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Seduta del 2/4/2003


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Audizione del prefetto Alessandro Pansa, direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del regolamento della Camera, del prefetto Alessandro Pansa, direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno.
Desidero ringraziare il prefetto per avere accettato l'invito del Comitato. Ricordo anche che è presente il dottor Feliciano Marruzzo, vice questore aggiunto del Ministero dell'interno.
Le nuove competenze attribuite al Comitato in materia di immigrazione rendono indispensabile acquisire elementi di conoscenza sullo stato di attuazione della nuova legge sull'immigrazione e sulle problematiche ad essa connesse, con particolare riferimento all'attività svolta dalla polizia di frontiera nel contrasto all'immigrazione clandestina.
La presenza odierna del prefetto può pertanto essere l'occasione per un approfondimento di alcuni aspetti quali: le modalità di applicazione delle misure di controllo alle frontiere esterne e le disposizioni in materia di ingresso, ed eventualmente di visti, a seguito dell'entrata in vigore della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen che ha comportato l'eliminazione dei controlli alle frontiere interne e il loro trasferimento alle frontiere esterne; la disciplina dei flussi migratori in Italia e l'armonizzazione delle misure riguardanti la libera circolazione degli immigrati.
Conformemente agli accordi di Schengen - che impongono puntuali controlli alle frontiere esterne e adeguate misure per contrastare l'immigrazione irregolare -, il legislatore del 1998, con il testo unico n. 286, ha disciplinato misure sia per prevenire l'ingresso irregolare sia per reprimere la presenza ed il lavoro irregolari: la legge 30 luglio 2002, n. 189, ha in parte ridisegnato, con le modifiche apportate agli articoli 13, 14, 15, 16 e 17 del testo unico, la materia delle espulsioni. Al riguardo, le vorremmo chiedere, signor prefetto, quali sono, a suo parere, sotto il profilo applicativo e operativo, le modifiche di maggior rilievo e quali sono state le conseguenze più importanti per voi.
La realizzazione di una politica europea comune ed efficace in materia di immigrazione costituisce un obiettivo ancora non pienamente raggiunto: desidereremmo sapere, al riguardo, quali ritiene possano essere, per la sua esperienza di responsabile del servizio immigrazione, gli sforzi ancora da compiere, da un punto di vista operativo, ai fini di un efficace ed uniforme esercizio delle misure di controllo e di sorveglianza.
A fronte, poi, di un notevole miglioramento della situazione nell'area della Puglia abbiamo, di converso, una situazione che sta lentamente diventando sempre più rilevante a Lampedusa; vorremmo capire,


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dal suo punto di vista, quali siano i segnali e le eventuali attenzioni da porre al riguardo.
Pensando alla Puglia, dobbiamo considerare, quale elemento positivo, gli accordi intervenuti con l'Albania; le chiederemmo, pertanto, quali possano essere gli eventuali accordi da considerare come prioritari rispetto all'area di accesso all'isola di Lampedusa.
Le do, quindi, senz'altro, la parola, signor prefetto.

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Desidero ringraziare il Comitato per l'occasione offerta di esporre la mia relazione. Ho annotato tutte le domande e cercherò di rispondere secondo il loro ordine di formulazione.
Per quanto riguarda il controllo alle frontiere, le procedure attualmente adottate sono più rigorose di quelle che lo standard Schengen richiederebbe; infatti, a causa della sussistenza di taluni problemi di sicurezza, abbiamo incrementato il numero dei controlli rispetto a quelli ordinari stabiliti da Schengen. Ciò, chiaramente, senza violare gli accordi medesimi.
I controlli alle frontiere conoscono due modalità. La prima quali è rappresentata dai valichi, in quanto la frontiera reale è il valico. L'accesso in territorio nazionale ed in territorio Schengen è consentito soltanto attraverso punti determinati individuati come valichi di frontiera; soltanto in casi eccezionali, possono essere utilizzati punti diversi. In Italia, i valichi di frontiera esterna sono 257.
L'ingresso in territorio nazionale attraverso la linea di confine - sia essa terrestre o marittima -, e non attraverso i valichi, costituisce una violazione delle norme che prevedono la libera circolazione delle persone. Il controllo ai valichi è assicurato, per la gran parte, dalla polizia di frontiera, con circa 5 mila 500 uomini, e da un contingente ulteriore della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza che fa capo a 287 uffici diversi. Tale contingente non ha un organico predefinito perché, a seconda dei momenti, viene utilizzato in misura più o meno consistente.
I controlli effettuati alla frontiera sono essenzialmente quelli previsti dalla normativa Schengen riportata nell'articolo 4 del Testo Unico sull'immigrazione che prevede determinate condizioni tra le quali il possesso dei documenti necessari - un documento di viaggio, un passaporto o i documenti che giustificano lo scopo o la condizione del soggiorno -, la disponibilità di risorse finanziarie adeguate (i cui parametri sono stati fissati, nel marzo del 2000, con un decreto del ministro dell'interno) e la verifica dell'ammissibilità sul territorio nazionale, per tutti i paesi Schengen (per questo esiste il SIS, ma su ciò è inutile che mi dilunghi).
Occorre, inoltre, secondo la normativa attualmente vigente, che il soggetto entrante in Italia - munito, quindi, di questi documenti - non sia stato condannato per alcuno dei reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale o per reati riguardanti gli stupefacenti, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, della prostituzione e altri reati concernenti la libertà sessuale.
In effetti, questo tipo di controllo è effettuato ricorrendo alle banche dati di cui la polizia di frontiera dispone, cioè quelle delle forze di polizia italiane e, soprattutto, la banca dati SIS, che consente l'accesso alle informazioni fornite dagli altri paesi dell'Unione europea. I controlli effettuati sono relativi, soprattutto, all'autenticità della documentazione.
Seppure non siamo riusciti a fornire un numero preciso, stimiamo che oltre la metà, se non di più, dei clandestini che sono stati rintracciati in Italia sono entrati nel territorio nazionale essenzialmente in due modi. Una prima categoria di essi è definita, secondo un'espressione anglosassone, degli over stays; la seconda è costituita da coloro che hanno superato illegalmente i controlli ispettivi. Per quanto attiene ai primi, si tratta di coloro che, entrati legittimamente nel territorio dello Stato con un permesso breve, o in esenzione di visto per motivi di turismo o,


