Ministero
dell’Interno
Dipartimento per le
Liberta’ Civili
e l’Immigrazione
Direzione Centrale per i
Diritti Civili, la Cittadinanza e
le Minoranze
Cittadinanza
_____________
La Cittadinanza Italiana
La Normativa, Le Procedure, Le Circolari
_____________
Introduzione
* * *
Nel corso degli ultimi anni di notevole
interesse sono risultate le attribuzioni della Cittadinanza soprattutto in
relazione all’imponente fenomeno della migrazione di cittadini stranieri,
provenienti principalmente da Paesi non comunitari, che hanno scelto
l’Italia quale destinazione per poter realizzare migliori condizioni di
vita e per i quali l’acquisto della cittadinanza del Paese di
destinazione può rappresentare lo strumento per la piena integrazione
nella nuova comunità.
L'attività generale dell’Ufficio,
infatti, è incentrata sulla trattazione delle questioni attinenti allo status
personae,
con particolare riferimento ai provvedimenti di conferimento della cittadinanza
in favore di stranieri residenti o coniugi di cittadini italiani, al
riconoscimento dello status di apolide, nonchè sulla vigilanza
dell’esatta applicazione delle leggi emanate nella materia e sullo studio
della legislazione e degli accordi internazionali di settore.
L’Ufficio è attualmente impegnato anche
nell’applicazione della Legge 14.12.2000, n. 379 concernente il
riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già
residenti in territori appartenuti all’Impero austro-ungarico ed ai loro
discendenti.
Pertanto, attesa la complessità della
disciplina trattata e considerata l’attività, propria
dell’Ufficio, di indirizzo e coordinamento per gli Uffici Territoriali
del Governo, gli Enti locali ed i Consolati, si è ritenuto di
predisporre il presente lavoro sulla materia della cittadinanza.
Tale studio vuole essere di ausilio anche alle
persone non addette ai lavori che vogliono, comunque, conoscere le disposizioni
inerenti la disciplina trattata.
Un grazie, pertanto, all’impegno
dell’Ufficio Cittadinanza che ha curato il presente volume, che
potrà costituire la base per eventuali altre pubblicazioni di
aggiornamento sulla materia.
Prefetto Anna Maria D’Ascenzo
Il
Capo Dipartimento per le Libertà
Civili e l’Immigrazione
Nota
* * *
L’Ufficio Cittadinanza della Direzione
Centrale per i Diritti Civili, la Cittadinanza e le Minoranze del Dipartimento
per le Libertà Civili e l’Immigrazione ha elaborato il primo
documento di studio concernente la materia della cittadinanza.
Lo studio è suddiviso in tre parti: la prima
parte concerne un commento alla normativa, con riferimento anche alla pregressa
legislazione.
La seconda parte riguarda invece le procedure per
ottenere, perdere o riacquistare la cittadinanza italiana: in questa parte del
documento di studio sono riprodotti anche alcuni modelli di domande e vengono
fornite indicazioni per la documentazione da allegare alle istanze di
cittadinanza o alle dichiarazioni da rendere secondo il formulario, pure
riprodotto.
Nella terza parte, infine, vengono riportate alcune
circolari più significative emanate dall’Ufficio Cittadinanza
sulla materia.
Nel
volume viene indicata una bibliografia riguardante le problematiche connesse
alla materia ed è corredato anche dalla legislazione sulla cittadinanza
attualmente in vigore e da quella pregressa.
Si
ringrazia, pertanto, l’Ufficio tutto per il contributo alla redazione del
documento di studio e in particolare la sig.ra Giuseppina Buono, in servizio
presso l’Ufficio Cittadinanza che ha curato la progettazione e
l’elaborazione del volume.
Prefetto
Elio Maria Landolfi
Il Direttore Centrale per i Diritti Civili
La Cittadinanza e le Minoranze
Parte Prima
_____________
Commento alla Normativa
La Legge 5 Febbraio 1992, n. 91 – I Regolamenti di Esecuzione: D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572
e D.P.R. 18 Aprile 1994, n. 362
La Legge 14 Dicembre 2000, n. 379
La Convenzione di Strasburgo del 6 Maggio 1963
_____________
Premesse e
Cenni Storici
La cittadinanza indica l’appartenenza di una
persona alla massima organica collettività politica: lo Stato.
La nascita del concetto contemporaneo di
cittadinanza può farsi coincidere con la costituzione dello Stato
Nazione, in cui il popolo diviene uno dei suoi elementi costitutivi.
La Nazione doveva costituire il fondamento del
“diritto delle genti” ed ogni popolo cosciente di essere una
nazione aveva il diritto di diventare uno Stato.
Si è resa così possibile la nascita
degli Stati contemporanei e, per converso, la dissoluzione dei grandi imperi.
Nel Medio Evo, nell’età dei Comuni e in
quella successiva dei grandi Stati cosiddetti “patrimoniali”
l’individuo era, invece, considerato “pertinenza” del
territorio su cui risiedeva e quindi l’appartenenza alla comunità
era data esclusivamente dal domicilio.
Ma in seguito, con la grande mobilità delle
persone legate allo sviluppo delle comunicazioni terrestri, della navigazione a
vapore, del telegrafo, l’appartenenza della persona ad una determinata
comunità statale connessa al possesso di una data cittadinanza, e non
già al domicilio in una comunità territoriale, diviene status
essenziale per le relazioni giuridiche interpersonali, nonché un
elemento di attribuzione di particolari facoltà.
In Italia il moderno concetto di cittadinanza nasce
con lo Stato unitario alla metà del 1800 e fin dalla nascita dello Stato
Italiano viene dato particolare rilievo al possesso della cittadinanza.
Ad esempio, occorreva esserne titolari per
l’accesso agli uffici pubblici; inoltre, proprio per la grande importanza
attribuita alla cittadinanza, veniva codificato un altro principio
fondamentale: una persona non poteva averne più di una.
A
dimostrazione della grande considerazione attribuita al suo possesso da parte
di una persona, basti pensare che fino al 1948 era prevista una forma di
cittadinanza attenuata, la cosiddetta “piccola cittadinanza”, che non comprendeva il godimento dei diritti
politici ed escludeva di conseguenza i suoi titolari dalla partecipazione alla
vita della comunità politica statale. Tale particolare status era
riservato a quelle popolazioni stanziate sul territorio delle colonie su cui
l’Italia esercitava il proprio dominio, considerato diverso dal
territorio metropolitano; di conseguenza diversa era la considerazione dei
propri abitanti.
Comunque,
la normativa sulla cittadinanza ha seguìto in Italia un processo di
costante liberalizzazione e nel corso degli ultimi anni ha assunto sempre di
più una valenza sociale e politica indicando o seguendo le linee di
apertura verso altre realtà che man mano emergevano e richiedevano il
loro riconoscimento.
Al
momento della costituzione dell’unità d’Italia, un primo complesso
di disposizioni riguardanti la cittadinanza fu dettato subito dopo la
proclamazione del Regno d’Italia. La materia era disciplinata dagli artt.
1-15 del Codice Civile del 1865, articoli tratti dal Codice Civile del Regno Sardo.
Peraltro, tale disciplina si rivelò
ben presto assolutamente inadeguata di fronte alle mutate condizioni politiche
e sociali del nostro Paese, e specialmente per il verificarsi
dell’imponente fenomeno dell’emigrazione transoceanica.
Infatti, il crescente sviluppo
della rapidità e facilità delle comunicazioni faceva si che molto
emigrati rientrassero in Italia con nuovi vincoli di cittadinanza contratti
all’estero e quindi in una posizione incompatibile col nuovo
ristabilimento in Italia.
La maggiore mobilità
delle persone determinò, altresì, un certo flusso di migrazione
verso l’Italia, per cui si verificarono con maggiore frequenza casi di
cittadini stranieri che chiedevano di acquistarne lo status civitatis: si
rivelò così inadeguato l’istituto della naturalizzazione
disciplinato dall’art. 10 del Codice Civile del 1865.
Tale disposizione, infatti,
prevedeva l’attribuzione della cittadinanza mediante un atto ampiamente
discrezionale del potere legislativo o esecutivo, svincolato, peraltro, dalla
necessità di un qualsiasi collegamento tra l’individuo e il nostro
Paese, quale ad esempio la residenza.
Si determinò, pertanto,
un forte movimento pari peraltro, a quello che si agitava nella maggior parte
dei Paesi europei, diretto a modificare le norme sull’acquisto, la
perdita e il riacquisto della cittadinanza, che indusse il Legislatore ad
emanare la legge sull’emigrazione del 1901 e poi, nel 1906 la normativa
sulla naturalizzazione, premiante per coloro che avevano legami con
l’Italia.
Tuttavia, il primo provvedimento
organico sulla cittadinanza italiana è rappresentato dalla legge 13
giugno 1912, n. 555,
entrata in vigore il 1° luglio dello stesso anno.
Questa legge non poteva non
risentire delle concezioni dei rapporti familiari così come formatisi in
una cultura ottocentesca, che assegnava una posizione di assoluta preminenza
all’uomo rispetto alla donna, a quel tempo comunemente riconosciuta.
Un ulteriore principio che
permeava la legge del 1912 è rinvenibile nella unicità della
cittadinanza del nucleo familiare, di cui il marito-padre rappresentava il
soggetto giuridico intorno al quale si consolidava la cittadinanza
dell’intera famiglia. Così, ad esempio, nel caso in cui il marito
avesse mutato il proprio status civitatis anche la moglie e i figli incorrevano nella perdita della
cittadinanza italiana, seguendo le vicende del pater familias e, al contrario, la mantenevano se questi la
conservava.
La disciplina del 1912 si
caratterizzava inoltre per la diffusa presenza di norme recanti ulteriori
automatismi che nel determinare l’effetto della perdita,
dell’acquisto o del riacquisto della cittadinanza, non tenevano in alcun
conto la volontà dell’interessato.
Tale
normativa, comunque, introduceva nell’ordinamento italiano un sistema
omogeneo e coerente destinato a rimanere vigente (sia pure con talune
significative modifiche) per ben ottant’anni fino all’entrata in
vigore il 16 agosto 1992 dell’attuale legge 5 febbraio 1992, n. 91, definita dallo stesso
Legislatore “Legge Organica”.
Successivamente
alla legge fondamentale del 13.6.1912, n. 555, erano state introdotte, in
particolare dopo il 1975, normative (legge n. 151\1975, legge n. 123\1983), che
avevano recepito gli indirizzi forniti dalla Corte Costituzionale con famose
pronunce, che più avanti saranno esaminate nel dettaglio, concernenti la
parità tra uomo e donna e il riconoscimento della volontà quale
cardine dell’acquisto e della perdita della cittadinanza.
Tuttavia,
per quanto innovativa, la nuova legge non ha determinato fratture con i
principi guida già presenti nella legge del 1912 che, sebbene integrata
dalle suddette normative, rimase, come abbiamo detto, legge fondamentale per
oltre ottanta anni.
In
tale contesto di continuità è possibile rinvenire, in
particolare, la prevalenza del principio dello ius sanguinis per l’acquisto della cittadinanza,
mentre lo ius soli assume
carattere residuale, così come lo deteneva nella legge del 1912.
La possibilità di mantenere la doppia
cittadinanza, che comunque è uno degli elementi innovativi della legge,
risultava peraltro già presente nella precedente normativa che
consentiva per talune specifiche fattispecie il mantenimento della
titolarità dello status civitatis originario pur con l’acquisto di una nuova
naturalità, con il chiaro obiettivo di mantenere il legame con la madre
patria, per il discendente nato all’estero da nostro connazionale ivi
emigrato (cfr. art. 7 della legge n. 555).
Ed
è appunto il fenomeno della migrazione, così come si è
manifestato nel nostro Paese nei diversi periodi storico-sociali (diversa
è infatti l’emigrazione dei primi anni del secolo da quella
verificatasi nel secondo dopoguerra)
che ha permeato e condizionato anche le scelte operate dal Legislatore
del 1992.
Infatti,
la legge attuale cerca di fornire una concreta risposta alle pressanti istanze
provenienti dalle Comunità dei nostri connazionali residenti in Paesi
esteri di vecchia emigrazione (soprattutto Argentina e Brasile) che, in
particolare nel corso degli anni ‘80, così come pressantemente
anche attualmente, hanno visto nel rientro nel nostro Paese una via
d’uscita alle degradate e precarie condizioni economiche, sociali e
politiche di quegli Stati. Hanno, quindi, mobilitato le forze politiche del Paese di origine
dei propri avi per rientrarvi a pieno titolo con i “diritti del
cittadino” o comunque per riacquistarli anche senza rientrare nel nostro Paese.
L’attuale
legge, pertanto, contiene diffuse disposizioni che riflettono il favorevole
atteggiamento nei confronti dei connazionali, per il riacquisto della
naturalità italiana in favore dell’ex cittadino o per
l’acquisto da parte dello straniero discendente da italiani per nascita
mediante naturalizzazione.
Peraltro, il Legislatore ha
differenziato il periodo di residenza necessario per l’ottenimento della
cittadinanza, tenendo conto dello status posseduto dal richiedente.
Così, da un massimo di
dieci anni di residenza legale sul territorio dello Stato prevista per il
cittadino non appartenente alla Comunità Europea è stabilito un
periodo minimo di tre anni per il discendente da cittadino italiano per nascita
entro il secondo grado e per lo straniero nato in Italia. Naturalmente, la
residenza di cui sopra deve essere conforme alle norme previste per il
soggiorno degli stranieri in Italia e di quelle in materia anagrafica, ovvero
deve assumere il carattere della legalità.
Inoltre, anche per lo straniero o apolide
coniugato con italiano, la residenza deve rispondere alle medesime
prescrizioni, finalizzate a rendere le posizioni di irregolarità non
suscettibili di effetti per l’acquisto della cittadinanza.
La
vigente legge, peraltro, pur essendo stata emanata nel 1992, risente in pieno del clima
socio-economico determinatosi nel decennio precedente, e ha recepito solo
marginalmente il fenomeno, che già si andava delineando all’atto
della sua promulgazione, rappresentato dall’immigrazione
dall’estero di consistenti flussi di stranieri senza alcun precedente
legame con l’Italia.
Pertanto, la vigente normativa, anche
confrontandola con quelle degli altri Stati della Comunità Europea, per
taluni aspetti non appare in grado di recepire pienamente la nuova domanda di
integrazione derivante dall’imponente -e per l’Italia nuovo- fenomeno dell’immigrazione; essa,
infatti, rimane saldamente ancorata alla piena ed incondizionata trasmissibilità
della cittadinanza per il principio dello ius sanguinis, prevedendo solo marginalmente
l’acquisto del nostro status civitatis secondo il principio dello ius soli.
Su
tale specifico punto, nel corso di questa e della precedente legislatura, sono
stati proposti numerosi schemi di modifica della legge del 1992, spesso
ispirati da motivazioni contingenti sulla spinta di fenomeni emergenti.
L’attuale
legge, comunque, contiene principi innovatori rispetto alla previgente
normativa che possono riassumersi nei seguenti:
Vengono di seguito analizzate in
dettaglio le singole fattispecie contenute nella legge, iniziando con le
modalità di acquisto della cittadinanza.
* * *
L’Acquisto della Cittadinanza
1. Per Nascita
Come già accennato, il principio cardine per
l’acquisto della cittadinanza è quello dello ius sanguinis, già presente nella pregressa
normativa del 1912.
Lo ius soli infatti resta un’ipotesi eccezionale e
residuale.
Pertanto,
l’art. 1 della
nuova legge stabilisce: “1. E’ cittadino per nascita:
a)
il
figlio di padre o madre cittadini;
b)
chi
è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono
ignoti o apolidi, ovvero se il
figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge della Stato al quale questi
appartengono.
2.
E’
considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio
della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra
cittadinanza”.
Viene, quindi, confermato il
principio dello ius sanguinis così come era già previsto dalla legge del 1912 e
così come era stabilito dall’art. 4 del codice civile del 1865.
Inoltre,
nel dichiarare esplicitamente che anche la madre trasmette la cittadinanza,
viene recepito in pieno il principio di parità tra uomo e donna per
quanto attiene alla trasmissione dello status civitatis, così come era stato stabilito nel
1983 dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 30 del 9 febbraio.
L’Alta Corte, infatti, con la citata
sentenza aveva dichiarato incostituzionale l’art. 1 della legge del 1912
nella parte in cui non prevedeva che fosse cittadino italiano per nascita il
figlio di madre cittadina.
Si sottolinea che la Corte
Costituzionale, dichiarando l’illegittimità costituzionale della
norma nella parte in cui non prevedeva che fosse cittadino per nascita anche il
figlio di madre cittadina, completava, così, la disciplina sancita dagli
artt. 1 e 2 della legge 13 giugno 1912, n. 555, rendendola conforme al dettato
costituzionale. In forza di tale sentenza additiva, quindi, hanno potuto
conseguire la cittadinanza italiana i figli nati da madre cittadina a condizione
che questa fosse in possesso di tale cittadinanza al momento della nascita dei
figli. Inoltre, poiché la disciplina è stata modificata
conformemente ai principi della Costituzione, è interpretazione
consolidata che la cittadinanza italiana in derivazione materna possa
attribuirsi nei casi in cui la nascita sia intervenuta dopo il 1° gennaio
1948, data di entrata in vigore della Carta Costituzionale.
Infatti, le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, con una sentenza emessa il 26 giugno 1998 (n. 12091), hanno
ribadito, nella sostanza, che l’efficacia delle pronunce della Corte
Costituzionale decorre dall’entrata in vigore della nostra Carta
Costituzionale, ritenendo che i rapporti e le situazioni sorti in data
anteriore al 1° gennaio 1948, anche se non consolidati, non esauriti e non
retrattabili, devono rimanere assoggettati alla disciplina previgente
all’emanazione della Costituzione, prescindendo dalla norma dichiarata
incostituzionale.
*
* *
La fondamentale prevalenza del criterio della discendenza
aveva indotto anche il Legislatore del 1912 a derogare in alcuni casi
particolari al principio dell’unicità della cittadinanza;
principio peraltro superato ora dalla legge del 1992, che all’art. 11
consente al cittadino che acquista una cittadinanza straniera di mantenere la
propria, salvo espressa rinuncia.
Infatti, poiché anche
l’art. 1 della legge del 1912 attribuiva la cittadinanza italiana per
derivazione paterna al figlio del cittadino a prescindere dal luogo di nascita,
poteva accadere che il figlio, se nato in uno Stato che attribuiva la
cittadinanza per nascita sul proprio territorio, risultava investito di un
duplice status civitatis.
Ciò in relazione alla
contemporanea applicazione della norma italiana e di quella straniera che
determinava l’insorgere di una situazione di bipolidia, rafforzata da un
particolare meccanismo giuridico retto dall’art. 7 della legge del 1912,
che era indirizzato a garantire il principio di nazionalità
nell’assegnazione dello status civitatis, secondo la tradizione propria degli ordinamenti
giuridici europei continentali fortemente influenzati dal pensiero romantico
sorto intorno all’idea di Nazione.
Tale
disposizione consentiva al figlio di italiano nato in uno Stato estero che gli
aveva attribuito la propria cittadinanza secondo il principio dello ius
soli, di conservare la
cittadinanza italiana acquisita alla nascita, anche se il genitore durante la
sua minore età ne incorreva nella perdita, riconoscendo quindi
all’interessato la rilevante facoltà di rinunciarvi al
raggiungimento della maggiore età, se residente all’estero.
Tale
norma speciale derogava, oltre al principio dell’unicità di
cittadinanza, anche a quello della dipendenza delle sorti della cittadinanza
del figlio minore da quelle del padre, sancito in via ordinaria dall’art.
12 della medesima legge n. 555\1912.
In
buona sostanza, per la legge 555\1912, risultava rilevante che al momento della
nascita sul territorio di uno Stato che attribuisse la cittadinanza secondo il
principio dello ius soli, il soggetto (che deteneva anche la cittadinanza straniera
per essere nato sul territorio di quello Stato) avesse il padre cittadino
italiano. Se poi il padre fosse incorso nella perdita della cittadinanza
italiana (ad esempio per naturalizzazione straniera), il figlio avrebbe
comunque conservato lo status civitatis italiano.
Fino
al 1912, invece, la perdita di cittadinanza del padre comportava in ogni caso
la perdita della cittadinanza per il figlio minorenne.
La disposizione contenuta nella
legge del 1912 venne concepita in un periodo in cui era considerevole
l’emigrazione dall’Italia verso i Paesi dell’America Latina
(che, com’è noto, tradizionalmente concedono la loro cittadinanza
per il solo fatto di essere nati sul territorio nazionale) e garantiva ai figli
dei nostri emigrati, attraverso la conservazione della cittadinanza, il
mantenimento del legame con il Paese di origine degli ascendenti.
La
norma, quindi, mediante la previsione della possibilità di conservazione
della cittadinanza italiana, apportava deroga da un lato, al principio di
unicità della nazionalità rinvenibile nella legge e,
dall’altro lato, al
principio secondo il quale il figlio minore seguiva le vicende di cittadinanza del
genitore esercente la patria potestà.
Ne
conseguiva che un soggetto, nato da un genitore italiano in uno Stato dove
vigeva lo ius soli, trasmettesse
ai discendenti la cittadinanza italiana, acquisita in derivazione paterna. Era
infatti improbabile che, raggiunta la maggiore età, ed essendo egli
già investito fin dalla nascita della cittadinanza dello Stato in cui
era nato, oltre che di quella italiana, rinunciasse a quest’ultima ai
sensi dell’art. 7 della legge n. 555\1912.
Si
è venuta così formando una cospicua collettività di
persone, nate e residenti all’estero, specialmente negli Stati meta delle
correnti emigratorie italiane, che sono attualmente titolari della cittadinanza
italiana, oltre che di quella dello Stato di nascita.
Si
rileva a tal proposito che tra le normative succedutesi negli ultimi 90 anni
non si rinvengono soluzioni di continuità nell’istituto
dell’attribuzione della cittadinanza a titolo originario, e quindi sin dal 1912, ma anche
anteriormente con il Codice Civile del 1865, può ritenersi italiano
il discendente di cittadino seppur nato all’estero ed ivi sempre
residente.
Le
condizioni richieste per tale riconoscimento si basano, da un lato sulla
dimostrazione della discendenza dal soggetto originariamente investito dello
status di cittadino (l’avo emigrato) e, dall’altro, sulla prova
dell’assenza di interruzioni nella trasmissione della cittadinanza (che
non vi sia stata naturalizzazione straniera dell’avo dante causa prima della nascita del
figlio, assenza di dichiarazioni di rinuncia alla cittadinanza italiana da
parte dei discendenti).
Relativamente
alle modalità del procedimento di riconoscimento del possesso jure
sanguinis della
cittadinanza italiana, le stesse sono state puntualmente formalizzate in una
circolare (la n. K.28.1 emanata dal Ministero dell’Interno in data 8.4.1991,
cfr. pag. 131) la cui validità giuridica non risulta intaccata dalla
successiva entrata in vigore della legge n.91/1992.
Secondo
questa direttiva, le istanze di riconoscimento corredate della prescritta
documentazione regolare e completa devono essere indirizzate al Sindaco del
comune italiano di residenza, ovvero al Console italiano nell’ambito
della cui circoscrizione consolare risiede l’istante straniero di ceppo
italiano.
Pertanto,
la competenza ad espletare il procedimento è attribuita all’Autorità
come sopra individuata, vale a dire in relazione al luogo di residenza della
persona interessata, intendendosi per residente il soggetto regolarmente soggiornante sul
territorio nazionale ed iscritto nel registro anagrafico della popolazione del
Comune del luogo di residenza.
La
disciplina vigente pone a carico del richiedente l’onere della produzione
dell’istanza corredata dalla prescritta documentazione regolare e
completa, che dovrà dimostrare che lui stesso e i suoi ascendenti, nati
nel Paese estero, mai hanno reso dichiarazione di rinuncia alla cittadinanza
italiana, facoltà, come si è già detto, loro attribuita,
al raggiungimento della maggiore età e mantenendo la residenza
all’estero, dall’art. 7 della legge n. 555\1912 (vigente sino al 15
agosto 1992).
Può
capitare, poi, che l’ascendente dante causa, sia emigrato dall’Italia antecedentemente alla
costituzione dell’unità d’Italia, con passaporto di uno
Stato preunitario.
Tale
circostanza può ritenersi non ostativa al riconoscimento della cittadinanza
italiana.
Infatti,
il Codice Civile del 1865, che regolava la materia della cittadinanza
antecedentemente alla legge 13.6.1912, n. 555, non escludeva dal possesso della
cittadinanza italiana i soggetti emigrati prima della costituzione del Regno
d’Italia.
Tuttavia,
è da sottolineare che i nati prima del 1861 ed emigrati in uno Stato
estero possono essere considerati cittadini italiani soltanto dal momento in
cui lo Stato preunitario di provenienza risulti entrato a far parte del Regno
d’Italia. Se, invece, al momento dell’eventuale naturalizzazione
straniera, o alla data del loro decesso, lo Stato preunitario di appartenenza
non fosse stato ancora inglobato nel Regno d’Italia, costoro devono
considerarsi non aver mai conseguito la cittadinanza italiana.
Si
precisa, altresì, che, come già accennato in precedenza, secondo
la legge del 1865, nonchè la successiva sull’emigrazione del
31.1.1901, n. 23, il figlio minore di colui che conseguiva una cittadinanza
straniera all’estero, - e che quindi perdeva la cittadinanza italiana-,
seguiva le medesime vicende di cittadinanza del genitore, dismettendo
anch’esso l’originario status civitatis.
Pertanto,
prima dell’entrata in vigore della legge n. 555 del 1912, ove il
capostipite avesse acquisito la cittadinanza straniera, anche successivamente
alla nascita del figlio minore, questi non manteneva lo status civitatis
italiano conseguito alla nascita, -come sotto la vigenza della citata legge n.
555 in virtù della particolare norma di cui all’art. 7-, ma ne
incorreva nella perdita e la poteva riacquistare soltanto con la residenza
in Italia. In questo caso, quindi,
i discendenti, richiedenti il riconoscimento della cittadinanza italiana, non
possono considerarsi detentori del nostro status civitatis.
*
* *
Anche il punto b) dell’articolo 1 conferma la prevalenza del principio dello ius
sanguinis per
l’acquisto della cittadinanza, riducendo l’adozione del criterio
territoriale ad una sorta di supplenza nei confronti di tutti coloro che per
diverse ragioni non conseguono una cittadinanza straniera per filiazione.
Esaminando
la norma di cui sopra, occorre tenere presente che i genitori devono
considerarsi ignoti
anche quando non lo siano dal punto di vista biologico, ma lo siano dal punto
di vista giuridico.
Quanto
all’eventuale condizione di apolidia dei genitori, tale status deve essere
effettivamente attestato: o in via giudiziaria a seguito
dell’accertamento da parte del giudice competente, oppure in via
amministrativa da parte del Ministero dell’Interno, secondo le
modalità indicate dall’art. 17 del Regolamento di esecuzione della
legge, emanato con D.P.R. 12.10.1993, n. 572.
Una
questione controversa sorta al riguardo è se nei confronti dei figli dei
rifugiati politici nati in Italia possa applicarsi la disposizione di cui
all’art. 1, n. 1, lett. b) della legge, atteso che l’art. 16, n. 2
della stessa legge equipara all’apolide, ai fini dell’applicazione
della legge, lo straniero riconosciuto rifugiato politico dallo Stato italiano,
con esclusione degli obblighi inerenti al servizio militare.
Al
riguardo, sembrerebbe doversi escludere che la fattispecie normativa in esame
possa essere applicata nei confronti dei figli dei rifugiati politici in
Italia, salvo che questi non versino anche in stato di apolidia.
Infatti,
secondo la Convenzione di New York del 28.9.1954, con il termine “apolide” si “indica una persona che nessuno
Stato, sulla base del proprio ordinamento giuridico, considera come suo
cittadino”; invece,
ai sensi dell’ art. 1 della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 deve
intendersi rifugiato politico la persona che a seguito degli avvenimenti sopravvenuti
successivamente al primo gennaio 1951 ed essendo perseguitata in ragione della
sua razza, religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza ad
un certo gruppo sociale o delle sue opinioni politiche, si trovi fuori dal
Paese di cui ha la nazionalità e che non può o vuole avvalersi
della protezione del proprio Paese di origine, per timore di persecuzioni. Tale
qualifica può naturalmente essere riconosciuta anche a chi, nelle
condizioni sopradescritte, non sia più in possesso di alcuna
cittadinanza.
Pertanto, deve ritenersi che il
riconoscimento dello status di rifugiato nei confronti di una persona non
implica che la stessa non sia in possesso della cittadinanza di origine.
Rafforza
questa tesi anche la circostanza che il Legislatore nel medesimo art. 16 della
legge n. 91\1992 ha escluso il rifugiato (a differenza dell’apolide)
dall’assolvimento degli obblighi militari, evidentemente proprio nella
considerazione che questi (sia pure solo formalmente) appartiene ad uno Stato
straniero.
Ciò
premesso, deve ritenersi che l’equiparazione della condizione di
rifugiato politico rispetto a quella dell’apolide, per ciò che
concerne l’applicazione della legge 5.2.1992, n. 91, debba dispiegare i
propri effetti secondo modalità mirate, che si pongano cioè, in
relazione alle specifiche finalità di ciascuna disposizione contenuta
nella legge medesima e non possa, invece, riguardare un’assimilazione
dell’uno o dell’altro istituto che sia generalizzata e valida in
riferimento ad ogni particolare disposizione normativa contemplata nella
medesima legge n. 91\92.
Da
ciò discende, che la condizione di rifugiato è equiparata a
quella di apolide ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana per
residenza (come vedremo oltre), apparendo, infatti, l’intento del
legislatore quello di fornire, a supporto della possibilità di
integrazione nella comunità nazionale, una tutela rafforzata nei
confronti dei soggetti che si trovano comunque in una situazione di
precarietà nell’ambito dell’ordinamento internazionale.
Pari finalità non sembra
rinvenibile nel disposto di cui all’art. 1, comma 1, lett. b) della
suddetta legge n. 91\92 il cui scopo deve invece individuarsi nel tentativo di
impedire l’eventuale insorgenza di una situazione di apolidia in capo ad
un soggetto nato in una località sottoposta alla sovranità della
Repubblica.
Infatti,
come già detto, il principio dello “ius soli” previsto dalla disposizione in esame
risulta applicabile solo allorquando l’interessato venisse a trovarsi
nella condizione di apolidia.
Per
quanto riguarda l’altro caso contemplato dalla norma e cioè
l’ipotesi che il figlio non segue la cittadinanza nè dell’uno, nè
dell’altro genitore secondo la legge nazionale di ciascuno, si ritiene
innanzitutto che tale circostanza oltre ad essere provata dai genitori del
minore deve essere verificata anche dall’esame della legislazione
straniera del Paese di appartenenza degli stessi e, se del caso, integrata da
dichiarazioni rilasciate dalle competenti autorità diplomatiche e
consolari dello Stato di origine dei genitori interessati.
Nessun
dubbio sussiste ai fini dell’attribuzione della cittadinanza italiana
secondo la disposizione in esame nel caso in cui la legge dello Stato straniero
d’origine dei genitori escluda che il figlio nato all’estero possa
conseguire la loro cittadinanza.
Tuttavia,
può accadere che la legislazione dei genitori non attribuisca
automaticamente alla nascita la cittadinanza ai figli nati all’estero dei
loro cittadini, ma ne sottoponga il conseguimento ad alcune condizioni o
adempimenti, come ad esempio la registrazione della nascita presso un consolato
o il rientro nel Paese di origine, oppure una dichiarazione espressa del
genitore esercente la patria potestà o, ancora, lo svolgimento del
servizio militare. In questi casi il bambino non acquista immediatamente al
momento della nascita la cittadinanza straniera, ma ha la possibilità di
acquistarla non appena si verifichi quanto previsto dalla legge del genitore.
Pertanto,
occorre analizzare che cosa intenda il Legislatore con il verbo segue; ove venisse interpretato nel senso di
“acquista immediatamente” sarebbe inevitabile concludere che il
bambino divenga italiano; infatti, la conclusione contraria porterebbe a
considerarlo apolide fino a quando non acquistasse la cittadinanza straniera
del genitore, in contrasto con le finalità della legge tese ad eliminare
i casi di apolidia.
In
questo caso, quindi, sarebbero i genitori del bambino a determinare, con loro
azioni od omissioni la cittadinanza del figlio: un tale fatto non sarebbe
però in linea con l’intento del Legislatore. Infatti, questi, pur
prevedendo una normativa finalizzata a limitare i fenomeni di apolidia, non
sembra abbia inteso però estendere l’attribuzione della
cittadinanza italiana ai nati nel territorio italiano, conseguente a
comportamenti od omissioni di altri soggetti (soprattutto i genitori) diretti scientemente
a forzare la legge.
L’ordinamento
italiano non sembra consentire in questo caso al soggetto di scegliere la
propria cittadinanza, in luogo di quella dello Stato di origine, tanto meno di
far dipendere tale acquisto da una condizione meramente potestativa, rimessa ad
una insindacabile opzione dei genitori stranieri.
La
formulazione dell’art. 1 appare unicamente diretta ad evitare situazioni
di apolidia destinate a protrarsi nel futuro: avvalora tale tesi la circostanza
che la disposizione in esame non contempla la perdita della cittadinanza
italiana acquistata iure soli qualora l’individuo consegua una cittadinanza straniera in un
momento successivo alla nascita. Tale norma assume infatti come momento
decisivo quello della nascita stessa e non può perciò dispiegare
effetti sulla cittadinanza italiana del minore il riconoscimento effettuato da
un genitore straniero o ex apolide in epoca successiva, cui consegua
l’attribuzione di una cittadinanza straniera.
Deve
pertanto, concludersi che il termine segue deve essere interpretato non già come
equipollente di acquista, bensì con il significato di “può
acquistare”.
Tale
orientamento è stato confermato dal Consiglio di Stato, con il parere n.
2482\92 del 30.11.1992, recepito dall’art. 2 del D.P.R. 12.10.1993 n. 572,
che infatti, stabilisce: “ Il figlio, nato in Italia da genitori
stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per nascita ai sensi dell'art.
1, comma 1, lettera b), della legge, qualora l'ordinamento del paese di origine
dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al figlio nato
all'estero, eventualmente anche subordinandola ad una dichiarazione di volonta'
da parte dei genitori o legali rappresentanti del minore, ovvero
all'adempimento di formalita' amministrative da parte degli stessi”.
