinità migliaia e migliaia di immigrati che, da anni, risiedono già nel nostro territorio e svolgono attività di vario genere, non determinerà espulsioni di massa (non vi sarà la possibilità per farlo, perché non vi sarà denaro né, probabilmente, la volontà).
L'obiettivo è quello di creare una riserva di immigrazione clandestina per calmierare il mercato del lavoro, ridurre il costo del lavoro e mettere, questo sì, in concorrenza, lavoratori italiani con immigrati clandestini. Quella concorrenza, di cui tanto la destra parla quando tratta il problema dell'immigrazione e lo utilizza il sentimento di paura e di egoismo sociale che ne deriva, viene determinata e rafforzata proprio da provvedimenti come questi che non affrontano il nodo della parità dei diritti e, quindi, anche dei doveri da parte dell'immigrato lavoratore presente nel nostro paese, ma trattano, in maniera strumentale, la questione, creando una grande riserva di immigrazione clandestina.
A ciò è funzionale una cultura fatta di provvedimenti concreti che sta inducendo questo Governo ad ampliare in tutte le città i centri di accoglienza, che poi sono centri di detenzione, vere e proprie carceri - bisogna avere il coraggio di dirlo - nei quali non vale nemmeno la legge delle carceri stesse.
Pensiamo alla struttura di ponte Galeria di Roma, dove si sarà costretti a passare da una struttura pensata per 180 emigrati ad una di 360 posti, - perché questa è la previsione che il Governo formula -, o ai centri di Bologna, in via Mattei, al centro di Milano e a quelli del sud d'Italia che spesso assurgono alla ribalta della cronaca per essere luoghi dove la disperazione viene rinchiusa dopo che queste persone hanno attraversato, nell'ambito del mercato clandestino degli schiavi di questa nostra modernità, a loro pericolo ed a costi altissimi, i mari del Mediterraneo.
Questo è il quadro che caratterizza il fenomeno e su cui questo decreto-legge si inserisce: creare clandestinità, manodopera senza diritti, accrescere l'idea di reclusione, estesa in tutto il territorio per l'immigrazione, non sanata nei posti di lavoro e contemporaneamente, paradossalmente, fare di questi temi una grande occasione di campagna nell'opinione pubblica per far crescere le paure, l'insicurezza, spesso non suffragate da dati concreti, facendo sì che nella società italiana si determini l'idea dell'immigrato come pericolo, come concorrente sleale nell'acquisizione dei diritti, a cominciare dal diritto al lavoro e, dall'altra parte, costruire grandi fortune da parte di un'economia che sa di poter contare su una manodopera di riserva da immettere, senza regole e senza alcuna possibilità di tutela, nel mercato.
Sono convinto che questo sia un decreto-legge profondamente sbagliato, ne siamo convinti come Misto-Verdi-l'Ulivo: lavoreremo - vi è stato ieri un incontro fra le associazioni degli emigrati e i parlamentari dell'Ulivo - per tentare di capire, con riferimento all'applicazione concreta in corso, cosa possa farsi per ridurre i danni di un decreto-legge sbagliato.
Mi auguro che almeno i segnali e le preoccupazioni che dal mondo associativo, di vario genere, da quello cattolico della Caritas a quello laico, che organizzazioni


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sindacali che si occupano nel nostro paese della tutela dei diritti nel mondo del lavoro vi sia la capacità di correggere almeno parzialmente le contraddizioni più eclatanti che caratterizzano questo decreto-legge.
Da parte nostra non vi può essere però che un'opposizione ferma, dura, ragionata, ma intransigente rispetto a questa conversione; non ci può che essere un collegamento forte ed efficace con i lavoratori stranieri immigrati presenti nel nostro territorio, con le loro mobilitazioni che anche in queste ore vedono centinaia di immigrati, testimoni solidali di un'umanità più ampia presente nel nostro territorio, presenti qui, da giorni, davanti a Montecitorio per manifestare il loro diritto ad essere considerati, prima ancora che come forza lavoro, come uomini e donne titolari di dignità e di diritti.
Non credo che questo Governo abbia la sensibilità per poter recepire anche quei piccoli, ma significativi, miglioramenti che tentano di risolvere le contraddizioni più gravi che questo decreto-legge sta determinando.
Questa è la ragione per cui faremo un'opposizione dura nel paese, anche praticando la disobbedienza civile e sociale, anche dando forza a chi nelle parrocchie, nelle associazioni cattoliche e del volontariato, si sta organizzando per garantire accoglienza e permanenza nel nostro paese agli immigrati clandestini. Non si illudano il sottosegretario agli interni e il ministro agli interni, non si illuda questo Governo di poter facilmente costruire i propri consensi elettorali sulla pelle degli immigrati.
Noi praticheremo disobbedienza ovunque sarà necessario, per far sì che gli immigrati rimangano nel nostro territorio e sia garantita, a questi nostri concittadini, piena rispondenza ai diritti umani e civili, e lo faremo anche criticando con forza e dando vita ad azioni di disubbidienza, anche con riferimento ai centri per immigrati. Lo faremo pensando a quei pescatori che sono intervenuti nei nostri mari e che sono stati paradossalmente messi sotto indagine, per aver risposto all'applicazione di un principio umanitario, che vale per chi fa vita di mare, per cui, quando vede un profugo, indipendentemente dal colore della pelle, interviene per salvarlo, incurante del fatto che si trovi nelle acque internazionali o in quelle nazionali. Faremo come hanno fatto quei pescatori, come coloro che sanno che, su questi temi, la legalità si costruisce forzando una legalità formale che questo Governo vuole imporre sulla pelle degli immigrati e sulla pelle di una cultura di civiltà che questo paese ha sempre avuto e che non può abbandonare solo perché a governarci è una maggioranza di centrodestra.
Queste sono le ragioni che ci porteranno ad un'opposizione seria e rigorosa su questo provvedimento in Parlamento e ad un'azione di disobbedienza nel paese, affinché questa legge sia radicalmente modificata e non venga applicata nelle sue parti incostituzionali e di violazione dei diritti umani e civili che noi, invece, vogliamo riconoscere a tutti i cittadini, indipendentemente dal colore della loro pelle e dal paese di provenienza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. La ringrazio, signor Presidente. Dopo avere ascoltato i primi due interventi, devo dire che registro ancora molta confusione su questo tema. Sentivo poc'anzi l'onorevole Bielli inveire contro la Lega sempre sui soliti temi - il razzismo, la xenofobia - ma dopo vedremo chi, con i propri provvedimenti, si è comportato da vero razzista nei confronti degli ospiti che sono presenti nel nostro territorio. Ma, al di là di questo - si tratta anche di offese gratuite - e venendo al merito, continuare ad associare l'immigrazione con la necessità di manodopera del nostro paese, che arriva da uomini della sinistra, ha francamente dell'incredibile, perché vuol dire che essi non conoscono le realtà del lavoro del paese e, quindi, continuano a sbugiardarsi da soli.