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ancora, giunti in Italia per motivi di studio o dotati di un visto per turismo, allo scadere del termine massimo, normalmente previsto in 90 giorni, restano nel nostro paese iniziando a svolgere attività lavorative ed, eventualmente, distruggendo i documenti. In ogni caso, si inseriscono in un circuito stabile di presenza, sebbene irregolare, sul territorio nazionale. La seconda importante categoria è costituita da coloro che violano i controlli ispettivi. In alcuni casi, si tratta di chi si nasconde: nell'anno 2000, sono stati registrati circa 4500 casi di cittadini extracomunitari che hanno tentato di entrare nel territorio nazionale attraverso i valichi della frontiera marittima interna all'area Schengen, cioè dalla Grecia verso l'Italia, nascosti in TIR. In altri casi, si tratta di persone che utilizzano documenti falsi e ingannano i controlli della polizia di frontiera.
Per quanto riguarda i nascondigli all'interno di automezzi, recentemente abbiamo avviato un progetto, di intesa con le dogane e con la Guardia di finanza, utilizzando l'intera rete dei controlli. Normalmente, avviene che la polizia effettua il controllo di frontiera, la Guardia di finanza si occupa di quello finanziario e l'autorità doganale si interessa dell'aspetto di propria competenza. Noi abbiamo integrato i controlli in un unico circuito, anche ricorrendo all'utilizzazione di apparecchiature - che sono per gran parte a disposizione dell'amministrazione doganale - che consentono di effettuare i controlli, per verificare se ci siano persone nascoste, soprattutto sui TIR, senza doverli aprire e svuotare interamente. In particolare per quanto riguarda il meridione, grazie al PON, il piano di finanziamento europeo per il Mezzogiorno, è in corso l'acquisizione di apparecchiature che ci consentono queste modalità di controllo. Inoltre, abbiamo avviato da tempo una sorta di specializzazione della polizia di frontiera, con lo sviluppo di una particolare capacità professionale e ricorrendo ad apparecchiature specifiche per contrastare la falsificazione dei documenti. Infatti, in questo ambito, lo scorso anno, rispetto al 2001, abbiamo registrato un incremento del numero delle contraffazioni scoperte particolarmente elevato: nel 2002, sono state individuate 10.371 persone che cercavano di entrare nel territorio nazionale in possesso di documenti falsificati.
Per quanto concerne la materia dei visti, ulteriori vincoli sono stati introdotti dalla legge n. 189 del 2002 relativamente al loro rilascio. Al di là dei principi e delle regole già precedentemente stabilite, e che ometto di riferire trattandosi di normativa consolidata, la legge n. 189 del 2002 ha introdotto, per la concessione, l'ulteriore requisito dell'assenza di condanne per i reati di cui all'articolo 380, commi primo e secondo, del codice di procedura penale ed ha stabilito, inoltre, che i soggetti richiedenti non siano stati condannati per i reati previsti dalle leggi in materia di stupefacenti, libertà sessuale, favoreggiamento personale dell'immigrazione, reclutamento di persone destinate alla prostituzione o di minori da destinare ad attività illecite. Evidentemente, il rilascio dei visti, avvenendo nel paese di origine dell'extracomunitario, richiede l'esistenza di un meccanismo per l'acquisizione di queste informazioni dalle autorità locali. In questo senso, il Ministero degli affari esteri e gli uffici competenti per i visti si stanno organizzando. Infatti, si tratta di informazioni che si possono acquisire soltanto in loco.
Riguardo ai flussi migratori in Italia, attualmente, la disciplina è quella prevista dalla legge n. 189 citata, la quale, rispetto al sistema dei flussi previsti dalla legge del 1998, ha introdotto, innanzitutto, un termine entro cui fissare i flussi annuali, cioè il 30 novembre dell'anno precedente. In questo modo si può sapere con anticipo il numero di coloro che dovranno arrivare. Quindi, il cosiddetto «decreto flussi» diviene un provvedimento di programmazione preventiva e non interviene a sancire ciò che è successo in un determinato anno. Lo scorso anno, il decreto è stato essenzialmente basato sul lavoro stagionale e soltanto verso la fine del periodo è stato emanato un decreto in cui sono state previste anche le quote privilegiate.


