Possibili percorsi di regolarizzazione degli immigrati detenuti, realizzato con la collaborazione degli avvocati Marco Paggi ed Aurora DíAgostino, membri dellíA.S.G.I. (Associazione Studi Giuridici sullíImmigrazione)

 

Aurora DíAgostino

 

Questo incontro Ë stato organizzato per arrivare alla elaborazione di alcune proposte di modifica alla legge sullíimmigrazione, parte delle quali sono immediatamente comprensibili e trovano posto nella legislazione esistente, richiedendo solo interpretazioni appropriate della stessa, mentre altre non sono riconducibili alla attuale normativa e dovrebbero costituire terreno di battaglia giuridica per il futuro.

Ad esempio, quella di chiedere la regolarizzazione dei clandestini al di fuori delle quote stabilite per i flussi díingresso, Ë una proposta in questo momento incompatibile con il sistema legislativo vigente.

Non voglio dire che queste proposte non vadano fatte: sapete che la legislazione italiana prevede anche líesistenza dei Centri di Permanenza Temporanea, o Centri Detentivi, come Ë in tutta líArea Shengen, ma ciÚ non toglie che la battaglia di civiltý per la loro abolizione debba essere fatta.

Alcune delle vostre proposte erano giý state avanzate, su scala pi˜ ampia, anche nel corso del dibattito parlamentare che ha portato allíapprovazione della legge sullíimmigrazione.

Uno di questi temi Ë quello della cosiddetta regolarizzazione permanente, una proposta fatta dallíA.S.G.I. e da Magistratura Democratica, che legava la possibilitý di regolarizzarsi, per lo straniero presente in Italia come clandestino, non al fatto di avere una richiesta di lavoro, di uscire dallíItalia e poi di rientrare munito di un visto e cosÏ ottenere il permesso di soggiorno, ma invece alla sua appartenenza e al suo inserimento nel tessuto sociale ed economico del territorio in cui si trova a vivere.

Uno straniero che non ha il visto díingresso per motivi di lavoro, che non ha il permesso di soggiorno, ma che in Italia ha trovato un lavoro e un datore di lavoro intenzionato a metterlo in regola, potrebbe avere immediatamente la possibilitý di regolarizzarsi, con il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Analogamente per quanto riguarda i rapporti sociali e familiari, intendendo la famiglia in senso pi˜ ampio di quello inteso dalla attuale legislazione, che comprenda, ad esempio, anche i fratelli: chi si trova in Italia come clandestino, ma ha un familiare regolarmente residente, potrebbe regolarizzarsi andando a vivere con il familiare e poi ottenendo un permesso per motivi di lavoro.

Questa proposta mira a fare una regolarizzazione che non sia legata a sanatorie ad hoc, come Ë accaduto pi˜ volte, nel 1987, nel 1990, nel 1995 e, líultima volta, nel 1998, ma che sia invece in rapporto molto pi˜ diretto con líinserimento sociale e lavorativo.

Dentro questa proposta a carattere pi˜ ampio, entra benissimo quella che riguarda gli stranieri detenuti, con questa specificazione: che alcune ragioni sono immediatamente comprensibili, mentre altre lo sono di meno.

Lo straniero che aveva il permesso di soggiorno quando Ë stato arrestato, che in carcere ha mantenuto una condotta tale per cui ha potuto essere ammesso alle misure alternative alla detenzione, che allíesterno del carcere lavora in regola, Ë in una situazione che puÚ costituire una delle prime ìleve fortiî su cui ragionare.

PerchÈ non cíË alcun motivo, anche etico, per poter dire che questo straniero non ha diritto, una volta terminata la pena, quando oramai la sua vita sociale Ë legata a questo territorio, ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Credo perciÚ che questa sia una proposta pi˜ che ragionevole.

Diversa Ë la situazione dello straniero che era irregolare prima di entrare in carcere, che Ë rimasto irregolare durante la detenzione, che comunque puÚ essere ammesso a misure alternative ed avere la possibilitý di lavorare: ma che, solo per questo, possa chiedere il permesso di soggiorno, magari anche in deroga alle quote, costituisce una proposta non pi˜ immediatamente comprensibile a tutti.

Si tratta di una domanda assolutamente legittima, nellíambito del principio di rieducazione del detenuto sancito dalla Costituzione e quindi del fatto che una persona, allíuscita dal carcere debba essere uníaltra rispetto a quella che vi Ë entrata, ma nel clima generale che si vive oggi in Italia sul problema degli immigrati, questa proposta Ë pi˜ difficile da far comprendere.

La proposta, su cui invece nessuno puÚ discutere, se non Ë in malafede assoluta, Ë quella di rendere utilizzabile il permesso di soggiorno per motivi di giustizia per svolgere un lavoro regolare.

