DOCUMENTO DEI MISSIONARI COMBONIANI SUI DIRITTI DEGLI
IMMIGRATI
Noi, comunità di Missionari Comboniani ( p.Giorgio,
p.Franco, p.Claudio e fratel Nicola), da anni presenti a Castel Volturno (CE),
territorio che soffre contraddizioni e problematiche enormi senza vedere una
prospettiva per il futuro, dal giorno 4 giugno 2003 siamo incatenati
all’inferriata del Palazzo della Prefettura e della Questura di Caserta
(poi rimossi forzatamente dalla polizia ci siamo spostati sul marciapiede di
fronte allo stesso Palazzo) come gesto di protesta e di denuncia, ma
soprattutto di proposta, che nasce dalle modalità con cui
l’operazione denominata “Alto impatto” viene condotta, ormai
da alcune settimane, nella Provincia e in particolare a Castel Volturno.
Tale operazione è condotta dalle forze dell’ordine le
quali stanno rastrellando la zona nel tentativo di colpire, ‘così
dicono’ , spacciatori e trafficanti di ragazze prostituite. Di fatto vengono colpiti, in
particolare africani/e, che non sono nel giro della malavita ma che hanno la
sola “colpa” di non avere ancora ottenuto il permesso di soggiorno.
Di questi fatti, noi Missionari Comboniani, siamo testimoni.
La nostra iniziativa ha trovato immediato appoggio e stretta
collaborazione da parte della comunità religiosa dei padri Sacramentini,
delle Suore Orsoline del S. Cuore di Maria – Comunità Rut,
presenti nella Diocesi di Caserta e di sacerdoti diocesani oltre al consenso
partecipativo di varie associazioni ecclesiali e laiche.
Da tener presente, tra l’altro, l’assurdo della legge
Bossi-Fini che trasforma un illecito amministrativo (la condizione di
irregolarità) in reato penale, con tutte le conseguenze sul piano della
repressione e della sanzione che ciò comporta. Infatti la nuova
procedura di allontanamento nei confronti di immigrati
“clandestini” prevede l’espulsione con accompagnamento
immediato; e qualora non sia possibile trattenere lo straniero presso un centro
di permanenza o siano decorsi i termini il Questore ordina di lasciare il
territorio dello Stato entro 5 giorni.
La mancata ottemperanza dell’ordine, senza giustificato motivo,
comporta l’arresto da sei mesi a un anno. Si è introdotto,
così, un infallibile meccanismo di “criminalizzazione”: se
la condizione di clandestinità non costituisce, di per sé, reato,
il mancato allontanamento spontaneo dallo Stato, fa scattare l’ipotesi di
reato. Nei fatti, sempre più frequentemente, l’amministrazione non
tenta neppure di allontanare lo straniero: preferisce lasciarlo uscire
“libero” dalla Questura, sapendo che, nel tempo di soli 5 giorni,
è destinato a commettere un reato (ovvero la permanenza illegale in
Italia). A quel punto, non si procederà più per rintracciare un
clandestino bensì per catturare un criminale.
Il papa Giovanni Paolo II ci ricordava, appena pochi anni fa, come
il “migrante irregolare si presenta come quel forestiero nel quale
Gesù chiede di essere riconosciuto. Accoglierlo ed essere ospitali
è dovere di ospitalità e fedeltà alla propria
identità di cristiani” (Giovanni Paolo II, Le migrazioni presentano
un duplice volto, 5 – Messaggio per la giornata mondiale del migrante
25.7.1995).
Proprio ed esclusivamente in nome di questa fedeltà, che
è giustizia e
carità, noi Missionari Comboniani
insieme a religiosi e religiose appartenenti ad altre congregazioni non possiamo non osservare le
condizioni di estrema precarietà, di sofferenza e di emergenza in cui
versano tanti nostri fratelli e sorelle immigrati. Si tratta di una condizione
che è il risultato di un rifiuto egoistico che, in nome dell’appartenenza
nazionale, o del possesso di un particolare passaporto, discrimina gli esseri
umani. Come osservava ancora Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del
migrante:
“Purtroppo, non mancano tuttora nel mondo atteggiamenti
di chiusura e perfino di rifiuto, dovuti a ingiustificate paure e al
ripiegamento sui propri interessi. Si tratta di discriminazioni non compatibili
con l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa” (G.P. II, Omelia per il
Giubileo del Migrante, 2.6.2000).
Pertanto, non possiamo più tacere davanti alla moltitudine
di non garantiti che sperimenta ogni giorno di più le conseguenze di
leggi ingiuste e le applicazioni restrittive e inumane di quelle stesse leggi.
Nessuno di noi si può ritenere estraneo rispetto a questi
fratelli e sorelle immigrati secondo quanto ci suggeriva il Concilio Vaticano
II:
“non possiamo invocare Dio come Padre di tutti, se ci
rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni uomini creati a immagine di
Dio”
(Nostra aetate 5).
E’ di questo nostro comportamento da autentici fratelli che
il mondo ha assoluto bisogno ed è per questo motivo che ci sentiamo
personalmente interpellati ad intervenire.
