Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 215
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003
IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della
Costituzione;
Vista la direttiva 2000/43/CE del
Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'attuazione del principio della parita' di
trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica;
Visto l'articolo 29 della legge 1¡
marzo 2002, n. 39, ed in particolare l'allegato B;
Visto il testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, e successive modificazioni;
Vista la preliminare deliberazione del
Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 marzo 2003;
Acquisiti i pareri delle competenti
Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio
dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2003;
Sulla proposta del Ministro per le
politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del
Ministro per le pari opportunita', di concerto con il Ministro degli affari
esteri, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'economia e delle
finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Oggetto
1. Il presente decreto reca le
disposizioni relative all'attuazione della parita' di trattamento tra le
persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, disponendo le
misure necessarie affinche' le differenze di razza o di origine etnica non
siano causa di discriminazione, anche in un'ottica che tenga conto del diverso
impatto che le stesse forme di discriminazione possono avere su donne e uomini,
nonche' dell'esistenza di forme di razzismo a carattere culturale e religioso.
Art. 2.
Nozione di discriminazione
1. Ai fini del presente decreto, per
principio di parita' di trattamento si intende l'assenza di qualsiasi
discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell'origine etnica.
Tale principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o
indiretta, cosi' come di seguito definite:
a) discriminazione diretta quando, per la razza o l'origine etnica,
una persona e' trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe
trattata un'altra in situazione analoga;
b) discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio,
una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono
mettere le persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione
di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.
2. E' fatto salvo il disposto
dell'articolo 43, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni concernenti
la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286, di seguito denominato: Çtesto unicoÈ.
3. Sono, altresi', considerate come
discriminazioni, ai sensi del comma 1, anche le molestie ovvero quei
comportamenti indesiderati, posti in essere per motivi di razza o di origine
etnica, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignita' di una persona e di
creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo.
4. L'ordine di discriminare persone a
causa della razza o dell'origine etnica e' considerato una discriminazione ai
sensi del comma 1.
Art. 3.
Ambito di applicazione
1. Il principio di parita' di
trattamento senza distinzione di razza ed origine etnica si applica a tutte le
persone sia nel settore pubblico che privato ed e' suscettibile di tutela
giurisdizionale, secondo le forme previste dall'articolo 4, con specifico
riferimento alle seguenti aree:
a) accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente,
compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;
b) occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di
carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;
c) accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione
professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i
tirocini professionali;
d) affiliazione e attivita' nell'ambito di organizzazioni di
lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e
prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni;
e) protezione sociale, inclusa la sicurezza sociale;
f) assistenza sanitaria;
g) prestazioni sociali;
h) istruzione;
i) accesso a beni e servizi, incluso l'alloggio.
2. Il presente decreto legislativo non riguarda
le differenze di trattamento basate sulla nazionalita' e non pregiudica le
disposizioni nazionali e le condizioni relative all'ingresso, al soggiorno,
all'accesso all'occupazione, all'assistenza e alla previdenza dei cittadini dei
Paesi terzi e degli apolidi nel territorio dello Stato, ne' qualsiasi
trattamento, adottato in base alla legge, derivante dalla condizione giuridica
dei predetti soggetti.
3. Nel rispetto dei principi di
proporzionalita' e ragionevolezza, nell'ambito del rapporto di lavoro o
dell'esercizio dell'attivita' di impresa, non costituiscono atti di
discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento
dovute a caratteristiche connesse alla razza o all'origine etnica di una
persona, qualora, per la natura di un'attivita' lavorativa o per il contesto in
cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un
requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell'attivita'
medesima.
4. Non costituiscono, comunque, atti di
discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento che,
pur risultando indirettamente discriminatorie, siano giustificate
oggettivamente da finalita' legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e
necessari.
Art. 4.
Tutela giurisdizionale dei diritti
1. La tutela giurisdizionale avverso
gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 si svolge nelle forme previste
dall'articolo 44, commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo unico.
