Rassegna Stampa

Mercoledì 25 giugno 2003

1. La pelle nera (non solo di sole) e la merce nerissima: Rimini schizofrenica fra divieti e liberalismo di Rosana Crispim da Costa (Migra)

 

2. Bologna e i rifugiati: in quell'ufficio chi arriva... è scampato alla morte di Nabil Igui (Migra)

3. PININFARINA: bisogno di immigrati, ma Bossi non ha torto intervista al quotidiano nazionale (ANSA)

4. IMMIGRAZIONE: Fassino, portare avanti politica comunitaria (ANSA)

5. CRIMINALITA': 78% reati immigrati opera di clandestini, studio ricerca CGIA MESTRE su elaborazione dati Ministero Interno (ANSA)

 

6. IMMIGRAZIONE: Taormina, indagare su costi centri accoglienza sono divenuti mucche da mungere, intervenga anche magistratura (ANSA)

 

7. IMMIGRAZIONE: Bossi-Fini, iniziativa comboniani in 23 città documento inviato al Presidente Ciampi (ANSA)

8. IMMIGRAZIONE/Inchiesta - Oltre la metà (53%) degli stranieri presenti in Italia ha la laurea, ma rischia una ''dequalificazione''. Mancato riconoscimento, burocrazia: le difficoltà di vedersi riconosciuto un titolo di studio di Elisabetta Norzi

 

9. IMMIGRAZIONE - Luciano (Stranieri in Italia): '' Troppo basse le quote del decreto flussi. Devono decidere le Regioni''

 

10. RIFUGIATI - Nuovo rapporto di Amnesty International sull'Afghanistan. ''Un Paese ancora non abbastanza sicuro''

11. IMMIGRAZIONE - Stranieri laureati. Ambrosini (Univ. di Genova): ''Ai problemi dell'occupazione si aggiunge la discriminazione degli Ordini''

 

12. IMMIGRAZIONE - A Roma il 67,5% degli stranieri ha una formazione secondaria superiore o universitaria. Percentuale più alta tra gli europei

 

13. RIFUGIATI - ''Le sfide dell'integrazione''. Un convegno per discutere delle difficoltà dei richiedenti asilo in Italia

 

14. MINORI - Progetto-pilota della Regione Veneto per educare i bambini sotto i 4 anni a non discriminare

15. IMMIGRAZIONE: internet favorisce integrazione, la TV no (ANSA)

16. CLANDESTINI: via libera al decreto anti-sbarchi (AGI)

17. LE MISURE del decreto anti-sbarchi (AGI)

18. RIFUGIATI - ''Il rimpatrio assistito di uno straniero costa 1/4 rispetto all'espulsione e ottiene migliori risultati nei paesi di origine''. Ragonesi (Anci) lamenta ritardi delle risorse del ''Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo''

 

19. IMMIGRAZIONE - Primi risultati di una ricerca guidata dall'Oim su stranieri e servizi in Piemonte

20. IMMIGRAZIONE: Centro Astalli, manca legge organica rifugiati Jesuit Refugee Service, 50 MLN profughi mondo, 13mila Italia (ANSA)

 

21. NOMADI - La disoccupazione riguarda il 90% dei rom. Dopo i mercati, a Roma arriva anche il primo negozio

 

1. La pelle nera (non solo di sole) e la merce nerissima: Rimini schizofrenica fra divieti e liberalismo di Rosana Crispim da Costa ( www.migranews.net )

 

24/06/2003 - A Rimini la stagione estiva è iniziata. In spiaggia c'è chi si prepara a godersi il sole, i giochi, i corteggiamenti e chi si organizza per i guadagni. La spiaggia diventa un gran mercato aperto, la merce arriva direttamente sotto l'ombrellone.

Su questo argomento il Comune si divide fra politiche punitive e liberalismo. Quest' anno si rinnoverà l'ordinanza contro gli ambulanti abusivi sulle spiagge, extracomunitari e non. La differenza è che con la legge "Bossi-Fini" all'immigrato non servirà entrare in acqua per sfuggire ai carabinieri, la sua merce sarà sequestrata e lui sarà espulso dal Paese. Da tre anni la Giunta comunale propone che siano allestiti mercati multi-etnici in diversi quartieri prossimi al mare, ma si dice che gli ambulanti extracomunitari non vogliano perché dovrebbero pagare le tasse, cosa che non fanno essendo abusivi. Contrari a questa soluzione anche i commercianti rimininesi, sia di sinistra che di destra. Cosa si può fare in una città come Rimini che investe e vive di turismo? Questi problemi dovrebbero in realtà essere affrontati prima dell'inizio della stagione e dell'arrivo in massa degli ambulanti extracomunitari, in modo tale da giungere alla radice del problema e magari risalire a chi guadagna veramente con gli abusivi, i quali non arrivano sprovveduti perché già organizzati nel trovare la merce, anche questa "nera" come la loro pelle. La "Bossi-Fini" non dà nessuna alternativa se non quella dell'espulsione discriminatoria, vale a dire spazzare e poi mettere la sporcizia sotto il tappeto.

 

 

2. Bologna e i rifugiati: in quell'ufficio chi arriva... è scampato alla morte di Nabil Igui (www.migranews.net)

24/06/2003 - Arrivano in centinaia e a volte in migliaia per fuggire da guerre, dittature e intolleranze di tutti i generi. Hanno lasciato il loro Paese per trovare scampo e salvarsene la pelle. Qualcuno riesce, altri si perdono a metà strada e qualcun altro viene respinto alla frontiera e rimandato indietro.

Lo ha ricordato, in occasione della giornata mondiale dei rifugiati, la Caritas di Bologna organizzando un convegno per fare il punto sulla situazione e dare la parola a chi sul tema ne sa e soprattutto a quelli che hanno vissuto sulla loro pelle questo passaggio forzato della vita. Un viaggio che a volte viene raccontato come un incubo di orrore e di morte.

L'Italia è l'unico Paese europeo a non avere una legge organica sull'asilo politico, il solo a non aver pensato di risolvere una questione che comprende la vita e l'accoglienza di persone che fuggono lasciando tutto improvvisamente. Secondo il vice questore di Crotone, Orlando Amadeo, «le autorità a volte non mettono a disposizione del richiedente asilo tutte le informazioni sui diritti e doveri. In certi casi una parola in più o un gesto gentile può alleggerire il peso di questo trauma». L'idea di creare un centro di prima accoglienza a Crotone è nata proprio per rispondere a questo bisogno di informazioni e di assistenza. Il nostro dovere, afferma Orlando Amadeo, «è applicare la legge nel senso positivo. Non possiamo mandare via la gente senza dar loro almeno un'opportunità per provare; altri due centri simili saranno operativi nei prossimi giorni a Pantelleria e Lampedusa».

Nazzarena Zorzella, avvocata dell'Agi (l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione) ha insistito sulla mancanza di una legge organica. La questione della disinformazione «è un fatto grave nei confronti di chi arriva in Italia» ma anche « il respingimento alla frontiera senza istruttoria preliminare rappresenta una violazione all'articolo 10 della Costituzione italiana che garantisce il diritto di protezione a chi è vittima di persecuzioni nel Paese d'origine per motivi politici, di religione, di razza, di sesso o di appartenenza sociale». Un altro problema sollevato nell'intervento della Zorzella riguarda il trattenimento dei richiedenti asilo nei centri di prima accoglienza: è una «violazione del diritto di libertà individuale» (garantito dei trattati internazionali). Come ricorda la Zorzellla, la legge 189 del 2002 - la cosiddetta Bossi-Fini - ha introdotto novità abbastanza significative sull'asilo, che però rischiano di rendere ancora più difficile la possibilità del "richiedente" di essere tutelato, perché a esempio si prevede «l'espulsione prima del controllo giurisdizionale ma questa interpretazione rappresenta una negazione del diritto di difesa e del rifugio riconosciuti dalla nostra Costituzione».

