Permesso di soggiorno: rinnovo in ritardo non consente
l’espulsione automatica
( Cassazione , SS.UU. civili, sentenza 20.05.2003 n° 7892 )
La presentazione della domanda di rinnovo del permesso di
soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza non consente
l’espulsione "automatica" dello straniero.
Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con
la sentenza n. 7892 depositata il 20 maggio 2003, precisando che l'espulsione
potrà essere disposta solo se la domanda sia stata respinta per la
mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti richiesti dalla legge per il
soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre la sua tardiva
presentazione potrà costituirne solo indice rivelatore nel quadro di una
valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. Angelo GRIECO Primo presidente f.f.
Dott. Massimo GENGHINI Presidente di Sezione
Dott. Paolo VITTORIA Consigliere
Dott. Roberto PREDEN Consigliere
Dott. Giandonato NAPOLETANO Consigliere
Dott. Enrico ALTIERI Consigliere
Dott. Luigi Francesco DI NANNI Consigliere
Dott. Ogo VITRONE Cons. Relatore
Dott. Mario Rosario MORELLI Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
J. E. M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Trionfale, n. 81,
presso l’avv. Mario De Caprio unitamente all’avv. Achille
Gattuccio, che lo rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
ricorrente
contro
PREFETTO DELLA PROVINCIA DI PALERMO;
intimato
avverso l’ordinanza del Tribunale di Palermo pubblicata il
23 novembre 1998;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 3 aprile 2003
dal Relatore Cons. Ugo VITRONE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Raffaele PALMIERI, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E. M. J., cittadino dello Sri Lanka, impugnava dinanzi al Pretore
di Palermo il decreto in data 12 ottobre 1998 con il quale il Prefetto aveva
disposto la sua espulsione dal territorio nazionale, esponeva il ricorrente che
aveva ottenuto il permesso di soggiorno il 28 giugno 1990; che il permesso era
stato rinnovato il 28 giugno 1992 con scadenza al 9 aprile 1996; che a causa
della scarsa leggibilità del documento egli aveva ritenuto che la data
del secondo rinnovo scadesse nei primi giorni del settembre 1996; che il 31
agosto era rimasto vittima di un grave incidente che ne aveva comportato il
ricovero in ospedale e non gli aveva consentito di richiedere il rinnovo del
permesso se non in data 7 novembre 1996; che, con decreto del 3 marzo 1997 il
Questore di Palermo aveva rigettato l’istanza di rinnovo; che contro
detto provvedimento era stato proposto ricorso al giudice amministrativo; che
ciò nonostante era stata disposta la sua espulsione dal territorio
nazionale.
Con decreto del 7 novembre 1998 il Pretore rigettava il ricorso.
Su gravame del J. il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 20
-23 novembre 1998, respingeva il reclamo.
Sosteneva il tribunale che la condizione dello straniero che non
avesse richiesto tempestivamente il rinnovo del permesso di soggiorno era
equiparata per ragioni di prevenzione generale, ed in funzione della disciplina
e del controllo dei flussi migratori, a quella dello straniero che avesse del
tutto omesso di richiedere il rinnovo e che la durata del ritardo in concreto
maturato non integrava gli estremi della forza maggiore la quale, del resto,
giustificava solo il ritardo della richiesta per la prima volta del permesso di
soggiorno e non quello della richiesta di rinnovo.
Contro l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione con
due motivi E. M. J. .
Il Prefetto della Provincia di Palermo non ha presentato difese.
