PRESENTATA LA BOZZA DELLA
COSTITUZIONE EUROPEA
La
bozza della Costituzione europea è stata presentata a Bruxelles, il 10
luglio 2003, dal presidente dell’apposita convenzione, Giscard
d’Estaing, al termine di un lavoro collegiale iniziato il 28 febbraio 2002,
cui hanno preso parte 105 delegati. Il testo si compone di 450 articoli, che
pubblicheremo appena sarà disponibile, dopo il 18 luglio, quando Giscard
lo presenterà al Presidente semestrale dell’Unione, a Roma.
Il dispositivo essenziale è
il seguente: così come esso risulta da note di agenzia:
1. I
simboli. - L’ultima aggiunta alla Costituzione riguarda i simboli che
sono: il motto (“Uniti nella diversità”); la bandiera (un
cerchio di 12 stelle d’oro su fondo azzurro); l’inno
(l’”Inno alla gioia” di Beethoven); la moneta (l’euro);
la data della festa
dell’Europa (9 maggio).
2. Parlamento
– Vede raddoppiati i suoi poteri di co-decisione e ha l’ultima
parola su tutte le spese dell’Unione. E’ composto da 730 membri distribuiti secondo il metodo
proporzionale decrescente con un minimo di quattro deputati per stato membro
eletti per un mandato di cinque anni.
3. Consiglio europeo – Dà all’Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e definisce orientamenti e priorità politiche generali. E’ composto dai capi di stato e di governo degli Stati membri, dal suo presidente e da quello della Commissione. Il ministro degli Esteri partecipa ai lavori.
4. Presidente
- Presiede i lavori del Consiglio
europeo, ne assicura preparazione e continuità “in cooperazione con
il presidente della Commissione e sulla base del lavoro del Consiglio affari
generali”. Ha la rappresentanza esterna dell’Unione “senza
pregiudizio delle responsabilità del ministro degli Esteri”.
E’ eletto dal Consiglio europeo per un mandato di 30 mesi (questa
è una delle maggiori novità introdotte dalla Costituzione),
rinnovabile una volta. Può far parte di altre istituzioni europee, non
può avere mandati nazionali.
5. Ministro
degli Esteri - Contribuisce
all’elaborazione di una politica estera, di sicurezza e di difesa comune.
E’ vicepresidente della Commissione. Viene eletto dal Consiglio europeo
d’accordo con il presidente della Commissione e con ratifica
dell’Europarlamento.
6. Consiglio
– Insieme all’Europarlamento svolge funzioni legislative e di
bilancio. E’ composto da un rappresentante di ogni Stato membro a livello
ministeriale per ciascuna delle sue formazioni. Ad eccezione di quello Esteri
la presidenza di ogni consiglio viene fatta a rotazione ugualitaria, con
mandato di almeno un anno. E’ previsto anche un Consiglio legislativo tra
i cui compiti c’è il coordinamento dei diversi consigli, escluso
quello Esteri.
7. Commissione
– Promuove l’interesse generale europeo e prende le iniziative
appropriate. Verifica il rispetto della Costituzione e l’applicazione del
diritto Ue sotto il controllo della Corte di giustizia. Promuove ogni atto
legislativo salvo quelli per cui la Costituzione dispone altrimenti. Assicura
la rappresentanza esterna dell’Unione tranne su politica estera e difesa
comune. A partire dal primo novembre 2009 sarà composta da non
più di 15 commissari, incluso il presidente. Potrà essere
assistita da altri in numero non superiore a 15, senza diritto di voto. Tra i
commissari è prevista una rotazione a carattere ugualitario. Il presidente
della Commissione definisce gli orientamenti, sceglie i commissari, può
nominare dei vicepresidenti. E’ eletto dall’Europarlamento su
proposta del Consiglio europeo.
Un’apposita conferenza
intergovernativa dovrà approvare il testo, in una seduta solenne a Roma
nel prossimo mese di ottobre 2003. Un problema programmatico e sostanziale
è stato inserito al primo punto con lo slogan “Uniti nella
diversità”.
Il
CO.AS.IT e il COM.IT.ES di Melbourne hanno organizzato per martedì 19
luglio, dalle ore 18.00 alle ore 19.00 (ora locale) presso il Centro Conferenze
del CO.AS.IT in 189 Faraday Street Carlton, un incontro con il Sen. Giuliano
Amato sul tema, Progetto di Costituzione europea: la nuova Europa dei
cittadini, delle istituzioni e della politica comune.
“ANCHE GLI IMMIGRATI DEVONO VOTARE” – CAMPAGNA DEI DS PER LA RACCOLTA DI FIRME
Da
giovedì 17 luglio in tutte le Feste de l’Unità sarà
possibile firmare la petizione popolare per riconoscere la partecipazione al
voto agli immigrati, per istituire la cittadinanza europea di residenza e per
riformare la legge italiana sulla cittadinanza. “Il nostro obiettivo
– spiega l’ex ministro della Solidarietà sociale nel governo
di centrosinistra, Livia Turco
– è quello di raccogliere un milione di firme per poi portarle al
Parlamento italiano e a quello europeo. Questa è una battaglia di
civiltà che riguarda il futuro del nostro paese, la portiamo avanti con
molta convinzione”. Come previsto in un disegno di legge presentato il
primo agosto 2001 dalla stessa Turco con Violante, Montecchi e Soda, si chiede
l’elettorato attivo nelle elezioni amministrative per i cittadini
stranieri che risiedono in Italia da cinque anni. In più si propone la
cittadinanza europea di residenza e il voto nelle elezioni europee per chi
è nel nostro continente da 5 anni, come da emendamento presentato
dall’europarlamentare Ds
Elena Paciotti. I Democratici di sinistra propongono infine di riformare la
legge sulla cittadinanza del 1991. “E’ una legge penalizzante
– sostiene la Turco – in cui ciò che conta è il
legame di sangue. Crediamo che sia necessario voltare pagina rispetto al modo
in cui si parla di immigrazione in Italia. Basta con l’equazione
immigrazione uguale sbarchi, clandestini e sanatorie. E’ un fenomeno che
sta cambiando il paese in cui viviamo con i matrimoni misti, i figli di seconda
generazione, la scuola con la crescita tumultuosa del numero di bambini
stranieri. La politica non può trovarsi spiazzata da questo cambiamento
a cui il governo non dà un minimo di attenzione e delega a Comuni e
volontariato la gestione del problema”.
In molti Comuni italiani sono state
istituite le Consulte degli immigrati, ricordiamo tra questi Roma, Modena, dove
presidente e vice presidente della Consulta stranieri da giugno hanno un
gettone di presenza uguale sa tutti i consiglieri comunali, e ancora in Emilia:
Ravenna, Rimini e il presidente della Regione Toscana, Claudio Martini ha
avanzato giorni fa la proposta di estendere agli immigrati sul territorio il
diritto di voto alle Regionali.
“è’ necessario
– insiste Turco – passare dalla politica della paura alla politica
della convivenza, noi proponiamo un patto di diritti e doveri tra stranieri e
cittadini italiani, un messaggio si speranza, fiducia e anche serenità
all’Italia. La partecipazione politica è principio per eccellenza
che sancisce un valore e dà pari dignità. Nelle esperienze locali
già portate avanti è emerso che gli immigrati chiamati a
partecipare sono più responsabili, diritti ma anche doveri dunque.
Solo così potremo avere una
democrazia inclusiva, non monca come quella che abbiamo ora”.
1) SVIZZERA
– Dal 1849 il cantone di Neuchatel, dopo 10 anni di residenza, voto alle Comunali, il cantone Jura,
allo stesso modo dal 1979 alle Comunali e cantonali.
2) IRLANDA
– Dal 1963, dopo 6 mesi di residenza, voto per le elezioni Comunali.
3) SVEZIA
– Dal 1975, dopo 3 anni di residenza, voto per le Comunali, Regionali e
referendum.
4) DANIMARCA
– Dal 1981, dopo 3 anni di residenza, voto per le Comunali e Provinciali.
5) ISLANDA
– Dal 1981, dopo 2 anni di residenza, voto amministrativo solo agli
stranieri dell’area scandinava.
6) NORVEGIA
– Dal 1982, dopo 3 anni di residenza, voto per le elezioni Comunali e
Provinciali.
7) SPAGNA
– Dal 1985, voto per le Comunali, previa reciprocità nel paese di
origine. Dal 1999 è stata superata la reciprocità, ma manca la
legge attuativa.
8) OLANDA
- Dal 1985, dopo 5 anni di
residenza, voto per le Comunali.
9) PORTOGALLO
- Dal 1997, dopo 3 anni di
residenza e previa reciprocità nel paese d’origine, voto per tutte
le elezioni locali.
10) GRAN
BRETAGNA – Voto a tutte le elezioni a cittadini del Commonwealth e di
Irlanda e Pakistan.
11) GERMANIA
– Dal 1999, disegno di legge in esame per diritto elezioni.
FILEF/BRASILE: SUCCESSO DEI CORSI DI RIQUALIFICAZIONE DI INSEGNANTI DI ITALIANO
Con
la somministrazione del CELI I-V, test di conoscenza della lingua italiana
messo a punto dall’Università per Stranieri di Perugia, si sono
conclusi nei giorni scorsi i sei corsi paralleli di riqualificazione di
insegnanti di italiano nelle scuole brasiliane, organizzati dalla FILEF nello
Stato di San Paolo, in partenariato con l’Università stessa, con
la FECIBEST e con la preziosa collaborazione dell’Ufficio Scuola del
Consolato di San Paolo e l’attenzione particolare del Console Generale,
Dott. Gianluca Cortese.
La FILEF aveva predisposto il
progetto quasi due anni fa, partendo da sollecitazioni locali che evidenziavano
un fabbisogno specifico in questo settore, anche a seguito dei vari accordi
locali con le municipalità per rendere effettiva l’introduzione
dell’italiano come lingua curricolare nelle scuole dello Stato.
