Rassegna Stampa
Mercoledì 25 giugno 2003
1.
La pelle nera (non solo di sole) e la merce nerissima: Rimini schizofrenica fra
divieti e liberalismo di Rosana Crispim da Costa (Migra)
2.
Bologna e i rifugiati: in quell'ufficio chi arriva... è scampato alla morte
di Nabil Igui
(Migra)
3.
PININFARINA: bisogno di immigrati, ma Bossi non ha torto intervista al
quotidiano nazionale (ANSA)
4.
IMMIGRAZIONE: Fassino, portare avanti politica comunitaria (ANSA)
5.
CRIMINALITA': 78% reati immigrati opera di clandestini, studio ricerca CGIA
MESTRE su elaborazione dati Ministero Interno (ANSA)
6.
IMMIGRAZIONE: Taormina, indagare su costi centri accoglienza sono divenuti
mucche da mungere, intervenga anche magistratura (ANSA)
7.
IMMIGRAZIONE: Bossi-Fini, iniziativa comboniani in 23 città documento
inviato al Presidente Ciampi (ANSA)
8.
IMMIGRAZIONE/Inchiesta - Oltre la metà (53%) degli stranieri presenti in
Italia ha la laurea, ma rischia una ''dequalificazione''. Mancato
riconoscimento, burocrazia: le difficoltà di vedersi riconosciuto un
titolo di studio
di Elisabetta Norzi
9.
IMMIGRAZIONE - Luciano (Stranieri in Italia): '' Troppo basse le quote del
decreto flussi. Devono decidere le Regioni''
10.
RIFUGIATI - Nuovo rapporto di Amnesty International sull'Afghanistan. ''Un
Paese ancora non abbastanza sicuro''
11.
IMMIGRAZIONE - Stranieri laureati. Ambrosini (Univ. di Genova): ''Ai problemi
dell'occupazione si aggiunge la discriminazione degli Ordini''
12.
IMMIGRAZIONE - A Roma il 67,5% degli stranieri ha una formazione secondaria
superiore o universitaria. Percentuale più alta tra gli europei
13.
RIFUGIATI - ''Le sfide dell'integrazione''. Un convegno per discutere delle
difficoltà dei richiedenti asilo in Italia
14.
MINORI - Progetto-pilota della Regione Veneto per educare i bambini sotto i 4
anni a non discriminare
15.
IMMIGRAZIONE: internet favorisce integrazione, la TV no (ANSA)
16.
CLANDESTINI: via libera al decreto anti-sbarchi (AGI)
17.
LE MISURE del decreto anti-sbarchi (AGI)
18.
RIFUGIATI - ''Il rimpatrio assistito di uno straniero costa 1/4 rispetto
all'espulsione e ottiene migliori risultati nei paesi di origine''. Ragonesi
(Anci) lamenta ritardi delle risorse del ''Fondo nazionale per le politiche e i
servizi di asilo''
19.
IMMIGRAZIONE - Primi risultati di una ricerca guidata dall'Oim su stranieri e
servizi in Piemonte
20.
IMMIGRAZIONE: Centro Astalli, manca legge organica rifugiati Jesuit Refugee
Service, 50 MLN profughi mondo, 13mila Italia (ANSA)
21.
NOMADI - La disoccupazione riguarda il 90% dei rom. Dopo i mercati, a Roma
arriva anche il primo negozio
1.
La pelle nera (non solo di sole) e la merce nerissima: Rimini schizofrenica fra
divieti e liberalismo di Rosana Crispim da Costa ( www.migranews.net )
24/06/2003
- A Rimini la stagione estiva è iniziata. In spiaggia c'è chi si
prepara a godersi il sole, i giochi, i corteggiamenti e chi si organizza per i
guadagni. La spiaggia diventa un gran mercato aperto, la merce arriva
direttamente sotto l'ombrellone.
Su
questo argomento il Comune si divide fra politiche punitive e liberalismo.
Quest' anno si rinnoverà l'ordinanza contro gli ambulanti abusivi sulle
spiagge, extracomunitari e non. La differenza è che con la legge
"Bossi-Fini" all'immigrato non servirà entrare in acqua per
sfuggire ai carabinieri, la sua merce sarà sequestrata e lui sarà
espulso dal Paese. Da tre anni la Giunta comunale propone che siano allestiti
mercati multi-etnici in diversi quartieri prossimi al mare, ma si dice che gli
ambulanti extracomunitari non vogliano perché dovrebbero pagare le
tasse, cosa che non fanno essendo abusivi. Contrari a questa soluzione anche i
commercianti rimininesi, sia di sinistra che di destra. Cosa si può fare
in una città come Rimini che investe e vive di turismo? Questi problemi
dovrebbero in realtà essere affrontati prima dell'inizio della stagione
e dell'arrivo in massa degli ambulanti extracomunitari, in modo tale da
giungere alla radice del problema e magari risalire a chi guadagna veramente
con gli abusivi, i quali non arrivano sprovveduti perché già organizzati
nel trovare la merce, anche questa "nera" come la loro pelle. La
"Bossi-Fini" non dà nessuna alternativa se non quella
dell'espulsione discriminatoria, vale a dire spazzare e poi mettere la
sporcizia sotto il tappeto.
2.
Bologna e i rifugiati: in quell'ufficio chi arriva... è scampato alla
morte di Nabil Igui (www.migranews.net)
24/06/2003
- Arrivano in centinaia e a volte in migliaia per fuggire da guerre, dittature
e intolleranze di tutti i generi. Hanno lasciato il loro Paese per trovare scampo
e salvarsene la pelle. Qualcuno riesce, altri si perdono a metà strada e
qualcun altro viene respinto alla frontiera e rimandato indietro.
Lo ha
ricordato, in occasione della giornata mondiale dei rifugiati, la Caritas di
Bologna organizzando un convegno per fare il punto sulla situazione e dare la
parola a chi sul tema ne sa e soprattutto a quelli che hanno vissuto sulla loro
pelle questo passaggio forzato della vita. Un viaggio che a volte viene
raccontato come un incubo di orrore e di morte.
L'Italia
è l'unico Paese europeo a non avere una legge organica sull'asilo
politico, il solo a non aver pensato di risolvere una questione che comprende
la vita e l'accoglienza di persone che fuggono lasciando tutto improvvisamente.
Secondo il vice questore di Crotone, Orlando Amadeo, «le autorità
a volte non mettono a disposizione del richiedente asilo tutte le informazioni
sui diritti e doveri. In certi casi una parola in più o un gesto gentile
può alleggerire il peso di questo trauma». L'idea di creare un
centro di prima accoglienza a Crotone è nata proprio per rispondere a
questo bisogno di informazioni e di assistenza. Il nostro dovere, afferma
Orlando Amadeo, «è applicare la legge nel senso positivo. Non
possiamo mandare via la gente senza dar loro almeno un'opportunità per
provare; altri due centri simili saranno operativi nei prossimi giorni a
Pantelleria e Lampedusa».
Nazzarena
Zorzella, avvocata dell'Agi (l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione)
ha insistito sulla mancanza di una legge organica. La questione della
disinformazione «è un fatto grave nei confronti di chi arriva in
Italia» ma anche « il respingimento alla frontiera senza
istruttoria preliminare rappresenta una violazione all'articolo 10 della
Costituzione italiana che garantisce il diritto di protezione a chi è
vittima di persecuzioni nel Paese d'origine per motivi politici, di religione,
di razza, di sesso o di appartenenza sociale». Un altro problema
sollevato nell'intervento della Zorzella riguarda il trattenimento dei richiedenti
asilo nei centri di prima accoglienza: è una «violazione del
diritto di libertà individuale» (garantito dei trattati
internazionali). Come ricorda la Zorzellla, la legge 189 del 2002 - la
cosiddetta Bossi-Fini - ha introdotto novità abbastanza significative sull'asilo,
che però rischiano di rendere ancora più difficile la
possibilità del "richiedente" di essere tutelato,
perché a esempio si prevede «l'espulsione prima del controllo
giurisdizionale ma questa interpretazione rappresenta una negazione del diritto
di difesa e del rifugio riconosciuti dalla nostra Costituzione».
