Ufficio stranieri in tilt

 

L'ufficio immigrazione della Questura di Milano scoppia, anche in

conseguenza della legge Bossi-Fini, che ha dirottato personale e risorse

altrove. Così venerdì gli agenti che aderiscono al sindacato UilPs si

«autoconsegneranno». Ovvero si fermeranno per altre tre ore, dopo la fine

del turno di lavoro alle 14, ad espletare le pratiche, anche se non

retribuiti. «Un'iniziativa - spiega Antonio Cicero, segretario provinciale

della UilPs - contro le gravissime carenze, che oltretutto stanno ammassando

un arretrato enorme. Tutta l'attività dell'ufficio sembra improntata alla

recente sanatoria e il risultato è che le altre pratiche (rinnovo di

permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari, attività ordinaria)

finiscono in ritardo di mesi. Una situazione logistica al limite del

collasso, che demotiva profondamente il personale». Secondo il sindacato di

polizia, «è disumano che bambini e neonati, figli di immigrati, siano

costretti a file interminabili, al freddo, per espletare normalissime

pratiche. La recente sanatoria andava affrontata in maniera efficace,

potenziando notevolmente tutto l'ufficio immigrazione di Milano, che è una

delle città italiane con maggior numero di immigrati». «La sanatoria -

spiega Cicero- ha permesso ha moltissima gente di emergere dal nero.

Veicolando però le risorse tutte in quella direzione e lasciando scoperti i

settori di contorno. Del resto, ci sono delle scadenze: il governo vorrebbe

regolarizzare tutti entro la fine dell'anno, ma è impossibile. Oltretutto

noi lavoriamo già con pochissimi mezzi. Ci manca di tutto, persino la carta

e la cancelleria. I computer sono obsoleti, spesso si guastano e - come è

noto - in questi casi la pubblica amministrazione non è un fulmine... Ma

questa volta i soliti vecchi problemi sono stati amplificati dalla novità

introdotta dalla riforma legislativa». Cicero sottolinea ancora come di

tutto ciò finisca per pagare anche l'utenza. «L'interfaccia

dell'extracomunitario è l'agente allo sportello. Che lavora a sei ore a

contatto con una fascia di persone con necessità primarie, come il lavoro e

la famiglia. Se l'interfaccia è stressata dalla mole di lavoro, in un

ambiente inidoneo, lavora meno bene. E se una persona è a posto, non si vede

perché debba aspettare otto, nove mesi per un suo diritto». E.Fov.