Raul Collina (responsabile del servizio immigrazione del Comune di Bologna) riconosce l'arretratezza sul piano giuridico dello Stato italiano ma poi fa il punto soprattutto sulla situazione locale. «Nel 2002 si sono rivolti a noi circa 80 persone fra richiedenti asilo e rifugiati, accolti e sostenuti dal bilancio comunale». Il Comune offre inoltre sostegno per la risoluzione delle pratiche amministrative (documenti, scelta del medico di base, iscrizione ai corsi di lingua, accesso ai servizi, ecc). Un evento importante per la città, secondo Collina, sarà la prossima apertura a Bologna di un nuovo centro (gestito dalla Caritas) con 32 posti dove saranno ospitati in appartamenti anche 16 richiedenti asilo. «Rappresenta un primo tentativo di rispondere alle domande di abitazione nella prima fase durante l'attesa di avere il riconoscimento come rifugiato».

Per la responsabile dell'ufficio Caritas di Bologna, Francesca Tiberio «è molto complicato descrivere ciò che avviene nel nostro ufficio da circa tre anni e mezzo, da quando cioè si è aperto uno sportello richiedenti asilo politico. E' difficile trasmettere con le parole le sofferenze, le fatiche e le paure di chi si presenta qui». L'arrivo di un richiedente asilo è simile alla nascita di un bambino e le fasi che noi cerchiamo di curare di più sono proprio le prime «perché crediamo che ogni volta che un bambino nasce sia un miracolo meraviglioso, ogni volta che un richiedente asilo arriva nel nostro ufficio significa che si è salvato la vita».

 

 

3. PININFARINA: bisogno di immigrati, ma Bossi non ha torto intervista al quotidiano nazionale (ANSA)

ROMA, 24 GIU - Le imprese non trovano più italiani disposti a fare tutti i mestieri.

Ma il problema dell'immigrazione non si risolve prospettando quote e nuove norme: basterebbe far funzionare la legge che c'é. Andrea Pininfarina, presidente dell'Unione industriali di Torino prende le distanze dagli eccessi della Lega, ma non boccia del tutto Bossi.

 

In un'intervista al QUOTIDIANO NAZIONALE afferma che Bossi "in parte ha ragione. Non certo quando va sopra le righe, ma sono d'accordo che sul fatto che la Bossi-Fini sia ferma. Penso che fatta una legge, che prevede l'ingresso a chi è in regola e ha un lavoro, basta farla funzionare".

 

Pininfarina spiega che le imprese hanno un "assoluto bisogno di manodopera, e non solo in una regione particolare come il Veneto... L'importazione di manodopera è una grande necessità delle aziende, ma andrebbe gestita e pianificata meglio. In accordo con i paesi d'origine, bisognerebbe far venire quelli che servono e, concertare quote d'importazione utili. Dobbiamo prendere l'esempio dagli Stati Uniti.

Repressi i fenomeni clandestini e cogestita l'immigrazione con i paesi confinanti - continua - l'America ha ricevuto dalla manodopera ispano-caraibica una grande spinta all'economia".(ANSA).

 

4. IMMIGRAZIONE: Fassino, portare avanti politica comunitaria (ANSA)

ROMA, 24 GIU - I governi di centrosinistra "hanno concluso 28 accordi bilaterali" con i paesi da cui partono i flussi migratori diretti al Mediterraneo e in particolare all'Italia. E' quanto ha ricordato il segretario dei Ds Piero Fassino a conclusione di un seminario del Pse sulla imminente presidenza italiana dell'Unione Europea.

 

"Dobbiamo proseguire una politica europea che punti sull'accoglienza e non solo sul rimpatrio - ha sottolineato Fassino - ricordando al "ministro degli Esteri, Franco Frattini che i passati governi di centrosinistra hanno impostato la loro azione sulla dimensione europea di questo fenomeno; che il fondo europeo è stato istituito su proposta dell'Italia dopo le vicende del Kosovo; che gli accordi di Schengen sono diventati operativi grazie agli strumenti realizzati dai governi di centrosinistra".

 

La necessità di seguire una politica comunitaria da parte dell'Italia, in materia di immigrazione è stata sottolineata anche dal presidente del Pse, Enrique Baron Crespo, che ha sollecitato a non isolare questo problema da due elementi che riguardano il futuro dell'Europa: "La necessità del rilancio del dialogo nel Mediterraneo e il futuro demografico dell'Europa stessa". (ANSA).

 

5. CRIMINALITA': 78% reati immigrati opera di clandestini, studio ricerca CGIA MESTRE su elaborazione dati Ministero Interno (ANSA)

 

VENEZIA, 24 GIU - Dei 189.424 reati commessi dagli extracomunitari in Italia nel 2000, il 78,3% è a carico di immigrati clandestini. I responsabili per oltre il 90% sono di nazionalità moldava, ucraina, croata e algerina senza permesso di soggiorno.

 

Il 56% dei reati legati allo sfruttamento della prostituzione sono a carico di cittadini stranieri e il 40% di persone denunciate per furto sono stranieri. Il dato è emerso da una ricerca dell'associazione artigiani di Mestre (CGIA) di Mestre che hanno elaborato i dati del Ministero dell Interno.

 

La regione maggiormente interessata da reati commessi da clandestini - sempre secondo l' elaborato dell'associazione artigiani mestrini - è la Liguria (86,3% di 13.650 reati), seguita da Piemonte (85,1% di 24.420), Campania (84,7% di 6.892), Lazio (81,8% di 18.611), Molise (80% di 238), Sardegna (79,7% di 775), Toscana (79,7% di 17.469), Sicilia (77,9% di 2.697), Veneto (76,8% di 21.778), Puglia (75,9% di 7.509), Friuli Venezia Giulia (75,4% di 5.039), Lombardia (75% di 38.290), Calabria (74,9% di 1.600), Valle d'Aosta (74% di 450), Basilicata (73,1% di 427), Marche (72,8% di 4.927),ed Emilia Romagna (72,6% di 16.967). Le regioni meno "colpite" sono, invece, il Trentino A.A. (63,6% di 3.104) e l Abruzzo (66,9% di 2.019). Manca il dato dell'Umbria.

 

Oltre allo sfruttamento della prostituzione, gli altri reati commessi dagli immigrati riguardano la rapina (50%), il contrabbando (44%), il furto (40%), la ricettazione (38%), la violenza e l oltraggio (35%) e la rissa (34%).

 

Per il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, è necessaria "una politica capace di rispondere a queste emergenze, soprattutto ora che continuano ad arrivare, quotidianamente, nuove ondate di clandestini in cerca di una speranza che in molti casi si traduce in un ingresso nella criminalità. Un Paese civile come il nostro - prosegue - non può non accogliere e mettere in campo una serie di politiche e di misure di prima accoglienza per fronteggiare l emergenza sbarchi. Tuttavia, non possiamo non constatare che ormai esiste una stretta correlazione tra criminalità, spesso organizzata, e immigrazione clandestina".

 

"Non vogliamo assolutamente fare dell allarmismo sociale o peggio una caccia al clandestino - conclude Bortolussi - tuttavia questi dati ci indicano che la criminalità di un certo livello, legata al fenomeno della clandestinità, è sempre più presente e diffusa nel nostro territorio. Pertanto le politiche di integrazione e di inclusione di questi cittadini stranieri vanno rafforzate al fine di contenere questo delicatissimo problema sociale". (ANSA).

 

6. IMMIGRAZIONE: Taormina, indagare su costi centri accoglienza sono divenuti mucche da mungere, intervenga anche magistratura (ANSA)

 

CATANZARO, 24 GIU - Un' inchiesta sui costi per i centri di accoglienza per immigrati è stata sollecitata da Carlo Taormina, di Fi, componente la Commissione parlamentare antimafia, a giudizio del quale tali strutture sono divenute ormai delle "mucche da mungere".