Raul
Collina (responsabile del servizio immigrazione del Comune di Bologna)
riconosce l'arretratezza sul piano giuridico dello Stato italiano ma poi fa il
punto soprattutto sulla situazione locale. «Nel 2002 si sono rivolti a
noi circa 80 persone fra richiedenti asilo e rifugiati, accolti e sostenuti dal
bilancio comunale». Il Comune offre inoltre sostegno per la risoluzione
delle pratiche amministrative (documenti, scelta del medico di base, iscrizione
ai corsi di lingua, accesso ai servizi, ecc). Un evento importante per la
città, secondo Collina, sarà la prossima apertura a Bologna di un
nuovo centro (gestito dalla Caritas) con 32 posti dove saranno ospitati in
appartamenti anche 16 richiedenti asilo. «Rappresenta un primo tentativo
di rispondere alle domande di abitazione nella prima fase durante l'attesa di
avere il riconoscimento come rifugiato».
Per la
responsabile dell'ufficio Caritas di Bologna, Francesca Tiberio «è
molto complicato descrivere ciò che avviene nel nostro ufficio da circa
tre anni e mezzo, da quando cioè si è aperto uno sportello
richiedenti asilo politico. E' difficile trasmettere con le parole le
sofferenze, le fatiche e le paure di chi si presenta qui». L'arrivo di un
richiedente asilo è simile alla nascita di un bambino e le fasi che noi
cerchiamo di curare di più sono proprio le prime «perché
crediamo che ogni volta che un bambino nasce sia un miracolo meraviglioso, ogni
volta che un richiedente asilo arriva nel nostro ufficio significa che si
è salvato la vita».
3.
PININFARINA: bisogno di immigrati, ma Bossi non ha torto intervista al
quotidiano nazionale (ANSA)
ROMA,
24 GIU - Le imprese non trovano più italiani disposti a fare tutti i
mestieri.
Ma il
problema dell'immigrazione non si risolve prospettando quote e nuove norme:
basterebbe far funzionare la legge che c'é. Andrea Pininfarina,
presidente dell'Unione industriali di Torino prende le distanze dagli eccessi
della Lega, ma non boccia del tutto Bossi.
In
un'intervista al QUOTIDIANO NAZIONALE afferma che Bossi "in parte ha
ragione. Non certo quando va sopra le righe, ma sono d'accordo che sul fatto
che la Bossi-Fini sia ferma. Penso che fatta una legge, che prevede l'ingresso
a chi è in regola e ha un lavoro, basta farla funzionare".
Pininfarina
spiega che le imprese hanno un "assoluto bisogno di manodopera, e non solo
in una regione particolare come il Veneto... L'importazione di manodopera
è una grande necessità delle aziende, ma andrebbe gestita e
pianificata meglio. In accordo con i paesi d'origine, bisognerebbe far venire
quelli che servono e, concertare quote d'importazione utili. Dobbiamo prendere
l'esempio dagli Stati Uniti.
Repressi
i fenomeni clandestini e cogestita l'immigrazione con i paesi confinanti -
continua - l'America ha ricevuto dalla manodopera ispano-caraibica una grande
spinta all'economia".(ANSA).
4.
IMMIGRAZIONE: Fassino, portare avanti politica comunitaria (ANSA)
ROMA,
24 GIU - I governi di centrosinistra "hanno concluso 28 accordi bilaterali"
con i paesi da cui partono i flussi migratori diretti al Mediterraneo e in
particolare all'Italia. E' quanto ha ricordato il segretario dei Ds Piero
Fassino a conclusione di un seminario del Pse sulla imminente presidenza
italiana dell'Unione Europea.
"Dobbiamo
proseguire una politica europea che punti sull'accoglienza e non solo sul
rimpatrio - ha sottolineato Fassino - ricordando al "ministro degli
Esteri, Franco Frattini che i passati governi di centrosinistra hanno impostato
la loro azione sulla dimensione europea di questo fenomeno; che il fondo
europeo è stato istituito su proposta dell'Italia dopo le vicende del
Kosovo; che gli accordi di Schengen sono diventati operativi grazie agli
strumenti realizzati dai governi di centrosinistra".
La
necessità di seguire una politica comunitaria da parte dell'Italia, in
materia di immigrazione è stata sottolineata anche dal presidente del
Pse, Enrique Baron Crespo, che ha sollecitato a non isolare questo problema da
due elementi che riguardano il futuro dell'Europa: "La necessità
del rilancio del dialogo nel Mediterraneo e il futuro demografico dell'Europa
stessa". (ANSA).
5.
CRIMINALITA': 78% reati immigrati opera di clandestini, studio ricerca CGIA
MESTRE su elaborazione dati Ministero Interno (ANSA)
VENEZIA,
24 GIU - Dei 189.424 reati commessi dagli extracomunitari in Italia nel 2000,
il 78,3% è a carico di immigrati clandestini. I responsabili per oltre
il 90% sono di nazionalità moldava, ucraina, croata e algerina senza
permesso di soggiorno.
Il 56%
dei reati legati allo sfruttamento della prostituzione sono a carico di
cittadini stranieri e il 40% di persone denunciate per furto sono stranieri. Il
dato è emerso da una ricerca dell'associazione artigiani di Mestre
(CGIA) di Mestre che hanno elaborato i dati del Ministero dell Interno.
La
regione maggiormente interessata da reati commessi da clandestini - sempre
secondo l' elaborato dell'associazione artigiani mestrini - è la Liguria
(86,3% di 13.650 reati), seguita da Piemonte (85,1% di 24.420), Campania (84,7%
di 6.892), Lazio (81,8% di 18.611), Molise (80% di 238), Sardegna (79,7% di
775), Toscana (79,7% di 17.469), Sicilia (77,9% di 2.697), Veneto (76,8% di
21.778), Puglia (75,9% di 7.509), Friuli Venezia Giulia (75,4% di 5.039),
Lombardia (75% di 38.290), Calabria (74,9% di 1.600), Valle d'Aosta (74% di
450), Basilicata (73,1% di 427), Marche (72,8% di 4.927),ed Emilia Romagna
(72,6% di 16.967). Le regioni meno "colpite" sono, invece, il
Trentino A.A. (63,6% di 3.104) e l Abruzzo (66,9% di 2.019). Manca il dato
dell'Umbria.
Oltre
allo sfruttamento della prostituzione, gli altri reati commessi dagli immigrati
riguardano la rapina (50%), il contrabbando (44%), il furto (40%), la
ricettazione (38%), la violenza e l oltraggio (35%) e la rissa (34%).
Per il
segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, è necessaria "una
politica capace di rispondere a queste emergenze, soprattutto ora che
continuano ad arrivare, quotidianamente, nuove ondate di clandestini in cerca
di una speranza che in molti casi si traduce in un ingresso nella
criminalità. Un Paese civile come il nostro - prosegue - non può
non accogliere e mettere in campo una serie di politiche e di misure di prima
accoglienza per fronteggiare l emergenza sbarchi. Tuttavia, non possiamo non
constatare che ormai esiste una stretta correlazione tra criminalità,
spesso organizzata, e immigrazione clandestina".
"Non
vogliamo assolutamente fare dell allarmismo sociale o peggio una caccia al
clandestino - conclude Bortolussi - tuttavia questi dati ci indicano che la
criminalità di un certo livello, legata al fenomeno della
clandestinità, è sempre più presente e diffusa nel nostro
territorio. Pertanto le politiche di integrazione e di inclusione di questi
cittadini stranieri vanno rafforzate al fine di contenere questo delicatissimo
problema sociale". (ANSA).
6.
IMMIGRAZIONE: Taormina, indagare su costi centri accoglienza sono divenuti
mucche da mungere, intervenga anche magistratura (ANSA)
CATANZARO,
24 GIU - Un' inchiesta sui costi per i centri di accoglienza per immigrati
è stata sollecitata da Carlo Taormina, di Fi, componente la Commissione
parlamentare antimafia, a giudizio del quale tali strutture sono divenute ormai
delle "mucche da mungere".
