Ares 2000 onlus
SEI MESI DOPO
(primo bilancio della legge Bossi-Fini)
(S I N T E S I)
Marzo 2003
A sei mesi
dall’entrata in vigore della legge 189/2002 (la Bossi-Fini),
l’Ares 2000 traccia un primo bilancio: quali effetti la nuova normativa ha avuto sulle
condizioni degli immigrati nel nostro paese nei vari settori della vita
sociale, dal mercato del lavoro alla salute, dalle abitazioni ai centri di
“accoglienza”, dal soggiorno alle espulsioni, dai rifugiati all’ emergenza
guerra-terrorismo?
Una delle innovazioni più importanti contenute
nella 189 è stata la sostituzione del permesso di soggiorno per motivi
di lavoro col “contratto di soggiorno”: la nuova normativa prevede infatti che il
primo venga “rilasciato a seguito della stipula del contratto di
soggiorno per lavoro” (art.5, 3 bis). Attualmente quindi si può
immigrare regolarmente in Italia solo se si è in possesso al momento
della partenza dal Paese di provenienza, di un contratto di lavoro, impedendo quindi che si possa immigrare in
Italia per cercare lavoro.
La durata del “permesso di soggiorno” equivarrà poi a quella
del contratto, raggiungendo il paradosso nel caso in cui, a fronte di un
contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, essa non potrà
comunque superare i due anni.(art. 5, 3-bis,c).
Ciò significa che il lavoratore immigrato
sarà soggetto a rinnovo del suo contratto di soggiorno nel migliore dei
casi ogni due anni, regola che sancisce la sua precarietà, comunque e in
ogni caso.
Tali restrizioni negli ingressi e nel soggiorno in Italia hanno avuto
nei primi mesi di applicazione della legge alcune rilevanti conseguenze :
1) le procedure
farraginose ed insensate che dovrebbero garantire l’afflusso di
manodopera immigrata in Italia e l’impossibilità per
l’immigrato, una volta giunto in Italia, di contrattare liberamente il
suo ingresso nel mondo del lavoro, hanno incentivato, in carenza di altra
via legale praticabile, l’afflusso di clandestini. Da notizie filtrate attraverso le associazioni
di immigrati, si può stimare che gli arrivi clandestini in Italia,
nonostante i blocchi navali, nonostante gli accaniti rastrellamenti, abbiano
superato negli ultimi 6 mesi le 50.000 unità, mentre gli ingressi regolari non
siano superiori al 2% di tale cifra.
2) l’altra conseguenza è la precarizzazione e comunque
il peggioramento delle condizioni lavorative degli immigrati :ridotti a mera forza di lavoro
sfruttabile, perché ricattabile a piacimento (tanto più se
clandestina). A fronte del costo della vita in continua crescita, il costo del
“lavoro migrante”, nei mesi considerati ha subito un sostanziale
abbassamento. Secondo alcune stime il salario di un
“clandestino” sarebbe inferiore del 20-30% rispetto a quello di un
regolare; il che non può non ripercuotersi sul livello salariale dei lavoratori italiani.
3) peraltro l’istituzionalizzazione da parte della Bossi-Fini del contratto di soggiorno ha avuto come risultato quello di rallentare il processo di integrazione. Integrazione presuppone l’accoglienza, la possibilità di un inserimento stabile nel contesto sociale. Le disposizioni della nuova legge ufficializzano invece l’immigrato come un corpo estraneo , che viene tollerato ed ammesso a soggiornare nel nostro paese non in quanto persona ma in quanto mezzo di produzione, tant’è che nel momento in cui viene meno il lavoro e cioè si interrompe o giunge al termine stabilito da contratto, il cittadino straniero lungi dall’essere protetto, viene espulso. Nello stesso contratto di soggiorno è esplicitamente previsto che in caso di fine e non rinnovo del rapporto, il viaggio del lavoratore immigrato per far ritorno al proprio paese, sia posto a carico del datore di lavoro. L’espulsione, e il suo costo, è diventata quindi una clausola contrattuale, valida per quando le braccia del lavoratore non serviranno più.
2 - Sanatoria: un flop pilotato.
Con l’entrata in vigore della Bossi-Fini, è stata varata anche la sanatoria degli immigrati irregolari che lavoravano in nero, sanatoria che ha aperto non poche contraddizioni all’interno della stessa maggioranza di governo..
Le domande di emersione sono state 697.000, ma le pratiche di regolarizzazione vanno avanti con il contagocce. I casi definiti dalle Prefetture sono poche migliaia, e il tutto sembra un flop annunciato, pilotato, tanto per rendere più difficile e caotica la situazione.