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Quello delle quote privilegiate è uno strumento al quale teniamo moltissimo perché ci agevola enormemente nei rapporti internazionali con i paesi di provenienza e di transito degli immigrati clandestini. Il nuovo testo unico sull'immigrazione ha trasformato in regola ciò che prima era una possibilità. In altri termini, dal cosiddetto «decreto flussi» possono essere previste restrizioni nell'ingresso di lavoratori provenienti da Stati che non collaborino adeguatamente al contrasto dell'immigrazione clandestina o nelle riammissione dei propri cittadini rimpatriati. Questa regola, insieme all'articolo 1 della legge n. 189 del 2002, il quale prevede che l'elaborazione dei programmi di cooperazione e di aiuto non includa i paesi che non collaborano nel contrasto all'immigrazione clandestina, sta facendo registrare un aumento della disponibilità dei paesi, soprattutto dell'area del Mediterraneo, con i quali abbiano particolare interesse alla collaborazione e che si mostrano molto più disponibili rispetto al passato.
Per quanto attiene all'armonizzazione delle misure riguardanti la libera circolazione degli immigrati, almeno per quanto attiene alla parte di competenza della direzione centrale che io dirigo, il nostro paese, in pratica, ha già adottato tutte le relative iniziative. Stiamo introducendo sistemi di maggiore sicurezza, previsti anche dalla direttiva comunitaria, consistenti in permessi di soggiorno elettronico che, entro la prossima estate, saranno obbligatori. Tali permessi, che hanno caratteristiche di sicurezza di gran lunga superiori a quelli attuali, che non sono completamente sicuri, saranno realizzati in base ad un modello prefissato a livello comunitario e saranno rilasciati, in Italia, a partire dal prossimo mese di luglio (quanto meno, da quella data si inizierà, non potendo essere rilasciati tutti contemporaneamente). Sarà particolarmente difficile contraffare questo nuovo modello comunitario, che presenta una serie di parametri di sicurezza molto più ampi.
Circa la materia delle espulsioni, occorre considerare due aspetti su uno dei quali mi è stato espressamente richiesto di soffermarmi: mi riferisco all'influenza del nuovo testo unico sulla materia delle espulsioni.
Devo ricordare che la disciplina della materia è stata sostanzialmente modificata dalla legge n. 189 del 2002 e quanto, attualmente, sembra funzionare meglio è dovuto, essenzialmente, ai seguenti elementi: una più dettagliata descrizione dei casi che impediscono l'ammissione dello straniero nel territorio nazionale; un inasprimento delle pene previste per i reati connessi all'immigrazione clandestina - anche grazie ad un meccanismo di concorso tra circostanze aggravanti ed attenuanti che, insieme alla previsione di nuove figure di reato, rende il sistema più severo -; la previsione generalizzata dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica; l'aumento del termine del trattenimento nei centri (trenta giorni prorogabili fino a sessanta); una nuova disciplina dell'espulsione sostitutiva o alternativa alla detenzione; la previsione di una forma di espulsione per la revoca del permesso di soggiorno come conseguenza della condanna definitiva per i reati connessi alla tutela del diritto d'autore o alle contraffazioni in generale. Inoltre, è stata introdotta un'altra norma molto utile nel contrastare il fenomeno dei cosiddetti matrimoni fittizi, norma che consente, salvo vi sia prole, l'espulsione in conseguenza della revoca del permesso di soggiorno quando venga accertato che al matrimonio non sia eseguita l'effettiva convivenza tra i coniugi; si tratta sicuramente di uno degli elementi più caratterizzanti della nuova normativa.
Per quanto riguarda il numero dei provvedimenti emessi, lascerò all'attenzione della Commissione i dati generali di tutta l'attività svolta e di tutte le espulsioni effettuate nel corso dell'anno; citerò soltanto, tra breve, le percentuali di aumento delle presenze o delle espulsioni dei soggetti che sono stati trattenuti nei centri di permanenza.
L'altro elemento che sta contribuendo a rendere più efficace il sistema delle espulsioni è l'obbligo del prelievo delle impronte digitali; esso consente l'identificazione


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di soggetti che, abitualmente, utilizzano più identità allo scopo di evitare l'espulsione. Abbiamo addirittura individuato soggetti identificati numerose volte in maniera diversa l'una dall'altra.

PRESIDENTE. Mi scusi, signor prefetto ma, a tale proposito, è vero che alcuni extracomunitari sono arrivati a dare 25 identità differenti?

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Probabilmente sì anche se, a memoria, non saprei confermarlo. Certamente ve ne è un certo numero - soprattutto tra quanti operano nel settore delle attività delinquenziali: contraffazioni, furti e via dicendo - che, quando vengono fermati o arrestati, danno generalità diverse.

PRESIDENTE. Ma ora, con le impronte digitali...

