PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 

Interpellanza:

 

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:

a sei mesi dall'entrata in vigore delle nuove norme in materia di immigrazione si rileva che la legge Bossi-Fini non è solo una legge lesiva dei diritti degli stranieri e di alcuni principi fondamentali della nostra Costituzione, ma è anche una legge pasticciata e confusa e che si è rivelata di difficile, ed in molti casi, di impossibile applicazione;

alla data attuale non sono stati ancora emanati i regolamenti attuativi, i cui termini sono già ampiamente scaduti, così come stabilito dall'articolo 34 della legge 189/2002, nonché dall'articolo 2-bis, con l'effetto che non possono entrare in vigore alcune parti significative di quella legge quali ad esempio le norme riguardanti il diritto d'asilo e quelle relative al funzionamento dello sportello unico per l'immigrazione, né si può procedere all'armonizzazione ed integrazione delle disposizioni della nuova legge con quelle ancora in vigore della legislazione precedente;

in materia di regolamentazione dei flussi annuali il Governo si è limitato ad emanare lo scorso 20 dicembre 2002 un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'ingresso di 60.000 lavoratori stagionali per l'anno 2003. Tale provvedimento stabilisce il principio della riserva geografica e rende perciò impossibile l'ingresso regolare nel nostro Paese per molti stranieri provenienti da paesi a forte pressione migratoria, nonché l'impossibilità dell'ingresso per lavoratori da assumere a tempo determinato, indeterminato o da impiegare in attività di lavoro autonomo;

non risultano essere state intraprese azioni significative dal Governo in questi anni per portare avanti con forza e vigore un'iniziativa diplomatica dell'Italia per la stipula di accordi per il Governo dell'immigrazione ed il controllo dell'immigrazione clandestina con paesi a forte pressione migratoria considerando che, secondo dati ufficiali provenienti dal Ministero dell'interno, il numero complessivo di accordi di riammissione stipulati dal nostro Paese ammonta a 27 e che 24 di questi sono stati stipulati non da questo Governo, ma dai precedenti governi di centrosinistra e considerando che il numero complessivo di accordi per la regolamentazione dei flussi ammonta a 3 (Albania, Tunisia, Marocco) e tutti e tre gli accordi sono stati stipulati dai governi precedenti;

a fronte di una giusta richiesta del Governo italiano per una piena solidarietà degli altri paesi europei per quanto riguarda le spese e agli oneri derivanti dall'attività per il controllo delle frontiere italiane non si registra altrettanta disponibilità, se non vera e propria ostilità, su temi importanti come il diritto d'asilo la lotta contro il razzismo e la xenofobia i diritti degli stranieri residenti di lungo periodo. Si ricorda a tal proposito la mancanza di una legge organica sul diritto d'asilo: le forti limitazioni ai diritti delle persone sanciti nella cosiddetta legge Bossi-Fini, così come le polemiche all'interno della maggioranza e del Governo che hanno accompagnato la discussione sull'eventuale accoglienza in Italia di profughi provenienti da zone interessate dal conflitto in Iraq e il recepimento (peraltro in ritardo di 3 mesi), della Direttiva 2001/55/ che regolamenta la protezione temporanea di profughi e sfollati; nonché il vero e proprio veto posto dal Ministro della giustizia Roberto Castelli sull'ipotesi di definizione da parte della Unione europea di strategie punitive comuni contro razzismo e xenofobia. È chiaro che l'Europa potrà partecipare con più solidarietà all'onere che il nostro Paese deve fronteggiare per il controllo delle frontiere quanto più forte sarà il nostro grado di responsabilità nell'assunzione su materie delicate come l'accoglienza di profughi e rifugiati o la lotta al razzismo e xenofobia;

sono più di 60 le richieste di giudizio della Corte Costituzionale avanzate dai tribunali per sospetta incostituzionalità di molte norme della legge n. 189 del 2002, in particolare di quelle norme relative alla disciplina dell'espulsione e della sua esecuzione;

secondo dati ufficiali forniti dal ministero dell'interno risulta che 62.500 stranieri si trovano in Italia pur avendo avuto un decreto di espulsione; e che la legge n. 189 del 2002 prevede all'articolo 13, lettera b), comma 5-ter che lo straniero che si trattiene senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine del Questore a lasciare il territorio nazionale entro 5 giorni è punito con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno. Se ne deduce quindi che, escluse le persone che pur espulse non ricadrebbero nella fattispecie dell'articolo 13, lettera b) comma 5-ter, che vi sono sul territorio nazionale decine di migliaia di persone che devono essere arrestate, processate e poi, eventualmente, espulse; una delle conseguenze di questa situazione potrebbe determinare un potenziale raddoppiamento della popolazione carceraria italiana con gravi ripercussioni sull'intero sistema giudiziario italiano;

la norma dell'articolo 13, lettera b), comma 5-ter sopracitato è stata oggetto di richiesta di pronuncia della Corte Costituzionale per sospetta incostituzionalità e l'applicazione della stessa ha generato un aggravio per i tempi della giustizia che rende di fatto impossibile altra attività dei tribunali. Da notizie in possesso dell'opposizione risulta che in alcuni tribunali (dall'ottobre 2002 al febbraio 2003) il carico giudiziario sull'articolo 14 è di oltre il 60 per cento del complessivo: questo vuol dire che la maggior parte dei tribunali è impegnata a perseguire stranieri che nella maggior parte dei casi non commettono alcun reato piuttosto che i delinquenti veri, italiani o stranieri che siano;

il raddoppio dei termini di permanenza da 30 a 60 giorni nei CPTA ha generato una protrazione di trattenimento quasi detentivo per persone che non hanno compiuto alcun reato tale da far riemergere con forza il tema della coerenza con il dettato costituzionale delle disposizioni che regolamentano i CPTA; inoltre si è creato un aggravio delle spese dello Stato; a fronte di una risibile crescita della percentuale delle persone effettivamente allontanate dopo essere transitate nel centro;

da notizie acquisite in molteplici visite alle diverse strutture del CPTA dislocate sul territorio nazionale da parlamentari dell'opposizione risulta che in questi ultimi due anni è complessivamente e sensibilmente peggiorata la condizione dei residenti del centro; che la Carta dei diritti per i residenti del centro non è applicata o è largamente disattesa; che in molti casi non sono ammesse o sono fortemente limitate dall'esterno, spesso anche degli stessi familiari; che il diritto all'interprete (articolo 111 della costituzione) non è garantito anche durante il colloquio con i legali; che la libera circolazione all'interno del centro è spesso vietata; che l'assistenza sanitaria non sempre viene garantita;

ancora oggi non è possibile sapere con certezza se le domande di regolarizzazione presentate possano trovare risposta entro il 2003 poiché rispetto alla 702 mila domande presentate, secondo una recente indagine del Sole 24 ore solo il 10 per cento hanno avuto risposta malgrado sia stato potenziato il personale nelle questure e nelle prefetture;
il problema del cosiddetto subentro - della possibilità cioè per il lavoratore immigrato, nel caso di licenziamento operato dal datore di lavoro con il quale aveva presentato domanda di regolarizzazione, di poter sanare la propria posizione con un altro datore di lavoro - che sembrava essere stato risolto rischia di essere vanificato da una successiva circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che impedisce al nuovo datore di lavoro di assumere il lavoratore straniero prima della chiamata dello stesso da parte dell'Ufficio Polifunzionale della Prefettura per la stipula del contratto di soggiorno;

ancora oggi a tutti gli stranieri che hanno presentato domanda di regolarizzazione è impedito di recarsi all'estero pena la perdita del diritto ad ottenere la regolarizzazione e che tale divieto vale anche nei casi di una madre che vorrebbe visitare il proprio figlio minore lasciato all'estero;

in Italia le politiche sull'integrazione sono state da questo Governo completamente abbandonate. Come è noto la cosiddetta legge «Bossi-Fini» accentua la precarietà dello straniero regolarmente soggiornante. Il modello di integrazione delineato nella cosiddetta legge Turco-Napolitano pur formalmente preservato nella cosiddetta legge Bossi-Fini non si può adattare ad un modello di lavoratore straniero precario, sottopagato e ostaggio del proprio datore di lavoro. La politica degli ingressi che l'attuale Governo sembra voler costruire nei prossimi anni non è coerente con un serio modello di integrazione. Il fatto che il Governo abbia fatto entrare nel corso di due anni 22.000 lavoratori tra lavoratori a tempo determinato, indeterminato e lavoratori autonomi e ben 123.000 lavoratori stagionali la dice lunga su come il Governo concepisce un mercato del lavoro aperto ai lavoratori stranieri. Le politiche in materia di lavoro, soprattutto gli ostacoli che crea l'istituto del contratto di soggiorno alla piena libertà ed autonomia del lavoratore straniero comportano quindi seri pericoli per l'effettiva inclusione degli stranieri nella nostra società. Inoltre le modifiche apportate nella Finanziaria al funzionamento del Fondo per le politiche sociali tolgono ogni autonomia al Fondo per le politiche migratorie previsto dalla Legge sull'immigrazione mettendo così a serio rischio la possibilità di impostare in tutte le regioni una politica sull'integrazione basata su ordinari finanziamenti da parte dello Stato. Il rischio è che l'Italia non solo non abbia un modello di integrazione da seguire, ma perda quel minimo di politiche necessarie per evitare un deterioramento delle relazioni tra italiani e stranieri -:

per quali motivi non siano stati ancora emanati i regolamenti previsti dalla legge n. 189/2002, i cui termini sono già ampiamente scaduti ed entro quanto il Governo pensi di emanarli;
entro quanto tempo il Governo provvederà all'emanazione del decreto flussi per l'ingresso di lavoratori stranieri da assumere a contratto, determinato, indeterminato ovvero da impiegare in attività di lavoro autonomo e se il Governo consideri strategico ed importante tale atto anche ai fini del controllo della prevenzione dell'immigrazione clandestina oltre che della soddisfazione del fabbisogno di manodopera straniera;

quali iniziative siano state avviate per rafforzare la cooperazione con i Paesi a forte pressione migratoria e quali iniziative intenda mettere in campo il Governo per aumentare considerevolmente il numero degli accordi di riammissione e quelli di regolamentazione dei flussi di ingresso;

in che modo il Governo intenda procedere, in vista della guida italiana del semestre europeo, al fine di garantire che l'obiettivo della «comunitarizzazione» delle misure su immigrazione ed asilo fissate nel trattato di Amsterdam sia ancora perseguibile e che le scadenze fissate nel Consiglio Europeo di Tampere e poi in quello di Siviglia siano rispettate;

quali misure intenda adottare il Governo per rimediare al fallimento del complesso delle norme sulle espulsioni contenute nella legge 189/2002;

quali misure il Governo intenda adottare per evitare un aggravio, fino a configurare ipotesi di vero e proprio collasso, del carico penale sul nostro sistema giudiziario e carcerario conseguente all'applicazione dell'articolo 14 della legge 189/2002;

quali misure intenda adottare per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone che risiedono nei CPTA e per garantire il massimo di trasparenza nella gestione degli stessi;
quali ulteriori misure intenda porre in essere per accelerare il disbrigo delle pratiche di regolarizzazione;

quali misure intenda adottare per far sì che ai lavoratori stranieri sia concessa la possibilità di uscire dal territorio nazionale, magari nel periodo pasquale, nelle more dell'attesa per la definizione della pratica di regolarizzazione;

quali siano gli indirizzi di politica sull'integrazione degli stranieri che il Governo persegue per i prossimi anni;

quali atti concreti il Governo abbia posto o intenda porre in essere per l'integrazione dei bambini stranieri nelle scuole italiane;

quali indirizzi politici siano stati emanati per garantire l'accesso effettivo degli immigrati al servizio sanitario nazionale;

quali misure si stiano adottando, anche in collaborazione con soggetti privati e parti sociali, per favorire l'accesso per i lavoratori stranieri in Italia ad una abitazione dignitosa;
quali azioni il Governo intenda portare avanti, di concerto con le regioni, gli enti locali, le agenzie formative italiane e tutto il sistema della formazione professionale, per estendere e garantire l'apprendimento della lingua italiana a tutti gli stranieri minori ed adulti residenti sul territorio nazionale.

(2-00732)


«Turco, Adduce, Agostini, Roberto Barbieri, Bolognesi, Buglio, Carli, Chiaromonte, Coluccini, Cordoni, De Brasi, Alberta De Simone, Di Serio D'Antona, Gambini, Giulietti, Grandi, Labate, Lumia, Manzini, Paola Mariani, Marone, Minniti, Piglionica, Nicola Rossi, Sandi, Siniscalchi, Stramaccioni, Susini, Tocci, Vianello, Zunino, Amici, Bandoli, Battaglia, Buffo, Burlando, Capitelli, Cennamo, Chiti, Crucianelli, Folena, Fumagalli, Gasperoni, Grillini, Leoni, Lolli, Lucà, Lulli, Maurandi, Melandri, Montecchi, Motta, Nigra, Ottone, Pennacchi, Pollastrini, Preda, Quartiani, Raffaldini, Rava, Ruzzante, Michele Ventura, Zani».

 


Stenografico Aula in corso di seduta

 

Seduta n. 304 del 6/5/2003

 

 

Attuazione della legge Bossi-Fini in materia di immigrazione - n. 2-00732

 

 

 

PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00732

 

LIVIA TURCO. Signor sottosegretario, lei ricorderà che quando fu approvata la legge Bossi-Fini ebbi occasione di dire che l'avremmo valutata dopo un anno perché vi è il momento della critica e, poi, quello della giusta sospensione del giudizio per valutare i fatti. Quelli che ci muovono oggi sono proprio i fatti che sollevano a noi, ma non soltanto a noi, vive preoccupazioni.
I fatti che ci preoccupano sono i seguenti: alla data attuale non sono stati ancora emanati i regolamenti attuativi, i cui termini sono già ampiamente scaduti, come stabilito dall'articolo 34 della legge n. 189 del 2002, nonché dall'articolo 2-bis
, con effetto che non possono entrare in vigore alcune parti necessarie e significative di quella legge quali le norme riguardanti lo sportello unico per l'immigrazione ed il diritto d'asilo, né si può procedere all'armonizzazione ed integrazione delle disposizioni della nuova legge con quelle ancora in vigore della legislazione precedente.

L'altro punto che ci preoccupa è la mancata emanazione del decreto flussi per il 2003. Inoltre, secondo dati ufficiali provenienti dal Ministero dell'interno il numero complessivo di accordi di riammissione stipulati dal nostro paese ammonta a 27, e ricordo che 24 di questi sono stati stipulati non da questo Governo, ma dei precedenti Governi di centrosinistra. Consideriamo, altresì, che il numero complessivo di accordi per la regolamentazione dei flussi ammonta a tre (Albania, Tunisia e Marocco) e tutti e tre gli accordi sono stati stipulati dai Governi precedenti.
Sono più di 60 le richieste di giudizio della Corte costituzionale avanzate dai tribunali per sospetta incostituzionalità di molte delle norme della legge n. 189 del 2002, in particolare di quelle relative alla disciplina dell'espulsione e della sua esecuzione.

Secondo i dati forniti - lei oggi ce ne darà altri più aggiornati - dal Ministero dell'interno risulta che 62.500 stranieri si trovano in Italia pur avendo avuto un decreto di espulsione. La legge n. 189 prevede, all'articolo 13, lettera b), comma 5-ter, che lo straniero che si trattiene senza giustificato motivo nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine del questore a lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni, è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno. Se ne deduce, quindi, che, escluse le persone che pure espulse non ricadrebbero nella fattispecie dell'articolo 13, lettera b), comma 5-ter, vi sono sul territorio nazionale decine di migliaia di persone che devono essere arrestate, processate e poi, eventualmente, espulse. Una delle conseguenze di tale situazione potrebbe essere un potenziale raddoppiamento della popolazione carceraria italiana con gravi ripercussioni sull'intero sistema giudiziario italiano.
La norma dell'articolo 13, lettera b),
comma 5-ter, è stata oggetto di richiesta di pronuncia della Corte costituzionale per sospetta incostituzionalità e l'applicazione della stessa ha generato un aggravio per i tempi della giustizia che rende, di fatto, impossibile altra attività dei tribunali.