Si
ha invece l’acquisto della cittadinanza secondo la norma di cui sopra,
nelle ipotesi in cui siano configurate condizioni sostanziali, come ad esempio
il caso in cui il figlio acquisti la cittadinanza del Paese d’origine dei
genitori a condizione che vi stabilisca la propria residenza, oppure vi assuma
un impiego o vi presti il servizio militare.
Il
comma 2 dell’art. 1
contempla, infine, il criterio residuale dello ius soli e nel prevedere l’attribuzione della
cittadinanza per il figlio di ignoti trovato sul territorio della Repubblica,
riprende sostanzialmente quanto già stabilito dalla legge del 1912.
L’attribuzione
della cittadinanza iure soli a titolo originario previsto dall’art. 1 della legge del 1992
deve essere collegata alla presunzione che la nascita sia avvenuta sul
territorio dello Stato e che i genitori siano entrambi ignoti o apolidi.
Tale
disposizione, quindi, non sembra riferirsi a qualsiasi minore, ma soltanto a
quello, la cui giovanissima età faccia ritenere che la nascita sia avvenuta
in Italia.
Deve
ritenersi, in sostanza, che il termine “trovato” vada collegato con l’evento nascita e
con la normativa disciplinante tale istituto nell’Ordinamento dello Stato
Civile (D.P.R. 3.11.2000, n. 396), il cui art. 38 dispone: “Chiunque
trova un bambino abbandonato deve affidarlo ad un istituto o ad una casa di
cura. Il direttore della struttura che accoglie il bambino ne da immediata
comunicazione all’ufficiale dello stato civile del comune dove è
avvenuto il ritrovamento. L’ufficiale dello stato civile iscrive negli
archivi di cui all’art. 10 apposito processo verbale nel quale indica
l’età apparente ed il sesso del bambino, così come
risultanti nella comunicazione a lui pervenuta, ed impone un cognome ed un
nome, informandone immediatamente il giudice tutelare e il tribunale per i
minorenni per l’espletamento delle incombenze di rispettiva
competenza”.
Da
tale connessione con l’Ordinamento di Stato Civile discende che
destinatario dell’art. 1, n. 2 della legge n. 91 può ritenersi il
neonato o il minore in tenera età. Sembra escluso che possa trattarsi di
un adulto, anche se incapace di intendere e volere e privo di documenti atti a
dimostrare la propria identità o cittadinanza. Qualora un soggetto in
tale condizione fosse rinvenuto sul territorio italiano, dovrebbe essere
considerato e trattato nella situazione di apolidia.
Quanto
alla nozione di “territorio della Repubblica”, devono ritenersi comprese anche le navi
iscritte nei registri marittimi italiani e gli aereomobili immatricolati nel
Registro Aereonautico Nazionale, battenti bandiera italiana. E questo nei casi
in cui siano, in base al diritto internazionale, soggetti all’ordinamento
italiano e sottratti ad una legge territoriale straniera. Per le navi, questa
circostanza si verifica quando sono in navigazione fuori dalle acque
territoriali.
Il
Legislatore, infatti, come più volte detto, ha previsto l’acquisto
della cittadinanza iure soli per evitare l’apolidia del soggetto, sul presupposto che il
legame rappresentato dalla nascita in Italia, ossia nell’ambito spaziale
in cui si esplica la sovranità nazionale, valga ad inserire la persona
nella comunità del Paese.
Non
sembra, invece, che si possa equiparare alla nascita in Italia la nascita nelle
sedi diplomatiche italiane all’estero, in quanto i limiti al potere di
governo dello Stato ospitante posti dal diritto internazionale sono finalizzati
ad assicurare esclusivamente l’esercizio della funzione diplomatica e non
appaiono tali da permettere di individuare un prevalente potere di governo
dello Stato cui appartenga l’ambasciata.
All’acquisto
della cittadinanza italiana secondo il principio dello ius soli può assimilarsi la disciplina
contemplata dall’art. 4, n. 2 della legge del 1992 (che tratteremo più
avanti – cfr. pag. 40), che appunto prevede il conseguimento della
cittadinanza italiana al raggiungimento della maggiore età se il
soggetto ha risieduto legalmente ed ininterrottamente sul nostro territorio
dalla nascita fino ai diciotto
anni e se rende un’esplicita manifestazione di volontà in tal
senso entro il diciannovesimo anno.
*
* *
2. Per Riconoscimento o Dichiarazione
Giudiziale della Filiazione.
L’acquisto della cittadinanza per
riconoscimento è contemplato dall’art. 2 della legge del 1992 il quale al comma 1 dispone che “Il
riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della filiazione durante la minore
età del figlio ne determina la cittadinanza secondo le norme della
presente legge” (il
secondo comma riguarda invece il riconoscimento di paternità per i
maggiorenni, i quali non acquistano automaticamente la cittadinanza italiana
del genitore ma soltanto se rendono una dichiarazione di elezione entro un anno
dal riconoscimento).
Questa
disposizione ripropone la tematica di cui all’art. 2 della legge del 1912
aggiornata alla luce delle innovazioni intervenute in materia di parità
tra uomo e donna e nell’ambito del diritto di famiglia.
In tal senso viene confermata la
soppressione del secondo comma dell’art. 2 della vecchia normativa,
già sancita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 30 del
febbraio 1983 che aveva dichiarato l’llegittimità costituzionale
della norma nella parte in cui privilegiava il riconoscimento o la
dichiarazione giudiziale della filiazione paterna rispetto a quella materna, perfino
nel caso che la prima fosse accertata successivamente alla seconda.
E’
da osservare, inoltre, che pur trattandosi sostanzialmente di un acquisto per
filiazione naturale, derivante dall’evento biologico della nascita da soggetto
italiano, il conseguimento della cittadinanza italiana ex art. 2 della legge
è da annoverarsi tra quelli a titolo derivativo. Infatti, in tale
ipotesi, il soggetto interessato acquista alla nascita lo status di cittadino, ma lo consegue una volta emanato
l’atto o il provvedimento che ha sancito la sua qualità di figlio
di una determinata persona. L’acquisto della cittadinanza è
conseguente quindi al riconoscimento del rapporto di filiazione, che
però decorre ex tunc e cioè retroagisce alla nascita.
Occorre
osservare che gli effetti concernenti la cittadinanza sono automatici ove il
riconoscimento o la dichiarazione giudiziale incidano direttamente nella sfera
giuridica del figlio in quanto minorenne. Come abbiamo già detto,
invece, nel caso questi sia maggiorenne è prevista la conservazione
dello status civitatis rivestito,
salvo la possibilità di eleggere la cittadinanza italiana determinata
dalla filiazione, rendendo apposita dichiarazione entro un anno
dall’avvenuto riconoscimento.
In
quest’ultimo caso, l’acquisto della cittadinanza opera però ex
nunc, e cioè dal giorno successivo a quello in cui
è stata resa la dichiarazione, trattandosi di atto di elezione.
Si
soggiunge, che l’art. 3 del regolamento della legge (D.P.R.
12.10.1993, n. 572) prevede che la
dichiarazione di elezione della cittadinanza di cui all’art. 2, secondo
comma della legge debba essere corredata dall’atto di nascita ai fini
dell’esatta individuazione dell’interessato, nonché
dall’atto di riconoscimento o copia autenticata della sentenza con cui
viene dichiarata la paternità o la maternità e dal certificato di
cittadinanza del genitore.
Detti
ultimi atti, infatti, costituiscono il presupposto per richiedere il beneficio
in esame.
E’
da osservare, infine, che la dichiarazione giudiziale di riconoscimento
potrebbe essere stata effettuata all’estero: in questo caso il computo
del periodo di un anno per rendere la dichiarazione di elezione della
cittadinanza deve effettuarsi dalla data in cui viene reso efficace in Italia
il provvedimento straniero.
*
* *
3. Per Adozione.
E’ da sottolineare che solo con la legge 5
giugno 1967, n. 431 la
posizione del minore adottato è stata equiparata a quella di figlio
legittimo; in precedenza, infatti, i minori stranieri adottati da cittadini
italiani non acquistavano la cittadinanza italiana.
La
legge 21 aprile 1983, n. 123 all’art. 5 e la legge 4 maggio 1983, n. 184
all’art. 39, hanno confermato tale impostazione.
Anche
la legge del 1992 ha disciplinato l’acquisto della cittadinanza in caso
di adozione.
L’art.
3 stabilisce infatti “1. Il minore straniero
adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche
nei confronti degli adottati prima della data di entrata in vigore della
presente legge”.
Tale
disposizione attribuisce effetti ex tunc e cioè il soggetto è cittadino
italiano a decorrere dalla data dell’adozione effettuata prima della
vigenza della legge del 1992.
L’acquisto
della cittadinanza a seguito dell’adozione avviene direttamente sulla
base del decreto di adozione emanato dal Tribunale per i minorenni, oppure da
quando diviene efficace in Italia il provvedimento di adozione di un minore
straniero da parte di un cittadino italiano emanato all’estero.
Perchè possa esservi acquisto
della cittadinanza italiana è indispensabile che almeno uno dei genitori
adottivi sia cittadino italiano al momento in cui diviene efficace il
provvedimento giudiziale, italiano o straniero, di adozione.
Se
invece i genitori adottivi fossero in quel momento stranieri e conseguissero la
cittadinanza italiana successivamente all’adozione, il mutamento di
quella del minore si verificherebbe per comunicazione di diritto ai sensi
dell’art. 14 della legge del 1992, regolante le vicende di cittadinanza
dei minori a seguito di mutamento di quelle dei genitori.
Con
la legge 31 dicembre 1998, n. 476 è stata ratificata la Convenzione per la tutela dei minori e la
cooperazione in materia di adozione internazionale stipulata a L’Aja il 29 maggio 1993 e sono state apportate
modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184.
Il
principio guida di questa Convenzione è riaffermare, sugli altri
interessi pur meritevoli di tutela, l’interesse primario del bambino
abbandonato, i cui precedenti legami affettivi sono stati interrotti.
Per
ciò che concerne il momento del conseguimento della cittadinanza
italiana è rilevante osservare che l’art. 34, n. 3 introdotto
dalla legge del 1998 stabiliva: Il minore adottato acquista la cittadinanza
italiana per effetto della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello
stato civile”.
Tale
dizione ha fatto sorgere dubbi in merito alla effettiva decorrenza
dell’acquisto della nostra cittadinanza da parte del minore.
Dal
tenore letterale della legge sembrava, infatti, che l’acquisto della
cittadinanza italiana da parte del minore adottato dovesse avere natura
costitutiva e con efficacia quindi ex nunc, ovvero dal giorno successivo a quello in cui si era
provveduto alla trascrizione del provvedimento di adozione e non dalla data in
cui il relativo provvedimento era divenuto definitivo.
Tale
ipotesi, oltre a sollevare delicati problemi (come ad esempio il caso in cui il
minore adottato, compiendo la maggiore età nel corso della procedura di
trascrizione, non conseguiva la nostra cittadinanza), non sembrava inoltre
attagliarsi allo spirito della legge.
La
ratifica della Convenzione, con la conseguente modifica della legge n. 184,
è quindi intervenuta non solo con l’intento di fornire una
maggiore uniformità delle procedure relative alla materia
dell’adozione internazionale fra Stati e una reale collaborazione tra gli
stessi, ma soprattutto allo scopo di realizzare pienamente l’interesse
del minore adottato, e l’assoluta parità tra il minore straniero
adottato ed il minore adottato in Italia.
E’
inoltre da sottolineare che la nostra legislazione ammette un solo tipo di
adozione: la cosiddetta adozione legittimante. L’art. 27 della legge n. 184, confermato e
richiamato dalla legge del 1998, stabilisce infatti che: “Per effetto
dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo
degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome”.
In relazione al tenore di tale disposizione
normativa, sarebbe impensabile che l’acquisto della cittadinanza da parte
del figlio adottivo non decorresse dalla data in cui diviene definitivo il
provvedimento che ha statuito l’adozione, bensì dal giorno
successivo a quello in cui viene trascritto il provvedimento stesso.
Una diversa interpretazione
appare in netto contrasto con il disposto di cui all’art. 27 della legge
che equipara lo stato di figlio legittimo a quello di figlio adottivo. Inoltre,
l’eventuale ritardo della trascrizione potrebbe comportare un danno nei
confronti del minore adottato, con riguardo alla sua situazione sociale o
patrimoniale.
Si è quindi ritenuto di
considerare la trascrizione un mero atto dichiarativo, necessario per fornire
pubblicità e regolarità al provvedimento di adozione,
riconoscendo peraltro al minore adottato la cittadinanza italiana con efficacia
ex tunc, ovvero dalla
data della pronuncia definitiva del giudice.
Questa
interpretazione risulta, tra l’altro, più conforme allo spirito
della legge, anche perchè lo stesso articolo prevede che il minore
straniero presente in Italia a seguito di un provvedimento straniero di
adozione o di affidamento a scopo di adozione, goda fin dal momento del suo
ingresso di tutti i diritti attribuiti al minore italiano.
D’altra
parte, anche in presenza di riconoscimento di paternità gli effetti di
tale riconoscimento non decorrono dal momento in cui viene resa la
dichiarazione del padre o del giudice, ma retroagiscono alla nascita del
soggetto riconosciuto e cioè al momento in cui si è verificato
tale evento.
Su
tale questione sono stati interpellati a suo tempo il Ministero della
Giustizia, all’epoca ancora competente nella materia dello Stato Civile,
nonché la Commissione per le adozioni internazionali, istituita in seno
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la citata legge del 1998.
E’ stato così acquisito
il parere conforme in ordine agli effetti della trascrizione del provvedimento
di adozione: tale formalità non può avere efficacia costitutiva
dell’acquisto della cittadinanza italiana, ma deve invece considerarsi
quale condizione per attribuire efficacia nel nostro ordinamento al
provvedimento di adozione che esplicherà i suoi effetti con decorrenza
retroattiva alla data della sua pronuncia, ma una volta trascritto.
Definitiva
conferma in tal senso ha fornito il Legislatore con la legge 28 marzo 2001, n.
149 (art. 22), che modificando il quinto comma dell’art. 26 della legge 4
maggio 1983, n. 184, ha stabilito: “gli effetti dell’adozione si
producono dal momento della definitività della sentenza”.
*
* *
4.
Durante la Minore Età.
Oltre le fattispecie che abbiamo
esaminato, trattazione a parte meritano le altre modalità di acquisto
della cittadinanza italiana da parte dei minorenni.
Al riguardo, è da
sottolineare che le legislazioni sulla cittadinanza dei Paesi europei, dal
dopoguerra ad oggi, stanno sempre più focalizzando l’attenzione
sui principi della tutela dei diritti dei minori e su quello della
parità dei “diversi”, principi ormai diffusi nelle coscienze
dei singoli e fissati in convenzioni internazionali.
Così nella Convenzione
Europea sulla Cittadinanza adottata a Strasburgo il 6 novembre 1997, non ancora ratificata dall’Italia,
grande attenzione è stata prestata ai minori.
La
legislazione italiana è, per questo particolare aspetto, in piena
armonia con le indicazioni contenute in tale Convenzione, per certi versi
anticipate da tempo, che possono sintetizzarsi in quattro punti fondamentali:
1.
maggiore
tutela per il minore;
2.
importanza
del suo inserimento nel nucleo familiare;
3.
autonomia
nella conservazione della cittadinanza anche in caso di perdita da parte del
genitore;
4.
conservazione
della cittadinanza di origine.
Pertanto,
oltre all’acquisto della cittadinanza italiana alla nascita, o durante la
minore età di un soggetto riconosciuto o adottato, vi sono altre forme
di acquisto della nostra cittadinanza nel corso della minore età di
una persona.
Secondo l’art. 14 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 “1.I figli minori di chi acquista o
riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la
cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in
possesso di altra cittadinanza”.
L’acquisto
interviene, quindi, per comunicazione di diritto, in conseguenza del mutamento di cittadinanza di
uno o di entrambi i genitori. Avviene automaticamente alla sola condizione
della convivenza e sempre che si tratti di un soggetto minorenne:
quest’ultimo status deve essere determinato in base all’ordinamento
italiano.
La
norma ha modificato le precedenti
disposizioni che
regolamentavano la cittadinanza dei minori e precisamente l’art. 12 della
legge del 1912 e l’art. 5 della legge 123 del 1983.
In
particolare, il primo
comma dell’ art. 12 della legge del 1912 prevedeva che il figlio minore
non emancipato di genitore che acquistasse o riacquistasse la cittadinanza
italiana acquistava anch’esso la medesima cittadinanza a meno che
risiedendo all’estero, non detenesse una cittadinanza straniera.
Pertanto,
mentre per il figlio minore residente in Italia l’acquisto della cittadinanza
italiana era automatico, per quello residente all’estero non si
verificava nel caso in cui il soggetto mantenesse la cittadinanza straniera.
Ove
il genitore l’avesse persa, anche il minore ne sarebbe stato privato se
con lui residente ed in possesso di altra cittadinanza.
La
ratio di tale
disposizione era quindi quella che la cittadinanza poteva essere dismessa dal
minore solo se in possesso di un’altra e si proponeva perciò non
solo il fine di assicurare l’unicità della cittadinanza per
l’intero nucleo familiare, ma soprattutto quello di evitare situazioni di
apolidia.
L’art.
12 della legge del 1912, inoltre, facendo riferimento al genitore esercente
la patria potestà dava
prevalenza alla cittadinanza del padre.
Infatti,
come sopra accennato, la cittadinanza materna ha assunto rilevanza solo dopo la
sentenza n. 30 emessa dalla Corte Costituzionale il 9.2.1983, che ha sancito
l’incostituzionalità dell’art. 1 della vecchia legge per la
parte che non prevedeva l’acquisto della cittadinanza italiana in
derivazione materna all’atto della nascita.
Era
necessario quindi introdurre una norma che sancisse la ritrovata parità
tra padre e madre in materia di cittadinanza e ciò è avvenuto con
la legge 21 aprile 1983, n. 123, entrata in vigore il successivo 27 aprile.
L’art.
5 di questa legge,
recependo in pieno l’orientamento espresso pochi mesi prima dalla Corte
Costituzionale, sanciva l’acquisto della cittadinanza italiana per il
figlio minore anche adottivo di cui uno dei genitori avesse acquistato la
cittadinanza italiana, anche se non fosse convivente con tale genitore, con
ciò rimovendo la rigidità del citato art. 12 della legge n. 555.
Pertanto,
in base a tale disposizione tutti i soggetti minorenni alla data del 27
aprile 1983 il cui padre o la cui madre fossero in possesso della
cittadinanza italiana o che ne venissero in possesso nel corso della loro
minore età dovevano essere considerati cittadini italiani e seguivano
incondizionatamente le vicende di cittadinanza del genitore, a prescindere dalla
residenza, dalla convivenza con l’uno o con l’altro, dal fatto che
la patria potestà fosse esercitata dal padre o dalla madre.
Analogamente,
la perdita della cittadinanza italiana da parte del minore avveniva soltanto se
i genitori non ne erano più in possesso.
Unico
adempimento richiesto dall’art. 5 era, per chi fosse stato in possesso
anche di un altro status civitatis, l’opzione per una delle due cittadinanze possedute
che doveva essere resa tra il diciottesimo e il diciannovesimo anno di
età: chi non rendeva alcuna dichiarazione di opzione o la rendeva per la
cittadinanza straniera incorreva nella perdita del nostro status civitatis.
Era
sorto tuttavia il problema per i figli dei cittadini italiani emigrati
all’estero che avevano acquistato anche la cittadinanza dello Stato di
nascita per lo ius soli:
era in dubbio se anche costoro fossero tenuti a rendere la dichiarazione di
opzione.
Il
Consiglio di Stato, interpellato in proposito, chiarisce invece con un parere
emesso nel 1990 che l’art. 5 della legge del 1983 disciplinava solo i
casi di doppia cittadinanza trasmessi iure sanguinis.
Pertanto,
la necessità di operare un’opzione valeva solo per quei figli che
si trovavano ad avere due cittadinanze, trasmesse entrambe iure sanguinis.
Restava
al di fuori della previsione dell’art. 5 ed era, pertanto, sempre
regolato dalla speciale disposizione di cui all’art. 7 della legge del
1912, il caso del minore iure sanguinis italiano, ma titolare di una seconda cittadinanza
iure soli (per essere nato
all’estero): in questo caso manteneva le due cittadinanze e poteva rinunciare a quella italiana solo divenuto
maggiorenne, e semprechè risiedesse all’estero, ai sensi
dell’art. 7 della legge del 1912.
Il
termine per l’esercizio dell’opzione, prorogato dalla legge
15.5.1986, n. 180 fino alla data di entrata in vigore della nuova legge sulla
cittadinanza, è stato abrogato espressamente dall’art. 26 di
quest’ultima, che non
prevede la perdita della cittadinanza italiana per acquisto, ancorchè
volontario, di altra nazionalità.
L’art. 14 della legge del 1992 ha, come sopraccennato, modificato le
disposizioni contenute nella precedente normativa, prevedendo che il figlio
minore di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana diviene cittadino se
convive con esso.
Perchè
il genitore divenuto italiano possa trasmettere il nostro status civitatis al
figlio, occorrono pertanto due
requisiti:
·
il rapporto
di filiazione
·
la
convivenza con il genitore.
L’art.
12 del Regolamento di esecuzione della legge (D.P.R. N. 572\93) ha specificato che la convivenza deve essere stabile ed effettiva ed
attestata con idonea documentazione.
Inoltre,
deve sussistere al momento dell’acquisto o del riacquisto del genitore.
Se interviene in un momento successivo o è cessata, il figlio minore non
consegue la cittadinanza italiana.
Tuttavia
si verificano casi in cui il concetto di
convivenza risulta di non facile determinazione.
Infatti, sono sempre più
frequenti casi in cui i coniugi vivono separati per motivi di lavoro o altro e
i figli trascorrono il proprio tempo con l’uno o con l’altro
genitore, oppure casi in cui i figli non convivono con i genitori, ad esempio
per motivi di studio.
Occorrerà valutare
pertanto tali situazioni volta per volta e potrà allora soccorrere
quanto la dottrina civilistica è venuta elaborando, anche sulla base
dell’orientamento accolto dalla giurisprudenza, in relazione al requisito
della convivenza prevista dall’art. 45 c.c. il quale stabilisce: “Ciascuno
dei coniugi ha il proprio domicilio nel luogo in cui ha stabilito la sede
principale dei propri affari o interessi.
Il
minore ha il domicilio nel luogo di residenza della famiglia o quello del
tutore. Se i genitori sono separati o il loro matrimonio è stato
annullato o sciolto o ne sono cessati gli effetti civili o comunque non
hanno la stessa residenza, il minore ha il domicilio del genitore con il quale
convive .. omissis ...”.
La
valutazione dovrà quindi tener conto della stabilità del rapporto
instaurato con l’uno piuttosto che con l’altro genitore sì
da verificare appunto l’effettiva convivenza.
E’
interessante notare che in forza della nuova legge, le vicende di cittadinanza
dei genitori non influenzano quelle dei figli minori.
Pertanto,
l’eventuale perdita della cittadinanza italiana da parte di uno o
di entrambi i genitori non comporta più la perdita automatica della
cittadinanza del figlio minore salvo, ovviamente, le ipotesi speciali
contemplate dalla Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963, che prevede
l’automatismo della perdita se il genitore acquisisce la cittadinanza di
uno Stato Contraente.
Tali ipotesi sono esaminate
oltre (cfr. pag. 63).
Inoltre,
in caso di doppia
cittadinanza, non sussiste l’obbligo di optare, come invece stabiliva
l’art. 5 della legge n. 123\83, per una delle cittadinanze possedute.
L’art.
14 prevede, però, la possibilità per il soggetto investito
durante la minore età del nostro status civitatis che vi possa rinunciare una volta divenuto
maggiorenne, sempre se in possesso di altra cittadinanza.
*
* *
5.
Per Beneficio di Legge, ovvero Dello Straniero o Apolide, Discendente in Linea
Retta entro il Secondo Grado da Cittadino Italiano per Nascita e di Quello nato
in Italia e residente legalmente fino al raggiungimento della Maggiore
Età.
Sopravvive nell’Ordinamento il modo di
acquisto della cittadinanza tradizionalmente detto “per beneficio di
legge”, ma con
importanti modificazioni che ridisegnano tale istituto rispetto al passato.
La fattispecie, regolata dall’art. 4 della
legge, riprende, modificandola, quella dell’art. 3 della legge del 1912,
attribuendo maggior rilievo al criterio della discendenza da un cittadino
italiano per nascita e riconoscendo ai fini dell’acquisizione del nostro
status civitatis, un valore preminente alla manifestazione di volontà.
Così,
il soggetto in questione conseguirà la cittadinanza italiana, dichiarando
previamente di volerla acquistare, alle seguenti condizioni:
1) con l’espletamento del servizio militare
nelle Forze Armate Italiane, o
2)
con l’assunzione di un pubblico impiego alle dipendenze del nostro Paese
anche all’estero, oppure
3) se al raggiungimento della maggiore età,
risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica.
L’articolo in esame regola
l’acquisto della cittadinanza italiana alla maggiore età per lo
straniero residente in Italia, di cui il padre o la madre o l’ascendente
in linea retta fino al secondo grado sono stati cittadini italiani per nascita.
Rispetto
al corrispondente art. 3 della legge del 1912 esso, da un lato elimina il
presupposto della residenza decennale in Italia dei genitori, dando maggior
rilievo a quello della discendenza da un cittadino per nascita,
dall’altro, evidenzia la preminenza riservata alla volontà della
persona rispetto alle situazioni di fatto.
In
particolare, riguardo alla pregressa normativa, l’elemento della
volontarietà viene introdotto nelle ipotesi della effettiva prestazione
del servizio militare per lo Stato italiano e dell’assunzione di pubblico
impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero.
Infatti, secondo la legge del
1912 in detti casi la cittadinanza si acquistava automaticamente, mentre ai
sensi della nuova disposizione è necessaria la preventiva dichiarazione
di voler ottenere la cittadinanza.
Si
sottolinea come l’attuale disposizione, per la concessione del beneficio,
faccia riferimento anche alla discendenza in derivazione materna.
Si
osserva al riguardo che il corrispondente art. 3 della legge del 1912 limitava
l’acquisto della cittadinanza unicamente nei confronti dello straniero
del quale il solo avo paterno, oltre al padre e alla madre, sia stato cittadino
italiano per nascita, escludendo pertanto i discendenti da avo di sesso
femminile.
In
tal modo è stata sanata una situazione che appariva in contrasto con i
principi costituzionali e sulla quale mai è intervenuta una pronuncia.
Si
vuole specificare, che ai fini dell’applicazione della norma, è
necessario che gli ascendenti siano stati cittadini italiani per nascita: non ricorrono pertanto i presupposti
richiesti dalla legge se l’avo al quale si fa riferimento ha acquisito la
nostra cittadinanza per naturalizzazione.
Esaminiamo
le tre ipotesi sopra elencate:
a)
se
presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano: al riguardo l’art. 1 del D.P.R.
12.10.1993, n. 572 concernente il Regolamento di esecuzione della suddetta
legge n. 91\92 ha chiarito: “b) si considera che abbia prestato
effettivamente servizio militare chi abbia compiuto la ferma di leva nelle
Forze Armate italiane o la prestazione di un servizio equiparato a quello
militare, a condizione che queste siano interamente rese, salvo che il mancato
completamento dipenda da sopravvenute cause di forza maggiore riconosciute
dalle autorità competenti”.
Occorre distinguere in proposito
l’assolvimento del servizio militare dalla prestazione del servizio
militare.
Si può
infatti soddisfare l’obbligo del servizio militare senza la prestazione
del servizio stesso in virtù di dispense od esenzioni previste dalla
legge.
Per ottenere il
beneficio di legge è invece necessario che il servizio sia
effettivamente reso.
Inoltre,
tenuto conto che l’art. 15 della legge del 1992 stabilisce che
l’acquisto o il riacquisto della cittadinanza ha effetto dal giorno
successivo a quello in cui si sono adempiute le condizioni e le
formalità richieste, la norma regolamentare stabilisce che la
prestazione del servizio sia interamente resa, salvo il sopravvenire di cause
di forza maggiore. Per la medesima considerazione l’art. 13 del regolamento
stabilisce che in detta ipotesi l’acquisto della cittadinanza decorre dal
giorno successivo a quello del congedamento.
Pertanto,
l’interessato non può invocare l’applicazione della norma in
caso di dispensa dal servizio militare.
Diversa
è la situazione se la prestazione del servizio militare divenisse
impossibile per il sopravvenire di fatti indipendenti dalla volontà
dell’interessato, come ad esempio il prodursi, durante la ferma, di una
inidoneità psico-fisica.
Destinatari
della norma in esame, inoltre, sono anche coloro che svolgono la prestazione di
un servizio equiparato a quello militare e quindi anche coloro che dovessero
sostituire il servizio militare con quello civile.
Affinché
si verifichino gli effetti della legge, occorre che l’interessato
dichiari preventivamente di voler disimpegnare il servizio militare al fine del
conseguimento della cittadinanza italiana: in mancanza di tale dichiarazione,
pertanto, l’interessato non acquisterebbe la cittadinanza, a differenza
di quanto prevedeva l’art. 3 della vecchia legge del 1912, in cui
acquisto, invece, era automatico.
b)
Se
assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e
dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana.
Al riguardo,
si osserva che il Legislatore ha collegato all’assunzione di pubblico
impiego, prevista dagli artt. 4, lett. b) –in esame- e 13, lett. b),
l’acquisto e il riacquisto immediato della cittadinanza italiana.
Viene
richiesta invece una certa durata nel rapporto – almeno cinque anni- nel
caso di prestazione del servizio ai fini dell’ottenimento della
cittadinanza per naturalizzazione previsto nell’art. 9, lett. c).
Inoltre,
le diverse dizioni usate (“assume pubblico impiego” e “ha
prestato servizio”) non sembrano essere casuali, ma volute per i diversi
effetti ad essi connessi.
Tali
dizioni sono stati chiariti dall’art. 1 del regolamento di esecuzione
della legge, il quale in particolare ha stabilito che “salvo i casi
nei quali la legge richiede specificamente l’esistenza di un rapporto di
pubblico impiego, si considera che abbia prestato servizio alle dipendenze
dello Stato chi sia stato parte di un rapporto di lavoro dipendente con
retribuzione a carico del bilancio dello Stato”.
Nell’ipotesi
prevista dall’art. 4, pertanto, non può ritenersi titolo idoneo per
l’acquisto della nostra cittadinanza l’attività prestata
quale contrattista a tempo determinato, configurabile, infatti, quale servizio, come richiesto dall’art. 9, lett. c)
e non già quale rapporto di pubblico impiego.
Si
precisa, poi, che entrambi i rapporti –servizio prestato e pubblico impiego- devono essere disimpegnati alle dipendenze
dello Stato.
Ne
restano escluse, pertanto, quelle attività autonome, quali ad esempio la
consulenza legale o l’assistenza tecnico-professionale in favore di
un’Ambasciata italiana, sia pure espletata con continuità e con
retribuzione periodica a carico dello Stato.
Ovviamente,
per l’acquisto previsto dall’articolo, occorre sempre la
dichiarazione, che comunque non può essere espressa utilmente dopo la
cessazione del pubblico impiego. In detta ipotesi, infatti, mancherebbe la
presenza contestuale di un requisito legittimante la richiesta e che
costituisce anche l’interesse per il quale è stato previsto il
beneficio in esame.
Ai
sensi dell’art. 3, comma 2 del D.P.R. n. 572 la dichiarazione deve essere
corredata dall’atto di nascita dell’interessato e dal certificato
di cittadinanza italiana per nascita dell’ascendente, al fine di
comprovare i requisiti voluti dalla legge.
c)
Se al
raggiungimento della maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni
nel territorio della Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento di
voler acquistare la cittadinanza italiana.
L’ipotesi normativa in
argomento attribuisce rilievo alla residenza ultrabiennale in Italia del soggetto
al momento del raggiungimento della maggiore età ed alla espressa
manifestazione di volontà entro l’anno successivo. Sono sorti
fondati dubbi sulla circostanza se sia irrilevante o meno, dopo il
raggiungimento della maggiore età e prima della dichiarazione di
volontà, il trasferimento della residenza all’estero del soggetto
interessato. Nonostante l’ambiguità della dizione della normativa,
sembra fondata l’interpretazione che esige la sussistenza contemporanea
di ambedue gli elementi della fattispecie, ossia della residenza in Italia al
momento della dichiarazione di volontà.
Ciò in
relazione sia alla lettera della norma che si riferisce ad un soggetto che
risiede attualmente in Italia, sia alla sua ratio, ravvisabile nel collegamento tra soggetto e territorio
e nel valore a ciò attribuito dal soggetto stesso con la propria
dichiarazione di volontà.
* * *
Come è stato accennato in precedenza,
anche il secondo comma dell’art. 4 contempla l’acquisto della cittadinanza italiana
secondo il principio dello ius soli.
Tale
disposizione, infatti, prevede il conseguimento del nostro status civitatis da parte dello straniero nato in Italia che
vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni dalla nascita fino al
raggiungimento della maggiore età, ove dichiari di volerla
acquisire entro un anno dal compimento della maggiore età.
E’
da osservare che anche qui -come d’altronde in tutte le fattispecie
contemplate dalla legge- viene
data una forte rilevanza alla manifestazione di volontà del soggetto
interessato: lo straniero nato e residente in Italia “diviene
cittadino” soltanto
se “dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana”.
La
dichiarazione di volontà prevista dall’art. 4, comma 2 deve
ovviamente essere resa dinanzi all’ufficiale di stato civile del comune
dove l’interessato risiede, così come prescritto dall’art.
23 della legge, producendo la documentazione che è indicata
all’art. 3 del D.P.R. 12.10.1993, n. 572.
L’acquisto della
cittadinanza decorrerà dal giorno successivo a quello in cui la
dichiarazione è stata resa con le modalità evidenziate.
Per
avvalersi della disposizione citata l’interessato dovrà aver
risieduto legalmente senza interruzioni dalla nascita fino al raggiungimento
della maggiore età nel
nostro Paese.
E’ importante soffermarsi sul concetto
di residenza legale che
d’altra parte è il cardine su cui ruota anche il procedimento di
concessione della cittadinanza italiana, che esamineremo in seguito.