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Una volta fotosegnalata, la persona può ancora dare generalità diverse, anche per 25 volte; peraltro, è stata fotosegnalata anche se con dati diversi. Oggi, poi, per l'appunto, con il rilascio delle impronte digitali, abbiamo la certezza di poter escludere immediatamente dal circuito gli irregolari. In effetti, adesso, noi abbiamo due tipi di prelevamento delle impronte digitali: per coloro che hanno i permessi di soggiorno o rinnovano i permessi di soggiorno e per gli asilanti, i cui dati dobbiamo fornire al sistema Eurodac (che è un sistema nazionale). Quindi, in questa fascia, già abbiamo un meccanismo di censimento di gran parte delle presenze sul territorio nazionale. I dati, per quanto riguarda gli stranieri accompagnati presso i centri di permanenza, sono i seguenti: nei sei mesi successivi all'entrata in vigore della legge, sono stati accompagnati 7.594 stranieri a fronte degli 8 mila 214 di un analogo periodo 2001-2002. Per cui vi è stato un leggero calo. Però dobbiamo osservare che, di questi, il 33 per cento - 2.717 - sono stati effettivamente rimpatriati. Quindi, nel 2001-2002, avevamo una capacità di rimpatrio del 33,8 per cento mentre, dei 7.594 di quest'anno, ne sono stati rimpatriati 3 mila 441, il 45,31 per cento (siamo, dunque, quasi alla metà). Perciò, si è verificato che il prolungamento del tempo di trattenimento aumenta il successo, nel senso che riusciamo a mandarne via quasi la metà (mentre prima eravamo attestati su un terzo). Chiaramente, trattenendo le persone per un tempo maggiore, si riduce la disponibilità di posti; a ciò stiamo ovviando aumentandone il numero: con la legge finanziaria per il 2003, infatti, sono state conferite le risorse per la costruzione dei centri di permanenza. Perciò, il meccanismo, aumentando i costi e allungando la durata del trattenimento, diventa molto più ampio.
Dobbiamo dare anche un altro dato, per noi particolarmente importante. Mentre in precedenza non riuscivamo, in alcun modo, ad accertare l'identità, talché era impossibile arrivare alla scadenza del termine - gli altri potevano essere dimessi per vari altri motivi (perché non veniva riconosciuta la nazionalità e via dicendo) -, di quasi il 40,5 per cento dei soggetti, oggi, la percentuale è inferiore al 30 per cento; quindi, abbiamo diminuito di un ulteriore 10, 12 per cento anche l'uscita dai centri per scadenza dei termini (entro i quali non siano arrivati i dati delle identificazioni). Questi due elementi ci fanno ritenere che la situazione dovrebbe ulteriormente migliorare.
Se ho colto bene la domanda, mi è stato chiesto, da un punto di vista prettamente di polizia, quali siano gli aspetti della politica europea che ci servono per migliorare le attività nel nostro campo. Personalmente, seguo l'attività a livello europeo e per il semestre italiano sarò anche presidente del comitato SCIFA (quello che si interessa proprio di asilo e di immigrazione). Ebbene, i punti fondamentali nascono tutti da uno studio di fattibilità, realizzato, qui in Italia, dal mio


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ufficio l'anno scorso, che è stato presentato il 30 maggio dal ministro dell'interno a tutti i ministri dei paesi dell'Unione e dei paesi candidati. Si tratta di uno studio di fattibilità su una polizia europea di frontiera in cui viene evidenziata una serie di esigenze. Anzitutto, quella di una gestione integrata delle frontiere esterne, nel senso di una suddivisione delle responsabilità e degli oneri; infatti, non è pensabile che noi, come polizia di frontiera, in Italia - soprattutto, per quanto riguarda le coste - difendiamo un territorio, evitiamo lo sbarco o siamo costretti a rimpatriare un numero di persone che non è destinato in Italia ma che usa il nostro paese semplicemente come transito. Quindi, se la frontiera che noi dobbiamo difendere è europea, è indispensabile che vengano indicate modalità diverse; da questo punto di vista si pongono problemi di vario genere, compresi quelli di carattere finanziario.
Inoltre, quanto all'esigenza di creare un coordinamento operativo delle attività di contrasto all'immigrazione di frontiera, nel documento che consegno a questo Comitato sono indicati tutti i progetti di cooperazione comunitaria - sono ben 22 - che sono stati avviati lo scorso anno dalla polizia di frontiera italiana, insieme a quelle degli altri paesi dell'Unione, e che proseguono quest'anno. Ognuno di questi progetti, individualmente, presenta un valore strategico al fine di completare le misure necessarie a realizzare un controllo unificato ed integrato delle frontiere. Essenzialmente, quello che manca è la creazione di uno strumento di coordinamento di tutte le varie iniziative, che dovrebbe essere realizzato secondo alcune indicazioni già formulate dal Consiglio europeo di Siviglia che, nel giugno dello scorso anno, ha indicato l'esigenza di costituire un'unità comune di esperti per la gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea.
Un'altra iniziativa molto importante ed a noi utile, anch'essa indicata nelle conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia, è quella di creare, in tutti i paesi, una rete di ufficiali di collegamento esperti in materia di immigrazione. Questa rete non deve essere ripartita in modo che il funzionario tedesco si debba occupare soltanto delle partenze riguardanti la Germania, l'italiano di quelle riguardanti l'Italia e così via. Deve essere svolto un lavoro unitario dagli ufficiali di collegamento che, insieme, possono avere un peso maggiore, anche nei confronti delle autorità degli Stati in cui si trovano ad operare. Evidentemente, se uno di essi si reca presso un'autorità nazionale individualmente, avrà un'accoglienza diversa rispetto a quella che avrebbero tutti insieme.
Un altro problema è quello della politica comune in materia di rimpatrio, per la quale c'è bisogno di una più efficace azione a livello europeo nei confronti dei flussi migratori. È necessario disporre di strumenti simili ed effettuare i rimpatri in maniera più efficace, in una dimensione europea, anche creando strumenti finanziari ad hoc. A questo proposito, particolarmente importante è l'esperienza italiana. Nei dati che fornisco, sono indicati i rimpatri effettuati dall'Italia nel 2002 e fino al 15 marzo 2003. Speravo di poter presentare i dati relativi all'intero primo trimestre dell'anno in corso ma ho avuto alcuna difficoltà, perciò questi dati sono aggiornati alla data indicata. Uno degli strumenti che abbiamo maggiormente e meglio utilizzato è stato quello dei rimpatri mediante voli charter. Nello scorso anno, ne sono stati effettuati 26, di cui 10 verso l'Albania, 5 verso la Nigeria, 5 verso lo Sri Lanka, 4 verso l'Egitto e 2 verso la Romania. Sono state rimpatriate oltre 2.300 persone. Quest'anno, i voli sono stati cinque. Questa esperienza è stata particolarmente efficace perché lo strumento, soprattutto quando utilizzato nei confronti di soggetti che, appena arrivati sul territorio nazionale, siano rimpatriati immediatamente, ha effetti destabilizzanti sulle reti organizzative.
Prima di introdurre l'ultimo argomento su cui la politica dell'Unione dovrebbe avere un livello di organizzazione molto più ampio, quale è la cooperazione internazionale, vorrei citare un'esperienza. Sia all'inizio sia alla fine dello scorso anno, noi abbiamo subito flussi migratori fortissimi


