INTERROGAZIONE URGENTE

 

Al ministro dell’Interno

Al ministro degli Affari esteri

 

Per sapere – premesso che:

 

-       tutte le organizzazioni di tutela dei diritti umani e dei profughi, dall’Unhcr e dalla Croce Rossa internazionale a Human Rights Watch e Save the Children, prevedono una “catastrofe umanitaria” in caso di guerra in Iraq, con una previsione di sfollati e profughi pari a diverse centinaia di migliaia di persone solo in Iraq, ed effetti a catena nell’intera area;

-       non solo è prevedibile che parte di tale esodo si orienti verso l’Europa e segnatamente l’Italia, ma l’incremento degli arrivi di profughi specialmente kurdo-irakeni, a bordo di Tir e/o di traghetti, segnala che l’esodo è già in corso in previsione della guerra, arginato solo, per ora, dalle cattive condizioni del mare d’inverno;

-       è altresì prevedibile che la spinta a fuggire non riguardi soltanto i cittadini irakeni (arabi, kurdi o appartenenti ad altre minoranze), ma anche la minoranza kurda in altri paesi, nei quali in concidenza della guerra si accentua la repressione per il comune rifiuto di ipotizzarne un’autonomia: lo attestano le recenti notizie Ansa su esecuzioni sommarie di prigionieri politici kurdi in varie prigioni iraniane, sull’apertura in Siria di processi a carico dei dirigenti dell’unico partito kurdo semilegale, e sulla decisione delle autorità turche di restaurare lo stato d’emergenza nelle province kurde in caso di guerra;

-       negli stessi paesi, incluso ovviamente l’Iraq, a fronte della mobilitazione generale delle rispettive forze armate, non solo non è prevista alcuna forma di obiezione di coscienza, ma la renitenza alla leva comporta conseguenze gravissime, dalla perdita totale dei diritti civili in Turchia (come attesta una ricerca dell’associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini), fino alla pena di morte;

-       nel decennio trascorso, in occasione della guerra in Bosnia e poi nel Kosovo, l’Italia offrì ai profughi da quei paesi, e dall’ex Jugoslavia in genere con la legge 390/’92, la possibilità di ottenere una protezione umanitaria temporanea, con l’esplicita inclusione degli obiettori e dei renitenti alla leva;

-       nel caso dei kurdi e degli irakeni, la situazione è aggravata dalla gestione diretta degli esodi da parte di una cinica imprenditorialità mafiosa, della quale recentemente la stessa Procura di Trieste che ne ha arrestato alcuni esponenti rilevava la sostanziale invulnerabilità, e rispetto alla quale l’unica soluzione appare non certo la militarizzazione delle frontiere di partenza e di arrivo (atta solo a moltiplicare il prezzo dell’esodo in denaro e in vite umane), ma l’offerta di canali alternativi di espatrio legale, accessibili per le persone in fuga e per i loro familiari;

 

se non ritengano necessario e urgente:

 

-       emettere gli atti legislativi e amministrativi previsti e consentiti dalla legislazione vigente, affinchè da ora e per tutta la durata del possibile conflitto e del dopoguerra in Iraq sia attribuito a tutti i cittadini irakeni ed ai cittadini di altri paesi di etnia kurda, nonché a coloro che venendo dai paesi variamente coinvolti nel teatro di guerra si dichiarino obiettori o renitenti alla leva, un permesso di soggiorno temporaneo e rinnovabile per motivi di protezione umanitaria, abilitante al lavoro e al ricongiungimento familiare, senza pregiudizio per l’eventuale richiesta di asilo politico in Italia o in altri paesi;

 

-       dare disposizioni alle autorità consolari italiane in Iran, Giordania, Siria e Turchia, affinchè in via eccezionale, come già avviene da parte delle Ambasciate degli Usa e di altri paesi, si prendano in esame “in loco” con procedura d’urgenza eventuali richieste di protezione umanitaria e/o di asilo politico, nonché di ricongiungimento familiare con persone che abbiano richiesto o ottenuto in Italia l’asilo politico, attribuendo agli interessati, se del caso, un visto temporaneo per l’ingresso in Italia;

 

-       programmare per tempo non solo centri di raccolta in caso di emergenza, ma un’accoglienza civile per i profughi dalle aree coinvolte dalla guerra, coinvolgendo gli enti locali e l’associazionismo attraverso una possibile estensione, anche con il ricorso a fondi comunitari, dell’esperienza positiva del Piano nazionale asilo (Pna), ferma restando la necessaria condivisione europea e quindi la necessità di distribuire l’accoglienza nei vari paesi in base a criteri di unità familiare e coesione comunitaria, anche in deroga alle norme generalmente valide sulla scelta del paese d’asilo.