FRONTIERE
INVISIBILI ____
Alcune
precisazioni sulla sanatoria per colf/badanti e le altre categorie di
lavoratori prevista dalla legge n. 189/30 luglio 2002 e dal decreto legge
n. 195/9 settembre 2002.
La possibilità
di regolarizzazione riguarda tutte le categorie dei lavoratori ed è
frutto di una progressiva sensibilizzazione delle forze politiche e della
società rispetto all'esigenza di garantite la possibilità
di regolarizzazione dopo che il cattivo funzionamento del governo dei
flussi migratori ha sedimentato nel territorio italiano una forte presenza
di lavoratori stranieri in condizioni irregolari.
Inizialmente la categoria interessata alla possibilità di regolarizzazione
era stata individuata nei soli lavoratori domestici (colf e badanti) ma
successivamente, per motivi di buon senso e di mercato del lavoro, si
è allargata ad altre categorie. D'altra parte, se non si fosse
allargata la possibilità di regolarizzazione il rischio sarebbe
stato che tutti i lavoratori irregolari avrebbero tentato comunque la
regolarizzazione usando la sanatoria per sole colf e badanti, creando
carte false.
Per garantire quindi una effettiva emersione dal lavoro sommerso e quindi
una effettiva prosecuzione di rapporti di lavoro già in corso è
stata dunque estesa, con un decreto legge, la possibilità
anche a tutte le altre categorie di lavoratori.
IL
DATORE DI LAVORO
Va detto che la possibilità di regolarizzazione è comunque
rimessa all'iniziativa del datore di lavoro. È il datore di lavoro
che decide se regolarizzare o no il lavoratore.
Il datore di lavoro che dovesse decidere di NON REGOLARIZZARE il
proprio dipendente ( non importa se lavoratore domestico o occupato in
un'azienda) si espone alla possibilità di essere perseguito per
tutte le violazioni di legge che ha commesso instaurando e mantenendo
in atto un rapporto di lavoro irregolare con un lavoratore non comunitario.
La regolarizzazione è consentita solo per rapporti di lavoro che
sono ancora in corso. Non è possibile immaginare la regolarizzazione
di un cittadino straniero che non sta già lavorando ma che avrebbe
trovato una possibilità di assunzione presso una famiglia o un
azienda.
Il datore
di lavoro che chiede la regolarizzazione presentando la dichiarazione
di emersione NON E' COMUNQUE PUNIBILE per tutte le violazioni delle
norme in materia di soggiorno, di lavoro e di carattere finanziario; così
facendo, anzi si mette al riparo dalle conseguenze di possibili controlli
e quindi da una serie di responsabilità molto gravi (civili, amministrative,
fiscali e penali) per le violazioni in corso.
Il datore di lavoro inoltrando la richiesta di regolarizzazione ESTINGUE,
solo per il fatto di aver presentato la domanda, tutte le violazioni commesse
in passato.
Dunque, nel caso la regolarizzazione non venisse autorizzata, per motivi
magari sconosciuti al datore di lavoro, comunque egli avrebbe fatto qualcosa
di utile per sé perché evita il rischio, molto consistente,
di sanzioni nei suoi confronti anche a distanza di tempo con l'accertamento
di un rapporto di lavoro irregolare con un cittadino non comunitario.
I
TRE MESI ANTECEDENTI
La dichiarazione di emersione del lavoro irregolare che dovrà compilare
il datore di lavoro si riferisce a un rapporto di lavoro i corso da
almeno tre mesi. A questo riguardo è intervenuta una precisazione,
una interpretazione restrittiva della legge, con una circolare del
Ministero dell'Interno del 9 settembre.
In effetti la norma sui tre mesi è formulata in termini tali da
poter lasciare spazio per la possibilità di regolarizzazione di
chi sta già lavorando ma non da tre mesi. Il testo della legge
parla di rapporti di lavoro instaurati "
.nei tre mesi antecedenti
."
l'entrata in vigore della legge.
Dal punto di vista letterale si potrebbe ricomprendere nel campo di applicazione
della regolarizzazione anche un rapporto che si è instaurato nei
tre mesi precedenti ma che non si è svolto per tutti i tre mesi
precedenti. Per esempio, potrebbe essere valido un rapporto di lavoro
instaurato la settimana prima dell'entrata in vigore della legge perché
anche in questo caso siamo "nei tre mesi " precedenti.
Ma dopo le prime dichiarazioni ufficiose che lasciavano intendere una
applicazione più estesa, il Ministero dell'Interno ha invece precisato
che deve prevalere l'interpretazione restrittiva. Dunque, il rapporto
di lavoro oggetto della regolarizzazione deve essere già in corso
e iniziato da non meno di tre mesi da prima dell'entrata in vigore della
norma (il 10 giugno), sia per colf e badanti che per tutti gli altri lavoratori.
