Trasmetto la risposta del Governo alla mia interrogazione relativa ai ritardi

nella regolarizzazione di lavoratori extracomunitari.

           on.Aldo Preda 

 

(Iniziative per accelerare il disbrigo delle domande di regolarizzazione dei

lavoratori extracomunitari - nn.3-02045, 3-02064)

PRESIDENTE. Avverto che le interrogazioni Sandi n. 3-02045 e Preda n. 3-02064,

che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (vedi

l'allegato A - Interrogazioni sezione 5).

Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano, ha facoltà di

rispondere.

 

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente,

onorevoli colleghi, la regolarizzazione degli extracomunitari clandestini in

Italia costituisce su una priorità per il Governo ed in particolare per

l'amministrazione dell'interno. Dopo le difficoltà iniziali vi è stata una

notevole accelerazione. Il centro servizi delle Poste italiane è passato da

una media all'avvio di 800 pratiche al giorno trasmesse alle prefetture ad una

media di circa 4 mila al giorno.

La principale ragione di complessità che ha determinato i problemi iniziali

è stata dettata dalla circostanza che si tratta di una regolarizzazione e non

di una sanatoria per cui è necessario mettere insieme una maggiore quantità

di dati, oltre alla predisposizione di un vero e proprio contratto di lavoro

che viene sottoscritto presso l'ufficio territoriale del Governo

contestualmente alla consegna del permesso di soggiorno, del codice fiscale e

della regolarizzazione contributiva. Nelle prime settimane, ci si è imbattuti

in problemi relativi alla messa a punto della procedura che prevede che le

Poste italiane effettuino una prima sommaria selezione delle domande, le

inviino alle prefetture in scatole separate, in modo da ottenere una divisione

tra quelle complete e quelle incomplete, immettendo contemporaneamente i dati

relativi nel circuito informatico del Ministero dell'interno per gli

accertamenti di polizia necessari al rilascio del nullaosta da parte delle

questure. Questi dati, soprattutto per le difficoltà di interpretazione della

grafia e dei nomi stranieri, si sono rivelati in gran parte errati. Basti

pensare alla circostanza che alcuni erano stati scritti in cirillico. Ciò ha

reso necessario affiancare al lettore ottico il lettore umano, per evitare di

respingere domande dietro le quali vi era però un reale rapporto di lavoro.

Superata questa fase di assestamento, il sistema oggi funziona speditamente

grazie all'utilizzazione dello strumento informatico che consente alle

questure di abbreviare i tempi degli accertamenti di polizia e alle prefetture

di effettuare le convocazioni attraverso i collegamenti telematici.

Il sistema permette di seguire in tempi reali gli spostamenti della pratica

grazie al codice a barre riportato sulle buste inviate e sul cedolino.

Quest'ultimo costituisce la ricevuta che resta nella disponibilità

dell'extracomunitario ed ha la funzione di inibire l'espulsione.

Il sistema consente poi di effettuare le convocazioni in giorni ed ore

prestabiliti e ha permesso notevoli vantaggi, primo fra tutti, quello di

evitare le code davanti agli uffici delle prefetture. L'attuale

regolarizzazione è la più imponente procedura avviata nostro paese per gli

stranieri. Mentre negli anni passati si erano incontrate oggettive difficoltà

per far dialogare, soprattutto a livello informatico, perfino i differenti

dipartimenti dello stesso Ministero dell'interno, oggi, proprio con questo

meccanismo, si è avviato un progetto trasversale che ha coinvolto ministeri e

istituzioni diverse che convergono nell'intento di offrire stabilità al

lavoratore extracomunitario.

Le oltre 700 mila domande di regolarizzazione inoltrate rappresentano un

numero di gran lunga superiore a quello della sanatoria del passato e,

nonostante questo, conosceranno tempi di evasione notevolmente inferiori. Per

le ultime due sanatorie si sono impiegati più di due anni ciascuna, con un

residuo, per l'ultima, di circa 35 mila pratiche inevase. Infatti, il decreto

del Presidente della Repubblica 5 agosto 1998 aveva previsto che il

completamento del contingente dei flussi migratori relativi al 1998 fosse

riservato ai lavoratori stranieri che dimostrassero, con elementi oggettivi,

di essere stati presenti in Italia prima dell'entrata in vigore della legge 6

marzo 1998, n. 40. In base a ciò, fu inizialmente prevista la

regolarizzazione di un numero limitato di cittadini extracomunitari, 38 mila

unità. In seguito, con il decreto legislativo n. 113 del 1999, tutti gli

stranieri che avessero presentato istanza di regolarizzazione anche con

semplice prenotazione entro il 15 dicembre 1998 avevano accesso alla

procedura.

La gestione delle relative istanze che non erano 700 mila, ma 250.966, ha

richiesto un periodo iniziale tra i 12 e i 15 mesi. A fronte del notevole

numero di potenziali rigetti, 180 mila, intervennero interpretazioni estensive

dei requisiti prescritti. Pertanto le questure hanno dovuto riesaminare le

pratiche già valutate, giungendo nei successivi 8-10 mesi a definire

positivamente 217.141 istanze.

