(Sergio Briguglio
5/8/2003)
PRINCIPALI
OSSERVAZIONI SULLO SCHEMA DI DPR CONCERNENTE IL REGOLAMENTO DI CUI
ALL’ART. 34, CO. 1, L. 189/02, NELLA VERSIONE APPROVATA DAL CONSIGLIO DEI
MINISTRI
Nota: La numerazione degli articoli si riferisce al DPR 394/1999,
come modificato dallo schema di DPR in esame. Le osservazioni relative a
disposizioni contenute nella versione trasmessa al Preconsiglio, che non
appaiono nella versione in esame, sono riportate in corsivo.
Art. 11
co. 1, c quinquies) – Il titolo “per cure mediche” del
permesso da rilasciare al genitore del minore di cui all’art. 31, co. 3,
T.U. e’ improprio, dal momento che l’art. 31, co. 3 T.U. fa
riferimento a motivi legati allo sviluppo psico-fisico del minore, non solo alle
sue condizioni di salute.
co. 1, c sexies) – Il riferimento, per il rilascio del permesso per
integrazione minore, ai “minori che si trovino nelle condizioni di cui
all’art. 32, co. 1 bis e 1 ter, T.U. e’ ambiguo. Alcune di quelle
condizioni – l’assenza di decisione da parte del Comitato per i
minori stranieri, ad esempio – sono relative alla conversione del
permesso al compimento della maggiore eta’. Non ha senso quindi, se si
vuole istituire uno specifico permesso per i minori inseriti in progetti di
integrazione, imporre il verificarsi di tale condizione (che resterebbe, oltre
tutto, indefinita in mancanza dell’individuazione di un preciso istante:
quando si puo’ dire maturata la condizione di “assenza di
decisione”?). E’ necessario specificare che delle condizioni di cui
ai commi citati dell’art. 32 T.U. rileva solo l’inserimento in un
adeguato progetto di integrazione. E’ necessario poi che
l’eventuale inerzia del Comitato per i minori stranieri non pregiudichi
le possibilita’ del minore di accedere, in futuro, alla conversione del
permesso: riguardo all’acquisizione del parere del Comitato dovrebbe
essere previsto il silenzio-assenso.
co. 1 bis – Rispetto alla revoca del permesso di
soggiorno triennale per lo stagionale di cui all’art. 5, co. 5 ter, T.U.
in caso di mancata presentazione del titolare al posto di frontiera esterna
alla data di reingresso indicata dal visto concesso sulla base del nulla-osta
triennale, dovrebbe essere previsto un margine di tolleranza.
Art. 14
co. 4 bis – Rispetto alle conversioni, al compimento
della maggiore eta’ del titolare, dei permessi per studio o formazione in
permesso per lavoro in detrazione dalle quote per l’anno successivo, la
formulazione e’ inappropriata: dovrebbe far riferimento alle conversioni
di permessi per affidamento, per integrazione minore o per minore eta’,
effettuate ai sensi dell’art. 32 T.U. (non a conversioni di permessi per
studio o formazione).
co. 4 bis – Rispetto alle conversioni dei permessi per
studio in permesso per lavoro, la previsione di detrazione dalle quote per
l’anno successivo dovrebbe essere estesa a tutti i casi di conversione di
permesso per studio o formazione successiva al conseguimento del titolo o, in
mancanza, alla conclusione del corso (non solo al caso di conseguimento della
laurea o della laurea specialistica).