"E'
necessario - ha detto Taormina, parlando con i giornalisti a margine delle
audizioni della Commissione in corso a Catanzaro - fare un' analisi per capire
quanto costano, dove vanno a finire i soldi e chi ne trae un ingiustificato
vantaggio. Sosteniamo spese incredibili che non sempre sono giustificate e sulle
quali vorrei che si facesse un' inchiesta da parte degli organi di controllo e,
perché no, anche da parte della magistratura per capire se ci sono
speculazioni".
A
giudizio di Taormina, inoltre, "non è assolutamente vera l' ipotesi
dell' inesistenza di raccordi tra la criminalità organizzata e l'
immigrazione. E non è vero - ha aggiunto - sotto due profili. Il primo
riguarda i raccordi che la criminalità extracomunitaria deve istituire
con quella italiana per poter mandare i barconi o per poter fare arrivare forza
lavoro in Italia; il secondo è che, dalle indicazioni che sono arrivate
anche alla Commissione, il rapporto tra criminalità organizzata e
immigrazione si è saldato, specialmente in Calabria. Abbiamo la prova,
ad esempio, che le organizzazioni calabresi utilizzano gli immigrati nel
traffico delle sostanze stupefacenti". (ANSA).
7.
IMMIGRAZIONE: Bossi-Fini, iniziativa comboniani in 23 città documento
inviato al Presidente Ciampi (ANSA)
NAPOLI,
24 giu - Sono 23 le città italiane dove vi saranno il prossimo 27 giugno
manifestazioni interreligiose promosse dai missionari comboniani sotto le
Prefetture per protestare "contro la inumana legge sui flussi
migratori". Napoli sarà la città capofila della protesta con
la presenza Padre Alex Zanotelli e Giuliana Martirani mentre un documento
è stato inviato al capo dello Stato dai missionari comboniani per
cambiare la legge Bossi-Fini.
Croci,
catene e bandiere islamiche della pace saranno gli unici simboli che porteranno
cristiani e islamici per protestare contro la inumana legge Bossi-Fini. I
momenti di preghiera, di canti e di testimonianza si eseguiranno in
contemporanea venerdì 27 giugno alle 19 a Novara, Varese, Como, Milano,
Bergamo, Brescia, Verona, Padova, Venezia, Trento, Bologna, Ferrara, Firenze,
Massa Carrara, Roma, Napoli, Avellino, Salerno, Caserta, Benevento, Bari,
Palermo.
"La
Bossi-Fini - spiegano i comboniani - di fatto sta solo colpendo gli immigrati
che non sono nel giro malavitoso, ma la cui unica 'colpa' è quella di
non avere il permesso di soggiorno". Tra i rilievi contenuti nel documento
la trasformazione di un illecito amministrativo, cioé la condizione di
irregolarità in reato penale, "con tutte le conseguenze sul piano
della repressione e della sanzione che ciò comporta". Secondo i
comboniani si è introdotto "un infallibile meccanismo di
criminalizzazione: se la condizione di clandestinità non costituisce di
per sé reato, il mancato allentamento spontaneo dallo Stato fa scattare
l'ipotesi di reato. Nei fatti sempre più frequentemente, l'amministrazione
non tenta neppure di allontanare lo straniero: preferisce lasciarlo uscire
'libero' dalla Questura, sapendo che nel tempo di soli 5 giorni, è
destinato a commettere un reato (ovvero la permanenza illegale in Italia) . A
quel punto, non si procederà più per rintracciare un clandestino
bensì per catturare un criminale". (ANSA).
8.
IMMIGRAZIONE/Inchiesta - Oltre la metà (53%) degli stranieri presenti in
Italia ha la laurea, ma rischia una ''dequalificazione''. Mancato
riconoscimento, burocrazia: le difficoltà di vedersi riconosciuto un
titolo di studio
di Elisabetta Norzi
24/06/2003 BOLOGNA - Commercialista in
Albania, impiegato in Italia. Biologa in Romania, colf in Italia. Psicologa in
Messico, disoccupata in Italia. Gli immigrati qualificati, nel nostro paese,
sono una componente rilevante del flusso migratorio, ma lasciato il paese
d'origine spesso esperienza, studi e capacità non servono più a
nulla. I numeri - anche se a livello nazionale non è facile fare stime -
parlano chiaro: secondo due ricerche del Gruppo Cerfe (Progetti Ragi e
Raimi,1999), condotte su un campione significativo di immigrati qualificati
(979 stranieri, in Lazio, Umbria, Toscana, Sardegna, e 120 key persone, ovvero
soggetti in contatto con la realtà delle migrazioni internazionali), i
laureati sono risultati il 53%. Se si mettono però in rapporto
l'esperienza curriculare e professionale acquisita e il tipo di lavoro svolto,
escludendo coloro che non sono ancora inseriti in una esperienza lavorativa,
emerge come più del 77% delle donne e più del 66% degli uomini si
trovino coinvolti in un processo di progressiva dequalificazione, non riuscendo
a mettere a frutto le proprie capacità e competenze. Non solo: secondo
alcune stime (sempre Cerfe), gli immigrati con un'istruzione superiore
rappresentano in Italia circa un quarto della popolazione immigrata. Nella sola
città di Roma (dati Caritas) il 67,5% degli immigrati residenti ha una
formazione secondaria superiore o universitaria, addirittura circa 30 punti
percentuali in più rispetto ai romani.
Ma che
cosa succede quando si mette piede nel nostro paese? Sicuramente una buona
preparazione personale aiuta a trovare un lavoro, ma il grosso problema sta a
monte: è molto difficile arrivare al riconoscimento di un titolo di
studio "straniero". Non tanto - o non solo - per la burocrazia, ma
soprattutto perché manca un'adeguata informazione al riguardo, sia tra
gli italiani che tra gli immigrati. Non è raro, così, che molti
migranti, arrivati in Italia, tengano nascosti lauree e diplomi. Durante i
colloqui di lavoro, poi, nei settori più diversi, i ritornelli che si
sentono ripetere sono sempre gli stessi: "la tua laurea è
troppo" oppure la "tua laurea è troppo poco". Per i
mestieri che non richiedono un titolo di studio specifico, infatti, chi
possiede una laurea ha più probabilità di ottenere il posto senza
dire di averla - meglio una persona con aspettative più basse (come
viene ripetuto anche a molti neolaureati italiani) -; per le professioni che
invece una laurea la richiedono, ci si scontra con la burocrazia. Per ottenere
la validità di una laurea non comunitaria ci vogliono tempo, pazienza e
la voglia di rimettersi sui libri: l'equiparazione prevede infatti, nella
maggior parte dei casi, il superamento di esami aggiuntivi. Per non parlare dei
bandi delle Università, che chiedono sempre come requisito la
cittadinanza italiana o comunitaria, fatta eccezione, in alcuni casi, per i
dottorati. Chi quindi non è italiano, non può accedere agli
assegni di ricerca né concorrere per i bandi da ricercatore. Dopo anni
di studio, dunque, magari anche dopo una specializzazione presa in
un'Università italiana, è molto raro che un cittadino non
comunitario riesca a trovare un lavoro che abbia qualcosa a che vedere con gli
studi che ha fatto. Ma il discorso è complesso, e va inserito in un
contesto più ampio: la crisi che sta vivendo il "lavoro
istruito" nel nostro paese, la mancanza - tipicamente italiana - di una
richiesta di personale tecnico qualificato straniero, la carenza di una decisa
volontà politica e culturale di creare una società davvero
multietnica.(en)
9.
IMMIGRAZIONE - Luciano (Stranieri in Italia): '' Troppo basse le quote del
decreto flussi. Devono decidere le Regioni''
24/06/2003 ROMA - Sono troppo basse le quote del
decreto flussi: 19mila 500 lavoratori extracomunitari non bastano a soddisfare
le esigenze di manodopera del nostro paese. E' questo il giudizio di Gianluca
Luciano, amministratore unico di "Stranieri in Italia", casa editrice
specializzata in immigrazione. "L'Italia - sottolinea - ha bisogno di
almeno 200mila lavoratori stranieri l'anno, gli ingressi autorizzati con questo
decreto possono al massimo tamponare qualche emergenza, come quella del lavoro
stagionale nei campi".
