Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
 
La tutela previdenziale dei lavoratori inviati all'estero o provenienti dall'estero.
 
            In Italia, come negli altri Paesi, inviare un lavoratore all'estero, significa non solo dover risolvere i problemi logistici e quelli legati ai visti d'ingresso o ai permessi di soggiorno, ma significa, altresì, dover provvedere alla tutela previdenziale ed assistenziale di questi soggetti e dei componenti della loro famiglia, sia che li accompagnino, sia che restino in patria.
            Garantire al lavoratore la continuità contributiva previdenziale, assicurargli che lavorare all'estero non comporta conseguenze negative sui suoi diritti alle prestazioni previdenziali, contribuisce non poco a rendere effettivo quel principio della libera circolazione che, nell'epoca della globalizzazione, è da considerare quasi un dogma.
            La normativa internazionale in materia di sicurezza sociale, è una normativa pattizia che attua il coordinamento delle legislazioni interne degli Stati contraenti e, pertanto, non intacca la libertà degli Stati di determinare la propria legislazione di sicurezza sociale.

            Essa si basa sui seguenti principi:

·        Parità di trattamento sul territorio tra i lavoratori dei Paesi contraenti;
·        Mantenimento dei diritti acquisiti (esportabilità delle prestazioni) ed in via di acquisizione (totalizzazione dei periodi assicurativi o di residenza, ai fini dell'apertura del diritto alle prestazioni);
·        Unicità della legislazione applicabile.
Quest'ultimo principio tende ad evitare che un lavoratore che si sposti da uno Stato all'altro possa, proprio a causa delle peculiarità delle legislazioni nazionali degli Stati in cui svolge la propria attività, non essere assicurato in nessun Paese o essere assoggettato contemporaneamente a due sistemi di sicurezza sociale.
La normativa internazionale in materia di sicurezza sociale è contenuta in:
·        Convenzioni bilaterali o multilaterali di sicurezza sociale (vedi allegato 1) ;
·        Regolamento CEE 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, autonomi, pubblici e ai loro familiari che si spostano all'interno dell'Unione. Il Regolamento trova applicazione, oltre che nei 15 Stati membri dell'Unione Europea, anche nei Paesi che hanno ratificato l'accordo sullo Spazio Economico Europeo, e cioè Islanda, Liechtenstein, e Norvegia;
·        Con l'approvazione da parte del Consiglio U.E. del Reg. 1606/98, entrato in vigore il 25 ottobre 1998, talune norme del Reg. 1408/71 sono state estese ai dipendenti  pubblici iscritti a regimi speciali.
In data 1° giugno 2002 è entrata in vigore l'accordo sulla libera circolazione delle persone tra la U.E. e la Confederazione Elvetica, ratificati dall'Italia con legge 15 novembre 2000, n. 364. Pertanto, da quella data i Regolamenti Comunitari 1408/71 e 574/72 si applicano anche ai lavoratori da e per la Svizzera.
·        Convenzione europea di sicurezza sociale del 14.12.1972, sostanzialmente analoga ai Regolamenti comunitari di sicurezza sociale, che si applica soltanto nei rapporti fra Italia e Turchia, in quanto gli altri Paesi che l'hanno ratificata, (Austria, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna), fanno ormai parte dell'U.E..
Pertanto, le problematiche previdenziali possono variare a seconda che il lavoratore venga inviato o provenga dalla U.E., dai paesi SEE, dalla Turchia e dalla Svizzera, ovvero da paesi extracomunitari, distinguendo, tra questi ultimi, i paesi con i quali l'Italia è legata da accordi di sicurezza sociale ed i paesi con i quali non sono in vigore tali accordi.
Va detto anche che la normativa internazionale si indirizza genericamente ai lavoratori subordinati e autonomi (ivi compresi i liberi professionisti) senza distinguere tra dirigenti, quadri, specializzati, ecc..
Detto anche che, in questo settore, vige il principio della territorialità dell'obbligo contributivo, nel senso, cioè, che i contributi previdenziali, come le imposte, vanno pagati nello Stato in cui si svolge l'attività lavorativa, le problematiche previdenziali afferenti al lavoro estero sono, sostanzialmente due e riguardano:

·        La totalizzazione, cioè la possibilità, una volta raggiunto il requisito anagrafico, di congiungere, ai fini dell'acquisizione del diritto alla pensione, i periodi di lavoro svolti in più Stati;
·        L'esonero contributivo per i lavoratori  distaccati.