Art. 16
co. 2, lettera d) – La possibilita’ di
includere tra le fonti di reddito utili ai fini della dimostrazione dei
requisiti per il rilascio della carta di soggiorno il trattamento pensionistico
per invalidita’ dovrebbe essere ampliata considerando il caso in cui lo
straniero sia in possesso di tutti i requisiti per l’ottenimento della
carta, con l’eccezione del reddito, e, allo stesso tempo, di quelli per
il riconoscimento dell’invalidita’ civile. Con l’entrata in
vigore della L. 388/00, infatti, si e’ creato un circolo vizioso in
relazione al godimento delle prestazioni assistenziali per gli invalidi civili:
lo straniero titolare di permesso di soggiorno che diventi invalido civile non
e’ piu’ in grado di maturare redditi da lavoro; la mancanza di
reddito gli impedisce di ottenere la carta di soggiorno, e, quindi, di godere
del trattamento assistenziale; lo straniero invalido finisce cosi’ per
perdere, a causa del suo stato, anche la stabilita’ del soggiorno: gli e’
precluso l’accesso alla carta di soggiorno e non e’ piu’ in
grado di rinnovare il permesso di soggiorno. Il circolo vizioso sarebbe
spezzato prevedendo che tra le fonti di reddito utili ai fini del rilascio
della carta di soggiorno possa essere incluso il trattamento assistenziale cui
l’invalido avrebbe diritto una volta ottenuta la carta.
co. 6 – Il comma 4 sembra stabilire (positivamente) che
per il rilascio della carta di soggiorno ai familiari di italiani di cui agli
artt. 9, co. 2 e 30, co. 4, T.U. si prescinda dai requisiti relativi a reddito,
alloggio e carichi pendenti. Il comma 6 dello stesso articolo, tuttavia
e’ rimasto inalterato, e recita: “Nei casi previsti dal comma 5 la
domanda deve essere corredata, oltre che della documentazione relativa al
reddito familiare...”. Questo riferimento al reddito familiare dovrebbe
essere coerentemente soppresso.
Art. 28 bis
co. 2 – Alla luce dei contenuti delle Linee-guida
del Comitato per i minori stranieri (“Disposizioni
attuative dei compiti attribuiti al Comitato minori stranieri in merito ai
minori non accompagnati presenti sul territorio”), in base ai quali il
minore straniero affidato a genitori in condizioni di soggiorno illegale
rientrerebbe nella definizione di minore straniero non accompagnato, e’
evidente il rischio che, sulla base dell’art. 28 bis del Regolamento, il
Comitato provveda ad affidare alle autorita’ competenti del paese
d’origine un minore che si trovi in tale condizione. Occorre
circoscrivere opportunamente la definizione di minore non accompagnato ovvero
il novero delle decisioni che il Comitato puo’ assumere.
co. 2 – E’ previsto che nei casi in cui non
possa essere disposto il rimpatrio assistito del minore, il Comitato ne dispone
l’inserimento in un progetto di integrazione di cui all’art. 32,
co. 1 bis, T.U.. In questo caso al minore e’ rilasciato un permesso di
soggiorno per tutela, valido fino al compimento dei 18 anni. Si noti anche che
se la durata dell’inserimento nel progetto di integrazione utile ai fini
della conversione del permesso di soggiorno di cui all’art. 32, co. 1
bis, T.U. decorre dalla decisione del Comitato invece che
dall’inserimento de facto, l’inerzia del Comitato (indiscutibile se
il ritmo delle sedute e’ di una al mese, come da art. 28 ter, co. 3) e
l’oggettiva durata delle indagini sui familiari si tradurrebbero
nell’esclusione di quasi tutti i minori dalla facolta’ di
convertire il permesso di soggiorno per tutela al compimento della maggiore
eta’. Una norma di legge risulterebbe allora di fatto vanificata da norme
regolamentari.
Art. 30 bis
co. 3 – Si impone che la proposta di contratto di
soggiorno preveda un impegno orario non inferiore a 20 ore settimanali e, per
il lavoro domestico, una retribuzione non inferiore all’importo
dell’assegno sociale. Si dovrebbe chiarire, coerentemente con quanto a
suo tempo disposto dalla circolare 55/2000 del Ministero del lavoro, che tali
minimi possono essere raggiunti anche dalla somma di una molteplicita’ di
rapporti di lavoro.
co. 3 – Dal momento che in caso di assunzione di lavoratori
da adibire all’assistenza di un datore di lavoro non autosufficiente si
prescinde dalla verifica della congruita’ della poszione reddituale del
datore di lavoro, si potrebbe esonerare tale datore di lavoro dalla
presentazione dell’autocertificazione relativa alla stessa.