La definizione delle rimanenti 33.825 istanze è stata sospesa fino

all'approvazione del provvedimento di emersione approvato su iniziativa di

questo Governo. L'attuale regolarizzazione ha quindi dimensioni tre volte

superiori rispetto alla sanatoria della legge Turco-Napolitano e avrebbe

dovuto richiedere, rispettando quei ritmi, almeno sei anni, mentre il Governo

conferma, anche in questa sede, che il termine di ultimazione sarà quello del

dicembre 2003. Semmai dovessero esservi delle code oltre tale termine, saranno

di entità assolutamente marginale e relative a casi di oggettiva e grave

complessità o a casi assolutamente limitati nei quali è intervenuta

l'autorità giudiziaria e ha sequestrato gli atti.

Mentre le piccole prefetture stanno per concludere il lavoro prima dell'inizio

dell'estate - alcune lo hanno già concluso -, nelle cinque prefetture più

grandi (Roma, Milano, Napoli, Torino e Brescia) si accumula quasi la metà

delle istanze presentate. Nel mese di febbraio di quest'anno, il ministro

Pisanu ha istituito al ministero un tavolo da me personalmente coordinato, che

vede la partecipazione dei capi dei dipartimenti del Ministero dell'interno

interessati all'operazione, del Ministero del lavoro delle politiche sociali,

dell'INPS, delle Poste, oltre che dei prefetti e dei questori, con il compito

di effettuare il costante monitoraggio delle regolarizzazioni, di fare

emergere eventuali problemi, di definire concordemente le ipotesi e le

soluzioni.

Il lavoro in corso sta comportando l'arrivo presso gli sportelli

polifunzionali di non meno di 1 milione e 400 mila persone. Lo stato di

emergenza per l'immigrazione dichiarato per il mese di febbraio 2002, anche a

tal fine, è stato protratto fino a tutto il 2003. Ciò ha permesso di emanare

un'ordinanza per l'assunzione di 1.050 lavoratori interinali, di cui 700

destinati ad essere inseriti già negli organici del Ministero dell'interno,

tra prefetture e questure, mentre 350 unità del Ministero del lavoro delle

politiche sociali sono collocate negli sportelli dove è presente anche tale

ministero.I rinforzi sono stati indirizzati in quantità più consistente

soprattutto nelle cinque città a cui ho fatto riferimento poc'anzi.

Sull'aspettativa degli stranieri regolarizzandi di poter rientrare nei propri

paesi d'origine, ribadisco quanto sostenuto di fronte al Parlamento anche in

altre occasioni. Il lavoratore in attesa di regolarizzazione è in possesso

della copia della ricevuta postale attestante l'avvenuta presentazione

dell'istanza e rilasciata non a lui, ma al datore di lavoro. Tale ricevuta,

pur indicando il nome del lavoratore, in realtà non ne consente

l'individuazione certa. Questa ricevuta non può in alcun caso costituire

documento idoneo ad autorizzare l'espatrio, seppure temporaneo, con successivo

rientro né può essere utilizzata come documento di identità o di

riconoscimento. Ciò sarebbe in contrasto non tanto con la recente legge

sull'immigrazione, ma con gli accordi di Schengen che pongono in proposito

vincoli precisi.

La facoltà di lasciare temporaneamente il territorio dello Stato è

riconosciuta in via generale soltanto allo straniero regolarmente soggiornante

in Italia, in quanto in possesso di regolare passaporto. Tale regolarità si

collega al permesso di soggiorno, rilasciato in conformità ai criteri

indicati dal trattato di Schengen, del quale l'articolo 8 del regolamento di

attuazione del testo unico sull'immigrazione rappresenta la traduzione

normativa.

Detto questo, il Governo è ben consapevole che gli immigrati clandestini in

fase di regolarizzazione affrontano un obiettivo sacrificio, ma è tuttavia

altrettanto consapevole dell'opportunità che viene loro offerta dalla

cosiddetta legge Fini-Bossi di essere accolti in condizioni di piena

integrazione nel nostro paese. È ovvio - ciò si ricava dalle norme generali

sull'immigrazione - che i casi eccezionali di necessità di rimpatrio che si

presentino come assolutamente indifferibili nel tempo, anche solo di qualche

settimana o di qualche mese, sono stati, sono e saranno valutati adeguatamente

con procedure di autorizzazione particolari legate alla specificità dei

singoli casi.

Vengo ora alla questione del cosiddetto «subentro», cioè alla condizione

del lavoratore extracomunitario per il quale si sia verificata una modifica

del rapporto di lavoro dal momento della presentazione dell'istanza di

regolarizzazione, a seguito della morte del datore di lavoro, del

licenziamento o delle dimissioni. Nella prospettiva di garantire la reale

emersione del lavoro irregolare, il Ministero dell'interno e il Ministero del

lavoro hanno diramato due circolari, in base alle quali viene resa possibile

la stipula del contratto di lavoro e, più in generale, la definizione della

regolarizzazione anche con un datore di lavoro diverso da quello che

originariamente ha presentato la domanda.

