REPUBBLICA ITALIANA N. 219/2003 Reg. Ric.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. Reg. Sez.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER L’EMILIA-ROMAGNA N. 944 Reg. Sent.

SEZIONE I Anno 2003

composto dai signori:

Dott. Bartolomeo Perricone                                               Presidente

Dott.ssa Rosaria Trizzino                                       Consigliere
Dott. Carlo Testori                                                  Consigliere rel.est.
   

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 219 del 2003 proposto da Ceka Blerim, rappresentato e difeso dall’Avv. Alessandro Cristofori, presso il quale è elettivamente domiciliato in Bologna, Corte de’ Galluzzi n. 7,

contro

la Questura di Modena, costituitasi in giudizio in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato in Bologna, presso i cui uffici è domiciliata in via G. Reni n. 4,

per l'annullamento, previa sospensione,

del decreto 12/11/2002 del Questore della provincia di Modena, che rigettava la richiesta del ricorrente volta ad ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato e gli intimava di presentarsi presso il posto di Polizia di Frontiera di Bologna entro cinque giorni lavorativi dalla notifica del decreto suddetto, per allontanarsi volontariamente dal territorio dello Stato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Modena;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore il Cons. Carlo Testori;

Uditi alla pubblica udienza del 29 maggio 2003 l’Avv. M.A. Rizzo (in sostituzione dell’Avv. A. Cristofori) e l’Avv. dello Stato M. Zito;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O e D I R I T T O

1) Il cittadino albanese Ceka Blerim, in Italia dal 1994, nel marzo 2002 ha chiesto alla Questura di Modena il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato di cui era titolare, appena scaduto. Il predetto Ufficio ha respinto l'istanza con decreto datato 12 novembre 2002, facendo riferimento all’art. 5 comma 5 del T.U. n. 286/1998 ed al venir meno dei presupposti perché lo straniero potesse permanere sul territorio nazionale. Tale valutazione negativa trova fondamento, in particolare, nelle seguenti circostanze:

- "il cittadino albanese il 28.5.2001 è stato condannato dal Tribunale di Busto Arsizio alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione e lire 4 milioni di multa perché ritenuto colpevole del delitto p. e p. dagli artt. 110 c.p., 81 cpv., 3 nr. 8 e 4 nr. 1 e 7 legge 75/58, sentenza confermata dalla Corte d'Assise d'Appello di Milano in data 6.3.2002";

- "lo straniero in data 8.7.1998 è stato segnalato alla competente A.G. per ricettazione".

2) Contro il diniego in questione l'interessato ha proposto il ricorso in epigrafe sostenendo:

- che le sue condizioni di vita evidenziano un corretto inserimento nel contesto sociale (è stabilmente occupato e titolare di un regolare contratto di locazione);

- il riferimento ad una mera segnalazione per ricettazione, tra l'altro risalente al 1998, è del tutto generico e risulta perciò ininfluente ai fini della valutazione circa la sussistenza dei requisiti per il rinnovo del permesso di soggiorno;

- la sentenza di condanna non è ancora irrevocabile, pendendo ricorso per cassazione; in ogni caso lo straniero ha già interamente scontato la pena e tale circostanza deve essere positivamente valutata e condurre ad un'affermazione di irrilevanza della condanna stessa;

- in ogni caso il delitto per cui il ricorrente è stato condannato non rientra fra quelli di cui all’art. 380 c.p.p. e all’art. 4 comma 3 del T.U. n. 286/1998.

3) La legittimità del provvedimento impugnato va valutata in relazione alle modificazioni apportate al T.U. sull'immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998 n. 286) dalla legge 30 luglio 2002 n. 189, entrata in vigore prima dell'adozione del decreto di cui si controverte. In particolare, il riferimento è al novellato art. 4 del T.U., che stabilisce i presupposti e le condizioni perché lo straniero possa fare ingresso nel territorio dello Stato; presupposti e condizioni che, a norma del successivo art. 5 comma 5, devono sussistere anche ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno già rilasciato ed il cui venir meno comporta il rifiuto del rinnovo stesso o la revoca del permesso in corso di validità.

In virtù delle nuove disposizioni contenute nell’art. 4 comma 3 del T.U. risulta ora ostativa all’ingresso in Italia - e quindi anche al rinnovo del permesso di soggiorno precedentemente rilasciato - la circostanza che lo straniero sia stato condannato, anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per taluni reati individuati con richiamo alle previsioni di cui all’art. 380 c.p.p. o direttamente dall'ultima parte del comma citato. L'applicazione di tali nuove disposizioni al caso di specie (benchè la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno sia anteriore all'entrata in vigore della legge n. 189/2002, così come la sentenza di condanna richiamata nel provvedimento di diniego) costituisce doverosa applicazione del principio tempus regit actum e non induce il Collegio a ravvisare profili di illegittimità costituzionale. Si deve infatti riconoscere al legislatore, nella delicata materia dell'immigrazione, il potere di individuare e valutare diversamente, in epoche diverse, le situazioni rilevanti ai fini dell’ammissione e della permanenza degli stranieri nel territorio nazionale; e d'altra parte nell'esame delle fattispecie maggiormente suscettibili di ingenerare dubbi di costituzionalità delle norme novellate può essere seguita un'interpretazione delle stesse rispettosa dei precetti costituzionali e comunque consentita dalla formulazione delle modificazioni introdotte.