Questa Ë una proposta realmente seria, che riguarda, da una parte, i detenuti e gli ex detenuti, dallíaltra, molto pi˜ spesso, gli stranieri che non sono stati detenuti ma hanno il permesso per motivi di giustizia perchÈ sono in attesa della decisione del T.A.R. sul ricorso contro il rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, che hanno avuto la sospensiva in quanto il T.A.R. gli ha riconosciuto buone ragioni per presentare ricorso.

Questi stranieri possono risiedere regolarmente in Italia, ma attualmente non possono lavorare ed, evidentemente, questa condizione costituisce uníautentica istigazione a delinquere.

Tra líaltro, i permessi per motivi di protezione sociale, che vengono rilasciati sempre nellíambito di inchieste giudiziarie, ad esempio nel caso delle prostitute che denunciano i loro sfruttatori, consentono allo straniero di lavorare in regola.

Riguardo alla situazione degli immigrati che avevano un permesso di soggiorno e se lo sono fatto scadere, cíË uníinterpretazione abbastanza costante da parte del giudici: quando il permesso Ë scaduto, ma non Ë ancora stata decretata líespulsione amministrativa, lo straniero Ë ancora in tempo, per un periodo ragionevole, diciamo fino a un anno, per chiedere il rinnovo del permesso, dimostrando ovviamente il motivo per cui non ha potuto chiederlo prima.

PerchÈ líespulsione possa essere decretata, infatti, il permesso deve essere scaduto e lo straniero deve non averne chiesto il rinnovo: se la richiesta di rinnovo arriva prima, líespulsione non puÚ pi˜ essere data.

Per i detenuti, il rinnovo del permesso di soggiorno dovrebbe essere possibile ed il luogo deputato per chiederlo dovrebbe essere líUfficio Matricola. Uso il condizionale perchÈ, poi, di fatto questo non accade ed io finora non ho mai visto un permesso di soggiorno rinnovato ad uno straniero detenuto.

Quando lo straniero esce dal carcere, se Ë in grado di provare che non ha potuto rinnovarlo a causa della detenzione, Ë ancora in tempo per chiederne il rinnovo, in quanto líessersi trovato in carcere puÚ costituire causa di forza maggiore che gli ha impedito di effettuare il rinnovo.

 

Marco Paggi

 

Vorrei riallacciarmi a questa mobilitazione dei giornali carcerari ed al principio di riduzione del danno, in base al quale certe proposte possono essere avanzate.

Ci potrebbe essere un collegamento tra le varie associazioni che si occupano di immigrati per raccogliere dati, con un monitoraggio a livello nazionale, sulla situazione degli stranieri scarcerati per fine pena.

Io sono convinto, ma non ho a disposizione i dati per provarlo e, del resto, nessuno li ha, tranne il Ministero dellíInterno e  le questure, che non li rendono pubblici, che poche volte gli stranieri scarcerati vengono effettivamente accompagnati alla frontiera: accade solamente quando cíË una comunicazione rapida tra il Ministero di Giustizia e le forze di polizia e, queste ultime, hanno a disposizione immediatamente le risorse per eseguire líespulsione.

Molto pi˜ spesso, accade che lo straniero, che ha terminato di espiare la pena e dovrebbe essere espulso, rimanga in circolo nel territorio e per di pi˜ come clandestino, quindi spinto nuovamente a delinquere per procurarsi da vivere.

Nellíambito di una strategia di riduzione del danno Ë possibile fare anche questo discorso: occupiamoci di ciÚ che Ë concretamente realizzabile e non di quello che Ë destinato a rimanere sulla carta, perchÈ questa sarebbe pura ipocrisia.

FinchÈ in Italia abbiamo, o produciamo, un numero cosÏ alto di clandestini, il governo effettivo della situazione Ë molto difficile, se non impossibile.

Se invece siamo realisti e ci limitiamo a reprimere le situazioni che rappresentano un reale pericolo per líordine pubblico, creando nel contempo dei percorsi che permettano la regolarizzazione di coloro che non potrebbero essere espulsi, per mancanza di risorse e di organizzazione, nella logica dei grandi numeri facciamo uníopera di buon governo, di ordine e di integrazione per la societý.

Per le proposte di regolarizzazione nellíambito delle quote stabilite per i flussi díingresso, o addirittura fuori dalle quote, forse Ë possibile trovare una via percorribile senza dover necessariamente cambiare la normativa vigente, ma soltanto interpretandola nella maniera pi˜ opportuna, tramite circolari ministeriali specifiche.

Lo schema in base al quale uno straniero puÚ venire in Italia, quando trova un datore di lavoro disposto ad assumerlo, non presuppone necessariamente che il lavoratore straniero debba trovarsi nel suo paese di provenienza quando viene presentata la richiesta di autorizzazione allíingresso.

