(Sergio Briguglio 9/10/2002)

 

SOGGIORNO, ALLONTANAMENTO E DIRITTI DEI CITTADINI STRANIERI

 

 

Rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno

 

La legge prevede che il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno debba essere concesso o negato entro venti giorni dalla presentazione della domanda. Nei fatti, tale limite risulta raramente rispettato dalla pubblica amministrazione. Ne consegue un grave danno per lo straniero richiedente, che non puo’ godere, nelle more del rilascio o del rinnovo, dei diritti associati al possesso del permesso. Tale danno puo’ essere eliminato stabilendo che la ricevuta della richiesta di rilascio o rinnovo del permesso e’ utilizzabile a tutti gli effetti (in particolare per il reingresso in Italia in esenzione da visto) come permesso di soggiorno, fino alla decisione dell’amministrazione sulla richiesta.

 

In ottemperanza al dettato della Convenzione OIL n. 143, e’ previsto che il lavoratore subordinato che sia licenziato o che si dimetta non perda, per cio’ stesso, il diritto a soggiornare in Italia, ma abbia a disposizione un congruo periodo di tempo che gli consenta di trovare una nuova occupazione e di ottenere, conseguentemente, il rinnovo del permesso di soggiorno. Con l’entrata in vigore della Legge 189/2002 il periodo minimo garantito e’ stato ridotto da un anno a sei mesi. In situazioni di crisi occupazionale, questa riduzione puo’ tradursi in un danno notevole per il lavoratore straniero. Una difficolta’ piu’ fondamentale tuttavia deriva dal fatto che la legge non specifica se il beneficio possa essere applicato piu’ volte (alla conclusione di successivi rapporti di lavoro) per lo stesso lavoratore. E’ necessario che questa possibilita’ sia prevista esplicitamente. In caso contrario, alla conclusione del secondo rapporto di lavoro risulterebbe preclusa ogni possibilita’ di prolungamento del soggiorno.

 

E’ anche necessario che sia adeguatamente considerata, ai fini del rinnovo del permesso, la condizione degli stranieri, formalmente disoccupati, che svolgono attivita’ lavorative in nero o, comunque, non riconducibili a rapporti di lavoro regolare. Qualunque forma di sanzione relativa a tali attivita’ – laddove emergano violazioni delle norme vigenti – non deve inficiare la possibilita’ di permanenza legale in Italia del lavoratore immigrato. Inoltre, nella valutazione dei mezzi di sostentamento richiesti per il rinnovo del permesso, deve essere considerata prova idonea sia la certificazione di redditi in corso, sia quella di redditi pregressi o risparmi, sia quella di sussidi.

 

Piu’ in generale, in linea con la proposta della Commissione europea per una direttiva su ingresso e soggiorno per lavoro, il requisito relativo alla disponibilita’ di risorse sufficienti dovrebbe essere considerato soddisfatto, in sede di rinnovo del permesso, qualora lo straniero non abbia fatto ricorso all’assistenza pubblica in misura eccessiva ai fini del proprio sostentamento.

 

La legge stabilisce infine che, prima di opporre un diniego alla richiesta di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, l’Amministrazione debba valutare se siano soddisfatti i requisiti per il rilascio di un permesso ad altro titolo o se siano intervenuti nuovi elementi meritevoli di considerazione ai fini del rilascio o del rinnovo richiesti. E’ opportuno completare queste disposizioni stabilendo che

 

 

 

 

Studenti

 

La legge prevede che lo studente, in presenza di una documentata opportunita’ di lavoro subordinato, o quando sia in possesso dei requisiti per lo svolgimento di attivita’ non occasionali di lavoro autonomo, possa convertire il permesso di soggiorno per studio in un permesso per lavoro (subordinato o autonomo), a condizione che la sua richiesta rientri nelle quote fissate dal decreto di programmazione dei flussi. Non esistono, tuttavia, disposizioni atte a stabilire un criterio di precedenza delle richieste di conversione del permesso (per altro, scarsamente numerose) rispetto a quelle relative a nuovi ingressi di lavoratori dall’estero. Non potendosi rinnovare il permesso per motivi di studio una volta conseguito il titolo, ovvero oltre il terzo anno fuori corso, lo studente rischia di non poter usufruire della conversione del permesso e della conseguente stabilizzazione del soggiorno in Italia. E’ opportuno che le richieste di conversione di permessi di soggiorno per studio in permessi per lavoro siano esaminate anche in soprannumero rispetto alle quote fissate per gli ingressi dal decreto di programmazione dei flussi.

 

Questo punto risulterebbe ovviamente superfluo qualora fosse riconosciuta la generale possibilita’ di conversione dei permessi ad altro titolo in permesso per lavoro, senza riguardo per il rispetto di quote annuali.

 

 

Diritto di voto

 

Il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni amministrative dovrebbe essere concesso al titolare di carta di soggiorno.

 

 

Cittadinanza

 

La legge sulla cittadinanza appare assolutamente inadeguata a tener conto delle novita’ introdotte, nella societa’ italiana, dal fenomeno migratorio. In particolare, e’ del tutto anacronistica l’assenza di qualunque forma di jus soli, come pure la previsione di un periodo di residenza legale di dieci anni quale condizione necessaria per la naturalizzazione dello straniero.

