Decreto Legislativo 9 luglio 2003, n. 216
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13 agosto 2003
IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della
Costituzione;
Vista la direttiva 2000/78/CE del
Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la
parita' di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro;
Vista la legge 1¡ marzo 2002, n. 39, ed
in particolare l'allegato B;
Vista la legge 20 maggio 1970, n. 300,
recante ÇNorme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della
liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamentoÈ;
Visto il testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286;
Vista la preliminare deliberazione del
Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 marzo 2003;
Acquisiti i pareri delle Commissioni
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio
dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2003;
Sulla proposta del Ministro per le
politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del
Ministro per le pari opportunita', di concerto con il Ministro degli affari
esteri, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'economia e delle
finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Oggetto
1. Il presente decreto reca le
disposizioni relative all'attuazione della parita' di trattamento fra le
persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli
handicap, dall'eta' e dall'orientamento sessuale, per quanto concerne
l'occupazione e le condizioni di lavoro, disponendo le misure necessarie
affinche' tali fattori non siano causa di discriminazione, in un'ottica che
tenga conto anche del diverso impatto che le stesse forme di discriminazione
possono avere su donne e uomini.
Art. 2.
Nozione di discriminazione
1. Ai fini del presente decreto e salvo
quanto disposto dall'articolo 3, commi da 3 a 6, per principio di parita' di
trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta o
indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap,
dell'eta' o dell'orientamento sessuale. Tale principio comporta che non sia
praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta, cosi' come di seguito
definite:
a) discriminazione diretta quando, per religione, per convinzioni
personali, per handicap, per eta' o per orientamento sessuale, una persona e'
trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata
un'altra in una situazione analoga;
b) discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio,
una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono
mettere le persone che professano una determinata religione o ideologia di
altra natura, le persone portatrici di handicap, le persone di una particolare
eta' o di un orientamento sessuale in una situazione di particolare svantaggio
rispetto ad altre persone.
2. E' fatto salvo il disposto
dell'articolo 43, commi 1 e 2 del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,
approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286.
3. Sono, altresi', considerate come
discriminazioni, ai sensi del comma 1, anche le molestie ovvero quei
comportamenti indesiderati, posti in essere per uno dei motivi di cui
all'articolo 1, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignita' di una
persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od
offensivo.
4. L'ordine di discriminare persone a
causa della religione, delle convinzioni personali, dell'handicap, dell'eta' o
dell'orientamento sessuale e' considerata una discriminazione ai sensi del
comma 1.
Art. 3.
Ambito di applicazione
1. Il principio di parita' di
trattamento senza distinzione di religione, di convinzioni personali, di
handicap, di eta' e di orientamento sessuale si applica a tutte le persone sia
nel settore pubblico che privato ed e' suscettibile di tutela giurisdizionale
secondo le forme previste dall'articolo 4, con specifico riferimento alle
seguenti aree:
a) accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente,
compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;
b) occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di
carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;
c) accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione
professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i
tirocini professionali;
d) affiliazione e attivita' nell'ambito di organizzazioni di lavoratori,
di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni
erogate dalle medesime organizzazioni.
2. La disciplina di cui al presente decreto fa salve
tutte le disposizioni vigenti in materia di:
a) condizioni di ingresso, soggiorno ed accesso all'occupazione,
all'assistenza e alla previdenza dei cittadini dei Paesi terzi e degli apolidi
nel territorio dello Stato;
b) sicurezza e protezione sociale;
c) sicurezza pubblica, tutela dell'ordine pubblico, prevenzione dei
reati e tutela della salute;
d) stato civile e prestazioni che ne derivano;
e) forze armate, limitatamente ai fattori di eta' e di handicap.
3. Nel rispetto dei principi di
proporzionalita' e ragionevolezza, nell'ambito del rapporto di lavoro o
dell'esercizio dell'attivita' di impresa, non costituiscono atti di
discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento
dovute a caratteristiche connesse alla religione, alle convinzioni personali,
all'handicap, all'eta' o all'orientamento sessuale di una persona, qualora, per
la natura dell'attivita' lavorativa o per il contesto in cui essa viene
espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un requisito
essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell'attivita' medesima.