All’inizio di ottobre dello
scorso anno, dopo una complessa attività di progettazione esecutiva,
finalmente iniziavano i sei corsi di riqualificazione, di cui tre ubicati in
San Paolo, uno a Guarulhos, uno a Campinas ed uno a Ribeirao Preto. Ad esso
hanno preso parte complessivamente 94 professori di italiano (inizialmente
erano previsti 60 utenti), docenti nelle scuole municipali, nei corsi di lingua
organizzati ai sensi della L. 153 ed in altri corsi e scuole brasiliane.
Ogni classe, composta mediamente da
una quindicina di “studenti”, era seguita costantemente e
personalmente da un docente-tutor, per 4-5 ore al giorno per 4-5 giorni alla
settimana; i docenti-tutor, selezionati dall’Università, erano a
loro volta coordinati e monitorati da un gruppo di docenti
dell’Università per Stranieri stessa, i quali integravano questo
lavoro a distanza con periodi ricorrenti di presenza in loco per la messa a
punto e gli aggiustamenti in corso d’opera dell’attività
complessiva, il cui coordinamento generale è stato curato dalla FILEF.
I corsi, che hanno avuto una durata
di più di 300 ore, avevano avuto una loro prima conclusione alla fine di
aprile scorso, con un esame di glottodidattica, a cui poi è seguita la
prova CELI, in modo che ogni docente frequentante è stato sottoposto sia
ad una prova attestante il grado di conoscenza e padronanza della lingua
italiana, sia ad una prova di valutazione della sua capacità di
insegnarla. Inoltre, nell’ambito di ciascun corso, è stato dato
ampio spazio all’insegnamento di tecniche di autovalutazione ed
autoapprendimento, così che ogni docente possa attuare la necessaria
“manutenzione” per non disperdere troppo rapidamente le
abilità linguistiche e glottodidattiche conseguite.
In questo quadro, su iniziativa
della stessa FILEF, e in collaborazione con i docenti-tutor e FECIBESP, si sta
mettendo a punto una proposta di sito web per dare continuità e
prosecuzione alle attività di aggiornamento avviate.
I corsi appena conclusi hanno avuto
una risonanza straordinaria, non solo per la loro altissima qualità, ma
anche per la metodologia innovativa ed assai avanzata, che travalica ogni
attività formativa in questo campo, in cui predominano brevi corsi di
aggiornamento tradizionali, che purtroppo lasciano spesso il tempo che trovano.
Nonostante il loro successo,
però, di fronte alla enorme richiesta di lingua italiana inevasa o
malamente evasa che c’è nel mondo (e segnatamente in Brasile ed in
America Latina), i corsi FILEF appena conclusi sono una goccia nel mare delle
necessità; fanno ancora troppo premio i corsi della L. 153 ed in genere
i corsi occasionali e non inseriti in un contesto formativo curricolare.
A nostro avviso, invece, occorre
incrementare gli accordi locali per introdurre l’italiano ed il suo
insegnamento nell’ordinamento scolastico e, contestualmente, selezionare
e preparare adeguatamente buoni docenti di lingua, come siamo riusciti a fare
in questa circostanza.
Sembra, pertanto, opportuno e
necessario investire più risorse in questo campo (che a suo modo
è strategico per la diffusione del made in Italy e per la fortuna del
Sistema Italia) e al tempo stesso riconvertire gradualmente la spesa dalle
migliaia di corsi di lingua scarsamente produttivi in corsi mirati alla
formazione di qualificati insegnanti di italiano operanti in un contesto
curricolare. In questo senso è d’obbligo un appello al Ministero
del Lavoro (che ha avuto la sensibilità di finanziare il corso in
questione) ed anche ai Ministeri Esteri, Pubblica Istruzione ed Italiani nel
Mondo per una azione coordinata, incisiva e propositiva volta a dare risposte
adeguate ai tanti concittadini di origine italiana sparsi per il mondo e alla
grande richiesta di lingua, di cui essi (ma non solo essi) sono portatori.
Francesco Berrettini
SAN ROSSORE: CIBO, SALUTE, RISPETTO DEL TERRITORIO ED EDUCAZIONE TEMI CENTRALI DEL TERZO MEETING
Sindaci,
amministratori provenienti da ogni parte d’Italia, esponenti del
volontariato, intellettuali, docenti universitari, semplici cittadini hanno
dato la loro adesione e partecipazione al Terzo Meeting di San Rossore che ha
avuto luogo, presso la tenuta della Regione Toscana, nei giorni 15 e 16 luglio
2003, confermando, così la sua formula di luogo di incontro per
discutere e confrontare idee e proposte sui temi della globalizzazione e dello
sviluppo sostenibile del pianeta.
Due i filoni di grande
attualità su cui si è discusso nei tre padiglioni allestiti: il
primo è quello del cibo e dell’alimentazione, il secondo quello
della pace e del dialogo tra popoli, civiltà e religioni diverse.
Tra le tante personalità che
hanno preso parte ai lavori di San Rossore, il Premio Nobel per la pace e
Ministro degli Esteri di Timor Est Jose Ramos Horta, il vice presidente della
Convenzione Europea Giuliano Amato, il Principe di Giordania El Hassan Bin Talal,
lo storico Franco Cardini, il sottosegretario generale per gli Affari economici
e sociali dell’ONU Nitin Desai, la presidente della Commissione sul
futuro del cibo Vandana Shiva, il direttore della rivista The Ecologist Edward
Goldsmith, il sindaco di Oakland ed ex-governatore della California Jerry
Brown, lo scrittore Samir Amib e il Vescovo di Terni monsignor Vincenzo Paglia.
L’incontro di San Rossore si
è chiuso con un incontro tra il presidente della Regione Claudio
Martini, il sindaco di Firenze Leonardo Domenici e due importanti
intellettuali, il presidente dell’Università palestinese di
Al-Quds Sari Nusaibeh e la giornalista, scrittrice e pacifista israeliana
Manuela Dviri, per lanciare da questa località una mobilitazione della
società toscana a sostegno della Road Map e candidare la Toscana e
Firenze come uno dei luoghi per ospitare il dialogo israelo-palestinese.
“Cibo, salute, rispetto del
territorio ed educazione sono i temi di questa due giorni e campeggiano attorno
al logo della manifestazione – ha spiegato l’assessore alla
comunicazione, Chiara Boni, ma pensiamo che siano anche i quattro elementi
essenziali per poter raggiungere la pace nel mondo. San Rossore è il
punto di incontro di tanti pensieri e quando i pensieri dialogano qualcosa di
concreto esce sempre: magari piccole gocce, ma anche le piccole gocce contano.
A San Rossore si incontrano i cuori
ed i sentimenti. Ed anche questo è importante per costruire un
mondo migliore, una nuova visione globale del mondo”.
SAN ROSSORE – SHIVA: “LA RIFORMA DELLA PAC IGNORA ANCORA IL TERZO MONDO”
“Finchè
il sistema mondiale continuerà a creare conflitti, mettendoci gli uni
contro gli altri, noi popoli del sud saremo costretti ad abbandonare le nostre
colture tradizionali, ad abbandonare i campi per lavorare in miniera, a
prostituirci, a vendere i nostri figli e i nostri reni”. Così ha
iniziato il suo forte e duro intervento la scienziata e filosofa indiana
Vandana Shiva, che dal febbraio di quest’anno presiede la Commissione internazionale sul cibo promossa
dalla Regione Toscana. Shiva ha espresso anche una valutazione fortemente
critica sulla riforma della PAC (Politica Agricola Europea). “Noi tutti
ci aspetteremmo una riforma che parta dalle esigenze dei poveri del terzo
mondo, mentre, ancora una volta, ci si occupa soltanto degli agricoltori
europei e si delega alla sola cooperazione internazionale il compito di aiutare
il sud del globo. Questa riforma -
ha detto ancora – ci sta portando verso lo smantellamento totale delle
protezioni, delle regolamentazioni imposte dai vari Paesi”. Al centro
dell’intervento di Vandana Shiva anche la questione Ogm. “Il Sud
del mondo – ha affermato – sembra divenuto il capro espiatorio dei
produttori di Ogm. Sembra che il ricco nord debba accettare gli organismi
geneticamente modificati perché necessari per sfamare i Paesi affamati.
Questo non è assolutamente vero. L’Europa deve sapere che
l’India ha rifiutato tonnellate di mais inviate dagli Usa perché
non era stato possibile dimostrare che era Ogm-free. Le coltivazioni Ogm hanno
un indice di fallimento molto più alto di quelle tradizionali, noi non
le vogliamo. Vogliamo i nostri prodotti tradizionali, che si adattano al nostro
clima e garantiscono la sussistenza ai nostri contadini”.
WENDELL BERRY, poeta, romanziere,
saggista, ma soprattutto piccolo produttore agricolo (conduce da anni la
fattoria di famiglia nello Stato americano del Kentucky) racconta
l’esperienza di molti produttori del Kentucky. Afferma Berry:
“stiamo cercando di sviluppare un’economia locale del cibo che sia
garante dell’autodeterminazione dei piccoli produttori e che permetta di
difendersi dal dominio delle multinazionali”. Berry si è fatto
strenuo difensore delle comunità rurali e delle piccole aziende agricole
e severo critico delle grandi produzioni, ritenute responsabili delle
devastazioni ambientali e sociali della sua terra.
SAN ROSSORE - CHAUDURI: “UNA SOLUZIONE GLOBALE ANCHE PER I PROBLEMI LOCALI”
Da
Porto Alegre a Mumbai. Leni Chauduri, tra le organizzatrici del Social forum
mondiale che a gennaio si svolgerà in India, sottolinea che nel suo
paese tanti sono i movimenti alternativi. Ma spiega anche che “tutti hanno capito come,
anche quando i problemi sono locali, la soluzione deve essere globale”.