La
relativa nozione risulta
chiarita dall’art. 1 del regolamento di esecuzione della legge (D.P.R.
572\93) che al riguardo stabilisce: “Ai fini dell’acquisto della
cittadinanza italiana ... si considera legalmente residente nel territorio
dello Stato chi vi risiede avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti
previsti dalle norme in materia d’ingresso e di soggiorno degli stranieri
in Italia e da quelle in materia di iscrizione anagrafica”.
Il
concetto di residenza indicato dall’art. 43 C.C. viene così
integrato, ai fini dell’acquisto della cittadinanza, dall’obbligo
per lo straniero di assolvere a tutti gli adempimenti connessi al suo soggiorno
in Italia: in particolare, essere in regola con le norme relative al permesso
di soggiorno e a quelle relative all’iscrizione all’anagrafe del
Comune di residenza.
Il
Legislatore sembra aver dato rilievo, per il conseguimento del nostro status
civitatis, non già
alla mera residenza abituale sul nostro territorio da parte dello straniero, ma
anche alla posizione di legalità, indicativa della piena integrazione
nel tessuto nazionale da parte dell’aspirante cittadino.
In
tal senso si è anche espresso il Consiglio di Stato, con il citato
parere n. 2482/92, reso in data 30.11.92.
Tuttavia,
non sono infrequenti i casi di soggetti nati in Italia da genitori stranieri
che non possono dimostrare l’ininterrotta residenza legale in quanto i
genitori hanno omesso di provvedere alla loro regolarizzazione, oppure hanno
provveduto ad assolvere agli adempimenti prescritti solo a notevole distanza di
tempo dalla loro nascita.
In
tali fattispecie, gli interessati non possono utilmente avvalersi per
l’acquisto della cittadinanza del periodo di permanenza in Italia,
peraltro valido sotto altri aspetti secondo il citato art. 43 Cod. Civ., atteso
che la loro residenza o parte di essa risulta sprovvista del requisito della
legalità, così come configurato dall'art. 1 del regolamento n.
572 del 1993, preferito ai fini della dichiarazione di elezione della
cittadinanza italiana da rendersi, come abbiamo detto, entro l'anno dal raggiungimento
della maggiore età.
Peraltro,
tenuto conto che l'obbligo di soddisfare le condizioni e gli adempimenti posti
dalla legge risultava imputabile all'esercente la patria potestà, sono
sorte perplessità per talune fattispecie in ordine alle conseguenze
negative che sono derivate nei confronti di tali soggetti, per
responsabilità non a loro direttamente imputabili.
In
proposito è stato interpellato il Consiglio di Stato, il quale con il
parere emesso dalla sezione prima in data 6 novembre 1996, ha ritenuto “...che
l’omisione o il ritardo della dichiarazione di soggiorno a nome del
minore possano considerarsi non pregiudizievoli, ai fini di cui si discute,
alla triplice condizione che:
a) la nascita del minore,
avvenuta in Italia, sia stata come tale regolarmente e tempestivamente
denunciata allo stato civile, anche ai fini anagrafici;
b) che i genitori fossero, al
momento della nascita, legalmente residenti con valido permesso di soggiorno ed
iscrizione anagrafica;
c) che tale condizione dei
genitori abbia continuato a permanere per tutto il periodo considerato, quanto
meno sino a che il figlio non abbia acquisito un titolo di soggiorno
autonomo”.
Secondo
l’Alto Consesso, quindi, “solo con il concorso delle suddette tre
condizioni ... si verifica, da un lato, la sussistenza di un titolo legittimo
ad ottenere il permesso di soggiorno, e dall’altro, la pubblicità,
certezza e stabilità della residenza del minore straniero in
Italia”.
Si soggiunge, che non
può usufruire della disposizione in esame, chi è nato in Italia,
ma ha interrotto la residenza sul nostro territorio.
Costui
potrà eventualmente beneficiare della previsione della lettera a)
dell’art. 9 della legge, secondo cui, come più avanti vedremo,
è possibile chiedere la concessione della cittadinanza in base al
presupposto della residenza legale di almeno tre anni, invece dei dieci
richiesti in via generale per i cittadini non comunitari.
* *
*
Come abbiamo accennato in premessa, l’Italia
da Paese di forte emigrazione è divenuto negli ultimi anni meta di
immigrazione sia da parte dei discendenti di chi a suo tempo era emigrato, sia
anche da parte di soggetti provenienti da Paesi le cui condizioni socio-economiche
risultano attualmente particolarmente degradate.
Nel
1990, anno in cui è entrata in vigore la “legge Martelli”
(n. 39\90), gli stranieri presenti sul territorio nazionale erano 781.000,
mentre già superavano il milione nel 1996, anno in cui intervenne la regolarizzazione
prevista nel decreto legge 489\1995 (la terza dopo quelle disposte nel 1986 e
nel 1990).
All’inizio del 1998, anno
dell’entrata in vigore della nuova legge sull’immigrazione n.
40\1998, gli stranieri soggiornanti in Italia ammontavano a 1.240.721.
Dal 1986 ad oggi si può
dire che la popolazione straniera si è pressoché triplicata e
siamo il quarto Paese nell’Unione Europea per numero di stranieri dopo
Germania, Francia e Regno Unito.
L’immigrazione
in Italia ha assunto via via il carattere di una sempre maggiore
stabilità, come attesta anche l’aumento dei ricongiungimenti
familiari e del numero complessivo dei conferimenti della cittadinanza.
Per
quanto riguarda quest’ultimo aspetto si constata un aumento progressivo
delle richieste di naturalizzazione italiana di cui quelle per matrimonio
restano predominanti.
In
particolare, mentre nel 1990 le concessioni di cittadinanza italiana per
residenza sono state n. 562 e quelle per matrimonio n. 4672 per un totale di n.
5234, nel 2001 sono state rilasciate n. 1203 concessioni per residenza e n.
9266 per matrimonio, per un totale di n. 10469.
In
proposito si riproducono delle tabelle ed i grafici riguardanti le concessioni
degli ultimi anni:
* * *
Gli artt. 5, 6, 7 e 8 della legge disciplinano l’acquisto
della cittadinanza
da parte del coniuge straniero o apolide di
cittadino italiano.
In
particolare, gli artt. 5 e 7 prevedono i requisiti e le modalità per il
conseguimento della cittadinanza da parte degli interessati, i quali possono
proporre istanza per il tramite del Prefetto del luogo di residenza dopo sei
mesi di residenza legale sul territorio italiano oppure, se residenti
all’estero, alla nostra autorità diplomatico-consolare competente,
dopo tre anni di matrimonio, se non vi è stato scioglimento,
annullamento o cessazione degli effetti civili dello stesso e se non sussiste
separazione legale intervenuta prima dei termini suindicati.
La legittimazione a richiedere la cittadinanza per
effetto del matrimonio contratto con cittadino italiano presuppone non solo la
validità del vincolo di coniugio per l’ordinamento italiano,
ma anche la trascrizione dell’atto di matrimonio negli appositi registri
di stato civile del Comune italiano competente (art. 6, comma 2 della legge).
Per
ciò che concerne il rapporto di coniugio, si fa presente che il Consiglio di Stato, in sede
di parere reso sullo schema di regolamento di esecuzione della legge n. 91\92,
ha rilevato che presupposto del provvedimento di cui all’art. 7 della
legge (e cioè dell’emanazione del D.M. di conferimento della
cittadinanza) è che in un determinato momento storico si sia verificato
il concorrere delle circostanze di fatto e delle condizioni giuridiche previste
dalla legge: vale a dire che l’apolide o lo straniero sia stato coniugato
per tre anni, ovvero per sei mesi, se residente in Italia, con un cittadino
italiano (cfr. Cons. di Stato pareri n. 2487\1992 del 30.11.1992 e n. 347\1993
del 17.5.1993).
Pertanto,
ad avviso del Collegio, salvo le cause ostative di cui all’art. 6 comma 1
della legge, “le modificazioni sopravvenute a quel momento storico
(scioglimento del matrimonio per effetto di divorzio dal coniuge italiano o per
effetto di decesso da parte dello stesso; trasferimento al’estero della
residenza, -qualora ai fini dell’acquisto della cittadinanza sia fatto
valere il requisito della residenza in Italia per sei mesi in costanza di matrimonio-
ecc.) sono irrilevanti, ancorchè, in ipotesi, anteriori alla
presentazione dell’istanza”.
Si sottolinea che in tale
fattispecie, all’autorità amministrativa compete esclusivamente
l’accertamento del possesso dei requisiti e l’inesistenza delle cause
ostative: una volta che tale accertamento abbia avuto esito favorevole, il
provvedimento appare vincolato, anche se per la causa di cui all’art. 6,
comma 1, lett. c) –sussistenza nel caso specifico di comprovati motivi
inerenti alla sicurezza della Repubblica- sussiste un certo margine di
discrezionalità; ma si tratta comunque di una discrezionalità da
esercitarsi nella fase dell’accertamento ed in essa si esaurisce.
E’ possibile affermare,
quindi, che il provvedimento attributivo della cittadinanza in conseguenza del
matrimonio rientra nella categoria dell’accertamento costitutivo; i suoi
effetti si producono ex nunc e non ex tunc,
ma il presupposto è che in un determinato momento storico si sia
verificato il concorrere di circostanze di fatto e di diritto previste dalla
legge.
La
cittadinanza, in tale ipotesi, viene conferita con Decreto del Ministro
dell’Interno (art. 7 della legge), la cui efficacia è subordinata
alla prestazione del giuramento, previsto dall’art. 10 della legge,
dinanzi all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza o davanti
all’Autorità diplomatico-consolare italiana, se
l’interessato risiede all’estero.
L’acquisto
della cittadinanza decorrerà dal giorno successivo a quello del
giuramento.
L’art.
6 contempla poi le cause di preclusione al conseguimento della cittadinanza per
i coniugi stranieri di italiani.
In
particolare, inibiscono il conseguimento della cittadinanza italiana per
matrimonio:
1)
la condanna per uno dei delitti previsti nel libro secondo, titolo I, capi I,
II e III del Codice Penale;
2)
la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena
edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna
per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte
di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata
riconosciuta in Italia;
3)
la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti alla
sicurezza della Repubblica.
L’art.
8, infine, nel contemplare le modalità per il rigetto dell’istanza
stabilisce anche che l’emanazione del decreto di rigetto è
preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza, corredata dalla
prescritta documentazione, sia decorso il termine di 730 giorni e che
l’istanza respinta per motivi inerenti la sicurezza della Repubblica
potrà essere riproposta dopo cinque anni.
* * *
Come
è stato evidenziato, l’attuale legge contiene diffuse disposizioni
che favoriscono l’acquisto della cittadinanza da parte del discendente di
cittadino italiano per nascita, ma nel contempo richiede che per
l’acquisto della cittadinanza italiana vi sia una piena integrazione con
il tessuto sociale ed economico della collettività.
Inoltre,
per l’acquisto della cittadinanza italiana per concessione, è
stato previsto, a differenza di quanto stabiliva la precedente legge, un
graduale periodo di residenza a seconda che lo straniero richiedente sia non
comunitario o titolare di altri particolari status che presuppongono la
maggiore integrazione di esso con la realtà italiana rispetto ai
cittadini non comunitari.
In particolare, l’art.
9 della legge contempla
l’istituto della concessione della cittadinanza italiana mediante Decreto
del Presidente della Repubblica, in precedenza regolato dall’art. 4 della
legge del 1912.
Tale
articolo prevede dunque discipline differenziate, in considerazione di
specifici requisiti degli aspiranti, graduando conseguentemente il periodo di
residenza legale occorrente per legittimare la proposizione della relativa
istanza.
In
via ordinaria viene richiesta una residenza legale sul territorio dello Stato
di almeno dieci anni per
gli stranieri non comunitari (art. 9, lett. f)), ma numerosi sono i casi per i
quali il periodo di residenza occorrente è inferiore:
- tre anni di residenza legale: per lo straniero di cui il padre o la madre o i nonni sono
stati italiani per nascita o per lo straniero nato in Italia: questa
disposizione contenuta nella lettera a) dell’articolo in esame è
stata prevista in favore di chi non ha potuto usufruire delle disposizioni
contemplate dall’art. 4 della legge;
-
cinque anni
di residenza legale successivi all’adozione: per lo straniero maggiorenne adottato da cittadino
italiano: detta norma attenua gli effetti della precedente disciplina che
mentre consentiva ai minori di acquisire immediatamente e automaticamente la
cittadinanza italiana, ne escludeva totalmente dal beneficio i soggetti la cui
adozione era intervenuta dopo il compimento della maggiore età.
Peraltro, nessuna previsione si rinviene nella legge per il figlio maggiorenne
legittimo del naturalizzato. Ove ci si dovesse attenere ad una interpretazione
letterale della norma, costui dovrebbe essere escluso da qualsiasi beneficio e
ciò comporterebbe un’ingiustificata discriminazione rispetto al trattamento
riservato al figlio maggiorenne adottato. Si ritiene, pertanto, che la lettera
b) dell’art. 9 possa trovare applicazione anche nei confronti del figlio
legittimo maggiorenne di straniero naturalizzato. Il termine dei cinque anni
dovrà farsi decorrere, a seconda dei casi, dall’acquisto della
cittadinanza da parte del genitore, o dalla data in cui si è
perfezionata l’adozione. Si soggiunge che il Legislatore ha previsto una
naturalizzazione agevolata anche per chi sia stato affiliato da cittadino italiano
prima della legge sull’adozione del 4 maggio 1983, n. 184: per costoro,
infatti, all’art. 21
della legge è previsto un periodo di residenza legale di sette anni dopo l’affiliazione. Naturalmente
tale disposizione potrà essere utilizzata sempre nel caso sia più
favorevole di altre contemplate dalla legge;
- non è previsto il requisito della
residenza: per lo straniero
che ha prestato servizio anche all’estero per lo Stato Italiano per
almeno cinque anni. Tale disposizione è contemplata dalla lettera c)
dell’art. 9: la precedente normativa del 1912 all’art. 4 ne
richiedeva tre;
- quattro anni di residenza legale: per il cittadino di uno Stato aderente alle
Comunità Europee; è previsto dalla lettera d) dell’art. 9;
- cinque anni di residenza legale successivi al
riconoscimento dello status per l’apolide o il rifugiato politico: è previsto nella lettera e)
dell’articolo e nell’art. 16 della legge. Detta previsione appare
conforme agli impegni assunti dall’Italia con la sottoscrizione delle
Convenzioni di Ginevra del 28 luglio 1951 per i rifugiati e di New York del 28
settembre 1954 per gli apolidi, in base ai quali gli Stati contraenti si sono
impegnati a facilitare all’interno delle rispettive collettività
l’assimilazione e la naturalizzazione dei rifugiati e degli apolidi.
Per ciò che concerne la
residenza legale, oltre alla nozione già illustrata in precedenza,
occorre soggiungere che tale requisito deve essere ininterrotto ed attuale al
momento della domanda di cittadinanza.
Questo
orientamento è stato confermato dal costante indirizzo del Consiglio di
Stato, il quale ha ribadito, con i pareri n. 2800\95 e 363\95 resi dalla
sezione prima, rispettivamente in data 22 febbraio 1995 e 1° marzo 1995,
che il periodo di residenza legale prescritto ed utile ai fini del
conseguimento della cittadinanza deve avere il carattere della
continuità. Anche il disposto di cui all’art. 4 del D.P.R.
12.10.1993, n. 572, al comma 7 chiarisce che le condizioni previste per la
proposizione dell’istanza di cui all’art. 9 della legge n. 91\92
devono permanere sino alla prestazione del giuramento di cui all’art. 10
della legge medesima.
Pertanto,
si può affermare che presupposto per l’emanazione del
provvedimento concessorio del beneficio invocato è che sussistano a tale
momento le circostanze di fatto e le condizioni giuridiche previste dalla
legge e non già che le
stesse si siano verificate in un dato periodo storico, cioè anteriormente
alla proposizione della relativa istanza, a differenza di quanto previsto per
l’acquisto della cittadinanza per matrimonio.
Come detto, l’art. 9 della
legge afferma che la cittadinanza italiana “può essere
concessa” allo
straniero residente legalmente nel nostro territorio per un periodo variabile
in relazione alle qualità o status posseduti.
Da ciò se ne deduce che
si tratta di un provvedimento ampiamente discrezionale, a differenza di quanto
previsto per i provvedimenti di naturalizzazione per matrimonio, i quali sono
da considerarsi atti dovuti in assenza delle cause preclusive tassativamente
indicate dalla legge.
Infatti, come affermato
ripetutamente dal Consiglio di Stato, l’Amministrazione ha il dovere di
valutare, oltre alla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge,
un’ulteriore serie di elementi dai quali possa essere tratto un giudizio
di merito circa l’opportunità dell’inserimento dello
straniero nella comunità nazionale.
Particolare rilievo assume
quindi la condotta tenuta dall’interessato, il livello di integrazione
nel tessuto sociale, la posizione reddituale e l’assolvimento dei
correlati obblighi fiscali, nonché l’inequivocabile volontà
di entrare a far parte della collettività italiana.
E’ possibile affermare che
l’emanazione del decreto concessorio di cui all’art. 9, resta
subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa
ampiamente discrezionale: è soltanto in questa ipotesi che si può
propriamente parlare di concessione, in quanto il possesso dei requisiti prescritti
è un presupposto, sì necessario, ma non sufficiente per
l’emanazione del provvedimento (cfr. Cons. di Stato parere n. 2487\1992
del 30.11.1992).
Il
secondo comma dell’art. 9 dispone, poi, che la cittadinanza italiana possa
essere concessa con Decreto del Presidente della Repubblica e previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell’Interno, di concerto con il Ministro degli Affari Esteri, allo
straniero che abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando
ricorra un eccezionale interesse dello Stato.
Tale norma ripropone
sostanzialmente, con qualche significativa modifica, la disciplina contemplata
nell'art. 1, capoverso 2 dell'abrogato R.D.L. 1° dicembre 1934, n. 1997, in
base alla quale era "in facoltà del Governo di concedere, in
casi eccezionali e per speciali circostanze, la cittadinanza", pur integrandola parzialmente con la
previsione ex art. 1, primo comma, numero tre del citato R.D.L. n. 1997/1934,
secondo cui la cittadinanza poteva essere concessa "allo straniero che risieda
da almeno due anni nel Regno ed abbia reso notevoli servigi all'Italia".
Proprio
in relazione a simile, illustrato regime il Consiglio di Stato, Sezione Prima,
con pareri, rispettivamente, n. 1297 del 5 luglio 1960 e n. 434/67 dell' 8
marzo 1967 espresse, da un lato, l'opinione che l'esercizio da parte del
Governo della facoltà attribuitagli dalla norma doveva essere
giustificata "da alte necessità di carattere politico o da
servigi di grande valore resi allo Stato" e, dall'altro lato, l'avviso che "la
concessione della cittadinanza per notevoli servigi resi all'Italia non solo ha
carattere eccezionale..., ma anche attribuisce, per la conseguente motivazione
del Decreto del Capo dello Stato una qualifica onorifica permanente, che
implica anche un apprezzamento politico sul valore dei servigi resi".
Le modifiche introdotte dal Legislatore del
1992 a tale particolare istituto, poichè si sostanziano essenzialmente
nell'introduzione di una dettagliata disciplina del relativo procedimento,
mentre da un lato non sembrano averne alterato la tradizionale natura,
dall’altro comportano la definizione di un iter istruttorio più
articolato e rigoroso rispetto al passato.
Se
ne ricavano le seguenti conclusioni:
1)
presupposto essenziale per l'applicabilità della disciplina di cui sopra
appare essere quello dell'accertamento della sussistenza dei requisiti ivi
contemplati, così come delineati dal citato indirizzo del Consiglio di
Stato;
2) l'avvio della relativa procedura non necessita di
un atto di impulso proveniente dal soggetto interessato, in quanto l'istituto
di che trattasi presenta nella sua configurazione caratteri tali da far
risaltare in modo particolare la discrezionalità dell'Esecutivo non solo
riguardo al merito della decisione,
ma anche in relazione all'opportunità ed ai tempi dell'avvio del
procedimento;
3) è necessario acquisire una dichiarazione
di assenso dell'interessato all'acquisto della cittadinanza in quanto il
mutamento dello status civitatis incide in maniera radicale sulla condizione
personale dell'individuo e non è, pertanto, possibile, secondo i
principi generali dell'ordinamento giuridico italiano, che esso intervenga nei
confronti di un soggetto cui sia riconosciuta la capacità di compiere la
generalità degli atti giuridici senza che il medesimo abbia manifestato
in forma idonea ed esplicita il proprio consenso.
Si
soggiunge, infine, che anche per questa fattispecie, il decreto presidenziale
di concessione della cittadinanza italiana non ha efficacia se
l’interessato non presta, davanti all’Ufficiale di stato civile del
comune di residenza, il giuramento di fedeltà alla Repubblica previsto
dall’art. 10 della legge.
Come
per l’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio e per
residenza, anche qui il conseguimento del nostro status civitatis
decorrerà dal giorno successivo a quello del giuramento.
* * *
7. Acquisto in forza del
Trattato fra la Santa Sede e l’Italia dell’11 Febbraio 1929.
Altra ipotesi di acquisto della
cittadinanza italiana è quella contemplata dall’art. 9 del
Trattato dell’11 febbraio 1929 fra l’Italia e la Santa Sede, reso
esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810.
Secondo
tale norma sono soggette alla sovranità della Santa Sede tutte le
persone aventi stabile residenza nella Città del Vaticano. Tali soggetti,
tuttavia, ove cessi la loro residenza nella Città del Vaticano e qualora
ritenuti dalla legge italiana privi di altra cittadinanza, saranno considerati
in Italia cittadini italiani.
Pertanto,
nel caso l’apolide, anche di origine straniera, assuma stabile residenza
nella Città del Vaticano e successivamente si trasferisca nel territorio
italiano deve essere considerato cittadino italiano. Tali benefici sono estesi
anche ai Cardinali residenti a Roma, fuori dalla Città del Vaticano.
Durante
la vigenza della legge 1912, che all’art. 8, n. 1 prevedeva la perdita
della cittadinanza italiana da parte del cittadino che trasferendo la propria
residenza all’estero conseguiva volontariamente una cittadinanza
straniera, era stata posta la questione se i Cardinali cittadini che
acquisivano la cittadinanza vaticana incorressero nella perdita dello status
civitatis
italiano secondo la norma suddetta.
Il
Consiglio di Stato ha escluso tale eventualità.
Infatti, l’Alto
Consesso ha precisato che l’acquisto della cittadinanza vaticana comporta
il mantenimento della cittadinanza italiana, in quanto la perdita di
quest’ultima contemplata dall’art. 8, n. 1 della legge del 1912
consegue all’acquisto di una cittadinanza straniera per un atto di libera
volontà: l’acquisizione della cittadinanza vaticana, invece,
interviene ope legis.
L’Alto Consesso ha
inoltre chiarito che la cittadinanza vaticana viene attribuita per porre le
persone fisiche incaricate di svolgere compiti di servizio sotto la protezione
di tale status civitatis affinché la Santa Sede possa perseguire le sue
finalità; pertanto tale status civitatis deve essere considerato cittadinanza
di servizio: per
questa sua peculiarità prevale sulla cittadinanza italiana, sia nei
rapporti con lo Stato italiano, sia con gli Stati terzi, derogando
perciò alla regola della prevalenza della cittadinanza locale nei casi
di doppia cittadinanza.
* * *
8. Il Riconoscimento della Cittadinanza Italiana
secondo la Legge 14 Dicembre
2000, n. 379.
Destinatari
della normativa in argomento sono le persone e i loro discendenti, emigrate
all’estero prima del 16 luglio 1920, ad esclusione dell’attuale Repubblica
austriaca, originarie dei territori già appartenuti all’impero
austro-ungarico (costituitosi il 25 dicembre 1867 e dissoltosi il 16 luglio
1920 con l’entrata in vigore del Trattato di San Germano del 10.9.1919),
attualmente facenti parte dello Stato italiano (province di Trento, Bolzano e
nella Venezia Giulia l’attuale provincia di Gorizia) o già
italiani, ceduti alla Jugoslavia con il Trattato di Pace di Parigi del
10.2.1947 e di Osimo del 10.11.1975.
Costoro possono ottenere il riconoscimento della
cittadinanza italiana qualora rendano una dichiarazione in tal senso con le
modalità di cui all’art. 23 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91,
entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge del 2000.
La nuova legge, tra
l’altro, si è proposta di facilitare il riconoscimento della
cittadinanza italiana nei confronti di coloro che non hanno potuto avvalersi
dei Trattati di Pace di Parigi del 10.2.1947 e di Osimo del 10.11.1975,
giacchè erano emigrati in terzi Stati prima del 1920.
Infatti, il Trattato di Pace di
Parigi del 10.2.1947 -le cui disposizioni verranno trattate più
diffusamente in occasione dell’esame delle norme concernenti il
riacquisto della cittadinanza italiana (cfr. pag. 78)-, all’art. 19
stabiliva: “1) I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano
domiciliati in territorio ceduto dall’Italia ad un altro Stato per
effetto del presente Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data
diverranno, sotto riserva di quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini
godenti di pieni diritti civili e politici dello Stato al quale il territorio
viene ceduto, secondo le leggi che a tale fine dovranno essere emanate dallo
Stato medesimo entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente
Trattato. Essi perderanno la loro cittadinanza italiana al momento in cui
diverranno cittadini dello Stato subentrante.
2) Il Governo dello Stato al quale il territorio
è trasferito, dovrà disporre, mediante appropriata legislazione
entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente Trattato, perchè
tutte le persone di cui al paragr. 1, di età superiore ai diciotto anni
(e tutte le persone coniugate, siano esse al di sotto o al di sopra di tale
età) la cui lingua usuale è l’italiano, abbiano
facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro il termine di un
anno dall’entrata in vigore del presente Trattato. Qualunque persona che
opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si
considererà aver acquistato la cittadinanza dello Stato al quale
territorio viene trasferito ... omissis ..”.
Considerato, pertanto, che detto
Trattato, così come anche il successivo di Osimo del 1975 fanno
riferimento, ai fini della opzione per la cittadinanza italiana, alle sole
persone di lingua ed etnia italiana, deve ritenersi che la nuova legge sia applicabile
unicamente a queste ultime e che è stato quindi necessario predisporre
gli strumenti atti a verificare l’appartenenza a detto gruppo
etnico-linguistico.
Si è provveduto,
pertanto, ad istituire un’apposita Commissione Interministeriale, come
peraltro già disposto per l’accertamento dei requisiti contemplati
dall’art. 19 del Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947 e
dall’art. 3 del Trattato di Osimo del 10.11.1975 per le fattispecie
riguardanti il riacquisto della cittadinanza italiana da parte di coloro che
non si avvalsero delle predette disposizioni pattizie (cfr. pagg. 78 e
seguenti).
La suddetta Commissione è
stata istituita con Decreto del Ministro dell’Interno del 2 marzo 2001,
è composta da rappresentati del Ministero dell’Interno, degli
Affari Esteri, della Giustizia e dell’Università “La
Sapienza” di Roma ed effettua l’accertamento dei requisiti previsti
dalla legge, nonché di quelli ulteriori derivanti dal quadro di
riferimento ai citati trattati, con particolare riguardo all’accertamento
dell’appartenenza al gruppo linguistico ed etnico italiano.
Il riconoscimento della
cittadinanza sarà effettuato dal Ministero dell’Interno sulla base
del preventivo avviso rilasciato dalla Commissione.
Le dichiarazioni dovranno essere presentate
agli Ufficiali di Stato Civile competenti in relazione al comune italiano di
residenza dell’interessato o alle nostre Autorità
diplomatico-consolari per i residenti all’estero.
Le dichiarazioni suddette, comunque,
benché iscritte nei registri di cittadinanza, saranno efficaci solo al
termine della procedura di riconoscimento così come sopra descritta.
* * *
La Perdita della Cittadinanza
E’ stato detto che la legge
del 1992, pur non determinando fratture con la pregressa normativa ha tenuto
conto anche delle istanze provenienti dalle Comunità dei nostri
connazionali residenti in Paesi esteri di pregressa emigrazione.
Pertanto,
il principio di unicità di cittadinanza sancito dalla legge del 1912,
seppur con la deroga proprio in favore degli emigranti contenuta
nell’art. 7 della pregressa normativa, è decaduto e anche qui, per
ciò che concerne la perdita della cittadinanza, tranne che per casi
particolari, si tiene conto della volontà dell’interessato, con
esclusione, quindi, di automatismi che al contrario erano diffusamente
contenuti nella legge del 1912.
1.
Per Rinuncia ai sensi dell’Art. 11
L’art. 11 della legge è la
disposizione che principalmente regola la perdita della cittadinanza italiana
stabilendo che: “Il cittadino che possiede, acquista, o riacquista una
cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa
rinunciare qualora risieda o stabilisca all’estero la propria
residenza”.
Prima
di esaminare l’articolo, occorre evidenziare che l’art. 20 della
legge circoscrive puntualmente gli effetti retroattivi della medesima
disponendo che lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla legge
stessa non si modifica se non per fatti posteriori alla data della sua entrata
in vigore.
Pertanto, i casi di perdita della
cittadinanza italiana verificatisi in data anteriore all’entrata in
vigore della nuova legge risultano consolidati in relazione alle norme vigenti
all’epoca del verificarsi dei fatti stessi.
Quindi
soltanto dal 16 agosto 1992, a differenza di quanto prevedeva l’art. 8
della legge 13.6.1912, n. 555, il cittadino italiano che risiedendo
all’estero acquista volontariamente una cittadinanza straniera conserva
quella italiana, salvo che non vi rinunci.
Di
tale facoltà sono altresì destinatari tutti i connazionali
investiti ab origine di
una o più cittadinanze straniere.
Presupposto,
pertanto, per l’esercizio della facoltà di rinuncia alla
cittadinanza italiana è il ricorrere delle seguenti condizioni:
La
perdita interverrà il giorno successivo a quello in cui la persona
interessata avrà reso la dichiarazione di rinuncia secondo le
modalità stabilite dall’art. 23 della stessa legge.
Il
vantaggio di tale norma appare di indubbio spessore. Consente infatti, al
connazionale il mantenimento dello status civitatis italiano anche
nell’eventualità dell’acquisto volontario di un’altra
cittadinanza straniera, offrendo al cittadino la possibilità del pieno
inserimento sociale e lavorativo nel Paese straniero che lo accoglie mediante
l’acquisto di quella cittadinanza, senza che ne possa derivare, come in
precedenza, la dura e penalizzante recisione del legame giuridico con la madre
patria.
Appare, però, opportuno evidenziare,
che la possibilità di mantenere anche la cittadinanza straniera, oltre
quella italiana, risulterà condizionata dalla specifica disciplina degli
ordinamenti stranieri.
Questi, infatti, possono contemplare la
perdita automatica della cittadinanza in caso di acquisto o riacquisto volontario
di altra cittadinanza.
Va
rilevato, poi, che l’art. 11 ribadisce il principio della non
rinunziabilità della cittadinanza italiana da parte del connazionale che
non sia titolare di altra o altre cittadinanze, al fine di evitare condizioni
di apolidia.
Pertanto,
il cittadino italiano che intende rinunciare alla cittadinanza italiana
potrà avvalersi di tale facoltà se in possesso di un altro status
civitatis.
* * *
2.
Per la Convenzione di Strasburgo
Al regime di carattere
generale previsto dall’art.
11 della legge, si contrappone una significativa eccezione.
Dispone, infatti,
l’art. 26, comma 3 della legge del 1992 che “Restano salve le
diverse disposizioni previste da accordi internazionali”.
L’Italia
unitamente all’ Austria, al Belgio, alla Danimarca, alla Francia, alla
Germania, alla Gran Bretagna, al Lussemburgo, alla Norvegia, ai Paesi Bassi,
alla Spagna, alla Svezia e all’Irlanda ha sottoscritto e ratificato la Convenzione
di Strasburgo del 6 maggio 1963 sulla riduzione dei casi di cittadinanza
plurima e sugli obblighi militari in caso di cittadinanza plurima.
Secondo
l’art. 1 della
suddetta Convenzione i
cittadini degli Stati contraenti incorrono nella perdita della loro precedente
cittadinanza nel caso di acquisto o riacquisto a seguito di una espressa
manifestazione di volontà della cittadinanza di uno dei Paesi che hanno
sottoscritto e ratificato la Convenzione medesima.
Pertanto,
nel caso in cui un cittadino italiano acquisti volontariamente la cittadinanza
di uno dei Paesi sopracitati (con esclusione di Gran Bretagna, Irlanda e Spagna
che hanno aderito soltanto al secondo Capitolo della Convenzione, riguardante
gli obblighi militari e quindi non sono destinatari delle norme sulla
limitazione dei casi di cittadinanza plurima), incorrerà nella perdita
della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 1 della norma
convenzionale risiedendo abitualmente o fissando la residenza all’estero.
Ovviamente
se l’interessato risiede in Italia non è soggetto a perdita a meno
che non sia autorizzato a risiedere all’estero dal Paese di cui ha
acquistato la cittadinanza.
Invece, i cittadini italiani che
acquistano volontariamente, risiedendo all’estero, la cittadinanza di
Gran Bretagna, Irlanda e Spagna mantengono lo status civitatis italiano di
origine, a meno che non vi rinuncino ai termini del citato art. 11 della legge
n. 91\92.
Si
soggiunge, al riguardo, che la Germania in data 21 dicembre 2001 ha denunciato
la Convenzione di Strasburgo. Pertanto, dal prossimo dicembre 2002 la norma
convenzionale non opererà neanche nei confronti di tale Stato.
L’Italia,
invece, con legge 14.12.1994 n. 703, ha ratificato e dato esecuzione al Secondo
Protocollo di emendamento alla Convenzione di Strasburgo, che peraltro, all’attualità,
è stato sottoscritto, oltre che dal nostro Paese, dalla Francia
(ratificato il 24.3.1995) e dai Paesi Bassi (ratificato il 20.8.1996).
In
base a tale Accordo è consentito il mantenimento della cittadinanza al
cittadino di una della Parti Contraenti che acquisti la cittadinanza di
un'altra Parte, quando:
a) egli acquisti la cittadinanza dell'altra Parte
nel cui territorio è nato e vi risiede;
b) acquisti la cittadinanza di un'altra Parte
Contraente sul cui territorio vi ha risieduto abitualmente per un periodo
avente inizio prima dell’età di diciotto anni;
c) sia coniuge di un cittadino di un'altra Parte
contraente la cui cittadinanza intenda acquistare.