L'instaurazione del nuovo rapporto di lavoro avviene all'esito della

definizione della domanda di regolarizzazione per la necessità di garantire

l'esatta osservanza del disposto di legge che riconnette l'emersione del

rapporto di fatto e la sua legalizzazione a precise condizioni. Solo dopo il

loro accertamento, il lavoratore può essere legittimamente ammesso alla

conclusione del contratto.

Al riguardo, assicuro che si sono notevolmente ridotti tempi di attesa per la

convocazione davanti alle prefetture dei lavoratori che si trovino in queste

condizioni. Ciò a seguito dell'emanazione della circolare del 3 aprile 2003

con la quale sono state impartite precise direttive circa la predisposizione,

nell'ambito dello sportello polifunzionale istituito in ogni prefettura, di

una «postazione dedicata» a tali casi.

Per quanto concerne, infine, le ipotesi in cui il datore di lavoro abbia

rifiutato di presentare domanda di regolarizzazione, voglio riferire che, a

seguito dell'entrata in vigore della legge n. 222 del 2002 in materia di

emersione del lavoro irregolare, il dipartimento della pubblica sicurezza del

Ministero dell'interno, con circolare del 31 ottobre 2002, ha consentito, per

un periodo limitato, ai cittadini extracomunitari che si trovassero in tale

posizione ed avessero avviato una vertenza tramite associazioni sindacali o di

patronato, di ottenere, previa esibizione della necessaria documentazione, il

rilascio di un permesso di soggiorno per attesa occupazione, della durata di

sei mesi.

 

PRESIDENTE. L'onorevole Preda ha facoltà di replicare per la sua

interrogazione n. 3-02064.

 

ALDO PREDA. Signor Presidente, sono notevolmente insoddisfatto della risposta

del Governo. Abbiamo una legge estremamente complicata. La Caritas italiana ha

denunciato 702.000 domande di regolarizzazione di stranieri i quali devono

rivolgersi, insieme al datore di lavoro (quindi, complessivamente si tratta di

un milione e 400 mila persone), agli uffici polifunzionali presso le

prefetture, dove dovrà essere presente almeno un rappresentante della

prefettura, un rappresentante dell'ufficio provinciale del lavoro, un

rappresentante della questura e un rappresentante delle agenzie delle entrate.

Quindi, milioni di persone devono recarsi presso le prefetture, presso gli

uffici polifunzionali. Sappiamo benissimo che gli sportelli polifunzionali non

funzionano, che sono carenti di personale e che hanno regolarizzato pochissime

domande.

 

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Chi l'ha detto?

Come fa a dire queste cose?

 

ALDO PREDA. Questo è lo stato, di fatto, denunciato dalla Caritas italiana e

da tutti coloro che seguono queste procedure.

Nella mia interrogazione non ho chiesto nulla di speciale. Prendo atto che

questa è la legge (che noi non abbiamo approvato), e che questa burocrazia è

estremamente pesante. Gli sportelli polifunzionali funzionano a scartamento

molto ridotto a causa delle pesanti procedure che si devono seguire.

Nella mia interrogazione ho chiesto che si prenda in esame il problema di

702.000 persone che vivono nel nostro paese, che devono essere regolarizzate e

che hanno la necessità, dovuta a lutti familiari, a matrimoni dei figli o ad

eventi familiari particolari, di recarsi nei paesi di origine.

I casi eccezionali di cui parlava il sottosegretario da chi sono esaminati? Il

ministro dell'interno, in una recente lettera di risposta ad un gruppo di

parlamentari, ha dichiarato che devono essere esaminati dai questori. Ma i

questori non hanno disposizioni per esaminare i casi eccezionali. Questa è la

realtà. D'altra parte, lo stesso Governo afferma che copia della ricevuta non

costituisce titolo per rilasciare il nulla osta per recarsi all'estero.

Pur prendendo atto della data di scadenza cui faceva riferimento il Governo -

dicembre 2003 - per esaminare le 702.000 pratiche esistenti nel nostro paese,

resta il fatto che, da più di un anno, 702.000 persone non possono recarsi

nel proprio paese di origine; esse sono prigioniere nel nostro paese. Mi rendo

conto del fatto che, con questa legge, i tempi saranno estremamente lunghi e

che, di conseguenza, ben difficilmente gli sportelli istituiti presso le

prefetture ce la faranno a completare l'esame di tutte le pratiche entro il

mese di dicembre di quest'anno. Pertanto, chiedo di esaminare il problema di

questi extracomunitari in attesa di regolarizzazione, i quali, tra i tanti

problemi (ad esempio, di rapporto con il datore di lavoro e di alloggio),

hanno anche quello di non poter rientrare nel paese di origine perché, se lo

fanno, non possono rientrare nel nostro paese.

Credo che una circolare ai questori ed alle prefetture, nella quale si diano

istruzioni per esaminare casi particolari e per autorizzare i predetti

soggetti a recarsi nei paesi di origine per brevi periodi, sia il minimo che

un paese civile possa concedere.