Ricongiungimento familiare nel caso dei rifugiati/Genitore a carico.
All'art.29 del TU (decreto legislativo n. 286 del 1998), lettera c, ove
veniva consentito il ricongiungimento con il genitore a carico, la legge
Bossi-Fini ha aggiunto "qualora non abbiano altri figli nel Paese di
origine o di provenienza ovvero genitori ultrassessantacinquenni qualora gli
altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi
motivi di salute".
In base a questo comma - benché la lettura lasci intendere una
ratio riferita specificamente all'immigrazione, quando ancora non è
stato definito il regolamento attuativo della nuova disciplina - la questura di
Parma si rifiuta di concedere il nulla osta alla richiesta di ricongiungimento
con la madre avanzata da un rifugiato.
Tuttavia la condizione di un rifugiato non coincide con quella di un
semplice immigrato.
Il caso: un tunisino, riconosciuto rifugiato in Italia nel 2001. In
Tunisia ha un fratello e la madre, da poco vedova, sessantasettenne, verso la quale
si sente molto profondamente impegnato, che versa in difficili condizioni: di
salute ed economiche. Come incontrare la madre? Il viaggio al paese d'origine
è sempre possibile per un immigrato, non per un rifugiato.
Anche incontrarla fuori della Tunisia è effettivamente
impossibile perché il sistema dei visti è un veto: il rifugiato
non otterrà il visto d’ingresso in un altro paese nordafricano,
ben difficile anche la concessione di visto turistico per l'Italia alla madre.
Come vederla e nel concreto coltivare il rapporto filiale? Con il
ricongiungimento, cui la madre acconsente.
La questura di Parma ritiene che l'art. 23 lettera c della Bossi-Fini
sia disposizione da applicarsi ugualmente sia agli immigrati che ai rifugiati,
finendo così per "condannare" i rifugiati in Italia a non
riuscire a rivedere i propri genitori, cioè a un ingiusto surplus di
sofferenza.
Emilio Rossi
CIAC, Centro Immigrazione Asilo e Cooperazione
Parma, 18.02.03