E’ la ricetta di Porto Alegre, è quello che è stato
più volte ripetuto anche a San Rossore in due giorni e sarà il
filo conduttore pure a Mumbai in India.
“Sono inutili gli approcci
limitati – ripete Leni Chauduri – serve invece il dialogo. E’
venuto il momento di unirsi e parlare un linguaggio comune”.
“Questo vale per i movimenti agricoli – spiega – e quello
indiano è uno dei più grandi al mondo, ma vale anche per i
movimenti che lottano affinchè maggiori diritti siano riconosciuti alle
caste più basse, per il movimento delle donne, per il movimento a favore
delle minoranze religiose o per i gruppi che lavorano
sull’ambiente”.
SAN ROSSORE – BROWN: “UN MONDO DIVERSO GRAZIE ALL’IMPEGNO LOCALE”
Jerry
Brown, ex governatore della California ed attuale sindaco di Oakland,
nell’ambito della sessione “Visioni di pace”, ha portato la
sua esperienza di amministratore lanciando un messaggio di ottimismo a San
Rossore affermando che, anche se può essere molto difficile influenzare
i leader nazionali, si può comunque contribuire ad un mondo diverso
attraverso un impegno nelle comunità locali, purchè si abbiano
“pochi ma chiari obiettivi”. “In California ad esempio
– informa Brown – siamo riusciti ad approvare normative che
impongono emissioni delle autovetture più conformi agli accordi di Kyoto,
oppure abbiamo portato in tribunale il Fondo monetario internazionale per
alcuni suoi progetti. E ancora, voi in Toscana siete noti per la grande
varietà dell’alimentazione, siete un modello per questo, ma in
California abbiamo più avvocati che alimenti, e per questo possiamo
promuovere azioni legali sulle questioni del diritto alla sovranità e
alla sicurezza alimentare”. L’ex governatore ha espresso anche
l’esigenza di una “iniezione di cosciente multilateralismo”,
importante anche per trovare uno sbocco alla situazione in Iraq.
“Possiamo lamentarci a lungo su una decisione così sbagliata come
quella dell’intervento militare in Iraq, ed io ero contrario, così
come la maggior parte dei cittadini della California. L’importante
è però guardare al futuro. Il presidente Bush non vuole aiuto
– ha spiegato Brown – eppure ne avrà bisogno, perché
ogni giorno che passa, con i soldati americani che continuano a morire, ci sono
sempre più americani che rifiutano il ruolo di poliziotto
unilaterale”.
“Lo
sviluppo non va misurato in termini di ciò che accade ad una persona
media, ma di ciò che accade ai più bisognosi. Questa è la
vera misura dello sviluppo e da questo punto di vista abbiamo alle spalle anni
di insuccesso”. Così ha iniziato la sua relazione sullo “stato del mondo”, Nittan
Desai, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari sociali ed
economici. Anzi, come ha immediatamente precisato, sugli “stati del
mondo” perché “in realtà il nostro pianeta è
abitato da molti mondi diversi”. C’è ad esempio, il mondo di
un europeo che generalmente vive da più di 60 anni in pace, che vive in
una sostanziale prosperità in cui il lusso di un tempo è
diventato una necessità, che beneficia di sistemi di protezione sociale.
E c’è il mondo di una donna africana per cui la guerra, la
malattia, la fame è probabilmente una realtà quotidiana, il
mondo, insomma, dei 100 milioni di affamati, dei 100 milioni di ragazzi che non
vanno a scuola, dei 16 milioni di rifugiati e di un milione e 600 mila persone
che ogni anno muoiono di morte violenta; il mondo, ancora, dei 40 mila bambini
che ogni giorno sono uccisi da malattie curabili: “Una cifra – ha
spiegato Desai – che corrisponde alle vittime di 10-12 Boeing che si
schiantano quotidianamente. Ma se questo accadesse tutti parlerebbero di un
problema con i Boeing e penserebbero a cambiarli. Questo non succede con i
bambini”. Ha parlato ancora, Desai, del mondo di cui non si tiene conto:
“il mondo che verrà ereditato dai nostri figli, quello nei cui
confronti stiamo accumulando un debito, una morte ecologica che saranno le
future generazioni a pagare” e delle guerre in Africa per concludere che “occorre un nuovo
multilateralismo che metta insieme cuori ed intelligenze. E non
c’è bisogno di nuova libertà d’azione, che finirebbe
per favorire i più forti; al contrario, la sfida è di occuparci
dei punti deboli per limitare il potere dei potenti”.
SAN ROSSORE – IL PRINCIPE DI GIORDANIA: “CONTINUIAMO AD IMPEGNARCI PER LA PACE”
“Non
voglio criticare la Road map in corso in Israele e Palestina, perché
tutti lavoriamo per la pace ed anch’io ho lavorato a lungo per la pace.
Certo sarebbe deludente che il tutto si riducesse alla creazione di una zona di
libero scambio che sta tanto a cuore al presidente americano Bush:
un’area di libero mercato tra 17 milioni di israeliani e palestinesi e 22
milioni di iracheni”. L’avvertimento è arrivato dal principe
di Giordania El Hassan Bin Talal, che invita comunque tutti a continuare ad
impegnarsi per la pace.
Durante il suo intervento in
inglese, durato quarantacinque minuti, lo zio di Abdullah II ha citato
Eisenhower, Oliver Cromwell e Kennedy, sottolineando più volte che
“il militarismo unilaterale non va d’accordo con la giustizia
multilaterale” e che “il terrorismo si sconfigge non attraverso i
bombardamenti ma cambiando le condizioni in cui tanti sono costretti a
vivere”, “diminuendo cioè la povertà, facendo
partecipare alle decisioni popoli e regioni con la loro storia e la loro
cultura”, “puntando sulla sostenibilità dello sviluppo e sul
rispetto della dignità umana”. “Quello che dobbiamo cercare
– ha insistito il principe di Giordania – non è una pax
americana, una pax europea o una pax giudaica, ma una pace umana”.
El Hassan Bin Talal ha fatto appello
anche alla cooperazione intraregionale. “L’Unione europea è
nata sul carbone e sul ferro, nel Medio Oriente vorremmo iniziare con
l’acqua e l’energia. Ma le guerre preventive e la gestione delle
crisi solo per perpetuare le crisi – ha spiegato – costituiscono
oggi un ostacolo”.
“Il vero potere si trova in
mezzo alla strada. Dovremmo aumentare gli investimenti per incoraggiare le
persone a restare nei loro paesi. Ed invece – ha citato come esempio
– le aziende farmaceutiche sfruttano la pianta che da secoli cresce nel
deserto del Kalahari e blocca l’appetito per farne una medicina contro
l’obesità, senza dare in cambio niente al territorio e ai suoi
abitanti”.
“Dovremmo
tornare a sostenere l’utopia di don Sturzo che, all’indomani della
prima guerra mondiale, proponeva di abolire la guerra”. Con queste parole
don Matteo Zuppi, assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant’Egidio,
ha voluto ribadire il valore dell’impegno pacifista, sempre attuale e
necessario per testimoniare il rifiuto delle tante guerre dimenticate ancora in
corso. “La pace non è un sogno per anime belle, né un atto
di ingenuità. Al contrario, cercarla fino alla fine è segno di
grande realismo: va costruita attivamente, creando sinergie tra le diverse
forze disponibili nella società”. “Il dialogo interreligioso
e con i laici è l’unica via”, ha continuato don Zuppi e
“non è un invito al sincretismo, ma più si va in
profondità nella conoscenza della fede, più si possono costruire
percorsi comuni e far si che le religioni diventino strumenti di pace e non
pretesti di guerra”.
SAN ROSSORE – PETRELLA: “L’ACQUA E’ UN BENE PUBBLICO, VIA I PRIVATI DALLA GESTIONE”
Quello
del Prof. Petrella, docente presso l’Università belga di Louvain e
segretario dei comitati nazionali per il contratto mondiale dell’acqua,
è stato uno degli interventi più applauditi durante i lavori
della prima giornata del meeting. Ha parlato, Petrella, del bene più prezioso
dell’umanità l’acqua, della sua idea di gestione, della
disparità di utilizzo e disponibilità a livello mondiale.
“L’acqua è un bene comune ma è anche motivo che
scatena guerra – ha esordito -. La nostra società sta depredando
questo bene, lo utilizziamo
tre o quattro volte di più rispetto alla sua capacità di
rigenerarsi. Adesso stiamo intaccando le falde profonde. Non si può
continuare così perché in tal modo non dichiariamo guerra solo
alla natura ma a noi stessi”. “Attualmente – ha dichiarato
Petrella – ci sono oltre 3 miliardi di persone che non hanno libero
accesso all’acqua potabile. Pensiamo a tutte le conseguenze che ne
derivano dal punto di vista sanitario: ogni giorno muoiono 30 mila persone. Non
possiamo solo aspettare i benefici che verranno dalle grandi opere tecnologiche
perché queste non risolveranno il problema ma lo accentueranno”.
Per consentire una più equa distribuzione dell’acqua vi sono dei
“possibili” rimedi. Per Petrella, essendo “l’acqua
è un bene comune, come tale va gestito. Occorre ad esempio creare una
legislazione che distingua l’uso per fini privati da quello per fini
industriali. Inoltre, il risparmio: utilizziamo l’acqua in maniera
inefficiente, se solo fossimo capaci di gestirla in maniera migliore, noi paesi
cosiddetti industrializzati, risparmieremmo miliardi di euro. Infine bisogna,
come già detto, riaffidarne la gestione al pubblico e ripudiare
l’idea di introdurre una cultura capitalistica come sta avvenendo in
molte realtà italiane”.