 

"E' necessario - ha detto Taormina, parlando con i giornalisti a margine delle audizioni della Commissione in corso a Catanzaro - fare un' analisi per capire quanto costano, dove vanno a finire i soldi e chi ne trae un ingiustificato vantaggio. Sosteniamo spese incredibili che non sempre sono giustificate e sulle quali vorrei che si facesse un' inchiesta da parte degli organi di controllo e, perché no, anche da parte della magistratura per capire se ci sono speculazioni".

 

A giudizio di Taormina, inoltre, "non è assolutamente vera l' ipotesi dell' inesistenza di raccordi tra la criminalità organizzata e l' immigrazione. E non è vero - ha aggiunto - sotto due profili. Il primo riguarda i raccordi che la criminalità extracomunitaria deve istituire con quella italiana per poter mandare i barconi o per poter fare arrivare forza lavoro in Italia; il secondo è che, dalle indicazioni che sono arrivate anche alla Commissione, il rapporto tra criminalità organizzata e immigrazione si è saldato, specialmente in Calabria. Abbiamo la prova, ad esempio, che le organizzazioni calabresi utilizzano gli immigrati nel traffico delle sostanze stupefacenti". (ANSA).

 

7. IMMIGRAZIONE: Bossi-Fini, iniziativa comboniani in 23 città documento inviato al Presidente Ciampi (ANSA)

NAPOLI, 24 giu - Sono 23 le città italiane dove vi saranno il prossimo 27 giugno manifestazioni interreligiose promosse dai missionari comboniani sotto le Prefetture per protestare "contro la inumana legge sui flussi migratori". Napoli sarà la città capofila della protesta con la presenza Padre Alex Zanotelli e Giuliana Martirani mentre un documento è stato inviato al capo dello Stato dai missionari comboniani per cambiare la legge Bossi-Fini.

 

Croci, catene e bandiere islamiche della pace saranno gli unici simboli che porteranno cristiani e islamici per protestare contro la inumana legge Bossi-Fini. I momenti di preghiera, di canti e di testimonianza si eseguiranno in contemporanea venerdì 27 giugno alle 19 a Novara, Varese, Como, Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Padova, Venezia, Trento, Bologna, Ferrara, Firenze, Massa Carrara, Roma, Napoli, Avellino, Salerno, Caserta, Benevento, Bari, Palermo.

 

"La Bossi-Fini - spiegano i comboniani - di fatto sta solo colpendo gli immigrati che non sono nel giro malavitoso, ma la cui unica 'colpa' è quella di non avere il permesso di soggiorno". Tra i rilievi contenuti nel documento la trasformazione di un illecito amministrativo, cioé la condizione di irregolarità in reato penale, "con tutte le conseguenze sul piano della repressione e della sanzione che ciò comporta". Secondo i comboniani si è introdotto "un infallibile meccanismo di criminalizzazione: se la condizione di clandestinità non costituisce di per sé reato, il mancato allentamento spontaneo dallo Stato fa scattare l'ipotesi di reato. Nei fatti sempre più frequentemente, l'amministrazione non tenta neppure di allontanare lo straniero: preferisce lasciarlo uscire 'libero' dalla Questura, sapendo che nel tempo di soli 5 giorni, è destinato a commettere un reato (ovvero la permanenza illegale in Italia) . A quel punto, non si procederà più per rintracciare un clandestino bensì per catturare un criminale". (ANSA).

 

8. IMMIGRAZIONE/Inchiesta - Oltre la metà (53%) degli stranieri presenti in Italia ha la laurea, ma rischia una ''dequalificazione''. Mancato riconoscimento, burocrazia: le difficoltà di vedersi riconosciuto un titolo di studio di Elisabetta Norzi

 

24/06/2003  BOLOGNA - Commercialista in Albania, impiegato in Italia. Biologa in Romania, colf in Italia. Psicologa in Messico, disoccupata in Italia. Gli immigrati qualificati, nel nostro paese, sono una componente rilevante del flusso migratorio, ma lasciato il paese d'origine spesso esperienza, studi e capacità non servono più a nulla. I numeri - anche se a livello nazionale non è facile fare stime - parlano chiaro: secondo due ricerche del Gruppo Cerfe (Progetti Ragi e Raimi,1999), condotte su un campione significativo di immigrati qualificati (979 stranieri, in Lazio, Umbria, Toscana, Sardegna, e 120 key persone, ovvero soggetti in contatto con la realtà delle migrazioni internazionali), i laureati sono risultati il 53%. Se si mettono però in rapporto l'esperienza curriculare e professionale acquisita e il tipo di lavoro svolto, escludendo coloro che non sono ancora inseriti in una esperienza lavorativa, emerge come più del 77% delle donne e più del 66% degli uomini si trovino coinvolti in un processo di progressiva dequalificazione, non riuscendo a mettere a frutto le proprie capacità e competenze. Non solo: secondo alcune stime (sempre Cerfe), gli immigrati con un'istruzione superiore rappresentano in Italia circa un quarto della popolazione immigrata. Nella sola città di Roma (dati Caritas) il 67,5% degli immigrati residenti ha una formazione secondaria superiore o universitaria, addirittura circa 30 punti percentuali in più rispetto ai romani.

Ma che cosa succede quando si mette piede nel nostro paese? Sicuramente una buona preparazione personale aiuta a trovare un lavoro, ma il grosso problema sta a monte: è molto difficile arrivare al riconoscimento di un titolo di studio "straniero". Non tanto - o non solo - per la burocrazia, ma soprattutto perché manca un'adeguata informazione al riguardo, sia tra gli italiani che tra gli immigrati. Non è raro, così, che molti migranti, arrivati in Italia, tengano nascosti lauree e diplomi. Durante i colloqui di lavoro, poi, nei settori più diversi, i ritornelli che si sentono ripetere sono sempre gli stessi: "la tua laurea è troppo" oppure la "tua laurea è troppo poco". Per i mestieri che non richiedono un titolo di studio specifico, infatti, chi possiede una laurea ha più probabilità di ottenere il posto senza dire di averla - meglio una persona con aspettative più basse (come viene ripetuto anche a molti neolaureati italiani) -; per le professioni che invece una laurea la richiedono, ci si scontra con la burocrazia. Per ottenere la validità di una laurea non comunitaria ci vogliono tempo, pazienza e la voglia di rimettersi sui libri: l'equiparazione prevede infatti, nella maggior parte dei casi, il superamento di esami aggiuntivi. Per non parlare dei bandi delle Università, che chiedono sempre come requisito la cittadinanza italiana o comunitaria, fatta eccezione, in alcuni casi, per i dottorati. Chi quindi non è italiano, non può accedere agli assegni di ricerca né concorrere per i bandi da ricercatore. Dopo anni di studio, dunque, magari anche dopo una specializzazione presa in un'Università italiana, è molto raro che un cittadino non comunitario riesca a trovare un lavoro che abbia qualcosa a che vedere con gli studi che ha fatto. Ma il discorso è complesso, e va inserito in un contesto più ampio: la crisi che sta vivendo il "lavoro istruito" nel nostro paese, la mancanza - tipicamente italiana - di una richiesta di personale tecnico qualificato straniero, la carenza di una decisa volontà politica e culturale di creare una società davvero multietnica.(en)

 

9. IMMIGRAZIONE - Luciano (Stranieri in Italia): '' Troppo basse le quote del decreto flussi. Devono decidere le Regioni''

 

24/06/2003  ROMA - Sono troppo basse le quote del decreto flussi: 19mila 500 lavoratori extracomunitari non bastano a soddisfare le esigenze di manodopera del nostro paese. E' questo il giudizio di Gianluca Luciano, amministratore unico di "Stranieri in Italia", casa editrice specializzata in immigrazione. "L'Italia - sottolinea - ha bisogno di almeno 200mila lavoratori stranieri l'anno, gli ingressi autorizzati con questo decreto possono al massimo tamponare qualche emergenza, come quella del lavoro stagionale nei campi".