Con ordinanza del 19 settembre - 2 novembre 2000, n. 980, la Prima
Sezione di questa Corte, investita del ricorso, ha disposto la rimessione degli
atti al Primo Presidente per la sua assegnazione alle Sezioni Unite in vista
della rilevante importanza della questione di massima relativa
all’interpretazione dell’art. 13, co. 2, lett. b), del D.Lgs. 25
luglio 1998, n. 286 [1], se cioè l’espulsione dello straniero che
non abbia richiesto il rinnovo del permesso di soggiorno entro il termine di
tolleranza di sessanta giorni previsto dalla legge debba sempre aver luogo
automaticamente ovvero se, nel caso di spontanea domanda tardiva di rinnovo,
l’espulsione debba esser preceduta da una valutazione della situazione
personale del richiedente al fine di accertare la sussistenza dei requisiti
richiesti dalla legge per la protrazione della sua permanenza sul territorio
nazionale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione, la falsa
applicazione dell’art.11, co. 2, della legge 6 marzo 1998, n. 40
(attualmente art. 13, co. 2, letto b, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286), in
relazione all’art. 360, n. 3, cod.
proc. civ., e sostiene, richiamandosi alla giurisprudenza di
questa Corte (Cass. 23 giugno 1999, n. 6374), che l’infrazione
all’obbligo del tempestivo rinnovo del permesso di soggiorno non
comporterebbe l’espulsione automatica poichè la misura
sanzionatoria potrebbe esser disposta solo dopo un’attenta valutazione
circa la immeritevolezza dello straniero a protrarre il suo soggiorno sul
territorio nazionale.
Premesso che il rinnovo del permesso di soggiorno dev’essere
richiesto almeno trenta giorni prima della scadenza e che va disposta
l’espulsione dello straniero con permesso scaduto da più di
sessanta giorni senza che ne sia stato chiesto il rinnovo, l’esame della
questione rimessa alle Sezioni Unite dev’essere preceduto dal rilievo che
la Corte costituzionale ha reiteratamente affermato, con particolare
riferimento alla materia tributaria, che rientra nella discrezionalità
del legislatore il cui esercizio si sottrae ad ogni sindacato di
opportunità o di adeguatezza, la previsione del medesimo trattamento
sanzionatorio per la totale omissione e per la tardiva osservanza di un adempimento
richiesto dalla legge (ordinanze nn. 25, 132, 300 e 593 del 1988; 83, 84 e 298
del 1989; 513 del 1991); con riferimento all’interpretazione della norma
denunciata ha ,quindi, evidenziato che, rispetto al principio costituzionale di
parità di trattamento, la posizione dello straniero appare del tutto
peculiare e non comparabile con quella del cittadino in quanto la misura
dell’espulsione è riferibile unicamente allo straniero e in nessun
caso è estensibile al cittadino (sent. 24 febbraio 1994, n.62) ed ha
affermato essere "non implausibile", agli effetti
dell’espulsione dal territorio nazionale per motivi diversi dalla tutela
dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato, l’equiparazione
tra gli stranieri privi di permesso per non averlo mai ottenuto e quelli il cui
permesso sia scaduto senza essere stato rinnovato (ord. 9 novembre 2000, n.
485).
Va peraltro rilevato che l’ordinanza interpretativa di
rigetto della Corte costituzionale, avendo operato una valutazione comparativa
della situazione dello straniero che non abbia mai ottenuto il permesso di
soggiorno con quella dello straniero il cui permesso sia scaduto per mancato
rinnovo, non pone alcun vincolo al giudice di legittimità chiamato ad
accertare se, nell’ambito della disciplina del rinnovo del permesso di
soggiorno, sia giustificata una distinzione tra la situazione di chi abbia
omesso di richiederne il rinnovo e quella di chi lo abbia spontaneamente
richiesto dopo la scadenza del termine di legge.