Gli immigrati ora sventolano il loro
cedolino di regolarizzandi, simbolo della
riconquistata libertà e dignità, ma si trovano in una
situazione drammatica : non possono cambiare datore di lavoro, non possono
recarsi all'estero a trovare la famiglia, questo fino a che non saranno
monitorati i loro contratti di soggiorno. Ed i tempi- a detta delle stesse
autorità preposte-, si annunciano come biblici, non inferiori ai tre
anni. Particolarmente grave la situazione di Roma : le domande presentate alla
Prefettura ammontano a 108.377, di contro i permessi finora rilasciati sono
appena 1000 e tali pratiche vengono esaminate al ritmo di 20 al giorno. Se
le cose continueranno in questo modo l’espletamento di tutte le pratiche
si realizzerà fra 19 anni!
Intanto i circa 600 mila regolarizzandi vivono in una specie di limbo senza diritti elementari quali quello all’unità familiare o quello al lavoro. Solo la mobilitazione degli immigrati, attraverso le organizzazioni sindacali, è riuscita a strappare in alcune prefetture la possibilità per i lavoratori con cedolino di ottenere brevi permessi per andare a trovare la propria famiglia, o di cambiare datore di lavoro anche durante la pendenza del perfezionamento della pratica di regolarizzazione.
Sono stati peraltro segnalati numerosi casi di espulsioni di immigrati che avevano fatto domanda di regolarizzazione, e questo nonostante la legge preveda in questi casi la sospensione del provvedimento di espulsione anche in in presenza di precedenti denunce.
E secondo Bachu, rappresentante di Dumcatu, una grossa associazione di migranti pachistani , sarebbe salito (da 3000 a 4000 euro) il prezzo che gli immigrati privi di permesso devono pagare per trovare un “datore di lavoro” compiacente, disponibile a certificare un contratto di lavoro.
Dalle risposte ad un sondaggio effettuato nello scorso gennaio dal portale www.stranieriinitalia.it, emergeva che “molti datori di lavoro hanno già costretto gli extracomunitari a pagare di tasca propria l’una tantum per mettersi in regola” e che “c’è chi trattiene anche i contributi dalla busta paga dei regolarizzandi”.
..Dichiarazioni che aprono il velo su di una realtà sommersa, che rende tra l’altro inattendibili i dati dell’Inps e del Ministero del lavoro sulla effettiva situazione occupazionale.
Secondo una stima della Uil, malgrado la
sanatoria, un lavoratore extracomunitario su cinque
continua a lavorare in nero a Milano. Si tratta del
20% del totale dei lavoratori immigrati con punte che
arrivano al 50% in alcuni settori. Il fenomeno del lavoro nero si concentra
infatti nei settori della ristorazione, dell’edilizia e della pulizia e
facchinaggio. Nell’edilizia, dove su 44.000 addetti circa 7.000 sono
lavoratori extracomunitari, solo 1000/1500 hanno usufruito della sanatoria, ma
un altro 20% continua a lavorare in nero. La situazione non è certo
migliore nel Nord-Est dove il lavoro nero degli immigrati si aggira tra il 18 e
il 22%. Mentre in alcune zone del meridione (Salento, Sicilia), specie per i
lavori stagionali in agricoltura viene ancora segnalato il fenomeno del caporalato.
3 - Ignorata l’imprenditoria
Questo concentrarsi della nuova legge sul lavoro subordinato apre peraltro un discorso su quanto sia parziale ed obsoleta la visione del problema dell’immigrazione da parte dei nostri governanti (di oggi e di ieri).. La società italiana è ormai da tempo multietnica, ogni anno si celebrano quasi quindicimila matrimoni misti (in una città come Reggio Emilia il 14% dei matrimoni viene celebrato tra coppie miste), gli immigrati sono apprezzati non solo perché sono disponibili a fare i lavori più ingrati , ma anche perché, grazie alla loro intelligenza. iniziativa e cultura (vi è una forte percentuale di laureati che arriva a circa il 20%)) creano nuovo lavoro. Nonostante la tendenza ad utilizzare gli stranieri in Italia solo come manodopera a basso costo, cresce il numero degli extracomunitari che diventano imprenditori. Secondo una recente ricerca (a cura della Cgia di Mestre) sarebbero ben 184 mila (di cui 47 mila donne) pari a circa il 10% di tutta la forza lavoro straniera, gli extracomunitari alla guida di aziende nel nostro paese. Vi sono poi i lavoratori autonomi, gli artigiani, i musicisti, le partite iva. Vi è tutta quella rete di “nuovi lavori” dai quali gli immigrati non sono affatto estranei e che in Italia come negli altri paesi europei sono in continua crescita essendo considerati una risorsa per l’occupazione.
La nuova legge invece ignora tutto questo, dando per scontato che in
Italia per gli immigrati non vi siano possibilità di sopravvivenza
diverse dalla sottoposizione ad un datore di lavoro. Solo incidentalmente nella
legge si parla di lavoro autonomo(art.26), per precisare che il visto d’ingresso in Italia per
lavoro autonomo, nei limiti numerici dei flussi previsti(e il successivo
decreto 15.10.2002 ne prevede 2000), è rilasciato dalla rappresentanza
diplomatica dopo l’accertamento della sussistenza dei requisiti per
svolgere tale attività.