2. Chi intende agire in giudizio per il
riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui
all'articolo 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione
previste dai contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di
conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o,
nell'ipotesi di rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche, ai sensi
dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, anche tramite le associazioni di cui all'articolo 5, comma 1.
3. Il ricorrente, al fine di dimostrare
la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, puo'
dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in
termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta ai sensi
dell'articolo 2729, primo comma, del codice civile.
4. Con il provvedimento che accoglie il
ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno
anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta
o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, nonche' la rimozione degli
effetti. Al fine di impedirne la ripetizione, il giudice puo' ordinare, entro
il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle
discriminazioni accertate.
5. Il giudice tiene conto, ai fini
della liquidazione del danno di cui al comma 4, che l'atto o il comportamento
discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale
ovvero ingiusta reazione ad una precedente attivita' del soggetto leso volta ad
ottenere il rispetto del principio della parita' di trattamento.
6. Il giudice puo' ordinare la
pubblicazione della sentenza di cui ai commi 4 e 5, a spese del convenuto, per
una sola volta su un quotidiano di tiratura nazionale.
7. Resta salva la giurisdizione del giudice
amministrativo per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165.
Art. 5.
Legittimazione ad agire
1. Sono legittimati ad agire ai sensi
dell'articolo 4, in forza di delega, rilasciata, a pena di nullita', per atto
pubblico o scrittura privata autenticata, in nome e per conto o a sostegno del
soggetto passivo della discriminazione, le associazioni e gli enti inseriti in
un apposito elenco approvato con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le pari opportunita' ed
individuati sulla base delle finalita' programmatiche e della continuita'
dell'azione.
2. Nell'elenco di cui al comma 1
possono essere inseriti le associazioni e gli enti iscritti nel registro di cui
all'articolo 52, comma 1, lettera a), del decreto del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, nonche' le associazioni e
gli enti iscritti nel registro di cui all'articolo 6.
3. Le associazioni e gli enti inseriti
nell'elenco di cui al comma 1 sono, altresi', legittimati ad agire ai sensi
dell'articolo 4 nei casi di discriminazione collettiva qualora non siano
individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla
discriminazione.
Art. 6.
Registro delle associazioni e degli enti che svolgono attivita' nel
campo della lotta alle discriminazioni
1. Presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunita' e' istituito il registro
delle associazioni e degli enti che svolgono attivita' nel campo della lotta
alle discriminazioni e della promozione della parita' di trattamento.
2. L'iscrizione nel registro e'
subordinata al possesso dei seguenti requisiti:
a) avvenuta costituzione, per atto pubblico o per scrittura privata
autenticata, da almeno un anno e possesso di uno statuto che sancisca un
ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo o preminente il
contrasto ai fenomeni di discriminazione e la promozione della parita' di
trattamento, senza fine di lucro;
b) tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con
l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi
statutari;
c) elaborazione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite
con indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei libri
contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilita' delle
associazioni non riconosciute;
d) svolgimento di un'attivita' continuativa nell'anno precedente;
e) non avere i suoi rappresentanti legali subito alcuna condanna,
passata in giudicato, in relazione all'attivita' dell'associazione medesima, e
non rivestire i medesimi rappresentanti la qualifica di imprenditori o di
amministratori di imprese di produzione e servizi in qualsiasi forma
costituite, per gli stessi settori in cui opera l'associazione.
3. La Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento per le pari opportunita' provvede annualmente
all'aggiornamento del registro.
Art. 7.
Ufficio per il contrasto delle discriminazioni
1. E' istituito presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunita' un ufficio
per la promozione della parita' di trattamento e la rimozione delle
discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, con funzioni di
controllo e garanzia delle parita' di trattamento e dell'operativita' degli
strumenti di tutela, avente il compito di svolgere, in modo autonomo e
imparziale, attivita' di promozione della parita' e di rimozione di qualsiasi
forma di discriminazione fondata sulla razza o sull'origine etnica, anche in
un'ottica che tenga conto del diverso impatto che le stesse discriminazioni
possono avere su donne e uomini, nonche' dell'esistenza di forme di razzismo a
carattere culturale e religioso.
