Ric. n. 05/02
R.G.R. Sent. n.284/2002 Reg. Sent.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
DEL TRENTINO – ALTO ADIGE
ha pronunciato la seguente
sul ricorso n. 5 del 2002 proposto da COSNER FRANCO, quale
procuratore di NEZHA RAMADAN, rappresentato e difeso daII'avv.
Agostino Catalano e presso lo studio dello stesso elettivamente
domiciliato in Trento, Via Suffragio n. 78;
il COMITATO PER I MINORI STRANIERI, presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dalI'Avvocatura
Distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliato in Trento,
Largo Porta Nuova n.9;
per l'annullamento
del decreto di rimpatrio del Comitato per i Minori Stranieri presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri prot. CMS/MNA/U/1 183/01 dd.
25.10.2001 con il quale è stato ordinato il rimpatrio assistito
del
minore rappresentato;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del 2 maggio 2002 - relatore il
Consigliere Lamberto Ravagni - l'aw. Agostino Catalano per il
ricorrente, nessuno comparso per l'Amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
Nezha Ramadan, nato in Albania l'i .8.1985, è approdato sulle
coste
italiane nel novembre del
2000. Poiché il giovane non era
accompagnato dai genitori, la Questura di Trento gli rilasciò in
data
11.5.2001 un permesso per minore età.
Affidato all'Azienda Servizi Sociali di Bolzano, il minore era seguito
dal distretto Centro-Piani-Rencio che fece riferimento ad una
associazione volontaristica che ospitò il ragazzo e lo iscrisse
alla
Scuola Alberghiera di Levico.
Nonostante una relazione dell'Azienda Servizi Sociali, che metteva
in luce le qualità morali del ragazzo ed i pareri contrari del
giovane,
dei suoi genitori e del tutore (nominato dal Tribunale), il Comitato per
i minori stranieri ha disposto il rimpatrio assistito.
Il 28 novembre 2001 tale rimpatrio è stato eseguito.
Il tutore Cosner Franco, con procura anche dei genitori del giovane
ha presentato il 10 gennaio 2002 ricorso al T.R.G.A. impugnando il
decreto di rimpatrio e formulando a sostegno i seguenti motivi:
2.1 Violazione dell'ari 3, L. 7.8.1990, n. 241, in relazione agli artt.
12, 3 e 5 della Convenzione sui diritti del fanciullo 20.11.1989, ratif.
L 27.05.1991, n. 176;
2.2 IllegittimItà costituzionale delI'art. 5, d.P.C.M. 13.04.1999
di
modificazione dell'art. 33, c. 2, d.lgs. 25.07.1998, n.286.
2.3 Violazione della legge sul procedimento amministrativo n. 241
del 7.08.1990: art. 7, ss., art. 3, c. 4 e del diritto alla difesa,
artt. 24 e
13 della Costituzione della Repubblica.
Veniva richiesta la sospensione del provvedimento impugnato ed il
Collegio accoglieva tale istanza con Ord. n. 10/2002.
L'Amministrazione si è costituita in giudizio.
All'udienza del 2 maggio 2002 il ricorso, come richiesto, è stato
trattenuto in decisione.
L'ingresso in Italia del quindicenne Nezha Ramadan è avvenuto nel
novembre del 2000.
Poiché il giovane non era accompagnato da alcuno, il Questore di
Trento, data l'inespellibilità del minore (al di fuori dei casi
previsti
dalla legge o di richiesta dei genitori), rilasciò allo stesso un
permesso di soggiorno temporaneo per minore età fino
all'8.7.2001.
Segnalato al Comitato minori stranieri, il giovane, interpellato,
espresse il desiderio di restare in Italia ed identica richiesta fu
espressa dal tutore e dai genitori.
Nell'istruttoria furono
assunte dettagliate informazioni tramite
l'Agenzia Servizi Sociali di Bolzano. In due relazioni è
sottolineato il
comportamento educato del giovane ed espressa la soddisfazione
degli educatori ed insegnanti che lo seguivano. Nella relazione del
13.6.2001 era stata segnalata la possibilità di inserire
lì promettente
ragazzo in un corso professionale finanziato dal Fondo Sociale
Europeo ed organizzato da una scuola professionale d'intesa con la
Provincia Autonoma di Trento.
I Servizi concludevano la relazione chiedendo che il minore fosse
dato in affidamento ai sensi della L. 184/1983 in attesa di concedere
al termine del corso un permesso di soggiorno per studio o lavoro.
Nella successiva relazione dell'1.1 02001, dopo aver confermato gli
elogi già espressi sul minore ed il suo positivo inserimento
nella
scuola professionale,
l'Agenzia per i servizi sociali (forse
rispondendo a preciso quesito) concludeva:
“non sono comunque emersi motivi ostativi per un eventuale
rimpatrio del ragazzo".
Seguiva il provvedimento impugnato decretante il rimpatrio.
Avverso tale provvedimento nel ricorso sono formulati tre motivi per
violazione di legge.
In particolare nel motivo 2.2 si afferma l'illegittimità
costituzionale
dell'art. 5 del D.P.C.M. (rectius D.Lgs.) 13.4.1999 n. 113, per
violazione dell'art. 76 della Costituzione.
Tale eccezione è però manifestamente infondata.
Il legislatore, infatti, con l'art. 47 della L. 40/1998 aveva concesso
al
Governo una amplissima delega per correggere secondo le
necessità le disposizioni di legge sull'immigrazione.
Nell'anno dl applicazione si era manifestato il fenomeno dello sbarco
in Italia di minorenni non accompagnati e quindi il Governo ha
demandato le decisioni su tale materia, estendendone le
competenze, al Comitato per i minori stranieri che originariamente si
occupava dei programmi di solidarietà ed ospitalità di
enti pubblici e
privati nei confronti di minori stranieri.