La speranza secondo Luciano è che si tratti di un provvedimento provvisorio a cui faccia seguito presto un altro decreto flussi, "con cifre più adeguate". "La clandestinità può essere battuta solo con una corretta programmazione degli ingressi regolari, - spiega - diversamente continuerà il fallimento delle politiche migratorie di questo Paese: il 70% dei immigrati regolari sono entrati clandestinamente e hanno ottenuto un permesso di soggiorno grazie ad una sanatoria".

Secondo l'amministratore di "Stranieri in Italia" un possibile soluzione a questa difficoltà consiste ne far decidere il numero di ingressi direttamente alle Regioni, "che conoscono il sistema produttivo locale e possono coordinarsi meglio con associazioni di categoria e sindacati".

 

10. RIFUGIATI - Nuovo rapporto di Amnesty International sull'Afghanistan. ''Un Paese ancora non abbastanza sicuro''

24/06/2003  ROMA - Amnesty International ha ribadito oggi il timore che la situazione in Afghanistan non sia tale da permettere la promozione dei programmi di rimpatrio volontario dei rifugiati e dei richiedenti asilo e ha chiesto ai paesi interessati di non esercitare pressioni per far ritornare i rifugiati in un contesto non sostenibile. Ha dichiarato Luca Lo Presti, coordinatore Afghanistan della Sezione Italiana di Amnesty International: "Le condizioni di sicurezza in tutto l'Afghanistan si sono fortemente deteriorate nel corso del 2003 e non si può dire che siano mutate in modo decisivo, duraturo ed effettivo. E' dunque difficile pensare di promuovere il rimpatrio in un futuro immediato".

Nel suo rapporto, intitolato "Afghanistan - Invisibili e dimenticati: il destino degli afgani che rientrano nel paese", Amnesty International denuncia che, nelle attuali condizioni, l'impossibilità per molti rifugiati e profughi interni di tornare ai luoghi di origine o di scelta sta dando vita a una nuova emergenza e a un ulteriore ciclo di abbandono del paese.

"La praticabilità del rientro è anche ostacolata dall'inadeguatezza degli aiuti e dell'assistenza alla ricostruzione da parte della comunità internazionale. Occorre rimediare a questa situazione: l'Afghanistan non può scomparire nuovamente dall'agenda internazionale - ha aggiunto Lo Presti -. "La situazione è esacerbata inoltre dal fatto che, in molti casi, il ritorno si sta svolgendo in circostanze che non e' possibile definire volontarie".

Negli ultimi venti anni, il Pakistan e l'Iran hanno garantito rifugio a quasi sei milioni di rifugiati afgani. Tuttavia, negli ultimi anni, Amnesty International ha notato che il "peso dell'asilo" in questi due paesi ha determinato pressioni per spingere i rifugiati al rientro, in violazione degli standard del diritto internazionale.

Facendo credere che si tratti di un rientro in sicurezza, paesi non confinanti con l'Afghanistan, tra cui Regno Unito e Australia, hanno a loro volta manifestato l'intenzione di costringere i richiedenti asilo e i rifugiati afgani a rientrare nel paese. Questo rappresenta un ulteriore motivo di preoccupazione per Amnesty International. "Se i rifugiati non possono rientrare nel loro paese di origine vi è sempre più la possibilità, confermata da quanto accaduto in Afghanistan a partire dal 2002, che essi cercheranno nuovamente di ottenere riparo in altri paesi. Favorire la praticabilità del rientro è dunque nell'interesse degli stessi rifugiati, del paese di origine e dei paesi di asilo, sia confinanti che lontani rispetto al paese da cui provengono questi ultimi", ha proseguito Lo Presti.

Amnesty International chiede ai paesi non confinanti con l'Afghanistan che ospitano rifugiati, specialmente a quelli industrializzati come l'Australia e gli Stati membri dell'Unione Europea, di essere consapevoli del fatto che il rientro forzato dei rifugiati o dei richiedenti asilo le cui domande sono state respinte trasmette un segnale sbagliato ai paesi in via di sviluppo che ospitano masse ben più ampie di afgani, e cioè che essi a loro volta possono dare inizio alla fase di rientro. L'organizzazione per i diritti umani ha ribadito che l'assistenza alla ricostruzione dell'Afghanistan deve essere adeguata e concreta, che deve essere garantito un effettivo livello di sicurezza in tutto il paese e che le istituzioni nazionali che si occupano di giustizia, polizia e riforme sociali devono essere messe in grado di operare ovunque e in modo tale da rispettare i diritti umani. Conclude Lo Presti: "Solo quando queste condizioni saranno soddisfatte, sarà possibile per i rifugiati e i profughi interni interrompere il ciclo dell'abbandono e ritornare nei luoghi di origine in modo davvero volontario e praticabile".

 

11. IMMIGRAZIONE - Stranieri laureati. Ambrosini (Univ. di Genova): ''Ai problemi dell'occupazione si aggiunge la discriminazione degli Ordini''

 

24/06/2003  GENOVA - Nel nostro paese il lavoro istruito sta vivendo un periodo di forte crisi, che tocca tutti, italiani e stranieri. Bisogna partire da qui, secondo Maurizio Ambrosini, sociologo dell'Università di Genova, per riflettere sulla difficoltà che incontrano gli immigrati laureati a trovare un lavoro in Italia. "Per fare un esempio concreto - sottolinea Ambrosini - nelle piccole imprese i laureati sono sotto il 4%. E' chiaro, quindi, come gli spazi per l'assunzione di giovani laureati, italiani o stranieri che siano, sono molto ristretti. Per il terziario, invece, e per terziario si va dall'impresa di pulizia alla consulenza aziendale, sono in genere richieste elevate competenze linguistiche, che possono essere un limite per gli stranieri".

Ma i problemi non si fermano qui: un altro esempio? "Un laureato in diritto in un paese straniero - prosegue Ambrosini -, non ha solo il problema del riconoscimento formale del proprio titolo di studio, ma deve trovare un datore di lavoro interessato, magari per motivi commerciali, a una persona che conosca il diritto di un determinato paese".

Niente di strano, quindi, se uno straniero laureato non trova lavoro?"Assolutamente no - precisa -. Quella che ho fatto finora è solo la premessa: a tutto questo si aggiunge il grosso problema della discriminazione. C'è un aspetto molto grave in Italia, che è la resistenza degli ordini professionali, da quello dei medici e quello dei commercialisti o dei giornalisti, ad allargarsi agli stranieri, e ai giovani in generale. Il sistema degli ordini ha una chiusura sociale molto forte, che vede come vittime, in primo luogo, proprio gli stranieri e i ragazzi neolaureati". Non si può però generalizzare: "non sempre uno straniero laureato che arriva nel nostro paese è costretto a tenere nascosto il proprio tutolo di studio per trovare lavoro; questo non è certo l'unico esito - aggiunge Ambrosini -. Qualche sbocco professionale c'è: il più diffuso è quello per occupazioni come mediatori culturali, soprattutto per le donne, e poi per il grosso settore del precariato intellettuale, ruoli da interpreti, consulenti nei tribunali, ricercatori, consulenti per enti locali. Esistono poi casi fortunati di battaglie vinte, innanzitutto con il matrimonio e l'ottenimento della cittadinanza italiana. Con fatica, e molto travaglio, insomma, qualche spiraglio si sta aprendo; forse il settore migliore, da questo punto di vista, è quello infermieristico, dove la richiesta di personale è molto alta". Ma in Italia c'è un altro problema, ben più complesso, che è quello della scarsa richiesta di personale straniero tecnico qualificato, come al contrario avviene in altri paesi (Stati Uniti in testa): "nel nostro paese gli immigrati sono soltanto a bassa qualifica - conclude Ambrosini -; la grande richiesta è per quei lavori che io definisco 'occupazioni a cinque P': ovvero precarie, poco pagate, pericolose, pesanti e penalizzate socialmente, che ricoprono proprio gli immigrati".