La
speranza secondo Luciano è che si tratti di un provvedimento provvisorio
a cui faccia seguito presto un altro decreto flussi, "con cifre più
adeguate". "La clandestinità può essere battuta solo
con una corretta programmazione degli ingressi regolari, - spiega -
diversamente continuerà il fallimento delle politiche migratorie di
questo Paese: il 70% dei immigrati regolari sono entrati clandestinamente e
hanno ottenuto un permesso di soggiorno grazie ad una sanatoria".
Secondo
l'amministratore di "Stranieri in Italia" un possibile soluzione a
questa difficoltà consiste ne far decidere il numero di ingressi
direttamente alle Regioni, "che conoscono il sistema produttivo locale e
possono coordinarsi meglio con associazioni di categoria e sindacati".
10.
RIFUGIATI - Nuovo rapporto di Amnesty International sull'Afghanistan. ''Un
Paese ancora non abbastanza sicuro''
24/06/2003 ROMA - Amnesty International ha
ribadito oggi il timore che la situazione in Afghanistan non sia tale da
permettere la promozione dei programmi di rimpatrio volontario dei rifugiati e
dei richiedenti asilo e ha chiesto ai paesi interessati di non esercitare
pressioni per far ritornare i rifugiati in un contesto non sostenibile. Ha
dichiarato Luca Lo Presti, coordinatore Afghanistan della Sezione Italiana di
Amnesty International: "Le condizioni di sicurezza in tutto l'Afghanistan
si sono fortemente deteriorate nel corso del 2003 e non si può dire che
siano mutate in modo decisivo, duraturo ed effettivo. E' dunque difficile
pensare di promuovere il rimpatrio in un futuro immediato".
Nel
suo rapporto, intitolato "Afghanistan - Invisibili e dimenticati: il
destino degli afgani che rientrano nel paese", Amnesty International
denuncia che, nelle attuali condizioni, l'impossibilità per molti
rifugiati e profughi interni di tornare ai luoghi di origine o di scelta sta
dando vita a una nuova emergenza e a un ulteriore ciclo di abbandono del paese.
"La
praticabilità del rientro è anche ostacolata dall'inadeguatezza
degli aiuti e dell'assistenza alla ricostruzione da parte della comunità
internazionale. Occorre rimediare a questa situazione: l'Afghanistan non
può scomparire nuovamente dall'agenda internazionale - ha aggiunto Lo
Presti -. "La situazione è esacerbata inoltre dal fatto che, in
molti casi, il ritorno si sta svolgendo in circostanze che non e' possibile
definire volontarie".
Negli
ultimi venti anni, il Pakistan e l'Iran hanno garantito rifugio a quasi sei
milioni di rifugiati afgani. Tuttavia, negli ultimi anni, Amnesty International
ha notato che il "peso dell'asilo" in questi due paesi ha determinato
pressioni per spingere i rifugiati al rientro, in violazione degli standard del
diritto internazionale.
Facendo
credere che si tratti di un rientro in sicurezza, paesi non confinanti con
l'Afghanistan, tra cui Regno Unito e Australia, hanno a loro volta manifestato
l'intenzione di costringere i richiedenti asilo e i rifugiati afgani a
rientrare nel paese. Questo rappresenta un ulteriore motivo di preoccupazione
per Amnesty International. "Se i rifugiati non possono rientrare nel loro
paese di origine vi è sempre più la possibilità,
confermata da quanto accaduto in Afghanistan a partire dal 2002, che essi
cercheranno nuovamente di ottenere riparo in altri paesi. Favorire la
praticabilità del rientro è dunque nell'interesse degli stessi
rifugiati, del paese di origine e dei paesi di asilo, sia confinanti che
lontani rispetto al paese da cui provengono questi ultimi", ha proseguito
Lo Presti.
Amnesty
International chiede ai paesi non confinanti con l'Afghanistan che ospitano
rifugiati, specialmente a quelli industrializzati come l'Australia e gli Stati
membri dell'Unione Europea, di essere consapevoli del fatto che il rientro
forzato dei rifugiati o dei richiedenti asilo le cui domande sono state
respinte trasmette un segnale sbagliato ai paesi in via di sviluppo che
ospitano masse ben più ampie di afgani, e cioè che essi a loro
volta possono dare inizio alla fase di rientro. L'organizzazione per i diritti
umani ha ribadito che l'assistenza alla ricostruzione dell'Afghanistan deve
essere adeguata e concreta, che deve essere garantito un effettivo livello di
sicurezza in tutto il paese e che le istituzioni nazionali che si occupano di
giustizia, polizia e riforme sociali devono essere messe in grado di operare
ovunque e in modo tale da rispettare i diritti umani. Conclude Lo Presti:
"Solo quando queste condizioni saranno soddisfatte, sarà possibile
per i rifugiati e i profughi interni interrompere il ciclo dell'abbandono e
ritornare nei luoghi di origine in modo davvero volontario e praticabile".
11.
IMMIGRAZIONE - Stranieri laureati. Ambrosini (Univ. di Genova): ''Ai problemi
dell'occupazione si aggiunge la discriminazione degli Ordini''
24/06/2003 GENOVA - Nel nostro paese il lavoro
istruito sta vivendo un periodo di forte crisi, che tocca tutti, italiani e
stranieri. Bisogna partire da qui, secondo Maurizio Ambrosini, sociologo
dell'Università di Genova, per riflettere sulla difficoltà che
incontrano gli immigrati laureati a trovare un lavoro in Italia. "Per fare
un esempio concreto - sottolinea Ambrosini - nelle piccole imprese i laureati
sono sotto il 4%. E' chiaro, quindi, come gli spazi per l'assunzione di giovani
laureati, italiani o stranieri che siano, sono molto ristretti. Per il
terziario, invece, e per terziario si va dall'impresa di pulizia alla
consulenza aziendale, sono in genere richieste elevate competenze linguistiche,
che possono essere un limite per gli stranieri".
Ma i
problemi non si fermano qui: un altro esempio? "Un laureato in diritto in
un paese straniero - prosegue Ambrosini -, non ha solo il problema del
riconoscimento formale del proprio titolo di studio, ma deve trovare un datore
di lavoro interessato, magari per motivi commerciali, a una persona che conosca
il diritto di un determinato paese".
Niente
di strano, quindi, se uno straniero laureato non trova
lavoro?"Assolutamente no - precisa -. Quella che ho fatto finora è
solo la premessa: a tutto questo si aggiunge il grosso problema della
discriminazione. C'è un aspetto molto grave in Italia, che è la
resistenza degli ordini professionali, da quello dei medici e quello dei
commercialisti o dei giornalisti, ad allargarsi agli stranieri, e ai giovani in
generale. Il sistema degli ordini ha una chiusura sociale molto forte, che vede
come vittime, in primo luogo, proprio gli stranieri e i ragazzi
neolaureati". Non si può però generalizzare: "non
sempre uno straniero laureato che arriva nel nostro paese è costretto a
tenere nascosto il proprio tutolo di studio per trovare lavoro; questo non è
certo l'unico esito - aggiunge Ambrosini -. Qualche sbocco professionale
c'è: il più diffuso è quello per occupazioni come
mediatori culturali, soprattutto per le donne, e poi per il grosso settore del
precariato intellettuale, ruoli da interpreti, consulenti nei tribunali,
ricercatori, consulenti per enti locali. Esistono poi casi fortunati di
battaglie vinte, innanzitutto con il matrimonio e l'ottenimento della
cittadinanza italiana. Con fatica, e molto travaglio, insomma, qualche
spiraglio si sta aprendo; forse il settore migliore, da questo punto di vista,
è quello infermieristico, dove la richiesta di personale è molto
alta". Ma in Italia c'è un altro problema, ben più
complesso, che è quello della scarsa richiesta di personale straniero
tecnico qualificato, come al contrario avviene in altri paesi (Stati Uniti in
testa): "nel nostro paese gli immigrati sono soltanto a bassa qualifica -
conclude Ambrosini -; la grande richiesta è per quei lavori che io
definisco 'occupazioni a cinque P': ovvero precarie, poco pagate, pericolose,
pesanti e penalizzate socialmente, che ricoprono proprio gli immigrati".