Il raddoppio dei termini di permanenza da 30 a 60 giorni nei centri di permanenza temporanea ha generato una protrazione di trattenimento quasi detentivo per persone che non hanno compiuto alcun reato, tale da far riemergere con forza il tema della coerenza con il dettato costituzionale delle disposizioni che regolamentano i centri di permanenza temporanea.
Da notizie acquisite in molteplici visite alle diverse strutture dei centri di permanenza dislocate sul territorio nazionale da parlamentari dell'opposizione risulta che in questi ultimi due anni è complessivamente e sensibilmente peggiorata la condizione dei residenti nei centri. La carta dei diritti per i residenti del centro non è applicata o è largamente disattesa: in molti casi non sono ammesse o sono fortemente limitate visite dall'esterno, spesso anche dei familiari. Il diritto all'interprete non è garantito, anche durante il colloquio con i legali; la libera circolazione all'interno del centro spesso è vietata e l'assistenza sanitaria non viene garantita.
Inoltre, i problemi che ci destano particolare preoccupazione restano quelli relativi alla sanatoria (ma per brevità non cito le relative questioni). Vi è poi il problema del cosiddetto subentro, cioè della possibilità per il lavoratore immigrato, nel caso di licenziamento operato dal datore di lavoro con il quale aveva presentato domanda di regolarizzazione, di poter sanare la propria posizione con altro datore di lavoro. Tale problema, che sembrava essere stato risolto dalla circolare del Ministero dell'interno, rischia ora di essere vanificato da una successiva circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che impedisce al nuovo datore di lavoro di assumere il lavoratore straniero prima della chiamata dello stesso da parte dell'ufficio polifunzionale della prefettura per la stipula del contratto di soggiorno.
Vi è inoltre un altro aspetto, sul quale si è appuntata l'attenzione di tante associazioni ed anche dell'opinione pubblica. A tutt'oggi, infatti, agli stranieri che hanno presentato domanda di regolarizzazione è impedito di recarsi all'estero, pena la perdita del diritto ad ottenere la regolarizzazione e tale divieto vale anche nei casi di madre che vorrebbe visitare il proprio figlio minore lasciato all'estero. Infine, si è persa qualsiasi traccia delle politiche sull'integrazione.
Sono queste le ragioni che ci inducono a porre delle questioni molto precise, che sono le seguenti. Vorremmo sapere i tempi entro i quali verranno emanati i regolamenti previsti dalla legge; i tempi entro i quali verrà emanato il decreto flussi per il 2003; quali iniziative si intendano avviare per rafforzare la cooperazione con i paesi a forte pressione migratoria e quali iniziative intenda mettere in campo il Governo per aumentare considerevolmente il numero degli accordi di riammissione e quelli di regolamentazione dei flussi di ingresso.

Vorremmo sapere, inoltre, in che modo il Governo intenda procedere in vista della guida italiana del semestre europeo, al fine di garantire che l'obiettivo della «comunitarizzazione» delle misure su immigrazione ed asilo, fissate nel trattato di Amsterdam, sia ancora perseguibile e che le scadenze fissate nel Consiglio europeo di Tampere, e poi in quello di Siviglia, siano rispettate. Vorremmo sapere poi quali misure il Governo intenda adottare per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone che risiedono nei centri di permanenza temporanea e per garantire il massimo di trasparenza nella gestione degli stessi; quali ulteriori misure il Governo intenda porre in essere per accelerare il disbrigo delle pratiche di regolarizzazione e quali misure intenda adottare per far sì che ai lavoratori stranieri sia concessa la possibilità di uscire dal territorio nazionale, magari nel periodo estivo, nelle more della definizione della pratica di regolarizzazione. Infine, quali siano gli indirizzi di politica sull'integrazione per gli stranieri, che il Governo intende perseguire nei prossimi anni.
Mi darà atto il sottosegretario che si tratta di questioni molto puntuali, mosse dalla consapevolezza di come il tema dell'immigrazione sia un tema molto complesso e mosse dell'atteggiamento di chi, pur dall'opposizione, vuole guardare a questi dati e fatti con cultura di Governo.

 

PRESIDENTE. Il sottosegretario per l'interno, onorevole Mantovano, ha facoltà di rispondere.

 

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, la legge n. 189 del 2002, entrata in vigore nel settembre del 2002 (quindi l'anno deve ancora trascorrere), rappresenta la traduzione normativa della volontà politica di governare il fenomeno dell'immigrazione - di intesa e nel costante raccordo con gli altri partner dell'Unione europea, secondo quel processo di «comunitarizzazione» delle misure fissate, in materia, nel trattato di Amsterdam, come gli stessi interpellanti auspicano -, in tutta la sua complessità ed articolazione e non subirlo, uscendo dalla condizione di costante emergenza, vissuta per ragioni in prevalenza oggettive, fin da quando esso si è manifestato in Italia.
Nel semestre di Presidenza dell'Unione europea l'Italia proseguirà, nel settore degli affari interni, una serie di iniziative di carattere normativo ed operativo, già avviate dalle precedenti Presidenze, sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Tampere dell'ottobre 1999 e del Consiglio europeo di Siviglia del giugno 2002.

In questa prospettiva, il Ministero dell'interno ha portato avanti nell'ultimo anno un'azione mirata nell'ambito del Consiglio GAI (il Consiglio dei Ministeri dell'interno e della giustizia nell'Unione europea), che ha permesso di fissare alcune priorità di nostro interesse, in particolare sui temi dell'immigrazione e dell'asilo, destinati a caratterizzare i lavori del semestre: mi riferisco alle iniziative per giungere ad una piena integrazione europea nel contrasto all'immigrazione clandestina ed in materia di politiche migratorie in genere, nel quadro delle relazioni con i paesi terzi. In tal senso, nell'ultimo anno il Ministero dell'interno ha sviluppato un'azione sinergica con il Ministero degli affari esteri, per far sì che il modello di collaborazione avviato a livello bilaterale con i paesi di origine e di transito dei maggiori flussi migratori fosse riprodotto a livello europeo.

Se, infatti, è di notevole importanza raggiungere uno o più accordi bilaterali, è innegabile il peso politico che hanno le intese con i paesi di provenienza o di transito dell'immigrazione clandestina che siano sottoscritte dall'Unione europea nel suo insieme.
L'Italia intende lavorare concretamente in tale direzione. In questo quadro, grande impegno sarà dedicato all'obiettivo di giungere ad una rapida conclusione dei negoziati in corso per la sottoscrizione di accordi di riammissione comunitaria.

Il coinvolgimento dell'Unione europea in questo versante di attività costituisce peraltro un successo dell'opera di sensibilizzazione svolta dal nostro Governo sulle istituzioni comunitarie e sui paesi membri e rappresenta un importante passo in avanti rispetto ad una situazione che, solo qualche anno fa, vedeva nelle sedi europee l'immigrazione come un affare quasi esclusivo dell'Italia o, al più, della Grecia e della Spagna, vale a dire delle nazioni più direttamente interessate dagli sbarchi di clandestini.

Attualmente sono in corso negoziati con sette paesi: con Hong Kong, Macao e Sri Lanka in fase conclusiva e con Marocco, Pakistan, Russia e Ucraina in fase di svolgimento. Inoltre, devono essere avviati quelli con Turchia, Albania, Algeria e Cina.

In questa attività l'Italia ha offerto alla Commissione europea il proprio contributo per una accelerazione dei negoziati, in virtù della vasta esperienza maturata nelle trattative bilaterali dei numerosi accordi di riammissione conclusi in precedenza.

Durante il semestre di Presidenza italiana potranno essere conclusi, inoltre, i lavori connessi all'adozione di provvedimenti normativi comunitari pendenti nei settori dell'asilo e dell'immigrazione.
Attualmente sono all'esame dei competenti gruppi di lavoro 7 direttive comunitarie, delle quali probabilmente soltanto 2 - quella concernente il diritto di ricongiungimento familiare e quella recante norme sull'attribuzione della qualifica di rifugiato - potranno essere definite dalla Presidenza greca.

L'impegno del Governo italiano sarà volto a rispettare le scadenze previste dal Consiglio europeo di Siviglia e, in particolare, a giungere, entro dicembre 2003, all'adozione della direttiva per gli standard minimi per le procedure di concessione e revoca dello status di rifugiato.
Le priorità in vista del semestre di Presidenza, delle quali quelle enunciate costituisco soltanto un'esigua parte direttamente riferite alle questioni poste dall'interpellante, hanno già formato oggetto di approfondimento in occasione del colloquio avuto dal ministro dell'interno, onorevole Pisanu, con il Commissario europeo alla giustizia e agli affari interni, Antonio Vittorino, nell'ottobre del 2002 e durante l'incontro con il ministro dell'ordine pubblico greco, avvenuto a Roma il 6 febbraio 2003.

Le stesse priorità sono state inserite nel programma congiunto greco-italiano per l'anno 2003 e nel programma strategico per il settore GAI. La considerazione di queste priorità impone di approfondire il tema della modifica e dell'integrazione delle disposizioni italiane sull'asilo soltanto all'esito del varo delle direttive comunitarie.

Nel pieno rispetto della volontà e della sovranità del Parlamento, il Governo ha già rilevato davanti alla Commissione affari costituzionali della Camera l'opportunità di approvare una disciplina organica dell'asilo una volta che sia chiaro il quadro comunitario di riferimento.
In ordine alle iniziative nazionali per rafforzare la collaborazione con i paesi a più forte pressione migratoria sono in corso negoziati o sono state avviate trattative preliminari per la stipula di accordi di riammissione con Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Cina, Colombia, Egitto, Ecuador, Filippine, Ghana, Iran, India, Libano, Pakistan, Perù, Senegal, Siria, Turchia ed Ucraina.