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in Sicilia. Uno tra i più consistenti proveniva dal canale di Suez e si trattava di cittadini cingalesi che, partiti direttamente dallo Sri Lanka a bordo di navi, erano entrati nel Mar Rosso attraverso il golfo di Aden e vi avevano stazionato fin quando, attraversato il canale di Suez e percorso il Mediterraneo, erano approdati direttamente sulle nostre coste. Questo flusso è stato notevolissimo e noi abbiamo adottato un'azione molto energica. A mano a mano che arrivavano, grazie anche alla collaborazione dell'autorità consolare cingalese in Italia, li rimpatriavamo attraverso voli charter. Lo scorso anno, soltanto per lo Sri Lanka, abbiamo effettuato 5 interventi in tempi brevissimi, in circa un mese. Contemporaneamente, grazie ad una forte pressione diplomatica e politica praticata in Egitto, abbiamo ottenuto la collaborazione delle autorità egiziane le quali, lo scorso novembre, hanno bloccato due navi dirette in Italia, che stavano per attraversare il canale di Suez. Tutti i cingalesi destinati in Italia sono stati sbarcati e noi li abbiamo rimpatriati, a spese nostre, con due voli charter.
Queste azioni sono state eseguite grazie anche alla collaborazione fornita dalle autorità cingalesi, che hanno inviato in Italia alcuni poliziotti con i quali abbiamo creato rapporti di cooperazione. Questi ultimi, sicuramente persone non corrotte e di fiducia, tutte le volte che rientravano i loro connazionali con i voli charter, li interrogavano ed acquisivano informazioni, sia da loro, direttamente, sia dai loro familiari residenti nello Sri Lanka. Chiaramente, si trattava di persone che avevano investito tutti i loro averi per inviare all'estero un componente della loro famiglia, normalmente il più colto e colui che godeva di migliore salute, affinché potesse guadagnare denaro. Il rimpatrio, dopo soltanto due o tre settimane, ha causato loro un problema, consistente nel fatto che colui che aveva procurato quel biglietto per l'Europa li aveva derubati dei loro averi. Perciò, essi hanno fornito dichiarazioni a tutti. In seguito agli ultimi due voli effettuati dall'Egitto, le autorità cingalesi hanno arrestato 27 trafficanti e l'intero equipaggio di una motovedetta della locale marina militare che aiutava i connazionali ad espatriare. Da quando sono stati effettuati questi interventi non è più arrivata in Italia alcuna imbarcazione proveniente da quello Stato. Essendo un po' superstizioso, non intendo affermare che non ne arriveranno più. Però, nel frattempo, il fenomeno è stato temporaneamente bloccato.
La cooperazione con i paesi terzi deve essere uno degli obiettivi primari dell'Unione europea; la cooperazione inadeguata deve essere stigmatizzata da tutti i paesi membri e devono essere ricercate comuni forme di collaborazione con i paesi di transito e di provenienza.
Quanto agli accordi di riammissione, è inutile sottolinearne l'importanza. Abbiamo già firmato 27 accordi, sono state avviate 18 trattative, in ordine alle quali sono già in corso 10 veri e propri negoziati, con la prospettiva che siano conclusi in tempi brevi. Devo affermare che con alcuni paesi non esistono accordi di riammissione ed abbiamo anche qualche difficoltà a condurre i negoziati. Nel frattempo, però, abbiamo concluso accordi di cooperazione di polizia che ci facilitano il rimpatrio. Ad esempio, non esiste un accordo di riammissione con l'Egitto ma siamo in condizione di rimpatriare gli egiziani tutte le volte in cui ne abbiamo bisogno e non abbiamo mai incontrato difficoltà da parte delle autorità egiziane in questo senso. Quindi, anche laddove gli accordi di riammissione tardassero ad essere conclusi, gli accordi polizia spesso riescono a superarli.
Il flusso migratorio verso la Puglia proveniente dall'Albania sta diminuendo, per quanto riguarda il transito sui gommoni, ma adesso dobbiamo debellare quello costituito da coloro che cercano di entrare utilizzando traghetti ed aerei, essendo in possesso di documenti falsi. Ci stiamo adoperando in questo senso.
Per quanto riguarda Lampedusa, si tratta di un avamposto del nostro paese, essendo geograficamente più vicina all'Africa che all'Europa, ed è utilizzata come base di arrivo per flussi migratori