In base a tali norme, uno straniero già in Italia, con permesso
temporaneo per turismo o per studio, qualora decida,. avendone
le possibilità, di intraprendere un lavoro autonomo dovrebbe uscire dal
paese per ottenere dall’Autorità diplomatica il visto d’ingresso
sempre che sia così fortunato da vincere la lotteria dei flussi annuali.
I nuovi lavori, la nuove professioni, l’autonomia, tutta quella
articolazione di partite Iva, di indipendenza , di capacità
imprenditoriale, di nuove attività commerciali, di telelavoro, considerata perno della libera
iniziativa, del liberismo, della concorrenza, tutto questo non solo non viene
incentivato, ma viene contraddittoriamente scoraggiato. Introducendo una
normativa punitiva, di un formalismo arcaico, al solo scopo di rendere
difficile se non impossibile il soggiorno in Italia, e comunque di favorire la
sopravvivenza di una massa di
lavoratori non qualificata e ricattabile, strumentale all’abbassamento
del costo del lavoro.
Quanto al problema dei lavoratori subordinati, nessuno pensa che si possano
davvero frenare i flussi di lavoratori stranieri. E questo non soltanto
perché la miseria dalla quale essi fuggono è enorme e devastante,
ma soprattutto perché il bisogno di lavoratori delle nazioni ricche e
senza figli sarà sempre più forte.
L’economia e le casse degli enti previdenziali reclamano
lavoratori, ma la politica insiste nell’ affrontare l’immigrazione
in modo ideologico, e lontano dalla realtà: continuando a varare
annualmente dei decreti-flussi virtuali e blindati, che prevedono molto meno
della metà degli ingressi richiesti dalle imprese italiane. Come
stupirsi poi se in soli 4 anni si accumulano 700 mila immigrati clandestini!
Attualmente sono già 60.000 le espulsioni intimate ma non eseguite. A
quando l’ennesima sanatoria?.
Secondo Gianluca Luciano, animatore del sito www.stranieriinItalia.it, sarebbe ora di
abolire il superato decreto-flussi sostituendolo con una programmazione
concordata tra Governo, Enti locali, imprenditori, organizzazioni dei datori di
lavoro, in cui a fronte di adeguate garanzie per i lavoratori stranieri e per
le comunità locali in cui questi vanno ad insediarsi, si concede ai
datori di lavoro l’ingresso (rapido) di tutti i lavoratori che
desiderano.
Una vera e propria rivoluzione in fatto di ingressi potrebbe avvenire
in Italia se la proposta di direttiva presentata dalla deputata europea
socialista Anna Terron venisse approvata dal Consiglio Europeo. La proposta,
votata all’europarlamento lo scorso 12 febbraio con 274 voti favorevoli e
253 contrari, prevede infatti la possibilità di concedere un permesso di
soggiorno di sei mesi a persone extracomunitarie in cerca di lavoro
nell’Unione Europea o che vogliano seguire un corso di formazione
professionale. In Italia sarebbe una breccia importante nella logica blindata
dei flussi di ingresso che permettono di arrivare nel nostro paese solo se
muniti di un contratto di lavoro.
Il rallentamento o l’incepparsi del processo di integrazione si accompagna ad un giro di vite, ad un inasprirsi delle pene e ad una maggiore facilità di emissione di provvedimenti di espulsione nei confronti di chi , già in Italia, non riesce ad ottenere od a rinnovare il famoso “soggiorno”, e nei confronti di chi intraprende, a costi estremi(si parla di più di 6000 euro sborsati allo scafista di turno) un viaggio della speranza verso l’Italia a bordo di gommoni o di carrette del mare, o pigiati nei sottofondi dei conteiners.
La fuga da territori dove la fame fa da padrone o dove si susseguono persecuzioni e conflitti, appare inarrestabile. Per cui un aumento dei controlli e della repressione fanno soltanto salire i prezzi delle tangenti degli scafisti e dei mafiosi proprietari delle carrette a perdere.
Dall’entrata in vigore della nuova legge, malgrado le statistiche
trionfalistiche e la “stretta” sui controlli di frontiera,
continuano ad arrivare in Italia migliaia di profughi e di immigrati esclusi da
qualunque possibilità di ingresso legale e dunque costretti alla
clandestinità. Ancora salvataggi da parte di navi commerciali, ancora
morti gettati in mare da scafisti senza scrupoli nel tentativo di raggiungere
le coste siciliane o pugliesi, cadaveri che si aggiungono ad altri cadaveri
disseminati nel mediterraneo per i tanti affondamenti. E le nostre motovedette,
se in alcuni casi sono riuscite a trarre in salvo i passeggeri delle carrette
del mare, spesso hanno invece provocato incidenti e la morte di donne e uomini
colpevoli soltanto di cercare di sfuggire alla fame.
