MINORI

 

Le politiche riguardanti i minori stranieri sono regolate in parte dalle norme relative all’immigrazione e all’asilo e in parte dalle norme relative ai diritti dei minori, tra le quali ha particolare rilevanza la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.

La Convenzione, che ha nel nostro ordinamento valore di legge, riconosce a tutti i minori – compresi i minori stranieri, anche se irregolari – un ampio insieme di diritti: il diritto alla non discriminazione, alla protezione, a vivere con la propria famiglia, alla salute, all’istruzione, a un livello di vita sufficiente allo sviluppo del minore, a non essere detenuto se non come provvedimento di ultima risorsa e in strutture separate dagli adulti, alla partecipazione ecc.

Tra i suoi principi generali, la Convenzione stabilisce che tutte le politiche riguardanti i minori debbano fondarsi preminentemente sul principio del “superiore interesse del minore”: il fine primario da perseguire, dunque, è il bene del minore, ed è questo che deve avere la priorità rispetto ad altri obiettivi quali ad esempio il contrasto dell’immigrazione clandestina. In questo modo, le politiche riguardanti i minori stranieri vengono ad essere sottratte alle logiche di controllo e repressione che governano in generale le politiche migratorie.

Spesso, tuttavia, in violazione della Convenzione di New York, le norme e le prassi tendono a far prevalere la logica di controllo su quella del “superiore interesse del minore”.

Per rispettare gli impegni assunti a livello internazionale e le leggi vigenti nel nostro ordinamento, dunque, è necessario che le istituzioni italiane modifichino le norme che regolano lo status dei minori stranieri e le relative prassi in direzione di un’effettiva applicazione del principio del “superiore interesse del minore” e di una piena garanzia dei diritti riconosciuti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.

 

 

I minori stranieri che subiscono maggiori violazioni dei diritti sanciti dalla Convenzione di New York sono i minori entrati in Italia clandestinamente.

Tra questi, si trovano in una condizione particolarmente problematica i minori non accompagnati, ovvero i minori immigrati in Italia senza i propri genitori. 

In primo luogo, infatti, le norme vigenti tendono ad ostacolare l’integrazione di questi minori: il permesso di soggiorno “per minore età”, che viene rilasciato ai minori stranieri non accompagnati, attualmente non consente di esercitare attività lavorative e non può essere rinnovato al compimento dei 18 anni, se non quando sussistono determinate condizioni molto restrittive, con la conseguenza che la maggior parte di questi ragazzi dopo aver compiuto 18 anni, anche se hanno offerte di lavoro o frequentano la scuola, diventano clandestini passibili di espulsione. I minori stranieri non accompagnati si trovano così sempre più emarginati ed esposti ai rischi di sfruttamento nell’ambito del lavoro nero o in attività illegali.

E’ urgente che queste disposizioni, che violano palesemente il principio del “superiore interesse del minore”, vengano modificate, prevedendo che il permesso di soggiorno per minore età consenta di lavorare e possa essere in generale convertito, al compimento della maggiore età, in permesso per lavoro o per studio.

 

Un secondo aspetto problematico riguarda il rimpatrio. I minori in generale non possono essere espulsi; tuttavia, può essere disposto il “rimpatrio assistito” del minore se un organo apposito, il Comitato per i minori stranieri, stabilisce che questo è nel “superiore interesse del minore”. L’attuale orientamento del Comitato per i minori stranieri, però, è che tendenzialmente tutti i minori non accompagnati di cui si rintracci la famiglia nel paese d’origine dovrebbero essere rimpatriati, ad eccezione dei casi in cui questo comporti gravi rischi per il minore.

Nella maggior parte dei casi il rimpatrio viene eseguito coattivamente dalla Polizia, contro la volontà del minore e in genere anche contro la volontà dei genitori, con modalità molto simili ad un’espulsione e, per di più, senza che il minore abbia effettive possibilità di presentare ricorso; inoltre, per molti di questi minori il rimpatrio significa tornare in contesti molto poveri, in cui vi sono scarsissime opportunità di istruzione, di lavoro e di assistenza.

Questa prassi, dunque, non sembra rispondere effettivamente al “superiore interesse del minore”, quanto piuttosto all’esigenza di contrastare l’immigrazione irregolare di minori non accompagnati.

E’ necessario che i criteri per decidere se un minore debba essere rimpatriato o restare in Italia siano modificati in modo da consentire una reale valutazione dell’interesse del minore, e quindi che il Comitato per i minori stranieri tenga in considerazione tra gli altri criteri, benché in modo non vincolante, anche l’opinione del minore, l’opinione dei suoi genitori e le condizioni economico-sociali del contesto d’origine.

Inoltre, è necessario che sia garantito al minore l’effettiva possibilità di presentare ricorso contro il provvedimento di rimpatrio.

 

 

Oltre ai minori non accompagnati, vi sono poi i minori entrati irregolarmente in Italia insieme ai genitori o per ricongiungersi ad essi.

Nei casi in cui i genitori sono irregolari, la normativa vigente prevede che, in generale, il minore accompagni i genitori in caso di loro espulsione: anche in questi casi, tuttavia, sarebbe necessaria una previa valutazione del “superiore interesse del minore”.

Inoltre, dovrebbe essere applicata in modo meno restrittivo la norma in base a cui il Tribunale per i minorenni può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore.

 

Nei casi in cui i genitori siano regolari, invece, il minore ricongiunto “di fatto” dovrebbe essere trattato come il minore ricongiuntosi regolarmente e quindi ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari: l’adozione di trattamenti più sfavorevoli quali il rilascio del permesso per minore età, come avviene presso alcune Questure, contrasta infatti con il principio del “superiore interesse del minore”.

Inoltre, per garantire il diritto dei minori a vivere con i propri genitori ed attuare il dettato della legge secondo cui in tutti i procedimenti relativi al ricongiungimento familiare si deve tenere conto del “superiore interesse del minore”, nonché per ridurre il numero di minori ricongiuntisi irregolarmente, si dovrebbero rendere meno restrittive le condizioni per il ricongiungimento familiare (condizioni relative al reddito, all’alloggio ecc.) e rendere più rapide ed efficienti le relative pratiche burocratiche.

 

 

Infine, alcuni minori (accompagnati o non accompagnati) presentano domanda di asilo: soprattutto in seguito alle nuove disposizioni introdotte dalla legge Bossi-Fini, è necessario che siano previste specifiche garanzie per i richiedenti asilo minorenni.

In primo luogo, è necessario che si stabilisca che i minori non possono essere in alcun caso trattenuti nei centri di permanenza temporanea e assistenza, né, in generale, nei centri di identificazione (salvo il caso in cui la minore età sia palesemente in dubbio, e per il solo tempo necessario a verificarne l’età).

In secondo luogo, deve essere chiarito che nei casi in cui la domanda di asilo venga rigettata, il minore non può comunque essere espulso e la decisione sulla sua permanenza in Italia deve fondarsi, come per tutti i minori, sulla valutazione del “superiore interesse del minore”.