4) Si tratta dunque di valutare se la condanna riportata dal ricorrente rientri o meno fra quelle individuate dall’art. 4 comma 3 del T.U come ostative all'ingresso dello straniero in Italia e, conseguentemente, al rinnovo del permesso di soggiorno rilasciato in precedenza. La valutazione sul punto della Questura di Modena è stata evidentemente positiva, sebbene manifestata attraverso la estrema sinteticità dell'espressione "non sussistono più i presupposti perché CEKA Blerim possa continuare a permanere sul territorio nazionale".

In proposito il Collegio osserva che risulta incontroverso che, in sede di appello, il ricorrente è stato condannato per il delitto di cui all’art. 3 n.8 della legge 20 febbraio 1958 n. 75 riguardante "chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui" (stando a quanto affermato nel ricorso la Corte d'Assise d'Appello di Milano ha solo parzialmente riformato la sentenza di primo grado, escludendo l'aggravante ex art. 4 della legge n. 75/1958). E’ pacifico che tale fattispecie penale non rientra fra quelle di cui all’art. 380 c.p.p. richiamato dall’art. 4 comma 3 del T.U.; quest'ultima disposizione, peraltro, come modificata dalla legge n. 189/2002, individua altresì, come ostativa, la circostanza che lo straniero risulti condannato "… per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite".

Secondo il ricorrente la disposizione di cui all’art. 4 comma 3 del T.U. non può essere riferita alla fattispecie ex art. 3 n. 8 della legge n. 75/1958, in mancanza di un espresso richiamo al favoreggiamento ovvero allo sfruttamento della prostituzione; il Collegio è però di diverso avviso. La formulazione del citato art. 4 co. 3 contiene infatti una puntuale menzione dello sfruttamento della prostituzione; tutt'al più, dunque, si tratterà di valutare se, nel caso concreto, il delitto per il quale è intervenuta condanna fosse effettivamente diretto al reclutamento o allo sfruttamento della prostituzione. Nel caso in esame la stessa documentazione (all. 7) prodotta con il ricorso relativamente alle pronunce giurisdizionali emesse nei confronti dello straniero consente di rilevare che il predetto è stato perseguito e condannato per avere, in concorso con altri, reclutato persone da destinare alla prostituzione in Italia; tanto basta per una indurre a ricomprendere la condanna riportata dal ricorrente fra quelle ostative all'ingresso e/o alla permanenza nel territorio nazionale.

5) Non risulta decisiva, in senso contrario, la circostanza dedotta nel ricorso che la sentenza di condanna in questione non sia ancora divenuta irrevocabile, essendo ancora pendente ricorso per cassazione. Il novellato art. 4 co.3 si limita a indicare come elemento ostativo che "lo straniero…… risulti condannato…"; tale generica formulazione non è evidentemente casuale, ma esprime il preciso intento di non ricollegare al giudicato il suindicato effetto preclusivo.

Neppure rileva la circostanza che il ricorrente abbia già espiato la pena; il fatto storico della subita condanna costituisce un dato oggettivo di per sé sufficiente ad impedirne la permanenza sul territorio nazionale, in base a una valutazione operata ex ante dal legislatore, che non lascia alcuno spazio a valutazioni discrezionali circa la situazione personale e concreta dell'interessato; e tale scelta legislativa non appare confliggente con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. e invocato nel ricorso.

In tale quadro appare evidente, da un lato, che le affermazioni del ricorrente circa il proprio corretto inserimento nel contesto sociale non possono incidere sull'applicazione del più volte citato art. 4 comma 3 del T.U. n. 286/1998; dall'altro, che il richiamo ad una segnalazione per ricettazione risulta del tutto irrilevante ai fini della motivazione del provvedimento impugnato, la cui legittimità trova idoneo e sufficiente fondamento nel riferimento alla condanna penale riportata dall'interessato.

6) Per le ragioni illustrate il ricorso deve essere respinto.

Sussistono validi motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo per l’Emilia-Romagna, Sezione I respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nelle camere di consiglio del 29 maggio e del 27 giugno 2003.

Presidente                                                      f.to Bartolomeo Perricone

Consigliere rel.est.                                         f.to Carlo Testori

Depositata in Segreteria in data 10 LUG 2003

Bologna, li 10 LUG 2003

                                               Il Segretario

                                               f.to Silvia Lazzarini