Tali
disposizioni operano automaticamente nell’ordinamento giuridico dello
Stato contraente a seguito dell’emanazione della legge di ratifica
dell’Accordo stesso.
La
Convenzione di Strasburgo, inoltre, all’art. 2 consente a chi è in possesso della
cittadinanza di due o più Parti contraenti di rinunciare all’una o
alle altre, con l’autorizzazione della Parte contraente alla cittadinanza
della quale intende rinunciare.
Per
i cittadini italiani residenti all’estero detta disposizione appare
superata dall’art. 11, mentre invece, per avvalersene, chi risiede in
Italia dovrà ottenere l’apposita autorizzazione.
Ai
fini del rilascio o meno di questa, si dovranno valutare i motivi per i quali
viene richiesta, considerando le ripercussioni che la perdita della
cittadinanza potrebbe avere anche riguardo all’adempimento dei doveri
connessi alla condizione di cittadino.
La
Convenzione di Strasburgo regola anche le sorti di cittadinanza dei minorenni,
in relazione a quelle dei genitori.
Pertanto, perderà la
cittadinanza italiana il minorenne al quale si estende automaticamente la
cittadinanza di una Parte Contraente acquistata da entrambi i genitori.
Tale
disposizione contemplata al punto 3 del citato art. 1 in particolare
stabilisce: “Perdono ugualmente la loro nazionalità precedente
i minori, con esclusione di quelli che sono o sono stati coniugati, che
acquistano di pieno diritto la cittadinanza di un’altra Parte Contraente
al momento e per il fatto di naturalizzazione, opzione o reintegrazione del
loro padre e della loro madre. Allorchè solo il padre o la madre perde
la propria precedente cittadinanza, la legge della Parte Contraente della quale
il minore possedeva la cittadinanza determinerà quello dei suoi genitori
di cui seguirà la condizione...”.
Risulta, dunque, derogata la
disciplina generale, che in base alla legge 5.2.1992, n. 91 regola le sorti
dello status civitatis
italiano dei cittadini minorenni, la quale, infatti, dispone che costoro ne
mantengono in ogni caso il possesso, a prescindere dalle vicende di
cittadinanza dei loro genitori o dall'eventuale acquisto o riacquisto di altra
cittadinanza straniera a qualsiasi titolo intervenuto (cfr. art. 14).
Come
abbiamo accennato, il regime speciale introdotto dalla Convenzione di
Strasburgo, prevale sulla disciplina ordinaria ai termini dell'art. 26, comma
3, della stessa legge n. 91/1992 che espressamente richiama la vigenza delle
diverse disposizioni previste da accordi internazionali.
Da
ciò ne discende che, ai termini dell'art. 1, comma 2 della Convenzione, i minorenni italiani che
già detengano, o acquistino oppure riacquistino "iure
proprio", in conseguenza
di una manifestazione espressa di volontà, la cittadinanza di un'altra
Parte contraente la Convenzione di Strasburgo mantengono il possesso dello
status civitatis italiano in quanto la norma convenzionale contempla un
esplicito rinvio alla disciplina della legge nazionale che, nel caso
dell'Italia, non fa derivare alcun effetto sul possesso della cittadinanza
dalla dichiarazione di volontà volta al conseguimento di altro status
civitatis resa nel corso della minore età.
Qualora,
invece, l'acquisto della cittadinanza di un'altra Parte contraente derivi in
capo al minore italiano ai sensi dell'art. 1, comma 3 della Convenzione, vale a
dire in conseguenza e per il fatto del mutamento di cittadinanza del genitore,
la perdita interverrà soltanto se entrambi i genitori abbiano dismesso
la titolarità del nostro status civitatis.
*
* *
3. Per Rinuncia ai sensi degli Articoli 14 e 3
Come è stato accennato in precedenza
nell’esaminare l’acquisto della cittadinanza durante la minore
età, la possibilità di rinunciare alla cittadinanza italiana
è prevista oltre che dalla disposizione generale di cui all’art.
11 della legge, anche dall’art. 14 della stessa.
La
rinuncia contemplata da tale articolo è consentita per coloro che
abbiano ottenuto la cittadinanza italiana durante la minore età, in
quanto figli conviventi con il genitore divenuto cittadino.
Anche
qui, viene dato risalto alla volontarietà della persona: infatti,
coloro, che hanno conseguito lo status civitatis italiano senza il concorso
della propria volontà, hanno la facoltà di rinunciarvi, una volta
maggiorenni, senza l’ulteriore condizione del trasferimento della
residenza all’estero, come stabilito invece dall’art. 11. Inoltre,
detto articolo non pone alcun limite di tempo entro il quale manifestare detta
volontà.
Può
inoltre rinunciare alla cittadinanza, ai sensi dell’art. 3, comma 4 della legge il soggetto maggiorenne in
possesso di altra cittadinanza -anche se risiede in Italia-, a seguito di
revoca dell’adozione per fatto dell’adottante.
La
rinuncia deve essere resa entro un anno dalla revoca.
La
ratio di tale
disposizione è quella di fornire la possibilità
all’adottato di interrompere ogni legame, anche di comunanza di
cittadinanza, con l’adottante resosi responsabile delle cause che hanno
determinato la revoca dell’adozione.
Nelle ultime due fattispecie
esaminate, la perdita della cittadinanza conseguirà alla dichiarazione
di rinuncia resa secondo le modalità previste dall’art. 23 della
legge, nonché dagli artt. 8 (così come modificato dall’art.
110 del D.P.R. 3.11.2000, n. 396, recante il nuovo ordinamento dello stato
civile) e 14 del regolamento.
Detta ultima disposizione
prevede che la rinuncia alla cittadinanza ai sensi degli articoli 3, comma 4,
13, comma 1, lett. d) e 14 della legge consente di poter successivamente
acquistare la cittadinanza italiana soltanto in applicazione degli artt. 5 e 9
della legge, e cioè a seguito di naturalizzazione.
La disciplina appare finalizzata
ad impedire che un soggetto acquisti e rinunci alla cittadinanza ogni volta ed in qualsiasi momento lo
desideri, eventualmente per poter usufruire di vantaggi contingenti.
* *
*
4. Per Sanzione
Altre
ipotesi di perdita della cittadinanza italiana sono previste dagli articoli 12
e 3, comma 3 della legge.
Il
primo comma dell’art. 12 prevede che “il
cittadino italiano perde la cittadinanza se, avendo accettato un impiego
pubblico od una carica pubblica da uno Stato o ente pubblico estero o da un
ente internazionale cui non partecipi l’Italia, ovvero prestando servizio
militare per uno Stato estero, non ottempera, nel termine fissato,
all’intimazione che il Governo italiano può rivolgergli di
abbandonare l’impiego, la carica o il servizio militare”.
Per
la perdita qui contemplata, pertanto, è necessario che venga
preventivamente disposta all’interessato l’intimazione da parte del
Governo a cessare le attività indicate dall’articolo.
L’art.
9 del regolamento prevede poi che la cennata intimazione debba essere contenuta
in un Decreto del Ministro dell’Interno e che il termine consentito per
l’abbandono delle attività contestate decorra dal giorno della
notifica all’interessato. La perdita della cittadinanza da parte di chi
non ha ottemperato consegue dal giorno successivo al termine fissato dal
decreto di intimazione.
Il
secondo comma dell’art. 12 prevede la perdita della cittadinanza anche da parte di chi durante lo
stato di guerra contro uno Stato estero abbia accettato o non abbia abbandonato
un impiego pubblico o una carica pubblica, oppure vi abbia prestato il servizio
militare senza esservi obbligato o ne abbia acquistato volontariamente la
cittadinanza.
Ovviamente,
nelle ipotesi suddette la perdita della cittadinanza non è subordinata
al possesso di altra cittadinanza, trattandosi di sanzione.
Inoltre,
mentre per la fattispecie di cui al secondo comma non è ammesso il
riacquisto della cittadinanza contemplato all’art. 13, comma 2,
ciò è consentito nell’ipotesi di cui al primo comma.
Altra
ipotesi di perdita sanzionatoria è quella contenuta nell’art. 3,
comma 3.
Disposizione parallela a quella contenuta
nel terzo comma del medesimo articolo, prevede la perdita della cittadinanza
italiana da parte dell’adottato, qualora l’adozione sia revocata
per fatti a questi imputabili.
In
tale caso, tuttavia, a differenza di quelli precedentemente analizzati, occorre
che l’interessato sia in possesso di altra cittadinanza o che riacquisti
automaticamente quella di origine a seguito della perdita della nostra.
*
* *
IL Riacquisto della Cittadinanza
Con l’entrata in vigore della legge 5.2.1992,
n. 91, l’istituto del riacquisto, già regolamentato
dall’art. 9 della legge n. 555, risulta disciplinato, in via generale,
dalle norme previste dall’art. 13 e, in via transitoria, da quelle di cui
all’art. 17 della predetta legge n. 91\92.
1. Secondo l’Art. 13
L’art. 13 della legge disciplina l’istituto del
riacquisto della cittadinanza italiana per chiunque l’abbia persa, a
prescindere dai motivi di perdita (tranne per i casi per i quali espressamente
viene richiesta la naturalizzazione -cfr. art. 14, n. 3 D.P.R. 12.10.1993, n.
572-).
Nella
pregressa normativa, invece, l’art. 9 della legge n. 555\1912 contemplava
la facoltà di riacquistare la cittadinanza italiana solo in presenza di
specifiche cause di perdita.
Si
osserva, che anche per il riacquisto della cittadinanza la legge attuale, nel
determinare le relative modalità, tende a privilegiare la manifestazione
di volontà del soggetto interessato.
Nella pregressa normativa,
invece, si teneva conto di meri comportamenti, peraltro non configurabili quale
esplicita volontà di riacquisto, con la conseguenza che venivano
applicati degli automatismi che in realtà rendevano al riguardo
irrilevante la volontà dell’interessato.
Unica
area di automatismo è quella rinvenibile alla lettera d) dell’articolo in esame che appunto
prevede il riacquisto automatico della cittadinanza italiana (riducendo,
rispetto alla precedente normativa, la residenza nel territorio della
Repubblica ad un solo anno), ma riconoscendo, contestualmente, all’ex
connazionale la facoltà di rinunciare al nostro status civitatis
al fine, appunto, di salvaguardarne la volontà.
In
particolare tale disposizione stabilisce: “1. Chi ha perduto la
cittadinanza la riacquista: … d) dopo un anno dalla data in cui ha
stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa rinuncia
entro lo stesso termine;”.
Tale fattispecie normativa,
quindi, prevede il riacquisto automatico della cittadinanza italiana sul
presupposto della mera residenza sul territorio della Repubblica protratta per
un anno, salvo la facoltà di rinunciarvi entro il medesimo arco
temporale.
Relativamente alla portata del disposto di
tale fattispecie, è da sottolineare che hanno recuperato il nostro status
civitatis tutti coloro i quali
alla data di entrata in vigore della legge n. 91, (16.8.1992) risiedevano da
almeno un anno nel nostro territorio.
Per
costoro, all’art. 18 del regolamento di esecuzione della legge (D.P.R. n.
572\1993), è stata contemplata la facoltà di rinunciare al
riacquisto di cui all’art. 13, comma 1 lett. d) della legge presentando
apposita dichiarazione entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
regolamento medesimo.
Anche
qui occorre osservare che a norma dell’art. 14, n. 3 dello strumento regolamentare,
la rinuncia alla cittadinanza ai sensi dell’art. 13, comma 1, lettera d),
comporta di poter successivamente acquistare la cittadinanza soltanto in
applicazione degli articoli 5 e 9 della legge, mediante quindi
naturalizzazione.
Come
accennato prima, poichè il riacquisto previsto dall’art. 13 della
legge, ha carattere generale, è applicabile anche nei confronti di quei
soggetti già in possesso della cittadinanza italiana, ma che ne erano
stati privati in conseguenza di un evento giuridicamente rilevante per
l’ordinamento italiano vigente all’epoca dell’evento stesso.
Così il riacquisto può essere conseguito oltre che da parte di
coloro che avevano perso la cittadinanza italiana in virtù delle disposizioni
di cui agli artt. 8 o 12 della legge del 1912, anche da parte della donna che,
anteriormente al 1° gennaio 1948, era incorsa nella perdita della
cittadinanza italiana a seguito del matrimonio contratto con straniero ex art.
10 della legge n. 555. In tale ipotesi, comunque, è stata contemplata la
dichiarazione di cui all’art. 219 della legge 19.5.1975 n. 151, sul nuovo
Diritto di Famiglia e ribadita dal secondo comma dell’art. 17 della
medesima legge n. 91, con particolare riferimento alle nostre ex connazionali
residenti all’estero (la cui posizione verrà esaminata oltre).
Peraltro,
tale categoria di connazionali, ai fini del riacquisto della cittadinanza
italiana, potranno usufruire indifferentemente sia delle disposizioni di cui
all’art. 13 della legge 5.2.1992, n. 91, sia di quelle contemplate
dall’art. 219 della legge 19.5.1975, n. 151, richiamate dal secondo comma
dell’art. 17 della legge n. 91, che richiedono una espressa dichiarazione
di volontà.
Altre
modalità contemplate dall’art. 13 ai fini del riacquisto della
cittadinanza italiana sono:
1- la prestazione effettiva del servizio militare
per lo Stato Italiano (art. 13, lett. a));
2- l’assunzione di un pubblico impiego alle
dipendenze dello Stato, anche all’estero (art. 13, lett. b));
dichiarando in entrambi i casi di voler riacquistare
la cittadinanza italiana;
3- la dichiarazione di voler riacquistare la
cittadinanza italiana e stabilimento entro un anno dalla dichiarazione la
residenza in Italia –per i residenti all’estero- (art. 13, lett.
c)): si sottolinea che per
tale fattispecie la dichiarazione di riacquisto può essere resa anche
all’estero, ma avrà efficacia -a norma dell’art. 15 della
legge n. 91- allorchè si siano realizzate entrambe le condizioni poste
dalla disposizione: dichiarazione di voler riacquistare la cittadinanza
italiana e trasferimento della residenza in Italia. Il riacquisto
decorrerà dal giorno successivo a quello in cui sarà stata
stabilita la residenza. Il mancato trasferimento in Italia entro il termine di
un anno renderà inefficace la dichiarazione resa in precedenza
dall’interessato.
Si soggiunge che in Italia l’ex cittadino
residente deve manifestare la predetta volontà dinanzi
all’Ufficiale di Stato Civile del comune ove mantiene la propria dimora
abituale, mentre risiedendo ancora all’estero, la dichiarazione
dovrà essere resa esclusivamente dinanzi all’Autorità
Consolare italiana;
4- la dichiarazione di voler riacquistare la
cittadinanza avendo stabilito la residenza in Italia da almeno due anni e
provando di aver abbandonato l’impiego o la carica o il servizio militare
per uno Stato estero prestato nonostante l’intimazione dello Stato
italiano di cui al suddetto art. 12 per chi era incorso nella perdita della
cittadinanza in virtù dell’art. 12 della legge (art. 13, lett.
e)).
Per
ciò che concerne la residenza, si precisa che il concetto rilevante ai
fini del riacquisto della cittadinanza italiana secondo le norme di cui
all’art. 13, rimane quello assunto dall’art. 43 del C.C.,
costituito da un elemento oggettivo, dato dalla dimora abituale sul territorio
della Repubblica, e da un elemento soggettivo, costituito dalla intenzione di
eleggere una località italiana quale sede dei propri affari e interessi.
Nessuna incidenza possono, quindi, avere rispetto allo status civitatis, le residenze meramente anagrafiche.
Si sottolinea al riguardo, che
il requisito della c.d. “residenza legale”, della legge n. 91, che peraltro non
esclude gli elementi contemplati dal citato art. 43 C.C, è previsto
soltanto per il conseguimento della nostra cittadinanza ex artt. 4, 5 o 9.
Secondo quanto stabilito al punto
2 dell’art. 13 il
riacquisto della cittadinanza può essere inibito entro un anno dal
verificarsi delle condizioni stabilite per gravi e comprovati motivi.
L’inibizione al riacquisto
interviene mediante un Decreto del Ministro dell’Interno.
* *
*
2. Secondo l’art. 17
Per quanto riguarda il disposto di cui al comma 1
dell’art. 17 della
legge, si fa presente che ha introdotto un regime transitorio in via di sanatoria
ed ha avuto inizialmente una valenza biennale dalla data di entrata in vigore
della legge, poi prorogata fino al 31.12.1997 (cfr. comma 195 dell’art. 2
della legge 23.12.1996, n. 662, recante “Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica”).
Nel
periodo suddetto di vigenza, la norma in esame ha fornito la possibilità
di riacquistare la cittadinanza italiana, senza la necessità dello
stabilimento della residenza in Italia, rendendo apposita dichiarazione dinanzi
all’autorità diplomatico-consolare competente in relazione al
luogo di residenza dell’interessato, nei casi di perdita in conseguenza
dell’applicazione dei seguenti articoli della pregressa normativa:
Si
soggiunge che non è stato previsto per il riacquisto ex art. 17 la
procedura dell’inibizione al riacquisto.
Come
già accennato, poi, il secondo comma dell’art. 17 conferma, come disciplina
di regime (e quindi non sottoposta a limitazioni di efficacia temporale), la
particolare regolamentazione del riacquisto dello status civitatis prevista dall’art.
219 della legge 19.5.1975, n. 151, sul nuovo Diritto di Famiglia, in favore
delle nostre ex connazionali che ne incorsero nella perdita, antecedentemente
al 1° gennaio 1948, per l’acquisto “iure matrimoni” della cittadinanza
straniera del coniuge o in conseguenza delle vicende di cittadinanza di
quest’ultimo (artt. 10 e 11 legge 555\1912).
La
ratio di tali
disposizioni poggiava sul principio, fatto proprio dal Legislatore del 1912,
dell'unicità della cittadinanza del nucleo familiare.
A
seguito della sentenza n. 87 resa dalla Corte Costituzionale in data 9.4.1975 e
della susseguente disciplina introdotta dagli artt. 25 e 219 della legge n.
151, tale principio ha subìto alcune significative innovazioni.
In forza della sentenza
costituzionale non risultavano più applicabili gli articoli 10 e 11
della legge n. 555/1912 alla cittadina italiana che avesse acquistato per
matrimonio la cittadinanza straniera del marito od alla quale si fosse estesa
automaticamente la naturalizzazione straniera del coniuge. La stessa permaneva
quindi nella titolarità del nostro status civitatis.
Tale
disposizione, la cui vigenza, come già detto, è stata rinnovata
al secondo comma dell’art. 17, dispone che: “La donna che per
effetto del matrimonio con straniero o mutamento di cittadinanza da parte del
marito, ha perduto la cittadinanza italiana prima dell’entrata in
vigore della presente legge la riacquista con dichiarazione resa
all’autorità competente”.
Dal
tenore letterale della norma, la quale prevede esplicitamente la perdita della
cittadinanza e qualifica riacquisto il tornare in possesso di tale
status, contemplandone conseguentemente una interruzione nella detenzione,
può ritenersi che gli effetti della dichiarazione di riacquisto debbano
decorrere ex nunc dal
giorno successivo a quello della manifestazione di volontà.
Invece
risulta ormai interpretazione consolidata, che tale dichiarazione sia
applicabile soltanto nel caso in cui la perdita della cittadinanza in
conseguenza del matrimonio con straniero sia intervenuta in data antecedente al
1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della nostra Carta
Costituzionale.
Infatti,
come è stato accennato in precedenza, secondo la giurisprudenza delle
Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. sentenza n. 12061 del 26.6.1998)
gli effetti di una pronuncia di incostituzionalità, nel caso di
conflitto costituzionale sopravvenuto, "non possono retroagire oltre la
data del 1° gennaio 1948, sicchè i rapporti sorti e le situazioni
verificatesi anteriormente a questa data rimangono intangibili e non possono in
alcun modo essere incisi dalla sentenza stessa".
Pertanto,
nella fattispecie oggetto della pronuncia del 1998 (matrimonio contratto con
straniero anteriormente al 1948) l'interessata, per effetto del matrimonio,
aveva perso la cittadinanza italiana e avrebbe potuto riacquistarla con
efficacia ex nunc avvalendosi
dell’art. 219, comma 1 della citata legge n. 151\1975.
Corollario
fondato appare quello che invece per le fattispecie successive al 1°
gennaio del 1948, in presenza di una mera manifestazione di volontà,
vada riconosciuto il possesso ininterrotto del nostro status civitatis.
Tale
riconoscimento potrà avere luogo anche nel caso venga fatto valere dai
discendenti in linea retta.
L'Ufficiale
dello Stato Civile del Comune di nascita o di ultima residenza o
l'Autorità Consolare, in caso di residenza all'estero, dovrà di
conseguenza provvedere alla annotazione a margine dell'atto di nascita
dell’interessata concernente il mantenimento della cittadinanza italiana,
dandone contestuale comunicazione all'ufficio anagrafe per i conseguenti
adempimenti, riguardanti l'aggiornamento della relativa scheda anagrafica
individuale, dello schedario elettorale e l'eventuale iscrizione nell'A.I.R.E.
Come
sottolineato in precedenza, la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione appare in contrasto con l’orientamento della Sezione Prima
della medesima Corte, la quale ritiene infatti che gli effetti della sentenza
n. 87 della Corte Costituzionale, così come quelli della n. 30 del
9.2.1983, possano retroagire anche per fatti verificatisi in data antecedente
all’entrata in vigore della Costituzione Italiana.
*
* *
3. Riacquisto
riguardante i destinatari del Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947 e del
Trattato di Osimo del 10.11.1975
Di
particolare rilevanza appare la questione afferente gli ex detentori della
cittadinanza italiana, i quali ne persero la titolarità per la cessione
di alcuni territori da parte dell’Italia a conclusione della seconda
guerra mondiale.
Con il Trattato di Pace di Parigi concluso il 10
febbraio 1947 dall’Italia e dalle Nazioni associate e alleate,
l’Italia cedeva alla Jugoslavia i Comuni compresi nelle province di Zara
in Dalmazia, di Fiume e Pola in Istria, nonché parte della Provincia di
Gorizia, fino ai margini del Capoluogo. Tali province erano state acquisite
dall’Italia con il Trattato di San Germano del 10.9.1919 con cui veniva sancito
il dissolvimento dell’Impero Austroungarico.
Con
tale Trattato, inoltre, fu prevista la costituzione del Territorio Libero di
Trieste, suddiviso in due zone: la zona A, sotto regime di occupazione militare
e controllata dal Governo alleato costituito in comune dagli U.S.A. e dalla
Gran Bretagna e la zona B, controllata dalla Jugoslavia.
Successivamente,
con il Trattato di Osimo del 10 novembre 1975, ratificato dall’Italia con
legge 14 marzo 1977, n. 73, i Comuni appartenenti alla zona A dell’ex
Territorio Libero di Trieste furono restituiti all’Italia, mentre quelli
compresi nella zona B furono ceduti definitivamente alla Jugoslavia.
Come già accennato in
precedenza, gli artt. 19 e 20 del Trattato di Pace di Parigi, regolavano le
sorti degli abitanti dei territori ceduti dall’Italia ad altro Stato
subentrante e fissavano specifiche modalità per la conservazione della
cittadinanza italiana, prevedendo, in particolare, un trattamento diverso con
riferimento al gruppo linguistico di appartenenza.
Inoltre,
i residenti di quei territori risultavano suddivisi in due distinte categorie:
da un lato, i cittadini di nazionalità italiana residenti alla data del
10.6.1940 nei territori delle Provincie di Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Zara
ceduti dall’Italia alla Jugoslavia; dall’altro gli appartenenti a
gruppi linguistici non italiani (serbo, croato, sloveno, germanico ecc.).
Soltanto
per la prima categoria era prevista la facoltà di esercitare, entro un
dato termine, l’opzione per il mantenimento della cittadinanza italiana:
in mancanza di questa, si verificava l’acquisto automatico di quella
iugoslava, con conseguente perdita dello status civitatis italiano.
L’art.
19, al secondo comma stabiliva, infatti, che: “2) Il Governo dello
Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre,
mediante appropriata legislazione entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore del presente Trattato, perchè tutte le persone di cui al paragr.
1, di età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate,
siano esse al di sotto o al di sopra di tale età) la cui lingua usuale
è l’italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza
italiana entro il termine di un anno dall’entrata in vigore del presente
Trattato. Qualunque persona che opti in tal senso conserverà la
cittadinanza italiana e non si considererà aver acquistato la
cittadinanza dello Stato al quale territorio viene trasferito ... omissis
..”.
A
seguito del Trattato di Pace lasciarono quei territori circa 350.000 persone di
etnia italiana e rimasero in Jugoslavia (oggi Slovenia e Croazia), insieme agli
slavi divenuti maggioranza, un’esigua minoranza di soggetti destinatari
delle norme del suddetto Trattato.
Nel corso delle successive
vicende relative all’applicazione del Trattato di Pace, la giurisprudenza
della Corte di Cassazione (cfr. sentenza della Corte di Cassazione, sez. prima,
n. 754\63 dell’8 ottobre 1962 sul caso Bencina) stabilì che la
perdita della cittadinanza italiana da parte dei soggetti ai quali il
Trattato di Pace aveva riconosciuto la facoltà di optare, ma che non
l’avevano esercitata, poteva essere assimilata, atteso che derivava
da una scelta, seppur implicita, alla perdita della cittadinanza italiana
conseguente all’acquisto volontario di altra straniera, in applicazione
della disciplina generale di cui all’art. 8, n. 1 della legge 13.6.1912,
n. 555.
In
sostanza, non si trattava, in tale fattispecie, della perdita collettiva di
cittadinanza, come nel caso degli ex italiani appartenenti agli altri gruppi
linguistici, ma di una perdita individuale dovuta all’implicita
accettazione della cittadinanza iugoslava, derivante dal mancato esercizio del
diritto di opzione per quella italiana e quindi disciplinabile dalle norme
interne dello Stato italiano.
Anche
il Consiglio di Stato nel parere n. 1600 del 14 novembre 1975 e nel successivo
del 2.3.1979 (n. 209 Sez. prima) condivise simile interpretazione.
Conseguentemente
tali soggetti potevano usufruire, ai fini del riacquisto della cittadinanza
italiana, del disposto di cui all’art. 9 della medesima legge n.
555\1912, alla condizione che venisse dimostrata l’appartenenza al gruppo
linguistico italiano, come, appunto, richiesto dal Trattato di Pace.
Con
l’entrata in vigore della legge n. 91, l’art. 13 a regime e
l’art. 17 in via transitoria della legge hanno consentito il riacquisto
della cittadinanza italiana in favore degli ex connazionali che ne avevano
dismesso la titolarità in forza delle disposizioni contenute nelle norme
dell’ordinamento interno.
In
particolare, come visto, l’art. 17 prevedeva, in via transitoria, il
riacquisto della cittadinanza italiana rendendo apposita dichiarazione senza
l’obbligo del trasferimento della residenza in Italia per chi avesse
perso la cittadinanza italiana ai sensi degli artt. 8 o 12 della legge n. 555
oppure dell’art. 5 della legge 21.4.1983, n. 123.
In
aderenza al sopra citato indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione
ed interpretativo del Consiglio di Stato -che ha assimilato la perdita della
cittadinanza italiana dei “mancati optanti” destinatari
dell’art. 19, n. 2 del Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947 a chi
aveva perso la cittadinanza italiana ex art. 8, n. 1 l. n. 555-, è stata
attribuita la facoltà di riacquisto della cittadinanza italiana
contemplata sia dall’ art. 17 che dall’art. 13 della legge n. 91\92
anche a vantaggio di coloro i quali, ai termini dell’art. 19, comma 2 del
Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947 erano destinatari del diritto di
opzione per la cittadinanza italiana in quanto di lingua usuale italiana e residenti
al 10.6.1940 nei territori ceduti dall’Italia alla Jugoslavia (in
particolare i territori istriani, giuliani e dalmati), nonchè titolari
della cittadinanza italiana alla data del 15.9.1947.
Da
qui, pertanto, la necessità di accertare se coloro che intendevano
riacquistare l’originaria naturalità secondo il disposto di cui ai
suddetti articoli della legge n. 91\92 appartenessero al gruppo linguistico
italiano, in quanto secondo il suddetto indirizzo giurisprudenziale soltanto
costoro possono essere assimilati a chi era incorso nella perdita della
cittadinanza ex art. 8, n. 1 della legge n. 555 e legittimati quindi al
riacquisto secondo le citate disposizioni di cui alla legge del 1992.
Tale
accertamento era stato a suo tempo già previsto con la legge 9 gennaio
1956, n. 27, la quale aveva attribuito al Ministero dell’Interno il
potere di autorizzare la trascrizione dei decreti iugoslavi di accolta opzione
sulla base dell’accertamento dell’appartenenza dell’optante
al gruppo linguistico italiano.
La
procedura introdotta dalla citata legge prevedeva la trascrizione e
l’annotazione nei registri dello stato civile dei provvedimenti che
riconoscevano il diritto di opzione in favore dei soggetti interessati ed era
subordinata alla preventiva concessione del nulla osta del Ministero
dell’Interno.
Considerato
che la legge 5.2.1992, n. 91, all’art. 19 richiama le disposizioni di cui
alla legge del 1956 e considerato, altresì, che la categoria degli ex
connazionali in questione è costituita da coloro che erano detentori del
diritto di opzione, per l’efficacia del quale la legge del 1956 ha
previsto il nulla osta del Ministero dell’Interno, si è ritenuto
che anche la trascrizione delle dichiarazioni di riacquisto della cittadinanza
italiana ex artt. 13 e 17 della legge 5.2.1992, n. 91 sia subordinata al
succitato preventivo nulla osta.
Allo
scopo quindi di consentire al Ministero dell’Interno di poterlo
esprimere, è stata istituita con D.M. dell’ 8 febbraio 1993
un’apposita Commissione Interministeriale, composta da rappresentanti dei
Ministeri dell’Interno, degli Affari Esteri e della Giustizia, incaricata
di fornire il preventivo avviso sull’appartenenza al gruppo etnico per il
Trattato di Osimo e linguistico italiano per il Trattato di Pace di Parigi
degli aspiranti al riacquisto della cittadinanza italiana, residenti nei
territori ceduti alla Jugoslavia al 10.6.1940 e cittadini italiani al
15.9.1947.
Ovviamente
il cennato nulla osta, viene rilasciato dal Ministero dell’Interno per i
richiedenti il riacquisto che versino nelle condizioni richieste per poter
essere considerati titolari della facoltà di opzione prevista
dall’art. 19 del Trattato di Pace del 1947.
Si
soggiunge, infine, che la maggior parte delle persone di etnia italiana
residenti nei territori ceduti sono nate successivamente all’entrata in
vigore del Trattato e quindi non hanno potuto avvalersi delle disposizioni di
cui all’art. 19 del Trattato.
Pertanto,
i figli di coloro che esercitarono l’opzione con esito favorevole ed
attualmente residenti in Croazia e Slovenia, sono da ritenersi cittadini
italiani iure sanguinis,
salvo che non abbiano acquistato volontariamente una cittadinanza straniera,
ovvero abbiano rinunciato alla cittadinanza italiana (successivamente al
15.8.1992) secondo le disposizioni previste dalla normativa attualmente
vigente.
Invece,
i figli ed i discendenti in linea retta di secondo grado dei mancati optanti,
nati dopo il 15.9.1947 (da genitori quindi non più in possesso della
cittadinanza italiana) possono acquistare il nostro status civitatis alle favorevoli condizioni di cui agli
artt. 4, comma 1 e 9, comma 1 lett. a) della legge 91/92.
Si
rammenta che l’art. 4 consente, per chi si trova nelle condizioni
richieste, di acquistare la cittadinanza per beneficio di legge previa
dichiarazione nelle ipotesi in cui venga prestato servizio militare per lo
Stato italiano o assunto pubblico impiego oppure se al raggiungimento della
maggiore età l’interessato risieda regolarmente in Italia da
almeno due anni.
L’art.
9 prevede, poi, per la concessione della cittadinanza italiana, un periodo di
residenza legale nel nostro Paese di soli tre anni anzichè dieci come
prescritto per gli altri cittadini stranieri non comunitari.
Anche
in questi, casi, tuttavia, per l’utilizzo delle predette norme di
particolare favore, sarà necessario il preventivo parere della
Commissione Interministeriale.
* * *
Inoltre,
con il Trattato di Parigi del 10.2.1947, l’Italia perdeva la
sovranità anche sui possedimenti coloniali delle isole del Dodecaneso a
seguito dell’assegnazione di questi territori alla Grecia.
In particolare, l’art. 29
dell’Accordo Italo-Ellenico firmato successivamente a Roma il 31.8.1949,
ratificato con legge del 6.10.1951, n.1752, stabiliva che le persone fisiche
domiciliate alla data del 10.6.1940 nelle Isole del Dodecaneso che avevano
optato o avrebbero optato fino al 31 ottobre 1949 per la cittadinanza italiana,
le quali avrebbero stabilito la loro residenza in Italia, erano autorizzate a
trasferirsi con loro i beni.
Inoltre, le persone fisiche la
cui lingua d’uso era l’italiano, domiciliate nel Dodecaneso al
10.6.1940 e che posteriormente a tale data e fino all’entrata in vigore
dell’Accordo medesimo avevano lasciato quel territorio, erano considerate
come se avessero reso l’opzione per la cittadinanza italiana ai sensi del
comma 2, dell’art. 19 del Trattato di Pace di Parigi.
* *
*
Parte Seconda
_____________
Le Procedure
_____________
Verranno
riprodotti alcuni modelli di domanda e saranno fornite, altresì,
indicazioni riguardo i formulari, nonché per la documentazione da
allegare alle domande o alle dichiarazioni.
Le
disposizioni vigenti che regolano le procedure relative alla materia della
cittadinanza sono contenute nel D.P.R. 12 Ottobre 1993, n. 572, recante il
Regolamento di esecuzione della legge 5 febbraio 1992, n. 91 e nel D.P.R 18 Aprile 1994, n. 362,
concernente la disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza
italiana.