Riassumendo: potranno rientrare nelle sanatorie solo i rapporti di
lavoro tuttora in corso e che siano iniziati da prima del 10 giugno 2002.
CHI PUO' ESSERE REGOLARIZZATO?
- Il lavoratore
straniero che non ha un permesso di soggiorno
- chi aveva in precedenza un permesso di soggiorno, di cui è stato
rifiutato il rinnovo dopo la scadenza, o comunque scaduto da oltre 60
gg. senza richiesta di rinnovo
- chi ha un permesso di soggiorno che non consente l'attività lavorativa
a carattere stabile ( turismo, salute, cure mediche, residenza elettiva,
ecc) o che la consente in modo limitato.
Non ci sono
ancora precisazioni da parte del Ministero dell'Interno sulle varie tipologie
di soggiorno, quindi non possiamo al momento dare informazioni circa una
serie di casi di permessi di soggiorno che non sappiamo se saranno ammessi
o no alla regolarizzazione.
Per esempio, è da ritenere che uno straniero che abbia un permesso
di soggiorno per attesa di riconoscimento dello status di rifugiato
(ovviamente se sta lavorando da tre mesi ) possa rientrare nella sanatoria.
Come pure tutti quei cittadini non comunitari che avevano richiesto lo
status di rifugiato o l'asilo ma si sono visti rifiutare la concessione
del permesso di soggiorno.
Dubbi ci possono essere anche per chi ha un permesso di soggiorno in corso
di validità che permette una limitata attività lavorativa,
per esempio i titolari di un permesso di soggiorno per motivi di studio.
Anche nel caso dei lavoratori dello spettacolo se un datore di
lavoro dimostra il suo impiego in una normale categoria produttiva è
possibile la conversione del permesso di soggiorno.
Qualche dubbio sulla possibilità di regolarizzazione può
esserci per gli stranieri che siano titolari di un permesso di soggiorno
in qualità di distaccati di impresa estera, autorizzati
a entrare in Italia per eseguire un lavoro in appalto. In questo caso
si tratta di persone che hanno un permesso di lavoro la cui validità
è limitata nel tempo e con riferimento esclusivo al lavoro in appalto.
A questo riguardo si può ritenere che quantomeno in quei casi in
cui il distacco dei lavoratori dall'estero nasconda una intermediazione
di manodopera, cioè laddove questi lavoratori dovessero essere
considerati a tutti gli effetti di legge come effettivi dipendenti dell'impresa
italiana che concretamente li utilizza, dovrebbe ammettersi la possibilità
di regolarizzazione. Saremmo infatti in presenza di un rapporto di lavoro
irregolare, instaurato con una ditta italiana e mascherato sotto forma
di lavoro svolto per conto di un impresa estera.
Queste considerazioni le facciamo perché un analoga applicazione
dell'opportunità di regolarizzazione è stata fatta nelle
precedenti sanatorie. Negli anni scorsi la possibilità di regolarizzazione
era stata applicata nel modo più ampio considerando tutti i rapporti
di lavoro in condizioni del tutto o in parte irregolari, consentendo anche
ai soggetti già titolari di un permesso di soggiorno in corso di
validità di regolarizzare la loro posizione facendo prevalere la
condizione effettiva di lavoratore stabile in Italia consentendo così
la regolarizzazione indipendentemente dal possesso di un permesso di soggiorno
ad altro titolo.
Volendo distinguere tra il lavoro totalmente nero e il cosiddetto lavoro
grigio non ci sarebbe ragione per consentire la regolarizzazione
del classico clandestino e non consentire invece la regolarizzazione
di un soggetto che sta svolgendo lavoro irregolare sia pure disponendo
di un permesso di soggiorno che permette la sua circolazione nel territorio
italiano. Anche perché lo scopo della sanatoria è quello
di fare emergere tutte le situazioni di lavoro irregolare non certo di
mantenerlo in ampie fasce del nostro mercato del lavoro.
CHI
NON PUO' ESSERE REGOLARIZZATO
Rimangono escluse categorie molto numerose e ci auguriamo che, in sede
di conversione del decreto legge, vengano apportate delle modifiche tali
da permettere una più ampia applicazione della regolarizzazione.
Infatti, rimangono esclusi tutti gli stranieri che sono destinatari
di provvedimenti di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo
del permesso di soggiorno, dunque uno straniero che aveva un permesso
di soggiorno e si è visto rifiutare il rinnovo e per conseguenza
notificare il provvedimento di espulsione, potrebbe ottenere la regolarizzazione.