Nei sei mesi di applicazione della Bossi-Fini gli sbarchi sono aumentati del 35%
rispetto al corrispondente periodo dell’anno precedente. A fine settembre 2002 erano sbarcati 16.500
clandestini, rispetto ai 12.000 dell’anno precedente. Successivamente,
anche a novembre e dicembre vi sono stati nuovi sbarchi , in Calabria, in Puglia, ma
soprattutto in Sicilia. Una fiumana di arrivi di immigrati che la
“tolleranza zero” invocata dal governo Berlusconi non è in
grado di arginare, e che ha provocato centinaia di morti annegati. Ovviamente
il numero dei clandestini in ingresso registrati rappresenta soltanto la punta
dell’iceberg. Si ritiene infatti che un numero superiore riesca a
sfuggire ai controlli, arrivando o naufragando senza testimoni.
Secondo Letizio Magliaro, giudice della prima sezione penale del
Tribunale di Bologna, la legge Bossi-Fini non raggiungerebbe l’obiettivo
che si era prefissata. “E’ una legge-manifesto, fatta per dire che
c’è più rigore contro i cittadini stranieri mentre
l’unico risultato è quello di affollare i tribunali e spendere
parecchi soldi per cercare di far funzionare il suo farraginoso
meccanismo”.
All’ emergenza ed al caos delle nostre frontiere, il Governo ha
risposto con decreti per accentuare l’efficienza delle operazioni di
polizia e di controllo e per approntare con urgenza nuove “piccole
Guantanamo”, come
vengono ormai comunemente definiti i centri di permanenza temporanea, dove
vengono “ospitati” gli immigrati scampati al naufragio prima di
essere identificati e rispediti al mittente.
Questi centri hanno ormai la fama di veri e propri lager, certamente
più penalizzanti e degradanti di un carcere. Tanto da indurre un
ispettore di polizia, Michele Pellegrino, a prendere carta e penna per chiedere
al Presidente della Repubblica di disporre la chiusura di uno tra i più
degradati, quello di Borgo Mezzanone, a pochi chilometri da Foggia. Con
recinzione in metallo e filo spinato, il centro ospita un centinaio di stranieri
per lo più fuggiti dalla Sierra Leone. Gli ospiti vengono trattati come
carcerati, ed in base ad una disposizione del questore di Foggia, svegliati e
contati ogni sei ore.
Ma lungi dall’abolirli, la nuova legge ha creato la
necessità di provvedere alla costruzione di nuovi centri con le medesime
caratteristiche. La legge Bossi-Fini, infatti, impone la detenzione o
l’espulsione immediata, molto difficile da realizzare per ogni immigrato
irregolare. Ma i centri di
accoglienza non sono più in grado di accogliere nuovi ospiti mentre
oltre la metà di quelli che vi vengono stipati finiscono per uscirne
dopo 60 giorni senza che si sia riusciti ad individuarne la nazionalità
e l’identità.
Contemporaneamente nei sei mesi considerati si sono susseguite
operazioni di polizia, retate di ogni genere, il cui vero scopo non è
stato quello di debellare la criminalità , bensì quello di
identificare gli extracomunitari non in possesso di permesso di soggiorno
provocandone l’espulsione.
Negli ultimi mesi sono stati segnalati molti casi (in particolare a
Bologna) di immigrati espulsi ancor prima che il magistrato convalidasse il
fermo presso il centro di permanenza temporanea. Proprio a Bologna una ragazza
rumena è stata riaccompagnata in patria con i voli organizzati dalla
questura, nonostante il giudice avesse annullato il provvedimento di
trattenimento eseguito il giorno prima.(La ragazza aveva subito una violenza sessuale e avrebbe dovuto
essere sottoposta a cure specialistiche in Italia)
Il “fronte” della legge italiana sull’immigrazione
oggi prevede: a) pene (fino a 4 anni) per i cittadini stranieri espulsi ma che
continuano a restare in Italia; b) pene (fino a 3 anni) per i cittadini
italiani che danno lavoro a cittadini stranieri clandestini; c) centri di
accoglenza ( ma la parola giusta è carceri) in cui gli espulsi attendono
l’identificazione. Non è difficile immaginare che entro qualche
mese avremo decine di migliaia di clandestini “criminali” (sono
60.000 le espulsioni annuali che non sono eseguite ma soltanto intimate) e di
datori di lavoro altrettanto criminali da contenere nelle patrie galere
Discorso a parte merita il problema delle prostitute. Nessuno nega che
il traffico di prostitute possa essere gestito da bande criminali che vanno
combattute, ma il tutto rischia di risolversi in un accanimento di tipo
razzista verso le stesse donne sfruttate. Così accade per le prostitute
nigeriane.
Con cadenza quasi settimanale in questi sei mesi sono partiti i voli
charter organizzati dal Ministero degli Interni per rimpatriare centinaia di
prostitute straniere entrate in Italia illegalmente. Il rimpatrio con il
charter segue quasi sempre la conclusione di un’indagine o di una
semplice operazione antiprostituzione (nella quale il giudice ha poca voce in
capitolo). Le donne straniere prive di documenti vengono prima identificate.