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Infatti, bisogna ricordare che questo paese ha il più alto tasso di disoccupazione in Europa, soprattutto giovanile, e che è necessario creare i presupposti perché la disoccupazione interna venga meno. Certo, le politiche del centrosinistra erano quelle dei salari socialmente utili: voleva dire abituare i nostri giovani a vivere con 800 mila lire al mese, regalate, senza prospettive future, senza la possibilità di mettere in piedi una famiglia. A fronte di questo, essi, invece di mettere mano alla disoccupazione interna, sostengono che bisogna favorire l'ingresso degli immigrati in cerca di lavoro. Questa è una contraddizione per chi dice di rappresentare il mondo operaio (ma sappiamo benissimo che così non è).
Registro ancora altra confusione in certe dichiarazioni appena formulate dal rappresentante dei Verdi, quando si preoccupa dei rom, degli sfollati, di categorie di persone che, colpevolmente incontrollate dai loro governi, hanno portato tanti disagi a tutta la nostra popolazione. Quando lui parla dei rom, dovrebbe ricordare che almeno 7-8 furti nelle nostre abitazioni, ogni dieci commessi, sono opera dei suoi amici rom. Qualcuno, ogni tanto, deve pur cominciare a ragionare in termini diversi!
Il provvedimento al nostro esame è - a nostro avviso - doveroso e necessario per contrastare il fallimento della precedente legge Turco-Napolitano che - è giusto ricordarlo - ha anche creato situazioni di irreversibilità; i danni provocati restano, infatti, sul territorio. Qualcuno, in questo caso, deve cominciare a porre rimedio.
I risultati della Turco-Napolitano, che hanno obbligato successivamente la Casa delle libertà ad intervenire con una nuova legge Bossi-Fini e con il presente decreto-legge, sono i seguenti: di 1.300.000 extracomunitari regolari, risultavano solo 300 mila versamenti INPS annui. Ciò significa che qualcosa non funzionava, poiché almeno un milione dei «loro» regolari era in questo paese senza versare i contributi; quindi, li hanno fatti entrare per fare cosa?
Si continua a tutt'oggi a chiedere manovalanza straniera quando agli uffici di collocamento risultano iscritti 240 mila extracomunitari regolari in cerca di lavoro. Bisogna fare chiarezza ed interpretare i numeri ufficiali per capire dove è l'errore. Nascondersi non risolve i problemi. Noi non ci nascondiamo e cerchiamo di individuarli e di risolverli.
Un altro risultato di questa legge - si tratta di dati ufficiali che emergono da quasi tutte le prefetture - è il seguente: ogni dieci reati sei sono commessi da extracomunitari. Anche a tale riguardo, occorre, dunque, iniziare a stabilire regole certe. Pretendere, infatti, il rispetto della sicurezza per i nostri cittadini è un atto doveroso per chi viene qua a rappresentarli. In più, era impossibile l'identificazione della maggior parte degli extracomunitari. Tutti si ricorderanno - basta leggere anche le notizie di cronaca nera di riportare sui nostri quotidiani - che, quasi sempre, gli extracomunitari, presi in flagranza di reato, fornivano le solite generalità false. Qualcuno è arrivato a superare anche le cento generalità false, è sufficiente recarsi in uno dei tribunali presenti nella provincia in cui abito. Ciò significa, tra l'altro, se cinquanta erano generalità false fornite, godere per cinquanta volte dei benefici di legge, senza essere puniti (neanche un giorno di galera era assicurato a chi veniva nel nostro paese a delinquere).
Per risolvere tutti questi problemi abbiamo approvato la legge Bossi-Fini, chiedendo un contratto di lavoro per far entrare questi ospiti - in questo modo si continua a definirli -, pretendendo una abitazione certa. Chi dà del razzista al gruppo della Lega dovrebbe ricordarsi che attraverso la sua legge ha costretto a vivere sotto i ponti d'inverno o in macchina interi nuclei di famiglie extracomunitarie, perché dell'alloggio se ne è altamente fregato, mentre noi pretendiamo che per entrare vi sia un lavoro ed un alloggio. Se questo significa essere razzisti, è giusto affermare che la Lega si vanta di aver introdotto questa novità. In ogni caso, il paese ha già capito; non serve star qui a ribadire concetti elementari come questi.


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Pretendiamo il rispetto della legalità - cosa non ottenuta nel passato -, espulsioni certe con accompagnamento alla frontiera ed identificazione con le impronte digitali e le foto (a tale proposito, qualche anno fa, è intervenuto il gruppo della Lega; ne sono scaturite le solite offese di razzisti xenofobi; poi l'Unione europea si è adeguata, ma qualcuno, all'interno di questo Parlamento, continua a non capire, ma sono affari suoi). Facciamo sparire gli sponsor che hanno provocato tanti danni. Gli sponsor, con questo provvedimento, saranno lo Stato e le regioni che attiveranno all'estero o all'interno del nostro territorio determinati corsi professionali che daranno la possibilità di salire nelle graduatorie per l'assegnazione in entrata delle quote. Si tratta, dunque, di una specie di privilegio, però goduto. Basta con gli sponsor! Lo sponsor - lo ripeto - è lo Stato, le regioni e, a ricaduta, possano essere anche le province, come sta già accadendo in determinate realtà.
In più, è prevista la possibilità di riconoscere alle persone di origine italiana - finalmente, aggiungo io - una precedenza agli effetti dell'inclusione nelle quote annuali, anche a fronte dei problemi che sappiamo essersi verificati all'estero (con riferimento, in primis, al caso argentino).
Altro aspetto rilevante della legge Bossi-Fini è costituito dall'inasprimento delle pene per i delinquenti dediti al traffico ed all'induzione in schiavitù di donne e bambini: le pene detentive vanno, in questi casi, dai cinque ai dieci anni ed è escluso l'affidamento in prova ai servizi sociali. Con noi, questa marmaglia, questi delinquenti, questi bastardi che maltrattano e schiavizzano donne e bambini finiscono nelle patrie galere, mentre con voi andavano al luna park, caro Bielli! Questa è la differenza tra noi e voi (e non c'è bisogno che lo ripeta io perché i cittadini se ne sono già accorti da soli)!
Questo provvedimento regolarizza gli extracomunitari e realizza l'obiettivo di far emergere il lavoro nero con chiarezza, con fermezza e nel rispetto delle regole. Non si tratta di una sanatoria alla Turco-Napolitano, che consentiva di produrre la ricevuta di una pizzeria per essere regolarizzati! Proprio così: bastava produrre una foto sulla quale era impressa una data antecedente a quella di entrata in vigore di quella legge per essere regolarizzati; ma, in questo modo, si finiva per regolarizzare i delinquenti! A tale proposito, un militante della Lega nord Padania, titolare di uno studio fotografico, mi ha raccontato, qualche tempo fa, di avere respinto la richiesta avanzatagli da due albanesi i quali gli avevano offerto dieci milioni di lire per ottenere una foto con la data falsificata. Poiché egli aveva opposto il suo rifiuto, due giorni dopo, si è vista sfondata la vetrina dello studio a causa del lancio di un tondino da un'auto in corsa. Sono sicuro che gli autori di tale gesto sono stati regolarizzati grazie alle vostre leggi: avranno trovato qualcun altro, magari in possesso della tessera dei Democratici di sinistra, disposto a fare loro le foto che chiedevano. Mi pare giusto ricordare anche queste cose.
Allora, quando si parla di sanatorie, bisogna distinguere le vostre da quella introdotta da chi, per regolarizzare, pretende come requisiti indispensabili un contratto di lavoro, una casa (anche per evitare che i bambini dei rom amici di Cento e dei Verdi dormano nelle auto, sotto i ponti, a dieci gradi sotto zero!) e l'identificazione certa...

PIERO RUZZANTE. Andate a vedere quelli regolarizzati da voi!

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Buffone (Commenti del deputato Susini - Il deputato Guido Giuseppe Rossi si muove nella direzione del deputato Susini)!

PRESIDENTE. Onorevole collega, per cortesia (Vivi commenti del deputato Guido Giuseppe Rossi)!
La richiamo all'ordine, onorevole Guido Giuseppe Rossi (Scambio di apostrofi tra i deputati Susini e Guido Giuseppe Rossi, che vengono trattenuti dai commessi)!


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Onorevole Guido Giuseppe Rossi, la richiamo all'ordine per la seconda volta!
Prosegua pure, onorevole Luciano Dussin.