2. In particolare, i compiti
dell'ufficio di cui al comma 1 sono i seguenti:
a) fornire assistenza, nei procedimenti giurisdizionali o
amministrativi intrapresi, alle persone che si ritengono lese da comportamenti
discriminatori, anche secondo le forme di cui all'articolo 425 del codice di
procedura civile;
b) svolgere, nel rispetto delle prerogative e delle funzioni
dell'autorita' giudiziaria, inchieste al fine di verificare l'esistenza di
fenomeni discriminatori;
c) promuovere l'adozione, da parte di soggetti pubblici e privati,
in particolare da parte delle associazioni e degli enti di cui all'articolo 6,
di misure specifiche, ivi compresi progetti di azioni positive, dirette a
evitare o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza o
all'origine etnica;
d) diffondere la massima conoscenza possibile degli strumenti di
tutela vigenti anche mediante azioni di sensibilizzazione dell'opinione
pubblica sul principio della parita' di trattamento e la realizzazione di
campagne di informazione e comunicazione;
e) formulare raccomandazioni e pareri su questioni connesse alle
discriminazioni per razza e origine etnica, nonche' proposte di modifica della
normativa vigente;
f) redigere una relazione annuale per il Parlamento sull'effettiva
applicazione del principio di parita' di trattamento e sull'efficacia dei
meccanismi di tutela, nonche' una relazione annuale al Presidente del Consiglio
dei Ministri sull'attivita' svolta;
g) promuovere studi, ricerche, corsi di formazione e scambi di
esperienze, in collaborazione anche con le associazioni e gli enti di cui
all'articolo 6, con le altre organizzazioni non governative operanti nel
settore e con gli istituti specializzati di rilevazione statistica, anche al
fine di elaborare linee guida in materia di lotta alle discriminazioni.
3. L'ufficio ha facolta' di richiedere
ad enti, persone ed imprese che ne siano in possesso, di fornire le
informazioni e di esibire i documenti utili ai fini dell'espletamento dei
compiti di cui al comma 2.
4. L'ufficio, diretto da un
responsabile nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un
Ministro da lui delegato, si articola secondo le modalita' organizzative
fissate con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,
con cui si provvede ad apportare le opportune modifiche al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 23 luglio 2002, recante
ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei
Ministri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 4
settembre 2002.
5. L'ufficio puo' avvalersi anche di
personale di altre amministrazioni pubbliche, ivi compresi magistrati e
avvocati e procuratori dello Stato, in posizione di comando, aspettativa o
fuori ruolo, nonche' di esperti e consulenti esterni. Si applica l'articolo 17,
commi 14 e 17, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
6. Il numero dei soggetti di cui al
comma 5 e' determinato con il decreto di cui al comma 4,
secondo quanto previsto dall'articolo 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400 e
dall'articolo 9 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n.
303.
7. Gli esperti di cui al comma 5 sono
scelti tra soggetti, anche estranei alla pubblica amministrazione, dotati di
elevata professionalita' nelle materie giuridiche, nonche' nei settori della
lotta alle discriminazioni, dell'assistenza materiale e psicologica ai soggetti
in condizioni disagiate, del recupero sociale, dei servizi di pubblica
utilita', della comunicazione sociale e dell'analisi delle politiche pubbliche.
8. Sono fatte salve le competenze delle
regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 8.
Copertura finanziaria
1. Agli oneri finanziari derivanti
dall'istituzione e funzionamento dell'ufficio di cui all'articolo 7, nel limite
massimo di spesa di 2.035.357 euro annui a decorrere dal 2003, si provvede
ai sensi dell'articolo 29, comma 2, della legge 1¡ marzo 2002, n. 39.
2. Fatto salvo quanto previo dal comma
1, dall'attuazione del presente decreto non derivano oneri
aggiuntivi per il bilancio dello Stato.