Poi, il ministero dell’Interno noleggia un velivolo per riportare a casa
le clandestine. Con una procedura di espulsione collettiva vietata dalla
Convenzione dei diritti dell’uomo.
I voli della vergogna sarebbero stati 22 negli ultimi sei mesi.
Questo senza tener minimamente conto del pericolo che sulle nigeriane
incombe al loro ritorno in patria. E’ notorio infatti che in base alla
legge islamica le donne rischiano la lapidazione ed altre pene corporali. E il loro rientro i cui motivi vengono
ufficializzati, espone le donne al pericolo di immediati provvedimenti
restrittivi nei loro confronti. Né finora, qualcuno tra le
autorità italiane o tra la stampa ha pensato di andare ad indagare che
cosa veramente succeda a queste sventurate dopo il rientro in patria.
Espulsioni e provvedimenti restrittivi nei confronti di stranieri sono
purtroppo comuni in tutta Europa. Ma la gente non è sempre
d’accordo, e lo dimostra.
Un caso emblematico. Il volo BA902 in partenza da Hearthrow (Londra)
verso Francoforte, doveva trasportare Salim Rambo, 23 anni, verso la Germania e
conseguentemente verso il suo paese di origine, lo Zaire, dove Salim avrebbe
corso seri pericoli per la sua vita, in quanto già imprigionato ai tempi
della guerra civile. Salim in precedenza era stato rinchiuso nel centro di
detenzione di Harmondsworth dove non aveva ricevuto alcuna assistenza legale e
non aveva potuto presentare richiesta di asilo. Alcuni passeggeri, informati da
attivisti del Cage (associazione che tutela i diritti dei migranti) di quanto
stava succedendo, per bloccare la deportazione si sono rifiutati di prendere
posto ed allacciare le cinture, impedendo così per due ore il decollo dell’areo
fino a quando Salim è stato fatto scendere e la deportazione è
fallita. I passeggeri autori della protesta sono stati poi trattenuti presso il
posto di polizia di Hethrow:
Queste azioni di
disobbedienza civile sono sempre più frequenti. Recentemente in Belgio
le compagnie aeree hanno dichiarato di non essere più disponibili ad
effettuare deportazioni per conto del governo, in conseguenza dei numerosi
episodi di protesta da parte dei passeggeri.
La necessità degli organi di governo e di polizia, nonché della magistratura di apparire molto efficienti nella lotta al terrorismo, ha dato l’avvio ad una serie di operazioni spettacolari, in base alle quali gruppi di immigrati, di religione islamica, sono stati accusati di preparare attentati, di costituire bande terroristiche. Il ritrovamento di cartine con obiettivi segnati, di esplosivi, di armi, ha coinvolto pachistani, marocchini, afgani, curdi. In tutti i casi le persone arrestate sono state poi rilasciate con mille scuse, per insussistenza di indizi, confermando la strumentalità di queste operazioni, tese soltanto a creare allarme tra la popolazione ed a ingenerare diffidenza e paura nei confronti degli stranieri, specie se islamici. In particolare quello dei 28 pachistani arrestati nel febbraio di quest’anno a Napoli, rione Forcella, accusati di associazione per delinquere finalizzata al terrorismo internazionale nonché di detenzione di esplosivi , e poi scarcerati, è un episodio francamente sconcertante che rischia di far perdere credibilità al sistema Italia e alla collaborazione internazionale..
10 - Un permesso per ammalarsi.
Un’indagine ad hoc sarebbe necessaria per monitorare le
condizioni degli immigrati rispetto alla salute ed alla assistenza sanitaria.
Come è noto la legge, ed anche la Bossi-Fini prevede l’erogazione
dell’assistenza sanitaria di base soltanto ai lavoratori immigrati
regolari e loro famiglie. Agli immigrati non regolari vengono erogate soltanto
le cure urgenti ospedaliere.
Grazie alla iniziativa di varie associazioni e di medici volontari, in
molte città sono stati aperti degli ambulatori polispecialistici rivolti
per lo più a migranti privi del permesso di soggiorno. Fin dal 1995
queste strutture sono state riconosciute dalle Asl, ed è stato istituito
il tesserino temporaneo di soccorso (valido sei mesi) che riconosce lo status
di “straniero temporaneamente presente” (STP). Con questo tesserino
si può accedere al servizio sanitario nazionale.
Ora, negli ultimi mesi, il clima pesante derivato dall’inasprimento
delle sanzioni contro l’immigrazione irregolare, ha provocato in tutto il
paese un moltiplicarsi di mala sanità o di assenza di interventi nei
confronti degli stranieri non in regola.
Dopo le tante denunce delle associazioni per immigrati e della Lega
antirazzista sulle piccole e grandi sopraffazioni nei confronti di cittadini
stranieri in campo sanitario, è da segnalare ad esempio la denuncia
dell’associazione “Cuneo Rosso” contro il Centro Sanitario di
Afragola che si rifiutava di emettere lo Stp, e quindi permettere le cure
sanitarie anche agli stranieri non in possesso di permesso di soggiorno. Mentre
numerose sono le denunce di donne immigrate con problemi ginecologici rifiutate
dagli ospedali pertinenti di zona.