LUCIANO DUSSIN. Queste cose succedono quando la verità fa male (Commenti dei deputati dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)! È così e lo sapete anche voi, anche se non riuscite a controllare qualcuno dei vostri che parla contro gli interessi dei cittadini.
Dunque, la nostra non è una sanatoria, ma una giusta regolarizzazione dei rapporti in atto tra i cittadini italiani ed i loro ospiti. I numeri sono chiari e gli effetti si stanno già vedendo perché, a fronte di qualcuno che mistificava la realtà affermando che questo provvedimento avrebbe sanato centinaia di migliaia di immigrati, nella realtà, ci si sta accorgendo che le cose non stanno affatto così. Saranno regolarizzate alcune decine di migliaia di irregolari, con le norme certe di cui ho detto (con un lavoro, con una casa e con l'identificazione certa); e ciò gratifica l'operato di chi si è prestato ad interpretare le esigenze dei nostri cittadini.
Ricordo che mettere mano alla legge sull'immigrazione era uno dei capisaldi del programma elettorale del maggio scorso. E se la Casa delle libertà sta governando il paese, buona parte del consenso l'ha ricevuto anche per risolvere i disagi creati dalla Turco-Napolitano. Stiamo portando avanti il nostro programma con dignità e, mentre rispediamo al mittente le offese gratuite, nutriamo la certezza che questo decreto-legge porrà fine ai tanti problemi creati da chi ha ancora molta confusione nella testa (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.

GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, anche noi stiamo dando suggerimenti e stiamo presentando proposte affinché il maggior numero di persone possa essere regolarizzato con questo provvedimento. Esiste un impegno che cerchiamo di assumere per ragioni assolutamente di carattere civile (non dico umanitario, ma civile, almeno). Il decreto-legge che oggi stiamo esaminando, in ogni caso, mantiene tutte le ambiguità, anzi tutte le drammatiche contraddizioni - e quindi l'impianto razzista, xenofobo e quant'altro abbiamo detto - della legge Bossi-Fini (l'intervento del collega che mi ha proceduto ne è la dimostrazione). L'impianto e la filosofia che ispirano anche questo decreto-legge di regolarizzazione presentano tutte quelle caratteristiche e quegli aspetti che ci hanno indotto a votare contro quel disegno di legge, per la sua concreta incidenza sulla vita delle persone e per gli effetti concreti che oggi già sta producendo. Basti considerare le numerose morti che si sono succedute, anche nel corso di questa estate, nei mari del nostro paese e i diversi casi che siamo costretti a piangere proprio per la filosofia che si cerca di attuare con questa legge. Le critiche vengono ormai da più parti: critiche forti che provengono da tutte le associazioni che da sempre si occupano di stranieri e di immigrati.
Ebbene, con questo decreto-legge noi sanciamo ulteriori principi incomprensibili o, meglio, comprensibili solo da alcuni punti di vista (quello delle filosofie di cui abbiamo sentito parlare poco fa dai colleghi della Lega nord Padania).
Avevate detto, signori del Governo, che voi avreste voluto un'immigrazione regolare; la dimostrazione concreta di quello che fin qui è avvenuto e di quello che succederà con questo decreto-legge è che questa immigrazione sarà invece precaria, subalterna e ancora una volta, purtroppo, clandestina. Tutte le richieste di asilo presentate nel corso di questi mesi sono state bocciate; credo che siamo di fronte ad una media di due accettazioni su 70 domande.
Il nostro paese avrebbe avuto bisogno di una legge quadro sull'asilo, invece è stata approvata la legge Bossi-Fini, che non concederà mai asilo a quelle signore e a quei signori che, per ragioni assolutamente necessarie e indispensabili, cercano rifugio nella nostra terra. Quindi, si


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tratta di una critica forte dal punto di vista del diritto internazionale e dal punto di vista umanitario.
Oggi, ancora una volta, con questo decreto-legge, sanciamo una situazione di precarietà e di subalternità. Gli argomenti che stanno alla base di questo decreto-legge dimostrano come questo sia il frutto ambiguo e contorto delle due filosofie che vivono all'interno della maggioranza di Governo: da una lato, quella filosofia che ha ascoltato le critiche provenienti dal mondo confindustriale e dal mondo cattolico e dalle diverse associazioni che operano su questo campo da diversi anni, con quello spirito di solidarietà che le muove e le porta ad occuparsi di problemi concreti ogni giorno; dall'altro, invece, lo spirito xenofobo e razzista della Lega nord Padania che abbiamo sentito anche questa mattina (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania). Questo è il nostro giudizio su quanto state confermando esattamente con il vostro atteggiamento in Assemblea.

GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Presidente, non si può continuare ad usare il termine «razzisti» nei confronti di colleghi!

PRESIDENTE. La smetta, onorevole collega, altrimenti sarò costretto ad espellerla. È la seconda volta che la richiamo.

GRAZIELLA MASCIA. Fa parte della cultura politica evidentemente.

PRESIDENTE. Invito tutti ad un linguaggio più misurato è più tranquillo. Ho fatto finta di nulla anche quando il suo collega utilizzava parole come «delinquenti» e «bastardi», per essere chiari. Quindi, faccio finta di non sentire per evitare dei problemi. Invito i colleghi di entrambe le parti a rispettare l'Assemblea, i colleghi parlamentari e la gente che si trova fuori. Onorevole Mascia, vada avanti.

GRAZIELLA MASCIA. Grazie Presidente, vorrei che i due termini non fossero confusi. I termini «xenofobo» e «razzista» hanno ben altro valore, di carattere insultante naturalmente, ma anche un valore politico che ribadisco perché questa è la caratteristica della legge cosiddetta Bossi-Fini e del decreto al nostro esame. Non è colpa nostra, ma di chi ha voluto questa legge, se si determinano situazioni che producono fenomeni razzisti.
Il dato da cui bisogna partire è rendersi conto se il Governo, preso atto che la Bossi-Fini di fatto fornisce un'idea di rifiuto degli stranieri e non di regolarizzazione - anche nei confronti di coloro che chiedono di lavorare nel nostro paese -, abbia capito che gli italiani hanno bisogno degli stranieri. È questo - ripeto - il dato da cui partire. Si conduce un ampio battage pubblicitario sul tema della sicurezza - l'abbiamo potuto ascoltare anche questa mattina - sostenendo una cultura che afferma che solo gli stranieri commettono reati e cerca di costruire su ciò un senso comune. Dopo aver condotto questa campagna pubblicitaria, bisogna prendere atto che esiste una forte domanda nel nostro paese, proveniente da diverse associazioni ed anche da settori economici ben determinati e da famiglie, che evidenzia come senza gli stranieri non si possa più stare, perché non si è più abituati a compiere determinati lavori in cui è necessario «sporcarsi le mani».
Il nostro welfare non reggerebbe più senza manodopera straniera; la raccolta dei pomodori non sarebbe più realizzata da nessuno, se non vi fosse manodopera straniera; determinati lavori nel settore edilizio non sarebbero compiuti da nessuno senza manodopera straniera; anche alcune «fabbrichette» del nord est reclamano manodopera straniera. Queste pressioni sono state avvertite tanto dalla maggioranza quanto da noi, anche nel corso dell'esame della Bossi-Fini e per questo motivo siete stati costretti a varare un decreto-legge per la regolarizzazione di questi lavoratori.
Penso sarebbe stato preferibile, non solo per ragioni di solidarietà o di principio (che sono quelle che muovono noi e la nostra ideologia) ma anche per ragioni prettamente utilitaristiche, prendere atto di questi dati e del bisogno di lavoratori