Art. 31
co. 1 – Sarebbe opportuno prevedere che la richiesta di
parere al questore da parte dello Sportello unico, anziche’ dopo la
conclusione della procedura di accertamento di indisponibilita’, sia
effettuata immediatamente e in parallelo a tale procedura.
Art. 34
La soppressione completa delle
disposizioni relative alla prestazione di garanzia e’ inopportuna, dal
momento che l’art. 46, co. 2 del Regolamento mantiene un riferimento, in
proposito, all’art. 34. E tale riferimento e’ reso necessario
dall’art. 39, co. 3, lettera a), T.U.. Non puo’ quindi essere
soppresso. Parte delle vecchie disposizioni dell’art. 34 andrebbero
quindi mantenute o inserite nell’art. 46.
Art. 36 bis
co. 1 – Si prevede che per l’instaurazione di un
nuovo rapporto di lavoro debba essere sottoscritto un nuovo contratto di
soggiorno per lavoro. Benche’ questa disposizione obbedisca ad una
applicazione basata sul buon senso delle norme contenute nella L. 189/02, con
il trasferimento dell’onere per il rimpatrio e per l’individuazione
dell’alloggio dal vecchio datore di lavoro al nuovo, essa configura una
disparita’ tra l’assunzione del lavoratore italiano e quella del
lavoratore straniero gia’ regolarmente soggiornante sul territorio dello
Stato. Questo appare in contrasto con quanto stabilito dalla Convenzione OIL n.
143, ratificata dall’Italia, e, quindi, con l’art. 10 della
Costituzione. Se la stipula del contratto di soggiorno per lavoro fosse invece
richiesta solo per l’accesso – appunto – alla condizione di
straniero soggiornante per lavoro non si configurerebbe alcuna violazione.
In ogni caso, si dovrebbe prescindere
dalla procedura di accertamento di indisponibilita’ (artt. 30 quinquies e
sexies) in caso di stipula di un contratto di soggiorno successivo al primo, in
nome della parita’ tra il lavoratore straniero e il lavoratore nazionale
o comunitario (Convenzione OIL n. 143 e art. 2, co. 3 T.U.).
Art. 37
co. 5 – La formulazione del vecchio art. 37, co. 3,
rinviando, per il caso di stipula di nuovo contratto di lavoro, ai vecchi commi
3 e 4 dell’art. 36, curava di non penalizzare il lavoratore che stipuli
un contratto di lavoro a tempo determinato, quanto a durata del soggiorno,
rispetto al lavoratore che rimanga disoccupato. La scadenza del permesso di
soggiorno rinnovato, infatti, non poteva essere anteriore – di fatto
– al termine di 12 mesi successivi all’iscrizione nelle liste di
collocamento. Questa salvaguardia dovrebbe essere mantenuta – mutatis
mutandis – per non incentivare il lavoro nero. Si dovrebbe cioe’
stabilire che, in caso di stipula di contratto a tempo determinato, il pemesso
rinnovato non possa scadere prima che siano trascorsi 6 mesi
dall’iscrizione nell’elenco anagrafico di cui all’art. 4 DPR
442/2000. Naturalmente, in caso di scadenza naturale del permesso successiva a
tale termine, questa scadenza dovrebbe essere mantenuta.
