Emigrazione Notizie n. 26 – 9 Luglio 2003

 

 

 

 

APPROVATA LA LEGGE DI RIFORMA DEI COMITES

 

          E’ stata approvata la nuova legge di riforma dei COMITES, il cui unico elemento significativo è costituito dall’introduzione del voto per corrispondenza. Essendo questa la prima legge di riorganizzazione della rappresentanza dopo il voto all’estero, era auspicabile che una legittimazione diretta comportasse un rafforzamento del ruolo e dei poteri di questo organismo di base. Al contrario, prima il Governo e successivamente la maggioranza parlamentare, hanno fortemente deluso le richieste espresse in tal senso dalle nostre comunità all’estero e ribadite nei pronunciamenti di rappresentanti sia dei Comites stessi che del CGIE. Quest’ultimo organismo in particolare – da sempre unanimemente considerato il Parlamento degli italiani all’estero – non solo aveva proposto un suo disegno di legge, ma aveva sottolineato le divergenze esistenti tra le sue indicazioni, riconfermate anche nell’ultima Assemblea Plenaria, e quelle contenute nel disegno di legge governativo.

I parlamentari del centrosinistra hanno riproposto fedelmente le richieste del CGIE relativamente, in particolare, all’accreditamento dei Comites presso le autorità locali, ai poteri consultivi dei Comites nei confronti delle autorità diplomatico-consolari, all’accorciamento dei tempi necessari per poter votare entro l’anno con la nuova legge e, soprattutto, a una maggiore dotazione finanziaria di questi organismi, per consentire il superamento degli attuali limiti della ordinaria amministrazione.

La maggioranza, però, chiudendosi a riccio, non ha accolto nessuna di queste richieste avanzate dai rappresentanti delle comunità italiane, attestandosi su una posizione di prendere o lasciare e facendo in modo che, coerentemente, tutto il centrosinistra si schierasse contro questa falsa riforma.

Facciamo quindi appello al senso di responsabilità di maggioranza e opposizione perché in Senato sia modificata questa insoddisfacente e inadeguata riforma, rafforzando poteri e capacità operativa dei Comites.

Accorciando i tempi di preparazione delle elezioni, inoltre, si può avere una buona legge e allo stesso tempo votare entro le scadenze previste.

Ringraziamo i parlamentari del centrosinistra, in particolare gli onorevoli Calzolaio e Bianchi, per la coerenza con la quale hanno raccolto e riproposto le esigenze avanzate dai Comites e dal CGIE.

Gianni Pittella, Responsabile nazionale DS per gli Italiani all’Estero

Norberto Lombardi, Coordinatore del Forum per gli Italiani nel Mondo

 

 

QUALI RIFORME?

 

          Pubblichiamo un contributo di Marco Fedi, membro del Comitato di Presidenza del CGIE per i Paesi anglofoni, in vista dell’Assemblea plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero prevista per i giorni 9-11 luglio prossimi a Roma.

 

          Se l’attuale limitata azione legislativa, fortemente segnata da una maggioranza che non sta aprendo spazi di dialogo all’opposizione e da un Governo che non sta aprendo spazi di ascolto nei confronti della rappresentanza eletta dalle comunità italiane nel mondo (Com.It.Es. e CGIE), dovesse produrre dei risultati insoddisfacenti e negativi, quali sarebbero le responsabilità politiche della maggioranza, che le approverà in Parlamento, del Governo, che le ha proposte senza ascoltare, e del CGIE, che ha presentato delle proposte, dei percorsi e delle idee che non si ritrovano nei disegni di legge del Governo? E non parliamo solo della riforma dei Com.It.Es., a cui si aggiunge il pressoché irrisolto problema dei ritardi, inauditi, nell’erogazione dei contributi ma anche della bozza di articolato per la riforma della 153/71, a cui si aggiunge il taglio del 20% del capitolo ministeriale 3153, oltre all’avvenuto azzeramento dei fondi residui 2002, oltre all’altrettanto serio ritardo nell’erogazione dei contributi a saldo per il 2002 e per tutto l’anno 2003.

Siamo preoccupati per queste riforme e per questo metodo di lavoro.

Ma sono le scelte di indirizzo, prima che il metodo di lavoro, a non convincerci.

Sulla riforma dei Com.It.Es. mi auguro che il CGIE voglia ribadire la propria ferma posizione rispetto al testo presentato dal Governo: è lontano da quello approvato dal CGIE dopo consultazione con i Com.It.Es. Non amplia gli spazi di democrazia e partecipazione, non affida nuovi compiti nella definizione delle priorità degli interventi, non affida nuovi compiti nella definizione degli interventi consolari: è una riforma monca della parte più qualificante ed innovativa.

Rispetto all’attuale proposta di riforma della 153/71, non solo non vengono superati i principali ostacoli che fino ad oggi avevano, di fatto, limitato la promozione e diffusione della lingua italiana – inserimento nei curriculum scolastici locali, superamento di un concetto largamente assistenziale, definizione dei destinatari degli interventi come soggetti integrati o alla cui integrazione occorre concorrere aprendosi a nuove interessanti ipotesi di diffusione della lingua italiana come lingua comunitaria oltre che straniera, coordinamento degli interventi sia in loco che tra i Ministeri competenti, piani paese realizzati con il concorso dei soggetti coinvolti tra cui Com.It.Es. ed enti gestori, aumento delle risorse invece che blocchi e tagli – ma si torna indietro, ad una visione imperialista dell’intervento dello Stato che è addirittura peggiorativa di quella che aveva ispirato la legge del 1971. A Montecatini il documento conclusivo auspicava che la riforma della legge 153/71 si trasformasse in una grande iniziativa di politica estera italiana, tesa a dare alla diffusione di lingua e cultura il giusto peso: rischia di tradursi in un pezzo di vecchia “burocrazia”.

A parte l’impostazione molto “ministeriale”, che non sorprende viste e considerate le serie difficoltà d’articolazione della proposta da parte di due Direzioni del MAE, in concreto la proposta non tiene conto di almeno due momenti significativi: il Convegno di Montecatini e le riflessioni fino ad oggi portate avanti dalla Commissione tematica del Cgie. Una riforma dovrebbe consentire di superare una questione centrale: i destinatari delle iniziative di formazione linguistica e culturale.

Nella bozza d’articolato, infatti, per quanto riguarda i destinatari, si rimane ad una concezione superata nei fatti. In Australia, la 153 era già vecchia e sorpassata nel 1971, quando si indirizzava solo ai cittadini italiani e loro figli. A maggior ragione lo è oggi (32 anni dopo!) quando l’integrazione dei cittadini italiani e degli oriundi italiani in Australia non è più un problema, dato e non concesso che lo sia mai stato.

È evidente allora che i fruitori, in Australia come in altri Paesi multiculturali, vengano identificati in tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro nazionalità (che comunque nella stragrande maggioranza dei casi è Australiana) a favore dei quali l’Italia svolge opera di formazione linguistico-culturale, in accordo e collaborazione con le iniziative locali, perché questa opera conviene all’Italia in termini di ricaduta nelle relazioni bilaterali di tutti i tipi. Se risponde ad alcune esigenze, allestire un’anagrafe di lavoratori stranieri “candidati ad emigrare in Italia” presso i consolati italiani, evidentemente queste esigenze vengono meno in realtà come l’Australia. Altrettanto evidente, quindi, la necessità di fare riferimenti ai Piani Paese rivendicando si diversificazione di interventi e di strumenti ma anche di norme.

Piano paese triennale, obbligatorio, da rendere strumento reale di pianificazione e diversificazione degli strumenti di intervento.

Questa proposta non tiene conto del mondo “dell’integrazione che deve essere mantenuta” nel tempo attraverso la valorizzazione degli strumenti bilaterali.

Analogamente, i servizi di formazione e perfezionamento devono essere diretti a tutto il corpo insegnante locale, con l’obiettivo di migliorarne la qualità e quindi, per definizione, a migliorare la qualità della lingua e cultura italiana, di cui sono portatori nei confronti dei loro studenti. In tutta la bozza di proposta si registra una preoccupante assenza di qualunque riferimento ad una collaborazione con le autorità scolastiche locali, collaborazione che costituisce invece la chiave di volta del successo dell’opera di diffusione e potenziamento della lingua e cultura italiana in Australia, e senza la quale ogni ipotesi di intervento è destinata a fallire. Analogamente, si registra l’assenza di un qualunque riconoscimento dell’opera svolta dagli enti gestori nella elaborazione degli accordi di collaborazione con le autorità scolastiche locali, attraverso i quali è finora passata la diffusione della lingua e cultura italiana.

È evidente che, nell’attuazione delle iniziative, vada riconosciuto e rafforzato il ruolo operativo degli enti gestori e quello di programmazione e controllo degli uffici consolari.

Sull’esercizio in loco del diritto di voto: confusione, incertezze e mancanza di indicazioni politiche chiare sulle correzioni tecniche da apportare all’impianto complessivo. Non è possibile fare affidamento sulla buona volontà della rete consolare. Occorre superare ottimismo propagandistico e pessimismo e chiedersi: se non si realizzerà l’anagrafe unica in che modo si può realizzare, in tempi brevi, un’interfaccia che consenta di aggiornare l’AIRE dei comuni con i dati aggiornati delle anagrafi consolari? È necessario rivisitare il regolamento, ed eventualmente la legge ordinaria, per stabilire la logica sequenza, che avremmo voluto vedere affermata all’inizio, di un elenco degli elettori composto solo da coloro i quali vogliono votare ed in tal senso esercitano una scelta vera e razionale attraverso l’opzione? E ancora: in che modo è possibile ulteriormente garantire democrazia e trasparenza nell’esercizio del voto per corrispondenza – facendo arrivare a casa il plico a mezzo raccomandata – quindi richiedendo la firma all’atto della consegna del plico – oppure inserendo la firma dell’elettore nella cedola, allegata al certificato elettorale, che viene restituita al Consolato di registrazione all’atto dell’espressione del voto? Oppure entrambe le soluzioni? In che modo possiamo garantire che anche nei Consolati vi sia un controllo “democratico” da parte dei comitati elettorali?

Il referendum non ha rappresentato un test politico ma ha evidenziato problemi tecnici ai quali è necessario dare risposte immediate.

Va detto che i due quesiti referendari, nonostante la totale assenza d’informazione, hanno avuto un effetto positivo sulla comunità italiana.

Evidentemente da un lato sta prendendo piede la consapevolezza che il voto per corrispondenza è un fatto reale, conquistato, che si sta già praticando, dall’altro vi è stata, in molti ambienti, una ripresa della volontà di partecipare, di essere coinvolti, di schierarsi, di dire la propria. Ecco perché è importante che dalle prossime elezioni non si ripetano più gli stessi errori. La campagna d’informazione è fondamentale: sia sulle questioni tecnico-istituzionali che sui temi o sui candidati. Il dibattito e la discussione sono altrettanto importanti: la comunità vuole capire e mettere a confronto idee ed aspirazioni. L’anagrafe unica, o l’aggiornamento automatico sulla base delle anagrafi consolari, è importante: gli italiani all’estero non daranno altre possibilità! Bisogna aggiustare il tiro. Non è possibile che arrivino plichi a persone decedute o a persone che non sono più cittadini italiani e non arrivino invece a cittadini italiani iscrittisi all’anagrafe consolare solo alcuni mesi fa. Non è possibile dare l’impressione che, come al solito, le cose si fanno con poco interesse e poco senso dell’organizzazione.

È necessario, infine, avere maggiori dati rispetto ai flussi elettorali. Intanto possiamo essere grati della partecipazione e voglia di contare che le comunità italiane nel mondo hanno voluto e saputo esprimere.

Marco Fedi,  CGIE  Australia

 

 

PREMIO PIETRO CONTI: i vincitori e  i segnalati della V edizione

 

             Il 30 giugno 2003, presso la sede del Servizio Relazioni Internazionali della Regione dell’Umbria in Corso Vannucci 30, Perugia, si è riunita la Giuria della Quinta edizione del Premio Pietro Conti.

La Giuria, costituita da Tullio Seppilli, Maria Immacolata Macioti, Emilio Franzina, Alessandro Vestrelli,  Massimo Vedovelli e Noemi Ugolini, è pervenuta ai seguenti giudizi unanimi degli elaborati:

Per la SEZIONE A, Narrativa: vincitori ex aequo Mauro Mirci (elaborato “Prima o poi torno”) e Luisiana Luzii (elaborato “Emigrata con doppia cittadinanza”); segnalati per la pubblicazione gli elaborati “ Vestiti migranti” di Franca Mionetto, “Tieni gli occhi aperti” di Iside Baldini, “L’attaccapanni” di Fabrizio Intravaia, “Malìs” di Susy Marianunzia Pirinei, “Il Natale del ‘39” di Bruno Bianco, “La lunga attesa” di Maria Floretta, ”L’avventura brasiliana” di Franco Luperi, ”Prima o poi torno” di Linda De Angelis, ”Nina” di Paolo Cartocci, ”Santa Claus Favourite” di Luisa Chiarot, ”Tierras de sangre y vida” di Yuri Gatto, ”Khadija” di Paola Sacco, ”La luna ad est” di Gregorio Galli, ”La condanna” di  Daniela Raimondi, ”Tre  giorni per un tango” di Denise Cabascia, ”Fino all’ultimo sogno” di Anna Rossetto, ”L’uomo che rubava carrelli” di  William Anselmi e ”Argentina, amada mia” di Rita Pelusi.