Nei moduli per la presentazione di questa richiesta Ë inserita, indebitamente, perchÈ non prevista dalla legge, la dichiarazione che lo straniero non Ë presente in Italia al momento della effettuazione della richiesta díingresso nel territorio dello stato.

Con uníinterpretazione intelligente della normativa potrebbe essere consentito, quindi, che uno straniero regolarmente presente in Italia per motivi di turismo, o anche per motivi di giustizia, trovi un datore di lavoro che lo assuma e presenti líapposita richiesta per il suo ingresso nel territorio dello stato.

Questa richiesta deve passare allíapprovazione dellíIspettorato al Lavoro, che puÚ autorizzare líassunzione solo se questa rientra nelle quote stabilite per gli ingressi per lavoro subordinato.

Inoltre deve passare per la questura, che potrebbe bloccare tutta la procedura, se si accorge che nei confronti dello straniero Ë pendente un provvedimento di espulsione.

Ma la difficoltý maggiore, stando allíattuale normativa, Ë costituita dalla necessitý del rilascio del visto díingresso, che lo straniero puÚ avere soltanto recandosi di persona allíambasciata italiana nel suo paese di provenienza.

Ci vorrebbe una disposizione che esonerasse gli stranieri, giý residenti in Italia per motivi diversi dal lavoro, dal doversi per forza recare allíambasciata italiana del loro paese di provenienza a ritirare il visto díingresso: le difficoltý, certamente, sono molteplici.

La possibilitý di convertire il permesso di soggiorno, da motivi di turismo, o di giustizia, a motivi di lavoro potrebbe essere data se il posto di lavoro offerto Ë compatibile con i flussi migratori, o anche al di fuori delle quote stabilite per i flussi: líideale Ë che fosse data fuori dalle quote ma, dal punto di vista pratico, temo sia pi˜ sostenibile una proposta che preveda questa conversione allíinterno delle quote stabilite.

Una possibilitý subordinata potrebbe essere quella di chiedere una regolarizzazione fuori dalle quote per gli stranieri che entrano a far parte delle cooperative sociali in qualitý di soci lavoratori, quindi divenendo lavoratori autonomi, in considerazione del fatto che le quote previste per líingresso per lavoro autonomo sono molto limitate, di circa duemila persone per líanno in corso, su tutto il territorio nazionale.

Nel complesso di queste proposte, va sottolineato che líimmigrato criminale ha pi˜ potenzialitý di essere rieducato, rispetto al criminale italiano, perchÈ mediamente i suoi reati sono meno gravi e meno professionali, quindi Ë pi˜ credibile che costituiscano soltanto un ìincidente di percorsoî.

Ma va anche detto, in conclusione, che queste sono solamente ipotesi, perchÈ sulla base del diritto vigente i clandestini non hanno alcuna possibilitý di regolarizzarsi.


Rinnovo dei documenti scaduti

 

Marco Paggi

 

Il passaporto, anche se scaduto, a mio parere continua ad essere un documento díidentitý perfettamente valido, perchÈ la sua scadenza Ë unicamente un fatto di rapporto tra il cittadino e le autoritý del suo paese di provenienza. Sul piano internazionale, una volta che il passaporto Ë stato rilasciato, si considera identificata la persona che lo possiede: la Convenzione di New York, vigente in tema di riconoscimento internazionale dei passaporti, non fa alcun riferimento alle date di scadenza dei documenti.

Quindi, il permesso di soggiorno dovrebbe essere rinnovato agli stranieri che si presentano in questura con il passaporto scaduto, anche se va detto che la nuova legge Ë pi˜ restrittiva rispetto alla precedente, la Legge Martelli, poichÈ prevede che per entrare in Italia lo straniero sia in possesso di un documento díidentitý in corso di validitý e, al momento del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, sono richiamate le stesse condizioni richieste per líingresso nel territorio dello stato.

 

Aurora DíAgostino

 

In molti casi Ë difficile, per gli stranieri, rinnovare il passaporto, perchÈ le loro autoritý non collaborano e si rifiutano addirittura, a volte, di rilasciare nuovi passaporti: ottenere il rilascio o il rinnovo, per gli stranieri detenuti, Ë praticamente impossibile e, su questo problema, anche volendo, la legislazione italiana non potrebbe intervenire, perchÈ Ë di competenza delle autoritý straniere.

Invece Ë possibile avanzare una proposta per quanto riguarda il rinnovo del permesso di soggiorno agli stranieri che abbiano un passaporto scaduto: si potrebbe chiedere che venga rinnovato a quanti dimostrino di aver richiesto il rilascio o il rinnovo del passaporto alle autoritý competenti e, dopo un certo tempo, queste non abbiano soddisfatto la sua richiesta.