 

12. IMMIGRAZIONE - A Roma il 67,5% degli stranieri ha una formazione secondaria superiore o universitaria. Percentuale più alta tra gli europei

 

24/06/2003  ROMA - Il 67,5% degli immigrati residenti a Roma ha una formazione secondaria superiore o universitaria, circa 30 punti percentuali in più rispetto ai romani. E' questo il dato della ricerca condotta da Luca Di Sciullo e Leonardo Samà, tra i curatori del Dossier statistico immigrazione della Caritas, che verrà pubblicata a settembre dalla Camera di Commercio in un volume dedicato al ruolo degli immigrati a Roma. Una premessa: l'area romano-laziale, che detiene un sesto di tutta la presenza straniera (212.000 su 1.362.000 al 31 dicembre 2001), trova a Roma il suo "epicentro"; nella provincia si trova il 90% della presenza regionale, nella capitale il 90% della presenza provinciale. A Roma sono poi rappresentati tutti i gruppi stranieri, e la loro presenza è di più lunga durata rispetto ad altre città italiane. Il sorprendente dato sui titoli di studio è stato stabilito analizzando la classificazione che fa l'anagrafe di Roma a tutti i suoi i scritti, stranieri compresi, e prendendo in considerazione i dati dei censimenti Istat. Risulta, così, che la percentuale complessiva dei laureati tra gli stranieri è molto più alta di quella rilevata per i romani. Il livello medio-alto di formazione è percentualmente più rilevante tra gli europei e, in particolare, tra i cittadini dell'Unione europea rispetto a quelli dell'Est. Lo stesso avviene tra gli americani, con una prevalenza di livelli di formazione più alti dei nordamericani sui latinoamericani. Tra gli africani non solo si abbassa la percentuale dei laureati (13,1%, comunque superiore a quella dei romani) ma è notevole la differenza tra i due sessi (18% gli uomini e 6,3% le donne), mentre la differenza è meno accentuata per quanto riguarda i diplomi. Per le donne la situazione varia molto a seconda del paese di provenienza: tra le capoverdiane lo 0,2% è in possesso di laurea e l'8,3% di diploma, mentre tra le egiziane le percentuali sono, rispettivamente, del 23,1% e del 51,7%. Tra gli asiatici è bassa la percentuale dei laureati (12,7%) e più soddisfacente la percentuale dei diplomati (42,8%) e sono meno vistose le differenze tra le donne e gli uomini: 10,6% laureate rispetto al 15,1% degli uomini, 46,% diplomate rispetto al 40,4% degli uomini. Naturalmente la situazione, per i diversi paesi di provenienza, è molto diversificata: tra gli indiani, i laureati sono il 13,2% e i diplomati 58,1%; tra gli iraniani, i laureati 22,8% e i diplomati 68,5%; tra i filippini, i laureati 9,9% e diplomati 43,3%. Ma i titoli di studio sono utili, poi, per trovare un lavoro in Italia? Chi proviene dai paesi ad alto indice "di sviluppo umano" svolge in gran parte (38,3%) lavori intellettuali e, più raramente, mansioni non qualificate (11,2%); la situazione si inverte (13,3% lavori intellettuali e 56,1% mansioni non qualificate) per i paesi "a medio sviluppo" (Filippine, Brasile, Libano, Romania, Perù e Paesi ex Urss). Tra gli immigrati provenienti dai paesi con un "basso indice di sviluppo" la percentuale di impiegati in mansioni intellettuali è del 33% e di quelli impiegati in mansioni non qualificate del 37,7%.

Infine un'analisi dei dati "al femminile": disaggregando i numeri relativi alle donne laureate si riscontra che il 20% svolge lavori da casalinga. Si può quindi concludere che lo spreco formativo (il cosiddetto "Brain Waste") coinvolge specialmente la popolazione femminile (4 su 10 donne straniere laureate). I due terzi delle casalinghe possiede, infatti, una laurea o un diploma. Più critica la situazione tra i diplomati, sia maschi che femmine: oltre il 30% svolge lavori a bassa qualificazione.

 

13. RIFUGIATI - ''Le sfide dell'integrazione''. Un convegno per discutere delle difficoltà dei richiedenti asilo in Italia

 

24/06/2003  ROMA - In occasione della Giornata mondiale del rifugiato 2003, oggi il Centro Astalli promuove il convegno "Le sfide dell'integrazione". L'incontro si svolgerà presso la Sede di Civiltà Cattolica, in Via di Porta Pinciana 1, alle ore 17.30: un'occasione per discutere delle difficoltà che oggi rifugiati e richiedenti asilo in Italia devono affrontare per ricostruirsi una vita dignitosa lontano dal loro paese.

Al convegno interverranno Giovanna Botteri, giornalista Rai, inviata in Iraq durante l'ultimo conflitto, che darà la sua testimonianza di reporter di guerra, raccontando gli orrori dei bombardamenti a Bagdhad di cui ha ripreso e raccontato per prima l'inizio; Lucio Caracciolo direttore di "Limes" - insieme al gesuita padre Francesco De Luccia (direttore del Centro Astalli) - individuerà quali sono oggi le sfide più importanti da affrontare affinché si possa parlare realmente di integrazione delle persone straniere che arrivano in Italia, costrette a fuggire dalle loro case, dal loro lavoro e spesso dalle loro famiglie. Racconterà inoltre la sua storia di rifugiato in Italia Abdelazim Ali, giornalista sudanese, il quale ha vissuto in prima persona il percorso che va dalla domanda d'asilo al riconoscimento dello Status di Rifugiato in Commissione Centrale. Interverrà su questi temi anche l'assessore alle Politiche sociali e della salute del Comune di Roma, Raffaela Milano.

Quest'anno la Giornata Mondiale del Rifugiato si celebra mentre si è in attesa del regolamento di applicazione della legge Bossi - Fini e delle restrizioni alla disciplina sull'asilo politico che essa apporterà. Inoltre "quest'appuntamento fa i conti con la rinnovata polemica politica, dai toni violenti e spesso razzisti, sugli sbarchi di profughi che arrivano sulle nostre coste, spesso con mezzi di fortuna, mettendo seriamente a repentaglio la loro vita e quella dei loro cari", fa notare il Centro Astalli, da venti anni impegnato a fianco di richiedenti asilo e rifugiati. Il convegno vuole offrire uno spunto "per capire, guidati da relatori di spicco, quali linee politiche e culturali possono rendere l'Italia paese dell'accoglienza e dell'integrazione".

Per informazioni: Donatella Parisi, tel 06/69925099; e-mail astalli@jesref.org; www.centroastalli.it. (lab)

 

14. MINORI - Progetto-pilota della Regione Veneto per educare i bambini sotto i 4 anni a non discriminare

23/06/2003 VENEZIA - Un progetto-pilota per aiutare i bambini sotto i 4 anni a conoscere e rispettare l'altro. L'iniziativa è della Regione Veneto che, in tre anni, ha formato 120 insegnanti delle scuole d'infanzia della regione ad educare 3000 bambini veneti ad avere rapporti non discriminatori con i bambini di altre culture, lingue e religioni. Il progetto ha toccato 36 scuole dell'infanzia delle province di Padova, Verona, Vicenza e Treviso (dove maggiore è la percentuale di bambini stranieri nelle scuole d'infanzia) ed è stato coordinato dal Seef (Servizi per l'età evolutiva e la Famiglia) di Padova e dal Bice (bureau international catholique de l'enfance).