Per la SEZIONE B, Memorialistica: vincitore Antonella Dolci (elaborato “Pasta e fagioli all’Ambasciata” ) segnalati per la pubblicazione gli elaborati ”Cari miei...” di Vesna Andrejevic.  Come tante rondini” di Giuseppe Delogu. ”Un italiano all’estero” di Giovanni Battista Castagna. ”Clandestina” di Dunca Ioana. ”Dall’Africa al Continente” di Fernanda Panvini.  Una storia semplice” di Marleine Laetitia Kouamé Akoua e  Svizzera, l’esilio” di Vittorio Panicara.

Per la SEZIONE C, Saggi e ricerche: vincitore Michele Colucci (“La Gran Bretagna e l’immigrazione”); segnalati per la pubblicazione gli elaborati ”Marocchini italiani?” di Laura Lungarotti. ”Migrazione-lavoro/Lavoro-migrazione” di Sandra Monica Rosetti. ”Il traffico internazionale dei minori” di Francesco Carchedi. ”Disagio psichico delle donne immigrate” di Dorys Contreras Betancourt. ”Pakistani a Bologna” di Roberta Scaglioni. ”Donne immigrate e lavoro domestico” di Silvia Cavallini. ”Un caso esemplare di letteratura” di Giovanni Meo Zilio.  Protagonisti ancora” di Antonio Maglio. ”Processi migratori verso le Americhe” di  Isabella Forgione. ”La mia Africa: il vissuto quotidiano” di Monica d’Argenzio.Flussi informativi e politica internazionale” di Beatrice Orlandini. ”Il Vudu in Europa” di Jung Ran Annachiara Forte . ”Italiane a Bahia Blanca” di  Sandra Monica Rosetti.

La cerimonia di premiazione della V edizione e la pubblicazione del volume del Premio si terrà in Umbria entro l’anno 2003.

 

 

 

ESORDIO DI BERLUSCONI IN EUROPA: GRANDE IMBARAZZO DEGLI EMIGRATI  ITALIANI

 

          - Da Dino NARDI, CGIE SVIZZERA

 

          Già in passato, come cittadini italiani all’estero, avevamo avuto momenti di grande imbarazzo a causa del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Sia per i suoi problemi personali con la giustizia, che per le sue infelici uscite estemporanee ed anche per la sue ricorrenti battute, forse spiritose, ma spesso fuori luogo specie se l’autore riveste un importante ruolo istituzionale. Quanto accaduto mercoledì, nel corso del dibattito al Parlamento di Strasburgo, all’esordio europeo del presidente Berlusconi, con la sua infelice frase indirizzata al vice presidente del gruppo socialista, Martin Schulz, definito un “Kapo”, e la successiva ed altrettanto infelice battuta sulle ricorrenti “storielle italiane sull’olocausto”, ha fatto però traboccare il vaso. Infatti le comprensibili e veementi reazioni che ne sono seguite, sia in parlamento che nel mondo politico europeo, e l’eco che il riprovevole comportamento di Berlusconi ha avuto nei mass-media di tutto il mondo, ha messo nuovamente in imbarazzo, al limite della vergogna, tutti noi emigrati italiani che dobbiamo ormai subire quotidianamente gli attacchi e le ironie feroci dei mass media locali ed ancor di più da parte di chi ci circonda. E’ vero che, secondo un vecchio adagio, ogni popolo ha il capo del governo che si merita ma, in questo caso, in attesa di poter esercitare per la prima volta il diritto di voto all’estero nelle elezioni politiche, al più tardi nel 2006, quantomeno gli emigrati non hanno certamente alcuna responsabilità (come, d’altra parte, i tantissimi altri italiani che lo hanno subìto ma non votato). E’ un’amara consolazione, lo so, ma non ci resta altro! E in ogni caso continueremo ad essere ugualmente fieri di essere italiani ed a difendere il nostro Paese.

 

       da FIORENZA COLONNELLA,

       Consigliere comunale a Monaco di Baviera

 

       Quale rappresentante italiana in un’istituzione tedesca, ho assistito incredula e con profondo disagio all’intervento del Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, al Parlamento Europeo.

Rivestire un esponente socialdemocratico del ruolo di un nazista – ossia l’appartenente ad un partito i cui militanti furono le prime vittime di quel regime – lascia senza parole. Il tutto non può essere mitigato da pseudo giustificazioni ironiche.

Il Presidente Berlusconi non è il direttore di un circo preposto a raccontare barzellette o intrattenere il pubblico, ma è il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana e le sue azioni, specie se si sviluppano in ambito internazionale, incidono sull’immagine dell’Italia e nel mondo ed in modo particolare sulla quotidianità degli italiani all’estero.

Provo rabbia e sconcerto per come possa essere vanificato, per dilettantismo politico, mancanza di sensibilità e senso della storia, il lavoro di anni di molti connazionali teso a valorizzare le nostre comunità nei vari paesi europei.

 

       dalla Sezione DS di MONACO DI BAVIERA

 

       Da italiani che vivono in Germania ci sentiamo mortificati ed indignati per le offese che il Presidente del Consiglio italiano, On. Silvio Berlusconi, ha usato al Parlamento Europeo nei confronti di Martin Schulz, da lui paragonato ad un “kapo” nazista, in risposta al osservazioni precise, anche severe, ma mai insultanti.

Anche nel dibattito più acceso un rappresentante delle istituzioni deve sapere onorare il suo ruolo e non sporcarlo con volgarità.

Esprimiamo la nostra più sincera e sentita solidarietà a Martin Schulz – di cui conosciamo il rigore e l’onestà intellettuale – ed al suo partito – numerosi militanti del quale sono stati vittime di quel regime nazista così insensibilmente richiamato dal Presidente del Consiglio italiano.

Come italiani ci sentiamo oggi più che mai impegnati nella costruzione di una seria e reale alternativa di governo, che sappia conquistare la fiducia della maggioranza degli italiani e ridare al nostro Paese un Governo che gli garantisca autorevolezza e stima internazionale.

 

 

UE: FASSINO, “UN VERO E PROPRIO 8 SETTEMBRE DELL’ITALIA IN EUROPA”

 

       “Un vero e proprio 8 settembre dell’Italia in Europa. Nel giorno dell’apertura del semestre di presidenza italiana della UE, Berlusconi ha inferto un colpo terribile alla credibilità del nostro Paese. Un danno che rischia di compromettere l’efficacia della Presidenza italiana. Una pagina tanto più desolante perché scritta di proprio pugno dal Presidente del Consiglio. Sarà compito dell’Ulivo e del Centrosinistra riscattare la credibilità italiana in Europa e ridare prestigio e funzione internazionale al nostro paese”.

Lo ha dichiarato il Segretario nazionale dei Democratici di sinistra Piero Fassino.

 

 

BREVE DIARIO DI INIZIO SEMESTRE

 

       Personalmente non ho provato sorpresa quando l’on. Berlusconi, aprendo il semestre italiano di Presidenza del Consiglio, con un discorso al Parlamento di Strasburgo, ha illustrato con toni sereni una piattaforma di lavoro in gran parte condivisibile. Certo, con una tendenza insana (e innata) a presentare questo lavoro, che durerà appena sei mesi, come il fulcro risolutivo di quasi tutte le grandi sfide del pianeta.

Certo, con il tentativo maldestro di capovolgere i ruoli, enfatizzando quello del Consiglio e marginalizzando quello di Commissione e Parlamento. Tentativo stoppato immediatamente dalla lucidissima comunicazione del Presidente Prodi.

Ma, in sincerità, l’intervento di apertura del Primo Ministro italiano è sembrato un avvio accettabile.

Commentandolo con Franco Marini, leader della Margherita, abbiamo all’unisono affermato “se usasse questi toni in Italia, il clima sarebbe meno avvelenato”.

Il dibattito è andato avanti. Come accade sempre, esso è stato denso di posizioni diverse: da quelle smaccatamente adulatorie, ai contributi critici e costruttivi di molti colleghi deputati, agli interventi con punte polemiche anche aspre, ma sempre tenute sul terreno della politica. Abbiamo atteso le repliche, quella del Presidente Berlusconi, quella del Presidente Prodi.

Parlando a braccio, il Premier italiano si è lasciato andare ad un comizio da borgata. Tra l’incredulità di molti suoi stessi amici di schieramento, il plauso schioppettante di pochi tifosi, e l’indignazione di una larga parte dell’emiciclo, il Berlusconi dimentico del suo ruolo istituzionale, ha dato il via ad uno “show” sconcertante.

A chi aveva chiesto perché mai non fosse stato risolto il conflitto di interessi, ha invitato ad accendere le sue televisioni “esempio” di pluralismo. Gravissimo l’attacco all’on. Martin Schulz, deputato socialdemocratico tedesco che gli aveva rivolto alcune critiche polemiche.

“ In Italia stanno preparando un film sui campi di concentramento nazisti”, - ha inveito Berlusconi - “ed io la proporrò per il ruolo di kapo” (colui che custodiva i prigionieri nei lager).

Legittima la richiesta di rettifica avanzata, in un clima progressivamente surriscaldato, dal capogruppo socialista, Barón Crespo, e dallo stesso Schulz, e ripresa dal Presidente del Parlamento, Pat Cox. Ma Berlusconi non ha accolto, anzi ha rincarato la dose con nuove improperie e puntando l’indice contro chi irrideva a tale risposta, li ha apostrofati “turisti della democrazia”. E mentre un Fini impacciato non si dava pace dell’accaduto (ma lui ormai lo conosce bene!), Prodi ha concluso il dibattito, riportando serenità e rilanciando i temi di fondo che dovranno essere concretizzati nei prossimi sei mesi: la Costituzione, l’Allargamento, la ripresa economica, la politica di immigrazione, lo spazio europeo di giustizia.

Ecco: due stili, due modi di intendere la politica e le istituzioni. Due modi di portare in Europa e nel mondo il nome dell’Italia. La leadership è una cosa seria!

on. Gianni Pittella, eurodeputato DS/PSE

 

 

LAVORO: DS, “FAZIO RICONOSCE RISULTATI POLITICHE ULIVO.

DA RIFORMA BIAGI MISURE DI CUI NON SI SENTIVA IL BISOGNO”.

 

          “E’ importante che il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, abbia riconosciuto che “le riforme introdotte sul fronte del mercato del lavoro alla fine dello scorso decennio stanno producendo risultati positivi in termini di occupati e di riduzione dei senza lavoro”.

“Si tratta delle riforme volute dal centro sinistra in accordo con il sindacato unitario e con tutte le parti sociali, e attuate a partire dal pacchetto Treu del ‘97, che hanno fin qui prodotto circa 1.800.000 nuovi posti di lavoro, in parte stabili, in parte flessibili”.

“Quegli stessi posti che il Governo cerca di attribuirsi come risultato della propria iniziativa. Non condividiamo invece l’opinione espressa dal Governatore quando afferma che le nuove riforme che il Governo si appresta ad introdurre daranno nuovo impulso all’occupazione”.

Lo ha dichiarato Cesare Damiano, responsabile Lavoro della Segreteria nazionale dei Ds.

A nostro avviso - continua Damiano - si tratta di misure di precarizzazione del lavoro di cui non si sentiva assolutamente bisogno, soprattutto visti i risultati che si sono fin qui ottenuti grazie all’azione del precedente governo di centro sinistra. Sarebbe necessario, invece, accompagnare le misure di flessibilità esistenti, regolate dalle leggi e dai contratti, con nuove forme di stabilizzazione del lavoro e con l’estensione graduata di diritti e tutele a chi, soprattutto giovani e donne, è più debole nel mercato del lavoro”.

“E’ la strada scelta dall’Ulivo con le sue proposte di legge a favore dei lavoratori e delle imprese che - conclude Damiano - soprattutto con la Carta dei Diritti delle Lavoratrici e dei Lavoratori, definiscono nuovi diritti universali per l’attuale mercato dei lavori”.

 

 

ISTITUITI CORSI AVANZATI IN LINGUA ITALIANA NELLE SCUOLE AMERICANE

 

       “Grande soddisfazione” è stata espressa dal Ministro per gli Italiani nel Mondo, On. Mirko Tremaglia, per la decisione del College Board, il Ministero dell’Istruzione degli Stati Uniti, di istituire un programma di corsi formativi in lingua italiana di livello universitario destinati agli studenti della scuola secondaria.  “Si tratta del passaggio alla fase di pratica attuazione dell’accordo che nell’ottobre scorso, in occasione della mia visita a New York in qualità di Ospite d’Onore al Columbus Day, avevo siglato con la Signora Matilda Raffa Cuomo”, ha affermato il Ministro. “Il progetto – ha poi spiegato – coinvolgerà circa 500 scuole negli Stati Uniti ed estenderà finalmente l’insegnamento della lingua e della cultura italiana a livello curriculare  nella scuola americana. Il superamento degli esami con punteggio adeguato permetterà l’acquisizione di crediti formativi poi riconosciuti a livello universitario. Questa innovazione sarà di essenziale importanza anche in vista delle ricadute economiche e turistiche, oltre che politiche e di immagine internazionale, che ciò comporterà anche in virtù della diffusa ‘domanda di Italia’ presente negli Stati Uniti”.

La notizia dell’avvenuta approvazione del provvedimento è stata comunicata al Ministro Tremaglia direttamente dall’Ambasciatore d’Italia a Washington, Sergio Vento che ha ribadito come, per il felice esito dell’iter, sia stato fondamentale l’apporto proprio della Signora Cuomo, alla quale Tremaglia ha subito inviato un telegramma di felicitazioni. L’attivazione effettiva dei corsi avverrà entro un biennio, giusto il tempo di provvedere alla formazione adeguata dei docenti. “E’ un successo straordinario – ha commentato il Ministro – che corona il lungo impegno profuso per dare alla lingua italiana, nel solco della politica dell’italianità, il posto che si merita nel sistema scolastico Usa, dove la sua conoscenza è già garantita dalle 262 cattedre di Italianistica diffuse a livello universitario”.