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stranieri e regolarizzare il più possibile le situazioni di lavoro concreto esistenti nel nostro paese. Invece, con questo decreto-legge si riproducono le stesse logiche di esclusione.
Quali sono i criteri che determinano l'individuazione dei soggetti da regolarizzare? Sono criteri assurdi che non hanno nulla a che vedere con la realtà concreta, ma che denotano - ancora una volta - principi già trovati nella legge Bossi-Fini, cioè un accanimento gratuito contro gli stranieri. Non riesco a dare un'interpretazione diversa al fatto che, per esempio, mentre si parla ampiamente di flessibilità per i lavoratori italiani, in questo decreto-legge si fissa in modo rigido che coloro i quali hanno diritto ad avere un contratto di lavoro - come chiedete voi, non un permesso di soggiorno come vorremmo noi - sono soltanto coloro che hanno un contratto a tempo indeterminato o almeno di durata non inferiore ad un anno, ben sapendo che i lavori svolti dagli stranieri nel nostro paese sono spesso lavori saltuari di durata di tre o sei mesi. Ma la vostra idea è di tenere i lavoratori in una condizione di totale precarietà; preferite quindi varare un «decreto flussi» in più per sistemare questo o quel problema, piuttosto che abbassare la soglia minima temporale prevista (peraltro oggetto di dibattito e scontro anche all'interno della stessa maggioranza).
Parlare così ampiamente di flessibilità per quanto riguarda i lavoratori italiani e dall'altra parte negare questa stessa flessibilità quando si tratta di concedere un permesso di soggiorno o, come dite voi, un contratto di soggiorno ai lavoratori stranieri, si giustifica soltanto con un accanimento gratuito, a dimostrazione della volontà di respingere questi lavoratori.
Credo inoltre vi sia un principio gravissimo. Sono molto preoccupata perché abbiamo già determinato un «doppio binario» all'interno della Bossi-Fini sul piano giuridico: ciò che per i cittadini italiani è considerato un piccolo reato, diventa motivo di espulsione amministrativa per un cittadino straniero.
Quindi, abbiamo già affermato, sul piano del diritto, alcuni principi gravissimi; oggi ne introduciamo un altro, perché in questo testo si dice che non possono essere regolarizzati quei cittadini stranieri che siano stati denunciati. Nel nostro paese esiste la presunzione di innocenza - ciò dovrebbe essere scontato per tutti - ma ieri sera, in Commissione, c'è stato risposto che la valutazione di pericolosità, sostanzialmente, è di natura amministrativa e che pertanto è sufficiente la denuncia per valutare la sussistenza di tale pericolosità e per non aver conseguentemente diritto all'accesso nel nostro paese. Penso che questo, dal punto di vista dei principi, sia un fatto gravissimo.
Ancora, se il vostro problema è quello di avere, in Italia, solo gli stranieri regolarizzati (questo almeno sembra essere l'obiettivo), perché allora non regolarizzare quelle migliaia di lavoratori, cittadini stranieri, che sono presenti nel nostro paese da anni e che hanno avviato attività imprenditoriali autonome? Tali realtà esistono: ci sono gli ambulanti ma esistono anche coloro che hanno aperto piccoli negozi; basta recarsi nelle periferie romane per rendersi conto di quante attività siano sorte e di quanti lavori svolgano, anche da tale punto di vista, i lavoratori stranieri. Perché, allora, decidere che la regolarizzazione può valere soltanto per un lavoratore dipendente? Perché non si può riconoscere la dignità e la responsabilità - permettendone la regolarizzazione - di un lavoratore che ha deciso, ed organizzato, la propria attività in proprio?
In questo modo di ragionare vedo la stessa logica che si trova anche in altre norme, norme nelle quali si prevede, ad esempio, che lo straniero debba avere una casa; peccato, però, che la sua casa, e la garanzia rispetto ad essa, dipenda dal proprio datore di lavoro, che è autorizzato persino a trattenergli i soldi dallo stipendio. Non trovo le parole per segnalare l'indecenza della cultura politica che è dietro a provvedimenti di questo genere che, ripeto, non si giustificano per le ragioni che sono state proclamate in altri mesi ed in altri momenti, cioè con la


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volontà di avere in Italia solo stranieri regolarizzati che abbiano un lavoro. Infatti, nel momento stesso in cui si nega a questi cittadini la possibilità di avere un lavoro, nel momento in cui li si costringe a stare in una condizione comunque precaria e comunque subalterna, dipendente da qualcun altro, credo che si neghi la stessa dignità della persona.
Il fatto che si neghi la dignità di queste persone trova conferma in un altro punto del decreto-legge, quello che di nuovo ripropone, anzi sancisce definitivamente, ciò che era già previsto dalla legge Bossi-Fini: mi riferisco alla necessità che a questi cittadini siano prese le impronte digitali. Si cerca di attenuare questo aspetto con l'introduzione delle impronte anche per i cittadini italiani nella carta d'identità elettronica, ma così si apre un altro doppio problema. In questo senso abbiamo presentato non solo alcuni emendamenti, ma anche un ordine del giorno, perché nulla ci è dato di conoscere su quali saranno le modalità per gestire la raccolta di questi rilievi, sulla loro conservazione e sulle condizioni di accesso ai medesimi. La delicatezza di tali questioni ha fatto discutere l'Europa, senza che la stessa le abbia risolte, ed è stata motivo, per l'Europa stessa, per negare l'opportunità e la validità della carta elettronica. Possiamo benissimo immaginare che cosa potrebbe accadere, a causa di un utilizzo sbagliato di sistemi di questo tipo, dal punto di vista del controllo sulla nostra vita, non solo per ragioni di privacy, ma anche per ragioni molto concrete che possono influenzare ogni passaggio della nostra vita, da quella lavorativa a quella di tutti i giorni.
La prova definitiva che dietro questa cultura politica vi sia la mancanza di rispetto per la dignità della persona al di là di tutto, è data dal fatto che, mentre per i cittadini e le cittadine italiani tali dati saranno gestiti dai comuni (si parla, infatti, di carta d'identità elettronica), le impronte dei cittadini stranieri saranno archiviate nel «cervellone» della polizia.
Allora, penso che l'insieme di questi elementi (mi riferisco alle condizioni di lavoro, non solo precario e subordinato, al mancato riconoscimento della responsabilità di questi lavoratori, all'impedimento che per gli stessi si possa determinare un minimo di autonomia nel nostro paese, alla dipendenza totale anche per ciò che riguarda la quotidianità, la casa e via dicendo, per non parlare degli altri aspetti presenti nella legge Bossi-Fini, come la questione dei ricongiungimenti familiari e della cittadinanza, la possibilità che la questura intervenga nella vita privata di questi cittadini per verificare se effettivamente consumino il matrimonio e quant'altro, nonché degli altri aspetti giuridici concernenti il trattamento differenziato sul lavoro e, infine, il fatto di considerare lo straniero, comunque, potenzialmente un criminale) confermi l'impianto di questo testo che è lo stesso che caratterizza la legge Bossi-Fini.
Con tale provvedimento in questo paese guadagneremo punti sul terreno dell'inciviltà sotto il profilo dei principi più generali e potenzieremo ed allargheremo l'esercito dei clandestini che verranno nel nostro paese. Il fatto che ciò avverrà - come è stato detto da alcuni colleghi - si rileva dalle cronache di questi giorni. Infatti, la quota forfettaria per la regolarizzazione, che secondo la legge dovrebbe essere pagata dal datore di lavoro, oggi viene comunque pagata dal lavoratore interessato. Molti stipulano contratti, ma al contratto ufficiale corrisponderà un contratto in nero, ossia una quota di salario che rimarrà al datore di lavoro e non al lavoratore. Sostanzialmente vi sarà una situazione di ricatto perenne dei datori di lavoro italiani nei confronti dei lavoratori ed una marea di lavoratori clandestini rimarrà nel nostro paese: questo è il dato che sta già emergendo dall'applicazione della legge Bossi-Fini ed è il clima che si respira anche negli altri paesi europei, nonostante le direttive emanate dal Parlamento europeo siano di tutt'altro segno.
Tuttavia, siamo abituati ad essere europeisti a parole e sulle cose più negative, ossia quando si tratta di fissare i vincoli di bilancio e di fare le guerre; invece, quando si tratta di fissare il restringimento di


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libertà individuali e di dar seguito ai principi di civiltà e di buonsenso allora assumiamo la nostra autonomia che purtroppo sta diventando anche la caratteristica di altri paesi stranieri.
Dunque, oggi ci accingiamo a discutere e a convertire in fretta e furia un decreto-legge, anche perché il Governo non ha saputo far bene i conti, costringendoci ad un tour de force che abbiamo considerato assolutamente eccezionale. Tuttavia, abbiamo consentito questo tour de force assolutamente eccezionale per la semplice ragione che siamo interessati almeno a regolarizzare - speriamo - diverse migliaia di cittadini stranieri che stanno tentando questa strada.
Tuttavia, sottolineiamo che rimane una contraddizione di fondo: mi riferisco ad una cultura politica e ad un impianto che hanno caratterizzato la legge Bossi-Fini e che non dovrebbero farci dormire la notte. Da una parte, abbiamo bisogno di questi cittadini, dall'altra neghiamo loro la dignità, anche quella umana (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Landi di Chiavenna. Ne ha facoltà.