12.
IMMIGRAZIONE - A Roma il 67,5% degli stranieri ha una formazione secondaria
superiore o universitaria. Percentuale più alta tra gli europei
24/06/2003 ROMA - Il 67,5% degli immigrati residenti
a Roma ha una formazione secondaria superiore o universitaria, circa 30 punti
percentuali in più rispetto ai romani. E' questo il dato della ricerca
condotta da Luca Di Sciullo e Leonardo Samà, tra i curatori del Dossier
statistico immigrazione della Caritas, che verrà pubblicata a settembre
dalla Camera di Commercio in un volume dedicato al ruolo degli immigrati a
Roma. Una premessa: l'area romano-laziale, che detiene un sesto di tutta la
presenza straniera (212.000 su 1.362.000 al 31 dicembre 2001), trova a Roma il
suo "epicentro"; nella provincia si trova il 90% della presenza
regionale, nella capitale il 90% della presenza provinciale. A Roma sono poi
rappresentati tutti i gruppi stranieri, e la loro presenza è di
più lunga durata rispetto ad altre città italiane. Il
sorprendente dato sui titoli di studio è stato stabilito analizzando la
classificazione che fa l'anagrafe di Roma a tutti i suoi i scritti, stranieri
compresi, e prendendo in considerazione i dati dei censimenti Istat. Risulta,
così, che la percentuale complessiva dei laureati tra gli stranieri
è molto più alta di quella rilevata per i romani. Il livello
medio-alto di formazione è percentualmente più rilevante tra gli
europei e, in particolare, tra i cittadini dell'Unione europea rispetto a
quelli dell'Est. Lo stesso avviene tra gli americani, con una prevalenza di
livelli di formazione più alti dei nordamericani sui latinoamericani.
Tra gli africani non solo si abbassa la percentuale dei laureati (13,1%,
comunque superiore a quella dei romani) ma è notevole la differenza tra
i due sessi (18% gli uomini e 6,3% le donne), mentre la differenza è
meno accentuata per quanto riguarda i diplomi. Per le donne la situazione varia
molto a seconda del paese di provenienza: tra le capoverdiane lo 0,2% è
in possesso di laurea e l'8,3% di diploma, mentre tra le egiziane le
percentuali sono, rispettivamente, del 23,1% e del 51,7%. Tra gli asiatici
è bassa la percentuale dei laureati (12,7%) e più soddisfacente
la percentuale dei diplomati (42,8%) e sono meno vistose le differenze tra le
donne e gli uomini: 10,6% laureate rispetto al 15,1% degli uomini, 46,%
diplomate rispetto al 40,4% degli uomini. Naturalmente la situazione, per i
diversi paesi di provenienza, è molto diversificata: tra gli indiani, i
laureati sono il 13,2% e i diplomati 58,1%; tra gli iraniani, i laureati 22,8%
e i diplomati 68,5%; tra i filippini, i laureati 9,9% e diplomati 43,3%. Ma i
titoli di studio sono utili, poi, per trovare un lavoro in Italia? Chi proviene
dai paesi ad alto indice "di sviluppo umano" svolge in gran parte
(38,3%) lavori intellettuali e, più raramente, mansioni non qualificate
(11,2%); la situazione si inverte (13,3% lavori intellettuali e 56,1% mansioni
non qualificate) per i paesi "a medio sviluppo" (Filippine, Brasile,
Libano, Romania, Perù e Paesi ex Urss). Tra gli immigrati provenienti
dai paesi con un "basso indice di sviluppo" la percentuale di
impiegati in mansioni intellettuali è del 33% e di quelli impiegati in
mansioni non qualificate del 37,7%.
Infine
un'analisi dei dati "al femminile": disaggregando i numeri relativi
alle donne laureate si riscontra che il 20% svolge lavori da casalinga. Si
può quindi concludere che lo spreco formativo (il cosiddetto "Brain
Waste") coinvolge specialmente la popolazione femminile (4 su 10 donne
straniere laureate). I due terzi delle casalinghe possiede, infatti, una laurea
o un diploma. Più critica la situazione tra i diplomati, sia maschi che
femmine: oltre il 30% svolge lavori a bassa qualificazione.
13.
RIFUGIATI - ''Le sfide dell'integrazione''. Un convegno per discutere delle
difficoltà dei richiedenti asilo in Italia
24/06/2003 ROMA - In occasione della Giornata
mondiale del rifugiato 2003, oggi il Centro Astalli promuove il convegno
"Le sfide dell'integrazione". L'incontro si svolgerà presso la
Sede di Civiltà Cattolica, in Via di Porta Pinciana 1, alle ore 17.30:
un'occasione per discutere delle difficoltà che oggi rifugiati e
richiedenti asilo in Italia devono affrontare per ricostruirsi una vita
dignitosa lontano dal loro paese.
Al
convegno interverranno Giovanna Botteri, giornalista Rai, inviata in Iraq
durante l'ultimo conflitto, che darà la sua testimonianza di reporter di
guerra, raccontando gli orrori dei bombardamenti a Bagdhad di cui ha ripreso e
raccontato per prima l'inizio; Lucio Caracciolo direttore di "Limes"
- insieme al gesuita padre Francesco De Luccia (direttore del Centro Astalli) -
individuerà quali sono oggi le sfide più importanti da affrontare
affinché si possa parlare realmente di integrazione delle persone
straniere che arrivano in Italia, costrette a fuggire dalle loro case, dal loro
lavoro e spesso dalle loro famiglie. Racconterà inoltre la sua storia di
rifugiato in Italia Abdelazim Ali, giornalista sudanese, il quale ha vissuto in
prima persona il percorso che va dalla domanda d'asilo al riconoscimento dello
Status di Rifugiato in Commissione Centrale. Interverrà su questi temi
anche l'assessore alle Politiche sociali e della salute del Comune di Roma,
Raffaela Milano.
Quest'anno
la Giornata Mondiale del Rifugiato si celebra mentre si è in attesa del
regolamento di applicazione della legge Bossi - Fini e delle restrizioni alla
disciplina sull'asilo politico che essa apporterà. Inoltre
"quest'appuntamento fa i conti con la rinnovata polemica politica, dai
toni violenti e spesso razzisti, sugli sbarchi di profughi che arrivano sulle
nostre coste, spesso con mezzi di fortuna, mettendo seriamente a repentaglio la
loro vita e quella dei loro cari", fa notare il Centro Astalli, da venti
anni impegnato a fianco di richiedenti asilo e rifugiati. Il convegno vuole
offrire uno spunto "per capire, guidati da relatori di spicco, quali linee
politiche e culturali possono rendere l'Italia paese dell'accoglienza e
dell'integrazione".
Per
informazioni: Donatella Parisi, tel 06/69925099; e-mail astalli@jesref.org;
www.centroastalli.it. (lab)
14.
MINORI - Progetto-pilota della Regione Veneto per educare i bambini sotto i 4
anni a non discriminare
23/06/2003
VENEZIA - Un progetto-pilota per aiutare i bambini sotto i 4 anni a conoscere e
rispettare l'altro. L'iniziativa è della Regione Veneto che, in tre
anni, ha formato 120 insegnanti delle scuole d'infanzia della regione ad
educare 3000 bambini veneti ad avere rapporti non discriminatori con i bambini
di altre culture, lingue e religioni. Il progetto ha toccato 36 scuole
dell'infanzia delle province di Padova, Verona, Vicenza e Treviso (dove
maggiore è la percentuale di bambini stranieri nelle scuole d'infanzia)
ed è stato coordinato dal Seef (Servizi per l'età evolutiva e la
Famiglia) di Padova e dal Bice (bureau international catholique de l'enfance).