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provenienti sia dalla Tunisia sia dalla Libia. Dall'inizio dell'anno sono arrivati a Lampedusa 1.265 extracomunitari che, qualche volta, hanno messo in crisi il centro di permanenza dell'isola, che dispone soltanto di 86 posti. Ormai, abbiamo collaudato un modulo molto efficace, in collaborazione con una compagnia aerea privata, e riusciamo a svuotare l'isola di Lampedusa, nel giro di ventiquattr'ore, indipendentemente dal numero degli arrivi, riuscendo ad eliminare questa sofferenza.
Dall'inizio dell'anno, come vi dicevo, sono arrivate 1.265 persone; molti provengono dal Corno d'Africa, compreso il Sudan e l'Egitto; moltissimi sono gli egiziani (come sapete, il confine libico e quello egiziano sono finitimi e si trovano nel deserto). Molti altri vengono dall'Africa centro-orientale, cioè dalla Sierra Leone, dalla Costa d'Avorio, dalla Liberia, da zone in cui, in questo momento, sono in atto guerre o guerre civili. Una sola volta, si è avuto uno sbarco di cittadini asiatici provenienti quasi tutti dal Pakistan; per il momento, non vi è alcun flusso di iracheni.
Devo osservare, al riguardo, che asserire di essere iracheno è ormai uno degli strumenti più utilizzati dai clandestini per essere ammessi alla procedura di asilo politico; l'asilo, poi, viene loro negato ma, nel frattempo, sono entrati nel territorio nazionale. Ormai, abbiamo quasi sempre la capacità di individuarli prima che accedano a tali metodi; fino ad oggi, di cittadini iracheni ne sono stati trovati veramente pochi mentre, per la maggior parte delle volte (quasi sempre), si tratta di egiziani. Credo di avere risposto, per quanto potevo, alle questioni che lei, signor presidente, mi ha posto; se vi sono altre domande, sono a vostra completa disposizione.

PRESIDENTE. La ringrazio, signor prefetto, per la chiarezza e la completezza della sua relazione. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire.

FRANCESCO MORO. Vorrei rivolgerle due domande; con la prima, le chiedo se la circolazione dei dati relativi alle impronte digitali sia già condivisa in rete ovvero se, una volta prese le impronte, la condivisione venga fatta su tutto il territorio nazionale. Infatti, mi risultava tempo fa che per esempio a Gorizia, la conoscenza delle impronte digitali prese a chi veniva trovato all'interno del territorio nazionale era condivisa dopo mesi. Si accumulava, perciò, parecchio arretrato in tale lavoro di condivisone, tant'è che poi, in pratica, era inutile prendere le impronte digitali, perché nessuno ne veniva a conoscenza.
Le chiedo, poi, se sussista una distinzione tra i centri di permanenza temporanei, quelli di assistenza e, adesso, i centri di identificazione; domando, al riguardo, se debbano sussistere strutture diverse ovvero se, in una stessa struttura, possano convivere tali realtà (risultato che, invero, mi parrebbe alquanto difficile).

LUCIANO MAGNALBÒ. Vorrei porre tre questioni. State facendo tanto ma, purtroppo, non risulta, a livello di comunicazione e di mass media, tutto questo grande lavoro da voi compiuto. Ciò, invece, servirebbe, anche per tranquillizzare la popolazione.
La seconda questione riguarda alcuni casi che mi sono stati segnalati, proprio in relazione alla legge Bossi-Fini e ad alcune sue applicazioni. Uno è il seguente: alcune procure, anche limitrofe, procedono per clandestinità anche quando il soggetto viene preso nel territorio e non nel momento in cui è entrato; altre procure, invece, non procedono, perché sostengono che la clandestinità si verifica solamente al passaggio della frontiera, mentre poi si tratterebbe di permanenza (dizione che non sarebbe contenuta nella legge Bossi-Fini). Ciò pone una questione di disparità e, soprattutto, di disordine; inoltre, sussiste un altro problema di cui soffrono le piccole questure ed i piccoli centri. Un maresciallo di montagna che, il sabato pomeriggio, fermi un clandestino e lo debba accompagnare in questura, non può farlo perché la questura è chiusa e non ci sono turnazioni; quindi, deve aspettare il


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lunedì, ma non può nemmeno trattenere il soggetto. Infatti, non ha alcuna possibilità di farlo, non essendovi autorizzato. Queste sono le due questioni di cui la pregherei di prendere nota per poter vedere come, eventualmente, ovviare in modo da realizzare un sistema omogeneo.

