Migrante albanese con padre morente presenta istanza, la questura di Genova "concede" permesso temporaneo

Spiraglio per i "prigionieri della sanatoria"

Stefano Galieni

 

Solo una piccola crepa, una maglia della gabbia che ha ceduto. La storia è quella di K. F., operaio albanese in attesa di regolarizzazione, uno dei 700 mila che non sono più clandestini ma di cui non è ancora riconosciuto il diritto a vivere come normali cittadini. Uno dei tanti chiusi nella prigione Italia, in attesa di un iter burocratico che potrebbe durare anche anni, che deciderà il suo destino.

Nel frattempo gli è proibito dimettersi dal posto di lavoro, cercarne un altro, tornare anche per pochi giorni nel proprio paese, senza perdere i diritti acquisiti. Ma il padre di K. F. si è gravemente ammalato, e lui ha chiesto, insieme al suo datore di lavoro, il permesso per un ultimo abbraccio. Niente da fare: nella notte fra il 27 e il 28 gennaio scorsi, quasi un mese fa, il padre di K. F., se ne è andato senza aver potuto rivedere il figlio. Lo studio legale che lo ha seguito, composto dalla combattiva Alessandra Ballerini - già avvocata del Genova legal forum- e dal suo collega Marco Vani, non si è dato per vinto e, supportato dal lavoro dell'Ufficio stranieri della Cgil di Genova, ha inoltrato alla questura un'istanza che potrebbe fare giurisprudenza. Si sono appellati agli articoli 2, 3, 29, e 30 della Costituzione, all'articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ma soprattutto alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà che impone il rispetto della vita privata e familiare per chiedere un permesso di soggiorno temporaneo, che permetterà a K. F. di uscire tranquillamente dall'Italia e rientrarvi non da clandestino. Alla questura hanno dovuto dar loro ragione.

Nell'istanza sono continui i riferimenti ai ritardi, alle contraddizioni e alle storture della Bossi Fini e della sanatoria, il testo è un atto di denuncia verso istituzioni che imprigionano per tempi imprevedibili, persone e affetti. Nei mesi passati un incontro fra i rappresentanti di Cgil, Cisl, e Uil e il sottosegretario Mantovano si era concluso con un impegno non scritto a permettere la possibilità di uscire regolarmente dai nostri confini per gravi motivi umanitari, ma l'impegno - come tanti altri - non era stato mai onorato nonostante le tante richieste. Oggi K. F. potrà tornare per un mese a portare un po' di conforto alla madre rimasta sola ed è assurdo dover considerare questa una piccola buona notizia. Anche se c'è da sperare che altre questure seguano rapidamente l'esempio genovese, difficile non vergognarsi per leggi xenofobe che al massimo sono costrette a trattare come concessioni quelli che dovrebbero essere diritti.

 

http://www.liberazione.it/giornale/030226/LB12D6B6.asp