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Seminario Europeo
“Immigrazione: mercato del lavoro e integrazione
 
 
 
Intervento di Roberto Maroni,
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
 
Como, 20-21 novembre 2003
 

Signori ministri,
Madame Quintin,
signore e signori delegati,
 
è per me molto importante introdurre questo appuntamento della Presidenza italiana dedicato al tema dell’immigrazione, un tema che ha impegnato questo Governo sin dal suo insediamento e che ora, sulla base dell’iniziativa del Governo italiano, trova grande attenzione nell’agenda dell’Unione Europea.
 
L’immigrazione, infatti, non è un problema solo dell’Italia o dei Paesi dell’Unione Europea che si affacciano sul Mediterraneo. L’immigrazione è un problema di tutta l’Europa e deve essere affrontata attraverso uno stretto e efficace coordinamento delle politiche di sicurezza, di cooperazione, del lavoro e sociali. Se vogliamo un’Europa senza frontiere al suo interno e abbiamo costruito un’area di libera circolazione dei cittadini e dei lavoratori, dobbiamo però garantire che l’entrata in questo nostro continente non avvenga in maniera tale da rappresentare una minaccia alla sicurezza e alla coesione sociale delle nostre società.
 
Pertanto, le sfide che il fenomeno migratorio pone all’Europa sono quelle del controllo dei flussi di ingresso degli immigrati e della loro integrazione. I recenti Consigli Europei di Salonicco e di Bruxelles, nonché la Comunicazione della Commissione su immigrazione e integrazione discussa nell’ultimo Consiglio dei Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali hanno definito un quadro di riferimento importante per il futuro delle politiche dell’Unione Europea. Un quadro che si basa sulla lotta all’immigrazione clandestina attraverso un progressivo coordinato controllo delle frontiere; una maggiore cooperazione con i paesi da cui si originano i flussi migratori; una gestione regolata dei flussi regolari di immigrazione; la previsione di opportune politiche di coesione sociale. Azioni queste che necessitano anche di un adeguato supporto finanziario dell’Unione Europea
 
La Presidenza italiana attribuisce grande importanza a questo Seminario, quale ulteriore occasione di riflessione e di dibattito tra rappresentanti dei Governi, centrali e locali, delle parti sociali, europee e nazionali, ed esponenti del mondo accademico, nella convinzione che potrà fornire utili indicazioni per orientare le politiche dell’immigrazione dell’Unione Europea.
 
La presenza di lavoratori immigrati è un dato ormai strutturale del mercato del lavoro europeo che risponde alle necessità di manodopera espressa da molti settori produttivi e alla mancanza di persone disponibili a svolgere determinate professioni. Un risultato, certo, del grado di benessere delle società europee ma anche della nostra incapacità di leggere le trasformazioni del mercato del lavoro e di orientare le politiche formative. Un fenomeno che incide in maniera rilevante sullo sviluppo economico dei nostri paesi e che, quindi, contribuisce ad influenzare le performance in termini di occupazione e di produttività dei paesi dell’Unione Europea.

Tuttavia, l’aspetto economico non può e non deve dimenticare le conseguenze che la presenza di popolazione immigrata determina sugli equilibri sociali del territorio su cui va ad insediarsi. Non si può e non si deve dimenticare che le capacità di accoglienza –abitativa, sanitaria, scolastica- non sono illimitate, in particolare se la popolazione che arriva ha tradizioni e costumi completamente differenti. Non si può e non si deve dimenticare che un accesso illimitato rischia di produrre pericolose rotture della coesione sociale, che diviene difficile poi ricomporre.

L’integrazione degli immigrati va di pari passo con l’inserimento lavorativo, poiché, come anche sottolinea la Comunicazione della Commissione, essa deve essere un processo biunivoco di diritti e doveri, tra cittadini stranieri –regolarmente presenti sul territorio– e società di accoglienza. Infatti, se da un lato il processo di integrazione garantisce l’accesso a beni e servizi del paese ospitante, esso deve dall’altro comportare per l’immigrato la piena accettazione delle regole e il riconoscimento dei valori su cui si fondano le società d’accoglienza.
 
L’Italia è un paese aperto all’immigrazione come testimoniano i dati statistici. L’incidenza della popolazione straniera ha ormai superato il 4% della popolazione residente e sono oltre 230mila i figli degli immigrati presenti nelle scuole italiane. Nel corso di questo anno l’Italia ha prodotto la più importante azione di regolarizzazione di immigrazione irregolare mai realizzata negli ultimi anni in Europa, un’azione che ha interessato oltre 700mila lavoratori. Un’azione che ha eliminato sacche di illegalità e di sfruttamento che non vogliamo più ritrovare in Italia e che ha permesso a tutti questi lavoratori di beneficiare delle tutele previdenziali e sociali essenziali. La regolarizzazione è stata un’operazione difficile ma necessaria, anche al fine di perseguire gli obiettivi di Lisbona, primi fra tutti il traguardo di “more and better jobs”.
 