Con alcuni Stati di origine o transito dei flussi migratori diretti verso l'Italia con i quali non esistono accordi di riammissione è stato possibile realizzare accordi di cooperazione e di polizia, che rendono egualmente possibili le operazioni di rimpatrio.

Pur non esistendo un accordo di riammissione con l'Egitto - per fare un esempio tra i più significativi - è stato possibile procedere regolarmente al rimpatrio di egiziani alla stregua di intese con le autorità di polizia di quel paese. Grazie a tale collaborazione, unitamente a quello con lo Sri Lanka, negli ultimi mesi si è azzerato il flusso di cittadini cingalesi diretti in Italia a bordo di navi che, entrate nel Mar Rosso attraverso il Golfo di Aden, raggiungevano il Mediterraneo attraversando il Canale di Suez.

A partire dal mese di novembre 2002, le autorità egiziane hanno intercettato e bloccato in quel Canale due navi che stavano raggiungendo l'Italia cariche di cingalesi.

Gli immigrati sono stati sbarcati e rimpatriati nel loro paese a spese dell'Italia con due voli charter. Anche attraverso queste misure di cooperazione internazionale si è conseguito il risultato che dal 18 marzo 2002 nessuna nave di grande stazza, con centinaia di clandestini a bordo, è più giunta in Italia.

Vengo ora agli aspetti attuativi delle disposizioni introdotte dalla legge n. 189 del 2002. Alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento per il coordinamento amministrativo è stato istituito da tempo un tavolo di coordinamento finalizzato alla predisposizione degli schemi dei regolamenti di attuazione. Nell'ambito di tale tavolo è stata stabilita la costituzione di gruppi di lavoro competenti a redigere una bozza di articolato per ciascun regolamento, utilizzando una formula organizzatoria di natura flessibile, incentrata sulla contestuale presenza di un nucleo stabile di amministrazioni (Presidenza del Consiglio, affari esteri, interno e lavoro) e delle altre amministrazioni di volta in volta individuate.

Per quanto riguarda il regolamento generale, articolo 34, comma 1, per l'attuazione della legge n. 189 del 2002, e per la revisione e armonizzazione del regolamento vigente, introdotto con il decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, sono stati costituiti, nell'ambito del gruppo di lavoro competente a redigere la bozza, quattro sottogruppi: ingresso e soggiorno, sportello unico, lavoro e minori. Questi quattro sottogruppi hanno predisposto ciascuno una bozza di articolato che, nella fase attuale, si sta procedendo a coordinare in un unico schema, attraverso costanti confronti tra tutte le amministrazioni interessate. I rispettivi gruppi di lavoro hanno predisposto bozze di articolato anche per gli altri tre regolamenti concernenti le procedure informatiche, l'attuazione delle nuove norme sull'asilo e l'attuazione del comitato previsto dall'articolo 2 della legge per il coordinamento e per il monitoraggio delle disposizioni del testo unico e di definizione delle modalità di coordinamento delle attività del gruppo tecnico che svolge funzioni di supporto al comitato.

Lo schema di articolato predisposto per il regolamento in materia di asilo è già all'esame del dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri. Su di esso l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, che è attivamente coinvolta dalla legge n. 189 del 2002 nelle commissioni territoriali, si è detto sostanzialmente concorde.
Per concludere sul punto, pur non potendo indicare la data precisa di ultimazione dei lavori, a causa della complessità, della delicatezza e dell'articolazione della materia, posso affermare che la predisposizione degli schemi dei regolamenti di attuazione è in fase avanzata di definizione. Sarà certamente completata in tempi più circoscritti rispetto a quelli che furono necessari per i regolamenti di attuazione della legge n. 40 del 1998, la cosiddetta Turco-Napolitano. Tale legge, che reca la data del 6 marzo 1998, prevedeva all'articolo 1, comma 6, l'adozione del regolamento entro centottanta giorni. In realtà, il relativo decreto del Presidente della Repubblica è del 31 agosto 1999 ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
del 3 novembre 1999, un anno e otto mesi dopo la pubblicazione della legge.

La regolarizzazione degli extracomunitari clandestini in Italia costituisce una priorità per il Governo e, in particolare, per l'amministrazione dell'interno. Dopo le difficoltà iniziali, vi è stata una notevole accelerazione. Il centro servizi delle Poste italiane è passato da una media, all'avvio, di 800 pratiche al giorno trasmesse alle prefetture ad una media di quasi 4 mila al giorno. La principale ragione di complessità che ha determinato i problemi iniziali è stata dettata dalla circostanza che si tratta di una regolarizzazione e non di una sanatoria, per cui è necessario mettere insieme una maggiore quantità di dati, oltre alla predisposizione di un vero e proprio contratto di lavoro che viene sottoscritto presso l'ufficio territoriale del Governo contestualmente alla consegna del permesso di soggiorno, del codice fiscale e della regolarizzazione contributiva.

Nelle prime settimane ci si è imbattuti in problemi relativi alla messa a punto della procedura che prevede che Poste italiane effettuino una prima sommaria selezione delle domande, le inviino alle prefetture in scatole separate, in modo da ottenere una divisione tra quelle complete e quelle incomplete, immettendo contemporaneamente i dati relativi nel circuito informatico del Ministero dell'interno per gli accertamenti di polizia necessari ai rilasci dei nullaosta da parte delle questure. Questi dati, soprattutto per le difficoltà di interpretazione della grafia e dei nomi stranieri, si sono rivelati in gran parte errati. Basta pensare alla circostanza che alcuni erano stati scritti in cirillico. Ciò ha reso necessario affiancare al lettore ottico il lettore umano, per evitare di respingere domande dietro le quali vi era un reale rapporto di lavoro.

Superata la prima fase di assestamento, il sistema oggi funziona speditamente grazie all'utilizzazione dello strumento informatico che consente alle questure di abbreviare i tempi degli accertamenti di polizia e alle prefetture di effettuare le convocazioni attraverso collegamenti telematici. Il sistema permette così di seguire in tempo reale gli spostamenti della pratica grazie al codice a barre riportato sulle buste inviate e sul cedolino. Quest'ultimo costituisce la ricevuta che resta nella disponibilità dell'extracomunitario ed ha la funzione di inibire l'espulsione. Il sistema consente poi di effettuare le convocazioni in giorni e in ore prestabilite il che ha permesso notevoli vantaggi, primo tra tutti, quello di evitare le code davanti agli uffici delle prefetture.

L'attuale regolarizzazione è la più imponente procedura avviata nel nostro paese per gli stranieri. Mentre negli anni passati si erano incontrate oggettive difficoltà per far dialogare, soprattutto a livello informatico, perfino i differenti dipartimenti dello stesso Ministero dell'interno, oggi, proprio con questo meccanismo, si è avviato un progetto trasversale che ha coinvolto ministeri e istituzioni diverse che convergono nell'intento di offrire stabilità al lavoratore extracomunitario. Le oltre 700 mila domande di regolarizzazione inoltrate rappresentano un numero in gran lunga superiore a quello delle sanatorie del passato e, nonostante questo, conosceranno tempi di evasione notevolmente inferiori. Per le ultime due sanatorie si sono invece impiegati più di due anni ciascuna, con un residuo per l'ultima di circa 35 mila pratiche inevase. Infatti, il Decreto del Presidente della Repubblica 5 agosto 1998 aveva previsto che il completamento del contingente dei flussi migratori relativi al 1998 fosse riservato al lavoratore stranieri che dimostrassero, con elementi oggettivi, di essere stai presenti in Italia prima dell'entrata in vigore della legge 6 marzo 1998 n. 40 e che potessero esibire un concreto impegno di assunzione o che avessero intenzione di avviare un'attività di lavoro autonomo. In base a ciò, fu inizialmente prevista la regolarizzazione in numero limitato di cittadini extracomunitari, 38 mila unità. In seguito, è stato emanato il decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 113 che, nell'introdurre dei correttivi al testo unico, ha inserito all'articolo 49 il comma 1-bis con il quale è stata estesa la possibilità di sanare la posizione di soggiorno a tutti gli stranieri che avessero presentato istanza di regolarizzazione anche con semplice prenotazione entro il 15 dicembre 1998. La gestione delle relative istanze, 250.966, ha richiesto un periodo iniziale tra i 12 e i 15 mesi. A fronte del notevole numero di potenziali rigetti - 180 mila, contro 70 permessi rilasciati - intervennero interpretazioni estensive dei requisiti prescritti. Pertanto, le questure hanno dovuto riesaminare le pratiche già valutate, giungendo nei successivi 8-10 mesi a definire positivamente 217.141 istanze. La definizione delle rimanenti 33.825 è stata sospesa fino all'approvazione del provvedimento di emersione approvato su iniziativa di questo Governo.