Art. 39
co. 2 – La formulazione e’ evidentemente scorretta:
l’unico caso in cui non e’ necessario prescindere dalla presenza in
Italia dello straniero e’ proprio quello di conversione del permesso.
co. 3 – Non e’ chiaro se la quantificazione delle
risorse necessarie per lo svolgimento dell’attivita’ autonoma
(importo annuo dell’assegno sociale) si applichi ai soli casi di
attivita’ che non richiedano il rilascio di titoli abilitativi o
autorizzatori o a tutti. Nella prima ipotesi, sarebbe opportuna una
formulazione piu’ esplicita. Nella seconda ipotesi, non si capisce che
senso abbia chiedere a un organo specifico (la Camera di commercio, ad esempio)
un’attestazione il cui contenuto e’ gia’ fissato dal
Regolamento.
co. 7 – Il termine di 30 gg per il rilascio del visto per
lavoro autonomo in contrasto con quello di 120 gg. esplicitamente previsto
dall’art. 26, co. 7 T.U.
co. 9 – E’ stata soppressa la possibilita’ di
conversione di un permesso di soggiorno “diverso da quello che consente
l’esercizio di attivita’ lavorativa” in permesso di soggiorno
per lavoro autonomo (vecchio comma 7), essendo stata conservata solo la possibilita’
di conversione del permesso per studio o formazione in permesso per lavoro
autonomo. Questa soppressione non trova alcuna base nelle modifiche apportate
al Testo unico dalla L. 189/02. Dal momento che il DPR 394/99 aveva superato il
vaglio delle competenti commissioni parlamentari e delle altre istituzioni
preposte, la soppressione non sembra legittima, soprattutto ove non si intenda
sottoporre lo schema di DPR al controllo parlamentare.
Art. 40
co. 4 – Non e’ chiaro se, come sembra ragionevole,
in caso di nulla-osta a tempo indeterminato (co. 2) il permesso abbia durata di
2 anni rinnovabile. Dovrebbe essere stabilito esplicitamente.
co. 13 – Riguardo alla categoria di cui all’art. 27,
co. 1, lettera i) T.U., la formulazione della disposizione del Regolamento era
e resta in contrasto con quella della disposizione del Testo Unico riguardo a
chi giochi il ruolo di datore di lavoro: quello all’estero (come da Testo
Unico) o quello in Italia (come da Regolamento)? Per di piu’, la
rimozione della durata massima del rapporto di lavoro (in precedenza, 2 anni) e
del vincolo di vigenza di accordi bilaterali scardina completamente il
meccanismo delle quote: sulla base della disposizione regolamentare,
l’ingresso di lavoratori extra-quote potrebbe aver luogo nella generalita’
dei casi. Questo puo’ anche essere salutato come un’innovazione
positiva (stante la stupidita’ del meccanismo delle quote). Tuttavia, i
lavoratori cosi’ entrati potrebbero accedere ad un unico rapporto di
lavoro a tempo determinato (sia pure di durata non limitata). Alla conclusione
del rapporto non avrebbero alcuna chance di rinnovare il permesso.
Resterebbe cosi’ anche precluso loro l’accesso alla carta di
soggiorno (non essendo destinato al rinnovo il loro permesso). Si creerebbero
cosi’ due categorie di lavoratori stranieri, possibilmente impiegate
nello stesso tipo di attivita’: una soggetta al limite delle quote e con
possibilita’ di stabilizzazione; l’altra libera da quel limite, ma
con soggiorno irrimediabilmente temporaneo. E’ un’evidente
discriminazione. E’ quello che si vuole o e’ una svista?
co. 17 – Non e’ chiaro se per l’ingresso di
allenatori e preparatori atletici si prescinda dal rispetto delle quote fissate
con decreto del Ministro per i beni culturali, o se invece si applichino i
limiti associati alle quote generali fissate dal decreto-flussi.
Art. 42
co. 4 – E’ opportunamente previsto che
l’iscrizione al SSN non cessi in fase di rinnovo del permesso di
soggiorno. Questa disposizione rende inutile l’obbligo di presentazione
della ricevuta di richiesta di rinnovo del permesso, di cui all’art. 13,
co. 3 del Regolamento, che andrebbe quindi coerentemente corretto.