Al contrario, vengono esclusi tutti quelli che hanno ricevuto l'espulsione
perché erano presenti in Italia a seguito di un ingresso illegale
o che comunque si sono trattenuti illegalmente (per es.: senza chiedere
il rinnovo del p.s. per turismo, che comunque sarebbe stato rifiutato).
A tutti risulta evidente la palese ingiustizia perché non vi è
ragione di distinguere tra "stranieri più fortunati e meno
fortunati" ovvero tra chi è stato "preso" senza
p.s. e chi è riuscito a sfuggire ai controlli.
Non possono
essere regolarizzati i soggetti che siano destinatari di denuncie o
che siano stati condannati (anche con sentenza non definitiva) per
uno qualsiasi dei reati indicati dagli articoli 380 e 381 del Codice di
Procedura Penale salvo aver ottenuto un provvedimento che li assolve per
insussistenza del reato o della loro responsabilità. Oppure salvo
che, a distanza di tempo, sia intervenuta la cosiddetta riabilitazione.
Per fare qualche esempio, agli articoli 380 e 381 sono elencati una serie
di reati che, sulla gravità, vanno dal furto in poi. Anche per
reati di modestissima entità come il furto di una scatoletta in
un supermercato, se si è semplicemente denunciati si viene esclusi
dalla possibilità di regolarizzazione.
Anche su questo punto della legge sono state sollevate molte critiche
perché tantissimi piccoli reati (cosiddetti reati della miseria)
escludono la possibilità di regolarizzazione. Per esempio il furto
di una bicicletta, di energia elettrica e cosi via.
Vi sono una
serie di ipotesi di reati minori nei quali invece è consentita
la regolarizzazione perché si tratta di reati che non sono indicati
negli art. 380 e 381 del Codice di Procedura Penale: per esempio, l'occupazione
abusiva di un alloggio, la vendita di prodotti contraffatti, lo stato
di ubriachezza, l'impiego di minori nell'accattonaggio, il rifiuto di
indicare la propria identità, la falsificazione di un permesso
di soggiorno autentico (sostituzione di foto e/o nome).
Al contrario la ricettazione ovvero l'acquisto di un documento falso (ipotesi
più frequente) non consente la regolarizzazione perché si
tratta di un reato contenuto nella elencazione riportata dagli art. 380
e 381.
Non sono poi ammessi alla regolarizzazione i soggetti considerati pericolosi
per la sicurezza dello Stato o per l'ordine pubblico, o che
risultino destinatari di misure di prevenzione.
LE ESPULSIONI
Ricordo che nella precedente sanatoria (1998) la norma prevedeva l'esclusione
per chi aveva ricevuto un provvedimento di espulsione. In quel caso una
successiva interpretazione del Ministero dell'Interno l'aveva modificata:
era possibile inoltrare, assieme alla domanda di regolarizzazione, una
domanda di revoca del provvedimento dell'espulsione indirizzata al prefetto
che a suo tempo aveva emesso il provvedimento di espulsione. Si tratta
di una domanda che non obbliga il prefetto a revocare automaticamente
l'espulsione, ma comporta un esame discrezionale caso per caso, tuttavia
nel 1998 quasi tutti i provvedimenti di espulsioni di tipo amministrativo
furono revocati (sia pure costringendo spesso ad attendere per molto tempo
la risposta).
Ci auguriamo che questa possibilità venga riconosciuta già
prima della scadenza dei termini per la presentazione della domanda di
regolarizzazione, cioè il 10 ottobre per colf e badanti e l'11
novembre per gli altri lavoratori.
Ad ogni buon
conto, poiché, in base ai principi generali del nostro ordinamento
giuridico, è sempre ammissibile la domanda di revoca del provvedimento
di espulsione ed è sempre possibile per il prefetto decidere se
concederla o meno, consiglierei a chi ha questo problema di FARE
COMUNQUE LA DOMANDA di regolarizzazione accompagnata da una APPOSITA
ISTANZA DI REVOCA DEL PROVVEDIMENTO DI ESPULSIONE INDIRIZZATA ALLO STESSO
PREFETTO CHE HA EMESSO I PROVVEDIMENTO E PER CONOSCENZA ALLA QUESTURA
DEL LUOGO IN CUI SI SVOLGE IL RAPPORTO DI LAVORO, che dovrà
esaminare la pratica.
Certo, la
normale espulsione amministrativa avrà delle maggiori possibilità
di essere revocata rispetto alle ipotesi, se vogliamo più gravi,
delle espulsioni che non solo sono state notificate ma anche eseguite
mediante l'accompagnamento alla frontiera e seguita da un nuovo ingresso
irregolare.
Per l'appunto, esiste una forte speranza che nel corso della sanatoria
venga riconosciuta la possibilità di revoca dell'espulsione, anche
se al momento non vi è ancora alcuna certezza.