 

Libretto di Lavoro ed iscrizione al Collocamento

 

Marco Paggi

 

Il permesso di soggiorno viene prima del libretto di lavoro e, comunque, prima del perfezionamento del rapporto di lavoro, quindi, riepilogando: lo straniero prospetta al Magistrato di Sorveglianza che avrebbe un lavoro, e lo documenta con una sorta di contratto preliminare, che diverrý effettivo solo al verificarsi della scarcerazione; il magistrato valuterý se autorizzare il provvedimento di beneficio richiesto dallo straniero, a quel punto lo straniero esce, va in questura e chiede un permesso di soggiorno per motivi di giustizia e poi, con il datore di lavoro, va allíIspettorato del Lavoro e, finalmente, puÚ essere avviato al lavoro. Líavviamento al lavoro, puÚ avvenire con una preventiva iscrizione al Collocamento, ma anche in questo caso la norma Ë sfornita di sanzione. Ci sarebbe sempre líobbligo di iscrizione prima di iniziare a lavorare, ma non cíË una sanzione per chi va a lavorare senza prima essere iscritto al Collocamento. Il datore di lavoro, volendo, puÚ assumere la persona con il libretto di lavoro e comunicare entro cinque giorni líavvenuto avviamento al lavoro al Collocamento: con questo, non incorre in alcuna sanzione.

 

Aurora DíAgostino

 

Su questo problema, una soluzione potrebbe essere quella di prevedere che il libretto di lavoro possa essere riconsegnato allo straniero al termine del rapporto di lavoro, come accade per tutti i lavoratori italiani, eliminando cosÏ quella che appare come una chiara discriminazione.


 

Patrocinio a spese dello Stato ed autocertificazione

 

Marco Paggi

 

Il gratuito patrocinio riguarda la tutela in sede penale e, per estensione espressa dalla norma prevista dallíArticolo 13 del Testo Unico, la tutela avverso il provvedimento di espulsione. Il problema riguarda la dimostrazione dei presupposti per il gratuito patrocinio, perchÈ se uno Ë sedicente, non puÚ certificare che Ë privo di redditi, di beni patrimoniali, o di rendite, nel proprio paese di origine. Normalmente lo straniero dovrebbe dimostrare, con una dichiarazione fatta allíautoritý del suo paese e autenticata da questa autoritý, di avere i presupposti per essere ammesso al gratuito patrocinio. In altre parole si traspone líautocertificazione presso líautoritý del paese che detiene i dati autocertificati.

Il problema Ë, da un lato, che le ambasciate dei paesi di maggiore immigrazione collaborano poco, hanno tempi e un grado di efficienza che Ë sconsolante. Peggio ancora quando si tratta di detenuti, perchÈ le autoritý consolari dovrebbero interessarsi dei propri connazionali, in teoria dovrebbero prestare ogni collaborazione utile alla identificazione, dovrebbero rapportarsi allo straniero come terminale amministrativo per tutti gli adempimenti, ma tutto questo non lo fanno e non mandano neanche i propri delegati presso le carceri per incontrare i detenuti. Magari, lo fanno alcuni stati tra quelli con un avanzato grado di civiltý, come ad esempio la Gran Bretagna, ma altri non lo fanno. Questo, comunque, Ë un problema che non puÚ essere risolto dalle autoritý italiane perchÈ dipende dalla autoritý di paesi diversi, che godono di tutte le garanzie di indipendenza e sovranitý.

 

Aurora DíAgostino

 

Gli stranieri che fanno ricorso al T.A.R. contro il rifiuto del rinnovo o la revoca del permesso di soggiorno oggi hanno solo la possibilitý di ottenere il pagamento delle spese di bollo da parte dello stato, mentre le spese legali devono pagarle di persona.

Invece, per quanto riguarda líespulsione, la competenza con la nuova legge Ë passata ai tribunali penali e, in quelle sedi, il gratuito patrocinio comprende anche le spese legali e possono esservi ammessi anche i clandestini.

Il problema, semmai, per gli stranieri irregolari Ë quello di autocertificare líassenza di reddito, o comunque un reddito inferiore ai dieci milioni, condizione per essere ammessi al gratuito patrocinio.

Bisognerebbe elaborare una proposta precisa su questo tema, individuando tutti i problemi aperti, partendo innanzi tutto dalla considerazione che la difficoltý maggiore non Ë costituita dalla dichiarazione dellíassenza di reddito, ma dalla autenticazione della firma, in quanto per i clandestini spesso Ë difficile provare la loro identitý, essendo sprovvisti di documenti.

Il gratuito patrocinio dovrebbe comunque essere esteso a tutti i procedimenti giudiziari e a tutte le spese relative, da quelli amministrativi, al penale, alla sorveglianza.

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