Quest'ultimo istituto attiene ad un fenomeno, da tempo in progressivo aumento, che ha, ormai, soppiantato l'emigrazione classica, ed è meglio conosciuto semplicemente come "distacco".
Trattasi di una deroga di carattere temporaneo al principio della territorialità della legislazione applicabile e del conseguente obbligo assicurativo, prevista sia nel Reg. CEE 1408/71 (artt. da 14 a 17), che nella quasi totalità delle convenzioni internazionali di sicurezza sociale, ad eccezione delle convenzioni con l'Australia e la Nuova Zelanda, paesi che hanno un sistema previdenziale basato sulla fiscalità generale.
Ma chi è il lavoratore al quale si applica la normativa convenzionale e comunitaria in tema di distacchi?
   La definizione può essere tratta dall'art. 14.1.a) del Reg. CE 1408/71, così come perfezionata con le decisioni della CASSTM n.162 del 31 maggio 1996 e n. 181 del 13 dicembre 2000, secondo cui trattasi della "persona che esercita un'attività subordinata nel territorio di uno Stato membro presso un'impresa dalla quale dipende normalmente ed è inviata da detta impresa nel territorio di un altro Stato membro per effettuarvi un lavoro per conto della medesima".

   Il lavoro è considerato effettuato per conto dell'impresa del paese di invio, allorchè vi sia la prova che tale lavoro è effettuato per detta impresa e che sussiste un legame organico tra il lavoratore e l'impresa che lo ha distaccato. Onde stabilire se tale legame organico sussista e se il rapporto di subordinazione del lavoratore nei confronti dell'impresa che l'ha distaccato venga mantenuto, è necessario prendere in considerazione un insieme di elementi, in particolare la responsabilità in materia di assunzione, di contratto di lavoro, di licenziamento.

   La legislazione in materia di distacchi è applicabile anche allorchè il lavoratore viene inviato dall'impresa del paese d'invio, in un altro Stato membro, affinché egli effettui il lavoro successivamente o simultaneamente in due o più imprese situate nel paese d'impiego, per conto dell'impresa che l'ha distaccato.

   La legislazione del Paese di provenienza rimane applicabile anche quando il lavoratore viene assunto da una impresa operante in uno Stato membro, allo scopo di essere immediatamente distaccato, per conto di detta impresa, sul territorio di un altro Stato membro, a condizione che:
      *   esista un legame organico tra detta impresa ed il lavoratore per tutta la durata del distacco;
      *   la suddetta impresa eserciti di norma la propria attività sul territorio del primo Stato membro, la qual cosa può avvenire o perché l'impresa esercita attività sostanziali nel territorio del primo Stato e vi impiega abitualmente suo personale, ovvero perché la sua attività consiste nel mettere temporaneamente a disposizione di altre imprese proprio personale.

  Al fine di evitare abusi, la decisione n.162 ha, infine, stabilito che, l'interruzione temporanea delle attività del lavoratore presso l'impresa del paese d'impiego non va considerata come una interruzione del distacco.
  E' previsto che le Istituzioni competenti del Paese di invio e del Paese di occupazione cooperino, durante il periodo di distacco, per l'effettuazione dei necessari controlli volti ad accertare il versamento dei contributi e la sussistenza del legame organico, al fine di evitare abusi.
   Il distacco è previsto anche per i lavoratori autonomi, ma l'entità del fenomeno è di gran lunga inferiore rispetto ai lavoratori subordinati.
   Il vantaggio, per il lavoratore distaccato, è principalmente quello di mantenere una posizione assicurativa unica evitando, fra l'altro, al momento del pensionamento, gli svantaggi derivanti da una carriera assicurativa frammentata, che comporta inevitabili complicazioni burocratiche e probabili decurtazioni delle pensioni che saranno erogate da istituti assicuratori di Paesi diversi.

   Il periodo di distacco varia da convenzione a convenzione (vedi allegato 2) e va da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 36, ad eccezione della convenzione italo-statunitense, che non prevede alcun termine. Nell' ambito dell'Unione Europea il periodo previsto è pari a 12 mesi. Per tale periodo, su richiesta del datore di lavoro o del lavoratore, l'istituzione competente dello Stato la cui legislazione rimane applicabile (per l'Italia la sede INPS competente per territorio) compila e rilascia al richiedente un apposito formulario (il modello E101) che attesta l'assoggettamento del lavoratore alla legislazione previdenziale che essa applica. Nel caso in cui sia il lavoratore a richiedere il rilascio del formulario, il datore di lavoro dovrà confermare il proprio obbligo assicurativo nei confronti del lavoratore interessato.
Il lavoratore dovrà portare con sé il formulario ed esibirlo in caso di eventuali controlli.
Durante il periodo di distacco, pertanto, il datore di lavoro deve continuare a versare i contributi in Italia senza bisogno di altre formalità.