SAN ROSSORE – TAVOLA ROTONDA SU “L’APPRENDIMENTO CONTINUO, NUOVA FRONTIERA DELLA PEDAGOGIA”
Il
futuro sta nell’educazione. Ma qual è il futuro
dell’educazione? A questo interrogativo hanno cercato di rispondere
l’assessore regionale della Toscana all’istruzione, formazione e lavoro,
Paolo Benesperi, e Franco Cambi, docente di pedagogia generale
all’Università di Firenze. “L’istruzione - ha spiegato
Benesperi, introducendo i lavori della tavola rotonda sull’educazione
durante la prima giornata del meeting di San Rossore – è oggi più
che mai uno strumento indispensabile per la costruzione di una realtà di
pace e buoni rapporti tra le persone. In tutto questo le politiche regionali
per il “Lifelong Learning”, l’educazione permanente lungo
tutto l’arco della vita, giocano un ruolo fondamentale per consentire una
formazione adeguata alle nuove, crescenti, richieste della società e del
mondo del lavoro”. “La Toscana – ha sottolineato
l’assessore – è da sempre molto attenta alla dimensione internazionale,
aperta alla collaborazione in ambito europeo, ma disposta ad accogliere
suggerimenti da tutte le possibili realtà. In questi mesi, ad esempio,
stiamo portando avanti una serie di scambi, confronti e verifiche di esperienze
con varie realtà del Sud America”.
Sul valore del “Lifelong Learning”
e sulle nuove frontiere dell’istruzione e della formazione si è
soffermato anche Cambi, ricordando l’evoluzione del concetto stesso di
alfabetizzazione, da acquisizione delle competenze di base – leggere,
scrivere, fare di conto – a insieme complesso di saperi che spazia tra
varie discipline ed abbandona l’idea di un sapere dogmatizzato in favore
di una “forma mentis” più flessibile e critica. “Nella
società in cui viviamo – ha spiegato Cambi – le nozioni
apprese a scuola vengono troppo facilmente e troppo velocemente dimenticate. Il
mondo del lavoro richiede un alto livello di scolarizzazione, che poi va
mantenuto. Per questo occorre creare una circolarità virtuosa tra
apprendimento e lavoro. Il Lifelong Learning non è un nuovo slogan della
pedagogia, ma un concetto che ha cambiato l’idea stessa di pedagogia,
facendo capire che essa non può limitarsi alla sola età della
crescita ma deve snodarsi lungo tutto l’arco della vita”. La sfida
dell’uomo del futuro secondo Cambi, dunque, è “apprendere ad
apprendere”, mentre per la scuola si aprono nuove frontiere, in
particolare quelle rappresentate dalle cosiddette neo-alfabetizzazioni:
l’educazione ambientale, la bioetica, la multicultura e
l’educazione alla pace.
Ecco
tutti i numeri della due giorni di San Rossore:
· Oltre 1500 le persone che
hanno seguito i dibattiti
· 80 i giornalisti, i
fotografi e gli operatori che si sono accreditati
· 70 interventi di relatori
e partecipanti alle tavole rotonde, provenienti da 16 paesi diversi
· Circa 1600 le cartelline
che sono state distribuite
· 1700 le palline
antistress, subito esaurite
· 50 i comunicati diffusi
dall’ufficio stampa
· 14 mila gli accessi a
Primapagina
· 2200 i libri venduti
· 28 i presidi di Slow Food
presenti a San Rossore, provenienti da Italia, India, Irlanda, Repubblica
Dominicana.
· Per i buffet sono stati
usati 120 kg di chianina e 105 kg di mucca pisana, 150 kg di verdure e 50 di
riso, 200 kg di pane di patate, castagne, farro, crusca, oltre a 160 bottiglie
di vino bianco, altrettante di rosso oltre a una selezione di 60 bottiglie
provenienti da tutta Italia, oltre a 5000 caffè e 2000 granite.
· 40,2°C l’indice
di calore massimo registrato, con una temperatura di 34°C e un tasso di
umidità del 55%: un camion pieno di bottiglie d’acqua è
servito a refrigerare i partecipanti.
“Perfettamente
in sintonia con lo stile esibito durante l’avvio del semestre italiano di
presidenza dell’UE, l’11 luglio il Governo Italiano
ha comunicato al direttore
dell’Istituto Italiano di Cultura di Berlino Ugo Perone che non gli
rinnoverà il contratto di lavoro, in scadenza il 18 luglio”.
Così la Segreteria dei Democratici di sinistra della Germania in un comunicato
del 16 luglio scorso. “L’emittente tedesca Deutschlandfunk –
prosegue il comunicato - ha riportato la notizia e la presa di posizione di
Perone, il quale afferma che la ragione
ufficiale del mancato, usuale
rinnovo del suo contratto sarebbe l’accusa di aver partecipato il 19
marzo a Berlino ad una manifestazione contro Berlusconi, accusa che è
totalmente falsa e serve solo a mascherare il vero motivo del suo
allontanamento”.
“Perone non appartiene alla
schiera degli “yes-man” del Presidente del Consiglio, più precisamente
- sempre secondo la Deutschlandfunk - è considerato un simpatizzante
dell’Ulivo e comunque aveva ricevuto l’incarico dal governo
precedente. Nonostante abbia svolto il suo compito con intelligenza deve quindi
essere sostituito con qualcuno più
gradito all’attuale governo,
accettando il rischio di una pericolosa e dannosa vacanza in un Istituto di
grande importanza strategica. Anche al
Presidente del Consiglio ed al suo
Ministro degli Esteri non sarà infatti sfuggito – sottolinea il
comunicato - il particolare che Berlino è la capitale della Germania.
Sarebbe da ingenui pretendere che chi si inventa “Remolo” quale
fratello di Romolo - come ha fatto il nostro Presidente del Consiglio in una
delle sue famose esternazioni -
possa avere una pall da idea di che cosa significhi promuovere la
cultura”. Da un punto di
vista puramente finanziario, d’immagine ed utilitaristico ci chiediamo
però – si interrogano i DS della Germania - quali vantaggi tragga
“l’Azienda Italia” da una simile operazione. Il Prof.
Perone ha svolto a Berlino un ottimo
lavoro, confermato dal plauso raccolto soprattutto sul versante tedesco e
concretizzatosi recentemente in un documento pubblico di appoggio e
solidarietà firmato da diversi
intellettuali, tra i quali
Günter Grass, Hans Magnus Enzensberger ed il regista Wim Wenders. In altre
parole: i nostri “clienti” sono soddisfatti della
“merce” offerta, il nostro “gran venditore” no. Per chi
lavora costui?“. “Ancora una volta Berlusconi usa metodi da
“spoil-system” e “da partito unico” – conclude il
comunicato dei democratici di sinistra - per liberarsi di coloro che non
possono essere annoverati tra i suoi ossequiosi servitori, possibilmente in
doppiopetto blu. È per questo
che Ugo Perone deve lasciare Berlino: chi non si conforma va a casa. Tutto
perfettamente in sintonia con il principio: “O con me, o
contro di me”. Dimenticando
che il direttore di un’istituzione quale un Istituto Italiano di Cultura
deve saper rappresentare tutta la cultura italiana, e non solo quella
“governativa”.
Centotredici
associazioni in 21 Paesi del mondo rappresentano gli oltre 124 mila
emiliano-romagnoli che, pur vivendo all’estero, hanno deciso di mantenere
la cittadinanza italiana. A loro è dedicata la nuova legge regionale
sull’emigrazione che sarà presentata dalla Giunta entro
l’estate e che punta a rafforzare il sostegno alle associazioni,
estendere le possibilità di azione della Regione nel campo della
cultura, della formazione professionale, dello sviluppo economico e della
solidarietà. La nuova legge ridefinirà inoltre il ruolo della
Consulta, organismo di rappresentanza composto da 60 membri, che darà
maggior spazio ai giovani – la cui presenza verrà per la prima
volta formalizzata – e ai rappresentanti delle associazioni estere.
Si
è svolto a metà maggio a Nacka il sedicesimo congresso della FAIS
(Federazione delle Associazioni Immigrati in Svezia). Sono stati due giorni di
lavori molto intensi, anche perché si dovevano eleggere ben sei delle
sette cariche della presidenza, dato che il nuovo statuto non permette di
rinnovare il mandato più di una volta, cioè per un massimo di
quattro anni.
Ha portato un saluto
l’ambasciatore d’Italia, Giulio Vinci Gigliucci, che era
accompagnato dal Cancelliere Alberto Menichelli. Nel suo discorso,
l’Ambasciatore ha ricordato le scadenze che interessano la
comunità italiana, come il referendum del giugno scorso, il primo al
quale gli italiani all’estero hanno potuto partecipare votando per
corrispondenza e le elezioni del Comites di fine anno. Ha anche portato il suo
saluto di buon lavoro Nikolas Vucovic della Federazione Serba, in
rappresentanza della piattaforma multietnica di collaborazione SIOS, della
quale la FAIS fa parte. Presidente di assemblea è stato eletto Oscar
Cecconi, per molti anni presidente della FAIS e attualmente presidente del
Comites e rappresentante della Scandinavia nel CGIE. Valerio Re, il presidente
uscente, prima di leggere la relazione delle attività svolte, ha rivolto
alcune riflessioni all’assemblea: “Devo dire che è con un
lungo e profondo sospiro di sollievo che accolgo l’apertura di questo
Congresso FAIS, che d’altra parte mi auguro fecondo come nella nostra
tradizione storica, e quindi per conseguenza la definitiva scadenza del mio
mandato come Presidente delle nostre Associazioni federate”. E ha poi
brevemente ricordato le difficoltà degli ultimi quattro anni, dalla
crisi dell’Ufficio INCA, chiuso prima per mancanza di fondi, poi per
mancanza di impiegato, al brusco e violento dimezzamento delle sovvenzioni
dello stato svedese lo scorso anno, alla frenetica ricerca di progetti, al
cambio totale del sistema di contabilità, alla sovvenzione della
presidenza del Consiglio al giornale per il 1998, “risucchiata da un buco
nero e scomparsa come Bin-Laden”, ecc.ecc.