 

 

L’ITALIANO E’ LA LINGUA PARLATA DA CIRCA 120 MILIONI DI PERSONE NEL MONDO

 

       Mentre secondo i recenti dati dell’UNESCO almeno 3000 lingue saranno destinate a scomparire, l’italiano registra negli ultimi anni una forte espansione  diventando la lingua parlata da circa 120 milioni di persone al mondo.

 

Ogni anno sempre più persone si avvicinano alla lingua italiana. Qualcuno per lavoro o passione, altri per amore dell’Italia o della sua gente, o chi semplicemente riscopre le proprie radici. Tante le motivazioni che spingono migliaia di persone ad iscriversi ai corsi di italiano all’estero.

L’italiano va molto forte nell’Europa dell’Est, in Ucraina è la lingua straniera più studiata, in Ungheria è la seconda dopo l’inglese e in Russia si piazza al secondo posto con francese e tedesco. Raddoppia il numero degli studenti d’italiano in Asia, soprattutto in Giappone, aumenta anche in Australia, dove l’italiano è la lingua più parlata dopo l’inglese, mentre diminuisce in Africa e America.

Secondo un’indagine condotta dal Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’università La Sapienza e affidata dalla Direzione Generale per la Promozione e la Cooperazione Culturale del ministero degli Esteri, il numero degli studenti che frequentano i corsi d’italiano su scala mondiale è incrementato di quasi il 40% negli ultimi anni. Tale percentuale è stata calcolata sulla base dei dati forniti da 63 istituti italiani di cultura presenti all’estero tra il 1995 e il 2000. Mentre inizialmente l’italiano si diffondeva esclusivamente per mezzo dell’emigrazione, ultimamente l’italiano si sta affermando non più solo come identità culturale ma come vero mezzo di comunicazione. Ma perché tanta popolarità, soprattutto in tempi di globalizzazione anglo-americana?

Determinante è senz’altro l’alta qualità dei corsi organizzati e l’ottima preparazione degli insegnanti impiegati dai vari istituti.

Tuttavia, che l’italiano stia diventando una delle lingue più studiate, non significa certo che sia anche una delle più parlate. Escludendo l’inglese che ormai domina lo scenario internazionale, lingue come il cinese, l’arabo ed il russo difficilmente potrebbero essere superate dall’italiano. Anche se quanto veramente conta è l’attrazione che una lingua esercita al di fuori dei propri confini politici.

Attrazione quella dell’italiano probabilmente determinata anche dal grande successo di alcuni prodotti e marchi italiani che hanno contribuito a consolidare all’estero il mito della Bella Italia e della Dolce Vita. Espressione quest’ultima non solo tra le più famose al mondo, ma comunicativa di un vero e proprio stile di vita, the Italian way of life! Non solo pasta e pizza, l’italiano è famoso nel mondo per la moda, l’automobilismo, l’arredamento e per una ampia serie di beni di lusso che hanno provveduto a diffondere un’immagine prestigiosa dell’Italia, dei suoi prodotti e della sua lingua.

Stefania Buratti, Nuovo Paese, giugno 2003

 

 

ZURIGO: NOI SIAMO PER UNA SCUOLA PUBBLICA

 

          E‘ la scuola, ed in particolare sono le difficoltà finanziarie in cui versano da tempo le amministrazioni dei corsi di lingua e cultura italiana, il punto dolente che ha  portato le forze del centro sinistra italiano in Svizzera a riunirsi per ricercare delle risposte e delle soluzioni alternative alle inadempienze di questo governo di centro destra, che ha messo in ginocchio il sistema scolastico all‘estero.

L‘incontro avvenuto a fine giugno a Zurigo oltre a costituire un momento significativo per rilanciare in modo programmatico e metodologico l‘iniziativa politica del centro sinistra tra  la comunità italiana, ha prodotto molti spunti critici sulla bozza di articolato legislativo presentata dal governo per riformare la vecchia legge 153/71, che ad oggi  istituisce i corsi di lingua e cultura italiana all‘estero.

Fermo restando la necessità di riformare urgentemente l‘intera normativa esistente che regola la materia scolastica all‘estero - ridefinendo anche i ruoli dei soggetti operanti nel mondo della scuola - per modellarla e modularla alle necessità temporali e specifiche dei vari paesi d‘insediamento facendone un punto di forza, al fine di far affermare ovunque una nuova classe dirigente e custodire i valori culturali e scientifici italiani, non è difficile intuire lo spirito di disimpegno pubblico su cui si sviluppa l‘intera proposta legislativa. Un disegno dettato dal determinismo e dai tagli a cui questo governo ci ha abituato da due anni a questa parte; inserendo la parola magica di „finanziamento“ in favore delle scuole e dei corsi di lingua e cultura italiana all‘estero si cela una manovra perversa mirante alla privatizzazione dei corsi.

E‘ questo un progetto che le forze del centro sinistra in Svizzera osteggiano e denunciano, reclamando invece il rispetto delle professionalità e delle pari opportunità per tutti gli attori che rendono questa nostra scuola all‘estero l‘ultimo bastione di avanguardia italiana nel mondo.

Michele Schiavone

 

 

PARI OPPORTUNITA’: POLLASTRINI, “SI VUOLE ANNICHILIRE E SVUOTARE  LA COMMISSIONE”.

 

       “La Ministra Prestigiacomo sembra seguire, nel suo piccolo, le orme dell’on. Berlusconi. Anche lei vuole aggiungere un colpo alla democrazia.

A pochi mesi  dalla modifica dell’art. 51 della Costituzione - che prevede “appositi provvedimenti per la realizzazione di pari opportunità tra donne e uomini”- infatti è intenzionata a presentare un decreto per svuotare e annichilire la Commissione nazionale Pari Opportunità. Proprio mentre dall’Europa viene un richiamo forte  alla costruzione di politiche, di regole e di strumenti per le donne”.

Lo afferma Barbara Pollastrini, della Segreteria nazionale e coordinatrice delle donne  Ds, a proposito del ventilato provvedimento della Ministra Prestigiacomo sulla Commissione nazionale Pari Opportunità. 

“La Ministra non si sta muovendo per innovare nelle funzioni, nei poteri la Commissione, né per adeguarla alle accresciute richieste delle donne nei lavori, nelle professioni o nelle presenze nelle istituzioni.

Ma per ridurla, questa sembra essere la sua proposta, a una sorta di ufficio di consultazione,  ricerche, a disposizione e dipendente dal suo Ministero e, magari, da lei stessa presieduto”.

“Ci risiamo, torna una visione riduttiva,  proprietaria della rappresentanza democratica.

Desidero  far notare - Barbara Pollastrini - che proprio un sistema maggioritario dovrebbe prevedere semmai maggiore attenzione agli strumenti di equilibrio e di rispetto del pluralismo politico del Parlamento e delle sue prerogative”.

“Aggiungo il fastidio per l’arroganza con cui la Ministra ha agito, indifferente alle richieste, alle preoccupazioni di un ampia parte  dell’associazionismo femminile, dei sindacati, di rappresentanti degli organismi di pari opportunità regionali. Quantomeno avrebbe dovuto chiedere lei stessa un confronto serio e ravvicinato in aula per modificare la legge del 1990 istitutiva della Commissione”. 

“Useremo  questi giorni - conclude Pollastrini - perché vinca la saggezza, il buon senso e si faccia sentire un trasversalismo femminile lungimirante e attento agli interessi delle donne di questo paese.

 

 

MONTEFEGATESI: XX EDIZIONE MOSTRA STORICA DELL’EMIGRAZIONE

 

       La XX edizione della Mostra storica di Montefegatesi (Lucca) presenta, oltre ai consueti preziosi documenti dell’emigrazione lucchese in varie parti del mondo, ricerche e studi sulla storia della vita civile e sullo sviluppo economico e sociale della Val di Serchio.

Alla Mostra, che si terrà presso il Circolo ARCI di Montefegatesi dal 12 al 22 luglio 2003, vengono presentate due pubblicazioni, curate da Enzo Lanini della Filef di Bagni di Lucca, con lo scopo principale di sviluppare un dialogo fra vecchie e nuove generazioni che riconoscono nella memoria storica un valore e una risorsa da non disperdere.

La prima pubblicazione, “Per i miei che ho all’Alpe”,  contiene testimonianze e documenti sulle azioni di solidarietà e patriottiche svoltesi sui monti della XI Zona Patrioti nel 1943/1944.

Leggendaria l’azione di salvataggio svolta dall’intero paese di Montefegatesi nei confronti della famiglia ebrea Langsan che fu sottratta allo sterminio cui furono sottoposti gli altri 100 internati ebrei presso il Campo di Concentramento Provinciale di Bagni di Lucca – Villa Cardinali.

I quattro Langsan, di cui è superstite vivente Norbert  Langsan che sposò una emigrata di Montefegatesi e che attualmente risiede a New York, furono nascosti e aiutati dai pastori della zona e dai patrioti del paese che collaboravano con la Resistenza locale.

Il libro contiene testimonianze sulla Lotta di Liberazione in Val di Lima, dalla viva voce dei protagonisti partigiani e dei familiari delle vittime civili.

La storia di varie famiglie emigrate, l’approfondimento del contesto culturale nel quale maturò in passato lo spirito civico risorgimentale, unitario, delle popolazioni di montagna, arricchito dall’esperienza multiculturale e internazionalista acquisita con l’emigrazione.

L’altra pubblicazione, “I centofiori – Il movimento operaio in Val di Serchio – L’esperienza del Consiglio di Zona”, prende le mosse dall’immediato dopoguerra, caratterizzato in Garfagnana-Media Valle dalla ripresa della emigrazione di massa, dalla lenta ripresa economica, dalla difficile condizione dei lavoratori, dai bassi salari, dalla mancanza di tutela dei diritti sindacali nei luoghi di lavoro, dalla grave carenza di infrastrutture e servizi civili e sociali sul territorio.

La pubblicazione, documentata dall’esperienza viva dei protagonisti delle varie fasi storiche che si sono succedute, ci accompagna alla riflessione sui difficili anni ’50, alle discriminazioni antisindacali e politiche, alla preparazione del ’68, allo sviluppo delle lotte sociali e democratiche e alla nascita dei Consigli di Fabbrica e della politica unitaria delle organizzazioni sindacali nei luoghi di lavoro e nel territorio, fino all’esperienza del “Consiglio Unitario di Zona Val di Serchio” che diresse importanti vertenze negli anni ’70.

Sono documentate varie azioni sindacali per lo sviluppo, per il rispetto dei Contratti Nazionali di Lavoro e per la contrattazione articolata nelle fabbriche sui temi dell’occupazione, della tutela della salute e della sicurezza, per la valorizzazione professionale, per l’organizzazione di nuovi servizi sociali e civili a favore di tutta la popolazione, contrastando l’isolamento e l’emarginazione del passato (scuola, sanità, trasporti, sviluppo economico equilibrato e tendente alla valorizzazione delle importanti e trascurate risorse locali).

“I centofiori” alludono alla varietà del protagonismo sindacale, e al contributo diretto e differenziato dei vari Consigli di Fabbrica, dei settori economici, degli Enti Locali, della Regione, delle forze sociali (agricoltura, cooperazione, artigianato), dei movimenti della società civile.

Si trova traccia, in queste memorie storiche, del contributo della Valle del Serchio allo sviluppo democratico e civile della Provincia di Lucca, della Toscana, in un contesto nazionale e internazionale mai ignorato e al quale ci si è sempre rapportati facendo leva sui valori condivisi e sperimentati dell’unità nazionale, della democrazia partecipata, della pace e coesistenza, della affermazione degli alti valori spirituali e civili del lavoro, dell’accoglienza, della solidarietà, del rispetto per gli altri e per la natura.

 

 

350 ORFANI DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA OSPITI DEL MOLISE

 

       Il 25 giugno scorso è arrivata a Bari, proveniente da Dubrovnic, la nave che ha portato in Italia nuovamente 350 orfani della Bosnia-Erzegovina. Con loro sono tornati i rappresentanti del Comitato Vittime di San Giuliano e della CGIL Molise che sono stati a visitare gli Istituti e gli Orfanotrofi per consolidare il legame tra la regione e quella terra martoriata, ed hanno inteso manifestare concretamente il segno di un’attenzione non solo simbolica.

Le difficoltà incontrate alla frontiera e gli impedimenti burocratici che rendono complicato anche donare qualcosa a chi ne ha bisogno, non hanno fermato né fermeranno i propositi di chi intende attrezzarsi in Molise per aiutare centinaia di bambini ad avere un futuro più dignitoso.

La solidarietà continuerà e lo hanno ribadito a Bari dove è sbarcata la nave sia Adriano Ritucci, Presidente del Comitato Vittime di San Giuliano, che i dirigenti della CGIL Molise che vogliono adoperarsi perché anche nella regione Molise sia possibile ospitare dei bambini in difficoltà o magari adottarli a distanza.

I terribili problemi economici, ulteriormente aggravati dal terremoto e dall’alluvione, stanno pregiudicando la prospettiva di sviluppo della regione. Il moltiplicarsi delle crisi aziendali e settoriali mostrano più delle fantasiose previsioni di parte che il sistema produttivo vive problemi drammatici. Migliaia di persone in cerca di lavoro, sostituzione di personale a brevissimo termine, giovani che si orientano verso il Centro-Nord per trovare lavoro e uno stato sociale che con le nuove regole federalistiche strangola i territori più poveri e marginali con conseguenze pesantissime sui sistemi sanitari, assistenziali e scolastici locali.