 

Occorre riformare la normativa, stabilendo, ad esempio,

 

 

 

 

 

Trasparenza della Pubblica amministrazione

 

Tra i fattori che maggiormente ostacolano un pieno inserimento sociale degli immigrati deve essere annoverato lo scarso livello di informazione sulle disposizioni vigenti in materia di cittadini stranieri e sull’attuazione che ne viene data. In particolare, risulta in genere estremamente ardua la fruizione delle circolari dei ministeri competenti (con l’eccezione del Ministero del lavoro). E’ necessario che l'intero corpo di circolari ministeriali contenenti disposizioni che lo straniero deve conoscere sia messo a disposizione di tutti gli interessati (anche su Internet, e in tempo reale).

 

Dovrebbe inoltre essere istituito uno sportello (telematico) al quale possano accedere tutti gli interessati – stranieri, amministrazioni periferiche, associazioni, sindacati, etc. – per ottenere informazioni, proporre quesiti, segnalare abusi o contraddizioni insite nella normativa. Allo sportello dovrebbe corrispondere un organo (un “Difensore civico del cittadino straniero”) che possa sollecitare l’eliminazione delle disfunzioni dell’amministrazione e proporre in sede politica le opportune riforme legislative.

 

 

Allontanamento e trattenimento

 

Un efficace contrasto delle forme di criminalita’ che si alimentano con lo sfruttamento della condizione spesso precaria degli immigrati e’ reso problematico dalla mimetizzazione che tali forme possono trovare in un contesto di diffusa illegalita’ rispetto alle condizioni di soggiorno, del tutto priva, per il resto, di rilevanza criminale. La stessa opinione pubblica, estremamente sensibile al problema della sicurezza delle citta’, finisce per avvertire come minaccioso il bacino di presenze irregolari, non per le attivita’ effettivamente svolte dagli immigrati clandestini (per la maggior parte innocue attivita’ lavorative), ma per la confusione dell’intero bacino con quella minoranza effettivamente dedita ad attivita’ malavitose.

 

In generale, tuttavia, e’ impensabile che si crei un’opportuna e netta separazione tra l’immigrato clandestino impegnato a trovare inserimento lecito nella societa’ e quello dedito ad attivita’ criminali, se il primo e’ spinto in una condizione di irreversibile nascondimento dal rischio di incorrere in sanzioni, quali l’espulsione obbligatoria in caso di ingresso o soggiorno illegale e il connesso divieto di reingresso in Italia (e nell’intera Area Schengen) per cinque anni, che vanificherebbero completamente il suo progetto migratorio.

 

E’ opportuno che sia data maggior flessibilita’ alle norme di carattere repressivo, con una graduazione delle sanzioni che consenta di diversificare l’intervento a misura dell’entita’ della violazione di legge che si vuol perseguire. Cosi’, ferme restando le disposizioni previste per sanzionare i casi di concreta pericolosita’ sociale, e’ opportuno (e in linea con le proposte contenute nel Libro Verde della Commissione su una politica comune di rimpatrio) che, in assenza di tale pericolosita’, il prefetto possa valutare, in relazione ad ogni specifico caso,

 

·      se esistano ragioni per il rilascio di un permesso di soggiorno (per ragioni umanitarie ovvero per il possesso “di fatto” dei requisiti sostanziali di inserimento sociale);

 

·      se il rimpatrio possa avvenire su base volontaria, entro un termine prefissato, senza che si adottino divieti di reingresso;

 

·      se si debba effettivamente procedere all’espulsione.

 

Nel primo caso, dovrebbero essere considerate con particolare attenzione le condizioni di inserimento lavorativo o familiare dello straniero e la sussistenza di legami con il paese di origine, come pure le eventuali opportunita’ di assunzione da parte di un datore di lavoro.

 

Nel secondo caso, il rilevamento delle impronte digitali, previsto dalla legge, metterebbe lo Stato al riparo dal rischio di un mancato rispetto, da parte dello straniero, dei termini fissati per il rimpatrio.

 

In tutti i casi di adozione del provvedimento di espulsione, salvi quelli in cui vi sia un concreto e grave pericolo per la sicurezza dello Stato o per l’ordine pubblico, e’ necessario poi che sia garantita la possibilita’ di un effettivo controllo giurisdizionale prima che lo straniero sia stato allontanato dal territorio dello Stato.

 

E’ necessario poi che si provveda automaticamente, alla scadenza del divieto di reingresso per uno straniero espulso, alla cancellazione della corrispondente segnalazione al Sistema Informativo Schengen.

 

Infine e’ opportuno che sia data dignita’ di legge alle norme contenute nella Direttiva del Ministro dell’interno con cui si definisce la “Carta dei diritti e dei doveri per il trattenimento della persona ospitata nei centri di permanenza temporanea”, in particolare, con riferimento al diritto di

 

·      essere informati in relazione al trattenimento, al procedimento di convalida e al ricorso contro il provvedimento di allontanamento;

 

·      comunicare con l’autorita’ consolare;

 

·      esprimersi nella propria lingua o in altra lingua nota e di avvalersi di servizi di interpretariato;

 

·      avvalersi dell’assistenza di un difensore di fiducia e accedere al gratuito patrocinio, nei modi previsti dalla legge;

 

·      effettuare colloqui riservati con rappresentanti di organismi di tutela, prima che la convalida dei provvedimenti di trattenimento e di allontanamento abbia avuto luogo;

 

·      effettuare comunicazioni riservate, anche telefoniche;

 

·      preservare l’unita’ familiare, con godimento, per il nucleo familiare di spazi propri;

 

·      non essere trattenuti se in eta’ minore;

 

·      recuperare effetti personali e risparmi;

 

·      avvertire del trattenimento familiari o, in mancanza, conoscenti;

 

·      ricevere visite;

 

·      esercitare, nei limiti del possibile, la liberta’ religiosa;

 

·      essere tutelati nella propria identita’ sessuale.