GIAN PAOLO LANDI di CHIAVENNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, in quest'aula, alcuni minuti orsono, sono state evocate parole molto forti. Non mi riferisco, certo, all'intervento calibrato dell'onorevole Bielli o della collega Mascia, ma mi sembra che le affermazioni pronunciate dal rappresentante del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo, onorevole Cento, siano di una gravità fuori dal comune, al limite della irresponsabilità politica.
In questo senso, credo sia necessario che il Governo - come certamente farà - registri in modo forte, preciso e puntuale le affermazioni, le dichiarazioni ed anche le assunzioni di responsabilità che evidentemente certe forze politiche si assumono.
Questo provvedimento segna un passaggio importante anche nella storia parlamentare perché oggi possiamo verificare sul campo che, quando le regolarizzazioni - che non erano regolarizzazioni, ma sanatorie - venivano fatte dal centrosinistra, tutti gli esponenti dell'allora maggioranza si esprimevano a favore di tali provvedimenti. Oggi, invece, tutti gli esponenti dell'attuale opposizione criticano un provvedimento di regolarizzazione che è un atto dovuto per le politiche lassiste e falsamente buoniste dei precedenti governi e delle maggioranze che li sostenevano.
Ormai credo sia palese e noto a tutti che in Italia vivono centinaia di migliaia di cittadini extracomunitari in posizione irregolare o, addirittura, clandestina, che sono entrati utilizzando le maglie larghe della legge n. 286 in materia di immigrazione, più nota come legge Turco-Napolitano.
Il provvedimento che ci accingiamo a votare, dunque, è dovuto anche se, almeno chi parla, non avrebbe voluto doverlo votare. Il senso della legalità che appartiene sicuramente al centrodestra e, in particolare, ad Alleanza nazionale avrebbe preferito che si evitasse qualunque tipo di provvedimento di regolarizzazione verso chi ha comunque commesso atti di illegalità. L'ingresso in forma clandestina, infatti, per quanto non sanzionato penalmente, è un atto illegale dal punto di vista amministrativo e, quindi, avremmo preferito che non si dovesse ricorrere a questo provvedimento. Tuttavia, si tratta di un atto dovuto che sosteniamo con molta lealtà e convinzione perché reputiamo sia un atto prodromico alla completa messa a regime della legge Fini-Bossi che abbiamo concorso a predisporre. Ricordo in tal senso il ruolo svolto dal sottosegretario Alfredo Mantovano al quale voglio pubblicamente riconoscere il plauso del nostro partito per l'impegno profuso in questa battaglia di legalità e di credibilità politica.
Non vedo come si possa, oggi, criticare un provvedimento che consente a centinaia di migliaia di lavoratori extracomunitari di accedere ad una regolarizzazione che consentirà loro di entrare definitivamente nel percorso virtuoso del mondo del lavoro in modo legale, emergendo da situazioni


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di criticità; in tal modo verrà data a queste persone un'importante opportunità di inserirsi in una politica di vera integrazione nel tessuto sociale, produttivo e culturale del nostro paese.
Non è assolutamente vero che questo provvedimento, come ho sentito più volte anche nei precedenti dibattiti, aumenterà ulteriormente la clandestinità. Introduciamo questo meccanismo rigido di regolarizzazione proprio per chiudere la pagina delle illegalità e delle immigrazioni clandestine e per consentire, attraverso i principi fondamentali che sorreggono la Fini-Bossi, che potremmo definire una legge quadro, di entrare nel territorio italiano in forma regolare utilizzando il criterio, a mio avviso estremamente intelligente e, peraltro, già recepito da molte altre legislazioni a livello europeo, di legare il permesso di soggiorno al contratto di lavoro.
Non è affatto vero che la legge Fini-Bossi creerà precarietà o alimenterà ulteriormente forme di clandestinità. Voglio ricordare a chi fa finta di non aver letto esattamente il testo della Fini-Bossi che abbiamo previsto criteri applicativi per quanto riguarda le attività di lavoro. Si andrà dai contratti stagionali che potranno essere prorogati in forma plurimensile o, addirittura, pluriennale, a contratti a tempo determinato ed indeterminato. Si sono solo previste cadenze temporali (un anno per i contratti a tempo determinato, due anni per i contratti a tempo indeterminato) per la verifica limitata all'effettiva sussistenza del lavoro in essere. Quindi, non è affatto vero che alla scadenza dell'anno o dei due anni l'extracomunitario dovrà lasciare il territorio dello Stato. Vi sarà semplicemente una verifica, e ciò varrà anche per il datore di lavoro, all'esito della quale, se sussisteranno i presupposti per cui il lavoratore possa permanere nel territorio dello Stato, la persona non avrà alcun timore di dover lasciare il nostro territorio.
Ciò detto, era evidentemente necessario introdurre questo meccanismo di regolarizzazione. Si tratta di un meccanismo che tiene conto di criteri, a mio avviso, rigorosi, seri e di una certa rigidità, contrariamente a quanto accaduto nel passato. Vogliamo evidentemente fugare qualunque tipo di dubbio connesso a dei criteri ampi, come furono quelli utilizzati nel passato per aggirare i criteri normativi e quindi l'applicazione vera, reale e rigorosa di un provvedimento di regolarizzazione. Sono stati quindi introdotti dei meccanismi che dovrebbero - anzi sono certo che lo consentiranno - colpire gli escamotage che dovessero essere utilizzati, per cercare di regolarizzare chi comunque non ha titolo per essere regolarizzato. In questo senso confido nella forte presenza politica del Governo, affinché possa attuare questa regolarizzazione con doverosi criteri di rigore e di certezza.
Superato questo passaggio importantissimo del provvedimento di regolarizzazione e messa a regime la legge Fini-Bossi, è però necessario proseguire nella politica dell'immigrazione. Una politica seria per l'immigrazione presuppone evidentemente anche una capacità di poter svolgere un'attività di vera integrazione sul territorio nazionale di questi lavoratori extracomunitari, che partecipano alla vita sociale, economica, politica e culturale del nostro paese. Sarà quindi necessario continuare un forte impegno politico da parte del Governo e della maggioranza, per attuare tutte quelle politiche di integrazione che consentano di poter coniugare solidarietà e rigore, politica della prevenzione, politica della repressione, ma anche politica dell'integrazione.
Assistiamo - l'ha già detto in parte anche il collega Luciano Dussin - ancora ad anomalie nella presenza sul territorio nazionale di comunità di extracomunitari. Vi sono forti concentrazioni di comunità monoetniche in realtà ben definite, soprattutto nei grandi centri urbani. Vi è una forte presenza extracomunitaria soprattutto nel nord e nel centro nord dell'Italia, con tassi di presenza molto più ridotta nelle realtà del Mezzogiorno. Alleanza nazionale ha sempre sostenuto che un passaggio importante è quello di creare una politica che sappia meglio ridistribuire sul territorio nazionale la presenza degli extracomunitari