Da tutte queste crisi
l’organizzazione della FAIS è uscita snellita e più moderna
– ha detto – ed è un’organizzazione con i conti in
ordine ed in attivo, con un grosso capitale di credibilità sociale e
politica, sia in Italia che in Svezia, che la presidenza uscente lascia alla
nuova amministrazione.
Antonella Dolci ha poi presentato i
progetti terminati del 2002 (“Centro diurno per anziani” ed
“Elezioni a Stoccolma”) e quelli ancora in corso nel 2003
(“Informazione sulla salute e le malattie sessualmente
trasmissibili”, e quello su “Discriminazione e pregiudizi della
comunità italiana).
Al termine degli altri adempimenti
congressuali (approvazione della relazione amministrativa e della versione
modificata dello Statuto) è stata presentata da Adelmo Tosi, per la
Commissione elettorale, la rosa dei nomi per la presidenza.
La nuova presidenza riunisce molte
forze nuove ma anche collegamenti che assicurano la continuità come Ennio
Barberis di Göteborg e Mario Zarotti di Gävle. Giovane è
Claudio Tonzar di Malmö. Ugo Martini della SAI assicura competenza
professionale e il collegamento con la più grande associazione della
zona di Stoccolma. Infine, ma non per ultimo, ben tre donne sono entrate in
presidenza: negli ultimi 4 anni ce n’era stata una sola e nei dieci
precedenti, nessuna. Sono tutte e tre giovani: Dolores Paris, è stata
riletta, Sabina Tebano, de Il Ponte di Stoccolma, è medico specialista,
e Helena Målberg Congiu è la prima svedese che entra in
presidenza.
Come ha detto il presidente uscente,
Valerio Re, “…molti hanno un po’ timore di questa vera e
propria rivoluzione che si è prodotta nella FAIS, con l’uscita
contemporanea di tante persone che avevano anni ed anche decenni di esperienza
del lavoro di federazione, ma io credo che tutto questo possa essere positivo,
le cose possono venire viste da punti di vista del tutto nuovi e del resto noi
stiamo a disposizione per informazioni e consigli, se ce li vogliono chiedere”.
Le cariche della presidenza sono state suddivise, nel corso della prima
riunione che si è tenuta sabato 7 giugno a Stoccolma. Questi gli
incarichi attribuiti:
Presidente: Sabina Tebano;
Vicepresidente; Ennio Barberis; Segretario Organizzativo: Helena Målberg
Congiu; Segretario Sociale e Sindacale e Informatica: Claudio Tonzar;
Amministratore: Ugo Martini; Coordinatore Regionale: Mario Zarotti;
Responsabile femminile e giovanile: Dolores Paris.
Si
è riunito a Roma il Direttivo della Nuova Unaie presieduta
dall’Avv. Dino De Poli che raccoglie ormai una cinquantina di
Associazioni in Italia e all’estero ed alla quale si rivolgono quale
punto di riferimento nazionale per le problematiche che coinvolgono
l’intera comunità degli Italiani nel Mondo e quelle della
immigrazione in Italia, fenomeno in continua espansione.
E’ stato presentato il
bilancio consuntivo del 2002 che ha visto l’assegnazione di 10 borse di
studio ad altrettanti studenti universitari di origine italiana segnalati dalle
Associazioni ed una serie di incontri effettuati all’estero in occasione
dei convegni sull’Umanesimo Latino.
Sono state accolte le richieste di
adesione all’Unaie di altre Associazioni ed è stata annunciata l’assemblea
che si terrà a Roma nel mese di settembre.
Per quell’incontro il
direttivo presenterà delle proposte organizzative di coordinamento delle
iniziative delle Associazioni e di ulteriore impegno a seguire i numerosi
incontri a livello nazionale ed internazionale dove l’Unaie è
chiamato a dare il proprio contributo di idee e proposte.
Si è parlato di un convegno
sulle radici cristiane della nuova Europa dell’immigrazione ed
accoglienza, sul ruolo delle consulte e comitati dell’emigrazione delle
singole Regioni e sulla partecipazione dei cittadini italiani residenti
all’estero alle prossime scadenze elettorali: Comites, CGIE, voto
politico regionale e nazionale.
La
FILEF di Reggio Emilia e l’Associazione Festival Tricolore della canzone
italiana, con la collaborazione del Comune di Canossa, hanno indetto per la
sera del 19 luglio, nel piazzale antistante al Municipio del Comune, la quarta
tappa itinerante di “Speciale Festival Tricolore”.
Si tratta di una Rassegna che
prevede la presenza di autori e cantanti, i quali interpretano le più
belle canzoni patriottiche e non, di sei anni di attività del concorso,
sorto a Reggio Emilia, nel 1997, anno del Bicentenario della nascita del Tricolore
a Reggio Emilia.
Alla manifestazione partecipano
cantanti, musicisti, insegnanti di musica italiani e immigrati, tra questi:
Alice Corradi, cantante di Reggio Emilia; Il M° Iller Pattacini –
noto per aver scritto il brano sanremese “Una lacrima sul viso”,
interpretata da Boby Solo; Maria Grazia Donati, di Arezzo, diplomata al
pianoforte, vincitrice del sesto Festival Tricolore della canzone; il giovane
tenore di Carrara – Patrick Salati – “una voce alla
Bocelli”; Chiara Malagoli di Carpi (MO) – vincitrice del 2°
Festival Tricolore dei bambini nella sezione patriottica; Marta Lassen –
insegnante di musica e cantante (genere tango), immigrata dall’Argentina;
Liliane Lilly – valletta presentatrice – immigrata dal Brasile; Rita
Baidoo Owoo – ghanese, che interpreta il brano dal titolo “diversi
ma uguali”; Ilaria Bolohan – immigrata dalla Romania –
modella e presentatrice; Mariam Soumahoro – cantante immigrata dalla
Costa d’Avorio.
L’instancabile dirigente della
Filef di Reggio, Dante Bigliardi, annuncia per l’estate in corso numerose
altre iniziative di carattere culturale, sportivo, ricreativo che vede
coinvolti, con gli italiani, anche associazioni di immigrati che operano e
collaborano fattivamente con i dirigenti dell’associazionismo locale.
“PIACENZA NEL MONDO” ORGANIZZA INCONTRI CON LE COMUNITA’ EMIGRATE ALL’ESTERO
Molto
ricco è il programma che, come ogni anno, l’Associazione
“Piacenza nel Mondo”, guidata dal sempre attivissimo dirigente
degli emigrati, On. Luigi Tagliaferri, ha organizzato per questa estate nel
piacentino, in occasione del rientro, per il periodo delle ferie, di nostri
connazionali dall’estero.
A Castell’Arquato,
antichissimo borgo del 1400 dell’appennino emiliano, avrà luogo,
domenica 10 agosto, il nono incontro delle Comunità emigrate, nel corso
del quale verranno insigniti con targa d’argento due piacentini
benemeriti. Questo il programma dell’iniziativa: ore 16,30: visita alla
mostra “I mestieri delle donne” (di 97 quadri) nelle sale a
pianterreno del Salone del Podestà; ore 17,30: Salone del
Podestà, cerimonia con la presenza delle Autorità piacentine per
la premiazione di due concittadini che vivono all’estero; ore 18,30:
Piazza del Castello, Concerto di Archi eseguito da 18 musicisti.
A Ferriere (in alta montagna) il 13
agosto una bella iniziativa sarà dedicata ai piacentini emigrati di
Ferriere che rientrano nelle loro case o dai parenti (sono circa 300 che
saranno per 15/20 giorni a Ferriere e dintorni) con manifestazioni dei giovani
venuti dall’estero e una serata da ballo.
Accanto a manifestazioni di questo
tipo l’Associazione “Piacenza nel Mondo” sta anche preparando
una bella Mostra che avrà come tema di massima “Immagini del
Novecento” che sarà esposta a Piacenza il 27 settembre 2003.
IL PRESIDENTE CIAMPI HA CONFERITO L’ONORIFICENZA DI CAVALIERE A VINCENZO NARDUCCI
Il
Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, sentito il Consiglio
dell’Ordine della “Stella della Solidarietà italiana”,
su proposta del Ministro Segretario di Stato per gli Affari Esteri, ha conferito
l’onorificenza di Cavaliere (III classe) a Vincenzo Narducci, emigrato da
oltre quarant’anni in Gran Bretagna.
Vincenzo Narducci, nato a Orsara di
Puglia nel 1930, è emigrato agli inizi degli anni ’60 in Gran
Bretagna. A Peterborough, dove attualmente risiede, ha svolto e continua a
svolgere da circa quarant’anni attività di volontariato nella
FILEF e per 25 anni al patronato INCA/CGIL. Attualmente svolge la sua
attività di Presidente FILEF anche presso il “Drop Centre”,
aperto dal 1993, dove una volta alla settimana, si organizza un pranzo per un
centinaio di anziani, con il contributo per il 90% del comune di Peterborough.
E’ molto attivo in strutture che si occupano di sanità, è
membro infatti del “North West Anglia C.H.C.”, fa parte
dell’”Age Concern Peterborough”, del “Peterborough
Mediation”, del “Racial Equality Council”, del
“Peterborough Harassment”, membro dell’Associazione delle
Nazioni Unite, ecc.
A Vincenzo Narducci le
congratulazioni della FILEF e di “Emigrazione Notizie” per
l’alto e meritato riconoscimento.