Egualmente infondata è l'eccezione di illegittimità della
previsione di
rimpatrio assistito dei minori. lì decreto in questione infatti
non è un
atto amministrativo come ritenuto nel ricorso, ma un decreto
legislativo delegato al Governo dal Parlamento.
Dopo aver confermato gli elogi già espressi ed il positivo
inserimento
del giovane nella scuola professionale, l'Agenzia per i servizi sociali
(forse rispondendo ad un preciso quesito) ha concluso: "non sono
comunque emersi motivi ostativi per un eventuale rimpatrio del
ragazzo".
Il Comitato per i minori stranieri avvalendosi ditale conclusione ha
disposto il rimpatrio eseguito poi il 28.112001.
Nel secondo motivo (2.2) viene poi affermata la violazione degli artt.
10 e 13 della Costituzione. La censura è però
manifestamente
infondata. E' ben vero infatti che l'art. 2 del D.Lgs 286/98 riconosce
allo straniero in Italia i diritti fondamentali della persona umana
previsti dalle norme
interne, dalle Convenzioni e dal diritto
internazionale. Nessuna ditali norme prevede, però, che lo
straniero,
che si introduca illegalmente in un Paese, non possa essere
riaccompagnato alla frontiera o, se minore, riconsegnato ai genitori.
Le norme del T.U. debbono essere interpretate nel loro complesso.
L'art. 10 del T.U. prevede in particolare che gli stranieri non
comunitari che si
presentino alle frontiere privi dei requisiti
(passaporto e visto delle rappresentanze italiane all'estero) debbono
essere respinti come del resto quelli che si sottraggono ai controlli di
frontiera. Fanno eccezione solo i casi previsti per l'asilo politico, lo
stato di rifugiato o la protezione temporanea per motivi umanitari.
Nella fattispecie è possibile rammaricarsi che sia stata
troncata, per
una non spiegata urgenza, l'azione educativa del servizi sociali verso
questo giovane, volenteroso
ed educato, avviato a corso
professionale in campo nel quale le Aziende turistiche sono d'estate
alla disperata ricerca di lavoratori. Queste valutazioni, che non
riguardano la Costituzione, sono però riservate dalla legge al
Comitato Minori Stranieri.
Quanto al riferimento alla Convenzione sui diritti del fanciullo, col
motivo 2.1 viene censurata la violazione dell'obbligo di motivazione
del provvedimento anche in relazione alla convenzione sui diritti del
fanciullo.
Il minore ricorrente, per la verità, non può essere
considerato un
fanciullo, avendo compiuto i 16 anni e raggiunto, anzi, una
particolare maturità, come attestato dalle relazioni dei servizi
sociali.
La fanciullezza è uno stato che parte dai 6 anni e si conclude
con
l'età prepuberale intorno agli 11 anni. L'intera Convenzione e
gli
articoli citati non sarebbero comunque utili contenendo norme, come
quelle degli artt. 10 e 11, che vedono con disfavore il trattenimento
iIlecito all'estero di minori e con favore il ricongiungimento alla
famiglia.
Nella fattispecie, però, i servizi sociali e le organizzazioni
umanitarie
complessità.
In effetti la legge ha assegnato al Comitato per i Minori Stranieri
un'ampia discrezionalità nella materia e quindi la
possibilità di
emettere una gamma di provvedimenti diversi (non ristretta quindi al
rimpatrio assistito).
Del resto nel compito originario del Comitato per i Minori stranieri, in
ordine ai programmi solidaristici di enti pubblici e di Associazioni
umanitarie, il rimpatrio aveva una posizione del tutto marginale alla
fine dell'assistenza solidaristica.
Ora la circostanza che non sussistano motivi impedenti il rimpatrio,
costituisce solo la premessa necessaria per una delle scelte possibili
e non una adeguata motivazione che sorregga la scelta compiuta dal
Comitato.
Nella fattispecie di causa erano state descritte da una parte le
qualità
positive del giovane e le difficili condizioni di vita in Albania, ma
dall'altra era stato tracciato per il promettente giovane un vero
programma solidaristico degli enti locali per garantirgli il corso
professionale ed il successivo inserimento al lavoro nelle aziende
turistiche.
Dalle tre pagine delle relazioni il Comitato ha tratto solo la formula,
della quale aveva ottenuto la riproduzione, senza dar giustificazione
reale della scelta compiuta in contrasto con i pareri e programmi
raccolti.
Il Comitato sembra davvero ritenere i propri compiti ridotti al solo
rimpatrio coattivo, riducendo così la motivazione del provvedimento
a formule ripetute che non possono essere ritenute sufficienti
illustrazioni delle scelte dell'amministrazione.
Per la fondatezza del motivo 2.1 in ordine all'insufficienza della
motivazione e con assorbimento del motivo 2.3, il ricorso viene
quindi accolto con annullamento del provvedimento impugnato e con
salvezza di nuovo provvedimento.
Le spese del giudizio sono compensate tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino - Alto
Adige, sede di Trento, definitivamente
pronunciando sul ricorso n. 5
del 2002, lo accoglie e per l'effetto annulla il provvedimento
impugnato, con salvezza di nuovo provvedimento.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita
dall'Autorità
amministrativa.
Cosi deciso in Trento, nelle Camere di Consiglio del 2 maggio e 17
maggio 2002 e del 31luglio 2002 con l'intervento dei Magistrati:
dott. Paolo Numerico
Presidente
dott. Silvia La Guardia
Consigliere
dott. Lamberto Ravagni
Consigliere Est.
Pubblicata nei modi di legge, mediante deposito in Segreteria il giorno
22 agosto 2002.
Il Segretario Generale
dott. Fiorenzo Tomaselli