L'attuale regolarizzazione di dimensioni tre volte superiore avrebbe dovuto richiedere almeno sei anni se avesse seguito i ritmi della sanatoria del 1998, mentre il Governo conferma, anche in questa sede, il termine di ultimazione al dicembre 2003. Se dovessero esserci delle code oltre tale termine, saranno di entità assolutamente marginale e relative a casi di oggettiva e grave complessità. Mentre le piccole prefetture stanno per concludere il lavoro prima dell'inizio dell'estate - alcune lo hanno già concluso -, nelle cinque prefettura più gravate - Roma, Milano, Napoli, Torino e Brescia - si accumula quasi la metà delle istanze presentate. Nel mese di febbraio di quest'anno il ministro Pisanu ha istituito al Ministero dell'interno un tavolo da me coordinato che vede la partecipazione dei capi del dipartimento del Ministero dell'interno interessati all'operazione, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS, delle poste, oltre che dei prefetti e dei questori, con il compito di effettuare il costante monitoraggio delle regolarizzazioni, di fare emergere eventuali problemi, di definire concordemente le ipotesi e le soluzioni. Il lavoro in corso sta comportando l'arrivo presso gli sportelli polifunzionali di non meno di 1.400.000 persone. Lo stato di emergenza per l'immigrazione dichiarato per il mese di febbraio 2002, anche a tal fine è stato protratto fino a tutto il 2003. Ciò ha permesso di emanare un'ordinanza per l'assunzione di 1.050 lavoratori interinali, di cui 700 destinati ad essere inseriti già negli organici del Ministero dell'interno, distribuiti tra prefetture e questure, mentre 350 unità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono collocate negli sportelli dove è presente anche tale ministero.

I rinforzi sono stati indirizzati in quantità più consistente soprattutto in cinque città (Roma, Milano, Torino, Napoli e Brescia), per le quali la somma delle domande presentate è pari a circa la metà di quelle relative all'intero territorio nazionale.

Gli stranieri in attesa di regolarizzazione non hanno formalmente diritto all'iscrizione al Servizio sanitario nazionale, in quanto non in possesso del regolare permesso di soggiorno. La loro posizione, dunque, non rientra nelle previsioni del testo unico, tuttavia il Ministero della salute - d'intesa con le regioni - ha dato indicazioni affinché ai soggetti interessati dalle procedure di emersione sia consentita l'iscrizione temporanea al Servizio sanitario nazionale fino alla definizione dell'iter di regolarizzazione.

Sull'aspettativa degli stranieri regolarizzandi di poter rientrare nei propri paesi d'origine ribadisco quanto sostenuto di fronte al Parlamento anche in altre occasioni. Si tratta di un problema che va affrontato con realismo, senza cedere a suggestioni che non debbono avere la meglio sul buonsenso e sul rispetto di regole importanti per la sicurezza dell'intera comunità.
Il lavoratore in attesa di regolarizzazione è in possesso della copia della ricevuta postale attestante l'avvenuta presentazione dell'istanza e rilasciata, non a lui, ma al datore di lavoro. Tale ricevuta, pur indicando il nome del lavoratore, in realtà, non ne consente l'individuazione certa. Questa ricevuta non può in alcun caso costituire documento idoneo ad autorizzare l'espatrio - seppur temporaneo - con successivo rientro, né può essere utilizzata come documento di identità o di riconoscimento. Ciò sarebbe in contrasto, non tanto con la recente legge sull'immigrazione, ma, soprattutto, con gli accordi di Schengen che pongono in proposito vincoli precisi.

La facoltà di lasciare temporaneamente il territorio dello Stato è riconosciuta in via generale soltanto allo straniero regolarmente soggiornante in Italia, in possesso di regolare passaporto. Tale regolarità si collega al permesso di soggiorno, rilasciato in conformità ai criteri indicati nel trattato di Schengen, del quale l'articolo 8 del regolamento di attuazione del testo unico sull'immigrazione rappresenta la traduzione normativa.

Detto questo, il Governo è ben consapevole che gli immigrati clandestini in fase di regolarizzazione affrontano un obiettivo sacrificio, ma è, tuttavia, altrettanto consapevole dell'opportunità che viene loro offerta dalla cosiddetta legge Fini-Bossi di essere accolti in condizioni di piena integrazione nel nostro paese.

È ovvio - ciò si ricava dalle norme generali sull'immigrazione - che i casi eccezionali di necessità di rimpatrio, che si presentino come assolutamente indifferibili nel tempo, anche solo di qualche settimana o di qualche mese, sono stati, sono e saranno valutati adeguatamente con procedure di autorizzazione particolare legate alla specificità dei singoli casi.
Infine, per concludere il discorso relativo alla regolarizzazione, va fatto riferimento al cosiddetto «subentro», cioè alla condizione del lavoratore extracomunitario per il quale si sia verificata una modifica del rapporto di lavoro dal momento della presentazione dell'istanza di regolarizzazione, a seguito della morte del datore di lavoro, del licenziamento o delle dimissioni.
Nella prospettiva di garantire la reale emersione del lavoro irregolare il Ministero dell'interno e il Ministero del lavoro hanno diramato due circolari - come è stato ricordato dall'onorevole Turco - in base alle quali viene resa possibile la stipula del contratto di lavoro e, più in generale, la definizione della regolarizzazione anche con un datore di lavoro diverso da quello che ha originariamente presentato la domanda.

L'instaurazione del nuovo rapporto di lavoro avviene all'esito della definizione della domanda di regolarizzazione, per la necessità di garantire l'esatta osservanza del disposto di legge che riconnette l'emersione del rapporto di fatto e la sua legalizzazione a precise condizioni. Solo dopo il loro accertamento il lavoratore può essere legittimamente ammesso alla conclusione del contratto.

Rispondendo, ora, al quesito concernente l'emanazione del decreto flussi, vorrei ricordare che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001 aveva autorizzato l'ingresso di 83 mila cittadini stranieri non comunitari; con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 4 febbraio 2002, 12 marzo 2002, 22 maggio 2002 e 16 luglio 2002 sono stati autorizzati complessivamente 56 mila ingressi per lavoro stagionale, 3.000 per lavoro autonomo; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 ottobre 2002, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 268 del 15 novembre 2002, è stato autorizzato l'ingresso di ulteriori 20.500 persone, così suddivise: 2.000 per lavoro autonomo in particolari categorie (ricercatori, imprenditori in attività di interesse nazionale, liberi professionisti, collaboratori coordinati e continuativi, soci e amministratori di società non cooperative, artisti di chiara fama); 500 per lavoro subordinato altamente qualificato, appartenenti alla categoria dei dirigenti; 4.000 per lavoratori subordinati, anche a carattere stagionale, e autonomi di origine italiana residenti in Argentina; 10.000 per lavoro subordinato, anche stagionale, provenienti da paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione in campo migratorio (3.000 albanesi, 2000 tunisini, 2000 marocchini, 1.000 egiziani, 500 nigeriani, 500 moldavi, 1.000 srilankesi); 4.000 lavoratori stagionali.

La somma degli ingressi regolari per il 2002 è stata, quindi, pressoché uguale a quella dell'anno precedente (79.500 nel 2002, 83.000 nel 2001). È ben vero che è cresciuta la percentuale degli stagionali, ma è altrettanto vero che ciò è avvenuto in un contesto di stabilizzazione sul territorio italiano dei 700.000 stranieri in corso di regolarizzazione sicché, in questa prospettiva, il confronto quantitativo con il recente passato non è neanche proponibile.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre del 2002 di programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari per l'anno 2003, è stato prorogato al 31 marzo 2003 il termine previsto dal decreto sui flussi per il 2002 e sono stati autorizzati per motivi di lavoro subordinato e stagionale 60 mila stranieri provenienti da paesi di cui è stata accettata l'adesione nell'Unione europea (Slovenia, Ungheria, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca, Slovacchia) e Serbia, Croazia, Montenegro, Bulgaria e Romania, oltre ai paesi sottoscrittori di accordi in materia migratoria e stranieri che hanno avuto un permesso per lavoro stagionale nel 2001 e nel 2002.
Per l'anno 2003 si sta procedendo alla verifica conclusiva delle quote assegnate per poter poi, anche in base alle richieste di manodopera provenienti dai diversi settori economici, procedere alla programmazione.