CGIE – ASSEMBLEA PLENARIA
- ROMA, 9-10-11 LUGLIO 2003
ORDINI DEL GIORNO APPROVATI
“L’Assemblea
plenaria del GGIE, A RICHIESTA DELLA Commissione Informazione del Cgie
(riunitasi a Roma l’8 luglio 2003),
PRESO ATTO che Rai International ha
presentato alle autorità competenti canadesi domanda di licenza di un
canale digitale televisivo;
CONSIDERATO che il Canada è
l’unico Paese al mondo dove non si riceve il servizio televisivo pubblico
italiano di 24 ore al giorno;
CHIEDE l’intervento del
Ministro degli Affari Esteri e del Ministro per gli Italiani nel Mondo allo
scopo di sensibilizzare il Governo canadese su questa materia e di far rilevare
l’esigenza per la comunità italo-canadese di avere le stesse
opportunità culturali, sociali e politiche che gli italiani hanno in
tutti gli altri Paesi del mondo e che altre comunità etniche residenti
in Canada già hanno”.
(Approvato
all’unanimità)
“Il
Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, riunito a Roma dal 7
all’11 luglio 2003)
RICONOSCE il rapporto di fruttuosa
collaborazione del CGIE, sin dal suo primo mandato, con la Commissione
Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità nel sensibilizzare
il mondo dell’emigrazione al ruolo che le donne svolgono nella vita delle
comunità, anche attraverso il contributo all’organizzazione del
Simposio del 1997, l’incontro di Lecce e la Prima Conferenza degli
Italiani nel Mondo nel dicembre del 2000, pertanto,
AVENDO PRESO CONOSCENZA CON
PREOCCUPAZIONE della proposta di modifica della legge istitutiva della CNPO,
che prevede profonde alterazioni sia nella composizione che nelle
facoltà della Commissione, ivi compresa l’abolizione del suo
potere consultivo diretto alla Presidenza del Consiglio, nonché
dell’autonomia finanziaria e di azione
CHIEDE
- che
alla CNPO venga mantenuto il suo ruolo istituzionale attuale nei rapporti con
il Governo e il Parlamento;
- che
la CNPO possa continuare ad espletare in piena autonomia le sue funzioni di
impulso, promozione e coordinamento e di monitoraggio delle realtà
associative delle donne, anche emigrate, che diventa particolarmente importante
in vista della imminente costituzione dell’ODIE, Osservatorio delle Donne
Italiane all’Estero”.
(Approvato a maggioranza,
con 12 voti contrari e 3 astenuti)
“Ll’Assemblea
Plenaria del CGIE riunita a Roma il giorno 11 luglio 2003;
CONSIDERATO
- che
dal 1° luglio l’Italia ha assunto la presidenza pro-tempore
dell’Unione Europea;
- che
questo incarico, sempre importante, ha assunto nel 2003 un particolare rilievo
in quanto, nel corso della presidenza italiana, l’Unione europea
stabilirà due storiche tappe nel lungo percorso verso la sua
realizzazione completa: la ratifica dell’adesione di 10 nuovi Paesi
portando a 25 il totale degli Stati dell’Unione; l’approvazione del
Trattato Costituzionale redatto da una convenzione in cui i rappresentanti
italiani – il Vicepresidente del Consiglio On. Gianfranco Fini e
l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato – hanno avuto un ruolo
determinante;
- che,
oltre a questi fondamentali impegni di carattere istituzionale, l’Unione
europea, sotto la guida italiana dovrà programmare il suo rilancio in
termini di crescita e di prosperità, basata sulla moneta unica e sulla
cosiddetta “strategia di Lisbona” per lo sviluppo e
l’occupazione;
- che
l’Unione europea dovrà anche affrontare il suo ruolo nella scena
mondiale quale fattore di stabilità e di pace nelle relazioni
internazionali, con una politica estera e di difesa comune, sviluppando il
dialogo euro-mediterraneo e l’incontro tra le culture e le
civiltà;
RITENUTO necessario che
l’azione delle autorità politiche, economiche e sociali italiane
incaricate di esercitare i compiti posti dalla Presidenza dell’Unione
europea, si svolga in un clima di concordia e di unità nazionale, allo
scopo di realizzare le finalità europee e di far risaltare
l’impegno e la capacità organizzativa e propositiva della nostra
Nazione,
RICORDATO che l’emigrazione
italiana, ancora molto consistente nei Paesi membri dell’Unione europea,
è stata nel dopoguerra – con il suo lavoro ed il suo sacrificio,
spesso mortale, come a Marcinelle – la prima e unica dimostrazione
concreta dell’integrazione tra i popoli europei,
AUSPICA che tutti gli italiani
investiti di responsabilità pubbliche (le forze politiche di maggioranza
e di opposizione, i Sindacati, i Patronati, gli Enti e le Associazioni
culturali, e quant’altri ne siano coinvolti) collaborino affinchè
questo semestre di presidenza dell’Unione Europea abbia un grande
successo e si collochi nella storia come già avvenne con i Trattati di
Roma del marzo 1957”.
(Approvato a maggioranza, con 4
astenuti)
“L’Assemblea plenaria
del CGIE
PRESO ATTO con grande soddisfazione
che il progetto “Advanced Placement Program” è stato
approvato negli Stati Uniti;
CONSIDERATO che tale progetto
(consistente nel permettere agli studenti delle scuole medie americane di
conseguire crediti nello studio della lingua italiana validi per i
“college”) provocherà un forte incremento nel numero dei
giovani che decideranno di studiare la lingua italiana;
TENUTO CONTO del fatto che il numero
degli insegnanti di lingua italiana presenti negli Stati Uniti è
insufficiente a coprire le necessità;
RILEVATO che non sempre gli
insegnanti di lingua italiana abilitati negli Stati Uniti sono perfettamente
qualificati;
CHIEDE al Ministero degli Affari
Esteri di fare il necessario affinché siano realizzati accordi specifici
tra il Governo italiano ed alcuni Stati degli Stati Unit8i di America (la
materia educazione è di competenza dei singoli stati dell’Unione
Americana) per considerare valida la laurea in lettere conseguita negli
istituti universitari italiani al fine dell’insegnamento della lingua
italiana negli stati di cui si tratta”.
(Approvato
all’unanimità)
“L’Assemblea
Plenaria del CGIE
RILEVATO
- che
dopo l’approvazione della legge 91/92 che ha consentito il riacquisto
della cittadinanza da parte dei connazionali che l’avevano persa ai sensi
della legge n. 555/1912, e scaduti i termini che lo consentivano, tanti sono
stati i connazionali che chiedono di poter riacquistare la cittadinanza
italiana;
- che
durante il periodo in cui era consentito riacquistare la cittadinanza italiana,
vi sono state importanti comunità che non hanno potuto esercitare il
diritto previsto dalla legge perché la legislazione del Paese dove
vivono non lo consentiva, mentre oggi tale legislazione preclusiva è
modificata;
- che
comunque la normativa attualmente vigente crea enormi disparità di
trattamento in seno ad una stessa famiglia dove alcuni figli, perché
minorenni, hanno potuto divenire cittadini italiani mentre altri, perché
maggiorenni sono rimasti esclusi dal beneficio previsto dalla legge;
- che
anche in quei Paesi dove la legislazione consentiva il riacquisto della
cittadinanza, la quasi totalità dei connazionali titolati ad esercitare
il diritto, non lo ha fatto per l’assoluta mancanza di informazione;
- che
tutte le comunità italiane nel mondo hanno in ogni occasione richiesto
con insistenza di poter essere messi in condizione di riacquistare la
cittadinanza italiana;
- che
tale richiesta è stata sancita anche in documenti ufficiali assunti
dalla I Conferenza degli Italiani nel Mondo del dicembre 2000 e dalle Assemblee
Plenarie, Continentali e dalle Commissioni tematiche del CGIE.
RITENUTO
- che
le richieste così come formulate rappresentano la volontà di quei
connazionali che non hanno potuto usufruire e non hanno saputo della
possibilità di esercitare un diritto previsto dalla legge
INVITA
Il Ministro per gli Affari Esteri ed
il Ministro per gli Italiani nel Mondo a formare un comitato tecnico che
esamini le indicazioni emerse dalla 1^ Conferenza degli Italiani nel Mondo,
tenendo conto anche delle mutazioni nella comunità italiana, della
futura costituzione europea, nonché delle problematiche relative alla
doppia cittadinanza;
DA’ MANDATO
al CdP di trasmettere il presente
ordine del giorno alle autorità interessate e di monitorare i successivi
passaggi della richiesta così formulata per garantirne
l’accoglimento, e di riferire poi all’Assemblea Plenaria”.
(Approvato a maggioranza,
con 2 voti contrari e 3 astenuti)
“Il
Consiglio Generale degli Italiani all’Estero
CONFERMA
in coerenza con le sue precedenti e
ripetute prese di posizione, la sua richiesta di migliorare in alcuni suoi punti
essenziali la legge di riforma dei COMITES appena approvata dalla Camera dei
deputati ed attualmente all’attenzione del Senato;
RICHIAMA
L’attenzione del Governo e dei
Gruppi Parlamentari del Senato affinché il testo della Camera sia
integrato sulla base delle seguenti esigenze:
- definire
la natura dei COMITES come organismi autonomi di rappresentanza delle
comunità italiane;
- consentire
ai COMITES di poter stabilire relazioni con le autorità locali;
- definire
le funzioni consultive dei COMITES, le modalità del loro esercizio,
l’obbligo di motivazione in caso di diversità di parere da parte
dei Consoli sulle richieste di contributi;
- di
prevedere una maggiore dotazione finanziaria per l’attività
ordinaria;
- di
utilizzare in via transitoria, gli elenchi consolari come base di
individuazione dell’elettorato attivo e passivo;
FA APPELLO
Alle forze politiche e parlamentari
a ritrovare lo spirito di dialogo che ha consentito di realizzare le più
importanti riforme per gli italiani all’estero;
RIBADISCE il suo orientamento che si
proceda al rinnovo dei COMITES entro il 31 dicembre 2003, anche avviando
immediatamente le procedure di preparazione del voto per corrispondenza”.
