GLI ASPETTI GIURIDICI DEL DIRITTO DI ASILO

 

Il diritto di asilo è un diritto umano fondamentale. Già la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 ha previsto, all’art. 14, il diritto di ognuno di “cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni”.  La Convenzione di Ginevra sullo Status dei Rifugiati, del 28 luglio 1951, individua una definizione generale e internazionalmente riconosciuta del rifugiato e dell’insieme dei diritti conseguenti al riconoscimento del suo status. Secondo l’art. 1 della Convenzione di Ginevra il rifugiato è colui che “avendo un fondato timore di persecuzione per motivo do razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o di opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui è cittadino e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese”.

 

Tale Convenzione prevede altresì i cosiddetti “diritti minimi del richiedente asilo alla frontiera”, in particolare il rispetto dei suoi diritti umani fondamentali ed il diritto, conosciuto come principio di non-refoulement e contenuto nell’art. 33, a non venire respinto verso un paese dove potrebbe essere oggetto di persecuzione. La Convenzione di Ginevra sancisce inoltre i fondamentali diritti del rifugiato in materia di istruzione, salute, assistenza sociale, lavoro. L’Italia ha ratificato la Convenzione di Ginevra il 24 luglio 1954 : tale atto normativo fa dunque parte a tutti gli effetti del nostro ordinamento giuridico interno.

 

Tra gli strumenti di diritto internazionale rilevanti in materia di diritto di asilo va annoverata la Convenzione di Dublino del 1991, la quale contiene le norme per l’individuazione dello Stato competente per l’esame delle domande di asilo presentate in un paese dell’Unione Europea. Essa stabilisce, ad esempio, quale Stato debba occuparsi della domanda di un richiedente asilo che abbia attraversato il territorio di diversi paesi, o che abbi un prossimo congiunto già riconosciuto rifugiato in un paese dell’Unione.

 

La Costituzione Italiana del 1948 prevede all’art. 10 comma 3 che “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Solo di recente, tuttavia, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha riconosciuto a tale disposizione valore vincolante e non di semplice dichiarazione di principi: ciò implica che essa sia applicabile anche in mancanza di ulteriori norme di dettaglio. Tale giurisprudenza considera l’asilo Costituzionale un diritto diverso e distinto dallo status di Rifugiato previsto dalla Convenzione di Ginevra, e individua nel giudice ordinario l’organo competente a valutare l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento.

 

E’ compito delle legislazioni interne dei paesi firmatari della Convenzione di Ginevra definire le procedure di riconoscimento dello Status di rifugiato. A tutt’oggi l’Italia risulta priva di una normativa organica in materia di riconoscimento dello status di rifugiato e di individuazione dei diritti dei rifugiati stessi. La procedura di asilo è disciplinata dall’Art. 1 della L. 39/1990 (c.d. Legge Martelli), non abrogato né modificato dal Testo Unico 286/98 (c.d. Legge Turco-Napolitano). In tale norma isolata (le restanti disposizioni della L. Martelli sono state abrogate) si prevede che la procedura si asilo, attivata innanzi alla Questura o alla Polizia di Frontiera, venga definita con una decisione adottata da un organo interministeriale, la Commissione Centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato, integrata da un membro consultivo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR).

 

La L. 189/2002 (c.d. Legge Bossi-Fini) ha operato delle modifiche alla procedura di asilo intervenendo sull’art. 1 della stessa Legge Martelli, senza tuttavia disciplinare organicamente la materia. Tale innovazione legislativa, oltre a modificare la competenza a decidere sulle domande di asilo, ora attribuita a delle Commissioni Territoriali, ha introdotto delle forti restrizioni, prevedendo in particolare una procedura accelerata per i richiedenti asilo giunti irregolarmente sul territorio ed escludendo l’effetto sospensivo del ricorso contro la decisione di diniego della domanda di asilo. Ciò implica che il richiedente asilo giunto irregolarmente in Italia la cui domanda sia stata rifiutata, può – dopo la richiesta di riesame presentata allo stesso organo che l’ha adottata – proporre ricorso al giudice ordinario, senza che per questo gli effetti della decisione negativa, ed in particolare l’eventuale rimpatrio, vengano sospesi. Tali disposizioni non vengono ancora applicate in quanto manca un Regolamento di Attuazione delle nuove norme.

 

La condizione giuridica del rifugiato dopo il riconoscimento del suo status rimane disciplinata dalle pochissime norme del Testo Unico sull’Immigrazione che se ne occupano specificamente e - essendo il rifugiato stesso munito di regolare permesso di soggiorno - dall’insieme delle disposizioni che fanno genericamente riferimento all’ “immigrato regolarmente soggiornante sul territorio”. La singolarità della situazione del rifugiato, costretto ad abbandonare il proprio paese d’origine a causa di una persecuzione e dunque contro la propria volontà, e privo della protezione diplomatica del proprio paese di origine, non trova dunque una chiara rispondenza nella nostra legislazione che, nonostante la crescente presenza di rifugiati in Italia, continua a non offrire risposte giuridiche certe alle loro richieste di protezione.