   Allo scadere di tale primo periodo si può ottenere la  proroga del distacco previa autorizzazione dell'Autorità competente del Paese in cui si svolge il lavoro. In tal caso la richiesta dev'essere inoltrata, normalmente con apposito modulo (per l'U.E. il modello E102), dal datore di lavoro all' Autorità competente dello Stato in cui si svolge l'attività. Pertanto, in caso di proroga del distacco, il versamento dei contributi in Italia potrà proseguire solo a seguito dell'autorizzazione da parte dell'Autorità competente del Paese in cui si svolge il lavoro. Nel caso in cui sia previsto l'uso dei moduli, l'autorizzazione è contenuta in un apposito riquadro in calce agli stessi.

   I formulari che attestano l'assoggettamento alla legislazione previdenziale italiana sono rilasciati dall'INPS, in quanto istituzione designata, anche per i lavoratori iscritti all'INPGI, all'ENPALS e all'INPDAI. A tal fine è necessario consegnare all'INPS un certificato rilasciato dall'istituzione alla quale il lavoratore è iscritto, dalla quale risulti che il "lavoratore distaccato è realmente iscritto al fondo di appartenenza e continuerà ad esserlo per tutta la durata del distacco".

E' inoltre, generalmente previsto (ad eccezione delle convenzioni con le Isole di Capoverde e con il Venezuela) che le Autorità competenti possano concordare ulteriori eccezioni al principio della territorialità dell' obbligo assicurativo (art.17 del Reg. CEE n.1408/71). A tal fine il datore di lavoro deve inoltrare apposita richiesta al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - D.G.P.P. - Div.II,  che  provvederà  a   chiedere  l'accordo  dell'Autorità competente del Paese in cui il lavoratore è inviato.

   Nell'ambito dell'Unione Europea, le richieste di proroga ai sensi dell'art. 17 del Regolamento vengono di norma accettate senza particolari problemi da tutti gli Stati fino ad un periodo complessivo di 5 anni dall'inizio del distacco, compresi i due anni per i quali vengono rilasciati i modelli E101 ed E102.
Per la U.E. è possibile baipassare il mod. E 102 e, talvolta, anche il Mod. E 101, attivando da subito la procedura dell'art. 17, quando fin dall'inizio si è certi che il lavoratore resterà all'estero per due anni e più. Come è noto, anche in presenza di autorizzazioni ai sensi dell'art. 17 è necessario emettere un mod. E 101.
E' possibile superare il limite convenzionale dei cinque anni, motivando adeguatamente le richieste di proroga con l'interesse specifico del lavoratore alla continuità contributva che si verifica, per esempio, allorchè il lavoratore è prossimo all'età pensionabile, ovvero al suo rientro definitivo in patria.
 
La raccomandazione n.16 del 12 dicembre 1984, invita le Autorità competenti a concludere accordi, a norma dell'art. 17 del Reg. 1408/71, in favore di lavoratori che siano distaccati per periodi superiori ai 12 mesi, a motivo delle loro conoscenze e attitudini particolari o del carattere peculiare degli obbiettivi dell'impresa che li occupa. Si pensi ai giornalisti, corrispondenti dall'estero, ai dirigenti di linee aeree, ai dipendenti di imprese multinazionali, etc.
Durante il periodo di distacco il datore di lavoro è tenuto al versamento contributivo come se il lavoratore operasse in Italia, senza alcun adempimento specifico. Anche in tal caso, infatti, la retribuzione imponibile è determinata ai sensi dell'art. 12 della legge 153/69, così come interpretato autenticamente dalla legge 166/91 e modificato dall'art. 6 del D. Lgv. 2 settembre 1997, n. 314.
 
   Il lavoratore distaccato ed i familiari che lo accompagnano, rimanendo iscritti al servizio sanitario nazionale, hanno diritto all' assistenza sanitaria diretta prestata dall'istituzione dello Stato estero. A tal fine essi devono richiedere alla ASL del comune di residenza, previa presentazione di un documento di distacco (E101, E102), un attestato che comprovi l'iscrizione al S.S.N. (E106). Tale attestato deve essere esibito al momento della richiesta delle prestazioni, che  vengono poi rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale italiano.
 