Unitamente a ciò è stata approvata una nuova legge che regola l’ingresso dei cittadini non comunitari. La legge n. 189 del 2002, più conosciuta come legge Bossi-Fini dal nome dei due proponenti, è il pilastro della politica italiana in materia di immigrazione. Essa abbina misure tese a facilitare l’inserimento lavorativo, abitativo e sociale dell’immigrato al rigore verso ogni forma di illegalità. L’immigrazione irregolare, infatti, mina alla base ogni possibilità di sviluppo economico e sociale equilibrato e danneggia in eguale misura i lavoratori nazionali e i lavoratori immigrati con regolare permesso di soggiorno.
 
Punto qualificante della normativa è avere collegato l’ingresso in Italia al possesso di un contratto di soggiorno per lavoro. Ciò significa contrastare ogni forma di sfruttamento del lavoro degli immigranti irregolari e garantire pienezza di diritti, tutela sul lavoro, oltre che un’abitazione dignitosa e una situazione familiare stabile.
 
Governare l’inserimento lavorativo degli immigrati richiede anche la semplificazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, la promozione di adeguati strumenti di selezione del personale, il contrasto di ogni forma di lavoro sommerso, e l’incoraggiamento della formazione del personale straniero per rispondere con sempre maggiore aderenza alle esigenze del sistema economico e produttivo. A questo fine si rivolge anche la legge di riforma del mercato del lavoro, la legge Biagi, la più importante riforma in questa materia degli ultimi 30 anni. La riforma dei servizi pubblici per l’impiego prevista dalla legge garantisce una rete territoriale di servizi di orientamento consulenza, inserimento del lavoratore disoccupato e fornisce, in molte realtà territoriali, servizi specifici per l’inserimento lavorativo di cittadini provenienti da paesi non UE.
 
La richiesta di manodopera immigrata da parte del mercato del lavoro rende necessario garantire annualmente un’attenta pianificazione dei flussi migratori ed un uso più adeguato delle modalità di ingresso dei lavoratori, selettivamente congruo con le esigenze del sistema economico-produttivo italiano. Questo al fine di garantire loro una piena integrazione senza che si determinino pericolose rotture della coesione sociale. Infatti, la popolazione immigrata attiva presenta significative sacche di disoccupazione che rendono necessari interventi di riqualificazione professionale.
           
In questo quadro le politiche di integrazione e di coesione sociale sono basate essenzialmente su cinque direttrici:
•       maggiore efficacia delle procedure amministrative per l’ingresso dei lavoratori stranieri;
•     titoli di prelazione per l’incontro domanda/offerta;
•       orientamento, formazione e riqualificazione del lavoratore disoccupato;
•       azioni formative per gli studenti stranieri;
•       contrasto ad ogni forma di discriminazione.
 
In particolare, vorrei sottolineare che due elementi di queste azioni. Anzitutto, al fine di rendere più efficienti le procedure amministrative per l’ingresso dei lavoratori stranieri, è stato progettato e reso operativo dal Ministero del Lavoro e Politiche Sociali il programma informatico SI.L.ES, Sistema Informativo per i Lavoratori Extracomunitari Stagionali che prevede la possibilità di utilizzare il canale web per le interrelazioni tra le amministrazioni e le associazioni di categoria interessate alla gestione del lavoro stagionale extracomunitario. Questo consentirà all'amministrazione centrale di verificare lo stato dei flussi migratori aggiornato in tempo reale.
 
In secondo luogo, la Legge n. 189 favorisce accordi di programma per attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine degli immigrati, finalizzati alla formazione mirata e al trasferimento dei lavoratori in Italia, nonché al loro re-inserimento nei settori produttivi del Paese, anche attraverso l’apprendimento della lingua italiana. 
 
La messa a punto di un sistema ben regolato e coordinato per la gestione complessiva dell’immigrazione è tanto più importante in quanto l’Italia si trova al crocevia dei flussi che provengono dal Sud, dal Mediterraneo, e dall’area orientale e balcanica dell’Europa. L’allargamento ai 10 paesi dell’adesione dal prossimo anno porterà con sé trasformazioni economiche, sociali, culturali profonde e determinerà effetti significativi sui flussi migratori che avranno un impatto anche sulle politiche di gestione dell’immigrazione. Politiche che il Governo italiano e, a maggior ragione, tutti quelli dell’Unione Europea dovranno attentamente coordinare al fine di evitare indesiderati fenomeni di deviazione dei flussi migratori, quali quelli che si potrebbero determinare a seguito di azioni non coordinate da parte degli attuali Paesi membri.
 
Per questi stessi motivi, l’Italia intende rafforzare strumenti di cooperazione regionale nel Mediterraneo, quali il “dialogo 5+5”, volti a combattere l’immigrazione irregolare e, nello stesso tempo, garantire una piena integrazione dei lavoratori regolarmente entrati, promuovendo un approccio globale e bilanciato delle politiche dell’immigrazione.
 
In conclusione, sono lieto di dare il benvenuto a tutti voi, ma in particolar modo ai colleghi dei paesi di prossima adesione e dei paesi non comunitari che hanno accettato il nostro invito, per discutere e valutare insieme il futuro delle politiche dell’immigrazione e di un’Europa più ampia.
 
Buon lavoro!
 
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11 - 12/12/2003 • Catania
Conferenza Europea sulle politiche del lavoro e l'emersione.E' disponibile la diretta web della Conferenza.
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