Parimenti, non costituisce atto di discriminazione la valutazione delle
caratteristiche suddette ove esse assumano rilevanza ai fini dell'idoneita'
allo svolgimento delle funzioni che le forze armate e i servizi di polizia,
penitenziari o di soccorso possono essere chiamati ad esercitare.
4. Sono, comunque, fatte salve le
disposizioni che prevedono accertamenti di idoneita' al lavoro per quanto
riguarda la necessita' di una idoneita' ad uno specifico lavoro e le
disposizioni che prevedono la possibilita' di trattamenti differenziati in
merito agli adolescenti, ai giovani, ai lavoratori anziani e ai lavoratori con
persone a carico, dettati dalla particolare natura del rapporto e dalle
legittime finalita' di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di
formazione professionale.
5. Non costituiscono atti di
discriminazione ai sensi dell'articolo 2 le differenze di trattamento basate
sulla professione di una determinata religione o di determinate convinzioni
personali che siano praticate nell'ambito di enti religiosi o altre organizzazioni
pubbliche o private, qualora tale religione o tali convinzioni personali, per
la natura delle attivita' professionali svolte da detti enti o organizzazioni o
per il contesto in cui esse sono espletate, costituiscano requisito essenziale,
legittimo e giustificato ai fini dello svolgimento delle medesime attivita'.
6. Non costituiscono, comunque, atti di
discriminazione ai sensi dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento che,
pur risultando indirettamente discriminatorie, siano giustificate oggettivamente
da finalita' legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e necessari. In
particolare, resta ferma la legittimita' di atti diretti all'esclusione dallo
svolgimento di attivita' lavorativa che riguardi la cura, l'assistenza,
l'istruzione e l'educazione di soggetti minorenni nei confronti di coloro che
siano stati condannati in via definitiva per reati che concernono la liberta'
sessuale dei minori e la pornografia minorile.
Art. 4.
Tutela giurisdizionale dei diritti
1. All'articolo 15, comma 2, della
legge 20 maggio 1970, n. 300, dopo la parola ÇsessoÈ sono aggiunte le seguenti:
Ç, di handicap, di eta' o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni
personaliÈ.
2. La tutela giurisdizionale avverso
gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 2 si svolge nelle forme previste
dall'articolo 44, commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286.
3. Chi intende agire in giudizio per il
riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni di cui
all'articolo 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione
previste dai contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di
conciliazione ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o,
nell'ipotesi di rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche, ai sensi
dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, anche tramite le rappresentanze locali di cui all'articolo 5.
4. Il ricorrente, al fine di dimostrare
la sussistenza di un comportamento discriminatorio a proprio danno, puo'
dedurre in giudizio, anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in
termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta ai sensi
dell'articolo 2729, primo comma, del codice civile.
5. Con il provvedimento che accoglie il
ricorso il giudice, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno
anche non patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta
o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, nonche' la rimozione degli
effetti. Al fine di impedirne la ripetizione, il giudice puo' ordinare, entro
il termine fissato nel provvedimento, un piano di rimozione delle discriminazioni
accertate.
6. Il giudice tiene conto, ai fini
della liquidazione del danno di cui al comma 5, che l'atto o comportamento
discriminatorio costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale
ovvero ingiusta reazione ad una precedente attivita' del soggetto leso volta ad
ottenere il rispetto del principio della parita' di trattamento.
7. Il giudice puo' ordinare la
pubblicazione della sentenza di cui ai commi 5 e 6, a spese del convenuto, per
una sola volta su un quotidiano di tiratura nazionale.
8. Resta salva la giurisdizione del
giudice amministrativo per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165.
Art. 5.
Legittimazione ad agire
1. Le rappresentanze locali delle
organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative a livello nazionale, in
forza di delega, rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata,
a pena di nullita', sono legittimate ad agire ai sensi dell'articolo 4, in nome
e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione, contro la
persona fisica o giuridica cui e' riferibile il comportamento o l'atto
discriminatorio.
2. Le rappresentanze locali di cui al
comma 1 sono, altresi', legittimate ad agire nei casi di discriminazione
collettiva qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le
persone lese dalla discriminazione.
Art. 6.
Relazione
1. Entro il 2 dicembre 2005 e
successivamente ogni cinque anni, il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali trasmette alla Commissione europea una relazione contenente le
informazioni relative all'applicazione del presente decreto.
Art. 7.
Copertura finanziaria
1. Dall'attuazione del presente decreto non derivano
oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.