        Nel caso in cui il lavoratore italiano venga inviato in un Paese non legato all'Italia da accordi internazionali di sicurezza sociale, la sua tutela è realizzata attraverso la normativa nazionale contenuta nella legge 398/87, di conversione del decreto-legge n.317/87. Tale normativa, emanata a seguito di una pronuncia della Corte costituzionale (sentenza n.369/85) sulla base dell'art.35 comma 4 della Costituzione, prevede l'obbligo contributivo in Italia per i datori di lavoro italiani e stranieri che inviino lavoratori in Paesi non convenzionati.
In effetti il testo della legge parla di "lavoratori italiani" ma, in via interpretativa, si è provveduto ad estendere il campo di applicazione personale anche ai lavoratori cittadini degli altri Stati membri dell' U. E., in osservanza del principio di non discriminazione ribadito anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia nelle sentenze relative alle cause Prodest n.237/83 e Van Roosmalen n.300/84.

   Il campo di applicazione materiale della legge 398/87 (art.1 co.1) comprende le seguenti assicurazioni:
· invalidità , vecchiaia e superstiti;
· tubercolosi (contributo soppresso, dall'1.1.98, dall'art. 36 del d. legisl. 15.12.97, n. 446) ;
· disoccupazione involontaria;
· infortuni sul lavoro e malattie professionali;
· malattia;
· maternità.
   E' inoltre dovuto, ai sensi dell'art.4 comma 4 della legge stessa, il contributo per il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto istituito con legge 297/82.
   In via interpretativa, inoltre, si ritiene dovuto, con esclusione del settore edilizio, il contributo per il finanziamento dell'indennità di mobilità, in quanto la relativa prestazione rientra nella tutela contro la disoccupazione, cui i lavoratori all'estero sono soggetti.
   Restano invece esclusi i contributi per la Cassa integrazione guadagni, l'assegno al nucleo familiare e la GESCAL.
   Ai fini del versamento contributivo, il datore di lavoro deve aprire una posizione separata sia all'INPS che all'INAIL.

   I contributi per le assicurazioni dovute ai sensi della legge 398/87 vengono calcolati sulla base di retribuzioni convenzionali fissate entro il 31 gennaio di ogni anno, per settori omogenei, con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto col Ministro dell'Economia e delle Finanze (art. 36 L. 342/2000), alla luce dei contratti collettivi nazionali  di categoria (art.4 co.1).
   La previsione di retribuzioni convenzionali è giustificata dalla circostanza che in tali casi, non sussistendo un coordinamento delle legislazioni nazionali di sicurezza sociale, il lavoro svolto all'estero può essere soggetto ad una doppia contribuzione: in Italia e nel Paese di occupazione, qualora in esso viga un sistema previdenziale obbligatorio. Sulla base di tale considerazione la legge ha anche previsto le seguenti riduzioni delle aliquote contributive:

* per l'assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti, disoccupazione e tubercolosi, riduzione di 10 punti dell'aliquota complessiva a carico del datore di lavoro, da utilizzare fino ad esaurimento delle singole aliquote delle gestioni assicurative interessate (art.4-2 a);
* per l'assicurazione malattia e maternità riduzioni previste dalla legislazione nazionale in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali. Una ulteriore riduzione del contributo può essere concessa, con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto col Ministro della Salute, "ai datori di lavoro che apprestano idonei presidi sanitari a favore dei dipendenti o assicurano comunque a proprie spese l'assistenza sanitaria nel Paese estero o assicurano i dipendenti contro le malattie in regime obbligatorio in virtù della legislazione del Paese estero" (art. 4-2 b);
* per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, qualora anche nello Stato estero tale assicurazione sia obbligatoria e il datore di lavoro dimostri di aver ottemperato a tali obblighi, il valore dei premi è ridotto in misura corrispondente, con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto col Ministro dell'Economia e delle Finanze (art:4-2 c).      

   Nella stessa ottica è inoltre prevista la possibilità, per le aziende straniere, di ottenere l'esonero dall'obbligo assicurativo per i dipendenti stranieri operanti in Italia, purché il paese di provenienza di tali aziende conceda analogo esonero alle ditte italiane.