Inoltre,
le formule per rendere le dichiarazioni concernenti l’acquisto, la
perdita o il riacquisto della cittadinanza, da rendersi dinanzi all’ufficiale
di stato civile del Comune di residenza sono state indicate nell’apposito
formulario degli atti di stato civile, contenuto nell’allegato A del
Decreto del Ministro dell’Interno del 5 aprile 2002, emanato in
ottemperanza al disposto di cui all’art. 12 del D.P.R. 3 novembre 2000,
n. 396, recante il nuovo Ordinamento dello stato civile.
Nell’istanza
da presentare devono essere indicati i presupposti in base ai quali si intende
conseguire la cittadinanza.
A tal fine la domanda dovrà essere redatta sugli appositi
modelli in distribuzione presso gli Uffici Territoriali del Governo
(all’estero presso i Consolati), modelli che si riproducono unitamente
all’elenco della documentazione da allegare alle relative istanze (cfr.
pag. 93).
Per
quanto riguarda la documentazione, si fa presente che come si evince dagli elenchi suddetti, alcuni atti
sono autocertificabili.
In
precedenza era stato ritenuto che per i procedimenti concernenti
l’acquisto della cittadinanza italiana, gli stranieri non fossero
legittimati a produrre autocertificazioni in luogo dei documenti originali da
esibire a corredo delle istanze di naturalizzazione, essendo soggetti
appartenenti ad ordinamenti di altri Stati.
Un'apertura
a tale linea era già intervenuta con il D.P.R. n. 130 del 25.1.1994 che
aveva compreso tra coloro che potevano rendere autodichiarazioni i cittadini
stranieri della Comunità Europea, così come specificamente
indicato all'art. 6, nel caso in cui le dichiarazioni sostitutive rientrassero
tra quelle di cui agli artt. 2, 3 e 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
La
legge 15 maggio 1997, n. 127, recante “Misure urgenti per lo
snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di
decisione e di controllo” e più espressamente l'art. 5 del regolamento di attuazione
della stessa introdotto con D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403 hanno ulteriormente
chiarito che nel caso in cui le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli
2 e 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 siano presentate da cittadini degli
Stati facenti parte dell'Unione Europea (Italia, Belgio, Danimarca, Germania,
Grecia, Spagna, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria,
Portogallo, Finlandia, Svezia e Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del
Nord) si applicano le stesse modalità previste per i cittadini italiani.
Per
quanto concerne invece i cittadini extracomunitari residenti in Italia, purchè
iscritti all'anagrafe della popolazione residente, lo stesso articolo
prevede che possano utilizzare le dichiarazioni limitatamente ai casi in cui si
tratti di comprovare stati, fatti e qualità personali certificabili o
attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani.
Pertanto,
gli stranieri residenti, anche non comunitari, possono rendere dichiarazioni
sostitutive dei documenti i cui dati siano comunque certificabili o attestabili
da parte di soggetti pubblici o privati italiani.
Di
conseguenza, la situazione penale nel Paese di origine potrà essere
autocertificata solo da cittadini comunitari.
I
cittadini non comunitari possono però rendere nel proprio interesse
dichiarazioni riguardanti anche stati, fatti e qualità personali
relative ad altri soggetti di cui il dichiarante abbia diretta conoscenza, -per
esempio lo stato di cittadinanza italiana del coniuge- (art. 2, D.P.R. n.
403/1998).
Particolare
rilievo assume, poi, il documento indicato al n. 9 dell’elenco degli atti
da produrre per la concessione della cittadinanza ai sensi dell’art. 9,
il cosiddetto“certificato di svincolo” (perdita) dalla cittadinanza di origine,
limitatamente alle ipotesi in cui questa non si perda automaticamente con
l’acquisto volontario di un’altra cittadinanza straniera.
La produzione di tale documento
è adempimento richiesto, a conclusione della rituale istruttoria, dal
D.M. 22.11.1994.
Anche
per il passato il Consiglio di Stato, cui venivano sottoposte le istanze per
acquisire sulle stesse il prescritto parere, ha sempre ritenuto necessario
detto adempimento nella considerazione che la rinuncia alla cittadinanza di
origine rappresenta l’inequivoca volontà dell’aspirante
cittadino richiedente la nostra naturalità di entrare a far parte della
Comunità nazionale a pieno titolo e non già per meri motivi di “comodità
di carriera, di professione o di vita” (cfr. parere n. 77\83).
Tale
orientamento è stato ribadito dal predetto Collegio con successivi
pareri (cfr. n. 871\93 e 563\93 resi dalla Sezione Prima rispettivamente in
data 30.7.1993 e 19.5.1993), anche se, più recentemente, con il parere
n. 1144\95 del 3 maggio 1995, nel precisare i presupposti logico-giuridici
relativi alla prassi della richiesta dello svincolo, ha ritenuto che “la situazione di
doppia o plurima cittadinanza non si può considerare antigiuridica,
nè dal punto di vista del diritto internazionale, nè dal punto di
vista del diritto interno”. Pertanto, secondo il Consiglio di Stato, l’invito rivolto ai
naturalizzandi a produrre lo svincolo dalla cittadinanza posseduta, è
giustificato nella misura in cui si manifesta la sua funzione esclusivamente
informativa sui rapporti con il Paese d’origine.
Solo
a queste condizioni e in questi limiti -secondo il Collegio- si può
ritenere legittima la richiesta di tale certificazione, cosicchè la sua
mancata produzione non potrebbe avere come conseguenza il diniego della
cittadinanza italiana.
Siffatto
ultimo orientamento, infine, è stato ribadito nel parere n. 111\96 reso
in data 13 marzo 1996 nel quale il Collegio ricorda, tra l’altro, come la
legge 14 dicembre 1994, n. 703, di ratifica del Secondo Protocollo di
Emendamento alla Convenzione di Strasburgo del 6.5.1963 (al quale vi hanno
aderito anche la Francia e l’Olanda), si colleghi alla linea di tendenza
di apertura verso l’ipotesi della doppia (o plurima) cittadinanza,
consentendo a coloro che acquistano la cittadinanza del Paese di accoglienza,
di conservare la cittadinanza di origine e di trasmetterla ai propri figli.
E’
pur vero, però, che la Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963
è tuttora valida e gli Stati europei ad essa aderenti sono ancora
impegnati a ridurre i casi di cittadinanza plurima mediante la previsione della
perdita automatica della cittadinanza d’origine, qualora venga acquisita
quella di uno dei Paesi sottoscrittori.
Peraltro,
sono state manifestate perplessità sul mantenimento di tale prassi,
introdotta sotto l’imperio della legge 13.6.1912, n. 555 e conservata
sotto quello della legge n. 91\1992, in forza della citata Convenzione.
Da un punto di vista strettamente giuridico, la
legge 5 febbraio 1992, n. 91 nulla prevede circa la produzione del cosiddetto svincolo;
al
contrario appare orientata verso il riconoscimento della doppia cittadinanza,
come risulta esplicitamente dall’art. 11, ai sensi del quale il cittadino
italiano che possiede, acquista, o riacquista una cittadinanza straniera,
conserva quella italiana, salvo rinuncia.
Ovviamente
tale disposizione è stabilita a vantaggio del cittadino, che pur
essendosi inserito a pieno titolo in un’altra comunità statuale,
intende mantenere un legame con il nostro Paese.
Attualmente,
comunque, mentre si rinviene un atteggiamento pressochè univoco nelle
legislazioni dei Paesi aderenti alla Convenzione di Strasburgo, le quali
prevedono l’adempimento dello svincolo per l’acquisto della
cittadinanza da parte di un cittadino straniero non comunitario (con
l’eccezione della Gran Bretagna e dell’Irlanda -che peraltro non
aderiscono alla Convenzione per la parte riguardante la cittadinanza- e del
Belgio), s’intravede invece un’apertura nel riconoscere il
beneficio del possesso di una doppia cittadinanza per lo straniero comunitario
che richiede la naturalizzazione.
Pertanto,
sulla questione della doppia cittadinanza nell’ambito dei rapporti tra
gli Stati dell’Unione Europea, è in corso un orientamento
revisionista.
In
particolare, di recente, la nuova legge tedesca in materia di cittadinanza, che
per gli effetti di interesse entrerà in vigore il 22 dicembre 2002, ha
previsto che il cittadino straniero, in caso di opzione o naturalizzazione
tedesca, deve rinunciare alla cittadinanza posseduta o perderla, salvo che
sia cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea e sussista
reciprocità.
Come detto,
con il D.M. del 22 novembre 1994 si è stabilito che i cittadini
stranieri che intendono acquistare la cittadinanza italiana sul presupposto
della residenza ai sensi dell’art. 9 della legge 5.2.1992, n. 91, devono
preventivamente rinunciare alla propria.
Ciò premesso, tenuto conto dei nuovi
orientamenti sulla questione delle altre legislazioni europee, considerato che
il Trattato di Maastricht del 1992 ha istituito la Cittadinanza Europea e al
fine, quindi, di agevolare i reciproci rapporti tra cittadini italiani e tra
quelli appartenenti agli Stati dell’Unione Europea, il nostro Paese ha
stabilito di non chiedere a questi ultimi di rinunciare alla cittadinanza
posseduta in caso di acquisto della cittadinanza italiana ai sensi del citato art.
9 della legge n. 91\92, a condizione di reciprocità.
Tale
soluzione è stata formalizzata con il Decreto del Ministro
dell’Interno del 25 maggio 2002, che ha modificato in tal senso il
precedente D.M. del 1994.
Ciò
consentirà allo straniero comunitario che intende conseguire la
cittadinanza italiana di non rinunciare alla propria di origine, qualora la
legislazione dello Stato di appartenenza accordi tale opportunità anche
al cittadino italiano che voglia acquistare lo status civitatis di quel Paese.
* * *
Moduli per l’acquisto della cittadinanza italiana ai sensi
dell’art. 5 della legge 5.2.1992, n. 91 e per la concessione ai sensi
dell’art. 9 della stessa legge
(Timbro di accettazione Prefettura)
MODELLO A
Articolo
5 legge 5 febbraio 1992, n. 91 |
ISTANZA
ISTANZA CON AUTOCERTIFICAZIONE
_L_ sottoscritt_ (cognome)____________________________________________________
(nome)________________________________________________________
sesso (M/F)_____ nat_ il ___/___/_____ a
(città)________________________________________
(Stato)_____________________________________
da
(paternità)______________________________________________________________________
e da (maternità: indicare cognome da nubile e
nome della madre)____________________________
_________________________________________________________________________________
cittadin_
_________________________________________________________________________
(indicare
la cittadinanza in atto detenuta o la condizione di apolidia)
residente a (città)____________________________________________prov.__________________
via_____________________________________________________n.________dal____/____/____
di stato
civile_______________________ coniugato con cittadin_ italian_ in data
____/____/_____
(coniugato/a-vedovo/a-stato
libero)
atto di matrimonio trascritto presso il Comune italiano
di__________________________________
in possesso del seguente
titolo di studio________________________________________________
(indicare il titolo di
studio: nessuno, licenza elementare, licenza media,
diploma di scuola superiore, laurea
in………………………………………)
conseguito in (indicare lo
Stato)_______________________________________________________
presso (solo in caso di laurea, indicare
l’Università)______________________________________
di
professione_________________________________________________________________
(1)
(indicare una delle professioni come riportate in nota)
(1): indicare una delle seguenti professioni: agricoltore,
agronomo, altri, architetto, artigiano, artista, autista, avvocato, bracciante,
cameriere, casalinga, chimico, collaboratore domestico, commercialista,
commerciante, consulente commerciale, consulente turistico, cuoco, disegnatore,
disoccupato, farmacista, fotografo, geometra, giornalista, impiegato,
industriale, infermiere, ingegnere, insegnante, interprete, manovale,
marittimo, meccanico, medico, operaio, pensionato, perito, pittore, portiere,
prof. Universitario, ragioniere, rappresentante, regista, religioso,
ricercatore, sportivo, studente.
in possesso di regolare
permesso di soggiorno
n.____________________________ rilasciato dalla Questura
di_____________________________________ in data ____/____/______ per il
seguente motivo_____________________________________________ con
validità fino al ____/____/_____
eventuali indirizzi
all’estero a partire dall’età di 14 anni:
1)(Stato, città,
via e numero civico) ___________________________________________________
_________________________________________
per il periodo dal ___/___/____ al ___/___/____
2(Stato, città,
via e numero civico) ___________________________________________________
_________________________________________
per il periodo dal ___/___/____ al ___/___/____
3) (Stato, città,
via e numero civico) ___________________________________________________
_________________________________________
per il periodo dal ___/___/____ al ___/___/____
ed ha effettuato i
seguenti movimenti migratori da e per l’Italia:
primo ingresso in Italia
in data ___/___/_____- prima uscita dall’Italia ___/___/____
successivo ingresso in
Italia in data ___/___/____- successiva uscita dall’Italia in data
___/___/____
_________________________________________________________________________________
_________________________________________________________________________________
ultimo rientro in Italia
in data ___/___/_____
di acquistare la cittadinanza
italiana ai sensi dell’art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 essendo
in possesso dei requisiti prescritti dalla legge.
AUTOCERTIFICAZIONE
(*)
|
Al riguardo, _l_ sottoscritt_
(cognome)___________________________________________
(nome)_______________________________________________
rende le seguenti dichiarazioni ai sensi dell’art.
46 del D.P.R. 28 DICEMBRE 2000, N. 445 concernente il Testo Unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa.
E’ consapevole che in caso di dichiarazione
mendace, formazione e uso di atto falso, sarà punito ai sensi del Codice
Penale secondo quanto prescritto dall’art. 76 del succitato D.P.R. n.
445\2000 e che, inoltre, qualora dal controllo effettuato emerga la non
veridicità del contenuto di taluna delle dichiarazioni rese, decadrà
dai benefici conseguenti al provvedimento eventualmente emanato sulla base
della dichiarazione non veritiera.
(*): qualora non vengano rese le autocertificazioni di cui sopra
contestualmente alla presentazione dell’istanza, le relative informazioni
verranno acquisite d’ufficio ai sensi dell’art. 43 del D.P.R.
28.12.2000, n. 445, previa indicazione, da parte dell’interessato,
dell’Amministrazione competente e degli elementi indispensabili per il
reperimento delle informazioni o dei dati richiesti.
DICHIARA
1)
di essere attualmente iscritto nei registri dell’anagrafe
della popolazione residente del Comune italiano di ______________________________________________
a decorrere dal ___/___/_____ al seguente indirizzo________________________________,
nonché di essere stato iscritto, durante la sua permanenza in Italia,
nei registri anagrafici della popolazione residente del/i Comun_ sottoelencat_ a seguent_ Indirizz__;
1)
(città, via e numero civico) _____________________________________________________________________
________________________________________
per il periodo dal ___/___/___ al ___/___/____
2)
(città, via e numero civico)
_____________________________________________________________________
________________________________________
per il periodo dal ___/___/___ al ___/___/____
3)
(città, via e numero civico)
_____________________________________________________________________
________________________________________
per il periodo dal ___/___/___ al ___/___/____
4)
(città, via e numero civico)
_____________________________________________________________________
________________________________________
per il periodo dal ___/___/___ al ___/___/____
2)
che il proprio nucleo familiare è così composto:
coniuge
______________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a data____________________________________________________________
figlio
_____________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a
data__________________________________________________________________
figlio
______________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a data_____________________________________________________________
figlio ______________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a data_____________________________________________________________
figlio
______________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a data_____________________________________________________________
altri
familiari
______________________________________________________________________
(indicare il grado di parentela)
3)
Relativamente alla propria POSIZIONE GIUDIZIARIA dichiara,
altresì:
di non aver riportato
condanne penali in Italia, né pene su richiesta ai sensi dell’art.
444 c.p.p. (cd Patteggiamento);
di aver riportato
condanne penali in Italia (1), o pene su richiesta ai sensi dell’art. 444
c.p.p. (cd. Patteggiamento);
di non
essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
di
essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali (2);
(1): indicare
l’Autorità Giudiziaria Italiana territorialmente competente che ha
pronunciato la/le sentenza/e di condanne penali:
_____________________________________________________________________
(2): indicare
l’Autorità Giudiziaria Italiana territorialmente competente che ha
promosso l’azione penale:
___________________________________________________________________________________
4)
SOLO
PER I CITTADINI COMUNITARI GIA’ RESIDENTI IN UNO STATO MEMBRO
DELL’UNIONE EUROPEA
di non aver riportato
condanne penali all’estero;
di aver riportato
condanne penali all’estero (3);
(3):
indicare l’Autorità Giudiziaria territorialmente competente che ha
pronunciato la/le sentenza/e di condanne penali:
_____________________________________________________________________
5) Dichiara di autorizzare
le competenti autorità del proprio Stato di appartenenza o degli Stati
esteri di residenza, a rilasciare tutte le informazioni eventualmente
richieste, attinenti la propria condotta, personalità, eventuali
precedenti e pendenze penali verificatisi durante il suo soggiorno in Patria e
all’estero, alle autorità diplomatico-consolari italiane
accreditate presso quello Stato.
6) Dichiara, inoltre, di
essere a conoscenza che, conseguendo la cittadinanza italiana sino a quando non
avrà ottenuto lo svincolo dalla cittadinanza di origine o dalle altre
eventualmente possedute, qualora intenda recarsi in quegli Stati, non
potrà invocare la protezione delle autorità diplomatiche e
consolari italiane a tutela della propria persona e dei propri interessi di
fronte a quelle autorità straniere.
Data
___/___/____
FIRMA
__________________________________________________
(sottoscrivere
in presenza del dipendente addetto che riceve l’istanza ovvero da
sottoscrivere ed inviare unitamente a copia fotostatica non autenticata di un
documento d’identità)
N.B.
Il modulo deve essere compilato a cura del richiedente la cittadinanza in tutte
le sue voci escluse quelle di cui non risulta destinatario possibilmente a
macchina o in carattere stampatello.
DICHIARAZIONE
SOSTITUTIVA ALL’ATTO DI NOTORIETA’
_l_sottoscritt_
(cognome)___________________________________________________
(nome)__________________________________________
sesso (M/F)____nat_ il___/___/_____ (città)____________________
(Stato)_______________residente
a (città)_________________prov._____________
Stato_____________________via_________________________________________n.___
in sostituzione del
certificato relativo alla cittadinanza italiana del coniuge richiesto per il
procedimento di acquisto della cittadinanza italiana attivato ai sensi
dell’art. 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 rende la seguente
dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art.
47 del D.P.R. 28.12.2000 N. 445 concernente il Testo Unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.
È consapevole che in caso di dichiarazione
mendace sarà punito ai sensi del Codice Penale secondo quanto prescritto
dall’art. 76 del succitato D.P.R. n. 445\2000 e che, inoltre, qualora dal
controllo effettuato emerga la non veridicità del contenuto di taluna
delle dichiarazioni rese, decadrà dai benefici conseguenti al
provvedimento eventualmente emanato sulla base della dichiarazione non
veritiera.
DICHIARA
Che il proprio coniuge
(cognome e nome) _________________________________________________________________________
__________________________________sesso
(M/F)_____- nat_ il (data di
nascita) ____/____/_______
a
(città) ___________________________________________
(Stato)
___________________________________________
residente
a (città) ___________________________________________________________________
prov.
_____________________
Stato
___________________________________
via
____________________________________n.________
· è cittadino italiano;
· e che nei primi sei mesi
di matrimonio non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione
degli effetti civili e non è intervenuta separazione legale.
Data
____/____/_____
FIRMA
_______________________________________________
(sottoscrivere
in presenza del dipendente addetto che riceve l’istanza ovvero da
sottoscrivere e inviare unitamente a copia fotostatica non autenticata di un
documento d’identità)
* * *
ELENCO DOCUMENTI RICHIESTI PER
L’ISTANZA DI NATURALIZZAZIONE ITALIANA EX ART. 5 – LEGGE 91/92
DOCUMENTI RICHIESTI ALL’INTERESSATO
1) estratto dell’atto
di nascita completo di tutte le generalità, esclusa l’ipotesi di
nascita in Italia;
2) certificazione penale
del Paese di origine e degli eventuali Paesi terzi di residenza relativi ai
precedenti penali (**);
gli
atti di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere legalizzati
dall’Autorità diplomatica e consolare italiana presente nello
Stato di formazione, salvo le esenzioni previste per gli Stati aderenti alle
convenzioni internazionali. Gli atti dovranno altresì essere debitamente
tradotti in lingua italiana dalla suddetta Autorità ovvero, in Italia,
dall’Autorità diplomatica o consolare del Paese che ha rilasciato
l’atto (in questo caso la firma del funzionario straniero dovrà
essere legalizzata dalla Prefettura competente), oppure da un traduttore
ufficiale o da un interprete che ne attesti con le formalità previste la
conformità al testo straniero.
nota
(**). documenti autocertificabili da parte dei cittadini comunitari già
residenti in Stati membri dell’Unione Europea.
DOCUMENTI RICHIESTI D’UFFICIO A CURA
DELL’AUTORITA’ RICEVENTE L’ISTANZA
1. carichi pendenti da
richiedere alla Procura della Repubblica presso Tribunale competente per
territorio in relazione alla località di residenza dell’istante;
2. dati relativi al soggiorno
dell’interessato.
* * *
(Timbro di accettazione Prefettura)
Articolo 9 legge 5
febbraio 1992, n. 91 comma |
1 |
lettera |
A |
B |
C |
D |
E |
F |
Articolo 16, comma 2 e articolo 9, comma 1, lett. E) (combinato
disposto, per i rifugiati politici) legge 5 febbraio 1992, n. 91
|
|
(contrassegnare con una x il comma e la lettera
corrispondente la richiesta)
ISTANZA
ISTANZA CON AUTOCERTIFICAZIONE
Al Signor Presidente della Repubblica
Per il tramite del Prefetto di
_________________________________________________
_L_ sottoscritt_
(cognome)____________________________________________________________
(nome)_______________________________________________________________
sesso (M/F)_____ nat_ il ___/___/_____ a (città)____________________________________________________________
(Stato)_____________________________________
da (paternità)___________________________________________________________________________________________________
e da (maternità:
indicare cognome da nubile e nome della
madre)_________________________________________________________
cittadin_
___________________________________________________________________________
(indicare la cittadinanza
in atto detenuta o la condizione di apolidìa)
residente a (città)__________________________________________________________________prov.__________________
via_____________________________________________________________n.________dal____/____/____
di
stato civile _____________________ con (cognome e
nome)___________________________________________
___________________________________________________
(coniugato/a-vedovo/a-stato libero)
___________________________________ sesso (M/F) _______ -nat_ il (data di nascita) ____/____/_____
a
(città) __________________________________
(Stato) __________________________________________
residente a (città)___________________________________________________ prov.
___________________
cittadin
_________________________ (indicare la cittadinanza in atto detenuta o la condizione
di apolidìa)
di professione (indicare una delle
profession idi seguito riportate)_____________________________
in possesso del seguente
titolo di studio_________________________________________________________
(indicare il titolo di
studio: nessuno, licenza elementare,licenza media,diploma di scuola superiore,
laurea in
……………………………)
conseguito in (indicare lo Stato) ______________presso (solo in caso di laurea,
indicare l’Università) ______________
di professione
_____________________________________________________________________________
(1)
(indicare
una delle professioni come riportate in nota)
(1): indicare una delle seguenti professioni:
agricoltore, agronomo, altri, architetto, artigiano, artista, autista,
avvocato, bracciante, cameriere, casalinga, chimico, collaboratore domestico,
commercialista, commerciante, consulente commerciale, consulente turistico,
cuoco, disegnatore, disoccupato, farmacista, fotografo, geometra, giornalista,
impiegato, industriale, infermiere, ingegnere, insegnante, interprete,
manovale, marittimo, meccanico, medico, operaio, pensionato, perito, pittore,
portiere, prof. Universitario, ragioniere, rappresentante, regista, religioso,
ricercatore, sportivo, studente.
in possesso di regolare permesso di soggiorno n.____________________________
rilasciato dalla Questura
di___________________________________ ___ in data ____/____/______
per il seguente motivo_________
__________________________________________ con
validità fino al ____/____/_____
altro
____________________________________________________________________________________
eventuali indirizzi all’estero a partire
dall’età di 14 anni:
1) (Stato,
città, via e numero civico) _________________________________________________________________________________
______________________________________________________
per il periodo dal ___/___/____ al ___/___/____
2) (Stato,
città, via e numero
civico)__________________________________________________________________________________
___________________________________________ per il
periodo dal ___/___/____ al ___/___/____
3) (Stato,
città, via e numero civico)__________________________________________________________________________________
___________________________________________ per il
periodo dal ___/___/____ al ___/___/____
ed ha effettuato i seguenti movimenti migratori da
e per l’Italia:
primo ingresso in Italia in data ___/___/_____ - prima
uscita dall’Italia ___/___/____
successivo ingresso in Italia in data ___/___/____ - successiva uscita dall’Italia in data ___/___/____
ultimo rientro in Italia in data ___/___/_____
riconosciuto rifugiato
politico dalla Commissione Centrale per il riconoscimento dello status di
rifugiato - ai sensi del D.P.R. 15/5/1990 n. 136 in data ___/___/___ (compilare solo nel caso in
cui si sia ottenuto lo status di rifugiato)
CHIEDE
di
acquistare la cittadinanza italiana ai sensi dell’
Articolo 9 legge 5
febbraio 1992, n. 91 comma |
1 |
lettera |
A |
B |
C |
D |
E |
F |
||
Articolo 16, comma 2 e articolo 9, comma 1, lett. E)
(combinato disposto, per i rifugiati politici) legge 5 febbraio 1992, n. 91
|
|
|
||||||||
(contrassegnare con una x il comma e la lettera
corrispondente la richiesta)
AUTOCERTIFICAZIONE (*) |
al riguardo, _l_ sottoscritt_
(cognome)__________________________________________________________
(nome)______________________________________________________________
rende le seguenti dichiarazioni ai sensi
dell’art. 46 del D.P.R. 28 DICEMBRE 2000, N. 445 concernente il Testo
Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa.
E’ consapevole che in caso di dichiarazione
mendace, formazione e uso di atto falso, sarà punito ai sensi del Codice
Penale secondo quanto prescritto dall’art. 76 del succitato D.P.R. n.
445\2000 e che, inoltre, qualora dal controllo effettuato emerga la non
veridicità del contenuto di taluna delle dichiarazioni rese,
decadrà dai benefici conseguenti al provvedimento eventualmente emanato
sulla base della dichiarazione non veritiera.
(*): qualora non vengano rese le autocertificazioni di cui sopra
contestualmente alla presentazione dell’istanza, le relative informazioni
verranno acquisite d’ufficio ai sensi dell’art. 43 del D.P.R.
28.12.2000, n. 445, previa indicazione, da parte dell’interessato, dell’Amministrazione
competente e degli elementi indispensabili per il reperimento delle
informazioni o dei dati richiesti.
DICHIARA
1)
di essere attualmente iscritto nei registri dell’anagrafe
della popolazione residente del Comune italiano di
_______________________________________
______________________________________________
a decorrere dal ___/___/_____ al seguente indirizzo__________________________________,
nonché di essere stato iscritto, durante la sua permanenza in Italia,
nei registri anagrafici della popolazione residente del/i Comun_ sottoelencat_ a seguent_ Indirizz__;
1)
(città, via e numero civico) _____________________________________________________________________
________________________________________
per il periodo dal ___/___/___ al ___/___/____
2)
(città, via e numero civico)_________________________________________________________________
________________________________________
per il periodo dal ___/___/___ al ___/___/____
3)
(città, via e numero civico)
_____________________________________________________________________
________________________________________
per il periodo dal ___/___/___ al ___/___/_____
altro __________________________________________________________________________________
2)
che il proprio nucleo familiare è così composto:
coniuge
_________________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a data
figlio
_________________________________________________________________________
cognome e nome) nato
a data
figlio _________________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a data
figlio_____________________________________________________________________
(cognome e nome) nato
a data
altrifamiliari________________________________________________________________
(indicare il grado di parentela)
3)
Relativa alla propria POSIZIONE GIUDIZIARIA dichiara,
altresì:
di non aver riportato
condanne penali in Italia, né pene su richiesta ai sensi dell’art.
444 c.p.p. (cd Patteggiamento);
di aver riportato
condanne penali in Italia (1), o pene su richiesta ai sensi dell’art. 444
c.p.p. (cd. Patteggiamento);
di non
essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
di
essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali (2);
(1): indicare l’Autorità
Giudiziaria Italiana territorialmente competente che ha pronunciato la/le
sentenza/e di condanne penali:
__________________________________________________________________
(2): indicare
l’Autorità Giudiziaria Italiana territorialmente competente che ha
promosso l’azione
penale:____________________________________________________________________________
¯
4)
SOLO
PER I CITTADINI COMUNITARI RESIDENTI IN UNO STATO MEMBRO DELL’UNIONE
EUROPEA
di non aver riportato condanne
penali all’estero;
di aver riportato
condanne penali all’estero (3);
(3):
indicare l’Autorità Giudiziaria territorialmente competente che ha
pronunciato la/le sentenza/e di condanne penali:
_____________________________________________________________________
5)
di
aver percepito negli ultimi 3 anni i seguenti redditi per i quali ha assolto i
relativi obblighi fiscali:
1.
anno ________ lire
______________________ euro____________________
tramite Mod
101 – CUD
Mod.
730
Unico
presso l’Ufficio delle Imposte Dirette
di____________
2.
anno ________ lire
______________________ euro__________________
tramite Mod
101 – CUD
Mod.
730
Unico
presso l’Ufficio delle Imposte Dirette
di____________
3.
anno ________ lire
______________________ euro____________________
tramite Mod
101 – CUD
Mod.
730
Unico
presso l’Ufficio delle Imposte Dirette
di____________
di
essere titolare di beni immobili in Italia : si no all’estero: si no
di essere a carico
di___________________________________________________________________
(cognome
e nome) nato
a data
grado
di parentela _______________________________ che negli ultimi 3 anni ha
percepito i seguenti redditi;
1.
anno ________ lire
______________________ euro________
2.
anno ________ lire
______________________ euro
_______
3.
anno ________ lire
______________________ euro
_______
altro_______________________________________________________________________________
6) Dichiara
di autorizzare le competenti autorità del proprio Stato di appartenenza
o degli Stati esteri di residenza, a rilasciare tutte le informazioni
eventualmente richieste, attinenti la propria condotta, personalità,
eventuali precedenti e pendenze penali verificatisi durante il suo soggiorno in
Patria e all’estero, alle autorità diplomatico-consolari italiane
accreditate presso quello Stato.
7) Dichiara,
inoltre, di essere a conoscenza che, dopo il formale invito da parte di questo
Ministero, limitatamente alle ipotesi in cui la cittadinanza posseduta non si
perda automaticamente con l’acquisto volontario di una straniera,
dovrà esibire il certificato di svincolo dalla cittadinanza di origine.
Data
____/____/______
FIRMA___________________________________________
(sottoscrivere
in presenza del dipendente addetto che riceve l’istanza, ovvero da
sottoscrivere e inviare unitamente a copia fotostatica non autenticata di un
documento d’identità)
* * *
DICHIARAZIONE
SOSTITUTIVA DI ATTO DI NOTORIETA’
_l_sottoscritt_
(cognome)___________________________________________________
(nome)________________________________________________________________
sesso
(M/F)____nat_ il___/___/_____ (città)____________________
(Stato)_______________residente
a (città)_________________prov._____________
Stato_____________________via_________________________________________n.___
in sostituzione della
certificazione relativa alla propria discendenza da cittadino italiano per
nascita (fino al secondo grado) richiesta per il procedimento di acquisto della
cittadinanza italiana attivato ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. a)
della legge 5 febbriao 19921, n.
91 rende la seguente dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. 28.12.2000 N. 445
concernente il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di documentazione amministrativa.
È consapevole che in caso di dichiarazione
mendace sarà punito ai sensi del Codice Penale secondo quanto prescritto
dall’art. 76 del succitato D.P.R. n. 445\2000 e che, inoltre, qualora dal
controllo effettuato emerga la non veridicità del contenuto di taluna
delle dichiarazioni rese, decadrà dai benefici conseguenti al provvedimento
eventualmente emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.
DICHIARA
Che
il proprio ascendente (cognome e nome)
_________________________________________________________________________
sesso (M/F)_____-è nat_ in Italia il
(data di nascita)
____/____/_______ ed il relativo atto di nascita risulta trascritto
presso il comune di (città)__________________________________________
Data ____/____/_____
FIRMA _______________________________________________
(sottoscrivere in presenza del dipendente addetto che
riceve l’istanza ovvero da sottoscrivere e inviare unitamente a copia
fotostatica non autenticata di un documento d’identità)
* * *
ELENCO DOCUMENTI RICHIESTI PER
L’ISTANZA DI NATURALIZZAZIONE ITALIANA EX ART. 9 – LEGGE 91/92
DOCUMENTI RICHIESTI ALL’INTERESSATO
1)
estratto dell’atto di nascita completo di tutte le
generalità, esclusa l’ipotesi di nascita in Italia;
2)
certificazione penali del Paese di origine e degli eventuali Paesi terzi
di residenza relativi ai precedenti penali(**);
gli
atti di cui ai punti 1) e 2) dovranno essere legalizzati
dall’Autorità diplomatica e consolare italiana presente nello
Stato di formazione, salvo le esenzioni previste per gli Stati aderenti alle convenzioni
internazionali. Gli atti dovranno altresì essere debitamente tradotti in
lingua italiana dalla suddetta Autorità ovvero, in Italia,
dall’Autorità diplomatica o consolare del Paese che ha rilasciato
l’atto (in questo caso la firma del funzionario straniero dovrà
essere legalizzata dalla Prefettura competente), oppure da un traduttore
ufficiale o da un interprete che ne attesti con le formalità previste la
conformità al testo straniero.
nota
(**). documento autocertificabile da parte dei cittadini comunitari già
residenti in Stati membri dell’Unione Europea.
DOCUMENTI RICHIESTI D’UFFICIO A CURA
DELL’AUTORITA’ RICEVENTE L’ISTANZA
1. carichi pendenti da
richiedere alla Procura della Repubblica presso Tribunale competente per
territorio in relazione alla località di residenza dell’istante;
2. dati relativi al
soggiorno dell’interessato.
Le dichiarazioni di
volonta’
1. Per l’Elezione della Cittadinanza ai Sensi dell’Art. 2,
Comma 2 della Legge del 1992
Come
è stato accennato nella Prima Parte (cfr. pag. 26) il secondo comma
dell’art. 2 della legge fornisce la possibilità al figlio naturale
di cittadino italiano, riconosciuto durante la maggiore età, di eleggere
entro un anno dal riconoscimento la cittadinanza italiana. Secondo quanto
stabilito dalla disposizione, l’interessato non acquista automaticamente
la cittadinanza del genitore come al contrario accade al figlio riconosciuto
durante la minore età, ma ha la possibilità di eleggerla.