In ordine all'abitazione, vorrei ricordare che il sistema delineato dall'articolo 40 del testo unico sull'immigrazione è stato confermato dalla legge Fini-Bossi che ha ovviamente specificato, ai fini dell'accesso all'edilizia residenziale pubblica, all'intermediazione per l'accesso alle locazioni abitative e al credito agevolato per l'acquisto e la locazione della prima casa di abitazione, il requisito della stabilità del permesso di soggiorno che deve essere almeno biennale. I commi 4 e 5 in particolare individuano un sistema in cui i criteri per l'accesso ad alloggi sociali, collettivi o privati siano previsti da leggi regionali e predisposti dai comuni o da fondazioni, associazioni o organizzazioni di volontariato o da altri enti pubblici o privati.

Sulla base di quanto comunicato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono in corso di attuazione accordi di programma con le amministrazioni regionali per perseguire queste finalità e per cofinanziare iniziative già programmate.

Vengo al punto sollevato dagli interpellanti sulle misure adottate per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone che risiedono nei centri di permanenza temporanea e per garantire il massimo di trasparenza nella gestione degli stessi. Su questo fronte, preciso che il rispetto dei diritti fondamentali degli stranieri ospiti nei centri è stato non solo garantito, ma anzi rafforzato ed esteso. Non si comprende da quali elementi si ricavi la valutazione contenuta nell'interpellanza sul denunciato peggioramento della condizione dei residenti nel centro.
Vorrei fare una premessa. Delle due l'una: o si contesta la stessa esistenza in vita dei centri di permanenza temporanea o si contestano le modalità della loro gestione. Se il problema riguarda i CPT in sé considerati, è superfluo ricordare che, in base alla legge n. 40 del 1998, che sul punto è stata solo parzialmente modificata dalla legge n. 189 del 2002, chi entra clandestinamente, a meno che non abbia i requisiti per l'asilo e non vi siano fondati motivi umanitari, va allontanato dal territorio nazionale con il riaccompagnamento nel paese di provenienza. Per fare questo è però indispensabile accertare l'identità del clandestino perché sia certa di conseguenza la provenienza dell'interessato e lo stato di provenienza non ponga ostacoli alla riammissione.

L'indagine che viene svolta caso per caso punta, altresì, a far emergere eventuali altri elementi significativi per garantire al meglio tutte le posizioni che le normative internazionali tutelano. Questi accertamenti richiedono del tempo durante il quale chi è entrato clandestinamente deve essere posto nelle condizioni di non dileguarsi.

Per tale motivo, se si contestano i CPT in sé considerati si deve logicamente concludere che coloro che, al di fuori dei confini europei, desiderano entrare in Italia possono farlo liberamente senza rispettare alcuna regola e senza i limiti riguardanti le condizioni soggettive dell'extracomunitario (disponibilità a lavorare, precedenti penali, pericolosità), con la conseguenza che nessun clandestino va espulso, anzi va eliminata la stessa nozione di clandestinità.
È un'opinione rispettabile che, tuttavia, ha il limite di non essere condivisa né dal Governo né dal Parlamento italiano i quali hanno deciso diversamente e non solo questo Governo e questo Parlamento, ma anche quelli della precedente legislatura.

Proponendo la legge Turco-Napolitano ed approvandola, il Governo ed il Parlamento, allora a maggioranza di centrosinistra, hanno infatti predisposto ed approvato anche il sistema delle espulsioni, il meccanismo che consente il riaccompagnamento nei paesi di provenienza e quindi anche la costituzione dei centri di permanenza temporanea.

È più che naturale cambiare idea ed è altrettanto naturale sorprendersi nel vedere che chi ha addirittura proposto la legge cosiddetta Turco-Napolitano oggi contesta il meccanismo previsto proprio da questa legge. È un meccanismo che la legge Fini-Bossi ha reso più efficace senza intaccarla nella dinamica. A fronte della difficoltà di identificare con certezza una parte di clandestini nel termine di 30 giorni previsto dalla legge n. 40 del 1998, la legge n. 189 del 2002 ha esteso la durata massima della permanenza a 60 giorni; durata massima poiché l'identificazione può andare in porto con la fattiva collaborazione dei paesi di provenienza anche dopo pochi giorni, sicché la permanenza nel centro cessa ed il clandestino viene riaccompagnato nello Stato di appartenenza.

Se invece il problema non riguarda la stessa esistenza dei CPT, bensì le condizioni del trattamento al loro interno, chiunque, visitando i centri di permanenza italiani e i centri analoghi presenti in altri Stati dell'Unione europea, potrà constatare che quelli italiani garantiscano standard di vita oggettivamente rispettosi della dignità delle persone ospitate e peraltro nettamente superiori a quelli degli altri paesi. I centri non hanno alcuno scopo afflittivo ed al loro interno non vi è un regime carcerario; non sono istituti di pena, ma strutture il cui perimetro esterno è vigilato dalle forze di polizia ed al cui interno vi è libertà di movimento e spazi ricreativi. I loro ospiti possono colloquiare con l'esterno ed è possibile ricevere la visita, oltre che dei propri legali, anche dei propri familiari. La concezione e le modalità di istituzione dei CPT corrispondono ad una trasparente e coerente politica di governo del fenomeno dell'immigrazione condivisa e definita concordemente con gli altri partner dell'Unione europea.

Il livello delle prestazioni e dei servizi resi all'interno dei CPT, al fine di dare uniformità all'azione dei prefetti, è stata stabilito in apposite linee guida per la gestione dei centri approvate con direttiva del Ministero dell'interno in data 8 gennaio di quest'anno.
Le linee guida fissano per la prima volta standard qualitativi e quantitativi da rispettare e garantiscono perciò la massima trasparenza con benefici riflessi sia nella gestione quotidiana delle strutture sia nelle procedure di affidamento della gestione. Grazie ad esse è stato possibile da un lato omogeneizzare il livello delle prestazioni e dall'altro introdurre criteri obiettivi nella scelta degli enti gestori che sono ora chiamati a formulare offerte trasparenti in termini di miglioramento delle prestazioni rese e dei corrispettivi richiesti.

In ogni centro devono essere assicurati - lo ripeto -, secondo precisi standard qualitativi e quantitativi, oltre ai normali servizi alla persona (lavanderia, barberia, vitto, generi di conforto e quant'altro) il servizio di mediazione linguistica e culturale, l'assistenza sociale e psicologica, l'informazione sui diritti, doveri e sulla condizione dello straniero, l'intrattenimento degli ospiti, il servizio di assistenza sanitaria.

Sulla presunta inefficacia, anche questa denunciata nell'interpellanza, delle misure di maggiore severità relative all'espulsione introdotte dalla legge Fini Bossi, vorrei ricordare che il numero di stranieri clandestini effettivamente allontanati dal territorio nazionale è stato nel 2002 pari a 88501 unità, a fronte delle 77699 unità del 2001 e delle 69263 del 2000.
L'incremento dei clandestini effettivamente allontanati è stato quindi tutt'altro che risibile. Rispetto a questi dati complessivi, mi permetto di sottolineare che gli stranieri espulsi e che sono stati riammessi nei paesi di provenienza sono stati, nel 2002, 17019 a fronte dei 12751 del 2001 e degli 8438 del 2000.

Nella loro oggettività questi numeri rinviano, al di là di ogni strumentalizzazione, ad un impegno più mirato delle nostre forze di Polizia e a quella più fattiva collaborazione con i paesi di provenienza o di transito dei clandestini che prima ricordavo.
Credo sia interessante registrare la tendenza che si sta manifestando nei primi tre mesi e mezzo del 2003. Nel periodo compreso fra il primo gennaio ed il 15 aprile di quest'anno, i clandestini rintracciati in Puglia a seguito degli sbarchi sono stati appena 16 a fronte dei 1959 dell'identico periodo del 2002 e dei 3068 dello stesso periodo del 2001;

in Sicilia sono stati 1.711 (erano stati 4.092 nel 2002, 597 nel 2001); in Calabria nessuno (erano stati 1.114 nell'identico periodo del 2002 e 417 nello stesso periodo del 2001).
Circa il collasso nel quale verserebbe il sistema giudiziario italiano a seguito dell'applicazione dell'articolo 14 della legge n. 189 del 2002, sarebbe interessante conoscere i numeri sui quali si basa questa valutazione. Infatti, coloro che non hanno ottemperato all'ordine del questore di abbandonare il territorio razionale, e che per questo sono stati nuovamente rintracciati ed arrestati, sono stati finora 113: non è un numero tale da legittimare valutazioni emergenziali. La conferma di ciò sta anche nella circostanza che il numero complessivo di stranieri detenuti in Italia alla data del 31 dicembre 2002 (ultima rilevazione disponibile) era di 16.778 a fronte dei 16.294 del 2001.