Il bilancio a chiusura di questi tre anni è stato presentato nel corso di un convegno in cui l'Assessore regionale alle politiche sociali Antonio De Poli ha sottolineato l'importanza pedagogica e culturale dell'iniziativa. "Il progetto - ha spiegato l'Assessore - si è posto i seguenti obiettivi generali: insegnare ai bambini, senza distinzioni in merito alle loro origini o al loro status, come confrontarsi con le differenze culturali e la diversità a livello sociale e nella loro vita privata; fornire loro le abilità, le conoscenze e gli atteggiamenti necessari ad acquisire questa competenza, promuovere la tolleranza, il rispetto e la comprensione reciproca; l'apertura verso individui e gruppi provenienti da un contesto diverso quanto a cultura, etnia, nazione, religione, combattere razzismo, xenofobia, discriminazione, pregiudizi e stereotipi; fornire agli insegnanti (e altro personale scolastico) abilità professionali complementari che permettano di lavorare con efficacia in classi e scuole culturalmente ed etnicamente miste". Nella seconda fase del progetto ci si è poi indirizzati ad alcuni obiettivi specifici, tra cui: la costituzione di un nucleo di operatori specificamente formati sui temi del progetto, in grado di divenire referenti permanenti per le scuole d'infanzia del territorio a cui le stesse possano rivolgersi per lo sviluppo, in particolare, di iniziative e progetti educativi interculturali e di diffondere sul territorio l'esperienza di questo progetto interculturale nelle scuole d'infanzia con il coinvolgimento dei bambini e delle loro famiglie.

 

15. IMMIGRAZIONE: internet favorisce integrazione, la TV no (ANSA)

BOLOGNA, 22 GIU - Internet e l' utilizzo attivo dei nuovi media favoriscono l' integrazione sociale dei minori immigrati, mentre i media tradizionali, primo fra tutti la televisione, possono favorire diffidenza e paura nei confronti dell' immigrazione. E' quanto è emerso da una tavola rotonda coordinata da Elisa Manna, responsabile del settore Cultura del Censis, nel presentare, ad 'Agora 2003', summmit sul rapporto tra media e minori, i risultati di alcune ricerche europee coordinate dal Censis.

 

In particolare dai dati risulta che l' utilizzo attivo dei media da parte dei minori immigrati li aiuta ad elaborare le difficoltà dell' esperienza dell' immigrazione grazie allo scambio via internet delle loro esperienze con giovani di altri paesi. Al contrario - dallo studio Tuning in to diversity - è emerso che il collegamento continuo dell' immigrazione con immagini e episodi di criminalità e di disagio sociale (come ad esempio gli sbarchi di clandestini) favorisce episodi di intolleranza e di emarginazione. Lo studio a tale proposito suggerisce di mostrare in Tv e di trattare nei giornali casi di integrazione riuscita per promuovere un atteggiamento sociale equilibrato rispetto al fenomeno dell' emigrazione.

 

Dalle analisi illustrate dal Censis a Bologna, si scopre che esiste una fitta rete di piccole emittenti e piccole testate gestite direttamente da immigrati che nel denunciare lo scarto tra realtà e rappresentazione veicolata dai principali media realizza un' azione capillare di diffusione di informazione sugli immigrati e per gli immigrati tendente a favorire l' integrazione.

 

Le proposte del Censis verranno illustrate domani, sempre a Bologna, nel corso del dibattito sulla qualità in Tv, che chiuderà il summit su media e minori. (ANSA).

 

16. CLANDESTINI: via libera al decreto anti-sbarchi (AGI)

Roma, 21 giu. - E' passato il decreto anti-sbarchi. Il 19 giugno ha, infatti, avuto il via libera dal Consiglio dei Ministri. non sono stati invece esaminati i quattro regolamenti che consentono di rendere operativa la legge sull'immigrazione, la Bossi-Fini. La necessita' del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di recarsi a Salonicco ha fatto slittare l'esame dei provvedimenti che sono gia' stati presentati, nella loro versione definitiva, come ha sottolineato il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, alla stessa Presidenza del Consiglio.

Il titolare del Viminale, che ha rilasciato ai giornalisti una breve dichiarazione, non ha risposto alla domanda di chi gli chiedeva se Bossi si fosse rammaricato dello slittamento. E' stato pero' approvato il decreto ministeriale anti-sbarchi.

"Ho consegnato alla Presidenza del Consiglio i quattro regolamenti di attuazione della legge Bossi-Fini e i tre decreti di attuazione previsti - ha spiegato Pisanu - uno di essi, quello che riguarda le modalita' di intervento e contrasto in mare dell'immigrazione clandestina" oggi ha ricevuto la firma del ministro dell'economia Giulio Tremonti. E dunque, "entra praticamente in vigore".

Fra questi decreti "lo dico per amor di precisione", ha detto ancora Pisanu, "ce n'e' uno che riguarda (di concerto con il ministro dell'Economia e delle Finanze) la direzione centrale della polizia dell'immigrazione, sul quale manca ancora il parere delle organizzazioni sindacali".

Quanto al decreto relativo al programma nazionale d'asilo, questo "sara' sottoposto alla conferenza unificata i delle regioni, delle province e dei comuni".

I quattro regolamenti attuativi, ha spiegato il titolare del Viminale ai giornalisti, "sono frutto di una concertazione fra diverse amministrazioni. A me e' stato dato il compito di redigere i testi definitivi".(AGI)

 

17. LE MISURE del decreto anti-sbarchi (AGI)

Roma, 21 giu. - Piu' coordinamento, niente sovrapposizioni e possibilita' di visite a bordo, ispezioni e fermo delle navi sospette. Queste le novita' del "decreto anti- sbarchi", attuativo della legge Bossi-Fini, che il ha avuto il via libera definitivo da parte del governo. Il provvedimento prevede la costituzione di una cabina di regia unica, la Direzione centrale dell'immigrazione, e l'assegnazione della competenza esclusiva della Guardia di Finanza in mare, nelle acque territoriali, come forza di polizia anti-scafisti. Ecco in dettaglio tutte le novita': CHI BLOCCHERA' GLI SBARCHI: Marina Militare, Guardia di Finanza e Capitanerie di Porto sono le tre forze messe in campo con compiti ben precisi e delimitati. E cosi' alla Marina Militare sara' affidato il pattugliamento delle acque internazionali, con funzioni di monitoraggio e inseguimento; le Fiamme Gialle agiranno nelle acque territoriali con compiti investigativi e ispettivi. Sempre in acque territoriali, le unita' delle capitanerie di Porto, avranno piu' specifiche funzioni di ricerca, salvataggio e assistenza. NO USO FORZA MARINA, MA ISPEZIONI GDF: le navi della Marina Militare, come ha precisato anche ieri il ministro Martino, non potranno usare la forza per contrastare in acque internazionali le carrette del mare. Lo impedisce il diritti internazionale marittimo che non prevede il reato di traffico di clandestini e non consente, dunque, l'abbordaggio, ma solo l'inseguimento della nave sospetta. Le unita' della Marina comunicheranno, comunque, alla cabina di regia antisbarchi la posizione della nave e quando questa entrera' in acque territoriali sara' la Guardia di Finanza a intervenire. Le Fiamme gialle gia' oggi, per contrastare il traffico di clandestini previsto come reato in Italia, hanno il potere di salire a bordo della navi sospette con i propri team, ispezionarle ed arrestare gli eventuali scafisti. Cio', in base al decreto, potrebbe avvenire anche nella cosiddetta zona contigua che si estende per 12 miglia oltre il limite delle acque territoriali. SI'INCHIESTE BANDIERA, VISITE A BORDO E FERMO NAVI: "fatto salvo il presupposto della salvaguardia della vita umana - ha detto Mantovano alla Camera - si potra' procedere all'inchiesta di bandiera, alla visita a bordo, se vi e' un'adeguata cornice di sicurezza e al fermo delle navi che trasportano i clandestini, anche al fine di un rinvio nei porti di provenienza". Tuttavia, nei confronti della carrette del mare, saranno piu' probabili interventi di soccorso: "le unita' cariche di migranti di cui parliamo - ha, infatti, proseguito il sottosegretario - sono spesso scafi in legno, di dimensioni che non raggiungono i 10-15 metri di lunghezza. Sono vecchie e fatiscenti, navigano in spregio di qualsiasi normativa di sicurezza, sono cariche di persone oltre le 100 unita', si trovano inevitabilmente in pericolo di perdersi e nelle condizioni di rischiare continuamente l'affondamento anche con condizioni di mare favorevoli. Si configurano quindi situazioni che impongono interventi di soccorso, e quindi di individuazione degli scafisti". GUARDIA DI FINANZA CAPO FILA FORZE POLIZIA: Carabinieri e Polizia di Stato, che hanno i propri natanti, oggi possono controllare e ispezionare i mezzi nautici sospettati di trasportare clandestini. Con il decreto cederanno il passo alla Guardia di Finanza, che avra' funzioni di capo fila. LA CABINA DI REGIA: il coordinamento delle forze in campo sara' affidato alla direzione centrale dell'immigrazione, che avra' compiti di raccordo operativo e di analisi delle informazioni raccolte. Una cabina di regia che sara'guidata da un tecnico, esperto della materia. (AGI) Sep/Van