La
dichiarazione di elezione deve essere resa dinanzi all’Ufficiale di stato
civile del comune di residenza o, in caso di residenza all’estero,
dinanzi all’Autorità diplomatica o consolare italiana.
A
norma dell’art. 3 del D.P.R. n. 572\93 tale atto deve essere corredato
dai seguenti documenti:
1.
certificato
di nascita;
2.
atto
di riconoscimento o copia autentica della sentenza di riconoscimento, ovvero
copia autentica del provvedimento che dichiara efficace in Italia la pronuncia
del giudice straniero, ovvero copia autentica della sentenza con cui viene
riconosciuto il diritto al mantenimento o agli alimenti;
3.
certificato
di cittadinanza del genitore.
Ai sensi dell’art. 14 del medesimo D.P.R.,
l’Ufficiale di stato civile o l’Autorità consolare italiana
sono legittimati a richiedere all’interessato anche altri documenti
eventualmente necessari a dimostrare che il dichiarante si trova nelle
condizioni stabilite dalla legge.
La dichiarazione, infine, deve essere resa secondo
la formula n. 74 dell’allegato A al Decreto del Ministro dell’Interno
del 5 aprile 2002, recante i nuovi formulari degli atti di stato civile, che di seguito
si riproduce:
Dichiarazione di elezione di cittadinanza determinata da
filiazione naturale riconosciuta o dichiarata giudizialmente (art. 2, comma 2
della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … , Ufficiale dello stato
civile del Comune di … , … (indicare se nella funzione di
sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso … (indicare
le complete generalità), il quale mi ha esposto che egli è cittadino
… e che, essendo stato quando era maggiorenne, riconosciuto, con atto in
data … , come figlio naturale da … (ovvero: dichiarato, con sentenza
del … di … n. … in data … , figlio naturale di …
), cittadino … , dichiara di eleggere la cittadinanza del genitore che lo
ha riconosciuto (ovvero: di cui è stato dichiarato) figlio naturale.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i
seguenti documenti (elencarli: l’atto di nascita, l’atto di
riconoscimento o la sentenza, il certificato di cittadinanza del genitore,
ecc.)
…
Poiché quanto mi è stato esposto risulta dai
documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione, resa nel termine di
legge.
I documenti prodotti e/o acquisiti, muniti del mio visto,
inserisco nel volume degli allegati a questo registro.
N.B. – Ove trattasi di provvedimento straniero che
abbia dichiarato lo stato di filiazione naturale, si osservano le disposizioni
di cui agli artt. 64 e segg. della Legge 31 maggio 1995, n. 218.
* * *
2.
Per l’Acquisto della Cittadinanza ai Sensi dell’Art. 4 della
Legge del 1992
Nel capitolo relativo all’acquisto della
cittadinanza “per beneficio di legge” (cfr. pag. 35) sono state esaminate le particolari disposizioni
di favore previste dalla normativa sulla cittadinanza per i discendenti da
cittadino italiano per nascita fino al secondo grado, che consentono a costoro
di acquistare la cittadinanza italiana, esprimendo la volontà in tal
senso, prestando servizio militare, o svolgendo un pubblico impiego per lo
Stato italiano oppure risiedendo in Italia nei due anni precedenti la maggiore
età.
Come per le dichiarazioni di elezione della
cittadinanza ex art. 2, comma 2, le dichiarazioni di volontà di cui al
primo comma dell’art. 4 della legge devono essere rese dinanzi
all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza o in caso di
residenza all’estero dinanzi all’Autorità Diplomatica o
Consolare italiana.
A
norma dell’art. 3 del D.P.R. n. 572\93 tali atti devono essere corredati
dai seguenti documenti:
1.
atto
di nascita;
2.
certificato
di cittadinanza italiana per nascita del padre o della madre o uno degli
ascendenti in linea retta di secondo grado;
3.
documentazione
relativa alla residenza legale (per l’acquisto ai sensi della lett. c)
dell’articolo).
Le dichiarazioni devono essere
rese secondo le seguenti formule indicate nell’allegato A del citato
Decreto del Ministro dell’Interno del 5 aprile 2002:
- per la dichiarazione di
volontà intesa ad ottenere la cittadinanza a seguito di prestazione del
servizio militare (art. 4, n. 1 lett. a) è prevista la formula n. 77:
Dichiarazione dello straniero o
dell'apolide, del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea
retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita, di voler acquistare la
cittadinanza italiana mediante prestazione del servizio militare per lo Stato
italiano (art. 4, comma 1, lett. a) della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale, dopo avermi esposto di
essere cittadino … (o: apolide) e che … (indicare: il padre; o: la madre; o: quale degli ascendenti in
linea retta di secondo grado) è stato (oppure è) cittadino
italiano per nascita, dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana e
che intende a tal uopo prestare servizio militare per lo Stato italiano.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i
seguenti documenti (elencarli: l'atto di nascita, il certificato di
cittadinanza, il certificato di cittadinanza italiana per nascita del padre o
della madre o di uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado, ecc.) …
Poiché quanto mi è stato esposto risulta dai documenti
suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel
volume degli allegati a questo registro.
-
per la
dichiarazione di volontà tesa ad ottenere la cittadinanza per assunzione
di un pubblico impiego alle
dipendenze dello Stato (art. 4, n. 1 lett. b) è prevista la formula
n. 78:
Dichiarazione dello straniero o dell'apolide,
del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo
grado sono stati cittadini per nascita, di voler acquistare la cittadinanza
italiana per assunzione di pubblico impiego alle dipendenze dello Stato (art.
4, comma 1, lettera b) della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale, dopo avermi esposto di
essere cittadino … (o: apolide) e che … (indicare: il padre; o: la madre; o: quale degli ascendenti in
linea retta di secondo grado) è stato (oppure è) cittadino
italiano per nascita, dichiara di aver assunto pubblico impiego alle dipendenze
… (specificare l'ente datore di lavoro e se all'estero o in Italia) in data … e di
voler acquistare la cittadinanza italiana.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i
seguenti documenti (elencarli: l'atto di nascita, il certificato di
cittadinanza, il certificato di cittadinanza italiana per nascita del padre o
della madre o di uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado, la
documentazione dalla quale risulti l'esistenza del rapporto di pubblico
impiego, ecc.)
…
Poiché quanto mi è stato esposto risulta dai documenti
suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel
volume degli allegati a questo registro.
-
per la
dichiarazione di volontà tesa ad ottenere la cittadinanza per aver
risieduto legalmente in Italia nei due anni precedenti il compimento della
maggiore età (art. 4, n. 1 lett. c) è prevista la formula n.
79:
Dichiarazione di voler
acquistare la cittadinanza italiana fatta dallo straniero o dall'apolide, del
quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo
grado sono stati cittadini per nascita, il quale, al raggiungimento della
maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della
Repubblica (art. 4, comma 1, lettera c) della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto: di essere
cittadino … (o: apolide), che … (indicare: il padre; o: la madre; o: quale degli ascendenti in
linea retta di secondo grado) è stato (oppure è) cittadino
italiano per nascita, di aver risieduto legalmente da almeno due anni senza
interruzioni in Italia fino al raggiungimento della maggiore età.
Ora dichiara, avendo compiuto il
diciottesimo, ma non ancora il diciannovesimo anno di età, di voler
acquistare la cittadinanza italiana.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero:
e/o ho
visionato) i seguenti documenti (elencarli: l'atto di nascita, il
certificato di cittadinanza italiana per nascita del padre o della madre o di
uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado, la documentazione
relativa alla durata della residenza in Italia, ecc.) …
Poiché quanto mi è
stato esposto risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
Per quanto riguarda, poi, il secondo comma
dell’art. 4 che, come visto, consente l’acquisto della cittadinanza
italiana allo straniero nato e residente in Italia legalmente ed
ininterrottamente dalla nascita fino alla maggiore età, il citato art. 3
del regolamento di esecuzione della legge stabilisce che a corredo della
relativa dichiarazione di volontà, il richiedente debba produrre:
1.
atto di
nascita
2.
documentazione
relativa alla residenza legale.
La dichiarazione deve essere
resa secondo la formula n. 80 del D.M. di cui sopra:
Dichiarazione di voler
acquistare la cittadinanza italiana fatta dallo straniero nato in Italia e che
vi ha risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della
maggiore età (art. 4, comma 2 della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me …
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto di essere
cittadino … nato in Italia, nel Comune di … in data … e di
aver risieduto legalmente senza interruzioni in Italia fino al raggiungimento
della maggiore età.
Ora dichiara, avendo compiuto il
diciottesimo, ma non ancora il diciannovesimo anno di età, di voler
acquistare la cittadinanza italiana.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero:
e/o ho
acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti (elencarli:
l'atto di nascita, la documentazione relativa alla residenza in Italia, ecc.) …
Poiché quanto mi è
stato esposto risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
Anche per le dichiarazioni di
volontà di cui all’art. 4 della legge, l’art. 14 del
regolamento di esecuzione stabilisce che l’Ufficiale di Stato Civile o
l’Autorità Consolare italiana sono legittimati a richiedere
all’interessato eventuali altri documenti necessari a dimostrare che il
dichiarante si trova nelle condizioni stabilite dalla legge.
* * *
3. Per la Rinuncia alla Cittadinanza
Come detto, nella Prima Parte del testo, la legge
anche per la perdita della cittadinanza italiana tiene conto della
volontà dell’interessato, tranne che per i casi particolari
previsti all’art. 12 della legge del ’92 secondo cui il cittadino
viene privato della cittadinanza italiana per non aver ottemperato
all’intimazione del Governo nei casi previsti dall’articolo stesso
(cfr. pag. 68).
Si
rammenta, pertanto, che si può rinunciare alla cittadinanza italiana ai
sensi dell’art. 11 della legge a condizione che si risieda
all’estero e si detenga un’altra cittadinanza; ai sensi
dell’art. 14 se si ha conseguito durante la minore età la cittadinanza
italiana oltre ad un’altra già posseduta; se sia cessata
l’adozione per cause non imputabili all’adottato -art. 3, comma 4-
e se non si intenda riacquistare la cittadinanza dopo un anno di residenza
ininterrotta sul territorio italiano -art. 13, comma 1, lett. d)-.
Infine,
si può rinunciare al nostro status civitatis anche ai sensi dell’art. 2 della Convenzione
di Strasburgo, a seguito di autorizzazione da parte dello Stato alla cui
cittadinanza s’intende rinunciare.
Le
modalità per rendere le dichiarazioni di rinuncia sono indicate
all’art. 8 del regolamento di esecuzione, così come modificato dall’art. 110
del D.P.R. 3 Novembre 2000, n. 396.
Quest’ultima
normativa stabilisce che all’estero le dichiarazioni devono essere rese
dinanzi all’Autorità consolare italiana competente in relazione
alla residenza del rinunziante, mentre in Italia, devono essere rese dinanzi
all’Ufficiale di stato civile del comune di residenza del dichiarante.
La
dichiarazione deve, poi, essere corredata dalla seguente documentazione:
1.
atto di
nascita rilasciato dal comune presso il quale detto atto risulta iscritto o
trascritto;
2.
certificato di
cittadinanza italiana;
3.
documentazione
relativa al possesso della cittadinanza straniera;
4.
documentazione
relativa alla residenza all’estero ove richiesta.
Anche qui, l’art. 14 del
regolamento di esecuzione stabilisce che l’Ufficiale di stato civile o
l’Autorità consolare italiana sono legittimati a richiedere
all’interessato eventuali altri documenti necessari a dimostrare che il
dichiarante si trova nelle condizioni stabilite dalla legge.
Si rammenta, poi, che il medesimo
art. 14 stabilisce che la rinuncia alla cittadinanza ai sensi degli artt. 3,
comma 4, 13, comma 1, lett. d) e 14 consente di poter successivamente
acquistare la cittadinanza italiana soltanto in applicazione degli artt. 5 e 9
della legge.
Anche per la rinuncia, le
dichiarazioni devono essere rese secondo le formule indicate
nell’allegato A del citato Decreto del Ministro dell’Interno del 5
aprile 2002:
-
per la dichiarazione
di rinuncia da parte dell’adottato nei cui confronti l’adozione
è stata revocata per fatti a lui non imputabili è prevista la formula
n. 76:
Dichiarazione di
rinuncia alla cittadinanza italiana da parte dell'adottato nei cui confronti
l'adozione sia stata revocata (art. 3, comma 4 della legge 5 febbraio 1992, n.
91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità), il quale mi espone di essere
stato adottato da … (provvedimento del … n. … in data
…).
Essendo stata la detta adozione
revocata con provvedimento del … n. … in data … , quando
aveva ormai raggiunto la maggiore età, ed essendo egli anche in possesso
della cittadinanza … (o: avendo riacquistato la cittadinanza … ),
dichiara di rinunciare a quella italiana.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero:
e/o ho
visionato) i seguenti documenti (elencarli: l'atto di nascita, il
provvedimento di revoca dell'adozione, i certificati di cittadinanza, ecc.) …
Poiché quanto mi è
stato esposto risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione,
resa nel termine di legge.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
-
per la
dichiarazione di rinuncia da parte di chi non intende riacquistare la
cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 13, comma 1 lett. d) è
prevista la formula n. 86:
Dichiarazione fatta da chi,
avendo perduto la cittadinanza italiana ed avendo stabilito la propria
residenza nel territorio della Repubblica, non intende riacquistarla (art. 13,
comma 1, lettera d) della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto di aver
perduto la cittadinanza italiana per … (specificare le ragioni della
perdita).
Ora, avendo fissato la propria
residenza nel Comune di … in data … , non essendo trascorso un anno
dalla data suddetta, dichiara di rinunciare al riacquisto della cittadinanza.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero:
e/o ho
acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti (elencarli:
l'atto di nascita, gli atti relativi alla perdita della cittadinanza, il
certificato di residenza, ecc.) …
Poiché quanto esposto
risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
-
per la
dichiarazione di rinuncia da parte di chi, in possesso di altra cittadinanza,
risulta aver acquistato anche quella italiana durante la minore età
è prevista la formula n. 88:
Dichiarazione di rinuncia fatta
da chi, divenuto maggiorenne ed in possesso di altra cittadinanza, intende
rinunciare alla cittadinanza italiana acquistata quando era figlio minore
convivente con il genitore (art. 14 della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … , Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso … (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto di avere acquistato la cittadinanza italiana quando era figlio minore convivente con … (indicare le complete generalità del genitore o dei genitori) che ha (hanno) acquistato (o riacquistato) la cittadinanza italiana.
Ora, avendo compiuto il diciottesimo anno di età ed essendo in possesso della cittadinanza …, dichiara di rinunciare a quella italiana.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti (elencarli: l'atto di nascita, il certificato di stato di famiglia con riferimento all’epoca dell’acquisto o del riacquisto della cittadinanza italiana da parte del genitore o dei genitori, il certificato relativo a tale acquisto o riacquisto, il certificato attestante il possesso della cittadinanza straniera, ecc.) …
Poiché quanto esposto risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro.
-
per la
dichiarazione di rinuncia di cui all’art. 2 della Convenzione di
Strasburgo è prevista la formula n. 95:
Dichiarazione di rinuncia alla
cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 2 della Convenzione di Strasburgo del
6 maggio 1963.
Oggi … dinanzi a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità), il quale, dopo avermi esposto di
essere cittadino italiano e cittadino … (indicare l'altra o le altre
cittadinanze del comparente) e di essere stato autorizzato dal Ministro dell'Interno,
con decreto in data … a rinunciare alla cittadinanza italiana, ai sensi
dell'art. 2 della Convenzione di Strasburgo del 6 maggio 1963, ratificata con
legge 4 ottobre 1966, n. 876, mi dichiara di rinunciare effettivamente a detta
cittadinanza.
A tal fine mi ha prodotto il
decreto autorizzatorio del Ministro dell'Interno.
Poiché quanto mi è
stato esposto risulta dal documento prodotto, ho ricevuto tale dichiarazione.
Il documento prodotto, munito del
mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro.
Infine, si segnala che la
dichiarazione di rinuncia da parte di chi in possesso di altra cittadinanza trasferisce
o ha trasferito la propria residenza all’estero (art. 11 l. 91\92), la
relativa formula n. 82 già
disposta con il Decreto del Ministro di Grazia e Giustizia del 1992, è
stata cassata e non è stata sostituita.
Analogamente alle altre
dichiarazioni, anche per quelle di rinuncia l’art. 14 del regolamento di
esecuzione stabilisce che l’Ufficiale di stato civile o
l’Autorità consolare italiana sono legittimati a richiedere
all’interessato eventuali altri documenti ritenuti necessari a dimostrare
che il dichiarante si trova nelle condizioni stabilite dalla legge.
* *
*
4. Per il Riacquisto
della Cittadinanza
Il riacquisto della cittadinanza
nella legge attuale è previsto dagli artt. 13 e 17.
Anche
qui come accennato nella Prima Parte si tende a privilegiare la volontà
della persona.
L’art. 10 del regolamento di esecuzione
della legge stabilisce che
le dichiarazioni tese a riacquistare la cittadinanza italiana di cui agli artt.
13 e 17 della legge devono essere corredate dalla seguente documentazione:
1. atto di nascita rilasciato dal comune presso
il quale detto atto risulta iscritto o trascritto;
2. documentazione da cui risulti il trascorso
possesso della cittadinanza italiana;
3. documentazione relativa al possesso della
cittadinanza straniera, ovvero allo status di apolidia;
4. certificato di situazione di famiglia o
documentazione equipollente.
Anche per il riacquisto della
cittadinanza italiana, l’Ufficiale di stato civile o
l’Autorità consolare italiana possono richiedere
all’interessato eventuali altri documenti, ritenuti necessari a
dimostrare che il dichiarante si trova nelle condizioni stabilite dalla legge
(art. 14 del regolamento di esecuzione).
Per il riacquisto da parte dei cosiddetti “mancati
optanti”, e cioè per chi aveva perso la cittadinanza italiana a seguito
dell’applicazione del Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947 o del
Trattato di Osimo del 10.11.1975, affinché l’apposita Commissione
Interministeriale possa vagliare la sussistenza dei requisiti prescritti dai
suddetti Trattati, oltre alla documentazione suddetta, i richiedenti dovranno
presentare quella indicata nella circolare del Ministero dell’Interno n.
K.60.1. del 28 settembre 1993 (cfr. pag. 136), che è stata ritenuta
necessaria per comprovare il diritto da parte degli ex cittadini italiani,
residenti nei territori ceduti, a riacquistare la nostra cittadinanza:
-
certificato di residenza attuale;
-
documentazione
idonea a dimostrare la residenza alla data del 10/6/1940 nei territori ceduti;
-
documentazione
idonea a dimostrare la residenza nei territori ceduti fino al termine in cui
era prevista la possibilità di esercitare l’opzione in caso di
nascita successiva al 10.6.1940;
-
documentazione
attestante il possesso della cittadinanza italiana alla data del 15 settembre
1947;
-
certificato di
residenza al 3 aprile 1977 (solo per i destinatari del Trattato di Osimo);
-
documentazione
idonea a dimostrare la cittadinanza posseduta da alla data del 3 aprile 1977
(solo per i destinatari del Trattato di Osimo);
-
attestazione
rilasciata dalla “Comunità degli italiani” eventualmente
presente nella circoscrizione di residenza dell’interessato, dalla quale
si dovrà rilevare la data di prima iscrizione. Si sottolinea che tale
documento non è indispensabile, ma risulta utile per dimostrare
l’appartenenza al gruppo etnico linguistico italiano dell’istante;
-
ogni altra
documentazione atta a comprovare l’appartenenza al gruppo etnico
linguistico italiano. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, si fa
presente che è stata lasciata ampia discrezionalità circa i
documenti da produrre: pertanto, potrebbero essere presentate pagelle
scolastiche, attestati di frequenza in scuole italiane o anche corrispondenza
familiare. In sostanza tutto ciò che possa dimostrare
l’italianità della famiglia di appartenenza del richiedente.
Naturalmente, tale documentazione
dovrà essere prodotta anche dai discendenti dei cosiddetti “mancati
optanti”, che intendono conseguire la cittadinanza italiana alle favorevoli
condizioni di cui agli artt. 4 o 9, n. 1 lett. a) (cfr. pagg. 35 e 51),
affinchè l’apposita Commissione Interministeriale possa esprimere
il propria parere in merito alla legittimità dell’istanza
dell’interessato.
* *
*
Le formule per le dichiarazioni
di riacquisto contenute nell’allegato A del D.M. 5 aprile 2002 sono le
seguenti:
-
per chi
intende riacquistare la cittadinanza mediante la prestazione del servizio
militare -art. 13, comma 1, lett. a)- è prevista la formula n. 83:
Dichiarazione fatta da chi,
avendo perduto la cittadinanza italiana, intende riacquistarla mediante
prestazione del servizio militare per lo Stato italiano (art. 13, comma 1,
lettera a) della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto di aver
perduto la cittadinanza italiana per … (specificare le ragioni della
perdita).
Ora, intendendo prestare servizio
militare per lo Stato italiano, dichiara di volerla riacquistare.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero:
e/o ho
visionato) i seguenti documenti (elencarli: l'atto di nascita, gli atti
relativi alla perdita della cittadinanza, ecc.) …
Poiché quanto esposto
risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
-
per chi
intende riacquistare la cittadinanza mediante l’assunzione di un pubblico
impiego alle dipendenze dello Stato -art. 13, comma 1, lett. b)- è
prevista la formula n. 84:
Dichiarazione fatta da chi, avendo
perduto la cittadinanza italiana, intende riacquistarla per l'assunzione di
pubblico impiego alle dipendenze dello Stato (art. 13, comma 1, lettera b)
della legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto di aver
perduto la cittadinanza italiana per … (specificare le ragioni della
perdita).
Ora, avendo assunto (ovvero: essendo per assumere)
pubblico impiego alle dipendenze … (specificare l'ente datore di
lavoro e se all'estero o in Italia), dichiara di volerla riacquistare.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero: e/o ho acquisito; ovvero:
e/o ho
visionato) i seguenti documenti (elencarli: l'atto di nascita, gli atti
relativi alla perdita della cittadinanza e all'assunzione dell'impiego, ecc.) …
Poiché quanto esposto
risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
-
per chi
intende riacquistare la cittadinanza stabilendo la propria residenza in Italia
-art. 13, comma 1, lett. c)- è prevista la formula n. 85:
Dichiarazione fatta da chi,
avendo perduto la cittadinanza italiana intende riacquistarla stabilendo la
propria residenza in Italia (art. 13, comma 1, lettera c) della legge 5
febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto di aver
perdutola cittadinanza italiana per … (specificare le ragioni della
perdita).
Ora, avendo stabilito (ovvero: intendendo stabilire entro
un anno) la propria residenza nel Comune di … dichiara di volerla
riacquistare.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero:
e/o ho
acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti (elencarli:
l'atto di nascita, gli atti relativi alla perdita della cittadinanza, ecc.) …
Poiché quanto esposto
risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo registro.
-
per chi avendo
perduto la cittadinanza ai sensi dell’art. 12, comma 1 della legge,
intende riacquistarla -art. 13, comma 1, lett. e)- è prevista la formula
n. 87:
Dichiarazione fatta da chi, avendo
perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 12, comma 1 della legge 5
febbraio 1992, n. 91, intende riacquistarla (art. 13, comma 1, lettera e) della
legge 5 febbraio 1992, n. 91).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso
… (indicare le complete generalità) il quale mi ha esposto di aver
perduto la cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 12, comma 1, della legge 5
febbraio 1992, n. 91.
Ora, avendo abbandonato l'impiego
(o la carica o il servizio militare) assunt … (o prestato) presso lo
Stato … , ed avendo fissato la propria residenza nel Comune di … da
oltre due anni, dichiara di voler riacquistare la cittadinanza italiana.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero:
e/o ho
acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti (elencarli:
l'atto di nascita, la documentazione da cui risulti che ha abbandonato
l'impiego o la carica o il servizio militare assunt … o prestato presso
lo Stato … , il certificato di residenza, ecc.) …
Poiché quanto esposto
risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
Per la donna che ha perduto, in data anteriore al
1° gennaio 1948, la cittadinanza italiana a seguito di matrimonio contratto
con uno straniero o per mutamento di cittadinanza del coniuge (art. 17, secondo
comma e art. 219 della legge 19.5.1975, n. 151) è prevista la formula
n. 90:
Dichiarazione fatta da donna
che, avendo perduto, anteriormente al 1° gennaio 1948, la cittadinanza
italiana per effetto di matrimonio con uno straniero o di mutamento di
cittadinanza da parte del marito, intende riacquistarla (art. 17, comma 2 della
legge 5 febbraio 1992, n. 91 e art. 219 della legge 19 maggio 1975, n. 151).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se
nella funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparsa
… (indicare le complete generalità), la quale mi ha esposto che, per
effetto di matrimonio con … cittadino … (o: per effetto del mutamento
di cittadinanza del marito … ora cittadino … ), ha perduto la
cittadinanza italiana anteriormente al 1° gennaio 1948.La stessa dichiara
di voler riacquistare tale cittadinanza.
A tal fine mi ha prodotto (ovvero:
e/o ho
acquisito; ovvero: e/o ho visionato) i seguenti documenti (elencarli:
l'atto di nascita, l'atto di matrimonio, il certificato di acquisto della
cittadinanza straniera, ecc.) …
Poiché quanto esposto
risulta dai documenti suindicati, ho ricevuto tale dichiarazione.
I documenti prodotti (e/o
acquisiti), muniti del mio visto, inserisco nel volume degli allegati a questo
registro.
5. Per il Riconoscimento della Cittadinanza ai Sensi della Legge 14.12.2000, N. 379
Come abbiamo visto le persone
originarie dei territori già appartenuti all’impero austroungarico
attualmente italiani o ceduti successivamente dall’Italia con i Trattati
di Pace di Parigi del 10.2.1947 e di Osimo del 10.11.1975, emigrate
all’estero prima del 16 luglio 1920, ad esclusione dell’attuale
Repubblica Austriaca, possono ottenere il riconoscimento della cittadinanza
italiana qualora rendano una dichiarazione in tal senso, entro cinque anni
dalla data di entrata in vigore della legge.
Tale
facoltà è consentita anche ai loro discendenti.
La
dichiarazione, che deve essere presentata in comune se l’interessato
risiede in Italia o all’Autorità diplomatica o consolare italiana se
risiede all’estero, deve contenere l’indicazione di tutti gli
elementi idonei a far ragionevolmente ritenere l’appartenenza al gruppo
etnico-linguisitico italiano di chi è emigrato alle condizioni previste
dalla legge.
Il Console o
l’Ufficiale di stato civile del comune di residenza che riceve la
documentazione provvederà a trasmetterla alla apposita Commissione
Interministeriale (istituita con D.M. 2.3.2001) per il tramite del Ministero
dell’Interno che, sulla base del positivo avviso dell’organo collegiale,
emanerà l’esito dell’accertamento cui è subordinata
l’efficacia della dichiarazione.
La
documentazione da produrre a corredo della dichiarazione indicativamente
è la seguente:
1.
atto di
nascita, possibilmente su modello internazionale;
2.
certificato di
residenza attuale;
3.
documentazione
idonea a dimostrare la nascita e la residenza nei territori presi in
considerazione dalla legge, ovvero la discendenza da soggetto originario di
tali zone (in quest’ultimo caso andrà esibita la documentazione
atta a dimostrare la nascita e la residenza in quei territori dell’avo);
4.
documentazione
comprovante l’emigrazione nell’arco temporale indicato dalla legge
(1867-1920);
5.
certificazione
attestante il possesso della cittadinanza straniera;
6.
attestazione
rilasciata da circoli, associazioni, comunità di italiani eventualmente
presenti nel luogo estero di residenza contenente elementi idonei ad
evidenziare l’italianità dell’interessato;
7.
ogni altra
utile documentazione comprovante l’appartenenza al gruppo
etnico-linguistico italiano (ad esempio copie autenticate di attestati di
frequenza di scuole in lingua italiana o pagelle scolastiche, corrispondenza
familiare , ecc.)
Si precisa che per i cittadini
stranieri non comunitari, residenti all’estero, non è
possibile rendere autocertificazioni in luogo della documentazione
sopraindicata.
La documentazione unitamente a
copia della dichiarazione verrà poi trasmessa al Ministero
dell’Interno, competente ad emanare la comunicazione in ordine alla
conformità o meno alla legge dei requisiti di ogni singolo richiedente.
Come abbiamo detto, tale comunicazione viene resa a seguito del parere espresso
dalla Commissione Interministeriale di cui sopra (cfr. circolare del Ministero
dell’Interno n. K.78 del 24.12.2001 – pag. 178).
La
formula della dichiarazione è indicata al n. 95 bis dell’allegato A al D.M. del 5 aprile 2002 ed è
la seguente:
Dichiarazione dello straniero o
dell'apolide nato e già residente nei territori appartenuti all'impero austro-ungarico,
o del suo discendente, resa per ottenere il riconoscimento della cittadinanza
italiana (art. 1 della legge 14 dicembre 2000, n. 379).
Oggi … avanti a me … ,
Ufficiale dello stato civile del Comune di … , … (indicare se nella
funzione di sindaco o di chi lo sostituisce o per delega avuta), è comparso (a)
… (indicare le complete generalità del comparente) il quale, dopo avermi
esposto di essere cittadino … (o: apolide), di essere nato (a) e
già residente in … (oppure: di essere discendente in linea
retta di … nato (a) e già residente in … ), territorio
appartenuto all'impero austro-ungarico e, come suddito di tale Stato, di essere
emigrato (ovvero: di essere l'ascendente emigrato) all'estero prima del 16
luglio 1920, dichiara di voler ottenere il riconoscimento della cittadinanza
italiana.
A tal fine mi ha prodotto i
seguenti documenti: … (elencarli: documentazione relativa alla
nascita e residenza nei territori di cui all'art. 1, primo comma della legge 14
dicembre 2000, n. 379, e, ove ricorra l'ipotesi, anche la documentazione
riguardante la discendenza diretta fino all'attuale richiedente ed ogni altro
documento attestante l'appartenenza al gruppo etnico-linguistico).
N.B. - In caso di persona nata
anteriormente al 1° gennaio 1948, il rapporto di discendenza rilevante ai
fini del riconoscimento della cittadinanza è solo quello di derivazione
paterna.
* * *
L’Apolidia
Con legge 1° febbraio 1962, n. 306,
l’Italia ha reso esecutiva la Convenzione di New York del 28 settembre
1954 sugli apolidi.
L’art. 1 della citata
Convenzione con il termine“apatride” (apolide) designa la condizione di una persona che
nessuno Stato considera come proprio cittadino.
Pertanto, ai fini
dell’accertamento dello status di apolidia occorre verificare il mancato possesso
da parte del richiedente della cittadinanza degli Stati con i quali lo stesso
abbia intrattenuto rapporti rilevanti, tali da aver dato vita ad un
collegamento effettivo.
Con l’adesione alla Convenzione di New
York, gli Stati contraenti si sono impegnati a facilitare l’assimilazione
e la naturalizzazione degli apolidi, cercando di contenere il più
possibile le condizioni di apolidia.
Per quanto riguarda
l’Italia, abbiamo visto, infatti, che per la naturalizzazione di un
soggetto apolide è previsto il requisito di un periodo di residenza
legale abbreviato (cinque anni) rispetto ai dieci contemplati in via ordinaria.
Nel nostro Paese l’apolidia di un
soggetto può essere riconosciuta sia in sede giudiziaria che in via
amministrativa.
In passato non vi
è stata alcuna precisa disposizione che regolamentasse il riconoscimento
in via amministrativa dello status di apolide, anche se la prevalente
giurisprudenza è sempre stata concorde nell’ attribuire al
Ministero dell’Interno la competenza ad emettere il provvedimento di
riconoscimento.
Attualmente, l’art.
17 del D.P.R. N. 572\93 disciplina la relativa procedura,
attribuendo esplicitamente al Ministero dell’Interno la competenza al
rilascio della certificazione di apolidia.
In base a tale disposizione, la persona
interessata al riconoscimento deve produrre un’apposita istanza in bollo
corredata dalla seguente documentazione:
1.
atto di
nascita
2.
certificato di
residenza
3.
copia
autenticata del foglio di soggiorno
4.
attestazione
rilasciata dall’autorità consolare del Paese di origine o, se
ritenuto necessario, anche del Paese di ultima residenza dell’interessato
da cui risulti che il medesimo non è in possesso di quella cittadinanza.
I documenti stranieri dovranno essere debitamente legalizzati
e tradotti.
Viene,
altresì, stabilito che è in facoltà del Ministero
dell’Interno richiedere, a seconda dei casi, altri documenti.
* * *
Parte Terza
_____________
Le Circolari
_____________
In questa Terza
Parte si vuole concludere il breve excursus sulla materia della cittadinanza,
riproducendo il testo di alcune delle circolari più significative emesse
al riguardo dal Ministero dell’Interno.
Le
circolari suddette verranno elencate secondo l’ordine cronologico di loro
emanazione.
* *
*
CIRCOLARE N. K.28.1
ROMA, 8.4.1991
OGGETTO:
Riconoscimento del possesso dello status civitatis italiano ai cittadini
stranieri di ceppo italiano.
Si è avuto
modo di rilevare come pervengano sempre più numerose richieste di
chiarimenti circa le modalità che debbono essere adottate al fine di
definire la situazione di cittadinanza di persone provenienti da Paesi esteri
(in particolare modo dall’Argentina ma anche dal Brasile o dagli Stati
Uniti) e munite di passaporto straniero, le quali rivendicano la
titolarità dello status civitatis italiano.
Com’è
noto, infatti, in virtù della contemporanea operatività del
combinato disposto dagli artt. 1 e 7 della Legge 13 giugno 1912, n. 555 e delle
disposizioni vigenti in materia di cittadinanza di numerosi Paesi esteri
d’antica emigrazione italiana (ad es. tutti gli Stati del continente
americano, l’Australia, ecc.) attributivi “iure soli” dello status
civitatis, la prole nata sul territorio dello Stato d’emigrazione
(Argentina, Brasile, Uruguay, Stati Uniti d’America, Canada, Australia,
Venezuela, ecc.) da padre cittadino italiano acquisiva dalla nascita, il
possesso tanto della cittadinanza italiana (in derivazione paterna) quanto
della cittadinanza dello Stato di nascita e permaneva nella condizione di
bipolidia anche nel caso in cui il genitore, durante l’età
minorile, mutasse cittadinanza naturalizzandosi straniero.