GRAZIANO MAFFIOLI. Signor presidente, desidero sollevare un caso relativo agli asilanti; si tratta di un problema assai sentito nella provincia di Varese, dove l'aeroporto di Malpensa determina anche tali difficoltà. In particolare, quando queste persone richiedono l'asilo, si scontrano con le difficoltà di attuazione della legge Bossi-Fini, che, invece, dovrebbe ridurre i tempi. Quindi, succede che, nelle more dell'attuazione della normativa, tali soggetti, avvalendosi ancora delle vecchie norme, vedono passare, a volte, oltre un anno. Nel frattempo, trovano lavoro, distruggono i documenti e diventano anche clandestini. Oppure, non potendo trovare lavoro, vanno mantenuti e creano, perciò, davvero dei problemi enormi. Quindi, vorrei capire se la legge Bossi-Fini, rispetto a tale problema, conoscerà, a suo avviso, dei tempi di attuazione abbastanza brevi o meno.

FRANCESCO MORO. Intervengo nuovamente, signor presidente, per avere un chiarimento circa i centri di permanenza e la loro dislocazione.

PRESIDENTE. Se ne è parlato in occasione dell'audizione del prefetto D'Ascenzo.
Do la parola al dottor Pansa per la replica.

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Il prefetto D'Ascenzo è competente sia per gli asilanti sia per i centri di permanenza. Risponderei per la parte che posso, partendo dall'ultima domanda riguardante il problema degli asilanti. Lei ha individuato le cause per le quali si è reso necessario modificare la vecchia disciplina con la nuova legge Bossi-Fini. Il motivo è il seguente: con la vecchia legge, l'asilante chiede l'asilo; ci vogliono tempi lunghissimi e, nel frattempo, è in una situazione di limbo. La nuova legge prevede una procedura completamente diversa, in commissioni locali, con una procedura differenziata per quanti sono sospettati di utilizzare la domanda d'asilo a fini strumentali. Tali norme, però, richiedono una regolamentazione; attualmente, la Presidenza del Consiglio ha istituito dei gruppi di lavoro per adottare il regolamento in tempi brevi. Però, non sono in grado di dirle quanto tempo occorrerà per farlo; dovrebbe essere approvato entro sei mesi e, quindi, a breve.
Non vi è tanto, poi, la mancanza di comunicazione, ma una difficoltà oggettiva alla comunicazione nel senso che i dati positivi sono i seguenti: nel 2002, abbiamo materialmente riportato nel paese di origine più di 88 mila persone; al contrario, non ne siamo riusciti a riportare circa 50-60 mila. Tutto ciò lo comunichiamo, ma basta vedere al telegiornale una barchetta che arriva e tutto ciò che è stato fatto viene cancellato. Infatti, la forza di quelle immagini è così drammatica che non ci riesce di essere condivisi; in realtà, abbiamo avviato una serie di operazioni enorme che vengono fatte continuamente e che sono definite «vie libere». Con esse cerchiamo di coniugare all'azione di mero rimpatrio degli extracomunitari l'individuazione di soggetti pericolosi: i ladri, gli sfruttatori di prostituzione e via dicendo. Anche in tal caso, la comunicazione viene data, e nella maniera più autorevole possibile, dal Presidente del Consiglio; meglio di così, non possiamo e non sappiamo fare. Mi rendo conto che è il tema ad essere difficilmente comunicabile - e questo è uno dei motivi principali - ma, comunque, cercheremo di comunicarlo ancora meglio.
Se ho capito bene, alcune procure distinguono tra respingimento ed espulsione. Viene respinto chi è individuato alla frontiera mentre sta entrando sul territorio o immediatamente dopo; si tratta di un provvedimento emesso dalla polizia di frontiera o dal questore. Espulso è, invece, colui che dopo un certo tempo viene