Il
bilancio a chiusura di questi tre anni è stato presentato nel corso di
un convegno in cui l'Assessore regionale alle politiche sociali Antonio De Poli
ha sottolineato l'importanza pedagogica e culturale dell'iniziativa. "Il
progetto - ha spiegato l'Assessore - si è posto i seguenti obiettivi
generali: insegnare ai bambini, senza distinzioni in merito alle loro origini o
al loro status, come confrontarsi con le differenze culturali e la
diversità a livello sociale e nella loro vita privata; fornire loro le
abilità, le conoscenze e gli atteggiamenti necessari ad acquisire questa
competenza, promuovere la tolleranza, il rispetto e la comprensione reciproca;
l'apertura verso individui e gruppi provenienti da un contesto diverso quanto a
cultura, etnia, nazione, religione, combattere razzismo, xenofobia,
discriminazione, pregiudizi e stereotipi; fornire agli insegnanti (e altro
personale scolastico) abilità professionali complementari che permettano
di lavorare con efficacia in classi e scuole culturalmente ed etnicamente
miste". Nella seconda fase del progetto ci si è poi indirizzati ad
alcuni obiettivi specifici, tra cui: la costituzione di un nucleo di operatori
specificamente formati sui temi del progetto, in grado di divenire referenti
permanenti per le scuole d'infanzia del territorio a cui le stesse possano
rivolgersi per lo sviluppo, in particolare, di iniziative e progetti educativi
interculturali e di diffondere sul territorio l'esperienza di questo progetto
interculturale nelle scuole d'infanzia con il coinvolgimento dei bambini e
delle loro famiglie.
15.
IMMIGRAZIONE: internet favorisce integrazione, la TV no (ANSA)
BOLOGNA,
22 GIU - Internet e l' utilizzo attivo dei nuovi media favoriscono l'
integrazione sociale dei minori immigrati, mentre i media tradizionali, primo
fra tutti la televisione, possono favorire diffidenza e paura nei confronti
dell' immigrazione. E' quanto è emerso da una tavola rotonda coordinata
da Elisa Manna, responsabile del settore Cultura del Censis, nel presentare, ad
'Agora 2003', summmit sul rapporto tra media e minori, i risultati di alcune
ricerche europee coordinate dal Censis.
In
particolare dai dati risulta che l' utilizzo attivo dei media da parte dei
minori immigrati li aiuta ad elaborare le difficoltà dell' esperienza
dell' immigrazione grazie allo scambio via internet delle loro esperienze con
giovani di altri paesi. Al contrario - dallo studio Tuning in to diversity - è
emerso che il collegamento continuo dell' immigrazione con immagini e episodi
di criminalità e di disagio sociale (come ad esempio gli sbarchi di
clandestini) favorisce episodi di intolleranza e di emarginazione. Lo studio a
tale proposito suggerisce di mostrare in Tv e di trattare nei giornali casi di
integrazione riuscita per promuovere un atteggiamento sociale equilibrato
rispetto al fenomeno dell' emigrazione.
Dalle
analisi illustrate dal Censis a Bologna, si scopre che esiste una fitta rete di
piccole emittenti e piccole testate gestite direttamente da immigrati che nel
denunciare lo scarto tra realtà e rappresentazione veicolata dai
principali media realizza un' azione capillare di diffusione di informazione
sugli immigrati e per gli immigrati tendente a favorire l' integrazione.
Le
proposte del Censis verranno illustrate domani, sempre a Bologna, nel corso del
dibattito sulla qualità in Tv, che chiuderà il summit su media e
minori. (ANSA).
16.
CLANDESTINI: via libera al decreto anti-sbarchi (AGI)
Roma,
21 giu. - E' passato il decreto anti-sbarchi. Il 19 giugno ha, infatti, avuto
il via libera dal Consiglio dei Ministri. non sono stati invece esaminati i
quattro regolamenti che consentono di rendere operativa la legge
sull'immigrazione, la Bossi-Fini. La necessita' del Presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi di recarsi a Salonicco ha fatto slittare l'esame dei
provvedimenti che sono gia' stati presentati, nella loro versione definitiva,
come ha sottolineato il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, alla stessa
Presidenza del Consiglio.
Il
titolare del Viminale, che ha rilasciato ai giornalisti una breve
dichiarazione, non ha risposto alla domanda di chi gli chiedeva se Bossi si
fosse rammaricato dello slittamento. E' stato pero' approvato il decreto
ministeriale anti-sbarchi.
"Ho
consegnato alla Presidenza del Consiglio i quattro regolamenti di attuazione
della legge Bossi-Fini e i tre decreti di attuazione previsti - ha spiegato
Pisanu - uno di essi, quello che riguarda le modalita' di intervento e
contrasto in mare dell'immigrazione clandestina" oggi ha ricevuto la firma
del ministro dell'economia Giulio Tremonti. E dunque, "entra praticamente
in vigore".
Fra
questi decreti "lo dico per amor di precisione", ha detto ancora
Pisanu, "ce n'e' uno che riguarda (di concerto con il ministro
dell'Economia e delle Finanze) la direzione centrale della polizia
dell'immigrazione, sul quale manca ancora il parere delle organizzazioni
sindacali".
Quanto
al decreto relativo al programma nazionale d'asilo, questo "sara'
sottoposto alla conferenza unificata i delle regioni, delle province e dei
comuni".
I
quattro regolamenti attuativi, ha spiegato il titolare del Viminale ai
giornalisti, "sono frutto di una concertazione fra diverse
amministrazioni. A me e' stato dato il compito di redigere i testi
definitivi".(AGI)
17.
LE MISURE del decreto anti-sbarchi (AGI)
Roma,
21 giu. - Piu' coordinamento, niente sovrapposizioni e possibilita' di visite a
bordo, ispezioni e fermo delle navi sospette. Queste le novita' del "decreto
anti- sbarchi", attuativo della legge Bossi-Fini, che il ha avuto il via
libera definitivo da parte del governo. Il provvedimento prevede la
costituzione di una cabina di regia unica, la Direzione centrale
dell'immigrazione, e l'assegnazione della competenza esclusiva della Guardia di
Finanza in mare, nelle acque territoriali, come forza di polizia anti-scafisti.