Nel
contempo, anche i soggetti nati in uno Stato estero il quale attribuisce la
cittadinanza “iure soli” e riconosciuti da padre cittadino o la cui
paternità sia stata dichiarata giudizialmente risultano versare nella
medesima situazione di doppia cittadinanza.
Da
ciò deriva la concreta possibilità che i discendenti di seconda,
terza e quarta generazione ed oltre di nostri emigrati, siano investiti della
cittadinanza italiana.
Detta
eventualità si è ancor più estesa per gli appartenenti a
famiglia di antica origine italiana i quali siano nati dopo il 1° gennaio
1948 in quanto, a partire da tale data, debbono essere considerati, secondo il
dettato della sentenza n. 30 del 9 febbraio 1983 della Corte Costituzionale,
cittadini italiani anche i figli nati da madre in possesso della cittadinanza
italiana all’epoca della loro nascita ovvero riconosciuti dalla madre o
la cui maternità sia stata giudizialmente dichiarata.
Ne
consegue che pure i discendenti di nostra emigrante o di figlia di nostro
emigrante sono da reputarsi cittadini italiani “iure sanguinis” in
derivazione materna purché nati dopo il 1° gennaio 1948, data di
entrata in vigore della Costituzione repubblicana.
Si
fa, tuttavia, presente che il riconoscimento del possesso dello status
civitatis italiano all’anzidetta categoria di persone deve essere subordinato
al verificarsi di determinate condizioni ed al documentato accertamento di
alcune essenziali circostanze.
A) Condizioni
preliminari per il riconoscimento della cittadinanza italiana.
Innanzi tutto
occorre chiarire che, dovendo l’eventuale possesso dello status civitatis
italiano essere certificato dal Sindaco del Comune italiano di residenza,
potrà essere avviato il relativo procedimento su istanza degli
interessati, solo ove costoro risultino iscritti nell’anagrafe della
popolazione residente di un Comune italiano.
Peraltro,
l’iscrizione anagrafica di queste persone, entrate in Italia con
passaporto straniero, deve seguire le modalità disciplinanti
l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente degli
stranieri e presuppone, da parte degli interessati, l’espletamento degli
adempimenti di cui alle disposizioni vigenti in materia. Si soggiunge,
altresì, che qualora l’iscrizione anagrafica delle anzidette
persone non risultasse possibile in quanto costoro non possono annoverarsi tra
la popolazione residente secondo la nozione di cui all’art. 3 del D.P.R.
30 maggio 1989, n. 123, la procedura di riconoscimento del possesso dello
status civitatis italiano dovrà essere espletato, su apposita istanza,
dalla Rappresentanza Consolare italiana competente in relazione alla
località straniera di dimora abituale dei soggetti rivendicanti la
titolarità della cittadinanza italiana.
B) Procedura
per il riconoscimento della cittadinanza italiana.
Le istanze di riconoscimento della cittadinanza italiana
ex art. 1 della Legge 13 giugno 1912, n. 555 dovranno essere indirizzate al
Sindaco del Comune italiano di residenza, ovvero al Console italiano
nell’ambito della cui circoscrizione consolare risieda l’istante
straniero originario italiano.
Le
stesse dovranno essere corredate della seguente documentazione:
1) estratto
dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero
rilasciato dal Comune italiano ove egli nacque;
2) atti di
nascita, muniti di traduzione ufficiale italiana, di tutti i suoi discendenti
in linea retta, compreso quello della persona rivendicante il possesso della
cittadinanza italiana;
3) atto di
matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, munito di
traduzione ufficiale italiana se formato all’estero;
4) atti di
matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso quello dei genitori
della persona rivendicante il possesso della cittadinanza italiana;
5) certificato
rilasciato dalle competenti Autorità dello Stato estero di emigrazione,
munito di traduzione ufficiale in lingua italiana, attestante che l’avo
italiano a suo tempo emigrato dall’Italia non acquistò la
cittadinanza dello Stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita
dell’ascendente dell’interessato;
6) certificato
rilasciato dalla competente Autorità consolare italiana attestante che
né gli ascendenti in linea retta né la persona rivendicante il
possesso della cittadinanza italiana vi abbiano mai rinunciato ai termini
dell’art. 7 della legge 13 giugno 1912, n. 555;
7) certificato
di residenza.
Si precisa che
l’istanza, presentata in Italia, dovrà essere redatta su carta
legale e che i certificati forniti a corredo della medesima, ove rilasciati in
Italia da Autorità italiane, dovranno essere prodotti in
conformità con le disposizioni vigenti in materia di bollo.
I certificati
rilasciati da Autorità straniere dovranno essere redatti su carta
semplice ed opportunamente legalizzati, salvo che non sia previsto
l’esonero dalla legalizzazione in base a convenzioni internazionali
ratificate dall’Italia. I medesimi documenti dovranno essere muniti di
traduzione ufficiale in lingua italiana la quale, se gli stessi sono esibiti in
Italia, dovrà essere redatta su carta da bollo.
Si fa, ancora,
presente che, allo scopo di poter accertare in modo compiuto il mancato
esercizio – da parte dei soggetti reclamanti il possesso della
cittadinanza italiana – della facoltà di rinunziarvi ex art.7
della richiamata legge n.555/1912 si rende necessario, da un lato, svolgere
adeguate indagini presso il Comune italiano d’origine o di ultima
residenza dell’avo italiano emigrato all’estero ovvero presso il
Comune di Roma e, dall’altro lato, contattare direttamente tutte le
Rappresentanze consolari italiane competenti per le varie località
estere ove gli individui in questione abbiano risieduto o, se del caso,
consultare opportunamente il Ministero degli Affari Esteri – Direzione
Generale dell’Emigrazione e degli Affari Sociali – Ufficio VIII (1) perché interpelli i dipendenti
Uffici Consolari interessati.
I Signori
Sindaci, verificata altresì la fondatezza della pretesa avanzata dagli
istanti a vedersi attribuita “iure sanguinis” la cittadinanza
italiana, disporranno la trascrizione degli atti di stato civile relativi ai
soggetti riconosciuti nostri connazionali e potranno procedere al rilascio
dell’apposita certificazione di cittadinanza nonché agli altri
conseguenti incombenti di competenza.
I Signori Sindaci vorranno, infine, dare
comunicazione delle determinazioni assunte alle SS.LL., alle locali
Autorità di P.S. ed a questo Ministero.
Nel caso in cui, invece, insorgessero dubbi circa
l’effettiva situazione di cittadinanza dei richiedenti il nostro status
civitatis i Signori Sindaci sono pregati di interpellare questo Ministero
trasmettendo il relativo carteggio.
Si prega di diramare le opportune istruzioni ai
Sindaci dei Comuni della Provincia e di fornire assicurazione.
IL
MINISTRO
f.to (Scotti)
CIRCOLARE N. K.60.1
ROMA, 28.9.1993
OGGETTO: Legge 5 febbraio 1992, n. 91
– Nuove norme in materia di cittadinanza – Linee interpretative.
Con circolare p.n. in data 11 novembre 1992,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 26 novembre 1992, n.279, sono state
fornite le prime indicazioni in ordine alla legge n. 91/92, recante nuove norme
sulla cittadinanza.
Il Consiglio di Stato al quale e stato
sottoposto lo schema del regolamento di attuazione della nuova legge al fine di
acquisirne il prescritto avviso, con pareri numeri 2482/92 e 347/93 resi
dall’Adunanza generale rispettivamente in data 30 novembre 1992 e 17
maggio 1993, chiarendo taluni aspetti della legge ha condiviso le disposizioni
attuative che questa rimette allo strumento regolamentare.
Anche alla luce dei succitati pareri questo
Dicastero ritiene opportuno emanare le conseguenti istruzioni le quali
integrano e completano. anche sotto l’aspetto operativo le prime
indicazioni fornite in ordine alla nuova legge con la circolare sopra
richiamata.
Al fine di meglio coordinare la presente
circolare con la precedente si è ritenuto opportuno seguire la medesima
struttura espositiva.
CONSIDERAZIONI IN ORDINE AL CONCETTO DI RESIDENZA
E DI APOLIDIA
In via preliminare e ad integrazione delle
considerazioni svolte nella precedente circolare (cfr. Titolo 1 lettera i), si
osserva che il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 2482/92, ha ritenuto
che l’espressione risiede legalmente utilizzata dal legislatore in numerose disposizioni
(cfr. artt. 4,5, 9 ecc.) indica la condizione di chi non solo risiede in un
determinato luogo (e cioè vi ha di fatto la dimora abituale, nel senso
reso dall’art. 43 del codice civile) ma vi risiede legalmente vale a dire
nel rispetto delle disposizioni dettate dalla legge in materia di ingresso, di
soggiorno e di iscrizione anagrafica.
Da quanto sopra discende, pertanto, che non
possa dirsi legalmente residente in Italia lo straniero che, pur avendo
qui residenza ai sensi dell’art. 43 codice civile, (con tutto ciò
che ne consegue per ogni effetto giuridico diverso da quelli considerati), vi
si trovi in violazione delle leggi concernenti l’ingresso ed il soggiorno
nello Stato; ad esempio perchè introdotto clandestinamente, ovvero
inottemperante ad un provvedimento di espulsione.
Ulteriore condizione, quindi, per una legale
residenza è rappresentata dall’iscrizione anagrafica, in quanto
quest’ultima “conferisce alla residenza di fatto quei connotati
di pubblicità e certezza (anche ai fini della prova della durata, quando
necessaria) in mancanza dei quali non sembra potersi dire che uno straniero
risieda legalmente”.
Relativamente alla nozione di apolidia, che
si rinviene in varie disposizioni della legge n.9l/92 si osserva che il
legislatore a volte ha attribuito a chi si trovi in questa condizione lo stesso
trattamento riservato allo straniero, come nell’art. 4, comma 1, e
nell’art.5; altre volte, invece, ha riservato all’apolide un regime
differenziato rispetto allo straniero come nell’art. 9, comma 1, lett.
e), che si contrappone alla lett. f).
Ciò posto, il Consiglio di Stato nel
parere in questione ha ritenuto che anche laddove la legge usa soltanto la
parola straniero, non possa escludersi che si tratti di disposizioni
applicabili anche all’apolide.
Relativamente all’interpretazione della lettera
b) del primo comma dell’articolo 1 della legge n.91/92, il quale,
nell’attribuire la cittadinanza ab origine, stabilisce che è
cittadino italiano “chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i
genitori sono ignoti od apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza
dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengano”, si
ritiene opportuno precisare quanto segue.
Al riguardo, il Consiglio di Stato ha
osservato che lo scopo di questa disposizione è quello di attribuire la cittadinanza
italiana al figlio, nato in Italia da genitori non cittadini, se
l’ordinamento del Paese di provenienza non contempli la trasmissione
della cittadinanza, al figlio nato all’estero, iure sanguinis, vale a
dire per effetto della (sola) nascita.
L’Alto Consesso ha precisato al
riguardo che “l’ipotesi di trasmissione della cittadinanza da parte
dei genitori stranieri, per effetto della (sola) nascita, si considera
sussistente anche quando, per ottenere tale effetto, i genitori o legali
rappresentanti del minore sono tenuti a dichiarare una volontà in tal
senso o ad effettuare taluni adempimenti formali presso le Autorità
diplomatiche o consolari del Paese di appartenenza.
“A questi fini, per adempimenti
formali si possono intendere quelli che si esauriscono in formalità da
compiere presso le rappresentanze diplomatiche o consolari del Paese di
provenienza; possono ritenersi invece condizioni sostanziali (e non meri
adempimenti formali) comportamenti quali il riassumere la residenza nel Paese
d'origine, prestarvi servizio militare, e simili. Pertanto, la
possibilità che il figlio acquisti la cittadinanza del Paese d'origine
dei genitori, a condizione che vi ristabilisca la propria residenza, oppure, ad
es., che assuma un impiego o svolga il servizio militare alle dipendenze di
quello Stato, non può considerarsi ostativa dell'applicazione dell'art.
1 comma 1, lettera b), della legge".
Conclusivamente, il figlio, nato in Italia
da genitori stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per nascita, ai sensi
dell'art. 1, comma 1, lettera b), della legge, qualora l'ordinamento del Paese
di origine dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al figlio
nato all'estero, anche subordinandola ad una dichiarazione di volontà
ovvero all'adempimento di formalità amministrative da parte dei genitori
o legali rappresentanti del minore.
ACQUISTO DELLA CITTADINANZA PER BENEFICIO DI LEGGE
DA PARTE DELLO STRANIERO O APOLIDE DEL QUALE IL PADRE O LA MADRE O UNO DEGLI
ASCENDENTI IN LINEA RETTA DI SECONDO GRADO SIANO STATI CITTADINI PER NASCITA.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che ai
fini della corretta applicazione dell'articolo 4, comma 1, lett. c), della
legge n. 9l/92, (il quale prevede che lo straniero o l'apolide acquisti la
cittadinanza “se al raggiungimento della maggiore età, risiede
legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica e dichiara, entro
un anno dal raggiungimento, di voler acquisire la cittadinanza italiana”
occorre che vi sia stata residenza legale dell’interessato nell'ultimo
biennio prima del raggiungimento della maggiore età che essa si prolunghi fino al momento della
dichiarazione di volontà
Sull’applicabilità della
disciplina sopraillustrata ai discendenti di ex cittadini italiani residenti
nei territori ceduti alla Jugoslavia vedi infra paragrafo riacquisto della
cittadinanza lettera a ).
Come gia evidenziato nella circolare citata
in premessa, l'art. l3 della nuova legge disciplina il riacquisto della
cittadinanza italiana in presenza delle condizioni e formalità dalla
stessa disposizione contemplate a prescindere dalle cause che ne determinarono
la perdita.
La norma in argomento ha carattere generale
e rappresenta il regime ordinario valevole per l’istituto del riacquisto
una volta cessato quello transitorio previsto dall'art. l7 che, come noto,
consente ai nostri connazionali di riacquistare l'originario status civitatis
mediante una manifestazione di volontà espressa in tal senso.
Per quanto concerne l’art. l3 della
legge n. 91/1992 ed in particolare le ipotesi di riacquisto di cui alle lettere
c ), d )ed e), comma 1, si ritiene opportuno fornire le seguenti ulteriori
precisazioni.
In primo luogo i Sindaci nella loro
qualità di ufficiali di governo sono tenuti a dare comunicazione al
Prefetto della Provincia nel cui territorio è compreso il Comune, delle
generalità degli ex cittadini rientranti dall’estero (ed iscritti
nell’anagrafe della popolazione residente), entro trenta giorni
dall’avvenuto rientro.
Relativamente alla portata del disposto di
cui alla lettera d) dell'articolo in argomento si tiene a precisare che, in
base alla disciplina ivi contemplata, hanno recuperato il nostro status
civitatis a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova legge coloro
i quali non avendo ancora maturato il termine biennale della residenza previsto
dall’abrogato art. 9, n. 3, legge 555/l912 abbiano invece alla data del
l6.8.1992 risieduto almeno per un anno nel nostro territorio.
Così a titolo esemplificativo, il
soggetto destinatario del citato art. 9, n. 3, l. 555/1912, rientrato in Italia
il 14 aprile 1991 è da ritenersi abbia riacquistato il dismesso status
civitatis italiano a decorrere dal giorno successivo alla succitata data del
16.8.1992.
Analogamente l'ex connazionale rientrato sul
territorio italiano il l4 aprile 1992, in base alla disposizione in argomento
avrà recuperato l'originaria cittadinanza dal l5 aprile 1993.
Si ritiene utile rammentare che
ai fini del riacquisto della cittadinanza, a norma della disposizione di cui
alla lett. d) in argomento, è sufficiente la residenza intesa nel senso
specifico dell’art. 43 C.C. , cioè come luogo in cui la persona ha
la dimora abituale.
Inoltre, relativamente alla
facoltà di rinuncia contenuta nella disposizione di cui trattasi da
esercitarsi entro un anno dalla data dello stabilimento della residenza in
Italia, si fa presente che, per coloro i quali hanno riacquistato la
cittadinanza italiana alla data del 17.8.92,con specifica norma regolamentare
è offerta la possibilità di rinunciarvi entro sei mesi
dall'entrata in vigore dell’emanando regolamento di attuazione della
nuova legge.
Si soggiunge che coloro i quali
hanno rinunciato al riacquisto in forza dell'art. 13, c. l, lett. d) ovvero
avvalendosi della norma regolamentare, potranno conseguire la cittadinanza
italiana soltanto proponendo istanza di acquisto ai sensi degli artt. 7 e 9
della legge n. 91/92.
a) Riacquisto della cittadinanza italiana per
coloro che l'hanno perduta - in base agli artt. 8 e 12 legge n. 555/1912 e art.
5 legge n. 123/83.
In relazione al regime
transitorio di cui all'art. 17 della legge n.91/92 , si tiene a evidenziare che
tale disciplina risulta applicabile anche nei confronti di coloro che abbiano
reso dichiarazione di opzione per la cittadinanza straniera, posseduta
unitamente a quella italiana, ai sensi dell'art. 5 della legge 21.4.1983, n.
123.
Al riguardo, infatti, il
Consiglio di Stato con pronuncia n. 1060/90 resa dalla Sezione Prima, in data
7.11.1990, su alcuni quesiti posti su talune disposizioni in materia di
cittadinanza, ha fornito il proprio parere circa la possibilità offerta
dalla legge n. 180 del 1986 di riacquistare la cittadinanza non solo a chi
l’avesse perduta per non aver reso l’opzione di cui all’art.
5 della legge 21 aprile 1983, ma anche a chi l’avesse perduta per averla
esercitata in favore della cittadinanza straniera parimenti posseduta.
In particolare, L’Alto
Consesso ha affermato che “nella legge del 1986, il riferimento a chi
ha perduto la cittadinanza per non aver reso l’opzione va interpretato
estensivamente, vale a dire accomunandosi nel beneficio l'ipotesi di chi abbia
puramente o semplicemente omesso di pronunciarsi, a quella di chi abbia optato
per la cittadinanza straniera” .
Pertanto si ritiene, alla luce del suesposto
parere, che della disposizione di cui all'art. 17 possano avvalersi non
soltanto coloro che abbiano perduto la naturalità italiana per aver
omesso di esercitare l’opzione di cui al citato art. 5 legge l23/l983, ma
anche quei soggetti che l'abbiano perduta a seguito dell’opzione
esercitata per la cittadinanza straniera.
Relativamente, poi, alla
disciplina del riacquisto di cui all'art. 17, nonchè del regime del
riacquisto contemplato dall'art. 13 della legge n.91/92 ne è stata
configurata l’applicabilità anche a vantaggio di coloro i quali,
ai termini dell’articolo 19, n. 2 del Trattato di Pace fra l’Italia
e le Potenze Alleate ed Associate del 10.2.1947, erano destinatari del diritto
di opzione per la cittadinanza in quanto di lingua usuale e residenti, al
10.6.1940, nei territori ceduti dall’Italia alle Potenze Alleate ed
Associate (in particolare i territori istriani, giuliani e dalmati ceduti alla
Jugoslavia), nonchè titolari della cittadinanza italiana alla data del
15.9.1947.
Difatti, il mancato esercizio di
tale diritto di opzione -comportante il conseguimento automatico della
cittadinanza dello Stato cessionario (ad esempio della cittadinanza
iugoslava)– è stato considerato da un consolidato indirizzo
giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione (Cfr. Sentenza n. 764 del
1963) ed interpretativo del Consiglio di Stato (Cfr. parere n. 209 del 1979),
come acquisto volontario di cittadinanza straniera ricadente, pertanto, nella
fattispecie normativa di perdita dello status civitatis italiano, ai sensi
dell'art. 8, n. l della legge n. 555/1912.
In aderenza alle pronunce
fornite dai precitati Consessi, si deve pertanto ritenere che sono da reputarsi
destinatari della disciplina di cui ai menzionati artt. 13 e 17 della legge n.
9l/l992 i soggetti, già titolari della facoltà di optare per la
cittadinanza italiana loro riconosciuta dal succitato art. 19, n. 2, del
Trattato, i quali omisero di avvalersene entro i termini stabiliti dal Trattato
stesso e dagli Accordi successivamente intervenuti.
Si deve, inoltre, ritenere che,
dopo l'entrata in vigore del Trattato di Osimo con la Jugoslavia (ratificato
con legge 14.3.1977, n.73), possano avvalersi delle precitate disposizioni
della legge n. 9l/92 anche gli appartenenti al gruppo etnico italiano che per
non essersi avvalsi della facoltà di trasferire la residenza dalla Zona
B dell'ex Territorio Libero di Trieste nel territorio italiano contemplata
dall’art.3 del Trattato medesimo e del suo allegato VI°, ugualmente
hanno perso la cittadinanza italiana per acquisto volontario della cittadinanza
jugoslava.
Al riguardo, infatti, il
Consiglio di Stato nell’accogliere la prospettata analogia fra la mancata
opzione per la conservazione della cittadinanza italiana (di cui all’art.19,
n.2, del Trattato di Parigi del 1947) e il mancato trasferimento in territorio
nazionale degli appartenenti alla minoranza italiana (di cui all’art.3
del Trattato di Osimo del 1975), ha, altresì, rilevato che “In
entrambi i casi, agli effetti dell’ordinamento italiano, e con
particolare riferimento all’art.8, n.1, della legge n.555/1912, si
è in presenza di una identica libertà di scelta, rimessa al
singolo interessato dalla norma pattizia internazionale, dal cui concreto
esercizio, in un modo o nell’altro, dipende la conservazione della
originaria cittadinanza, corrispondente al gruppo etnico di appartenenza (alla
data del 10 giugno 1940), ovvero l’acquisto della cittadinanza
straniera” (cfr.
Sezione 1°, n.209 del 2.3.1979).
Si richiama, peraltro, l’attenzione
sulla circostanza che, ai termini del succitato Trattato di Pace del 1947,
nonché dell’art.3 del Trattato di Osimo del 1975, titolari del
diritto di opzione contemplato nelle medesime norme pattizie internazionali
sono esclusivamente gli ex cittadini che appartengono rispettivamente al gruppo
linguistico o gruppo etnico italiano.
Ne consegue che
l’efficacia dell’eventuale esercizio della facoltà di
riacquisto della cittadinanza italiana da parte dei mancati optanti deve essere
subordinata all’accertamento di tale appartenenza che sarà
effettuato dal Ministero dell’Interno sulla base del preventivo avviso
rilasciato da una apposita Commissione Interministeriale in relazione alla
esibizione di documenti dalla medesima, in linea di massima indicati, -
istituita presso questo Dicastero e composta da un rappresentante di questa
Amministrazione, da un rappresentante del Ministero degli Affari Esteri e da un
rappresentante del Ministero di Grazia e Giustizia.
Al fine quindi di acquisire ogni
utile elemento in ordine alla sussistenza dei requisiti contemplati dal citato
art. 19 del Trattato di Pace, i destinatari delle norme di tale Trattato,
appartenenti al gruppo linguistico italiano e già cittadini italiani,
che intendano rendere dichiarazione tesa a riacquistare la cittadinanza ai
sensi degli artt. 13 e 17 della legge n.. 91/92 dovranno produrre presso la
competente Autorità consolare italiana o presso il Sindaco del Comune
interessato i seguenti documenti:
l) atto di nascita,
possibilmente su modello internazionale;
2) certificato di residenza
attuale;
3) documentazione idonea a
dimostrare la residenza alla data del 10.6.1940 nei territori ceduti ovvero, in
caso di nascita successiva a tale data, la residenza nei territori medesimi
fino al termine in cui era prevista la possibilità di esercitare
l’opzione;
4) attestazione che
l’interessato alla data del l5 settembre 1947, giorno di entrata in
vigore del Trattato di Pace con l’Italia era cittadino italiano (o
documentazione equipollente, quale foglio matricolare, passaporto, carta di
identità dell’epoca ecc.);
5) certificazione attestante il
possesso della cittadinanza straniera;
6) attestazione rilasciata dalla
"Comunità degli Italiani" presente nel luogo (estero)
di residenza, salvo che il soggetto non vi sia stato iscritto, contenente i
seguenti elementi:
a)
data di
iscrizione;
b)
dichiarazione
di appartenenza nazionale;
c)
lingua usuale
personale dell’interessato e dei genitori;
d)
livello di
notorietà dell’appartenenza al gruppo etnico italiano da parte
dell’interessato a dei genitori;
7) ogni altra utile documentazione comprovante l’appartenenza al
gruppo etnico linguistico italiano (ad esempio copie autenticate di attestati
di frequenza di scuola di lingua italiana,o pagelle scolastiche ecc.).
Per quanto concerne gli
appartenenti al gruppo etnico italiano già residenti nel territorio
compreso della Zona B dell'ex Territorio Libero di Trieste, destinatari delle
disposizioni del Trattato di Osimo, gli stessi dovranno produrre, oltre ai
documenti sopra elencati ai punti 1, 2, 5, 6 e 7, i seguenti altri:
l) certificato di residenza al 3
aprile 1977;
2) documentazione idonea a
dimostrare la cittadinanza posseduta alla medesima data de13 aprile 1977.
Analogamente i discendenti di
persone già cittadine italiane, residenti nei territori ceduti
dall'Italia ad altra Potenza ai termini dei ricordati Trattati, i quali
aspirino a conseguire la cittadinanza , italiana ai sensi dell’art. 4,
comma 1 e 9, comma 1, lettera a), della legge 5 febbraio 1992, n. 91, dovranno
comprovare il possesso da parte dei loro ascendenti dei requisiti richiesti
secondo il procedimento di accertamento di cui sopra.
L’Autorità diplomatica o
consolare, competente ai sensi dell'art. 23 della legge n. 91/92, a ricevere le
dichiarazioni di riacquisto di cui ai menzionati articoli 19 e 3 dei citati
Trattati, dovrà fornire il proprio motivato parere in ordine alla
sussistenza in capo all'interessato, o dei di lui ascendenti, dei requisiti e
delle condizioni richieste per la configurazione della titolarità del
diritto di opzione.
L’Autorità
diplomatico-consolare ovvero l'Ufficiale dello stato civile competente ricevuta
dichiarazione e iscrittala negli appositi registri di cittadinanza ne
trasmetterà copia a questo Ministero unitamente alla documentazione
prodotta dall'interessato ai fini dell’emanazione del provvedimento di
competenza in ordine all'accertamento effettuato secondo le modalità
sopradescritte.
Ove il dichiarante non abbia
prodotto in tutto o in parte la prescritta documentazione, l'Autorità
competente ai sensi dell’art. 23 della Legge 91/92 lo inviterà a
presentarla nel più breve tempo possibile.
L’Ufficiale dello stato
civile ricevuto il provvedimento ministeriale riguardante l’esito
dell'accertamento lo trascriverà nei registri di cittadinanza
In caso di provvedimento
positivo ne farà annotazione in calce all'atto di nascita
dell’interessato.
Ove il provvedimento sia di
diniego ne farà annotazione in calce alla iscrizione o trascrizione
della dichiarazione resa dall’interessato.
Dell'esito della procedura
l'Ufficiale dello stato civile deve dare comunicazione all'Autorità
diplomatico-consolare che ricevette la dichiarazione.
Tale Autorità ne fa
annotazione nel registro di cittadinanza.
Si precisa che il riacquisto
della cittadinanza, in caso di accertamento positivo, decorre dal giorno
successivo a quello della dichiarazione resa.
TRASCRIZIONE DEI DECRETI JUGOSLAVI DI
ACCOLTA OPZIONE E DI SVINCOLO DELLA CITTADINANZA JUGOSLAVA.
Si ritiene utile,
altresì, precisare che tutti i decreti jugoslavi di accolta opzione per
la conservazione della cittadinanza italiana che tardivamente fossero stati ora
presentati dagli interessati presso i competenti comuni italiani per la
trascrizione negli appositi registri di cittadinanza, restano assoggettati alla
disciplina di cui all’art. 19 della nuova legge n. 91/92 che
espressamente richiama le disposizioni della legge 9.1.1956, n. 27.
Pertanto, tutti gli adempimenti
di competenza dell’ufficiale dello stato civile degli anzidetti comuni
dovranno essere espletati solo dopo che sia stato acquisito il prescritto nulla
osta di questo Ministero, concesso nel rispetto delle procedure sopra
illustrate e fissate dalla presente circolare.
ADEMPIMENTI CONCERNENTI LA VIGENZA DELLA
CONVENZIONE DI PARIGI DEL 10 SETTEMBRE 1964.
L’art. 26 della precitata
nuova legge n.91/92 nell’abrogare le previgenti norme in materia di
cittadinanza, ha fatto salve “le diverse disposizioni previste da
accordi internazionali”.
Tra quelli in vigore, di cui è Parte l’Italia,
è da ricomprendere la Convenzione concernente lo scambio di informazioni
in materia di acquisto della cittadinanza, firmata a Parigi il 10 settembre
1964 ed operante, all'attualità, nei confronti dei seguenti Stati:
AUSTRIA -LUSSEMBURGO -PAESI BASSI - TURCHIA - BELGIO - GRECIA - PORTOGALLO.
L'art. 1 di detta Convenzione
dispone che ogni Stato contraente si impegna a dare comunicazione ad un altro
Stato contraente degli acquisti di cittadinanza risultanti da naturalizzazione,
opzione, o reintegrazione concernenti i cittadini di detto Stato.
Si rammenta, altresì, che
il Governo italiano, avvalendosi della clausola limitativa di cui
all’art. 8 della Convenzione, ha dichiarato di escludere dalle
comunicazioni previste dal citato art. 1 gli acquisti di cittadinanza
risultanti da opzioni o da reintegrazioni.
Ne consegue che da parte dello
Stato italiano verranno comunicati gli acquisti disposti mediante Decreto del
Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 9 della legge 5.2.1992, n.
91 nonchè quelli disposti con Decreto Ministeriale ai sensi degli artt.
5 e 7 della medesima legge n. 91/92.
Ta1i comunicazioni verranno
effettuate dagli Ufficiali di stato civile, a mezzo delle schede già in
uso - il cui modello risulta allegato alla precedente circolare n. K.l9-S.C./2
del 3l luglio 1972 -, al Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per
l'Emigrazione e gli Affari Sociali, Ufficio Corrieri e Trasporti, per il
successivo inoltro alle Ambasciate interessate.
In riferimento alle connessioni
sussistenti tra le situazioni di cittadinanza dei singoli soggetti derivanti
dall'applicazione della nuova legge 5 febbraio 1992, n. 9l e la loro posizione
circa gli obblighi militari, si ritiene opportuno, in ultimo, riportare in
allegato ampi stralci della circolare n. LEV. C. 4l datata 22.7.1992, qui fatta
pervenire dal competente Ministero della Difesa con lettera prot. n. 6/0M del
4.11.1992.
Si pregano le SS.LL. di portare il contenuto
della presente circolare a conoscenza dei Sindaci dei Comuni della Provincia e
di fornire un cortese cenno di assicurazione.
PEL MINISTRO
IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO
f.to (Murmura)
CIRCOLARE N. K.60.1/86
Roma, 7 Novembre 1996
OGGETTO: Procedimenti di concessione
della cittadinanza italiana D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362, concernente il
regolamento recante disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza
italiana. Competenze delle autorità riceventi le istanze.
Com’è noto, il
D.P.R. 18/4/94, n.362, concernente il regolamento recante disciplina dei
procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana, ha attribuito nuove
competenze alle Prefetture nella succitata materia sia per quanto concerne la
ricezione delle istanze per l'acquisto del nostro status civitatis sia per
quanto attiene la verifica della regolarità e completezza degli atti alle
stesse allegati.
A quasi due anni dall'entrata in
vigore del predetto Regolamento si ritiene opportuno attirare
l’attenzione in ordine alla esatta applicazione delle istruzioni
già diramate con circolare pari numero in data 23.12.1994, con
riferimento ai sottoelencati adempimenti di particolare rilevanza per il
corretto avvio del procedimento.
Inoltre, si tiene ad evidenziare
che per taluni di questi (invio immediato di copia dell'istanza, dichiarazione
dell'inammissibilità della stessa), gli Uffici riceventi, ove dispongano
di attrezzature idonee, vorranno esaminare la possibilità di procedere
alla diretta memorizzazione dei dati contenuti nelle istanze e di quelli
concernenti le ulteriori determinazioni adottate riempiendo i relativi campi
della maschera, per la trasmissione degli stessi per via Telematica al CED di
questa Direzione Generale, in sostituzione dell'invio cartaceo.
Ciò consentirà la
ricezione in tempo reale dei dati afferenti il richiedente ed il conseguente
avvio immediato della rituale istruttoria, con sensibile contrazione dei tempi
procedimentali nel rispetto di quelli assegnati per legge.
A tal fine, pertanto, si
vorranno rappresentare a questa Direzione Generale le difficoltà
incontrate nell'avvio di tali procedure (carenza di apparecchiature HARDWARES,
collegamenti telefonici, istruzione del personale da adibirsi alle suddette
operazioni, ecc.).
Ciò premesso, si
richiamano schematicamente gli adempimenti di particolare rilevanza per gli
Uffici riceventi le domande di acquisto della cittadinanza italiana:
1) INVIO IMMEDIATO DI COPIA DELL'ISTANZA
(art. 2, comma 1, D.P.R.
362/94):
dovrà essere effettuato, esclusivamente,
a questa Direzione Generale per l’Amministrazione Generale e per gli Affari
del Personale, Servizio Cittadinanza, Affari Speciali e Patrimoniali -Divisione
Cittadinanza, evidenziando l’eventuale carenza, in capo all'interessato,
dei presupposti legittimanti la proposizione della domanda. Ciò al fine
di consentire una rapida adozione delle successive determinazioni di spettanza
della scrivente.
L'adempimento di che trattasi,
come detto, sarà da ritenersi assorbito dalla trasmissione in via
telematica dei dati afferenti l’istanza.
2) SUCCESSIVO INVIO DELL'ORIGINALE
DELL'ISTANZA CORREDATA DELLA PRESCRITTA DOCUMENTAZIONE
(art. 2, comma 1 D.P.R.