Questi problemi gravi di ardua risoluzione, permanendo le attuali risposte di politica economica, non debbono farci chiudere a riccio in un egoismo di campanile che scaccia un’idea di coesione solidale con le terre e le persone che hanno problemi ben più drammatici a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste.

E’ dalla sensibilità verso i più deboli che migliora la capacità dei molisani di stare insieme sui temi strategici e individuare energie sufficienti e convergenze sulle questioni di più stretta attualità.

Il Molise lo difendiamo, sostengono i dirigenti della Cgil locale, se siamo in grado di farlo vivere all’interno e all’esterno dei nostri confini in modo positivo, come un territorio piccolo ma generoso, con tanti problemi ma forte della propria dignità e sobrietà.

 

 

IMMIGRATI – TREMAGLIA: “L’ACCOGLIENZA E’ UN SEGNO DI CIVILTA’” -  SEVERA CRITICA ALLE POSIZIONI DELLA LEGA      

 

       “Anche di fronte alle nuove, gravi tragedie che si consumano alle porte di casa nostra, la salvaguardia della vita umana e il rispetto della dignità della persona, richiamate dall’art. 7 del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri, rappresentano il definitivo suggello a un principio morale assoluto che non può essere mai violato”. Lo ha affermato il Ministro per gli Italiani nel Mondo, Mirko Tremaglia, dopo l’approvazione del decreto governativo. “L’accoglienza - ha ribadito Tremaglia - è un fatto irrinunciabile di umanità e di civiltà non disgiunte, naturalmente, dalla legalità”. Il pensiero di Tremaglia è corso ai connazionali che, lungo tutto un secolo, hanno lasciato l’Italia in cerca altrove di una vita migliore.

Il Ministro per gli Italiani nel Mondo ha poi criticato con molta severità e fermezza le parole rivolte dal capogruppo leghista alla Camera, On. Cè, all’indirizzo del Ministro dell’Interno che, dice Tremaglia, “confermano quanto la Lega sia ormai distante dai punti centrali della politica del centrodestra. Per quanto mi riguarda, riconfermo la mia forte solidarietà al Ministro Pisanu che, anche in sede parlamentare, ha ribadito l’importanza dell’accoglienza come fatto di umanità. Mi pare, peraltro, di poter dire che l’isolamento della Lega conferma questo momento di suicidio politico del Carroccio che, un po’ alla volta, lo sta portando a perdere ogni funzione politica. Questo significa – ha sottolineato Tremaglia - che, andando avanti di questo passo, non solo la Lega perderà consensi ma non avrà più spazio né da una parte né dall’altra. Gli italiani – ha concluso il Ministro -  vogliono sempre avere riferimenti di serietà, umanità e civiltà perché l’accoglienza sia autentica e con diritti certi sul piano della identità nazionale e del rispetto della nostra Storia e delle nostre tradizioni. La Lega sta commettendo un grave errore proprio sul piano dell’identità, incomprensibile e destinato a decretare il suo esaurimento”.

                                                                       

 

PROTESTA IN SVIZZERA PER I VISTI DI TRANSITO

 

       Contro la pratica vessatoria nel rilascio dei visti di transito e dei “visti Schengen” (in particolare per il transito sul territorio italiano ed austriaco); contro una applicazione del trattato di Schengen cavillosa e lesiva della dignità degli utenti, Consolati e Ambasciate devono un comportamento rispettoso della persona anche se è di cittadinanza diversa!

I migranti e le loro famiglie, che provengono dai Paesi extra Unione Europea, i quali vivono e lavorano in Svizzera con regolare permesso di soggiorno, non devono esser trattati come se fossero persone da sospettare. La libertà di fare visita al loro Paese d’origine non può essere vessata né limitata! Questa libertà è uno dei diritti fondamentali dell’uomo!

Per questi motivi è stata indetta una manifestazione di protesta, sabato 28 giugno scorso, davanti al Consolato d’Italia a Berna, promossa dal Sindacato Edilizia e Industria - dalla FCTA e dal Sindacato FLMO della Regione di Berna.

 

 

PENSIONI: TURCO (DS), “IL GOVERNO NON LAVORA PER  UN PATTO DI SOLIDARIETA’ TRA GENERAZIONI”.

 

       “Dopo l’immigrazione da parte del governo ci attendono altre sceneggiate su un tema cruciale come le pensioni. Purtroppo per il paese temiamo che le divisioni nel governo porteranno tagli e sacrifici agli italiani senza realizzare nessuna riforma”.

Lo afferma Livia Turco, responsabile Welfare della Segreteria nazionale DS.

“Infatti - prosegue Livia Turco -  se ai contenuti della delega di Maroni, che toglie risorse alla previdenza pubblica e decurta il trattamento pensionistico dei futuri pensionati, si aggiunge il taglio delle pensioni di anzianità senza la contropartita di misure che si facciano carico delle pensioni più povere saremo di fronte non ad un patto di equità tra le generazioni ma al taglio delle pensioni solo per fare cassa. Nel merito della previdenza ricordiamo che la riforma delle pensioni è già stata fatta con il governo Dini ed essa ha ottenuto importanti risultati sul piano della stabilità finanziaria. Inoltre, l’introduzione del metodo contributivo porterà ad un allungamento dell’età lavorativa. Il punto è quello di incentivare a rimanere al lavoro le attuali classi di età dai 50 ai 65 anni. Ciò è possibile attraverso incentivi realmente convenienti e con la riforma degli ammortizzatori sociali per impedire i prepensionamenti selvaggi. Inoltre bisogna mettere a punto proposte nuove, anche rispetto alla riforma Dini, per consentire ai giovani di avere una pensione decente. Questo è il patto di solidarietà tra le generazioni che bisogna costruire, purtroppo non è questa l’intenzione che anima il governo Berlusconi”. 

 

 

A MIMMO AZZIA IL PREMIO  “SICILIA PROSERPINA 2003 – SICILIANO DOC NEL MONDO” 

 

       Ha avuto luogo a Caravaggio (Bergamo) la celebrazione del XV Anniversario del “Cenacolo di Storia Patria di Enna e Provincia - Terra del mito e dell’epopea normanna”, in collaborazione con il coordinamento delle Associazioni Siciliane della Lombardia, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, presenti i Presidenti dei sodalizi  ed oltre 300 invitati.

La celebrazione si è aperta con il saluto del Sindaco di Caravaggio, Sen Ettore Pirovano e con le relazioni della prof.ssa Rosa Di Bella, Presidente  del Cenacolo ennese, del dr. Pietro Poidimani, coordinatore delle Associazioni Siciliane della Lombardia, del dr. Carlo Muccio su “Mito di Proserpina” e del prof. Nino Rosalia su “Cartolina dell’ennese”.

Nel corso della manifestazione, è stato conferito all’avv. Mimmo Azzia, Presidente di “Sicilia Mondo”,  il “Premio Sicilia Proserpina 2003 – Siciliano Doc nel mondo”.

Gli altri premi “Sicilia Proserpina 2003” sono stati assegnati al giornalista televisivo siciliano Pietrangelo Buttafuoco, al medico siciliano Zino Battaglia, Sindaco di Berbenno (Sondrio), a Giovanni Spadola, patron del Caffè Moak di Modica (Ragusa).

Azzia, nel ricevere il premio consegnatogli dal già Ministro Enrico Ferri, ha ringraziato gli organizzatori ed i presenti ai quali ha espresso la simpatia e l’apprezzamento di “Sicilia Mondo” per i livelli culturali ed organizzativi dell’associazionismo siciliano nel Nord Italia.

Un associazionismo che registra un forte ritorno in tutte le Regioni perché fa rivivere la domanda, i valori ed i contenuti della sicilianità e della sua cultura, rivitalizzando l’orgoglio della identità.

I siciliani, dovunque sono andati, pur apprezzando le diversità culturali ed i costumi locali,  hanno portato e diffuso il modo di vivere siciliano e di stare con gli altri, una cultura fondata sui valori dell’amicizia, della solidarietà, della ospitalità, della famiglia, del lavoro.

Questo “rapporto umano” dei siciliani che si coglie a piene mani anche nella Assemblea di oggi – ha detto Azzia - è la vera forza della sicilianità diventata cultura diffusa nel mondo ma anche la chiave di successo dell’associazionismo siciliano.

Azzia ha quindi donato al Presidente della manifestazione il Tricolore italiano e la bandiera siciliana tra gli applausi scroscianti dell’Assemblea.

Targhe commemorative sono state consegnate all’On. Enrico Ferri, attuale Sindaco di Pontremoli, gemellata con la città di Noto rappresentata da Crado Pintaldi Presidente della Associazione Retina del Nord Italia (Piacenza), al padre di Giuseppe Cammarata, poeta ennese, scomparso a soli 26 anni, al Sindaco di Pioltello Mario De Gasperi, al Sindaco di Pietraperzia Luigi Palascino, agli scrittori siciliani Giovanni Licari (Marsala) e Salvatore Sgrò (Maletto), allo studioso Benedetto Di Pietro (San Fratello), al folklorista Vito Patti (Favara), agli studiosi di storia municipale di Pietraperzia Lino Guarnaccia e Michele Ciulla, al Presidente della Associazione Culturale di Bergamo Lino Bonomo (Agrigento).

La manifestazione largamente partecipata e sentita, si è svolta con la regia di Andrea Ruggieri.

 

 

SVIZZERA: RAPPORTO DELLA COMMISSIONE FEDERALE  PER LA GIOVENTU’ SULLA CONDIZIONE DI VITA DEI GIOVANI STRANIERI 

 

La Commissione federale per la gioventù (CFG) ha pubblicato di  recente il rapporto: punti di forza da riconoscere e valorizzare. Prospettive per una politica d’integrazione a misura di bambini e giovani _stranieri, mettendo al centro della sua annuale relazione sulla condizione di vita delle giovani generazioni in Svizzera il tema dell’immigrazione. Dai dati statistici risulta che circa un quarto delle persone sotto i vent’anni ha passaporto straniero. Tra i giovani non svizzeri il 37% ha la  nazionalità di uno dei paesi dell’ex Jugoslavia. Il 60% della popolazione  giovanile straniera è nato in Svizzera. Ci sono gruppi particolarmente svantaggiati, in particolare i richiedenti l’asilo e coloro che possiedono solo un permesso temporaneo: senza uno status giuridico sicuro le _prospettive di questi giovani nella scuola e nel lavoro sono molto limitate. Tra gli stranieri in generale è elevata la quota di chi ha raggiunto solo il livellodell’istruzione obbligatoria (tra i ventiquattrenni è del 23%, mentre tra gli svizzeri della stessa età è solo _dell?8%).Ai normali conflitti intergenerazionali, si aggiungono la non sempre facile sintesi tra la cultura di origine e quella di accoglienza, gli ostacoli linguistici o giuridici e un’immagine negativa nell’opinione pubblica. La CFG non ha presentato, però, nel suo rapporto solo gli aspetti problematici, ma anche alcune evoluzioni positive. I giovani di origine _straniera sono sempre più presenti nelle associazioni, soprattutto sportive, e contribuiscono a nuovi trend culturali tra i loro coetanei. Inoltre, anche a livello politico il tema dell’integrazione sta ottenendo _maggiore attenzione. Sarebbe importante stimare e promuovere nella scuola e nel mondo del lavoro le risorse dei ragazzi stranieri, in particolare il multilinguismo e le competenze interculturali. Centrale nel rapporto della CFG è la richiesta di un accesso più facilitato alla formazione, al lavoro e la possibilità di partecipazione anche politica.

Luisa Deponti-CSERPE/Inform/Emigrazione Notizie_

 

 

 

p   DOCUMENTAZIONE

 

 

LE ASSEMBLEE DELLA FILEF, DELL’ISTITUTO F.SANTI E DELLA FIEI DISCUTONO LE PROSPETTIVE POLITICHE ED ORGANIZZATIVE DELLE RISPETTIVE ORGANIZZAZIONI

 

          Nei giorni 18 e 19 giugno scorsi, si sono svolte a Roma, presso la sede della CGIL Nazionale, le assemblee e direzioni rispettivamente dell’Istituto Fernando Santi, della FILEF e, successivamente, della FIEI. Oggetto delle diverse riunioni sono stati gli adempimenti statutari relativi alla illustrazione dell’attività svolta nel corso del 2002, l’approvazione dei bilanci e, in particolare, il giorno 19, nell’ambito del Consiglio Generale della FIEI, una discussione seminariale sulle prospettive della Federazione alla luce della situazione politica più generale, italiana e internazionale, della quale l’associazionismo di emigrazione deve svolgere un ruolo più significativo di orientamento presso le nostre collettività anche in vista delle scadenze politiche che riguardano il rinnovo dei COMITES e del CGIE e il voto all’estero e della necessità di una riorganizzazione e di un ampliamento della base associativa della FIEI tale da farne un soggetto di riferimento per il complesso delle questioni attinenti all’emigrazione e all’immigrazione. Il Consiglio Generale della FIEI ha deciso tra l’altro, di approfondire la riflessione su tali temi nei prossimi mesi, traguardando questo percorso con la conferenza programmatica ed organizzativa da tenersi in autunno e con il congresso, all’inizio del prossimo anno. Presentiamo in questa parte dell’agenzia, le relazioni che hanno introdotto le diverse riunioni ed una sintesi del dibattito a cui hanno preso parte i responsabili delle organizzazioni regionali aderenti a FIEI, FIKLEF e F. Santi, oltre ad esponenti della CGIL.