               La legge 398/87 si applica, in via residuale, anche nel caso di invio di lavoratori in Paesi con i quali l'Italia abbia stipulato "convenzioni parziali", il cui campo di applicazione, cioè,  comprenda soltanto alcune branche della sicurezza sociale. In tali casi, pertanto, i contributi previdenziali verranno versati:

* per le branche ricomprese nella convenzione, in base all'art.12 della legge n.153/69, come modificato dall'art.6 del D. Lgv. n.314/97;
* per le assicurazioni escluse dalla convenzione, in base alle retribuzioni convenzionali.                          
Per quanto riguarda, infine, i lavoratori inviati in trasferta all'estero, questi rimangono assoggettati integralmente alla legislazione italiana.
 
 
            A conclusione di questo breve excursus sul regime previdenziale del lavoro estero, si segnalano alcune problematiche, dibattute recentemente, che hanno interessato, soprattutto, dirigenti e personale, comunque, altamente qualificato.
            E' stata chiesta, per es., l'applicazione dell'art. 14, 2b)i del Reg. CE 1408/71 per personale che esercita parte dell'attività all'estero o alle dipendenze di datori di lavoro aventi sede nel territorio di diversi stati membri, che rimane assoggettato al regime previdenziale del paese di residenza.
            E' stato raggiunto un accordo con la Germania, ai sensi dell'art. 17 del reg. CE 1408/71, per la concessione, in condizioni di reciprocità, dell'esonero contributivo a lavoratori subordinati, legati alla società madre da un contratto"sospeso" ed in possesso di un contrato locale a tempo determinato.
            Si è ritenuto, cioè, che, in tale ipotesi, continui a sussistere il rapporto organico con la impresa d'invio, purchè si tratti di un distacco di lavoratori di elevata professionalità, limitato nel tempo (fino a quattro anni, non prorogabili) , sia certificato l'interesse del lavoratore a mantenere la previdenza del Paese di provenienza e sia certificata, dalla Autorità competente, la condizione di contratto sospeso e non rescisso, con versamento di contributi previdenziali sulla base delle retribuzioni erogate nel paese d'invio.
            La progressiva internazionalizzazione dell'economia, che ha incrementato il fenomeno dell'acquisizione di società estere, con la necessità di adeguata rappresentanza nei rispettivi consigli di amministrazione, ha avuto, talvolta, come conseguenza, la necessità di applicare, contemporaneamente, sia il Reg. 1408/71, sia le convenzioni internazionali.
            Con sempe maggiore frequenza si deve prendere atto, poi, che il limite convenzionale di cinque anni per i distacchi nei paesi U.E., è ormai divenuto impraticabile per categorie quali i corrispondenti esteri della carta stampata e dei radiotelegiornali o per i dirigenti di linee aeree, istituti di credito ed imprese multinazionali, per i quali il periodo di permanenza all'estero non può essere predeterminato, ma dipende dalla necessità della presenza di quella professionalità in un determinato paese.
            Una questione, infine, molto dibattuta di recente è scaturita dalla entrata in vigore della legge 21 novembre 2000, n. 342 (collegato fiscale alla legge finanziaria 2000) che, con l'art. 36, ha esteso al trattamento fiscale del reddito di lavoro dipendente prestato all'estero in via continuativa per periodi superiori ai 183 giorni, il regime delle retribuzioni convenzionali, già da tempo in atto per il trattamento previdenziale del lavoro dipendente prestato in Paesi extracomunitari, con i quali non sono in vigore accordi di sicurezza sociale che escludono la doppia contribuzione.
            Con molta tempestività, l'INPS ha ritenuto di dover segnalare una possibile interpretazione estensiva di questa normativa tributaria - sostenuta vigorosamente dalla parte datoriale - che, in base ai criteri di unificazione dell'imponibile fiscale e previdenziale, così come determinati dal d. legisl. 314/97, ne avrebbe comportato l'applicazione anche ai fini della identificazione della base imponibile previdenziale, per tutti i lavoratori italiani operanti all'estero, compresi coloro che si spostano in ambito U.E. o verso Paesi con i quali sono in vigore accordi di sicurezza sociale.
            Il Ministro del Lavoro, d'intesa con i colleghi di governo interessati (Tesoro e Finanze), è intervenuto, il 18 gennaio 2001, per ribadire che il quadro normativo previdenziale esistente non veniva influenzato dalla normativa introdotta dall'art. 36 della L. 21/11/2000 che, pertanto, esplicava i suoi effetti esclusivamente nel campo fiscale.

A cura di G. Miccio e M. G. Cataldi
 
                                                                                                            Roma marzo 2003