Si deve aggiungere, sempre riguardo al periodo compreso tra il 1o gennaio e il 15 aprile 2003, che la percentuale di stranieri effettivamente allontanati è stata pari al 58 per cento del totale dei rintracciati. Nello stesso periodo del 2002, la percentuale era stata pari al 46 per cento. Al residuo 44 per cento corrispondono quei 62.500 nei cui confronti è stata disposta l'espulsione, ma non è stata eseguita. Nel 2001 la percentuale degli effettivamente allontanati era stata del 53 per cento circa. Dunque, nell'ultimo quadrimestre, in rapporto ai corrispondenti periodi dei due anni precedenti, ad una flessione del numero complessivo dei clandestini che entrano nel territorio nazionale corrisponde un aumento della percentuale di coloro che sono stati effettivamente allontanati dal territorio italiano.

Quanto agli indirizzi di politica sull'integrazione degli stranieri, premetto che la legge n. 189 del 2002 non ha apportato alcuna modifica alla disciplina introdotta dalla legge n. 40 del 1998. Si condivide l'impostazione di una politica di integrazione che ha nel territorio il suo ambito di sviluppo e di applicazione e che mira a promuovere una cultura dell'accoglienza ed una omogeneità di intervento a livello nazionale, lasciando ai poteri locali la possibilità di individuare esigenze particolari legate alle peculiarità economiche, sociali e culturali di ogni singola realtà territoriale.

Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano programmi annuali o pluriennali per la realizzazione di iniziative ed interventi concernenti gli immigrati, con particolare riguardo alle attività culturali, formative e informative, di integrazione e di promozione di pari opportunità, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e le organizzazioni che lavorano in favore degli stessi, oltre che con le autorità e gli enti pubblici dei paesi d'origine.

Un ruolo strategico a favore dell'integrazione degli extracomunitari a livello locale viene svolto dai consigli territoriali per l'immigrazione, istituiti presso ogni prefettura, che si connotano come snodi fondamentali per il governo del fenomeno dell'immigrazione, riuscendo a catalizzare le diverse competenze e risorse che concorrono alla gestione locale del fenomeno.
Tutte le iniziative attivate localmente dai consigli territoriali per l'immigrazione dirette a favorire processi di integrazione della popolazione immigrata sono oggetto da parte del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno di una costante azione di monitoraggio per individuare le esperienze meglio riuscite e diffonderle sull'intero territorio nazionale.

Relativamente ai quesiti concernenti l'integrazione dei bambini stranieri nelle scuole italiane e le azioni intraprese per estendere e garantire l'apprendimento della lingua italiana a tutti gli stranieri, minori e adulti, residenti sul territorio nazionale, rispondo in base agli elementi forniti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Come è noto, la vigente normativa affida ai competenti organi delle istituzioni scolastiche, nella loro autonomia, di individuare ed adottare le iniziative più idonee al fine dell'inserimento degli alunni stranieri nel contesto in cui operano. Il Ministero dell'istruzione ha attivato pertanto una rete di iniziative per sostenere questo inserimento, riconoscendolo come uno dei temi qualificanti dell'intervento educativo sulla popolazione scolastica nel suo complesso e sull'utenza specifica in particolare.

Si consideri infatti che, allo stato attuale, sono presenti in Italia 180 mila unità, pari al 2,31 per cento della popolazione scolastica totale, in rappresentanza di 186 cittadinanze.

In occasione della stipula del contratto collettivo nazionale del lavoro del comparto scuola, è stato previsto uno specifico finanziamento annuale a favore delle scuole che, per collocazione territoriale o per scelte educative, si trovano impegnate in prima fila nell'accoglienza, nell'integrazione multietnica al fine di sostenere le trasformazioni dell'organizzazione e della programmazione scolastica.

Ulteriori risorse sono state reperite a livello nazionale all'interno dei progetti specifici (progetti comunitari «Socrates» e «Leonardo») e per l'attivazione di corsi di lingua italiana per cittadini extracomunitari.

Le istituzioni scolastiche possono anche accedere ai finanziamenti volti all'arricchimento dell'offerta formativa di cui alla legge n. 440 del 1997, che prevede interventi a favore dell'accoglienza e dell'integrazione degli alunni stranieri.

In alcune università italiane sono previsti, inoltre, specifici corsi di lingua e cultura italiana per immigrati extracomunitari.

In collaborazione con le università e con enti esterni, il Ministero dell'istruzione ha attivato una serie di iniziative di formazione del personale scolastico, nella convinzione che sia irrinunciabile un'adeguata preparazione dei docenti.

A riprova dell'importanza che il Governo conferisce ad aspetti fondamentali per una piena integrazione, come l'apprendimento della nostra lingua e il poter usufruire di condizioni abitative dignitose, il Ministero del lavoro ha contribuito all'incremento di accordi di programma con le amministrazioni regionali specificamente diretti a promuovere l'apprendimento della lingua italiana e l'accesso alle abitazioni, assicurando, in particolare, il co-finanziamento delle iniziative programmate.

Nei confronti delle regioni Umbria, Toscana e Veneto sono stati, inoltre, concessi finanziamenti aggiuntivi a sostegno di specifici progetti-pilota ulteriormente programmati con i medesimi obiettivi.

È stata programmata, inoltre, l'incentivazione delle iniziative rivolte all'insegnamento della lingua italiana nell'ambito delle attività di formazione che, in attuazione dell'articolo 23 del testo unico sull'immigrazione, introdotto dalla legge n. 189, sarà possibile svolgere nei paesi d'origine.

A questo fine, è stato già preordinato il coinvolgimento della società Dante Alighieri che ha come propria missione principale la diffusione della lingua italiana all'estero.
Quanto alla richiesta riguardante l'accesso effettivo degli immigrati al servizio sanitario nazionale, è forse superfluo rammentare che già l'articolo 35, comma 3, del testo unico sull'immigrazione assicura ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, che non siano in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno, «le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattie o infortunio», nell'ambito delle strutture pubbliche e accreditate.

Sempre a tutela della salute dei cittadini stranieri non in regola e proprio per garantirne l'effettivo accesso alle strutture sanitarie, il successivo comma 5 stabilisce che tale accesso «non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano».

L'articolo 19 della legge Fini-Bossi, abrogando l'istituto dell'ingresso con «sponsor» alla ricerca di occupazione, ha preferito incentivare la formazione culturale e professionale degli stranieri nei loro paesi di origine, favorendone il reale inserimento sociale, e ha riservato una corsia preferenziale di ingresso in Italia par quanti partecipino ai programmi approvati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anche in collaborazione con le regioni, gli enti locali, organizzazioni nazionali datoriali e dei lavoratori, organismi internazionali specializzati, enti ed associazioni operanti stabilmente nel settore dell'immigrazione.

Questa norma trae spunto, tra l'altro, da esperienze interessanti maturate sul campo negli ultimi anni. Basta ricordare quella condotta dalla regione Lazio e dalla Caritas in Tunisia (in collaborazione con il Governo tunisino), che ha visto il coronamento del progetto con il recente ingresso, con regolare contratto di soggiorno per lavoro, di giovani tunisini formati, sia dal punto di vista linguistico e culturale sia dal punto di vista professionale, direttamente in loco, con la collaborazione e l'investimento delle aziende italiane che hanno poi provveduto ad assumere.

Volendo riassumere i risultati dell'azione di Governo in materia di immigrazione, si può in conclusione dire che: vi è certamente un maggior grado di sicurezza, se è vero che i dati statistici del 2002 rispetto al 2001 segnalano più 13,9 per cento di allontanamenti, più 24,2 per cento di immessi nei centri, più 38,5 per cento dei trasportatori...

 

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Mantovano, se la interrompo. Le chiederei cortesemente di cercare di giungere alla conclusione del suo intervento, perché per la verità dovrei incontrare una delegazione straniera in sostituzione del Presidente Casini. Peraltro, all'ordine del giorno vi è anche un'altra interrogazione...

 

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ho quasi terminato, ma i quesiti posti dall'interpellanza meritavano tutti una risposta.
Comunque, se ritiene, posso lasciare il testo delle mie considerazioni conclusive affinché venga pubblicato nel resoconto, anche perché la parte finale della mia risposta è soltanto riassuntiva di dati sostanzialmente già esposti.

 

PRESIDENTE. No, signor sottosegretario, posso senz'altro consentirle di concludere la sua risposta.