 

 

I)

FILEF - DIREZIONE NAZIONALE DEL 18 GIUGNO 2003

RELAZIONE SULLE ATTIVITA´  DELLA FILEF NEL 2002 

Rodolfo Ricci (Coordinatore Nazionale)

 

PREMESSA

 

Il 2002 è stato per la nostra organizzazione un anno di forte rilancio dell’iniziativa progettuale e politica, importante sia rispetto al quadro politico istituzionale seguito all’insediamento del Ministero degli Italiani nel Mondo e al Governo di centrodestra, sia per gli esiti della battaglia politica dentro il CGIE e le prospettive dell’esercizio di voto all’estero.

In particolare la FILEF ha sviluppato iniziative volte a far emergere una cultura degli interventi a favore delle nostre collettività, improntata alla soluzione di alcuni urgenti problemi e fabbisogni (informazione, lingua e cultura) e a rendere visibili le grandi opportunità di cooperazione e di sviluppo di relazioni internazionali positive tra Italia e paesi di residenza dei nostri connazionali attraverso iniziative pilota nel campo della ricerca, della formazione e riqualificazione, che andranno a concludersi nell’arco del 2003.

 

Parallelamente, sul versante dell’immigrazione, l’aumento massiccio dei flussi di immigrati extracomunitari, le politiche xenofobe di settori della maggioranza di Governo che sono sboccati nella attuazione della Legge Bossi-Fini, ha richiesto alla FILEF prese di posizione chiare a sostegno dei diritti dei nuovi immigrati, la partecipazione alla vasta mobilitazione contro questa legge e posto in una chiave nuova la presenza e l’attività di FILEF su questo versante, dove comunque permangono nostri ritardi sul piano delle attività concrete di servizio che dovranno essere sviluppate.

La crescita del processo federativo della FIEI (Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione), da noi promossa assieme all’Istituto F. Santi e il rapporto privilegiato con CGIL, INCA e SPI che ne è derivato, la progressiva “devoluzione” di rappresentanza politica sul versante emigrazione-immigrazione che FILEF e Ist.F.Santi hanno attuato, implicano una riflessione che dovrà sboccare, nel corso del 2003, in una ridefinizione organica e coerente delle funzioni e dei compiti della FILEF e della sua attività, sia in rapporto al progredire della FIEI come soggetto politico-associativo più ampio e rappresentativo, sia in rapporto al mutamento del quadro di riferimento legislativo e normativo che sta procedendo intorno alle questioni degli italiani all’estero e degli immigrati in Italia.

Appare urgente in questa prospettiva anche un adeguamento della forma statutaria della FILEF che sia rapportata alla nuova dimensione di regole all’interno delle quali è possibile sviluppare iniziative progettuali a finanziamento pubblico; la specificità della funzione e della missione di FILEF dentro il percorso di rafforzamento della rappresentanza dell’emigrazione e dell’immigrazione costituito da FIEI vanno definiti con chiarezza e coerenza, evitando sovrapposizioni o ambiguità di funzioni inopportune e di difficile comprensione.

 

FILEF ha acquisito in questi anni una capacità di intervento, di innovazione, di organizzazione mirata ai nuovi fabbisogni dell’emigrazione che sono unanimemente riconosciuti per la loro valenza e per essere state in grado di modificare approcci istituzionali sia a livello centrale che a livello regionale: questo patrimonio, che costituisce un supporto forte alla crescita di FIEI, va ora messo a frutto e valorizzato ulteriormente moltiplicandolo a livello regionale e all’estero; esso costituisce un complesso di saperi progettuali ed organizzativi che possono costituire una chiave di rilancio e diffusione della nostra presenza nel mondo attualizzata alle novità e ai mutamenti emersi nelle collettività emigrate e immigrate.

 

Su piano dell’azione di rappresentanza del mondo dell’emigrazione, FILEF ha realizzato nel corso dell’anno, incontri e missioni in Italia e in numerosi Paesi sulla base dei risultati della I^ Conferenza Nazionale degli italiani all’estero svoltasi nel dicembre 2000 e ha fornito indicazioni puntuali per lo svolgimento della conferenza Stato-Regioni-CGIE, di cui tuttavia non è possibile dare un giudizio del tutto positivo quanto a reale coinvolgimento delle istanze istituzionali locali.

 

La FILEF ha quindi partecipato in modo critico e propositivo al più ampio dibattito concernente le politiche e le misure che Stato ed Enti locali, coerentemente con le indicazioni scaturite dall’assise di dicembre 2000 e all’introduzione dell’esercizio di voto all’estero, debbano portare avanti verso le collettività emigrate, soprattutto alla luce del nuovo ruolo che la presenza italiana nel mondo può svolgere nel contesto dei processi di globalizzazione, sia sul piano economico, che su quello culturale e sociale. La posizione della FILEF, in sintonia con quanto scaturito in ambito FIEI, tende essenzialmente a leggere questo ruolo come opportunità di positiva cooperazione a livello internazionale, come possibile fattore si sviluppo delle aree del meridione italiano, come importante fattore di integrazione e di costruzione di realtà interculturali sia in Italia, sia in Europa e negli altri Paesi di emigrazione.

 

Il recupero della memoria storica dell’emigrazione italiana che ha portato circa 30 milioni di italiani ad emigrare tra la fine dell’800 e la fine del ‘900, attuata attraverso diversi studi e pubblicazioni, attraverso la produzione di film-documentari e progetti mirati, costituisce in questo senso, un contributo importante per contrastare le tendenze xenofobe e razziste riemerse negli ultimi anni nel nostro paese.

 

La visione della FILEF è quindi decisamente opposta a quella governativa, rappresentata dal Ministro Tremaglia, che legge la presenza italiana all’estero come nuovo fattore di potenza nazionale, ancor più anacronistico oggi che le dinamiche economiche globali tendono al superamento della dimensione nazionale e ad una tendenziale integrazione tra Paesi ed aree, e del tutto inopportuno rispetto al consolidamento di identità pluriculturali dentro le nostre collettività emigrate.

 

L’impegno della FILEF nella realizzazione di concreti interventi in America Latina, può essere letto in questa chiave, laddove, l’intensificarsi delle opportunità di relazioni culturali, sociali ed economiche tra questo continente e l’Europa può costituire, al contrario di quanto alcuni ambienti vanno rappresentando, un contributo al riequilibrio e alla integrazione di due aree importanti del nord e del sud del mondo, strategico sia sul piano globale, sia sul piano del consolidamento dello stesso processo di unificazione europeo; oggi, alla luce degli eventi succedutesi dopo l’11 settembre 2001, la guerra in Afganistan, la guerra in Iraq, la nuova strategia USA di dominio globale ed unilaterale, il contributo che può venire dalla nostra prospettiva di interventi verso una collettività diffusa nei cinque continenti, appare ancora più chiara.

 

Proprio la consistenza della presenza italiana in America Latina (circa 1,5 milioni di cittadini italiani con passaporto e circa 40 milioni di oriundi) rappresenta un fattore estremamente importante che può essere giocato in questa prospettiva.

 

Ed altrettanto importante risulta essere il contributo che la presenza italiana in Europa può dare alla integrazione culturale e sociale tra i Paesi U.E., vista anche la crescente presenza di italiani nei consigli comunali, provinciali e regionali di paesi come il Belgio, la Francia, la Germania, alcuni cantoni della Svizzera, ecc., in una prospettiva di salvaguardia dei diritti, di interculturalità, di tolleranza, di contrasto allo smantellamento dello Stato Sociale, di lotta all’esclusione sociale, che costituiscono discriminanti fondamentali della cultura europea, alla quale l’America Latina guarda con estremo interesse.

 

Parallelamente, sul piano economico, questa presenza italiana in Europa, accanto a quella negli Stati Uniti d’America, in Canada e in Australia, costituisce una opportunità degna di grande attenzione per ciò che ne può derivare in termini di internazionalizzazione del sistema di pmi italiano, in particolare di quelle regioni in ritardo di sviluppo (Regioni dell’ Obiettivo 1 del FSE) che sono essenzialmente le regioni del nostro meridione che hanno dato il maggior contributo ai flussi emigratori nel secondo dopoguerra, e per le positive conseguenze in termini di nuova occupazione che sono legate allo sviluppo di relazioni con questi mercati.

 

Rispetto a quanto delineato, lo stretto rapporto che FILEF, anche attraverso la FIEI, vanta con la CGIL Nazionale, costituisce un oggettivo rafforzamento delle nostre potenzialità nel varo e nella gestione di interventi concreti per l’emigrazione e per l’immigrazione; proprio in questa prospettiva, vanno recuperati i rapporti con PROSVIL, con le ONG impegnate nella cooperazione internazionale, con organizzazioni come il CNA, la Lega delle Cooperative, ecc.,  con cui negli anni scorsi sono stati realizzati alcuni interventi significativi.

 

L’evoluzione del quadro di riferimento istituzionale relativo alle problematiche dell’emigrazione e dell’immigrazione, consentono infine di mettere meglio a fuoco la missione che FILEF, nei prossimi anni potrà assumere accanto al più specifico momento di rappresentanza costituito da FIEI, e rispetto ad esso, acquisire una funzione specifica di sostegno alla dimensione associativa, attraverso la valorizzazione delle specifiche competenze che essa può vantare, assieme a tutte le associazioni e ai centri di sevizio ad essa federate in Italia e all’estero.

 

Le attività di seguito illustrate, costituiscono, in questa prospettiva, una indicazione dello spazio di agibilità di FILEF per i prossimi anni e un orientamento per il prossimo Congresso, che è chiamato a prendere atto delle modificazioni intercorse negli ultimi anni e a definire compiti e missione della FILEF del futuro, in una prospettiva di medio periodo: i 10 – 20 anni a venire nei quali le questioni migratorie legate ai processi di globalizzazione costituiranno uno dei più importanti temi all’ordine del giorno.

 

Coerentemente con tale impostazione, il Congresso della FILEF avrà dunque il compito di ridefinire la missione, verificare la forma giuridica, gli strumenti statutari, le modalità organizzative interne e le relazioni con altre associazioni federate, le aree di attività, attualmente scarsamente diversificate, le responsabilità, gli organigrammi, i mezzi e gli strumenti per rispondere adeguatamente alle nuove sfide che abbiamo di fronte.

 

 

ILLUSTRAZIONE DELLE ATTIVITA’ SVOLTE

Nel corso del 2002, conformemente alle decisioni precedentemente assunte, la FILEF ha portato a termine la progettazione di interventi di studio e ricerca, di iniziative seminariali di studi e pubblicazioni, avviando concretamente numerose azioni che hanno consentito il consolidamento e la nascita di nuovi sedi e centri associativi e di servizio: con ciò si è realizzato nella realtà quel legame più volte evidenziato tra iniziative e concreta presenza organizzata.

 

Sono state varate nuove associazioni aderenti ed aperte o ampliate nuove sedi attrezzate a Rosario, Montevideo, Porto Alegre, Caxias do Sul, San Paolo, con il coinvolgimento di istituzioni, di sindacati locali, di organizzazioni culturali, di federazioni settoriali di pmi, di associazioni a carattere regionale e con la collaborazione della CGIL, dell’INCA, dello SPI.

 

Le nuove sedi possono costituire punti di riferimento importanti per l’iniziativa delle nostre organizzazioni regionali federate; esse sono in grado di produrre servizi specifici per i soggetti che vorranno sviluppare iniziativa in questi paesi e allo stesso tempo fungono già ora da potenti ed innovativi soggetti di aggregazione soprattutto verso il mondo giovanile, ma non solo; compito della FILEF e delle proprie organizzazioni in Italia è quello di sostenerne nei prossimi anni lo sviluppo ed il consolidamento.

 

Vale la pena sottolineare come tali strutture siano dislocate in circoscrizioni consolari che hanno le seguenti dimensioni: Rosario, circa 80.000 iscritti AIRE, Montevideo, circa 100.000 iscritti AIRE, Porto Alegre, circa 50.000 iscritti AIRE, San Paolo del Brasile, circa 200.000 iscritti AIRE.

 

Parallelamente, anche su richiesta esplicita e motivata dei nostri compagni, è stata fondata la FIEI-Australia, innestata essenzialmente sul nucleo delle quattro FILEF di Sydney, Melbourne, Adelaide e Perth, con le contemporanee adesioni dell´Ist. F. Santi Australia e di altre associazioni locali, e si sta concludendo una analoga operazione di costituzione di una FIEI nazionale in Canada,  a partire dalla nuova sede di imminente apertura a Montreal.

 

I cambiamenti intervenuti a livello di insufficienti risorse nazionali investite nei paesi comunitari ha ridotto la capacità della FILEF di operare in Europa, dove tuttavia, fino al 2001 sono state realizzate importanti iniziative a Londra, Parigi, Bruxelles e Charleroi e Francoforte, i cui centri di formazione e di servizio sono aderenti a FILEF, Ist. F. Santi e FIEI, che hanno coinvolto un’utenza di oltre 2.000 persone.

 

Nel corso del 2002 sono stati realizzati due attività DI SCAMBI E COLLOCAMENTI “MOVIMENTO I e II”  - (Programma U.E. Leonardo Da Vinci), in collaborazione con CGIL-Bildungswerk di Francoforte, con il finanziamento della Zentrale Arbeitsvermittlungsstelle del Ministero del Lavoro tedesco, che ha consentito a ca. 40 giovani italiani emigrati in Germania, di effettuare un corso di italiano e tre mesi di pratica aziendale in imprese dell’Umbria e del Lazio, in settori economici attinenti con la loro formazione di base, per complessive 4.000 ore/allievo di insegnamento e 18.000 ore/allievo di pratica in azienda.