Occorre contribuire a superare le mistificazioni e le paure che
rendono la realtà dell’immigrazione un problema, addirittura
esclusivamente un problema di ordine pubblico da affrontare con la forza della
repressione. L’emigrazione deve essere invece riconosciuta come occasione
di ricchezza e di Grazia, vero segno dei tempi, del nostro tempo presente.
Senza però dimenticare che l’emigrazione è anche la
conseguenza dell’ingiustizia planetaria della pessima distribuzione dei
beni della terra. Oggi le merci e il denaro sono liberi di circolare ma non le
persone. E’ quell’ingiustizia che condanna a morte i cittadini dei
Paesi impoveriti spingendoli forzosamente a partire in condizioni di gravissimo
rischio personale.
Noi, firmatari del presente documento, senza far venire meno il
servizio di assistenza e talvolta di supplenza delle istituzioni nella
accoglienza dei migranti, comprendiamo
che questo servizio non è assolutamente sufficiente e che è
nostro compito “risvegliare e mobilitare le coscienze” con scelte
coraggiose che implichino impegni strutturali di giustizia sociale direttamente
ispirati al Vangelo.
Infatti, la Chiesa Madre e Maestra ci indica che: “Nella
Chiesa nessuno è straniero, e la Chiesa non è straniera a nessun
uomo e in nessun luogo” (Giovanni
Paolo II, Le Migrazioni presentano un duplice volto 5, Messaggio per la
giornata mondiale del migrante, 25.07.1995).
Nessuno può quindi sentirsi estraneo o può sottrarsi
a questa responsabilità che l’ora presente rende
urgente e gravissima.
Per questi motivi chiediamo l’impegno da parte degli organi
competenti su questi punti che riteniamo irrinunciabili per la tutela della
dignità umana dei migranti titolari di diritti in quanto persone.
1. Il reale e concreto
potenziamento degli uffici per stranieri di tutti gli organi
competenti (Prefettura e Questura)
a fronte dell’ingente numero di pratiche da affrontare attraverso:
il decentramento territoriale
degli uffici nelle aree maggiormente interessate dalla presenza di immigrati;
l’ampliamento
dell’organico e l’impiego di personale specializzato (mediatori
culturali);
una gestione migliore e
più umana delle file e degli appuntamenti attraverso l’utilizzo
delle tecnologie al fine di evitare
inutili ed estenuanti attese.
2. Garantire i diritti legati
alla famiglia:
unità del nucleo
familiare: favorendo la semplificazione ed accelerazione delle procedure di
ricongiungimento familiare ed in particolare superando l’ostacolo
dell’autentica dei documenti attestanti i rapporti di parentela,
unicamente da parte delle autorità consolari italiane, del paese di
origine del richiedente;
estensione della tutela della
maternità;
tutela dell’unità
familiare.
3. Diritto di Asilo. Attraverso una riforma
complessiva recependo la normativa internazionale e il dettato costituzionale
garantendo di fatto l’esercizio del diritto d’asilo. L’uso
spropositato dei C.P.T. (Centri di permanenza temporanei),
l’impossibilità di fatto di opporre ricorso in caso di esito
negativo della richiesta e la conseguente espulsione immediata del richiedente
sono un caso unico nella legislazione europea.
4. Procedure di
regolarizzazione.
Viste le centinaia di migliaia di lavoratori stranieri in attesa di
convocazione da parte delle Prefetture, e prevedendo ancora tempi lunghi per il
completamento dell’esame delle pratiche è necessario:
prevedere un permesso
temporaneo di rientro nel paese di origine di fronte a situazioni di
particolare gravità quali lutti, malattie di familiari, ecc;
prevedere la
possibilità di dar corso al rapporto di lavoro in caso di subentro di un
nuovo datore di lavoro;
vedere tutelato il diritto del
lavoratore ad ottenere un permesso di soggiorno per ricerca di una nuova
occupazione rispetto a situazioni di truffa perpetuate dal datore di lavoro.
5. Politiche di integrazione. È necessario
richiamare le Amministrazioni Locali ad attuare vere e proprie politiche di
integrazione e non semplicemente singoli interventi a partire dalla conoscenza
quantitativa e qualitativa del fenomeno, dallo sviluppo di servizi di accoglienza,
dei servizi sanitari, degli alloggi, collaborando col volontariato e
l’associazionismo che da anni, soli, sul campo hanno maturato esperienza.
Senza un impegno serio e responsabile da parte delle istituzioni locali non
riusciremo mai a realizzare la società multiculturale fondata sul
rispetto delle diversità e sulla partecipazione di tutti i cittadini
alla vita democratica.
Si chiede ai Vescovi,
sacerdoti, Congregazioni e singole Comunità religiose l’adesione:
- inviando un fax o un’e-mail presso l’Ufficio
Pastorale Giovanile di Caserta allo 0823-214554; cpg@casertagiovani.org
- proponendo un gesto significativo di comunione e di
solidarietà visibile il giorno 27 giugno p.v. (Festa del Sacro Cuore),
organizzando alle 19.00 davanti alle Prefetture d’Italia un incontro di
preghiera e di riflessione ,portando la croce e la catena, simboli delle tante
forme di schiavitù che ancora oggi vivono tanti nostri fratelli e
sorelle immigrati.
Caserta, 11-giugno-2003
I
Missionari Comboniani
Al Presidente della Repubblica
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato
Al Presidente della Corte Costituzionale