(Approvato a maggioranza,
con 34 voti a favore, 15 contrari e
5 astenuti)
N. 7 – CONTRIBUTI AI
COMITES E
AGLI ENTI DI ASSISTENZA
“L’Assemblea
Plenaria del CGIE, avendo appreso, con grande stupore, che a tutt’oggi
gli stanziamenti relativi ai capitoli di spesa riguardanti i Comites e gli enti
di assistenza non sono ancora stati assegnati alla Direzione competente del MAE
per ragioni di cassa.
Considerando contraddittorio il
fatti che, mentre in Parlamento sia in discussione la nuova legge sui Comites
che dovrebbe ampliarne poteri e mezzi a disposizione, dall’altra,
malgrado le promesse fatte per accelerare le erogazioni dei contributi entro
termini accettabili, si continui ad impedire il corretto funzionamento degli
organismi attuali.
Alla luce di quanto sopra il CGIE
CHIEDE il pronto intervento del
Ministero degli Esteri e del Ministro degli Italiani nel Mondo affinché
tali fondi siano assegnati immediatamente alla Direzione competente in materia,
per permettere l’erogazione dei contributi 2003 in tempi brevi”.
(Approvato a maggioranza, con 2
astenuti)
“Il
CGIE, facendosi interprete delle esigenze che democrazia e libertà si
affermino in ogni paese, esprime la propria solidarietà agli studenti,
ai giovani, a tutti i cittadini iraniani che hanno manifestato e manifestano a
favore delle riforme, contro ogni forma di oppressione e di intolleranza e, in
particolare, dei tre dirigenti studenteschi iraniani arrestati ieri a Teheran.
Reza Amari Nassab, Arash Hshemi e
Ali Moktaderi, membri dell’Ufficio per il Consolidamento
dell’Unità (OCV), la più importante organizzazione
studentesca riformista, leader delle proteste degli ultimi giorni, avevano
apertamente denunciato la politica del regime di Teheran, fatta soltanto di
promesse di riforme da una parte e invece di continua repressione dall’altra.
Per un regime integralista e
autoritario anche solo la denuncia è inammissibile: i tre studenti sono
stati arrestati subito dopo le loro dichiarazioni, nonostante il movimento
studentesco avesse scelto una forma di dissenso del tutto pacifica per
ricordare l’anniversario della rivolta del 1999, nella speranza di
evitare scontri violenti con la polizia e le milizie del regime e la
conseguente repressione.
Il loro arresto ha invece fatto
precipitare la situazione, dando luogo a gravi incidenti provocato soprattutto
dall’intervento repressivo dei miliziani islamici integralisti.
L’Assemblea Plenaria del CGIE
CHIEDE al Governo di farsi
immediatamente interprete, attraverso la propria rappresentanza diplomatica a
Teheran, della richiesta di immediata liberazione degli studenti arrestati e,
più in generale, della volontà del nostro paese di schierarsi
accanto a tutti coloro che perseguono pacificamente obiettivi di riforma,
maggiore democrazia e miglioramento delle proprie condizioni di vita e di
lavoro”.
(Approvato a maggioranza, con 3
astenuti)
“Il
CGIE, dopo l’ampio dibattito sulla riforma della legge 153 sviluppatosi
nella IV Commissione e nell’Assemblea Plenaria e dopo la consultazione
delle organizzazioni sindacali della scuola;
CONSTATA l’esigenza di
approfondire e specificare molti temi trattati nella discussione e di
raccogliere gli orientamenti emersi fino a questo momento, sia in termini
generali, che in relazione alla bozza di disegno di legge predisposto dal MAE;
DA’ MANDATO alla IV
Commissione del CGIE di raccogliere i temi essenziali e le proposte di
soluzione emerse in un documento, che sarà elaborato entro ottobre e
sarà distribuito a tutti i componenti del CGIE”.
(Approvato a maggioranza,
con 29 voti a favore, 9 contrari e
13 astenuti)
N. 10 – MANCATA PARTECIPAZIONE AL VOTO REFERENDARIO DEGLI ITALIANI IN COLOMBIA
“L’Assemblea Plenaria
del CGIE;
PREMESSO che:
- in
tutto il mondo le comunità italiane hanno per la prima volta espresso il
proprio voto per corrispondenza in occasione dei referendum del 15 giugno 2003;
- in
Colombia la comunità italiana residente non è stata chiamata ad
esprimere il proprio voto in loco pur avendo la stessa votato nelle precedenti
occasioni per l’elezione dei COMITES;
- il
comportamento dell’autorità diplomatica italiana in Colombia
è stato a dir poco sconcertante, in quanto né il Comites
né tanto meno il Consigliere del CGIE ivi residente fino al 24 maggio
2003 hanno ricevuto alcuna informativa su quanto le autorità italiane
andavano predisponendo;
- nulla
infatti si è saputo sulle trattative, (se condotte), con le
autorità locali in ordine alla possibilità da parte della
comunità italiana di esercitare il proprio diritto di voto;
RITENUTO
- che
il non aver informato i rappresentanti istituzionali della collettività
sui problemi che insorgevano è un fatto gravissimo e lesivo dei diritti
della stessa, in quanto, se informati in tempo, potevano essere messe in atto
iniziative atte a rimuovere gli ostacoli;
- che
nessuna informativa è stata data alla comunità della non
possibilità di votare in loco per i referendum e su quali erano le
alternative al voto in loco;
CHIEDE
- di
essere messo a conoscenza di quali siano stati i motivi per cui la
comunità italiana in Colombia non ha potuto esprimere il proprio voto
per i referendum;
- di
sapere perché il Comites e il Consigliere del CGIE ivi residenti non
sono stati informati in tempo delle problematiche che erano emerse”.
(Approvato
all’unanimità)
“Il
Consiglio Generale degli Italiani all’Estero,
AVENDO APPRESO
- che
l’Unità di Coordinamento Stato, Regioni, Province Autonome e CGIE,
istituita nell’anno 2002 per raccogliere e distribuire fondi utili ad
alleviare per i nostri connazionali indigenti in Argentina gli effetti
più devastanti della crisi economica, nella sua riunione del 4 luglio
scorso, ha risolto di suddividere la somma di 2.500.000 di euro, tra vari
progetti di cooperazione, destinando agli aiuti per i connazionali indigenti la
sola somma di 250.000 euro.
AVENDO ALTRESI’ APPRESO
- Dall’Unità
Tecnica operante da oltre 5 mesi sul territorio argentino, che erano stati da
essa individuati 11.000 indigenti i quali non fruiscono di alcun tipo di aiuto;
CHIEDE
- Che
l’Unità di Coordinamento riconsideri la propria decisione e
assegni l’intera somma di 2.500.000 euro agli indigenti individuati
dall’Unità Tecnica in modo da fornire loro un aiuto reale e non
meramente simbolico”.
(Approvato
all’unanimità)
“ECCLESIA IN EUROPA”: GRANDE ATTENZIONE VIENE DATA ALLE MIGRAZIONI
L’Esortazione
apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II, nella quale consegna alle Chiese
d’Europa i risultati del secondo Sinodo dei Vescovi svoltosi
nell’ottobre 1999, riserva un largo spazio al problema delle migrazioni
come pure ai problemi strettamente connessi con le medesime. Migranti-press ha
attentamente seguito gli interventi sull’argomento dei Padri Sinodali,
che al termine dei loro lavori hanno consegnato al S. Padre, come di consueto
dopo i Sinodi, una serie di “propositiones”, alcune delle quali
riguardano appunto il fenomeno migratorio. Riportiamo qui di seguito il testo
integrale dei n. 100 e 103 dedicati espressamente alle migrazioni e inseriti
nel sottotitolo “Servire l’uomo nella società” del
Capitolo Quinto. I vari corsivi della edizione originale danno chiaro lo
sviluppo del pensiero in dieci punti. Si noterà che al nono punto si
parla della “cura pastorale… degli immigrati cattolici”.
“Per una cultura
dell’accoglienza”
100. Tra le sfide che si pongono
oggi al servizio al Vangelo della speranza va annoverato il crescente fenomeno
delle immigrazioni, che interpella la capacità della Chiesa di
accogliere ogni persona, a qualunque popolo o nazione essa appartenga. Esso
stimola anche l’intera società europea e le sue istituzioni alla
ricerca di un giusto ordine e di modi di convivenza rispettosi di tutti, come
pure della legalità, in un processo d’una integrazione possibile.
Considerando
lo stato di miseria, di sottosviluppo o anche di insufficiente libertà,
che purtroppo caratterizza ancora diversi Paesi, tra le cause che spingono
molti a lasciare la propria terra, c’è bisogno di un impegno
coraggioso da parte di tutti per la realizzazione di un ordine economico
internazionale più giusto, in grado di promuovere l’autentico
sviluppo di tutti i popoli e di tutti i Paesi.
101. Di fronte al fenomeno
migratorio, è in gioco la capacità, per l’Europa, di dare
spazio a forme di intelligente accoglienza e ospitalità. È la
visione “universalistica” del bene comune ad esigerlo: occorre
dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze dell’intera famiglia
umana. Lo stesso fenomeno della globalizzazione reclama apertura e
condivisione, se non vuole essere radice di esclusione e di emarginazione, ma
piuttosto di partecipazione solidale di tutti alla produzione e allo scambio
dei beni.
Ciascuno
si deve adoperare per la crescita di una matura cultura dell’accoglienza,
che tenendo conto della pari dignità di ogni persona e della doverosa solidarietà
verso i più deboli, richiede che ad ogni migrante siano riconosciuti i
diritti fondamentali. È responsabilità delle autorità
pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in considerazione delle
esigenze del bene comune. L’accoglienza deve sempre realizzarsi nel
rispetto delle leggi e quindi coniugarsi, quando necessario, con la ferma
repressione degli abusi.