 

E’ stata pubblicata, in collaborazione con la Editrice FILEF, con il cofinanziamento del Ministero degli Affari Esteri, la ricerca sulla “Consistenza e fabbisogni della PICCOLA E MEDIA IMPRESA IN EMIGRAZIONE in Uruguay e Brasile” corredata da una guida metodologica alla creazione di impresa in emigrazione e presentata in pubblici incontri con la partecipazione di centinaia di persone, a Montevideo, PortoAlegre, Caxias do Sul e San Paolo e distribuita in circa 2.000 esemplari nei due paesi.

 

Sempre in collaborazione con Editrice FILEF, si è proceduto alla realizzazione del film-documentario “Porto Alegre Social Forum – Un altro mondo è possibile”, sul primo forum sociale mondiale svoltosi a Porto Alegre-Brasile, nel gennaio del 2001, che ha avuto un notevole successo di pubblico (oltre 2 milioni di telespettatori) sia attraverso le presentazioni mirate, in diverse città italiane e brasiliane, sia tramite la messa in onda da parte di Rai-2, e in più occasioni da Rai International, e TVE (la radiotelevisione brasiliana dello Stato del Rio Grande do Sul); il film è stato inoltre presentato al Festival Internazionale del Cinema Latino Americano di Gramado.

 

Un altro film documentario prodotto è stato “Sem Terra”, sull’esperienza del movimento dei Senza Terra del Brasile, la cui dirigenza, con la quale sono stati istituiti rapporti sia a livello locale che nazionale, è in gran parte di origine italiana; il film è stato presentato nella sessione “documentari” al Festival internazionale di cinema di Locarno.

 

Altre attività consistenti sono state la pubblicazione della Agenzia settimanale di informazione “Emigrazione Notizie” per circa 50 numeri nell’arco del 2002, distribuita via cartacea, ma soprattutto via e-mail ad un indirizzario di ca. 7.000 indirizzi nel mondo e l’implementazione ed aggiornamento dei siti web www.filef.info, sito di informazione che raccoglie un ampio panorama delle nostre organizzazioni aderenti e partner, www.filef.net, sito dedicato ai progetti e www.filef.org, i cui accessi hanno raggiunto nel corso dei primi mesi del 2003 la cifra di ca. 4.000 accessi mensili, che significano circa 50.000 accessi su base annua.

 

Infine è stata realizzata l’attività di promozione e di raccolta dei lavori relativi alla quinta edizione del “Premio Conti” di Letteratura, Memorialistica, Studi e Ricerche sull’emigrazione italiana nel mondo, che si concluderà con la premiazione e con una serie di manifestazioni che stiamo programmando, nell’arco del 2003.

 

Uno spazio consistente hanno avuto, nella seconda metà dell’anno, le attività di progettazione di interventi di orientamento e formazione per il 2002, sia in Europa che nei paesi extraeuropei.

Nel primo ambito è stata svolta attività di assistenza e consulenza ai partner europei (essenzialmente CGIL-Bildungswerk Germania e FILEF Cetra Gran Bretagna), con la presentazione al MAE, di circa 30 progetti di orientamento al lavoro, di formazione e riqualificazione, la metà dei quali prevedono un partenariato con FILEF Nazionale, nella gestione di stage pratici e di unità didattiche in Italia.

 

Ma soprattutto sono state avviate le iniziative progettate in collaborazione con in nostri partner in Brasile, Uruguay ed Argentina, dei 10 interventi di formazione, orientamento e riqualificazione approvati dal Ministero del Lavoro sui 15 progettati nel campo del commercio estero, della creazione di impresa nei settori delle NTI (Internet), della riqualificazione nel campo dell’insegnamento della lingua italiana, di cui 5 a San Paolo del Brasile, 1 a Guaruhlos, 1 a Campinas, 1 a Ribeirao Preto, 1 a Porto Alegre ed 1 a Rosario.

Su tali progetti sono state acquisite collaborazioni di enti locali, università, centri di ricerca, organizzazioni sindacali ed associative locali. Gli interventi hanno avuto, nel loro complesso, una utenza di circa 200 persone che concluderanno l’iter formativo nell’arco del 2003.

E’ importante sottolineare che essi sono stati selezionati su un numero complessivo di ca.500 iscritti e che le ore/allievo di formazione che saranno realizzate a fine attività ammonteranno a circa 80.000.

 

Inoltre è stata realizzata, in collaborazione con ICE Nazionale, una azione di informazione/formazione rivolta a ca. 150 piccoli e medi imprenditori del settore agroalimentare di origine italiana operanti in Uruguay, che è consistita nella presentazione di tecnologie made in Italy nel comparto vitivinicolo e alimentare in vista dell’approntamento di successivi interventi di cooperazione Italia-Uruguay.

Questo intervento, il primo che registri un partenariato tra l’Istituto per il Commercio Estero ed una associazione di emigrati, ha avuto un esito particolarmente positivo, anche per la conclusione di accordi di collaborazione che sono intervenuti tra aziende di italiani emigrati in Uruguay ed imprese italiane.

Sempre in Uruguay sono state strette relazioni con il Ministero della Sanità in vista della realizzazione di un partenariato con una USL italiana, nell’ambito della ricerca, della formazione medica e di personale paramedico, nell’approntamento di progetti per l’accoglienza ospedaliera di italiani indigenti.

Analoghe inziative come queste ultime descritte sono in fase di progettazione nel Rio Grande do Sul, in Brasile, nelle città di Porto Alegre e Caxias do Sul.

 

Per quanto riguarda l’Europa, è stato avviato il partenariato comunitario sul Progetto EQUAL “Persona”, con partner tedeschi ad austriaci, finalizzato al recupero della memoria storica della nostra emigrazione, che prevede la realizzazione di ricerche, materiali “educational” cartacei e multimediali per le scuole e per i giovani sul tema delle migrazioni; a livelo di progetti regionali è stato acquisito un progetto di ricerca finanziato dalla Regione Campania, volto a monitorare la presenza associativa dei campani nel mondo e a configurare misure di sostegno per un nuovo associazionismo legato alle prospettive di sviluppo regionale e delle relazioni con i paesi di residenza dei campani emigrati.

 

Le iniziative di maggiore spessore sul piano politico sono state di preparazione alla realizzazione del seminario “Cento anni di migrazioni” realizzato in collaborazione con FIEI e Ist.F.Santi nell’ambito del terzo Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre di gennaio 2003, che ha visto la partecipazione di circa 100 persone e gli interventi del Segr. Generale della CGIL, Guglielmo Epifani e dei Segretari Confederali Titti di Salvo e Paola Agnello-Modica, oltre ai responsabili dell’INCA dell’America Latina, e di numerosi colleghi giunti dall’Italia e da altri paesi europei; e la preparazione e partecipazione al Convegno su razzismo e xenofobia organizzato insieme alla Federazione delle Colonie Libere della Svizzera, che si è svolto anch’esso nel mese di gennaio 2003 a Treviso.

 

Iniziative minori, conferenze, seminari, pubblici incontri e dibattiti, sono stati realizzati in diverse città europee e latino americane nell’ambito delle iniziative descritte o in vista delle scadenze elettorali relative al rinnovo dei Comites e del CGIE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

II

ASSEMBLEA CONSIGLIO GENERALE DELLA F.I.E.I.  - ROMA 19 GIUGNO 2003.

“PROBLEMI E PROSPETTIVE IN VISTA DELLA CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE E

DEL CONGRESSO”

 

Relazione al Consiglio Generale 2003

(Rodolfo Ricci)

 

Nelle ripetute occasioni di confronto e riflessione che negli ultimi due anni hanno coinvolto i compagni e le compagne della FIEI nazionale, della FILEF e dell’Istituto Fernando Santi, anche sulla base di molteplici sollecitazioni delle nostre organizzazioni aderenti sia in Italia che all’estero, delle valutazioni emerse negli incontri con i compagni della CGIL, dell’INCA, dello SPI, mi pare permanere, al di là delle specificità dei differenti contesti di insediamento e dei diversi livelli organizzativi, una valutazione comune della importanza del momento politico che stiamo attraversando sia a livello nazionale che internazionale e del possibile, importante ruolo che la nostra organizzazione, in questa fase può ricoprire.

Una fase particolarmente delicata e decisiva per le sorti del nostro Paese, del processo di unificazione europea, dei rapporti economici nord-sud, degli equilibri politici globali, in cui, le dinamiche migratorie, la grande questione dei cittadini migranti, siano essi italiani all’estero o terzomondiali in Italia ed in Europa, torna a rivestire una posizione centrale: dal modo in cui ci si pone rispetto a queste realtà e a queste dinamiche, si confrontano alternative contrastanti se non opposte, si configurano modelli di società aperte o chiuse, solidali o escludenti, cooperative o competitive, interculturali o integraliste.

Intorno alla grande questione dei migranti, si misura la possibilità della universalità dei diritti, dello stato sociale, del riconoscimento delle differenze come ricchezza ed opportunità, si misura la possibilità stessa della pace contro le prospettive di guerra perpetua, di collaborazione internazionale contro le opzioni di nuovo dominio e quelle parallele costituite dei rischi di focolai perpetui di terrorismo.

Gli eventi succedutesi dall’11 settembre in poi sullo scacchiere internazionale, lo sviluppo del dibattito politico interno, hanno, se possibile, rafforzato ulteriormente  questa convinzione.

Cresce la consapevolezza del contributo importante che le nostre organizzazioni possono svolgere per una nuova e moderna aggregazione dell’ampio spettro di associazioni che operano in questo settore; si avverte la necessità di un’ orientamento politico generale che abbia la capacità di riaggregare il proprio tradizionale patrimonio associativo e allo stesso tempo di fungere da mediatore e integratore delle diverse nuove ispirazioni ed esperienze che negli ultimi anni si sono imposte all’attenzione a livello locale e nel mondo, a partire dai movimenti contro la globalizzazione neoliberista e al variegato spettro di forze impegnate nella erogazione di servizi reali per la tutela, l’accoglienza, l’integrazione, il riconoscimento delle identità culturali dei migranti, la cooperazione decentrata con i paesi poveri o in via di sviluppo.

Un quadro dunque, ben diverso e distante da quello di qualche anno fa, caratterizzato da una crisi certo non solo nostra, ma che forse le nostre organizzazioni hanno vissuto in modo ancor più profondo, anche per il venir meno di un quadro di riferimento politico che ne aveva contraddistinto l’azione e la natura, e per il ridursi di quel flusso emigratorio che aveva giustificato fino all’inizio degli anni ’80, la ragione stessa del nostro esistere, sia per noi, che per le forze politiche e sociali che avevano investito energie verso la questione emigrazione.

       La vasta problematica dell’integrazione, processo mai definito e sempre in fieri, la questione dell’identità culturale o meglio interculturale, il progredire della interdipendenza internazionale e dei processi di globalizzazione così come quello di unificazione europea, le crisi successive ai quattro angoli pel pianeta che hanno coinvolto paesi costruiti dall’emigrazione, come quelli latinoamericani, i flussi di rientro dei figli dei migranti alla ricerca di lavoro ed occasioni di sopravvivenza, l’avanzare inarrestabile delle migrazioni internazionali nel loro asse principale da sud a nord, i fenomeni di nuovo razzismo e di xenofobia che hanno improntato il dibattito politico in tutti i paesi europei, lo sbocco legislativo dell’esercizio di voto all’estero e il dibattito sul voto amministrativo ai residenti anche non comunitari in Italia, tutto ciò ha fatto sì che la questione dei cittadini migranti ha riconquistato il centro della riflessione politica e resterà, presumibilmente uno dei grandi problemi e delle grandi questioni con cui nei prossimi decenni avremo a che fare, sia sul piano interno che internazionale, con tutti i possibili sbocchi ed esiti –positivi o negativi- che ci sono di fronte.

Per quanto ci riguarda, mancano in questo quadro certo complesso e di difficile interpretazione e gestione, momenti politici riconoscibili di confronto e di sintesi a livello nazionale; la FIEI, Federazione dell’emigrazione e dell’immigrazione, potrebbe diventare in prospettiva, uno di tali momenti; e potrebbe esserlo fondando questa sua possibile funzione, peraltro abbozzata nel suo atto costitutivo e nel suo statuto, nella capacità di saldare la storia e il patrimonio di battaglie civili per l’emancipazione dei migranti italiani nel mondo nell’arco della seconda metà del ‘900, con le nuove esperienze di lotta sociale per il riconoscimento dei migranti terzomondiali: una specificità ed un patrimonio di conoscenze e di competenze che pochi altri soggetti possono vantare.

Abbiamo già citato i due fatti importanti che possono agevolare la determinazione di un progetto politico di tale natura, uno già acquisito ed uno non ancora acquisito, ma necessario se si vuole porre correttamente la questione dell’integrazione dei cittadini extracomunitari residenti sul territorio italiano: l’esercizio di voto all’estero per i connazionali emigrati e le il voto amministrativo per i cittadini immigrati.

Si tratta di eventi, entrambi vicini nel tempo, la cui realizzazione e rivendicazione costringerà il complesso del mondo politico, sociale, economico, istituzionale, a misurarsi seriamente con essi, a considerare le vicende legate ai migranti non più come oggetto di interesse secondario e marginale; un primo importante momento di grande attenzione per gli italiani all’estero lo abbiamo peraltro vissuto in questi giorni in occasione dei due Referendum  del 15 e 16 giugno sui cui risultati vale la pena fornire alcuni dati:

Le percentuali ufficiali del voto all’estero in occasione dei due referendum sono analoghe a quelle riscontrate in Italia; ma se si calcola che -stando ai dati trasmessi dal MAE-, dei 2.447.787 elettori iscritti nelle liste, sono stati 2.206.875 i plichi per il voto spediti, e che di questi, sono arrivati a destinazione solo 1.970.847, la percentuale dei votanti è stata di circa il 27,50% degli elettori; a ciò si deve aggiungere che nell’ammontare dei plichi “arrivati a destinazione”, sono compresi decine di migliaia di plichi -non restituiti al mittente perché accettati da altri componenti delle famiglie- destinati ad elettori defunti o che sono rientrati in Italia, soprattutto dai paesi dell’America Latina.