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e soprattutto abbiamo sempre sostenuto che è necessario avere un controllo vero e reale del territorio e delle periferie, per evitare che si costituiscano delle enclave monoetniche o plurietniche, che vadano in qualche modo a espropriare i diritti dei nostri cittadini, i quali spesso e volentieri si vedono per così dire «accerchiati» nei loro quartieri, nella loro storia, nella loro presenza sul territorio (in città e paesi), da comunità che riescono ad incidere in queste realtà anche con mezzi economici e finanziari di cui chiediamo si abbia qualche certezza per capire se tali flussi economici e finanziari provengano da attività lecite o siano invece frutto di attività illecite.
Bisogna quindi proseguire nelle politiche di integrazione; dobbiamo continuare anche nelle politiche degli accordi bilaterali e il Governo in questo senso sa perfettamente quanto sia necessario sottoscrivere e implementare anche gli accordi bilaterali, affinché a fianco alle politiche di sostegno dell'economia dei paesi a forte pressione migratoria vi siano anche accordi e impegni precisi da parte di tali paesi nelle politiche di riammissione degli extracomunitari clandestini, che vengono o verranno espulsi dal nostro territorio.
Al fine di porre a regime, in modo organico, la legge Bossi-Fini vi è, dunque, la necessità che il Governo si impegni, più di quanto non abbia fatto fino ad oggi, nelle politiche di accordi bilaterali con i paesi a forte pressione migratoria affinché, una volta sorpresi in clandestinità sul territorio nazionale, questi extracomunitari possano essere poi rimpatriati con l'aiuto, il consenso e l'accordo politico anche dei paesi di origine o di provenienza.
È, pertanto, necessario un grande impegno; da parte della maggioranza questo impegno c'è, ma il Governo ha un ruolo focale e importante. Non si tratta solo di fare politiche di repressione, ma politiche di vera integrazione, che sono più che mai importanti anche alla luce della prossima apertura dei mercati ai paesi dell'Europa orientale. Quando, nel 2004, l'Unione europea si aprirà anche a paesi che oggi forniscono un grande contributo di manodopera ai paesi europei e, in particolare, all'Italia, disporremo di una forza lavoro comunitaria - proveniente da paesi come la Slovacchia, l'Ungheria ed altri - e dovremo affrontare, quindi, una pressione migratoria ancora più forte da parte dei paesi del sud del mondo.
Dunque, occorre attrezzarsi in tempo per far sì che questa forte pressione migratoria, proveniente dai paesi del sud del mondo, possa trovare risposte adeguate non solo da parte della normazione italiana, ma anche attraverso una forte volontà politica volta a contrastare ogni forma di immigrazione clandestina e una politica di sostegno, di aiuti umanitari, di cooperazione allo sviluppo, al fine di creare, in questi paesi, migliori condizioni di vita economica e sociale.
Il ruolo dell'Italia, negli accordi bilaterali - quindi, nella cooperazione bilaterale e anche in quella multilaterale - può giocare un ruolo fondamentale.
In sintesi, entrando nel merito del provvedimento in esame, ritengo che il testo approvato dal Senato presenti miglioramenti indiscutibili, che trovano l'ampio e totale consenso del gruppo di Alleanza nazionale.
Si è provveduto ad estendere il termine per la regolarizzazione fino al 10 novembre di quest'anno. Ciò consentirà, evidentemente, anche alle categorie datoriali di avere il tempo necessario per regolarizzare le posizioni degli extracomunitari che attualmente lavorano nell'ambito delle loro attività aziendali.
Inoltre, attraverso altri emendamenti - alla cui stesura ha partecipato anche il gruppo che rappresento -, viene riconosciuta agli imprenditori la certezza della non punibilità per quanto concerne le posizioni pregresse in materia fiscale, finanziaria e previdenziale. Si trattava di una richiesta importante proveniente dal mondo dell'imprenditoria, che mi pare sia stata accolta.
Tra l'altro, si sono introdotti meccanismi che consentiranno agli imprenditori di poter regolarizzare, con assoluta serenità, tutti i lavoratori alle loro dipendenze,


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senza dover temere accertamenti, di natura previdenziale, fiscale, contributiva e finanziaria, per il periodo pregresso.
Ritengo si tratti di un passaggio molto importante ed utile ad arricchire il dibattito politico, anche se, da parte dell'opposizione, non ho sentito voci che premiassero il lavoro di arricchimento culturale e politico di questo decreto-legge.
Credo fosse giusto - e ho sentito, da parte dell'onorevole Mascia, critiche in questo senso - limitare il provvedimento di regolarizzazione solo ed esclusivamente a quei lavoratori che svolgono un'attività a tempo determinato o a tempo indeterminato. Non avrebbe avuto senso, né dal punto di vista politico né dal punto di vista delle strategie politiche, estendere la regolarizzazione anche ai lavoratori stagionali. Infatti, la finalità, la ratio di questo provvedimento riposa esattamente nella volontà di integrare definitivamente, nel tessuto sociale, economico e produttivo, quegli extracomunitari che svolgono un'attività che può estendersi nel tempo.
Gli stagionali, per la stessa definizione della loro configurazione contrattuale, sono persone che svolgono lavori temporanei; escono dai confini dello Stato italiano per rientrarvi nel momento in cui vi è la richiesta di altre attività stagionali. Non avrebbe avuto alcun senso, salvo quello di cadere da una seria regolarizzazione in una sanatoria tout court, estendere il provvedimento anche agli stagionali.
Bene ha fatto il Governo, bene ha fatto questa maggioranza a limitare il provvedimento ai lavoratori con contratti a tempo determinato non inferiore ad un anno e con contratti a tempo indeterminato. Diversamente avremmo commesso, a mio avviso, un errore che poi sarebbe stato anche - come dire - criticato dalle opposizioni e non avrebbe, comunque, colpito nel segno: ripeto che si tratta di procedere ad una regolarizzazione seria e non ad una generica sanatoria.
Altrettanto giusto è, a mio avviso, l'emendamento che andrà a compensare lo stock di extracomunitari che saranno regolarizzati; mi riferisco, in particolare, a quelli che, pur muniti di un foglio di via, potranno accedere ai criteri di regolarizzazione. La compensazione di questo stock di extracomunitari nel futuro decreto flussi, che suppongo il Governo licenzierà nel corso del prossimo anno, mi pare un passaggio importante: anche da questo punto di vista vi è la totale condivisione politica da parte di Alleanza nazionale. Tuttavia, è necessario che questa regolarizzazione trovi il più ampio consenso da parte di chi ha interesse ad utilizzare questo provvedimento; mi riferisco alle famiglie che ricorrono, con numeri importanti, ad attività di lavoro familiare, sia per la casa sia, soprattutto, a sostegno degli ammalati o delle persone non autosufficienti. Mi pare che il provvedimento sia equilibrato ed equo anche dal punto di vista del costo; quindi, non credo che possano esserci perplessità e dubbi da parte delle famiglie italiane ad usufruire di queste misure.
Ancora più importante sarà che a questa regolarizzazione partecipino gli imprenditori e tutti coloro che utilizzano lavoro extra comunitario attualmente in forma irregolare e clandestina: sia chiaro che esaurito questo provvedimento di regolarizzazione non vi saranno altre scorciatoie o altri escamotage per mettere in regola il lavoro irregolare o clandestino. Si passerà all'attuazione vera e reale della legge Fini-Bossi che applicherà sanzioni di carattere penale, oltre che di carattere amministrativo e fiscale, nei confronti di chi utilizzerà lavoro in forma irregolare o clandestina. Quindi, l'auspicio è che queste misure vengano utilizzate nei tempi tecnici di cui ci siamo dotati: sarà l'ultimo - e sottolineo l'ultimo - passaggio da parte di questo Governo e di questa maggioranza per consentire la regolarizzazione e la non punibilità per chi oggi utilizza lavoro in forma irregolare o clandestina.
Per ultimo voglio ricordare il ruolo che Alleanza nazionale ha svolto in questo periodo, fornendo il proprio contributo sia alla redazione e alla stesura della legge Fini-Bossi sia alla messa a punto di questo provvedimento. Credo che il partito che rappresento abbia dimostrato ancora una