 

18. RIFUGIATI - ''Il rimpatrio assistito di uno straniero costa 1/4 rispetto all'espulsione e ottiene migliori risultati nei paesi di origine''. Ragonesi (Anci) lamenta ritardi delle risorse del ''Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo''

 

20/06/2003 ROMA - "Il rimpatrio assistito di uno straniero costa 1/4 rispetto all'espulsione e ottiene migliori risultati nei paesi di origine": lo evidenzia Antonio Ragonesi, componente del Programma nazionale asilo per l'Anci, facendo il punto sul Pna per il primo semestre 2003 e lamentando allo stesso tempo i ritardi di mesi nell'erogazione delle risorse previste dal "Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo", che ora sembrano essersi sbloccate con il Decreto di riparto sancito ieri dalla Conferenza Stato-Regioni. "Ora attendiamo i tempi burocratici dell'approvazione del Decreto da parte della Corte dei Conti: auspichiamo che sia sollecita, visto che abbiamo aspettato oltre 6 mesi questo testo".

In sostanza, arriveranno finalmente ai Comuni le risorse dell'ex Pna, ora trasformato in Fondo presso il ministero dell'Interno, secondo quanto previsto dalla legge Bossi-Fini, che assegnava al Fondo stesso 5,16 milioni di euro. Altri 6 milioni di euro sono stati aggiunti dalla Finanziaria 2003. E la tabella di riparto prevede che "8.956.521 euro siano distribuiti ai 50 Comuni che costituiscono la rete del Pna - spiega Ragonesi -, mentre circa un milione di euro andrà a coprire le spese del Servizio centrale e 1.600.000 euro rappresentano gli oneri da erogare ai richiedenti asilo riconosciuti". Soldi bloccati dalla mancanza del Regolamento di attuazione della legge; ma l'Ordinanza del 23 maggio scorso (Decreto 3287) dichiarava "sbloccato" il Fondo, senza dover attendere il Regolamento di attuazione. Anche se "si attende ancora la firma del ministro dell'economia Tremonti per la ripartizione dei 6 milioni di euro della Finanziaria", fa notare Ragonesi. Altri finanziamenti bloccati giacciono anche "alla presidenza del Consiglio dei Ministri: un milione e 600mila euro, derivanti dai fondi dell'8 per mille, da destinare al piano straordinario di accompagnamento nei paesi di origine dei richiedenti asilo a cui non è stato riconosciuto lo status di rifugiato". Ragonesi pensa anche a "un collegamento tra Comune di accoglienza e paese di origine dello straniero", per avviare iniziative di sostegno a distanza, sviluppo locale e "alternative all'immigrazione disordinata".

Tuttavia, dalla fine di dicembre ad oggi, la rete del Pna non ha ricevuto alcun sostegno economico e "la tenuta del Programma nazionale asilo è dovuta soprattutto alle ong grandi e piccole, anche poco note, e al buon cuore dei Comuni: una situazione molto grave, dovuta alla scarsa attenzione del Governo a questo ambito". Eppure i risultati - non solo dal punto di vista dell'assistenza e dell'accoglienza - ci sono: "In 18 mesi di vita il Pna ha ultimato oltre 800 integrazioni di rifugiati nel tessuto sociale, aiutandoli a trovare casa e lavoro". E dal 1° gennaio al 17 giugno di quest'anno 235 rimpatri assistiti, in collaborazione con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, hanno dato un buon esito, "offrendo chance nei paesi di origine ai richiedenti asilo che hanno ricevuto il diniego della domanda da parte della Commissione centrale". L'accompagnamento sortisce effetti positivi nella popolazione locale". Il Pna gestisce su tutto il territorio nazionale, da Agrigento a Venezia, 1.365 posti di accoglienza: pochi rispetto ai bisogni, visto che in alcuni centri le liste di attesa "durano mesi: a Firenze, ad esempio, lo Stato contribuisce per 37 posti di accoglienza, mentre quelli effettivi garantiti grazie al Comune e alle associazioni sono oltre 260: 5 volte tanto.

Con il Regolamento di attuazione della Bossi-Fini, comunque, cambierà la connotazione del Programma nazionale asilo: i Comuni, infatti, accoglieranno persone a cui è stato già riconosciuto lo status di rifugiato, oppure con un permesso di soggiorno per motivi umanitari, o richiedenti asilo. Ma l'Anci chiede di poter essere presente anche nei Centri di identificazione, "per poter evitare a molti stranieri i Cpt o le espulsioni, optando invece per l'accompagnamento presso le comunità di origine", auspica Ragonesi. E conclude: "Se la rete del Pna avesse mantenuto le sue dimensioni iniziali, pari a circa 2.200 posti, e la certezza dei finanziamenti, avrebbe avuto la possibilità di programmare più interventi locali di accoglienza e integrazione".(lab)

 