Ultimamente il timore dell’espulsione o della reclusione nei
centri di detenzione, provocato dalla Bossi-Fini, tiene spesso i migranti
lontani da ogni ufficio pubblico, e quindi anche dalle strutture sanitarie. E
questo nonostante le norme vietino di denunciare alle autorità gli
irregolari che si presentino ai pronto soccorso. Per ovviare a tali
difficoltà nell’erogazione delle cure, molti medici che operano
nei poliambulatori a disposizione degli stranieri, hanno deciso di recarsi
direttamente nei campi nomadi e nei centri di prima accoglienza.(così
hanno fatto ad esempio i medici del Centro di via Montebello a Bologna).
La scarsa attenzione alla sicurezza legata al lavoro flessibile e
precario ha fatto aumentare gli infortuni sul lavoro. Degli ultimi quattro
morti sul lavoro in Toscana nel mese di febbraio 2003 tre sono albanesi.
Angielin Shiqueri aveva 26 anni. Riposa nel piccolo cimitero albanese
di Puke, il paese da dove era partito cinque anni fa, alla volta
dell’Italia, con le solite modalità dei disperati: un gommone lo
scaricò sulla nostra costa, Angielin da clandestino riuscì a
diventare regolare. Fece di tutto: cameriere, marmista, barista e boscaiolo.
E’ morto stritolato da una macina per il pietrisco in una cava di San
Marcello Pistoiese, dove aveva trovato lavoro, assunto, pare, secondo legge.
L’areo per il suo ritorno a casa è costato molto più del
suo stipendio, (da “La Repubblica” del 25.2.2003).
Con la nota emergenza caratterizzata da
scarsità di abitazioni in affitto economico, da poca edilizia
sociale(appena il 5% del totale patrimonio abitativo) e poco razionalmente
organizzata e da insufficienti interventi alternativi mirati alle fasce deboli,
deve misurarsi il flusso degli immigrati che investe l’Italia in maniera
sempre più massiccia.
A tre anni dalla indagine Ares “Il colore delle case” che aveva stimato in più di 500 mila gli immigrati privi della disponibilità di un alloggio decente, ed aveva denunciato come la situazione fosse disperata soprattutto nei grossi agglomerati urbani di città come Milano, Roma, Torino, Napoli, Firenze, Genova e Venezia, il quadro non appare cambiato.
Persistono situazioni abitative precarie di estremo
disagio improbabili per abitanti italiani, e che riguardano anche immigrati che
hanno lavoro e reddito (sovraffollamento, pernottamento in magazzini
industriali, in auto). Si arriva al punto che alcuni immigrati, quando devono
obbligatoriamente fornire alla Questura i dati per la propria individuazione
, anziché l’
indirizzo di un normale recapito, danno la sigla di una targa automobislistica.
Oltre che con le difficoltà comuni agli altri cittadini italiani che cercano una casa in affitto nel libero mercato, gli immigrati si trovano a dover fare i conti con alcune particolari “discriminazioni”:
1) i proprietari di case non affittano a stranieri (specie se
di colore o islamici) senza adeguate garanzie,
2) se affittano a stranieri pretendono un costo aggiuntivo e
in molti casi, per i regolari, anche la stipula di una fideiussione bancaria;
3) se affittano a stranieri,
specie nelle grandi città, l’affitto è in genere
transitorio e in nero.;
E’ certamente grave, ma non può essere
smentito: il passaparola fra proprietari ha creato ormai delle regole non
scritte, degli accordi taciti (potremo anche chiamarlo un cartello) che ha
regolamentato l’esistenza del costo aggiuntivo delineando un canone “speciale” per immigrati., canone che si colloca oltre il livello del canone
libero, e provoca in molti casi l’espulsione dei più deboli dal
mercato.
Tenendo conto degli attuali livelli medi dei canoni liberi in sette
grandi città (che, secondo dati del Sicet nel 2002 sono lievitati
mediamente del 50% rispetto all’anno precedente) , delle indicazioni
delle associazioni di immigrati, nonché di alcune agenzie immobiliari,
abbiamo potuto tracciare a titolo indicativo, i livelli medi di questi canoni
speciali :
Tab.1
CANONI MEDI IN ZONA SEMICENTRALE
(euro a metro quadro)
Città |
|
Canone libero per italiani |
Canone speciale per immigrati |
R O M A |
|
9,40 |
11,33 |
V E N E Z I A |
|
8,78 |
9,81 |
F I R E N Z E |
|
8,93 |
9,45 |
G E N O V A |
|
8,78 |
9,81 |
T O R I N O |
|
8,52 |
9,55 |
N A P O L I |
|
7,75 |
8,78 |
M I L A N O |
|
9,50 |
11,60 |
fonte: elaborazione Ares 2000 su dati Sunia
Dalla
tabella 1 risulta che attualmente gli affitti più cari per gli immigrati
riguardano Milano, seguita a ruota da Roma e da Venezia e Genova appaiate.