Visto che quello in atto in questi mesi è un provvedimento raro,
i lavoratori con l'espulsione sopra citata potrebbero dunque avere interesse
a tentare la regolarizzazione prima che scadano i termini per presentare
la domanda, dovendo tuttavia affrontare la scelta difficile se affrontare
o meno un rischio di esecuzione dell'espulsione a fronte della consistente
speranza di una definitiva uscita dalla condizione di irregolari.
LO
SPAZIO SCHENGEN
Come è noto non valgono solo i provvedimenti di espulsione emanati
dalle autorità italiane ma TUTTI i provvedimenti di "segnalazione
ai fini della non ammissione nel territorio dello stato" inseriti
nel sistema informativo SCHENGEN da parte degli altri paesi aderenti.
Se da una lato abbiamo consistenti speranze che l'espulsione amministrativa
disposta dall'autorità italiana possa essere revocata, queste diventano
molto più rare con riferimento alla possibilità che un autorità
straniera (sia pure su richiesta e segnalazione dell'autorità italiana)
provveda alla cancellazione della segnalazione dal Sistema Informativo
Schengen (S.I.S.). L'esperienza della precedente sanatoria insegna e dimostra
che sono stati rari i casi di persone espulse da un autorità di
un altro paese europeo che sono riuscite a regolarizzarsi con la sanatoria
in Italia, proprio a causa della difficoltà ad ottenere la cancellazione
della segnalazione.
Attenzione quindi non soltanto ai provvedimenti di espulsione emanati
in Italia ma anche ai provvedimenti di allontanamento, espulsioni o comunque
alle segnalazioni al S.I.S. effettuate da altri paesi europei.
QUANTE DICHIARAZIONI POSSONO FARE I SINGOLI
DATORI DI LAVORO?
Nel caso del lavoro domestico la famiglia potrà regolarizzare solo
una/o colf. Non vi sono invece limiti numerici per le persone adibite
ad assistenza familiare (c.d. "badanti"). Questo in considerazione
del fatto che una persona veramente malata potrebbe avere bisogno di una
assistenza 24 ore su 24.
Per tutte le altre tipologie di lavoro i datori di lavoro potranno regolarizzare
tutti i lavoratori stranieri subordinati che siano attualmente impiegati
in condizioni irregolari.
COSA
SI INTENDE PER RAPPORTO DI LAVORO IN CORSO.
Ci troviamo in un momento in cui è appena terminato il tradizionale
periodo di ferie estive. Quasi tutte le aziende chiudono nel periodo di
ferragosto e quindi è normale che il lavoratore possa ritornare
a casa per un breve periodo per poi far rientro in Italia. Spesso si tratta
di persone che provengono da paesi dell'est per cui non serve avere un
visto, per esempio la Romania, nel caso si dichiari che l'ingresso è
per motivi turistici. Non si può dire, in questo caso, che il rapporto
di lavoro era cessato, dal momento che esso prosegue a tutti gli effetti
dal punto di vista legale. Anche se si dovesse interrompere per malattia
o per un accordo tra datore di lavoro o lavoratore di sospendere momentaneamente,
vale lo stesso discorso.
Poiché alla domanda di regolarizzazione viene allegata la copia
completa del passaporto del lavoratore, la questura verificherà
se, in base ai timbri del documento, risulta credibile che il rapporto
di lavoro sia iniziato da almeno tre mesi. È facile immaginare
che nel caso in cui una persona, nel passaporto, avesse un solo timbro
di ingresso in data successiva al 10 giugno vi sarà un più
attento controllo e dovrà dare spiegazioni.
Questi problemi
si verificheranno per molte persone. È vero che, almeno per quanto
precisato finora dal Ministero dell'Interno, la procedura di regolarizzazione
in corso non pretende la famosa "prova" della presenza in Italia
entro la data del 1° giugno.
Ma se anche non vengono espressamente richieste prove sulla presenza
del lavoratore, non dovranno comunque risultare elementi di prova in senso
contrario.
Esempio: se un datore di lavoro dovesse dichiarare che una certa persona
lavora presso la sua azienda da almeno tre mesi e POI si dovesse verificare
(tramite un controllo) che quel lavoratore straniero lavorava un mese
prima in un azienda diversa, è chiaro che la dichiarazione sarebbe
ritenuta falsa.
Nei confronti di chi presenta una falsa dichiarazione al fine di eludere
le norme in materia di immigrazione (e di regolarizzazione) è prevista
una sanzione penale dalla reclusione da 2 a 9 mesi.
N.B. QUESTA SCHEDA VERRA' AGGIORNATA OGNI SETTIMANA IN BASE ALLE
INDICAZIONI MINISTERIALI E ALLE EVENTUALI MODIFICHE LEGISLATIVE.
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