TRIBUNALE DI TORINO

Sezione ottava civile

 

 

Il Giudice

 

Nello scioglimento della riserva assunta  nel procedimento n.1468/2002;

letti gli atti di causa,

OSSERVA

Oggetto dell'impugnazione è il provvedimento di rimpatrio emanato dal Comitato per i minori stranieri in data 4.1.2002.

In primo luogo va affermata nella materia de qua, la giurisdizione del Giudice ordinario.

L'ampia formulazione dell'art. 30 D.Lgs. 286/98, unito alla mancata previsione di altri rimedi - il che aderendo ad un'ottica restrittiva determinerebbe un vero e proprio vuoto di tutela - non lascia spazio ad altre interpretazioni.

L'art. 30 suddetto prevede infatti la competenza del pretore (rectius Tribunale in composizione monocratica) a conoscere non solo del diniego di nulla osta al ricongiungimento e del permesso di soggiorno per motivi familiari, ma anche dei ricorsi "contro gli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare”, posto il suo rilievo anche costituzionale, che lo sottrae  alla  dicotomia diritto soggettivo-interesse legittuno, deve necessariamente interpretarsi avuto riguardo anche al suo profilo negativo, come diritto a non vedersi imposto il raggiungimento alla unità familiare contro la propria volontà.

Si aggiunga a ciò che, ai sensi del successivo art. 31 del Testo Unico, i provvedimenti in materia di minori sono variamente sottoposti alla cognizione del Tribunale dei Minorenni, giudice ordinario, pur  se specializzato.

Nel merito, il ricorso é fondato e deve essere accolto.

 

La competenza del Comitato per i minori stranieri è stabilita, in primo luogo, dall’art, 33 del T.U. già menzionato, il quale attribuisce al Comitato funzioni di vigilanza e coordinamento. Il D.P.C.M. 9.12.1999, n. 535 detta poi, in osservanza di quanto disposto dal II comina. lett. a), per quello che qui interessa, “le regole e le modalità …. Per l’affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei medesimi”.

Secondo l'art. 1 di tale Regolamento per "rimpatrio assistito s’intende l’insieme delle misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l’assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del Paese d’origine, in conformità alle convenzioni internazionali, alla legge, alle disposizioni dell’autorità giudiziaria ed al presente regolamento. Il rimpatrio assistito deve essere finalizzato a garantire il diritto all’unità familiare del minore ed ad adottare le conseguenti misure di protezione”.

L’ art. 7, poi, dispone che “Il rimpatrio deve svolgersi in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l’integrità delle condizioni psicologiche del minore , fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorità responsabili. Dell’avvenuto riaffidamento è rilasciata apposita attestazione da trasmettere al Comitato. […] il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all’accoglienza, nel corso della procedura…

Emerge  chiaramente come i compiti del Comitato siano funzionalizzati alla salvaguardia dell’interesse del minore, d’altra parte, secondo il fondamentale principio che governa l’intera materia, e si debbano esprimere essenzialmente nella determinazione dì misure di attuazione dei provvedimenti aventi ad oggetto il minore, tanto da ingenerare dubbi circa il potere del Comitato di emanare provvedimenti che, in assenza di specifica richiesta in tal senso da parte dell’interessato, di risolvono in provvedimenti meramente ablatori, difficilmente differenziabili dal provvedimento di espulsione. Val la pena rammentare, in proposito che, allorché abbia come destinatario un minorenne, l'espulsione deve essere decretata dall’autorità giudiziaria, ed in particolare dal Tribunale per i minorenni (art 31, IV°comma, T.U.).

Dagli atti, ed in particolare dalle relazioni dei servizi sociali e dall’avvio del procedimento di affidamento in Italia alla sorella – poi conclusosi con la dichiarazione di esecutività dell'affidamento, pur successivamente all’emanazione dell’atto che qui interessa - emerge invero la volontà del ricorrente di inserirsi neI contesto italiano, contraria rispetto al ricongiungimento ai genitori in patria.

A fronte di ciò, non può ritenersi sufficiente una motivazione che si limiti a valutare l'assenza di condizioni ostative al rientro in patria, senza considerare, in un corretto bilanciamento degli interessi rivolto alla migliore soddisfazione dell'interesse, anche  pubblico, alla tutela del minore, la situazione personale del destinatario dell’atto nel territorio dello Stato.

La motivazione nulla dice al riguardo, né indica in concreto i risultati dell'istruttoria, del cui svolgimento pure dà atto, in violazione del fondamentale principio di cui all'art, 3 dalla legge 241/90.

In definitiva risulta evidente come l'atto si affetto da vizio di eccesso di potere.

Lo stesso deve pertanto essere annullato.

Val la pena al riguardo osservare come il carattere intrinsecamente impugnatorio del procedimento che si svolge innanzi al giudice ordinario, in quanto avente ad oggetto immediato sempre un atto amministrativo, l’ampiezza dei poteri riconosciuti in materia di unità familiare, l’assimilazione, per quanto sopra detto , del provvedimento impugnato al decreto dì espulsione, giustificano una simile pronuncia, che lascia residuare, pur dopo il raggiungimento della maggiore età, l’interesse ad agire del ricorrente.

P. Q.M.

a) Accoglie il ricorso, annullando il provvedimento 4. 1 .2002 emanato dal Comitato per i minori stranieri nei confronti di E. V.

Si comunichi

Torino, 22. 7. 2002

Depositato in cancelleria                                               Il Giudice

Torino, 23.7.2002                                            dott.ssa D. Rispoli