In pratica,
per fare un esempio, un immigrato residente a Roma che volesse affittare per
sé e per la sua famiglia un
appartamento di 60 mq in una zona intermedia, situata tra centro e
periferia, dovrà pagare una somma mensile non inferiore a 679,80
euro(che spesso supera l’ammontare del suo salario); se fosse cittadino
italiano ne basterebbero 564,00.
Un immigrato a Napoli dovrà invece pagare
526,80 euro (anziché 465,00 in quanto italiano).
Quanto all’edilizia popolare, la nuova legge ha introdotto nuovi limiti alle
possibilità per lo straniero di accedere all’edilizia residenziale
pubblica essendo richiesta la titolarità della carta di soggiorno (che
si può richiedere soltanto dopo sei anni) o di un permesso di soggiorno
almeno biennale (mentre prima bastava che lo straniero fosse soggiornante) e lo
svolgimento di regolare attività di lavoro (mentre in precedenza era
sufficiente l’iscrizione alle liste di collocamento).
Conseguentemente la percentuale di immigrati che usufruiscono di case
popolari si avvicina allo zero.
Il colpo mortale per le categorie a rischio lo ha dato infine la
Finanziaria diminuendo la quota di finanziamento ai Comuni per i buoni casa.
L’alto livello degli affitti speciali rende conveniente
l’acquisto di un appartamento, per cui molti lavoratori con un reddito
stabile e con regolare busta paga, nonché lavoratori autonomi
(commercianti o imprenditori) preferiscono ricorrere ad un mutuo bancario e
procedere all’acquisto di un immobile, il che dà meno problemi,
dal punto di vista delle discriminazioni, rispetto al regime degli affitti.. Da
una indagine effettuata a Roma, sarebbero già più di 10.000 i
proprietari di casa
extracomunitari in questa città, ma si può valutare che il
fenomeno, pur se ridimensionato rispetto a Roma, sia presente in tutte le
maggiori città.
La percentuale del PIL prodotta dal lavoro degli immigrati (che
peraltro non tiene conto del lavoro sommerso)è in continua crescita. Si
stima che nel 2002 sia stata del 3,5% con un incremento dello 0,3
rispetto al 2001.
Deve peraltro essere registrato un notevole incremento anche delle rimesse degli immigrati, cioè
dei risparmi che i migranti inviano ai propri familiari ancora residenti nei
paesi di origine.
Come è noto migrazioni e rimesse hanno giocato e giocano un
ruolo molto importante nella crescita di alcuni paesi in via di sviluppo. Attualmente
si calcola che il totale delle rimesse ammonti a circa 700 milioni di euro all’anno, di cui il 43,9%
destinato all’Asia, il 6% all’Africa e il 16% al continente
americano. Ultimamente, con l’avvento dell’euro e con la sua
rivalutazione rispetto al dollaro tali rimesse per i destinatari valgono circa
il 20% di più.
Contrariamente a quanto avviene in altri paesi europei, l’Italia
non ha una legge organica sul diritto di asilo. E con l’approvazione
della Bossi-Fini, le già
limitate possibilità di tutela del diritto di asilo per i 13.000 profughi
che ogni hanno si rifugiano in Italia, sono state sostanzialmente ridotte.
Il diniego dello status di rifugiato accompagnato da provvedimento di espulsione immediata anche in caso di ricorso mette gravemente a rischio l’incolumità fisica e la stessa sopravvivenza del richiedente asilo. La sostituzione della Commissione Centrale, precedente organo esaminatore delle richieste d’asilo con apposite Commissioni Territoriali composte quasi esclusivamente da personale locale, in assenza di rappresentanti diplomatici, comporta maggiore arbitrarietà e superficialità di giudizio e non garantisce l’uniformità di trattamento dei casi sul territorio nazionale. Con le norme sempre più restrittive contenute nella Bossi-Fini i richiedenti-asilo vedono quindi quotidianamente violati molti dei propri diritti fondamentali.
Condizione peraltro già resa precaria e disperata dal precedente
decreto n.51 del 9 aprile 2002 che aveva ratificato le espulsioni con
accompagnamento immediato in frontiera, già praticate da mesi su vasta
scala ed in forte sospetto di incostituzionalità.
Amnesty International, “Consorzio Italiano di solidarietà
“ e “Medici Senza Frontiere” hanno indetto una campagna per
denunciare la precarietà del sistema di accoglienza italiano e chiedere
leggi più organiche e più giuste.