102. Occorre pure impegnarsi per
individuare forme possibili di genuina integrazione degli immigrati
legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle diverse nazioni
europee. Essa esige che non si abbia a cedere all’indifferentismo circa i
valori umani universali e che si abbia a salvaguardare il patrimonio culturale
proprio di ogni nazione. Una convivenza pacifica e uno scambio delle reciproche
ricchezze interiori renderà possibile l’edificazione di
un’Europa che sappia essere casa comune, nella quale ciascuno possa
essere accolto, nessuno venga discriminato, tutti siano trattati e vivano
responsabilmente come membri di una sola grande famiglia.
103. Per parte sua, la Chiesa
è chiamata a “continuare la sua azione nel creare e rendere sempre
migliori i suoi servizi di accoglienza e le sue attenzioni pastorali per gli
immigrati e i rifugiati”. (Propositio 34), per far si che siano
rispettate la loro dignità e libertà e sia favorita la loro
integrazione.
In
particolare, si ricordi di dare una specifica cura pastorale
all’integrazione degli immigrati cattolici, rispettando la loro cultura e
l’originalità della loro tradizione religiosa. A tale scopo, sono
da favorire contatti tra le Chiese di origine degli immigrati e quelle di
accoglienza, così da studiare forme di aiuto, che possano prevedere
anche la presenza, tra gli immigrati, di presbiteri, consacrati e operatori
pastorali adeguatamente formati provenienti dai loro paesi.
Il
servizio del Vangelo esige, inoltre, che la Chiesa, difendendo la causa degli
oppressi e degli esclusi, chieda alle autorità politiche dei diversi
Stati e ai responsabili delle istituzioni europee di riconoscere la condizione
di rifugiati per quanti fuggono dal proprio Paese di origine a motivo di
pericoli per la propria esistenza, come pure di favorirne il ritorno nei propri
Paesi; e di creare altresì le condizioni perché sia rispettata la
dignità di tutti gli immigrati e siano difesi i loro diritti
fondamentali (166).
(da Migranti-press, 04.07.2003)
ITALIANI ALL’ESTERO: UN
MILIONE CHE NON E’ UN MILIONE
Guido
Girolami, del Dipartimento Politiche previdenziali dello SPI CGIL, ha scritto
per Rassegna sindacale, settimanale della Cgil, l’articolo che di seguito
riproduciamo, apparso sulla rivista del 9 luglio 2003.
Il 12 maggio scorso è stato
emanato il decreto ministeriale per l’attribuzione dell’incremento
a 516,46 euro (il “milione” oramai entrato di diritto nel Guinness
delle bufale) ai cittadini italiani residenti all’estero.
Con quest’atto è
finalmente a punto il meccanismo dell’incremento, che, nel corso di
quest’anno e mezzo dalla sua istituzione, è stato ritoccato
più volte perché funzioni.
Uno dei difetti riguardava le
pensioni liquidate in regime internazionale, cioè con il concorso di
contribuzione accreditata in Italia e all’estero. Il problema stava
nell’importo massimo erogabile. Infatti, l’incremento non è
fisso, ma viene attribuito in misura variabile “fino a garantire un
reddito proprio pari a 516,46 euro al mese”. Quindi, se la pensione
ammontasse, poniamo, a un solo euro e non vi fossero altri redditi,
l’incremento dovrebbe essere corrisposto in teoria per l’intera
differenza, cioè 515,46 euro. In pratica, invece, l’incremento non
supera l’importo di 123,77 euro. Infatti, o la pensione è
integrata al minimo, e allora servono giusto 123,77 euro per raggiungere il
reddito garantito, o la pensione è d’importo superiore al minimo,
e allora basta anche meno. Se invece la pensione non è integrata al
minimo, è perché esiste un altro reddito: allora
l’incremento non spetta.
Almeno, questo è quanto
pensava chi ha definito l’onere finanziario e quindi lo stanziamento
necessario. Non si era tenuto conto, però, che le pensioni liquidate in
regime internazionale possono essere sotto il minimo anche se non esiste nessun
altro reddito: è sufficiente che la contribuzione versata in Italia sia
meno di dieci anni.
Un conflitto in seno al governo
Le pensioni liquidate in regime
internazionale, di importo inferiore a 516,46 euro, sono appena 200mila: ma,
secondo una stima dell’Inps, se si fosse attribuita a ciascuna
l’intera differenza fino a 516,46 euro, queste avrebbero drenato da sole
circa 440 milioni di euro, un quinto dell’intero stanziamento.
Così, i ministeri del Lavoro e dell’Economia, interpellati in
proposito, stabilirono d’ufficio a 123,77 euro il limite massimo anche
per le pensioni in regime internazionale.
Ne nacque un conflitto in seno al
governo. Il ministro per gli Italiani nel mondo attaccò questa soluzione
e promise incautamente che si sarebbe dimesso se non fosse stata ritirata.
Anche nella sinistra, e nel movimento sindacale, vi fu chi giudicò
più facile forzare un’interpretazione favorevole al pagamento
dell’intera differenza invece che cogliere l’occasione, come
sarebbe stato più logico, per abolire il requisito di dieci anni di
contribuzione in Italia. Questo requisito, sia detto per inciso, fu portato a
tale eccessiva misura dal primo governo Berlusconi nel 1994. Inoltre, oggi sono
venute meno le ragioni che portarono alla sua istituzione perché, non
esistendo più differenza tra età pensionabile italiana ed estera,
in genere i pro rata vengono liquidati tutti nello stesso momento.
La poltrona salvata
Il compromesso è arrivato
puntuale, con salvezza della poltrona di Tremaglia. Da una parte, la soluzione
ministeriale non è stata ritirata, anzi, è diventata legge con
l’inserimento nella Finanziaria per il 2003. Dall’altra, con la stessa
legge finanziaria, è stato stabilito che, oltre ai 123,77 euro, i
cittadini italiani residenti all’estero possano ottenere un ulteriore
beneficio. Questo beneficio fa riferimento non più a 516,46 euro ma al
valore che in ciascun paese corrisponde a tale somma, tenuto conto del locale
costo della vita. Così, se in Argentina si può avere per 393,28
euro quello che in Italia si compra con 615,46, in Argentina l’incremento
sarà tale da garantire un reddito di 393,28 euro. L’ulteriore
beneficio consiste nella differenza – se c’è – tra
questo incremento e i 123,77 euro già attribuibili in base alla
soluzione ministeriale.
Ci sono anche qui dei paletti. Se la
parametrazione dei 516,46 euro produce limiti superiori (ad esempio in
Svizzera, dove si arriva a 771,13 euro), l’incremento si ferma a
garantire 516,46 euro. Se invece il limite risulta talmente basso da intaccare
l’importo di 123,77 euro (ciò avviene sicuramente in Etiopia, dove
il limite è a soli 95,91 euro) vengono attribuiti comunque 123,77 euro.
Possono essere corrisposti incrementi in misura superiore a 123,77 euro –
dice il decreto – solo se risultano soddisfatti i requisiti di cui alla
legge 724 del 1994, cioè i famigerati dieci anni di contribuzione
versata in costanza di rapporto di lavoro in Italia.
Ma allora – si chiederanno i
più -, se il minimo di 123,77 euro è assicurato, e lo era
già prima; se, per avere più di 123,77 euro, ci vogliono gli
stessi requisiti che garantiscono l’integrazione al minimo; e se chi ha
l’integrazione al minimo non può avere più di 123,77 euro,
perché supererebbe il massimo, a cosa serve questo nuovo gioco di limiti
incrociati?
Calcoli elettorali
Innanzitutto è servito a
conservare il posto all’on. Tremaglia, che non è poco. Inoltre,
produce qualche effetto nei paesi Ue, dove l’integrazione al minimo non
è esportabile e quindi è possibile trovare pensioni sotto il
minimo anche se non esistono altri redditi e se la contribuzione italiana ha
raggiunto il requisito richiesto. Se sono in queste condizioni, i cittadini italiani
residenti in Francia e Germania potrebbero ricevere, di media, altri 65 euro al
mese, mentre i residenti in Svizzera 198 e i residenti in Gran Bretagna 23. Ma
in Argentina, Canada, Australia, Stati Uniti d’America, insomma fuori dei
confini Ue, effettivamente questo gioco non ha senso: o 123,77 euro
perché si ha l’integrazione al minimo o 123,77 perché non
si ha il requisito.
A meno che… La legge apre uno
spiraglio: il requisito che permette la corresponsione di cifre superiori a
123,77 euro potrebbe essere abbassato. Ecco che, sia pure ai soli fini della
corresponsione dell’incremento, torna alla fine il nodo che andava
sciolto all’inizio della vicenda: l’abolizione del requisito di
contribuzione italiana per il diritto all’integrazione al minimo, che lo
SPI CGIL giudica eccessivo e ormai superato.
In verità, per la modifica
del requisito, la legge pone la condizione che restino disponibili risorse
finanziarie, dopo l’attribuzione ai paesi dell’Unione europea. Ma
le disponibilità ci saranno, perché ancora una volta si
spenderà meno di quanto si pensi. Infatti, nonostante il problema
riguardi tutte le pensioni liquidate in regime internazionale, la legge
finanziaria per il 2003 stabilisce che l’ulteriore beneficio spetti solo
ai cittadini italiani. Quindi, i 10mila sloveni e i 3mila croati titolari di
pensione italiana, che hanno avuto 123,77 euro, si mettano l’animo in
pace perché non avranno di più, e così tutti gli italiani
che hanno rinunciato alla cittadinanza d’origine perché emigrati
in paesi che non ammettono la doppia nazionalità.
Spirito punitivo per questo
“tradimento” della madrepatria? Neanche per sogno, il ministro
degli Italiani nel mondo non è così cattivo, semplicemente, tra
questi conti ingarbugliati, il calcolo elettorale è quello che gli
riesce meglio.
Guido Girolami
Dipartimento Politiche previdenziali
SPI CGIL