Ecco in dettaglio tutte le novita': CHI BLOCCHERA' GLI SBARCHI: Marina
Militare, Guardia di Finanza e Capitanerie di Porto sono le tre forze messe in
campo con compiti ben precisi e delimitati. E cosi' alla Marina Militare sara'
affidato il pattugliamento delle acque internazionali, con funzioni di
monitoraggio e inseguimento; le Fiamme Gialle agiranno nelle acque territoriali
con compiti investigativi e ispettivi. Sempre in acque territoriali, le unita'
delle capitanerie di Porto, avranno piu' specifiche funzioni di ricerca,
salvataggio e assistenza. NO USO FORZA MARINA, MA ISPEZIONI GDF: le navi della
Marina Militare, come ha precisato anche ieri il ministro Martino, non potranno
usare la forza per contrastare in acque internazionali le carrette del mare. Lo
impedisce il diritti internazionale marittimo che non prevede il reato di
traffico di clandestini e non consente, dunque, l'abbordaggio, ma solo
l'inseguimento della nave sospetta. Le unita' della Marina comunicheranno,
comunque, alla cabina di regia antisbarchi la posizione della nave e quando
questa entrera' in acque territoriali sara' la Guardia di Finanza a
intervenire. Le Fiamme gialle gia' oggi, per contrastare il traffico di
clandestini previsto come reato in Italia, hanno il potere di salire a bordo
della navi sospette con i propri team, ispezionarle ed arrestare gli eventuali
scafisti. Cio', in base al decreto, potrebbe avvenire anche nella cosiddetta
zona contigua che si estende per 12 miglia oltre il limite delle acque
territoriali. SI'INCHIESTE BANDIERA, VISITE A BORDO E FERMO NAVI: "fatto
salvo il presupposto della salvaguardia della vita umana - ha detto Mantovano
alla Camera - si potra' procedere all'inchiesta di bandiera, alla visita a
bordo, se vi e' un'adeguata cornice di sicurezza e al fermo delle navi che
trasportano i clandestini, anche al fine di un rinvio nei porti di
provenienza". Tuttavia, nei confronti della carrette del mare, saranno
piu' probabili interventi di soccorso: "le unita' cariche di migranti di
cui parliamo - ha, infatti, proseguito il sottosegretario - sono spesso scafi
in legno, di dimensioni che non raggiungono i 10-15 metri di lunghezza. Sono
vecchie e fatiscenti, navigano in spregio di qualsiasi normativa di sicurezza,
sono cariche di persone oltre le 100 unita', si trovano inevitabilmente in
pericolo di perdersi e nelle condizioni di rischiare continuamente
l'affondamento anche con condizioni di mare favorevoli. Si configurano quindi
situazioni che impongono interventi di soccorso, e quindi di individuazione
degli scafisti". GUARDIA DI FINANZA CAPO FILA FORZE POLIZIA: Carabinieri e
Polizia di Stato, che hanno i propri natanti, oggi possono controllare e ispezionare
i mezzi nautici sospettati di trasportare clandestini. Con il decreto cederanno
il passo alla Guardia di Finanza, che avra' funzioni di capo fila. LA CABINA DI
REGIA: il coordinamento delle forze in campo sara' affidato alla direzione
centrale dell'immigrazione, che avra' compiti di raccordo operativo e di
analisi delle informazioni raccolte. Una cabina di regia che sara'guidata da un
tecnico, esperto della materia. (AGI) Sep/Van
18.
RIFUGIATI - ''Il rimpatrio assistito di uno straniero costa 1/4 rispetto
all'espulsione e ottiene migliori risultati nei paesi di origine''. Ragonesi
(Anci) lamenta ritardi delle risorse del ''Fondo nazionale per le politiche e i
servizi di asilo''
20/06/2003
ROMA - "Il rimpatrio assistito di uno straniero costa 1/4 rispetto
all'espulsione e ottiene migliori risultati nei paesi di origine": lo
evidenzia Antonio Ragonesi, componente del Programma nazionale asilo per
l'Anci, facendo il punto sul Pna per il primo semestre 2003 e lamentando allo
stesso tempo i ritardi di mesi nell'erogazione delle risorse previste dal
"Fondo nazionale per le politiche e i servizi di asilo", che ora
sembrano essersi sbloccate con il Decreto di riparto sancito ieri dalla
Conferenza Stato-Regioni. "Ora attendiamo i tempi burocratici dell'approvazione
del Decreto da parte della Corte dei Conti: auspichiamo che sia sollecita,
visto che abbiamo aspettato oltre 6 mesi questo testo".
In
sostanza, arriveranno finalmente ai Comuni le risorse dell'ex Pna, ora
trasformato in Fondo presso il ministero dell'Interno, secondo quanto previsto
dalla legge Bossi-Fini, che assegnava al Fondo stesso 5,16 milioni di euro.
Altri 6 milioni di euro sono stati aggiunti dalla Finanziaria 2003. E la
tabella di riparto prevede che "8.956.521 euro siano distribuiti ai 50
Comuni che costituiscono la rete del Pna - spiega Ragonesi -, mentre circa un
milione di euro andrà a coprire le spese del Servizio centrale e
1.600.000 euro rappresentano gli oneri da erogare ai richiedenti asilo
riconosciuti". Soldi bloccati dalla mancanza del Regolamento di attuazione
della legge; ma l'Ordinanza del 23 maggio scorso (Decreto 3287) dichiarava
"sbloccato" il Fondo, senza dover attendere il Regolamento di
attuazione. Anche se "si attende ancora la firma del ministro dell'economia
Tremonti per la ripartizione dei 6 milioni di euro della Finanziaria", fa
notare Ragonesi. Altri finanziamenti bloccati giacciono anche "alla
presidenza del Consiglio dei Ministri: un milione e 600mila euro, derivanti dai
fondi dell'8 per mille, da destinare al piano straordinario di accompagnamento
nei paesi di origine dei richiedenti asilo a cui non è stato
riconosciuto lo status di rifugiato". Ragonesi pensa anche a "un
collegamento tra Comune di accoglienza e paese di origine dello straniero",
per avviare iniziative di sostegno a distanza, sviluppo locale e
"alternative all'immigrazione disordinata".
Tuttavia,
dalla fine di dicembre ad oggi, la rete del Pna non ha ricevuto alcun sostegno
economico e "la tenuta del Programma nazionale asilo è dovuta
soprattutto alle ong grandi e piccole, anche poco note, e al buon cuore dei
Comuni: una situazione molto grave, dovuta alla scarsa attenzione del Governo a
questo ambito". Eppure i risultati - non solo dal punto di vista
dell'assistenza e dell'accoglienza - ci sono: "In 18 mesi di vita il Pna
ha ultimato oltre 800 integrazioni di rifugiati nel tessuto sociale, aiutandoli
a trovare casa e lavoro". E dal 1° gennaio al 17 giugno di quest'anno
235 rimpatri assistiti, in collaborazione con l'Organizzazione internazionale
delle migrazioni, hanno dato un buon esito, "offrendo chance nei paesi di
origine ai richiedenti asilo che hanno ricevuto il diniego della domanda da
parte della Commissione centrale". L'accompagnamento sortisce effetti
positivi nella popolazione locale". Il Pna gestisce su tutto il territorio
nazionale, da Agrigento a Venezia, 1.365 posti di accoglienza: pochi rispetto
ai bisogni, visto che in alcuni centri le liste di attesa "durano mesi: a
Firenze, ad esempio, lo Stato contribuisce per 37 posti di accoglienza, mentre
quelli effettivi garantiti grazie al Comune e alle associazioni sono oltre 260:
5 volte tanto.
Con il
Regolamento di attuazione della Bossi-Fini, comunque, cambierà la
connotazione del Programma nazionale asilo: i Comuni, infatti, accoglieranno
persone a cui è stato già riconosciuto lo status di rifugiato,
oppure con un permesso di soggiorno per motivi umanitari, o richiedenti asilo.
Ma l'Anci chiede di poter essere presente anche nei Centri di identificazione,
"per poter evitare a molti stranieri i Cpt o le espulsioni, optando invece
per l'accompagnamento presso le comunità di origine", auspica
Ragonesi. E conclude: "Se la rete del Pna avesse mantenuto le sue
dimensioni iniziali, pari a circa 2.200 posti, e la certezza dei finanziamenti,
avrebbe avuto la possibilità di programmare più interventi locali
di accoglienza e integrazione".(lab)
19.