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volta - semmai ve ne fosse stato bisogno - di aver assunto un ruolo di grande equilibrio e di grande responsabilità politica. L'atteggiamento di mediazione fra le varie posizioni, assunte anche all'interno della maggioranza, premia la responsabilità politica della destra italiana: come ripeto, si tratta di una destra che si sforza di affermare - e lo ha dimostrato nei fatti - che teniamo un comportamento costruttivo nei confronti delle politiche della migrazione. Siamo convinti che vi sia la necessità di qualificare la presenza degli immigrati e dei lavoratori extra comunitari sul territorio nazionale, nell'ambito, però, di una cultura della legalità e nel rispetto degli usi, delle abitudini, dei costumi, della cultura e delle leggi italiane. Se da un lato crediamo - e ne siamo assolutamente convinti da anni - che l'Italia abbia bisogno di migrazione regolare, siamo e saremo sempre altrettanto convinti che, per poter creare una cultura di solidarietà e di convivenza sociale fra autoctoni e cittadini extracomunitari, fosse, sia e sarà necessario dare segnali di fermezza e di certezza nell'applicazione delle leggi e del diritto.
Gli italiani, i cittadini italiani, sanno che possono contare su una forza politica che è rispettosa dei principi di umanità e di solidarietà, ma è anche fermamente arroccata su posizioni strenue di difesa dei principi della legalità e in questo senso Alleanza nazionale sarà presente in Parlamento e fuori per riaffermare che in Italia la legge deve essere rigorosamente rispettata e questo deve valere sia per gli italiani che per gli extracomunitari. D'ora in poi chi entrerà in Italia lo farà in forma legale e chi non saprà rispettare le nostre leggi, i nostri costumi, le nostre abitudini e la nostra cultura non sarà capace di integrarsi e commetterà anche delle illegalità sarà espulso. Questa non è politica xenofoba, politica razzista ma è politica autenticamente liberale. Vogliamo il rispetto delle leggi, vogliamo segnalare l'importanza dei fenomeni della immigrazione, ma vogliamo anche garantire i cittadini italiani - questo è il segnale e il passaggio politicamente forte che faccio come esponente di Alleanza nazionale - che d'ora in poi gli extracomunitari che saranno presenti sul territorio dovranno rispettare le nostre leggi, convivere con le nostre leggi, pena la loro espulsione (Applausi dei deputati del gruppo dei Alleanza nazionale).

MARCO BOATO. Le prossime elezioni sono ancora lontane, sembrava uno spot elettorale!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.

MARCO BOATO. Signor Presidente, mi scusi, ma mi sembrava di aver assistito ad uno spot elettorale: le prossime elezioni sono ancora un po' lontane. Ho sentito un'apologia di Alleanza nazionale rispetto alla fermezza e alla certezza del diritto, riguardo a questa vicenda legislativa che mi pare porti qualche problema, come cercherò di dire molto pacatamente adesso, con toni un po' meno stentorei di quelli che mi hanno preceduto.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo signora relatrice, signor presidente della Commissione, colleghi, non affronterò dettagliatamente nel merito questo disegno di legge di conversione del decreto-legge sulla legalizzazione del lavoro irregolare degli extracomunitari perché ne hanno già parlato molti colleghi che mi hanno preceduto e probabilmente ne parlerà fra poco anche il collega Sinisi. In particolare, i colleghi Bielli e anche la collega Mascia sono entrati nel dettaglio degli aspetti critici più rilevanti, sia della precedente legge, già approvata con il nostro voto contrario in Parlamento, sia di questo decreto-legge che stiamo per esaminare.
Per lealtà politica e intellettuale debbo dare atto al gruppo dell'UDC (CCD-CDU) per parte sua di essere stato coerente, a partire dalle dichiarazione più volte fatte in quest'aula dal presidente Tabacci, nel porre la questione della regolarizzazione dell'emersione del lavoro dei lavoratori extracomunitari e nell'aver indotto e, dico tra virgolette, «costretto» il Governo ad affrontare con apposito provvedimento


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questa materia. Ovviamente, è un modo schizoide di procedere, non quello dell'UDC (CCD-CDU), ma quello del Governo, perché è evidente che mentre stavamo affrontando la legge sull'immigrazione, la cosiddetta legge Bossi-Fini (ma porta la prima firma di Berlusconi), si poteva benissimo affrontare questa materia nel momento in cui affrontavamo la questione delle cosiddette badanti e dei collaboratori o collaboratrici familiari. Quello era l'articolo in cui senza dover ricorrere successivamente a decreti-legge - come si è dovuto fare - si sarebbe potuto e dovuto affrontare questa materia. Quindi quello del Governo, ripeto, mi pare un modo di procedere - dico tra virgolette (ovviamente, ciò non vuole essere offensivo) - sotto il profilo tecnico-giuridico, schizoide, ma obiettivamente la sollecitazione che il presidente Tabacci prima e l'intero gruppo dell'UDC (CCD-CDU) poi hanno portato avanti ha comunque permesso di affrontare, sia pure in questo modo, per così dire, «extra-vagante» di affrontare la questione. Ripeto, tutte le questioni di merito sono già state affrontate in diversi interventi che mi hanno preceduto, le condivido tanto che abbiamo sottoscritto insieme gli emendamenti per la Commissione e li abbiamo nuovamente sottoscritti per l'aula.
Sono già in fase di elaborazione alcuni ordini del giorno per poter affrontare anche sotto il profilo amministrativo alcuni aspetti, quindi proprio per brevità e rispetto verso i colleghi non ritorno su queste questioni; ciò perché, lo dico ai colleghi dell'opposizione, se affrontiamo giustamente il problema del coordinamento tra l'Ulivo e le altre forze di opposizione potremmo realizzarlo richiamandoci gli uni agli altri in sede di dibattito generale.
Voglio soltanto - a questo si limiterà per qualche minuto il mio intervento - sottolineare anche qui in aula, perché ne resti traccia negli atti parlamentari, nello stenografico e nella memoria storica della Camera, la assoluta eccezionalità, non ripetibilità e inaccettabilità per il futuro delle procedure che abbiamo seguito e che stiamo seguendo. Dico questo dopo essermi assunto come capogruppo del gruppo misto ed insieme ad altri colleghi una responsabilità su sollecitazione del Presidente della Camera, cui non ci siamo sottratti e che ci porta ad evidenziare - con il massimo rispetto per il ruolo svolto dal Presidente Casini (altrimenti non avremmo aderito) che, sua volta, è stato sollecitato dal Governo - il fatto che questa situazione è assolutamente eccezionale, non può costituire in alcun modo un precedente per il futuro dei lavori parlamentari, di questa o di successive legislature. Sono state «calpestate» tutte le procedure previste dai nostri regolamenti e dal nostro modo di costruire insieme i lavori parlamentari.
Voglio ricordare che al riguardo, da parte nostra, vi è stata una assunzione di responsabilità che avrei voluto notare anche negli interventi dei colleghi Landi di Chiavenna e Luciano Dussin che, invece, hanno svolto due comizi elettorali per Alleanza nazionale e per la Lega. Avrei voluto notare un identico senso di responsabilità nella scorsa legislatura da parte di questi miei due colleghi.
Il decreto-legge in questione era stato calendarizzato per l'esame in Assemblea - a ciò fa fede il calendario dei lavori ancora in distribuzione in aula -, con l'accordo del Governo, rappresentato dal ministro Giovanardi e dal sottosegretario Ventucci, per i giorni 14, 15, 16, 17; comunque, nell'arco di quella settimana sarebbero stati esaminati gli emendamenti. Improvvisamente, il Governo si è - come dire - svegliato dal suo torpore - il collega Landi di Chiavenna nella sua apologia non se ne è accorto - e si è reso conto della discrasia tra la data del 9 ottobre, prevista dal comma 1 dell'articolo 1, come termine per la presentazione della dichiarazione di emersione e la data dell'11 novembre, che modifica quella del 9 ottobre e che è stata opportunamente inserita da parte del Senato in sede di conversione del decreto-legge.
Il comma 1 dell'articolo 1 dice: «Chiunque, nell'esercizio di una attività di impresa sia in forma individuale che societaria,


