Contenzioso sul rilascio dei visti di ingresso per ricongiungimento familiare a Casablanca


In seguito alla decisione di chiudere il viceconsolato italiano a Tangeri il 30 giugno 2001 per motivi di ristrutturazione della sede ospitante, è stata ampliata la competenza territoriale del consolato generale d'Italia di Casablanca. A tale ampliamento non è seguito però un aumento del personale; al contrario ne è continuata la progressiva riduzione iniziata già nell'aprile del 2001. La conseguenza di questi due fatti, unita all'ulteriore richiamo immediato di quattro dipendenti della Polizia di Stato, che ha portato il personale del consolato a sole cinque unità, ha comportato la decisione, comunicata in data 10 ottobre 2002 dal Console generale, di chiudere a tempo indeterminato l'ufficio visti (salvo che per casi particolari) in modo da consentire la trattazione delle migliaia di domande giacenti. In altre parole si è stabilito di chiudere il solo ufficio visti anziché disporre una ridistribuzione del personale tra i diversi uffici, con la conseguenza di non accogliere più nuove richieste di visto per ricongiungimento familiare.
Nel mese di gennaio 2003, al momento in cui si è insediato il nuovo Console, ammontavano a più di 20.000 le richieste di visto arretrate e mai prese in considerazione. Una situazione inaccettabile, dal momento che il ricongiungimento familiare costituisce un diritto fondamentale di rilievo costituzionale, riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, alle condizioni previste dall'articolo 29 del d.lgs. 286/98. Il diritto è inoltre sancito anche dalla convenzione internazionale sui lavoratori migranti n. 143 del 1975 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro, ratificata in Italia con legge n. 158/1981.
Sulla legittimità del comportamento seguito dal consolato italiano è stato chiamato a giudicare il Tribunale di Grosseto, il quale con decreto 11.11.2003 ha affermato che "il visto per il ricongiungimento familiare è un atto sostanzialmente dovuto dall'autorità consolare o diplomatica italiana di fronte al nulla osta della Questura competente. Infatti, una volta rilasciato il nulla osta, il consolato, se non esistono motivi ostativi da documentare ai sensi della vigente normativa in materia di procedimento amministrativo (legge 241/90 art.3 comma II), deve limitare la propria istruttoria all'esibizione del passaporto e del titolo di viaggio del cittadino straniero che richiede il visto d'ingresso senza necessità di svolgere ulteriore attività". Inoltre il Giudice osserva che per previsione dell'articolo 6, ultimo comma, del DPR 394/99, regolamento attuativo del d.lgs. 286/98, non sono concessi alle autorità consolari termini temporali per l'adozione dell'atto amministrativo richiesto, con la conseguenza che il visto deve essere concesso o respinto immediatamente alla richiesta dell'interessato. Lo stato di oggettiva difficoltà funzionale del consolato di Casablanca non può quindi gravare sullo straniero senza svuotare di contenuto i principi costituzionali di garanzia e la copiosa normativa, anche internazionale e comunitaria, in merito al diritto all'unità familiare e alla tutela dei minori.
La sentenza afferma inoltre che l'amministrazione, oltre a non aver adempiuto ai propri compiti, non ha fornito alcuna motivazione del comportamento assunto dal momento che il Ministero degli Affari Esteri non ha addotto nessuna legittima giustificazione per la chiusura dell'ufficio visti, né il Console ha allegato una ordinanza di chiusura dell'ufficio visti emanata dal superiore Ministero degli Affari Esteri, né entrambi si sono premurati di indicare l'ufficio supplente incaricato dello svolgimento dell'iter burocratico.
Dunque il comportamento del consolato, che si è limitato a comunicare la chiusura dell'ufficio visti, si configura come un caso di inadempimento della p.a. (silenzio-rifiuto), a fronte del quale il giudice ordinario può, ai sensi dell'art. 30, comma 6, del T.U., ordinare il rilascio del visto, al fine di realizzare la concreta tutela dell'unità familiare dei cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Tale interpretazione è suffragata anche dalla motivazione espressa dalla Corte Costituzionale nell'ordinanza interpretativa di rigetto n. 140 del 17 maggio 2001, nella quale la Corte ha ritenuto pienamente costituzionale la scelta fatta dal legislatore di assegnare al Giudice ordinario non solo un potere di annullamento degli atti della p.a., ma anche quello di sostituirsi all'azione dell'amministrazione inadempiente rispetto ai diritti che il legislatore stesso considera prioritari (nel caso di specie l'unità familiare).
Ulteriori conseguenze della chiusura dell'ufficio visti e dei ritardi accumulati nell'esame delle domande è stato poi il rifiuto, da parte del consolato, di considerare ancora validi i nulla osta delle Questure una volta decorsi sei mesi dal loro rilascio, e ciò anche quando tutta la documentazione era stata presentata per il rilascio del visto entro il termine previsto dal D.M. 12.7.2000 ("Il nulla osta al ricongiungimento previsto dall'art. 29, comma 7 del testo unico n. 286/1998 deve essere utilizzato, ai fini del rilascio del visto, entro sei mesi dalla data di rilascio da parte della questura competente"). Con una nuova comunicazione nel mese di maggio, infatti, il consolato Italiano di Casablanca ha fatto sapere che, per disposizione dei competenti servizi del ministero degli Affari Esteri e del ministero degli Interni, a partire dal 9 maggio 2003 non sarebbero più stati presi in considerazione i nulla osta per ricongiungimento familiare rilasciati da più di sei mesi, in quanto era possibile che fossero venute meno le condizioni economiche e alloggiative che ne avevano determinato il rilascio.
Diversi ricorsi sono stati presentati in varie parti d'Italia contro le decisioni assunte dal consolato di Casablanca. Tra le prime decisioni, si segnalano oltre a quella già citata del Tribunale di Grosseto, le ordinanze del 16 luglio con cui il Giudice monocratico del Tribunale di Lecco, accogliendo i ricorsi presentati da famiglie marocchine, assistite dall'associazione e dalla CGIL locale, ha ordinato al consolato di rilasciare entro 20 giorni i visti di ingresso negati. Infatti, secondo il Giudice, è illegittimo il comportamento del consolato che ha negato il rilascio dei visti d'ingresso per ricongiungimento familiare a causa della scadenza dei nulla osta dovuta all'inerzia del consolato stesso.
Peraltro, nelle more della decisione del tribunale di Lecco, il ministero degli Affari esteri comunicava che il consolato di Casablanca era stato autorizzato a procedere dal 15 luglio al 15 ottobre 2003 all'emissione di visti d'ingresso per motivi di ricongiungimento familiare sulla base di nulla osta rilasciati dalle questure competente anche da oltre sei mesi.