Questa Corte, con la sentenza menzionata dal ricorrente ha
affermato che si sottrae ad ogni dubbio di incostituzionalità
l’interpretazione secondo cui l’espulsione automatica in caso di
mancato rinnovo del permesso di soggiorno presuppone la duplice condizione
della scadenza del permesso da oltre sessanta giorni e della mancata
proposizione della donlanda di rinnovo e che, conseguentemente,
l’infrazione all’obbligo del tempestivo rinnovo ricadrebbe nella
sfera di operatività del precedente art. 5 della legge n. 40 del 1998
(attualmente art. 5, co. 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998) che prevede
l’espulsione dello straniero solo a seguito del rifiuto della richiesta
di rinnovo del permesso di soggiorno, e giustifica tale interpretazione con la
considerazione che, proprio agli effetti di un più efficiente controllo
e di una maggiore trasparenza dei flussi migratori, il superamento del mero
automatismo dell’espulsione a fronte del ritardo nella presentazione
della domanda di rinnovo del permesso consentirebbe di evitare l’ingresso
in clandestinità di quei soggetti che, avendo fatto scadere il termine
per il rinnovo, si vedrebbero costretti a tale scelta per non poter più
domandare il rinnovo del permesso di soggiorno senza incorrere
nell’espulsione automatica dal territorio nazionale.
Dell’esattezza di tale interpretazione - sostanzialmente
confermata dalla sentenza 5 dicembre 2001, n. 15414 -mostra di dubitare
l’ordinanza di rimessione della questione alle Sezioni Unite, la quale
osserva che, così ritenendo, il rinnovo del permesso di soggiorno potrebbe
essere richiesto senza limiti di tempo a discrezione dello straniero, con la
conseguente elusione del termine di tolleranza di sessanta giorni previsto
dalla legge proprio per porre rimedio all’inerzia dell’interessato
che avrebbe dovuto attivarsi già un mese prima della scadenza del
permesso.
Il rilievo non è meritevole di consenso.
Va,infatti, considerato che la mancata osservanza della
prescrizione che richiede la presentazione della domanda di rinnovo del
permesso di soggiorno un mese prima della sua scadenza è del tutto priva
di riflessi sulla validità del permesso, che permane con pienezza di
effetti sino alla sua naturale scadenza; che, inoltre, non è previsto
alcun collegamento tra questo primo termine e quello dei successivi sessanta
giorni cosicché non può essere disposta l’espulsione
neanche nei confronti di uno straniero con permesso di soggiorno scaduto se non
siano decorsi almeno sessanta giorni dalla scadenza, dal momento che
nell’ambito del termine di tolleran za previsto dalla legge non si fa
distinzione tra lo straniero che abbia presentato tempestivamente la domanda di
rinnovo e quello che invece non ne abbia chiesto il rinnovo un mese prima della
scadenza.
Infine, l’art. 5 del D.Lgs. n. 268 del 1998 stabilisce che
il rinnovo del permesso di soggiorno viene rifiutato solo quando manchino o
vengano a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso o il soggiorno nel
territorio dello Stato, e,cioè,quando il permesso sia stato erroneamente
rilasciato in assenza delle condizioni di legge o quando esse siano venute meno
successivamente, eccezion fatta per la perdita del posto di lavoro per
l’esercizio del quale il permesso era stato rilasciato: ne consegue che
tali previsioni -da ritenersi di stretta interpretazione per la loro incidenza
negativa sul diritto di soggiorno -non consentono che il rinnovo del permesso
possa essere rifiutato per la sempilice tardiva proposizione della domanda in
mancanza di una espressa sanzione di irricevibilità della domanda
presentata fuori del termine, sicché il ritardo non rileva quando, pur
dopo il decorso del termine di tolleranza, non siano venute meno le condizioni
di legge per il soggiorno dello straniero il quale, ove ciò si
verifichi, non ha alcun interesse a ritardare la presentazione della domanda di
rinnovo.
Diverso è, invece, il caso in cui lo straniero, essendo
incorso in una delle situazioni che precludono il rinnovo del permesso di
soggiorno, si trattenga illecitamente sul territorio nazionale e presenti la
domanda di rinnovo solo quando sia venuto nuovamente a trovarsi nelle
condizioni richieste dalla legge, come si verifica, ad esempio nel caso di
perdita del posto di lavoro subordinato non stagionale e infruttuosa iscrizione
nelle liste di collocamento per tutta la residua durata di validità del
permesso di soggiorno e, comunque, per un periodo non inferiore a un anno
(attualmente a sei mesi ai sensi dell’art. 22, co. 11, del D.Lgs. n. 286
del 1998 come sostituito dall’art. 18 della legge 30 luglio 2002, n.