 

Se tali premesse sono vere, si può stimare che la percentuale reale dei voti italiani dall’estero può essere compresa tra il 30% e il 35% di coloro che effettivamente sono stati messi in condizione di votare; quindi una percentuale superiore a quella italiana; se il funzionamento della macchina amministrativa fosse stata all’altezza della situazione (visto che a questo punto si può confermare che sono stati oltre 1 milione i cittadini esclusi a priori da questa consultazione), l’esercizio di voto dall’estero avrebbe assunto una dimensione quantitativa di tutto rispetto, a conferma della giustezza della battaglia sostenuta per decenni dall’associazionismo.

 

Rispetto ai ritardi, alle inadempienze, alle incongruenze che si sono manifestate, è  necessario adesso che ciascuno degli attori istituzionali coinvolti si assuma le proprie responsabilità e che vengano apportate tutte le modifiche necessarie in sede legislativa e di regolamento attuativo della Legge, poiché, al di là di tutte le mancanze e le difficoltà riscontrate, questo voto sui Referendum costituisce un fatto di straordinario rilievo che dimostra come l’estero non sia un’”isola” staccata dalla madrepatria e come la volontà di partecipazione alla vita politica nazionale sia ancora molto forte, motivata e complessivamente omogenea alle tendenze e agli equilibri nazionali, pur in assenza di una adeguata informazione che né la RAI, né le Istituzioni, né gli altri organi di comunicazione hanno in questo caso assicurato.

 

Non appare infine secondario rilevare, come il risultato del voto, con una massiccia prevalenza dei “sì”, pari a circa il 71,5% dei voti espressi, ricalchi in definitiva il risultato nazionale, in particolare nelle aree più lontane, come l’America Latina, dove, con il 76% complessivo e con punte del 77,5% dell’Argentina e dell’85% dell’Uruguay, i risultati si avvicinano, più degli altri paesi, all’esito italiano del voto; è curioso, ma è del tutto comprensibile, rilevare come solo il voto nel Principato di Monaco appare in controtendenza, con una vittoria nei “no”.

 

E’ vero che gran parte delle forze politiche e sociali, diversamente dalle posizioni assunte in Italia, avevano invitato gli italiani all’estero a partecipare in ogni caso alla consultazione; ciò può voler dire per il futuro, che una volta approntata una macchina elettorale degna di questo nome, gli italiani all’estero che esprimeranno il voto potranno arrivare più o meno al 50% degli aventi diritto, cioè intorno al milione e mezzo di persone: un numero davvero consistente che legittima l’impegno profuso dalle forse sociali, sindacali e politiche in questi anni e che richiede una riflessione ed una valutazione seria ed approfondita di come l’Italia deve porsi rispetto a questo elettorato e delle concrete misure a sostegno della grande presenza italiana nel mondo.”

Anche alla luce di queste riflessioni, La FIEI, ancor più di altri soggetti, ha dunque di fronte, questa sfida: diventare soggetto sociale politicamente influente nella discussione e nell’azione a favore dei migranti, ovvero posizionarsi inevitabilmente in un ambito relativamente angusto e tendenzialmente marginale con scarsa autonomia e capacità di azione.

Sta alla FIEI stessa, alle organizzazioni che l’hanno promossa o che ad essa aderiscono, raccogliere o meno questa sfida; e sta alla CGIL, la cui azione a sostegno del progetto FIEI è stata ed è determinante, esprimere coerentemente un’indicazione precisa su questo possibile versante di sviluppo.

       Bisogna però, a mio parere, essere chiari sulle conseguenze dell’ una o dell’altra scelta: nella prima ipotesi, per la quale evidentemente io propendo, è d’obbligo una apertura decisa al mondo associativo espresso in questi anni dalla società civile sia in Italia che all’estero, una novità importante ed essenziale per la stessa vita democratica nel nostro Paese e per le nostre collettività emigrate; rispetto a tutto ciò, non possiamo nascondere la inadeguatezza delle nostre organizzazioni in un quadro che implicherebbe al contrario grande partecipazione, grande capacità organizzativa e di orientamento.

E dobbiamo allo stesso tempo aver presente che le nostre organizzazioni costituiscono tuttora in molti ambiti l’unico riferimento della sinistra sociale per tanti italiani nei diversi paesi di emigrazione. Paesi in cui il patrimonio di relazioni sociali e politiche con le realtà locali è grande e diffuso, ma va riattivato e orientato rispetto agli obiettivi che abbiamo cercato di delineare.

Se dunque il quadro in cui ci muoviamo è quello descritto, se gli obiettivi sono così ambiziosi, non possiamo non aver presente tutti i rischi che comporta un’opzione di questa natura.

       La FIEI, nel suo tragitto di operatività triennale che si conclude quest’anno ha raggiunto alcuni obiettivi: essenzialmente quelli relativi al recupero di una agibilità organizzativa ed amministrativa, di singole competenze che erano andate via via disperdendosi, ha ricostruito in parte il tessuto comunicativo con i pezzi della rete di cui disponevano FILEF e Istituto F.Santi.

Ha recuperato credibilità rispetto ad interlocutori istituzionali e politici; è riuscita a consolidare alcuni punti di snodo di una rete complessa e diffusa nel mondo e in Italia, e ad aggregare ulteriori forze associative e strutture di servizio che sono entrate a far parte della propria rete, in paesi in cui storicamente la nostra presenza era stata debole ed insufficiente: l’America Latina, in particolare, dove sono state fondate nuove associazioni e sedi attrezzate, ma anche l’Australia e il Canada.

Tuttavia non è stata ancora in grado di determinare quel processo di aggregazione ampio che ci viene giustamente richiesto da numerose organizzazioni e punti di riferimento in Italia e nel mondo, che vada oltre, come appare a tutti necessario,  il tradizionale associazionismo di emigrazione.

Hanno giocato in questo senso difficoltà oggettive, scarsezza di mezzi disponibili e vicende sfavorevoli, ma, soprattutto io credo che il limite dell’azione della FIEI sia stato quello di continuare ad interpretare la propria funzione nell’ambito talvolta asfittico della tradizionale presenza e “cultura” delle organizzazioni degli italiani all’estero, un mondo in oggettivo deterioramento, poco vivace, con limiti di diversa natura, sia qualitativi, che quantitativi, che generazionali.

E in secondo luogo, il permanere di un ancoraggio interpretato in modo eccessivamente rigido, alle due ispirazioni di FILEF e F.Santi, talvolta lette in modo distinto e non omogeneizzabile, ha costituito l’altro elemento limitante per una crescita dell’organizzazione.

E’ invece tempo, io penso, di volgere lo sguardo al futuro; il passato, con le sue autorevoli esperienze e tradizioni deve servire a costruirlo; altrimenti come credo sia a tutti chiaro, muore il passato e non nasce il futuro.

C’è intorno a noi un movimento di nuove energie, di nuove sensibilità, di nuove competenze, un movimento di movimenti la cui ricchezza  è proprio quella di non essere riconducibile unilateralmente ad alcuna singola esperienza storica, ma piuttosto alla loro dinamica complessità; questi movimenti, queste sensibilità non ci sono estranee; parlano con una lingua che ci è affine, anzi, assomiglia moltissimo a quella che ispirò la nascita delle nostre associazioni, in ogni paese in cui emigrarono gli italiani: esperienze di base, di mutuo soccorso, di cooperazione, di reciproca solidarietà.

Queste realtà in movimento non sono semplici interlocutori esterni; noi stessi, ne siamo probabilmente parte senza averne la giusta coscienza; e comunque, allo stesso tempo, possono venire a condividere un nostro progetto, il progetto per il quale è nata la FIEI, cioè la Federazione Italiana dell’Emigrazione e dell’Immigrazione.

Penso quindi che sia necessario che la FIEI, superando temporeggiamenti e apprensioni ingiustificate, si apra a nuove adesioni sul territorio; è indispensabile che in ogni regione e in ogni Paese, le compagne e i compagni di riferimento, in accordo con la CGIL lancino una proposta di adesione rivolta a quei soggetti organizzati che nel territorio esprimano capacità operative reali e che si trovino in sintonia con i principi ispiratori del nostro Statuto, come peraltro si sta facendo in alcuni contesti, con ottimi risultati.

In Italia penso sia prioritario interloquire e rapportarsi  alle organizzazioni impegnate sulle questioni dell’immigrazione, dei diritti umani, della solidarietà internazionale della lotta alla povertà, ma anche a quei settori localmente rappresentativi di un’economia cooperativa, sensibile alle grandi questioni dei diritti del mondo del lavoro e di giuste ed equilibrate relazioni con il sud del mondo. E sul piano più prettamente politico, credo che la FIEI, in piena autonomia, debba avviare un confronto sul merito delle questioni con tutto lo spettro politico democratico ed in particolare con le diverse componenti dell’Ulivo e con Rifondazione.

       All’estero, va raccolta l’esigenza di relazioni con l’Italia e con l’Europa, espresso da un tessuto di nuovo associazionismo che deve diventare parte integrante della FIEI, sia esso a carattere regionale o che abbia come missione quella di erogare servizi specifici alla collettività, o quello che funge da mediatore culturale tra la realtà italiana e quella locale; allo stesso tempo vanno intensificate le relazioni con le forze democratiche e della sinistra politica e sociale dei diversi paesi, dove sono sempre più numerosi i dirigenti e i rappresentanti di origine italiana: in questo senso, oltre alle collettività italiane in quanto detentori di passaporto, non va assolutamente sottovalutato il rapporto con la grande massa degli oriundi, i quali, anzi costituiscono, se si vuole, un target ancor più decisivo su numerose questioni.

Credo che questa apertura della FIEI alla società civile organizzata vada inaugurata al più presto, entro l’anno in corso; la conferenza di organizzazione della FIEI,  più volte richiamata come necessaria, che indichi modalità, norme e tempi di questo processo, che faccia il punto sui risultati ottenuti, che implementi seppure parzialmente il Consiglio Generale e il gruppo dirigente con nuovi soggetti rappresentativi di realtà organizzate importanti, che aggiorni il proprio programma politico ed operativo, che definisca obiettivi del congresso da tenersi entro l’anno, ivi compreso il rapporto sinergico che dovrà intercorrere tra la FIEI e le due organizzazioni promotrici FILEF ed Istituto F.Santi, si rende a questo punto indispensabile.

Non da ultima va richiamata la necessità di questa accelerazione per un’altra ragione o variabile già accennata nel ragionamento che ho tentato di fare: credo sia a tutti chiaro cosa implichi in termini organizzativi e di risorse la gestione della prossima campagna elettorale all’estero. La funzione di FIEI, a livello di informazione, coinvolgimento, orientamento della collettività sarà per forza di cose importante; ma non si può certo avviare un’azione di questa natura negli ultimi mesi che precederanno il voto.

       C’è bisogno di agire da subito, coinvolgendo le collettività non tanto o non solo con estemporanei dibattiti o proclami, quanto piuttosto con una continuità fatta di azioni concrete, dalle quali possa evincersi con chiarezza a quale modello di società aspiriamo, per che tipo di organizzazione sociale, culturale, economica, di relazioni, ci battiamo.

       Ma in questa azione non possiamo essere lasciati da soli: ciò che possiamo giocare come associazionismo, sono relazioni, competenze specifiche da riattivare; ciò di cui abbiamo bisogno è l’interfaccia che consenta di verificare in modo sostanziale cosa significa per esempio “sviluppo solidale e cooperativo”, interscambio culturale e sociale, relazioni economiche mirate alla valorizzazione delle risorse umane e al riequilibrio di quelle materiali.

Tutto un mondo di esperienze va messo a disposizione di questo progetto: mi riferisco ancora una volta al Sindacato, ma anche al movimento della cooperazione italiana, con le sue ONG a partire da Prosvil, al mondo del terzo settore, alla CNA, alla Lega delle Cooperative, ecc. ecc.

       Senza questo coinvolgimento, che per i nostri interlocutori (italiani all’estero), può tradursi automaticamente in progetti ed azioni con ricadute reali in termini di consolidamento della loro presenza organizzata, di valore aggiunto in termini occupazionali, in utili relazioni, in opportunità, rischiamo di raggiungere solo parzialmente gli obiettivi che abbiamo cercato di definire.

       Mi pare addirittura ridondante ricordare che le destre si stanno già muovendo su questo versante con tutte le loro risorse, che non sono poche; e non baderanno certo al risparmio; lo stanno già facendo con attenzione, con coerenza, strutturando organizzazioni e legami vecchi e nuovi che dispongono di mezzi e risorse, rispetto alle quali restiamo non raramente perplessi, durante le missioni che svolgiamo all’estero, rispetto alla capacità di efficace risposta della sinistra.