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ha occupato, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore del presente decreto, alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, può denunciare, entro trenta giorni dalla medesima data...», quindi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge «... la sussistenza del rapporto di lavoro alla prefettura ufficio-territoriale del Governo competente per territorio, mediante la presentazione, a proprie spese, di apposita dichiarazione attraverso gli uffici postali...». Ho citato la formulazione «a proprie spese» perché qualche collega questa mattina ha ricordato che vi sono datori lavoro che si stanno rifiutando di fare questo e che imputano le spese ai lavoratori che hanno finora utilizzato in nero. Questa denuncia, su cui il collega Landi di Chiavenna non ha attirato l'attenzione dell'Assemblea, sarebbe bene fosse posta all'attenzione del Governo.
Il Senato ha, opportunamente, modificato il limite temporale entro cui denunciare la sussistenza del rapporto di lavoro e, anziché entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, ha fissato la data dell'11 novembre del 2002. Conosciamo tutti l'affollamento che si è riscontrato, le difficoltà di queste procedure, la quantità di persone che, potenzialmente, potrebbero esserne interessate (successivamente si valuteranno tutti i casi in cui questa regolarizzazione sarà effettivamente possibile). Ritengo, quindi, opportuna la modifica che il Senato ha apportato.
Ho detto che il Governo si è svegliato improvvisamente dal suo torpore e si è accorto improvvisamente della discrasia tra le due date (ovviamente la seconda entrerà in vigore successivamente all'entrata in vigore del disegno di legge di conversione del decreto-legge, mentre vale la data precedente finché è in vigore il suddetto decreto-legge). Lo affermo perché il Governo conosceva la situazione fin dal 26 settembre, quando il Senato ha completato l'esame del provvedimento, anzi, forse, da due giorni prima quando è stato affrontato il primo comma dell'articolo 1. Il 27 settembre il provvedimento in esame è stato trasmesso alla Camera, ma nulla è stato detto al riguardo alla Conferenza dei presidenti di gruppo, a cui ho partecipato come presidente del gruppo misto, dagli autorevoli rappresentanti del Governo che vi partecipano e regolarmente, e neanche all'ufficio di presidenza della I Commissione che il presidente Bruno ha, come sempre, tempestivamente convocato; nulla, inoltre, è stato detto al riguardo dal rappresentante del Governo, in occasione della relazione svolta dalla collega Bertolini nell'iter di avvio dell'esame di questo provvedimento.
Quattro distinte occasioni vi sono state per farlo: la trasmissione del provvedimento dal Senato alla Camera, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo e dell'ufficio di presidenza della I Commissione e nel corso dello svolgimento della relazione della collega Bertolini alla quale poteva seguire immediatamente l'intervento del Governo che, invece, si è astenuto dal farlo. Nulla, in queste quattro occasioni, è stato detto dal Governo.
Improvvisamente, il Governo si è svegliato dal suo torpore...

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi.

MARCO BOATO. Non vorrei disturbare questi colleghi. Cercherò di parlare più piano per non sovrastare le loro voci (Commenti del gruppo di Alleanza nazionale). L'opposizione - lo sappiamo, lo abbiamo affermato - è contraria a tale decreto-legge e alla legge di conversione del suddetto, ma non è certamente contraria alla regolarizzazione degli extracomunitari. Siamo favorevolissimi (abbiamo posto la questione anche noi in sede di esame della legge sull'immigrazione)! Siamo assolutamente favorevoli alla regolarizzazione ed è ovvio - è stato spiegato nel corso degli interventi che mi hanno preceduto - che siamo contrari non alla regolarizzazione degli extracomunitari, ma - deve essere chiaro e non vi devono essere equivoci al riguardo - al modo con cui questa materia è stata affrontata dal decreto-legge.


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Solo il senso di responsabilità delle forze di opposizione ha consentito oggi di discutere del provvedimento con questa procedura talmente accelerata che non può e non deve - lo dico al Presidente di turno e tramite lui al Presidente della Camera, nonché agli uffici che accumulano i precedenti del lavoro parlamentare per orientarsi, anche con le prassi, nelle vicende future - costituire un precedente parlamentare.
È una vicenda di eccezionalità assoluta dovuta - come già affermato - all'intempestività da parte del Governo nel porre la questione della discrasia tra le due date. È una vicenda di eccezionalità assoluta a cui l'opposizione, con senso di responsabilità che il collega Landi di Chiavenna si è dimenticato di notare, non si è, come dire, opposta, fornendo, in questo modo, anche la sua collaborazione. Si tratta, però, di un qualcosa di totalmente estraneo alle nostre procedure ed ai nostri regolamenti.
Vorrei ricordare, per esempio, che in I Commissione, preannunciando che ciò era condizionato all'eventuale decisione nella Conferenza dei capigruppo o del Presidente della Camera di inserire per oggi il provvedimento - non sto quindi imputando una scorrettezza al presidente della Commissione, come lui sa, ma mi limito a ricordare soltanto i fatti -, il termine per gli emendamenti è stato fissato prima ancora che terminasse la discussione sulle linee generali, in qualche modo addirittura prima che quest'ultima iniziasse: questo è stato fissato per le 17 di ieri, quando la seduta di ieri avrebbe dovuto essere dedicata esclusivamente al dibattito sulle linee generali del decreto-legge.
Abbiamo dovuto dedicare una seduta notturna per riesaminare gli emendamenti presentati con assoluta rapidità entro le 17 di ieri; contemporaneamente, il Presidente della Camera ha svolto una consultazione informale dei capigruppo, con qualche perplessità, peraltro legittima, mostrata da parte di qualcuno (credo si trattasse dei colleghi di Rifondazione comunista); dopo aver svolto una consultazione informale, ha inserito, senza neppure una convocazione formale della Conferenza dei capigruppo, il decreto-legge all'ordine del giorno di oggi, quando era stato previsto per l'ordine del giorno di lunedì 14 e in quello dei giorni successivi.
Il termine per la presentazione degli emendamenti in Assemblea, iniziando stamani la discussione sulle linee generali, è stato fissato per stamane alle 9; abbiamo quindi completato l'esame degli emendamenti, il cui termine in Commissione era per le 17 di ieri, alle ore 21 di ieri sera, se non ricordo male, ma per questa mattina alle 9 avevamo il termine per la presentazione degli emendamenti per l'Assemblea.
È avvenuto tutto questo; avremmo potuto opporci e tutto questo non sarebbe avvenuto. Non sto quindi usando un doppio livello, informale di assunzione di responsabilità e formale di denuncia; sto dicendo che, se questo è avvenuto, è perché l'opposizione, molto più di quanto abbia fatto l'opposizione della scorsa legislatura, ha assunto la propria responsabilità, pur essendo contraria nel merito al modo in cui la regolarizzazione degli extracomunitari è affrontata in questo provvedimento; stiamo quindi completando la discussione sulle linee generali.
Vi è stata, dunque, un po' di confusione da parte del Governo, per non dire almeno di un Governo, sotto questo profilo, in stato confusionale. Invece che declamare, come ha fatto il collega di Alleanza nazionale che mi ha preceduto, questi peana alla fermezza e alla certezza nell'applicazione delle leggi e del diritto, che vediamo non essere fondate, o di svolgere queste autoapologie che sono anche di cattivo gusto in un'aula parlamentare, per di più lontane da una scadenza elettorale, credo dovremmo avere maggiore consapevolezza del modo incredibile con cui questa materia importante, che è giusto definire, è stata affrontata. Siamo stati giorni e giorni in quest'aula a discutere con la stessa relatrice della materia dell'immigrazione nell'ambito di un disegno di legge organico del Governo. Quella era la sede per affrontare tutto questo e per farlo con coerenza ed organicità.


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Invece, le contraddizioni politiche all'interno delle forze della maggioranza, la positiva sollecitazione da parte dei colleghi dell'UDC e tutto ciò che ne è seguito, ci porta oggi ad esaminare con queste modalità e con questi tempi questo decreto-legge.
Mi auguro, signor Presidente, che ciò non debba più ripetersi in questo Parlamento.

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