189). In tal caso, infatti, il ritardo nella presentazione spontanea della
domanda di rinnovo fino al ripristino delle condizioni di legge per il
soggiorno dell’interessato potrà essere valutato agli effetti del
diniego del rinnovo del permesso, sanzionandosi non già la mera inerzia
dell’interessato, bensi il ritardo nella presentazione di una domanda di
rinnovo che, tempestivamente presentata, non avrebbe trovato accoglimento.
In ogni caso, nella valutazione della condotta dello straniero che
abbia presentato tardivamente la domanda di rinnovo va considerata
l’incidenza della situazione di forza maggiore eventualmente adotta
dall’interessato poiché, contrariamente a quanto viene osservato
nella motivazione dell’ordinanza impugnata, l’espressa previsione
della forza maggiore come causa di giustificazione valida solo
nell’ipotesi di prima domanda del permesso di soggiorno non è
argomento dal quale possa dedursi l’esclusione della sua
operatività nell’ipotesi di mero rinnovo del permesso, in quanto
la forza maggiore come causa di esclusione degli effetti pregiudizievoli di un
comportamento sanzionato dalla legge è principio generale
dell’ordinamento che opera anche in mancanza di espressa previsione, con
il solo limite della presenza di preclusioni di ordine procedimentale, che
nella specie, come già rilevato, non sono state introdotte dal
legislatore.
E pertanto, non potendo darsi prevalenza ad una interpretazione
che subordini il riconoscimento del diritto al rinnovo del permesso di
soggiorno alla mera osservanza dei termini stabiliti dalla legge per la sua presentazione,
dev’essere ribadita la interpretazione già avanzata da questa
Corte a sezione semplice, secondo cui la spontanea presentazione della domanda
di rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla
sua scadenza non consente l’espulsione "automatica" dello
straniero, la quale potrà essere disposta solo se la domanda sia stata
respinta per la mancanza originaria o sopravvenuta dei requisiti richiesti
dalla legge per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre
la sua tardiva presentazione potrà costituirne solo indice rivelatore
nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa
l’interessato.
L’accoglimento del primo motivo del ricorso comporta
l’assorbimento dell’esame del secondo motivo, avente natura
subordinata in quanto volto a denunciare l’omessa motivazione del
provvedimento di espulsione con riferimento alle ragioni che hanno determinato
la tardiva presentazione della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno e
alla comparazione dell’interesse alla rinnovazione del permesso con le
circostanze ostative a rifiuto del suo rinnovo.
Le considerazioni che precedono non implicano del resto, alcuna
elusione dei termini fissati dalla legge per l’ordinato svolgimento del
procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno -come rilevato
nell’ordinanza di rimessione della questione alle Sezioni Unite
-poiché l’inutile decorso del termine di tolleranza non è
privo di effetti ma consente pur sempre l’avvio di ufficio della
procedura di espulsione nei confronti dello straniero che non abbia presentato
domanda di rinnovo.
In conclusione, perciò, il ricorso merita accoglimento e,
conseguentemente, la pronuncia impugnata dev’essere cassata; non essendo
necessari ulteriori accertamenti di fatto é possibile pronunciare nel
merito con l’accoglimento dell’opposizione e l’annullamento
del decreto di espulsione.
Le peculiarità della vicenda sottoposta all’esame
delle Sezioni Unite induce a ritenere conforme a criteri di equità la
compensazione totale delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando a sezioni unite, accoglie il primo
motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa l’ordinanza
impugnata e, pronunciando nel merito annulla il decreto di espulsione emesso
nei confronti del ricorrente. Dispone la com pensazione totale delle spese
dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2003.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2003.