19. IMMIGRAZIONE - Primi risultati di una ricerca guidata dall'Oim su stranieri e servizi in Piemonte

20/06/2003 TORINO - Sono stati presentati a Torino i primi dati di una ricerca che indaga sui rapporti tra cittadini immigrati e operatori italiani dei servizi sociali e del lavoro. Si tratta di un'indagine che per quanto riguarda il territorio piemontese ha visto il diretto coinvolgimento della Provincia di Torino. Al ricerca si colloca all'interno delle attività del progetto Equal "L'immagine dell'immigrato tra media, società civile e mondo del lavoro", un progetto che, tra l'altro, ha portato alla nascita della prima agenzia stampa formata da giornalisti immigrati visitabile presso il sito www.migranews.net. Il lavoro di ricerca invece è stato coordinato dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazione di Roma in partnership con 9 realtà territoriali e ha posto la sua attenzione su 9 province (tre al nord, tre al centro e tre al sud). Sono stati somministrati 540 questionari che prevedevano interviste in forma dialogica a immigrati e operatori dei servizi pubblici con una duplice finalità: da un lato si intendono individuare bisogni e aspettative della popolazione immigrata, dall'altro la ricerca si propone di riconoscere situazioni di discriminazione o, al contrario, di integrazione ed efficacia dei servizi. "Bisogna ricordare - spiega Maddalena Occhetta dell'OIM, (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni) che ha coordinato la ricerca - che i dati fino ad ora elaborati sono ancora allo stato grezzo. Stiamo facendo una serie di presentazione nei vari territori interessati dal nostro lavoro proprio per raccogliere impressioni e osservazioni che diventeranno parte integrante del rapporto finale". Da questi primi risultati emerge una situazione articolata, all'interno della quale le percezioni degli operatori e degli immigrati su temi come l'accesso ai servizi, il lavoro, le motivazioni alla base del progetto migratorio, spesso non coincidono. "Spesso gli operatori sociali - spiega Maddalena Occhetta - hanno un'idea esageratemente 'drammatica' delle motivazioni che spingono le persone a emigrare. Infatti al primo posto figura 'la fuga da situazioni socio-politiche opprimenti', mentre più semplicemente gli immigrati intervistati riportano come motivazione principale 'il passaggio a un Paese più ricco". Differenze di percezioni tra operatori e immigrati risultano anche rispetto al ruolo che ricoprono gruppi di volontariato, associazioni religiose, etniche o di solidarietà sociali nel favorire l'accesso ai servizi. Per gli operatori sociali infatti l'associazionismo risulta essere al secondo posto, dopo '"i connazionali", tra i fattori che aiutano gli immigrati a entrare in contatto con i servizi, mentre solo il 10% degli immigrati stessi riconosce tale funzione. Infine pare assai distorta la percezione che gli immigrati hanno dell'intero fenomeno migratorio in Italia. Circa il 40% degli intervistati infatti dichiara che la percentuale di immigrati sulla popolazione totale è tra il 5% e il 20%, mentre il dato ufficiale è del 4,2%. Una distanza consistente anche tenendo conto della quota non calcolata degli irregolari. (gm)

 

20. IMMIGRAZIONE: Centro Astalli, manca legge organica rifugiati Jesuit Refugee Service, 50 MLN profughi mondo, 13mila Italia (ANSA)

 

ROMA, 18 GIU - Nel mondo sono circa 50 milioni, tra profughi e sfollati, "coloro che negli ultimi anni sono stati costretti a lasciare il proprio Paese" a causa di conflitti ma anche di persecuzioni etniche o religiose, e "tra le prime vittime ci sono donne e bambini".

 

Ad affermarlo, alla vigilia della Giornata mondiale dei rifugiati, è stato padre Francesco De Luccia, presidente dell'associazione Centro Astalli - sede italiana del Jesuit refugee service (Jrs), il servizio dei gesuiti per i rifugiati presente in circa 50 Paesi del mondo.

 

Padre De Luccia al Sir, l'agenzia dei settimanali cattolici promossa dalla Cei, ha espresso "perplessità" per la mancanza in Italia di una legge organica in materia di asilo: "I due articoli recanti disposizioni in materia di asilo politico" presenti nella cosiddetta Bossi-Fini rendono "sostanzialmente più difficile un intervento a favore dei rifugiati. Inoltre viene limitata la possibilità di ricorrere contro una decisione negativa al giudice onorario".

 

"Ogni anno - prosegue - accedono ai servizi del Centro Astalli da 8 a 10mila richiedenti asilo, ai quali offriamo assistenza primaria, se appena arrivati in Italia, o aiuto all'inserimento se già da qualche tempo nel nostro Paese".

 

La Giornata mondiale dei rifugiati è quest'anno dedicata ai giovani. Si tratta, spiega il direttore internazionale Jrs, padre Lluis Magrina, di "una categoria particolarmente vulnerabile. Persone tra i 13 e i 25 anni, che quando una guerra sconvolge il loro Paese, vengono private di un fondamentale diritto, quello all'istruzione, con la conseguenza di una grave perdita dell'autostima. Ma spesso anche separate dalla famiglia ed esposte ad abusi e violenze, oltre che, in molti casi, al reclutamento forzato in gruppi armati". (ANSA).

 

21. NOMADI - La disoccupazione riguarda il 90% dei rom. Dopo i mercati, a Roma arriva anche il primo negozio

17/06/2003 ROMA - "Non può esserci prevenzione della tossicodipendenza e dello spaccio di droga nei campi nomadi se non c'è offerta di lavoro". Il dramma della disoccupazione, infatti, raggiunge anche il 90% tra i rom. A sottolinearlo è Massimo Converso, presidente dell'Opera Nomadi, intervenuto all'incontro su "Tossicodipendenza e zingari" coordinato in Campidoglio da Germana Cesarano, della cooperativa Magliana 80, insieme all'Agenzia comunale per le tossicodipendenze.

In questi giorni si stanno aprendo a Roma nuove possibilità lavorative per i nomadi: infatti un mercato rom è stato inaugurato nei giorni scorsi all'Eur, nei pressi della fermata della Metro B (alla presenza di bosniaci, serbi e montenegrini) e riaprirà anche il mercato di San Basilio. Nel V Municipio, inoltre, sarà inaugurato il primo negozio rom della città, a cui sarà annesso un laboratorio di maglieria e sartoria dove lavoreranno alcune ragazze. "A Reggio Calabria funziona da 2 anni e mezzo un progetto di riciclaggio del ferro - ha riferito il presidente dell'Opera Nomadi - mentre a Roma non riusciamo a farlo decollare".

Il problema della droga nei campi nomadi risale agli anni Ottanta, quando fu demolito il Mandrione, che era il quartiere dei rom provenienti dalla Ciociaria; il primo ragazzo a morire di eroina - ricorda Converso - fu Giorgetto De Rosa, stroncato il 15 agosto 1984 a Spinaceto. Nella capitale le prime comunità rom che hanno conosciuto la droga sono state quelle serbe e bosniache. Nel frattempo i rumeni aumentano, "rimanendo però un'entità staccata; occupano gli spazi dei rom bosniaci che chiedono l'elemosina. Per loro la scolarizzazione non funziona", ha osservato Converso, puntando il dito contro "la graduatoria presente al Ministero dell'Interno per classificare i 'criminali zingari': perché fare una lista a parte? I criminali sono tali e basta".

"Intendiamo far ripartire gli interventi nei campi nomadi - ha assicurato Ignazio Marcozzi Rozzi, presidente dell'Agenzia comunale tossicodipendenze -. Molti contattano luoghi di aiuto dopo 3-5 anni dal primo buco; tra i rom questa distanza è motivata anche da ragioni culturali, dal timore e dalla vergogna". Anche Marcozzi sostiene che "con le politiche del lavoro si fa sia prevenzione che recupero". Più che un attacco alla "riduzione del danno", Giulia Rodano, vicepresidente Commissione Sanità della Regione Lazio, individua nelle politiche sanitarie "un'indifferenza sostanziale e una paralisi su questi problemi. Ci scontriamo con un'inerzia burocratica e amministrativa, mentre sappiamo quanto è importante un contatto precoce con il tossicodipendente, specialmente intervenendo su chi è più lontano dai servizi, non solo con gli eroinomani di lunga data. Dobbiamo avvicinare il fronte delle nuove droghe, i clandestini, chi si vergogna, attraverso l''offerta attiva', cioè andandoli a cercare senza attendere che siano loro a farlo".

All'incontro in Campidoglio sono intervenuti anche, tra gli altri, l'assessore alle politiche sociali e sanitarie del Comune, Raffaela Milano, e due rappresentanti delle comunità rom: Guerino Casamonica, della cooperativa sociale Phralipé, e Kasim Cizmic, presidente di "Unirsi".(lab)

 

 La rassegna stampa può essere consultata anche sul sito www.immagineimmigratitalia.it - (Sito Web realizzato nell'ambito del Progetto "Immagine degli immigrati in Italia tra media, Società civile e mondo del Lavoro")