Nel Novembre 2002 i giornali hanno dovuto parlare di 35 stranieri
provenienti dal Congo, dalla Liberia e dalla Sierra Leone, costretti a dormire
per più di 20 giorni sui marciapiedi della stazione Termini a Roma,
nonostante fossero titolari di un regolare permesso di soggiorno in quanto
richiedenti asilo. Mentre sempre più spesso vengono denunciate facili
espulsioni, dopo gli sbarchi, di
persone che chiedono rifugio e asilo ma che non vengono posti nelle condizioni
di esercitare i propri diritti. E’ ancora ignota la sorte toccata a
Muhammad Said al-Sakhri, il cittadino siriano espulso il 28 novembre scorso
benchè richiedesse asilo. Di lui non si sa più nulla da quando le
Autorità di Damasco lo hanno preso in “consegna” dopo il rimpatrio.
Essendo esponente di una organizzazione di opposizione al regime siriano,
rischia la condanna a morte.
Tutti i migranti sono trattati dai mezzi di informazione e dagli organi di polizia come “clandestini” anche quando appare evidente la loro condizione di richiedenti asilo. Ed intanto si intensificano i contatti internazionali con paesi caratterizzati da regimi autoritari come la Turchia e la Tunisia, per favorire il rimpatrio forzato di quanti vi erano transitati o ne erano fuggiti per ragioni di persecuzione politica.
14 - Profughi preventivi
Particolare allarme sta generando la previsione di un’invasione
di profughi iracheni che
secondo fonti governative cercherebbero di sfuggire al regime di Saddam, ma
più verosimilmente ai bombardamenti ed agli orrori della guerra che sta
per essere scatenata sul loro paese. Si parla di circa un milione e
duecentomila profughi che dovrebbero a breve termine arrivare nel nostro paese, per restarvi o per raggiungere altri paesi
europei, soprattutto la Germania.
Le prime avanguardie irachene avrebbero peraltro già raggiunto
l’Italia : domenica 2 marzo, ad un casello autostradale tra Ancona e
Piacenza, si è scoperto che un profugo iracheno si era fatto
quattrocento chilometri infilato nel vano portapneumatici di un camion.
Lunedì 3 marzo:settantacinque kurdi, stipati dentro un tir proveniente
dalla Grecia sono stati scoperti dalla Guardia di Finanza di Ancona.
La situazione viene affrontata con estrema leggerezza. Anna Maria
D’Ascenzo, capo dipartimento per l’Immigrazione del Ministero
dell’Interno, annuncia già la nascita di vere e proprie cittadelle
(leggi campi profughi) che ospiteranno i sudditi di Saddam stanchi del regime
iracheno. “Sarà possibile – precisa la D’Ascenzo
mettere su velocemente, con l’aiuto della Protezione Civile, dei centri
di accoglienza con roulotte e moduli abitativi.” Ma le località
dove attrezzare i campi, devono essere ancora individuate, mentre, come
è noto, la gestione dei centri di accoglienza è in completo caos
e l’offerta abitativa è nulla.. Il Governo, che si trova
già in difficoltà ad estendere l’assistenza sanitaria ai
700.000 immigrati regolarizzandi, non ha in realtà la minima idea di
come poter dare assistenza ad un nuovo milione di persone bisognose di tutto ma
soprattutto di cure sanitarie. Come al solito, ci si affida alla Caritas ed
alla solidarietà da parte delle popolazioni del Sud.
Non appare peraltro chiaro se ai profughi iracheni verrà
concesso lo status di rifugiato. In caso negativo, gli iracheni saranno tenuti
nei campi in stato di semi-detenzione.
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50.000 i nuovi ingressi irregolari / 1000 gi ingressi regolari
(agosto 2002-febbraio 2003)
- 20% la decurtazione del salario per i lavoratori immigrati irregolari
697.000 le domande di emersione – circa 120.000 le pratiche
finora definite
4000 euro per ottenere la certificazione di un contratto di lavoro
il 20% del totale dei lavoratori immigrati continua a lavorare in
nero
184.000 ( di cui 47.000 donne) sono gli immigrati imprenditori
93.000 le espulsioni intimate nel 2002, di cui circa 60.000 non
eseguite
22 i voli della vergogna (voli charter per espulsioni collettive
vietate dalla Convenzione dei diritti dell’uomo)
35% è l’aumento degli sbarchi di clandestini rispetto
al corrispondente periodo precedente alla approvazione della Bossi-Fini
500.000 gli immigrati in cerca di casa
Dal 10 al 20%
l’incremento dei livelli degli affitti pagati dagli immigrati
rispetto agli italiani.
10.000 a Roma e circa 50.000 in tutta Italia sono i proprietari di casa
extracomunitari
3,5% è la percentuale del PIL prodotta nel 2002 dal lavoro
degli immigrati con un incremento dello 0,3 rispetto al 2001.
700 milioni di euro annui è il totale delle rimesse degli
immigrati verso i paesi di origine.
1.200.000 i profughi attesi dall’Iraq in caso di
guerra.(saranno tenuti in accampamenti in stato di semi-detenzione?)
12,2 % la percentuale media di aumento di nascite di stranieri in
Italia nel 2002.
Circa il 10% dei matrimoni
in Italia viene celebrato tra coppie miste.
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ARES 2000 ONLUS
Marzo 2003
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