IMMIGRAZIONE - Primi risultati di una ricerca guidata dall'Oim su stranieri e
servizi in Piemonte
20/06/2003
TORINO - Sono stati presentati a Torino i primi dati di una ricerca che indaga
sui rapporti tra cittadini immigrati e operatori italiani dei servizi sociali e
del lavoro. Si tratta di un'indagine che per quanto riguarda il territorio
piemontese ha visto il diretto coinvolgimento della Provincia di Torino. Al
ricerca si colloca all'interno delle attività del progetto Equal
"L'immagine dell'immigrato tra media, società civile e mondo del
lavoro", un progetto che, tra l'altro, ha portato alla nascita della prima
agenzia stampa formata da giornalisti immigrati visitabile presso il sito
www.migranews.net. Il lavoro di ricerca invece è stato coordinato
dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazione di Roma in partnership con
9 realtà territoriali e ha posto la sua attenzione su 9 province (tre al
nord, tre al centro e tre al sud). Sono stati somministrati 540 questionari che
prevedevano interviste in forma dialogica a immigrati e operatori dei servizi
pubblici con una duplice finalità: da un lato si intendono individuare
bisogni e aspettative della popolazione immigrata, dall'altro la ricerca si
propone di riconoscere situazioni di discriminazione o, al contrario, di
integrazione ed efficacia dei servizi. "Bisogna ricordare - spiega
Maddalena Occhetta dell'OIM, (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni)
che ha coordinato la ricerca - che i dati fino ad ora elaborati sono ancora
allo stato grezzo. Stiamo facendo una serie di presentazione nei vari territori
interessati dal nostro lavoro proprio per raccogliere impressioni e
osservazioni che diventeranno parte integrante del rapporto finale". Da
questi primi risultati emerge una situazione articolata, all'interno della
quale le percezioni degli operatori e degli immigrati su temi come l'accesso ai
servizi, il lavoro, le motivazioni alla base del progetto migratorio, spesso
non coincidono. "Spesso gli operatori sociali - spiega Maddalena Occhetta
- hanno un'idea esageratemente 'drammatica' delle motivazioni che spingono le
persone a emigrare. Infatti al primo posto figura 'la fuga da situazioni socio-politiche
opprimenti', mentre più semplicemente gli immigrati intervistati
riportano come motivazione principale 'il passaggio a un Paese più
ricco". Differenze di percezioni tra operatori e immigrati risultano anche
rispetto al ruolo che ricoprono gruppi di volontariato, associazioni religiose,
etniche o di solidarietà sociali nel favorire l'accesso ai servizi. Per
gli operatori sociali infatti l'associazionismo risulta essere al secondo
posto, dopo '"i connazionali", tra i fattori che aiutano gli
immigrati a entrare in contatto con i servizi, mentre solo il 10% degli
immigrati stessi riconosce tale funzione. Infine pare assai distorta la
percezione che gli immigrati hanno dell'intero fenomeno migratorio in Italia.
Circa il 40% degli intervistati infatti dichiara che la percentuale di
immigrati sulla popolazione totale è tra il 5% e il 20%, mentre il dato
ufficiale è del 4,2%. Una distanza consistente anche tenendo conto della
quota non calcolata degli irregolari. (gm)
20.
IMMIGRAZIONE: Centro Astalli, manca legge organica rifugiati Jesuit Refugee
Service, 50 MLN profughi mondo, 13mila Italia (ANSA)
ROMA,
18 GIU - Nel mondo sono circa 50 milioni, tra profughi e sfollati, "coloro
che negli ultimi anni sono stati costretti a lasciare il proprio Paese" a
causa di conflitti ma anche di persecuzioni etniche o religiose, e "tra le
prime vittime ci sono donne e bambini".
Ad
affermarlo, alla vigilia della Giornata mondiale dei rifugiati, è stato
padre Francesco De Luccia, presidente dell'associazione Centro Astalli - sede
italiana del Jesuit refugee service (Jrs), il servizio dei gesuiti per i
rifugiati presente in circa 50 Paesi del mondo.
Padre
De Luccia al Sir, l'agenzia dei settimanali cattolici promossa dalla Cei, ha
espresso "perplessità" per la mancanza in Italia di una legge
organica in materia di asilo: "I due articoli recanti disposizioni in
materia di asilo politico" presenti nella cosiddetta Bossi-Fini rendono
"sostanzialmente più difficile un intervento a favore dei
rifugiati. Inoltre viene limitata la possibilità di ricorrere contro una
decisione negativa al giudice onorario".
"Ogni
anno - prosegue - accedono ai servizi del Centro Astalli da 8 a 10mila
richiedenti asilo, ai quali offriamo assistenza primaria, se appena arrivati in
Italia, o aiuto all'inserimento se già da qualche tempo nel nostro
Paese".
La
Giornata mondiale dei rifugiati è quest'anno dedicata ai giovani. Si
tratta, spiega il direttore internazionale Jrs, padre Lluis Magrina, di
"una categoria particolarmente vulnerabile. Persone tra i 13 e i 25 anni,
che quando una guerra sconvolge il loro Paese, vengono private di un
fondamentale diritto, quello all'istruzione, con la conseguenza di una grave
perdita dell'autostima. Ma spesso anche separate dalla famiglia ed esposte ad
abusi e violenze, oltre che, in molti casi, al reclutamento forzato in gruppi
armati". (ANSA).
21.
NOMADI - La disoccupazione riguarda il 90% dei rom. Dopo i mercati, a Roma
arriva anche il primo negozio
17/06/2003
ROMA - "Non può esserci prevenzione della tossicodipendenza e dello
spaccio di droga nei campi nomadi se non c'è offerta di lavoro". Il
dramma della disoccupazione, infatti, raggiunge anche il 90% tra i rom. A
sottolinearlo è Massimo Converso, presidente dell'Opera Nomadi,
intervenuto all'incontro su "Tossicodipendenza e zingari" coordinato
in Campidoglio da Germana Cesarano, della cooperativa Magliana 80, insieme
all'Agenzia comunale per le tossicodipendenze.
In
questi giorni si stanno aprendo a Roma nuove possibilità lavorative per
i nomadi: infatti un mercato rom è stato inaugurato nei giorni scorsi
all'Eur, nei pressi della fermata della Metro B (alla presenza di bosniaci,
serbi e montenegrini) e riaprirà anche il mercato di San Basilio. Nel V
Municipio, inoltre, sarà inaugurato il primo negozio rom della
città, a cui sarà annesso un laboratorio di maglieria e sartoria
dove lavoreranno alcune ragazze. "A Reggio Calabria funziona da 2 anni e
mezzo un progetto di riciclaggio del ferro - ha riferito il presidente
dell'Opera Nomadi - mentre a Roma non riusciamo a farlo decollare".
Il
problema della droga nei campi nomadi risale agli anni Ottanta, quando fu
demolito il Mandrione, che era il quartiere dei rom provenienti dalla
Ciociaria; il primo ragazzo a morire di eroina - ricorda Converso - fu
Giorgetto De Rosa, stroncato il 15 agosto 1984 a Spinaceto. Nella capitale le
prime comunità rom che hanno conosciuto la droga sono state quelle serbe
e bosniache. Nel frattempo i rumeni aumentano, "rimanendo però
un'entità staccata; occupano gli spazi dei rom bosniaci che chiedono
l'elemosina. Per loro la scolarizzazione non funziona", ha osservato
Converso, puntando il dito contro "la graduatoria presente al Ministero
dell'Interno per classificare i 'criminali zingari': perché fare una
lista a parte? I criminali sono tali e basta".
"Intendiamo
far ripartire gli interventi nei campi nomadi - ha assicurato Ignazio Marcozzi
Rozzi, presidente dell'Agenzia comunale tossicodipendenze -. Molti contattano
luoghi di aiuto dopo 3-5 anni dal primo buco; tra i rom questa distanza
è motivata anche da ragioni culturali, dal timore e dalla
vergogna". Anche Marcozzi sostiene che "con le politiche del lavoro
si fa sia prevenzione che recupero". Più che un attacco alla
"riduzione del danno", Giulia Rodano, vicepresidente Commissione
Sanità della Regione Lazio, individua nelle politiche sanitarie
"un'indifferenza sostanziale e una paralisi su questi problemi. Ci
scontriamo con un'inerzia burocratica e amministrativa, mentre sappiamo quanto
è importante un contatto precoce con il tossicodipendente, specialmente
intervenendo su chi è più lontano dai servizi, non solo con gli
eroinomani di lunga data. Dobbiamo avvicinare il fronte delle nuove droghe, i
clandestini, chi si vergogna, attraverso l''offerta attiva', cioè
andandoli a cercare senza attendere che siano loro a farlo".
All'incontro
in Campidoglio sono intervenuti anche, tra gli altri, l'assessore alle
politiche sociali e sanitarie del Comune, Raffaela Milano, e due rappresentanti
delle comunità rom: Guerino Casamonica, della cooperativa sociale Phralipé,
e Kasim Cizmic, presidente di "Unirsi".(lab)
La rassegna stampa può essere consultata anche sul sito www.immagineimmigratitalia.it - (Sito Web realizzato nell'ambito del Progetto "Immagine degli immigrati in Italia tra media, Società civile e mondo del Lavoro")