Un novo momento terribile: andare in questura per
ottenere la risposta della Commissione centrale alla
propria domanda d'asilo.
 
Parma. E' accaduto ieri. G.E. è un richiedente asilo,
etiope, era arrivato su un barcone a Crotone, nel
giugno 2001. A Crotone aveva fatto la domanda d'asilo
in Italia. Era quindi stato ospite del PNA del Comune
di Parma: sicuramente poco curato, anche fatto uscire
dall'appartamento d'accoglienza quando ancora era
nella fase di richiedente asilo (e in possesso quindi
del permesso relativo).
Il 9 maggio 2002 era stato convocato a Roma dalla
Commissione centrale. Normalmente la commissione
risponde entro un mese: manda la risposta alla
questura ove il richiedente ha il permesso. Fino al 10
febbraio G.E. non aveva ancora ricevuto la risposta:
la sua vita era quella, difficilissima, di chi non è
aiutato e ha un permesso di soggiorno con su il timbro
"con divieto di svolgere attività lavorativa".La
risposta può essere un sì o un no (in questi tempi
quasi sempre no). Non c'è altro modo per conoscere la
risposta se non recandosi personalmente in questura.
La questura manda all'interessato una cartolina
d'invito a recarsi in questura dove la risposta gli
viene notificata. Se è un sì tutto bene (o meglio: i
problemi saranno d’altro genere).
Ma se è un no? Prima all'interessato venivano dati 15
giorni di tempo per lasciare spontaneamente l'Italia,
trascorsi i quali se ancora presente sarebbe stato
espulso. Quindici giorni però erano un tempo ancora
ragionevole per riuscire a ricorrere. 
Con l'atmosfera e l'approvazione della Bossi-Fini,
cioè da qualche mese, la questura da l'espulsione
immediatamente e l'interessato ha cinque giorni per
abbandonare il paese pena l’arresto. Uscito di
questura deve precipitarsi da un avvocato. Cinque
giorni sono un tempo tremendo, troppo breve, per
preparare due ricorsi: uno contro l’espulsione e uno
contro il diniego della Commissione centrale.
Ieri ho ricevuto una telefonata: G.E. era in questura,
gli era stato notificato il diniego, gli era stata
notificata l'espulsione, chiedeva che io andassi
subito là. L'ho trovato impietrito. Non parlava. 
Dico: "Uscendo cerco di tranquillizzarlo un po’, gli
spiego del ricorso.." Il poliziotto mi risponde: "No,
lui non esce" e mi fa osservare che il decreto di
espulsione è diverso dai precedenti, è DECRETO DI
ESPULSIONE CON ACCOMPAGNAMENTO ALLA FRONTIERA E DI
ESECUZIONE DELLA MISURA. Cioè: subito!
La prima tappa sarebbe stata un cpt, dove si trovasse
posto. Stavano cercando su tutta Italia un cpt dove
spedirlo immediatamente. Di recente trovano posto in
cpt lontanissimi, in Sicilia. Lì la persona rimane per
un tempo che dipende velocità, burocratica, che ha il
governo del suo paese d’origine nel riprenderselo.
Anche per pochissimi giorni...e poi si ritrova nel
paese d’origine.
G.E. avrebbe potuto uscire dalla questura ( e nel caso
con l’espulsione immediata e i cinque giorni per
andarsene) solo se in nessun cpt ci fosse stato posto.
Eppure nel decreto di espulsione che G.E. aveva in
mano c’è scritto: “avverso questo decreto può essere
presentato ricorso, entro 60 giorni, al Tribunale di
Parma” e anche “la presentazione del ricorso non
sospende l’efficacia del presente decreto”.
Altrettanto nell’atto che gli notifica il diniego
dello status di rifugiato c’è scritto che ha il
diritto di ricorrere. Sempre al Tribunale di Parma.
Da DOVE presenta il ricorso? 
In un cpt è difficilissimo raggiungerlo (c’è da far
lavorare insieme due avvocati: uno della zona e uno di
Parma, raggiungerlo per fargli firmare la delega…),
ammesso che vi rimanga per qualche tempo.
Difficilissimo riuscire a fare i ricorsi.
Altrimenti “può” presentare ricorso….dal suo paese
d’origine! Quello da cui è fuggito denunciando
d’esservi perseguitato e di non godervi delle libertà
che la nostra Costituzione garantisce. Una beffa
tetra. Il diritto di ricorrere vanificato.
Due considerazioni.
La Commissione centrale che valuta le domande d’asilo
è composta da funzionari prefettizi, sulla cui
competenza si può avere dei dubbi; ultimamente le
risposte sono quasi sempre dei no. Proviamo a
immaginare che si siano sbagliati e quali conseguenze
ne possano derivare.
Rispondere all’invito della questura d’andare a
conoscere la risposta della commissione centrale alla
propria domanda d’asilo diventa un momento al
cardiopalmo: una possibilità attualmente remotissima
di un sì, una possibilità altissima d’essere
immediatamente portato via. Chi vorrà più andare a
conoscere la risposta?
 
Emilio Rossi
CIAC Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione - Parma
12.02.03