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rintracciato sul territorio nazionale (quindi, indipendentemente dal momento in cui è entrato); in tal caso, occorre un provvedimento del prefetto. Ma entrambi vengono accompagnati immediatamente o sono trattenuti in un centro di permanenza; soltanto quando vengono trattenuti in un centro di permanenza interviene la convalida del trattenimento da parte dell'autorità giudiziaria.
Non posso negare che vi sono delle interpretazioni contrastanti da parte di moltissime autorità giudiziarie; peraltro, alcune sentenze della Corte di cassazione stanno facendo giustizia di alcune interpretazioni che, per quanto legittime, non sono, però, ritenute valide dalla Corte costituzionale. Tale fenomeno, dunque, in parte, si sta sanando ed in parte no.
Ci sono, però, alcune problematiche di costituzionalità sollevate anche dall'autorità giudiziaria e, per questo, bisognerà aspettare sia la decisione della Corte di cassazione sia il giudizio della Corte costituzionale.
Quanto al problema degli accompagnamenti, che riguarda, soprattutto, i piccoli uffici, si verifica un effetto a catena: se non si mette in crisi la stazione dei carabinieri, ciò avviene per l'ufficio immigrazione ovvero per quello che deve provvedere all'accompagnamento. I numeri sono questi: quando, in un piccolo paese, vi è una stazione dei carabinieri con un solo maresciallo e un ufficio immigrazione che, con scarso personale, deve occuparsi anche dell'accompagnamento, andranno tutti in crisi, perché il numero delle attività da svolgere è enorme. La strategia, grazie anche ai finanziamenti ricevuti, è quella di realizzare, quanto meno, un centro di permanenza per ogni regione; l'ideale sarebbe uno per ogni provincia. In questo modo, ogni singolo maresciallo può trattenere le persone e, con maggiore calma e facilità, svolgere tutte le procedure burocratiche. Infatti, l'ufficio immigrazione non può risolvere il problema istantaneamente ma deve verificare la posizione giuridica del soggetto e deve richiedere al prefetto l'emanazione di un provvedimento. Tutto questo richiede che siano attive la questura e la prefettura. È una macchina che rischia di incepparsi.
Mi è stato domandato se le impronte digitali siano presenti in rete. Dall'11 settembre 2002, data di entrata in vigore della legge n. 189, che prevede l'obbligo di rilevarle, sono disponibili in rete 440 mila impronte digitali, appartenenti a coloro cui è stato rinnovato o rilasciato il permesso di soggiorno, senza considerare coloro che sono stati segnalati fotograficamente in quanto sospetti o autori di reati. Questi dati sono disponibili presso tutti i gabinetti regionali e provinciali di polizia scientifica d'Italia.
Il problema di Gorizia, che è stato ricordato, riguardava il 2000 e i primi mesi del 2001, quando dalla Slovenia provenivano moltissime persone, delle quali si rilevavano le impronte digitali. Tuttavia, l'introduzione del sistema informatizzato AFIS per il trattamento di quelle impronte richiedeva tempi lunghissimi, perché la struttura non era sufficiente, per dimensioni, a sopportare questo flusso. Grazie ad un intervento straordinario, simile a quello effettuato con l'Egitto, siamo riusciti a bloccare quel flusso; perciò, il problema non esiste.
Riguardo ai centri di permanenza temporanea, di accoglienza e di identificazione sono tutti diversi l'uno dall'altro e non si trovano neppure negli stessi luoghi ma, addirittura, in città o paesi diversi. Vi è un momento di integrazione, per così dire, soltanto nei cosiddetti centri di smistamento. Ad esempio, quando si verifica uno sbarco di un certo numero di persone, non sappiamo quale destinazione debbano avere. Perciò, sono condotte ad un centro di smistamento, che può essere vicino ad un centro di identificazione, di assistenza o di permanenza, e in quella sede si decide. Alcuni devono essere semplicemente assistiti e, quindi, condotti in un centro di assistenza; altri sono richiedenti asilo e devono essere accompagnati in un centro di identificazione (non appena sarà pronto il regolamento); di altri ancora, che devono essere espulsi, si deve decidere se possano essere direttamente rimpatriati o,


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in caso contrario, essere trattenuti in un centro di permanenza temporanea, in un altro luogo. È accaduto più volte che, in alcuni momenti, i centri di accoglienza non fossero sufficienti. Sono state effettuate requisizioni di immobili, alberghi e scuole per poter trattenere queste persone al loro arrivo perché, comunque, bisogna offrire loro un minimo di accoglienza.

FRANCESCO MORO. A Milano vi è un centro di permanenza temporanea e di assistenza. In che cosa consiste esattamente?

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. In un centro di permanenza temporanea.

FRANCESCO MORO. L'assistenza non c'entra?

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Le persone che vi si trovano sono anche assistite, ma non si tratta di un centro di assistenza. Si utilizza un'unica espressione.

FRANCESCO MORO. È impropria perché a Milano non si effettua assistenza; questo accadrà a San Foca o altrove.

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Si tratta semplicemente di un centro di permanenza temporanea: le persone che vi si trovano sono soltanto trattenute. Riguardo a quanti siano e dove si trovino, sono in grado di fornirle informazioni soltanto sui centri di permanenza temporanea.

PRESIDENTE. Il prefetto D'Ascenzo ha affermato l'intenzione di aprirne altri 14, fra centri di assistenza e di permanenza temporanea. Le date sono già state pianificate.

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. Non so se il prefetto D'Ascenzo vi abbia fornito i dati che sto per indicare: i centri di permanenza temporanea sono 13 e, attualmente, dispongono di circa 1300 posti. Ovviamente, questo numero deve aumentare. Invece, i centri di accoglienza sono 5, per un totale di poco più di tremila posti. Inoltre, vi sono strutture convenzionate, cioè strutture assistenziali che non sono del Ministero dell'interno, che utilizziamo in caso di bisogno e che offrono altri 800 posti circa. Si stanno realizzando altri centri per una capacità ulteriore di alcune migliaia di posti.

PRESIDENTE. Ringraziamo moltissimo il prefetto Pansa per la sua puntuale esposizione. Lo ringraziamo anche per averci fornito alcuni dati che provvederemo a far pervenire ai componenti di questo Comitato.

ALESSANDRO PANSA, Direttore centrale per la polizia stradale, ferroviaria, postale, di frontiera e dell'immigrazione del Ministero dell'interno. I dati riguardano i rimpatri, compresi quelli effettuati con voli charter, e gli sbarchi verificatisi nel 2002. Lo stesso per quanto concerne il periodo successivo, fino al 15 marzo 2003. Inoltre, comprendono tutti i progetti che stiamo realizzando o ai quali l'Italia partecipa, in virtù della cooperazione comunitaria.

PRESIDENTE. Ringrazio di nuovo il prefetto Pansa e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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