Non c’è quindi tempo da perdere su questo versante; e non ce n’è neanche sull’altro: quello dell’immigrazione, dove la posta in gioco, se vogliamo, è ancora più grande, come ci dimostrano gli orientamenti di parte consistente dell’opinione pubblica che hanno già pesato nelle ultime elezioni politiche del 13 maggio 2001 e che continueranno inevitabilmente a pesare se non si ricostruisce un quadro di lettura dei fenomeni migratori che sappia recuperare la memoria storica dell’emigrazione italiana nel mondo e collegarla con le ragioni e le cause delle attuali migrazioni dal sud del mondo, se non si riesce ad affermare e a rendere egemone nella società, una visione della convivenza tra culture ed etnie diverse, che costituisce una delle ricchezze e degli elementi potenzialmente più importanti per una prospettiva di sviluppo solidale e di cooperazione in Italia, in Europa e nel mondo.

La FIEI è nata per portare un contributo sostanziale a questa prospettiva e, per la sua genesi, per la storia delle organizzazioni che l’hanno promossa e che ad essa aderiscono, può costituirne uno dei punti di riferimento nazionali ed internazionali.

 

 

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ACCORDO STORICO: DOPO 13 ANNI UN DOCUMENTO COMUNE SIGLATO DA CONFINDUSTRIA, CGIL, CISL E UIL SULLE PRIORITA’ PER LA RIPRESA

 

          Pubblichiamo la premessa dell’accordo

 

       “Per lo sviluppo, l’occupazione e la competitività del sistema economico nazionale: priorità condivise in materia di politiche per la ricerca, la formazione, le infrastrutture e il Mezzogiorno”

siglato il 19 giugno 2003 da Cgil Cisl Uil e Confindustria.

 

PREMESSA

 

Cgil Cisl Uil e Confindustria sottoscrivono il presente Accordo con la duplice finalità di consolidare, da un lato, una prassi di relazioni industriali finalizzate allo sviluppo economico del paese e alla crescita occupazionale, dall’altro per avanzare su alcuni specifici argomenti dettagliate proposte di merito.

 

Anche alla luce della situazione economica interna e internazionale, le parti sottolineano l’urgenza e la necessità di politiche pubbliche, a livello comunitario e nazionale, finalizzate non solo alla riduzione dell’inflazione e alla riduzione del debito ma anche al rafforzamento della competitività e a favore degli investimenti, necessari complementi dell’impianto del Protocollo del luglio 1993 sulla politica dei redditi.

 

La competitività del sistema economico è infatti in questo momento la principale questione che il nostro paese deve affrontare. I dati della perdita di competitività (bassi tassi di crescita e di sviluppo della produttività, perdita di quote commerciali, bassi tassi di occupazione, rallentamento della crescita del reddito pro capite) che si è gradualmente cumulata a partire dalla metà del decennio scorso, sono ormai ampiamente noti.

 

Solo una crescita più forte e di migliore qualità, unita a robusti incrementi del livello di occupazione, potranno risolvere gran parte dei nodi strutturali e migliorare ulteriormente le condizioni sociali del nostro paese. E’ importante che tutte le forze politiche, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni di rappresentanza delle imprese, condividano questi obiettivi. Riportare il nostro paese su un percorso di sviluppo richiede infatti uno sforzo in termini di migliore allocazione delle risorse disponibili, di maggiore efficienza del loro utilizzo, di maggiori investimenti in capitale fisico e sulle persone, di modernizzazione e qualificazione dei mercati tra cui quelli finanziari, dei servizi e del lavoro, di ampliamento della concorrenza, di maggiore efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione.

 

In questo spirito, Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno trovato una posizione comune su alcuni punti essenziali di politica di sviluppo: ricerca, formazione, infrastrutture e Mezzogiorno.

 

Questi punti non esauriscono tutte le tematiche di una manovra complessiva di politica economica, rispetto alla quale rimangono le diverse posizioni delle quattro organizzazioni, che al riguardo mantengono la naturale autonomia di azione e di confronto fra di loro e con le forze politiche.

 

Si formula tuttavia l’auspicio che le quattro priorità condivise costituiscano un’utile base per il confronto tra le parti sociali e il Governo e che quest’ultimo ne recepisca i contenuti nel nuovo Documento di Programmazione Economica e Finanziaria e nella Legge Finanziaria 2004. Analogo confronto andrà svolto con i Gruppi parlamentari.

 

Le priorità individuate sono tra loro integrate. Al cuore dei problemi italiani di sviluppo e competitività vi è infatti l’esigenza di un nostro modello di specializzazione produttiva, oggi più debole nei settori ad elevato contenuto di innovazione e di ricerca, in misura crescente esposto alla competizione di prezzo, e in prospettiva anche a quella sulla media qualità, da parte dei paesi di nuova industrializzazione.

 

Adattare ai nuovi contesti tale modello richiede un salto nel livello degli investimenti, pubblici e privati, in cerca di sviluppo. Lo sviluppo e l’applicazione efficiente delle nuove tecnologie richiede una diffusa formazione e riqualificazione delle persone che lavorano, nonché un elevato livello di istruzione a partire dai giovani.

 

In un quadro in cui le piccole e medie imprese costituiscono la base fondamentale del nostro sistema economico, l’accrescimento tecnologico richiede in prospettiva anche più imprese di maggiori dimensioni. Occorre creare le condizioni generali affinché, come avviene nella maggior parte dei paesi, le imprese di piccole dimensioni crescano proprio in virtù del loro successo. Sono processi di lungo periodo. Per questo sono di fondamentale importanza gli investimenti in infrastrutture capaci di migliorare il contesto in cui si insediano le attività economiche a partire da quelle di comunicazione e di trasporto, che facciano ampio ricorso alle tecnologie dell’informazione per accrescere la capacità del nostro sistema di piccole imprese di fare rete su scala nazionale e in tal modo accrescere la propria competitività.

 

Per quanto riguarda, infine, la tutela e la valorizzazione del patrimonio produttivo esistente, è opportuna l’attività svolta dagli osservatori di settore previsti dai CCNL, anche in relazione con quelli operanti o in via di insediamento presso il competente Ministero, per un attento monitoraggio delle prospettive di settori, territori e distretti. Inoltre per far fronte alle emergenze va rafforzato il ruolo del Comitato per l’Occupazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri come tavolo di diagnosi e pronto intervento nelle situazioni di crisi aziendale o settoriale.

 

 

SINTESI DEGLI OBIETTIVI E DELLE PROPOSTE

 

Ricerca e innovazione. Le proposte mirano a definire una politica di medio-lungo periodo della Ricerca e Innovazione che, attraverso un giusto equilibrio tra ricerca fondamentale e ricerca applicata, assicuri al nostro paese un’autonoma capacità di innovazione derivante dalle nuove conoscenze scientifiche. Le proposte operative riguardano la fissazione di obiettivi di medio periodo di spesa pubblica per la R&S, le modalità per assicurare risorse adeguate al rilancio della Ricerca e Innovazione, attraverso l’elevamento graduale della percentuale sul PIL della spesa per la ricerca e la riattivazione del finanziamento delle leggi in materia.

 

Parallelamente, sono proposti interventi per qualificare la spesa, i meccanismi di valutazione dei progetti, e i collegamenti tra settore pubblico e privato. Le misure indicate riguardano la qualificazione della domanda pubblica, una maggiore efficienza del sistema degli incentivi pubblici  alla ricerca privata attraverso interventi di defiscalizzazione e di finanziamenti su progetti di R&S, la riforma del sistema pubblico della Ricerca, adeguate politiche regionali di diffusione delle innovazioni, l’attrazione di imprese ad alta e media tecnologia nel Mezzogiorno, la creazione di nuove imprese nei settori ad alta tecnologia, la revisione della normativa sui brevetti, lo sviluppo della società dell’informazione.

 

Formazione. Gli obiettivi prioritari proposti riguardano essenzialmente: il sostegno delle scelte professionali e formative dei giovani e degli adulti, la definizione di un sistema integrato in grado di migliorare l’intera gamma degli strumenti di collaborazione tra scuola, formazione e mondo del lavoro. Occorre poi rispondere alla domanda di professionalità delle imprese e dei lavoratori, rafforzare l’area tecnico-professionale del sistema formativo, promuovere l’integrazione tra scuola, università, formazione e lavoro nella formazione permanente, razionalizzare l’utilizzo delle diverse indagini sui fabbisogni professionali e formativi realizzate dalle parti sociali e da altri soggetti istituzionali; favorire un allargamento e un utilizzo strategico delle risorse per la formazione continua nel cui ambito potranno operare con maggiore efficacia anche gli interventi promossi da Fondimpresa; realizzare un sistema efficace e flessibile, nazionale e decentrato di accreditamento delle strutture formative, di definizione degli standard e di certificazione delle competenze delle persone. Vengono inoltre adottato alcuni obiettivi quantitativi da verificare periodicamente secondo scadenze concordate.

 

Infrastrutture. Gli investimenti infrastrutturali rappresentano un passaggio fondamentale per una strategia tesa a restituire competitività al sistema Italia. Particolare importanza assumono, in una logica di coesione economica e sociale europea, le grandi opere infrastrutturale di collegamento transeuropeo e le connesse opere nazionali di interesse europeo, la cui importanza strategica dovrà imporre calendari, responsabilità e risorse precisi e predeterminati.

 

Contestualmente vanno rafforzate le condizioni di legalità e sicurezza negli appalti e la regolarità delle condizioni di lavoro.

 

Insieme a tali grandi interventi, pari importanza assumono gli investimenti sulle reti idriche ed energetiche e su quelle di comunicazione elettronica a banda larga: queste ultime, in particolare, devono trovare collocazione in una vera e propria politica delle telecomunicazioni che dovrà salvaguardare soprattutto la capacità di R&D, di progettazione e di industrializzazione.

 

Per quanto riguarda le politiche del settore energetico, le parti ritengono ormai mature le condizioni per la costituzione, in tempi brevi, di un tavolo di concertazione per definire una strategia condivisa, coerente con le evoluzioni della domanda e dell’offerta e con l’esigenza di promuovere la ricerca, l’innovazione e la qualità ambientale, con particolare attenzione alla evoluzione degli assetti istituzionali per effetto delle modifiche costituzionali.

 

Le parti si propongono di esercitare un ruolo attivo nel governo delle liberalizzazioni, in un quadro di regole definite nei servizi pubblici e per l’autotrasporto.

 

Mezzogiorno. Gli Obiettivi del Consiglio Europeo di Lisbona, la prospettiva dell’allargamento e la creazione dello spazio euromediterraneo costituiscono lo scenario in cui si deve inserire la politica di sviluppo del Mezzogiorno dei prossimi anni, puntando alla chiusura dei principali indicatori di divario, primo tra tutti il divario infrastrutturale e di servizi pubblici  tra Mezzogiorno e resto del Paese.

 

Al di là della tipologia degli investimenti, è fondamentale rafforzare l’integrazione delle fonti finanziarie individuando le opere che ci si impegna già da ora a finanziare con il prossimo ciclo di programmazione dei fondi strutturali, in maniera tale da assicurare copertura e coerenza dei tempi.

 

La promozione di investimenti immateriali (formazione e ricerca) e di migliori condizioni di contesto per favorire gli investimenti (in particolare credito, legalità ed efficienza della Pubblica Amministrazione) sono parti essenziali di tale strategia, così come il sostegno forte alla promozione ed al consolidamento dell’imprenditorialità, che deve passare attraverso il necessario riordino degli incentivi che realizzi un quadro di convenienze di natura permanente e sia finalizzato all’attrazione degli investimenti.

 

Le parti firmatarie sottolineano la necessità di un rafforzamento e di una razionalizzazione degli strumenti di programmazione territoriale negoziata per la promozione dello sviluppo locale all’interno di Accordi di Programma Quadro da aprire al coinvolgimento del partenariato economico e sociale.

 

All’interno di tale assetto territoriale deve trovare collocazione il nuovo strumento del Contratto di localizzazione, orientato alla attrazione degli investimenti che dovrà essere, superata la prima fase di sperimentazione, una delle principali  priorità dell’azione in favore del Mezzogiorno.

 

Dal punto di vista delle risorse, il punto di riferimento è costituito dal “Quadro finanziario unico pluriennale”, che definisce il profilo dei valori programmatici di spesa in conto capitale di cassa della Pubblica Amministrazione fino al 2008 per ciascuna fonte finanziaria (risorse ordinarie, aggiuntive “aree depresse”, comunitarie) precisando che la spesa per gli investimenti nel Mezzogiorno dovrà essere costantemente al di sopra del 45% della spesa totale nei prossimi anni.

 

POLITICHE AMBIENTALI

 

Gli obiettivi dello sviluppo, della competitività e della crescita dell’occupazione, devono essere perseguiti tenendo conto anche della sostenibilità ambientale, integrando le relative politiche nelle dinamiche di mercato.

 

Accanto agli investimenti finalizzati alla modernizzazione delle politiche ambientali per il sistema economico e produttivo del paese, occorrerà promuovere e sviluppare i nuovi strumenti gestionali indicati dalla Commissione Europea, primo fra tutti la certificazione ambientale.

 

A tal fine le parti si adopereranno congiuntamente per promuovere e realizzare interventi informativi e formativi verso le rispettive rappresentanze sui temi della certificazione  ambientale. Le parti solleciteranno altresì il Governo ad individuare le modalità più efficienti di realizzazione degli interventi di diretta valenza ambientale, in particolare riguardo alla attività di bonifica dei siti industriali inquinati, alla gestione delle risorse idriche, allo sviluppo di un sistema integrato di gestione dei rifiuti, agli interventi per la difesa del suolo, capaci di favorire lo sviluppo di una dimensione industriale di queste attività.

 

Infine, le parti sono interessate a proseguire il confronto sulle politiche ambientali, mirato anche a favorire la possibile definizione di proposte comuni in occasione del DPEF e della Legge Finanziaria e di specifiche questioni anche di carattere internazionale.