 

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. La ringrazio, signor Presidente.
Dicevo: più 38,5 per cento di trasportatori arrestati e più 70,4 per cento di mezzi sequestrati.
Si sta prosciugando la palude della clandestinità con la regolarizzazione, la contrazione degli arrivi dalla rotta balcanica è dimostrata dai numeri prima elencati e le quote privilegiate nel decreto sui flussi di ingresso riservate ai paesi che collaborano o mostrano di collaborare rivela che, per la prima volta, sono state riconosciute alcune quote all'Egitto ed allo Sri Lanka. Infine, proprio grazie alla regolarizzazione, si sta sperimentando quella che poi sarà la regola, vale a dire lo sportello unico per l'assunzione degli stranieri presso l'Ufficio territoriale del Governo.
Chiedo scusa, signor Presidente, per la lunghezza della risposta, ma ritenevo doverosa una risposta il più possibile puntuale per la serietà e l'articolazione dell'interpellanza presentata dall'onorevole Turco.

 

PRESIDENTE. La ringrazio, signor sottosegretario.

L'onorevole Turco ha facoltà di replicare.

 

LIVIA TURCO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Mantovano per la puntualità ed il modo argomentato con il quale ha risposto ai quesiti da me posti. Gliene do atto molto volentieri e confermo la mia stima nei confronti del sottosegretario proprio per questa sua capacità di essere sempre molto puntuale nel merito.

Tuttavia, la puntualità della risposta non modifica il giudizio di preoccupazione che è alla base dell'interpellanza rispetto alla politica migratoria. Leggerò con molta attenzione la risposta, ma alcuni dati, di cui siamo venuti a conoscenza soltanto oggi, meritano un approfondimento.
La risposta, pur molto puntuale, come ho già riconosciuto, conferma che vi è una grande lentezza sul piano degli atti e degli strumenti fondamentali della politica migratoria oltre che ad un'assenza di risposta rispetto alle questioni poste non da noi, ma dai tanti che si sono anche rivolti alla Corte costituzionale in relazione ai profili di incostituzionalità e di lesione di diritti della legge.

Desidero porre, preliminarmente, una questione. La corretta informazione, la trasparenza dei dati, l'azione di monitoraggio ed il dialogo sociale sono essenziali e preliminari per una buona politica dell'immigrazione perché, signor sottosegretario, a parte lei - sappiamo che, spesso, convoca i sindacati e le associazioni -, ciò che ci colpisce nell'azione del Governo è proprio l'uso discrezionale dei dati e la mancanza di strumenti di monitoraggio. In particolare, sono stati aboliti due strumenti - la Commissione per le politiche di integrazione e la Consulta per gli stranieri (che non si capisce per quale motivo faccia capo al Ministero per le pari opportunità e che non è stata mai utilizzata) - che erano preziosi e fondamentali per il dialogo sociale e per l'azione di monitoraggio.

Per quanto riguarda, poi, la trasparenza dei dati, vorremmo chiederle di ripristinare l'abitudine, che era propria dei precedenti Governi e che andava a vantaggio soprattutto del Parlamento, secondo la quale, ogni tre mesi, l'ufficio stampa del Ministero dell'interno forniva, in modo trasparente e chiaro, tutti i dati relativi alle espulsioni, ai respingimenti, agli ingressi. Consideriamo tale azione di trasparenza fondamentale per poter dare una mano oltre che, essendo l'opposizione, per criticare: su un tema come quello dell'immigrazione, vorremmo dare, infatti, un contributo.

Non mi è certamente possibile riprendere tutti i punti dell'interpellanza, ma solo alcune questioni, prima fra tutte l'Europa.

L'invito è che la collaborazione del Governo italiano in sede europea riguardi l'insieme della politica migratoria. Ci auguriamo, per esempio, che sia superato il veto posto dal ministro Castelli a quelle misure importanti nella lotta al razzismo e alla xenofobia, così come chiediamo al Governo italiano di fare sentire la sua autorevolezza affinché l'Europa - del cui indirizzo non siamo pienamente soddisfatti, perché l'Europa si è contraddistinta per efficacia nelle politiche di contrasto dell'immigrazione clandestina - , così come si era iniziato a fare, prosegua fortemente verso la costruzione di un ingresso regolare per gli stranieri e anche verso la definizione di politiche di integrazione. Per quanto riguarda la regolarizzazione, al di là delle inutili ritorsioni polemiche sul passato - che potevano francamente essere evitate, perché stiamo parlando di persone - , l'unica cosa che mi sono annotata come certa, se non sbaglio, riguarda le 1.053 unità che verranno a sostenere l'attività delle prefetture e delle questure per il disbrigo delle pratiche. Tutto il resto è lasciato alla genericità, alla presunzione e alla speranza che il tutto si possa risolvere entro un anno; come tutto possa essere risolto entro un anno, stante l'andamento delle pratiche di regolarizzazione in atto, è francamente sorprendente.
Sottosegretario, lei non richiami sempre il passato, in questo caso non serve, in quanto la modalità che voi avete scelto è profondamente diversa rispetto a quella passata ed è una modalità che, proprio perché vincola il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, richiede la rapidità e la celerità dei tempi, altrimenti il rischio è che si vada verso una balcanizzazione del mercato del lavoro, che si vadano ad introdurre delle rigidità che sono dannose per il mercato del lavoro e per gli immigrati stessi.

Ci dispiace che non sia stata data alcuna indicazione precisa su un tema molto sentito che è quello che riguarda la possibilità, per le persone che hanno fatto richiesta di permesso di soggiorno, di rientrare, in determinati casi, in una situazione di controllo, così com'è avvenuto precedentemente in altre occasioni, nei paesi di provenienza presso i quali hanno figli e famiglie.
Per quanto riguarda le espulsioni, vorrò riflettere attentamente sui dati che ho sentito sono stati aggiornati, ma voglio precisare che, per quanto riguarda i centri di permanenza temporanea, nella nostra interpellanza nulla fa pensare che ci possa essere un ripensamento rispetto a queste strutture. La questione che abbiamo posto, che deriva da testimonianze, da visite di parlamentari, da denunce di associazioni di volontariato, riguarda proprio la lesione dei diritti e la condizione di vita delle persone. Va benissimo che ci siano linee guida (e sarebbe bene che si arrivasse ad una vera e propria carta dei diritti), ma la questione, che a noi sta a cuore e che percepiamo dalle denunce fatte, dalle visite fatte, è proprio quella delle reali condizioni di vita.

Ci preoccupa la genericità con cui vi predisponete alla definizione dello strumento per l'ingresso regolare nel 2003. Siamo ormai a maggio, quindi è da supporre che anche per il 2003 si ricorrerà soltanto al lavoro stagionale, che ci sarà e sarà confermato un blocco dell'ingresso regolare. Questo lo consideriamo particolarmente dannoso per il nostro paese e lo dico in riferimento ai dati forniti dall'Union camere, che dimostrano come il fabbisogno di manodopera al netto tra ingressi e uscite è stato stimato in 324.000 unità per il 2002, in 356.000 unità per il 2004 e in 359.000 unità per il 2006. Il 40 per cento delle imprese interpellate dichiarano di avere difficoltà a reperire le persone con calcolo numerico e il 30 per cento chiede manodopera straniera. Quindi, se è vero che la regolarizzazione, la sanatoria ha queste dimensioni così imponenti, tuttavia c'è una domanda forte di forza lavoro di persone immigrate alle quali bisogna dare una risposta. La risposta non può che essere quella di rendere sempre più funzionale lo strumento dell'ingresso regolare.

In tema di politiche di integrazione, gli impegni concreti che qui sono stati indicati - accordi con le regioni, la società Dante Alighieri per la lingua e la cultura italiana - sono programmi di cui mi fa piacere parlare anche perché si tratta di iniziative da noi previste utilizzando le risorse del fondo per le politiche migratorie; risorse che noi stanziammo allora e, che ora, non sono confermate per tali iniziative.

Oltre che sulle questioni relative agli ingressi regolari per l'anno 2003, noi poniamo, con grande forza, l'allarme sulle politiche di integrazione, perché siamo di fronte a problemi di acuta sofferenza. Mi riferisco, ad esempio, ai ricongiungimenti familiari, di cui il sottosegretario Mantovano non ha parlato nel suo intervento e rispetto ai quali abbiamo segnalazioni di tempi di attesa che si allungano per l'ottenimento dei nulla osta presso le questure, perché il personale addetto è impiegato nell'espletamento delle pratiche di regolarizzazione. Pertanto, i tempi per l'ottenimento dei nulla osta si allungheranno con l'entrata in vigore della legge Bossi-fini che prevede il doppio passaggio presso le rappresentanze consolari.

 

PRESIDENTE. Onorevole Turco, la invito a concludere.

 

LIVIA TURCO. Desidero, inoltre, segnalare che il restringimento della normativa sui ricongiungimenti familiari si sta rivelando particolarmente pesante proprio per le donne lavoratrici straniere che, non potendo portare con sé i propri figli, sono costrette a lasciarli nei paesi di origine. Per quanto concerne poi la sanità, il sottosegretario Mantovano ha detto parole tranquillizzanti...

 

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Turco.