362/94):
dovrà essere effettuato, se l'istanza
è regolare e completa, entro 30 giorni dalla data della sua
presentazione, a questa Direzione Generale, Servizio Cittadinanza, Affari
Speciali e Patrimoniali, corredata di tutta la prescritta documentazione,
parimenti in originale. Contestualmente dovrà essere trasmessa copia
informale dell'istanza e della documentazione allegata, al MINISTERO
DELL’INTERNO, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale
per gli Affari Generali Servizio Stranieri, nonchè al MINISTERO
DEGLI AFFARI ESTERI, Direzione Generale per l’Emigrazione e gli Affari
Sociali-Ufficio VIII.
3) INCOMPLETEZZA O IRREGOLARITA'
DELL'ISTANZA E/O DELLA RELATIVA DOCUMENTAZIONE
(art. 2, comma 2 D.P.R. n.. 362/94):
gli Uffici riceventi dovranno evidenziare
all'interessato la riscontrata incompletezza o irregolarità della
domanda e/o della relativa documentazione entro 30 giorni dalla data di
presentazione.
Al riguardo, non può non
rilevarsi come l’espletamento del predetto adempimento, entro il termine
assegnato per legge agli Uffici riceventi , è in stretta aderenza alla
“ratio legis” del DPR n. 362/94 diretta al rispetto dei principi i
tradotti nell’ordinamento in ordine alla trasparenza ed alla certezza dei
tempi di definizione dei procedimenti amministrativi.
Pertanto, in relazione a quanto
sopra detto, la massima attenzione dovrà essere posta nella disamina
della completezza dei documenti e della loro regolarità, al fine di rilevarne
eventuali vizi ed invitare l’interessato alle necessarie integrazioni.
Al riguardo, si ritiene
opportuno integrare le osservazioni gia formulate con la precedente circolare
p.n. del 23.12.1994 (allegato 1) in ordine alla regolarità e completezza
dei seguenti documenti:
a) l’istanza, debitamente
sottoscritta con firma autenticata, sulla quale dovrà essere apposto il
timbro datario di ricezione della Prefettura, dovrà contenere
l’indicazione dei presupposti in base ai quali l’interessato
ritenga di chiedere la cittadinanza specificando la relativa norma di legge
invocata oltre, ovviamente, tutti i dati evidenziati nello schema che si
trasmette (allegati 2 e 3), integrato in taluni punti rispetto a quello
già inviato con la circolare in data 23.12.1994.
Il nuovo modello appare idoneo a
soddisfare le esigenze dettate dall’inderogabile necessità di
pervenire alla progressiva sostituzione della documentazione cartacea mediante
la citata trasmissione per via telematica dei dati afferenti le istanze di naturalizzazione.
Pertanto, gli interessati
dovranno essere invitati ad utilizzare preferibilmente il nuovo modello
allegato, da compilarsi con cura in ogni sua parte, la cui struttura appare di
fondamentale rilievo in relazione alle esigenze di informatizzazione del
procedimento. Si rammenta che l’istanza dovrà essere corredata di
tutta la documentazione regolare e completa gia indicata nella succitata
circolare, il cui elenco, allegato al modello di domanda di che trattasi, si
unisce alla presente.
b) le generalità del richiedente
riportate nei documenti tanto italiani quanto stranieri forniti a corredo
dell’istanza, dovranno risultare esattamente coincidenti in tutti detti
atti.
Nei casi di gravi ed insanabili
discordanze riguardanti le generalità contenute nei documenti formati
all'estero dalle competenti Autorità straniere (nascita, penale,
passaporto), l'Autorità ricevente non risultando sanabile una simile
difformità dovrà far luogo alla immediata dichiarazione di
inammissibilità dell'istanza con provvedimento motivato, dandone
comunicazione all'interessato e a questo Ufficio.
Nei casi in cui tale
difformità fosse riscontrata tra la documentazione rilasciata dalle
Autorità del Paese di origine e quella rilasciata dalle Autorità
italiane, l'interessato dovrà essere invitato a provvedere alla
necessaria rettifica della documentazione italiana in conformità alle
generalità risultanti dalla documentazione straniera, entro un termine
ragionevole di tempo assegnatogli (almeno 4 mesi).
Infatti, si ritiene opportuno
rammentare che ai sensi dell'art. 24, comma 1, della legge 31.5.1995, n. 218,
concernente la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato
"l’esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità
sono regolati dalla legge nazionale del soggetto" .
Inoltre, si evidenzia che in
taluni ordinamenti gli elementi costitutivi del cognome e del nome che
individuano una persona fisica possono risultare differenti da quelli presi in
considerazione dall'ordinamento italiano.
Pertanto, nella disamina della
regolarità della documentazione esibita dai richiedenti la cittadinanza,
per quanto attiene alle generalità, dovrà farsi riferimento
esclusivamente a quelle desumibili dalla documentazione straniera prodotta
(atto originale di nascita, passaporto, certificato penale del paese d'origine
e/o di successiva eventuale residenza).
A tali generalità
dovranno essere dunque conformi quelle contenute negli atti rilasciati dalle
nostre autorità (residenza, matrimonio, permesso soggiorno, stato
famiglia, certificati dei carichi pendenti e del casellario giudiziale).
Nei casi in cui non siano
chiaramente deducibili dai precitati certificati stranieri gli elementi
costitutivi del nome (cognome) e/o del prenome (nome proprio) dello straniero
istante, dovrà essere esibita un'attestazione consolare al precipuo
scopo dell’indicazione della sequenza e/o degli elementi costitutivi
delle proprie generalità;
c) atto di nascita: nelle
ipotesi in cui sussiste la comprovata impossibilità di presentare l'atto
di nascita dovrà in sua sostituzione essere prodotto atto di
notorietà, formato davanti al Pretore del luogo ove l’interessato
risiede, analogamente all'ipotesi contemplata dall'art. 97 del R.D.9.7.1939, n.
1238, concernente l'Ordinamento dello stato civile.
Secondo la succitata
disposizione l'atto dovrà contenere la dichiarazione giurata dei
testimoni, nella quale essi devono indicare il nome, il cognome, la professione
, la residenza dell’interessato e dei suoi genitori se conosciuti, il
luogo e la data di nascita, la cittadinanza e le cause per cui non può
essere prodotto l'atto di nascita nonchè le circostanze relative alla
conoscenza che ciascun testimone ha delle siffatte dichiarazioni.
E’ stato altresì
segnalato che in alcuni Paesi viene rilasciato un solo ed unico atto di nascita
da valere all'estero che debitamente tradotto e vistato viene allegato alle
istanze di naturalizzazione.
Pertanto, nell'ipotesi in cui
venga attestata tale circostanza, l'Ufficio ricevente potrà procedere
direttamente alla riproduzione del certificato di che trattasi ed alla sua
autenticazione, a norma dell'art. 14 della Legge 4 gennaio 1968, n.15, da
prodursi a corredo della domanda in sostituzione dell'originale atto.
4) OSSERVAZIONI DELL'AUTORITA' RICEVENTE
(art. 2, comma 1, D.P.R. n. 362/94):
si rammenta che le osservazioni di cui al
comma 1 dell'art. 2 del D.P.R. n. 362, devono essere inoltrate a questo
Ministero entro trenta giorni dalla data di presentazione dell'istanza
contestualmente alla relativa documentazione, salvo il caso previsto dal comma
2 del medesimo articolo, concernente l'ipotesi di incompletezza o
irregolarità della domanda o della relativa documentazione.
Ciò premesso, si
ribadisce l'inderogabile necessità che questo Ufficio sia comunque posto
nella condizione di avviare tempestivamente l'istruttoria centrale di
competenza.
Dette osservazioni da formulare
a cura delle SS.LL., in ordine allo straniero od apolide aspirante alla
cittadinanza italiana, dovranno essere redatte sulla base delle risultanze
attinte sul conto dell'interessato dalle locali Autorità di P.S. nelle
quali si rende opportuno siano evidenziati, oltre quelli indicati nella
predetta circolare del 23.l2.l994 (pag. l3 e seg.), i seguenti ulteriori
elementi, particolarmente rilevanti per la concessione della cittadinanza
italiana ai sensi dell'art. 9 legge n.9l/92:
a) livello di assimilazione
della cultura e integrazione nell’ambiente nazionale da parte del
soggetto; grado di conoscenza della lingua italiana e dei principi fondamentali
cui si ispira il nostro ordinamento;
b) composizione della famiglia
dell’istante e grado di integrazione nella società italiana con
particolare riferimento al coniuge, all'attività lavorativa svolta dai
componenti maggiorenni e al regolare adempimento dei correlati obblighi tributari
e contributivi in genere; notizie circa i figli minori facenti parte del nucleo
familiare, con riguardo all'osservanza degli obblighi scolastici previsti per
legge; specificazione circa l’eventuale richiesta di naturalizzazione
italiana proposta da parte di taluno dei componenti la famiglia dell'istante.
Si fa presente che tali notizie
potranno essere dedotte anche da colloqui ai quali non può essere
invitato liberamente l'istante, al fine di meglio riscontrare il concorrere
degli elementi tali da configurare l'esistenza di una legittima aspirazione al
mutamento della cittadinanza di origine o comunque all’acquisto della
cittadinanza italiana.
5) DICHIARAZIONE DI INAMMISSIBILITA’
DELL’ISTANZA
(art. 2, comma 3 D.P.R.
362/94)
nel caso in cui la riscontrata incompletezza
o irregolarità delle domande e/o della relativa documentazione non sia
stata sanata ovvero la nuova documentazione prodotta nel termine assegnato
risulti a sua volta irregolare o incompleta, dovrà farsi luogo alla
dichiarazione di inammissibilità dell’istanza, con provvedimento
motivato, di cui verrà data comunicazione allo scrivente.
Come detto al punto 3, lettera
b), occorrerà procedere alla immediata dichiarazione di
inammissibilità dell'istanza nelle ipotesi di gravi difformità
delle generalità riscontrate nei documenti formati all’estero
dalle competenti Autorità straniere.
Infatti, è da ritenersi
che simili discordanze non siano suscettibili di sanatoria e, pertanto,
l’interessato non verrà invitato a provvedere a qualsivoglia
regolarizzazione.
6) CERTIFICATO DI SVINCOLO DALLA
CITTADINANZA STRANIERA POSSEDUTA DAL NATURALIZZANDO
(art. 1 comma 4 D.P.R. n. 362/94 in relazione al quale
è stato emanato il D.M. 22.11.1994 concernente l'allegazione di
ulteriori, documenti a corredo delle istanze di naturalizzazione):
attesi i reiterati quesiti, formulati anche
da parte dei diretti interessati, si ritiene opportuno fornire alcuni
chiarimenti in ordine alla certificazione concernente il c .d.
"svincolo" .
Com'e noto, lo svincolo
(rinuncia) dalla cittadinanza di origine posseduta dai cittadini stranieri che
invocano il conferimento di quella italiana è adempimento richiesto per
i procedimenti attivati ai sensi dell’art.9 della legge 5.2.1992, n.91, a
conclusione della rituale istruttoria sulle relative istanze di
naturalizzazione che abbia evidenziato il possesso da parte dell'interessato di
tutti i requisiti ritenuti necessari ai fini dell'adozione del provvedimento
concessorio.
Si evidenzia al riguardo che la
produzione di detto documento è prescritta dal D.M. 22.11.94.
Si soggiunge che anche per il
passato la costante giurisprudenza del citato Collegio, cui vengono sottoposte
le predette istanze per acquisire sulle stesse il prescritto parere, ha sempre
ritenuto necessario detto adempimento nella considerazione che rappresenti
l’inequivoca volontà, riferita al richiedente la nuova
naturalità, di entrare a far parte del-la nostra Comunità
nazionale a pieno titolo e non già per meri motivi di
“comodità di carriera, di professione o di vita”. Inoltre,
si segnala che lo svincolo viene richiesto limitatamente alle ipotesi in cui
detta rinuncia sia consentita dall'ordinamento del Paese di appartenenza
dell’interessato nonchè a quelle in cui la cittadinanza di origine
non si perda automaticamente per effetto di acquisto volontario di altra
straniera.
E’ da ritenere, infine,
irrilevante la previsione, eventualmente contemplata dall’ordinamento del
Paese di appartenenza, della possibilità per i propri cittadini di
acquistare una cittadinanza straniera senza incorrere nella perdita di quella
posseduta.
Pertanto, ove
l’ordinamento del Paese di cui il richiedente detiene la cittadinanza
preveda la possibilità di rinunciare a quella naturalità,
l’interessato è tenuto a produrre, su richiesta della
scrivente per il tramite della Prefettura competente, il certificato di
svincolo, ovvero idonea documentazione attestante l’avvio della relativa
procedura.
Detta certificazione è da
ritenersi quindi necessaria per la definizione del procedimento di concessione
della cittadinanza italiana attivato ai sensi dell’art. 9, mentre non
viene richiesta agli stranieri o apolidi coniugati con cittadino italiano i
quali abbiano proposto domanda di acquisto della cittadinanza ai sensi degli
artt. 5 e 7 della legge n. 91/92.
Si ritiene poi di evidenziare
l’opportunità che gli Uffici interessati, nei casi in cui sia
intervenuta corrispondenza, riportino il numero di posizione archivistica
assegnato dalla Divisione al procedimento cui la stessa si riferisce in modo da
consentirne l’immediata acquisizione al relativo fascicolo per la
conseguente trattazione.
Appare superfluo sottolineare
l’inderogabile necessità che gli adempimenti sopra evidenziati
vengano posti in essere con la massima scrupolosità e nei termini
assegnati.
Infatti, non può non
rilevarsi come in numerose circostanze quest’Ufficio è stato posto
nella ineluttabile condizione di doversi sostituire a quelli riceventi, nei
casi di omessa o parziale loro attività istruttoria, per l’espletamento
di specifici adempimenti agli stessi demandati dalle disposizioni di rango
normativo contenute nel D.P.R. n. 362/94.
Con l'occasione si fa presente
che il Ministero degli Affari Esteri ha fatto conoscere che, a seguito
dell'accettazione intervenuta in data 19.7.1996 da parte dei Paesi Bassi
(Olanda), il Secondo Protocollo di emendamento alla Convenzione sulla riduzione
dei casi di plurima nazionalità, (siglato a Strasburgo il 2 febbraio
1993), è entrato in vigore nei confronti di quel Paese dal 20 agosto
1996.
Pertanto per l'Italia il
Protocollo risulta efficace con la Francia a decorrere dal 24 marzo 1995 e con
l'Olanda dal 20 agosto 1996.
Circa gli effetti dello
strumento in parola si richiama il contenuto della circolare n. K.19.CE/8
datata 28.3.1995 (allegato 4), significando che i Paesi Bassi hanno reso la
dichiarazione di accettare il Protocollo. per il Regno in Europa, le Antille
Olandesi e Aruba.
Nel ribadire l'esigenza di una
puntuale e corretta osservanza degli adempimenti sopra illustrati, si pregano
le SS.LL. di voler fornire un cortese cenno di assicurazione.
IL DIRETTORE GENERALE
f.to (Marino)
* *
*
CIRCOLARE N. K.69/89
ROMA, 18 FEBBRAIO 1997
OGGETTO: Legge 5 febbraio 1992, n.91 – Norme in materia di
residenza legale nello Stato Italiano per il cittadino straniero.
La
legge 5.2.1992, n.91, concernente nuove norme sulla cittadinanza, ha introdotto
il concetto di residenza “legale” nelle ipotesi in cui sia
prescritto un periodo di permanenza sul territorio italiano utile ai fini
dell’acquisto della cittadinanza italiana.
Relativamente
a tale nozione il Regolamento di attuazione della citata legge n.91/92, emanato
con D.P.R. n.572/1993, all’art.1, comma 2, lett. a) recita: “si
considera legalmente residente nel territorio dello Stato, chi vi risiede
avendo soddisfatto le condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in
materia di ingresso e di soggiorno degli stranieri in Italia e da quelle in
materia di iscrizione anagrafica”.
Pertanto,
il periodo di residenza utile ai fini dell’acquisto del nostro status
civitatis è da ritenersi esclusivamente quello decorrente dalla data in
cui l’interessato risulta aver assolto entrambe le condizioni poste dalla
succitata disposizione per la configurabilità della residenza legale sul
nostro territorio, ossia di essere in regola con le norme di ingresso e
soggiorno degli stranieri ed essere registrato nell’anagrafe della
popolazione del Comune Italiano di residenza.
Peraltro
sono stati evidenziati numerosi casi per i quali l’applicazione della
norma regolarmente sulla base di una interpretazione letterale della stessa
appariva estremamente restrittiva per i soggetti interessati, tenuto conto che
l’obbligo del rispetto delle norme relative all’ingresso ed al
soggiorno, nonché quelle riguardanti l’iscrizione anagrafica,
incombeva a persona diversa dall’interessato minorenne.
Trattasi
delle fattispecie afferenti i soggetti nati in Italia oppure qui residenti
dalla minore età per i quali i rispettivi esercenti la patria
potestà, legalmente residenti in Italia, hanno omesso di provvedere alla
regolarizzazione dei figli, nel primo caso, non iscrivendoli nel proprio
permesso di soggiorno, nel secondo, non registrandoli nell’anagrafe del
comune italiano di residenza oppure hanno provveduto ad assolvere gli
adempimenti prescritti a distanza di tempo dal momento in cui ne incombeva
l’obbligo.
Al
riguardo, si è ritenuto di acquisire l’avviso del Consiglio di
Stato che, con parere n.940/96 reso dalla Sezione Prima in data 6 novembre
1996, ha condiviso l’opinione che l’omissione o il ritardo della
dichiarazione di soggiorno a nome del minore possono considerarsi non
pregiudizievoli, ai fini di cui si discute, alla triplice condizione che:
“a) la nascita del minore, avvenuta in Italia,
sia stata come tale regolarmente e tempestivamente denunciata allo stato
civile, anche ai fini anagrafici;
b) che i genitori fossero al momento della nascita
legalmente residenti, con valido permesso di soggiorno ed iscrizione
anagrafica;
c) che tale condizione dei genitori abbia continuato
a permanere per tutto il periodo considerato, quantomeno sino a che il figlio
non abbia acquisito un titolo di soggiorno autonomo. Beninteso nel caso di
filiazione naturale è sufficiente che sia in posizione regolare il
genitore che effettua il riconoscimento al momento della nascita, ai sensi
dell’art. 254 del codice civile”.
Pertanto,
secondo l’Alto Collegio solo con il concorso delle suddette condizioni il
minore nato in Italia può considerarsi “legalmente residente dalla
nascita”.
Per
quanto concerne poi il caso diverso del minore straniero immigrato dopo la
nascita, in posizione regolare dal punto di vista del permesso di soggiorno ma
non iscritto all’anagrafe per inadempienza del genitore che avrebbe
dovuto provvedervi, anche in questo caso si può giungere
all’interpretazione più favorevole alla seguente duplice
condizione:
a)
la posizione
dei genitori sia regolare anche dal punto di vista anagrafico;
b)
sia escluso
che la mancata iscrizione del minore rifletta una situazione di
irregolarità dal punto di vista del permesso di soggiorno: come potrebbe
avvenire nel caso in cui il genitore abbia un titolo di ingresso e di soggiorno
strettamente individuale e non estensibile di diritto ai componenti del nucleo
familiare.
Infine, si ritiene opportuno che venga
richiamata la particolare attenzione dei Comuni sulle istruzioni impartite
– con circolare allegata in copia – dal competente Ministero di
Grazia e Giustizia agli Ufficiali di Stato Civile, per il tramite dei
Procuratori Generali della Repubblica, in merito a talune problematiche
afferenti le disposizioni riguardanti la Legge 31 maggio 1995, n. 218, recante
“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”,
entrata in vigore nel loro testo originario alla data del 31 dicembre 1996,
nonché sulle istruzioni al riguardo impartite dal Ministero degli Affari
Esteri alle Autorità diplomatico-consolari con l’unito telex.
Trattasi,
in particolare, degli artt. 64, 66 e 67, unitamente ai rimanenti articoli del
Titolo IV della legge in argomento.
Pertanto, come rappresentato dal predetto
Dicastero, a decorrere dal 21.12.1996 “le sentenze straniere e i
provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione che possiedono i requisiti
richiesti per il riconoscimento automatico in Italia possono essere presentati
direttamente agli ufficiali dello stato civile, o ai Capi degli Uffici
Consolari che ne esercitano le funzioni all’estero, per essere
trascritti, iscritti o annotati come per legge. E ciò a prescindere dal
momento temporale in cui le sentenze e gli atti stranieri sono stati formati.
Infatti, con l’entrata in vigore del
titolo IV della legge 218/95, viene riconosciuta de-jure efficacia in Italia ai
provvedimenti giurisdizionali ordinari e di volontaria giurisdizione dei
giudici stranieri. E tali provvedimenti vengono presi in considerazione
unicamente per gli effetti (che dopo il 31/12/1996 sono automatici e immediati,
nel rispetto di determinati presupposti condizionali) loro attribuiti
nell’ordinamento giuridico interno.
Si tratta quindi di provvedimenti ai quali
non si applica la previsione di cui all’art.72, n.1 della legge medesima.
Questa, in particolare, prende in considerazione la situazione dei processi
civili da proporre o già proposti davanti ai giudici italiani in materia
di diritto internazionale privato.
E stabilisce che la nuova situazione
normativa stabilita per determinare l’ambito della giurisdizione italiana
e per individuare il diritto disciplinante le singole categorie di rapporti
giuridici, deve essere applicata soltanto alle domande giudiziali proposte dopo
il 31.12.1996. A meno che, nel nuovo giudizio, non occorra fare riferimento ad
una situazione giuridica creata ed esaurita quanto ai suoi effetti prima
dell’entrata in vigore della nuova legge.
Con l’occasione si ricorda infine che
la legge n.218/95 fa comunque salve, per la materia cui essa si riferisce, le
disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali di cui l’Italia
è parte”.
Le SS.LL. vorranno disporre affinché
il contenuto della presente circolare venga portato all’attenzione , per
quanto di rispettiva competenza, dei Signori Sindaci dei Comuni compresi
nell’ambito territoriale nonché degli Uffici che trattano la
“subjecta materia”, per opportuna informazione e per l’esatto
adempimento.
Tornerà gradito un cortese cenno di
intesa e di assicurazione.
IL
DIRETTORE GENERALE
f.to (Marino)
* * *
CIRCOLARE N. K.60.1
ROMA
20.2.1999
OGGETTO: Attuazione della Legge 15.5.1997 n. 127, recante
"Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e
dei procedimenti di decisione e di controllo" e successivo
Regolamento di attuazione di cui
al D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403. Rinnovo della modulistica riguardante i
procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana attivati ai sensi della
legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Le
recenti disposizioni tese allo snellimento dell'attività amministrativa,
di cui alla legge 15 maggio 1997, n. 127 ed al D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403
recante il "Regolamento di attuazione degli articoli 1, 2 e 3 della legge
15.5.1997, n. 127 in materia di semplificazione delle certificazioni
amministrative", hanno introdotto innovazioni di portata generale
incidenti anche sulle procedure di acquisto della cittadinanza italiana con
riferimento alla documentazione da allegarsi a corredo delle relative istanze.
Pertanto,
sentito anche l'Osservatorio per l'attuazione della legge n. 127/1997 si
forniscono agli uffici riferimenti e indicazioni sulle modalità da
seguire nell'applicazione delle predette disposizioni.
DESTINATARI
Come
è noto, in precedenza era stato ritenuto che nell'ambito del
procedimento di acquisto della cittadinanza italiana non fossero pienamente
applicabili agli stranieri i precetti già introdotti in materia di
autocertificazione dalla legge n. 15/1968, nella considerazione che,
trattandosi di soggetti appartenenti ad ordinamenti di altri Stati, non fossero
legittimati a produrre autocertificazioni in luogo dei documenti originali da
esibire a corredo delle istanze di naturalizzazione.
Un'apertura
a tale linea era venuta dal D.P.R. n. 130 del 25.1.1994 che aveva compreso tra
coloro che possono rendere autodichiarazioni i cittadini stranieri della
Comunità europea, così come specificamente indicato all'art. 6,
nel caso in cui le dichiarazioni sostitutive rientrassero tra quelle di cui
agli artt. 2, 3, 4 della legge n. 15/1968.
La
nuova legge n. 127 e più espressamente l'art. 5 del recente regolamento
n. 403/98 ha ulteriormente chiarito che nel caso in cui le dichiarazioni
sostitutive di cui agli articoli 2 e 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15 siano
presentate da cittadini degli Stati facenti parte dell'Unione Europea (Belgio,
Danimarca, Germania, Grecia, Spagna, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi
Bassi, Austria, Portogallo, Finlandia, Svezia e Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda del Nord) si applicano le stesse modalità previste per i
cittadini italiani.
Per
quanto concerne invece i cittadini extracomunitari residenti in Italia,
purchè iscritti all'anagrafe della popolazione residente, lo stesso
articolo prevede che possono utilizzare le dichiarazioni in argomento
limitatamente ai casi in cui si tratti di comprovare stati, fatti e
qualità personali certificabili o attestabili da parte di soggetti
pubblici o privati italiani.
Si
precisa inoltre che i dati relativi al cognome, nome, luogo e data di nascita,
cittadinanza, stato civile e residenza, attestati in documenti di
riconoscimento italiani in corso di validità, hanno lo stesso valore
probatorio dei corrispondenti certificati e costituisce violazione dei doveri
d'ufficio il rifiuto da parte del dipendente addetto di accettarne l'esibizione
( combinato disposto dell'art. 3 c. 1, l. n. 127/97 e art. 7, cc. 4 e 5 del
D.P.R. n. 403/98).
AMBITO DI APPLICAZIONE
Gli
stranieri residenti, anche non comunitari, possono rendere dichiarazioni
sostitutive dei seguenti documenti purchè i dati siano comunque
certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici o privati italiani.
Pertanto
possono essere autocertificati:
1) residenza,
2) stato civile,
3) stato di famiglia,
4) casellario giudiziale,
5) situazione reddituale o economica
La
situazione penale nel Paese di origine potrà essere autocertificata solo
da cittadini comunitari.
Possono
altresì rendere nel proprio interesse dichiarazioni riguardanti anche
stati, fatti e qualità personali relative ad altri soggetti di cui il
dichiarante abbia diretta conoscenza, per es. cittadinanza italiana del coniuge
(art. 2, D.P.R. n. 403/1998).
Per
quanto concerne l'estratto dell'atto di nascita, da prodursi a corredo delle
istanze di acquisto della cittadinanza italiana inoltrate ai sensi degli artt.
5 e 9 della legge n. 91/1992, occorre osservare che l'art. 9, comma 1 del
D.P.R. 403/98 ribadisce la necessità della sua esibizione sia per i
cittadini comunitari che per gli extracomunitari.
ATTI ACQUISITI D'UFFICIO
L'estratto
dell'atto di matrimonio dovrà essere chiesto d'ufficio ai sensi dello
stesso art. 9 del D.P.R. 403\98 da codeste Prefetture al Comune che conserva il
relativo registro secondo le indicazioni fornite dall'interessato nella sua
dichiarazione.
Ugualmente
dovranno essere accertati d'ufficio i carichi pendenti.
Per
quanto riguarda in particolare il permesso di soggiorno, le Questure dovranno
attestarne il possesso e la validità temporale nel prescritto rapporto
informativo che già viene trasmesso a codeste Prefetture sia per le
concessioni ex art.5 che per quelle ex art. 9 della legge 5 febbraio 1992, n.
91.
Inoltre,
nel medesimo rapporto, per quanto concerne le istanze attivate ex citato art.
9, relativamente al soggiorno dell'interessato, dovrà essere indicata la
data del suo ingresso nel territorio nazionale e del primo rilascio del
relativo permesso nonché dei successivi rinnovi.
Con
l'occasione si tiene a rammentare che tenuto anche conto del regime introdotto
dalla legge n. 675/96 sulla tutela della privacy, le osservazioni da formulare
in ordine allo straniero o apolide aspirante alla cittadinanza italiana, per
quanto concerne le istanze ex art. 5, dovranno riferirsi esclusivamente
all'esistenza delle cause ostative indicate dall'art. 6, comma 1, lett. a) e b)
della legge n. 91/92 indicando in tal caso l'Autorità giudiziaria ove
risultino pendenti procedimenti penali a carico dell'interessato.
Per
quanto concerne invece il rapporto informativo redatto in merito alle istanze
ex art. 9 si richiama l'attenzione sulla necessità che vengano
sempre forniti gli elementi evidenziati nella circolare K60.1/86 del 7 novembre
1996 (es. livello di integrazione, conoscenza della lingua ed ogni utile
elemento per valutare l'attuale situazione reddituale ed economica) oltre
all'eventuale esistenza di cause preclusive concernenti la posizione
giudiziaria dell'interessato.
Si
ribadisce che tali notizie potranno essere dedotte anche da colloqui ai quali
può essere invitato liberamente solo il richiedente la cittadinanza
italiana ai sensi del predetto articolo 9 al fine di meglio riscontrare il
concorrere degli elementi tali da configurare l'esistenza di una legittima
aspirazione al nostro status civitatis.
MODALITA' DI SOTTOSCRIZIONE
Si
richiama l'attenzione circa le modalità di sottoscrizione
dell’istanza, previste dall’art. 2, commi 10 e 11, della legge
16.6.1998, n. 191.
Questa,
anche se contenente dichiarazioni sostitutive di cui all'art. 1 del D.P.R. n.
403/98, non è soggetta ad autenticazione ove sia apposta in presenza del
dipendente addetto ovvero sia presentata, trasmessa per posta o via fax
unitamente a copia fotostatica, ancorché non autenticata, di un
documento italiano di identità del sottoscrittore o rilasciato da uno
dei Paesi comunitari. La fotocopia del documento è inserita nel
fascicolo.
Nei
casi in cui l'istanza contenga dichiarazioni sostitutive dell'atto di
notorietà ex art. 2 del citato D.P.R. n. 403/98 (es. cittadinanza
italiana del coniuge) la sottoscrizione, secondo quanto disposto dal successivo
art. 3, non è soggetta ad autenticazione purchè apposta in
presenza del dipendente addetto alla ricezione.
Le
dichiarazioni sostitutive di certificazione hanno la stessa validità
temporale degli atti che sostituiscono.
VERIFICHE
Nei
casi in cui vengano prodotte dichiarazioni sostitutive di certificazione, le
Amministrazioni procedenti sono tenute, ai sensi dell'art. 11 del predetto
Regolamento, a verificare anche a campione la rispondenza di quanto
dichiarato dall'interessato con i dati in possesso degli uffici competenti al
rilascio della relativa certificazione.
Codeste
Prefetture procederanno pertanto alla individuazione dei criteri per la
verifica sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive attraverso
controlli a campione e nei casi in cui vi sia un ragionevole dubbio circa il
contenuto della dichiarazione così come disposto dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri con circolare 5 febbraio 1999, n.1.1.26/10888/9.84.
La
predetta circolare prevede, inoltre, che le Prefetture svolgano un ruolo di
sensibilizzazione e promozione dell'applicazione del regolamento avvalendosi
dei Comitati provinciali della Pubblica Amministrazione.
Tale
organo potrà quindi essere sentito sia per concordare i criteri per le
verifiche che per stabilire le modalità di trasmissione per via
informatica o telematica tra le diverse Amministrazioni dei dati richiesti.
In
tal caso si è in presenza di uno scambio di atti tra uffici e di
conseguenza, secondo l'interpretazione fornita dal Ministero delle Finanze con
risoluzione n. 603 del 16 novembre 1993, i documenti saranno tutti esenti
dall'imposta di bollo, trovando applicazione l'art. 16 della tabella annessa al
decreto del Presidente della Repubblica 27 ottobre 1972, n. 642, come
specificato nella circolare ministeriale MIACEL 2 febbraio 1999, n. 2.
Ove tali verifiche non potessero essere
concluse entro il breve termine (30 giorni) previsto dall'art. 2 del D.P.R.
18.4.1994, n. 362, concernente "Regolamento recante disciplina dei
procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana", per l'inoltro delle
istanze corredate della relativa documentazione a questo Ufficio, codeste
Prefetture provvederanno comunque a trasmettere l'istanza con l'allegata documentazione
entro il predetto termine nelle more del completamento dell'acquisizione dei
dati richiesti d'ufficio nonché delle opportune verifiche. Sarà
comunque necessario segnalare tempestivamente a quest'Ufficio l'eventuale
mancata rispondenza di quanto dichiarato dagli interessati con i dati in
possesso degli uffici competenti.
Anche
a tale riguardo sembra opportuno ricordare che diviene ormai indifferibile
pervenire alla rapida informatizzazione delle procedure concernenti i
procedimenti di cittadinanza.
Si
richiama l'attenzione degli Uffici sulle previsioni del citato regolamento n.
403/98 (art.7 c. 5) relative alla violazione dei doveri d'ufficio in caso di
mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive.
Nello
stesso tempo si ritiene opportuno che gli operatori del settore informino gli
interessati sulla responsabilità del dichiarante in caso di
dichiarazioni false.
Va
evidenziato infatti che, ove la dichiarazione effettuata risulti falsa, il
comma 3 dell'art. 11 del D.P.R. 403/98 prevede la decadenza dai benefici
conseguiti dal provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non
veritiera, fermo restando le sanzioni penali previste dall'art. 26 della legge
n. 15/1968 a carico dell'interessato.
L'introduzione
della normativa sulla semplificazione comporta comunque una diversa
impostazione dei rapporti con gli utenti. Sarebbe quindi auspicabile poter
stabilire un contatto non solo formale, instaurando un dialogo continuo in cui
l'informativa, anche mediante cartellonistica e speciale modellistica, diventi
uno degli elementi cardine del procedimento pur con le necessarie limitazioni
determinate dalla esigenza, altrettanto prioritaria, di assicurare la
speditezza dello stesso procedimento.
Si
precisa comunque che l'interessato, per abbreviare l'iter del procedimento,
può sempre esibire o inviare per via telematica copia, ancorchè
non autenticata, dei certificati in suo possesso - sia oggetto di
autocertificazione che richiesti d'ufficio - ma non ha un onere in tal senso,
perché l'amministrazione è tenuta a procedere autonomamente.
Nel
far presente che il citato regolamento n.403/98 entrerà in vigore il 23
febbraio prossimo, si trasmettono, oltre agli schemi di domanda con la relativa
documentazione modificata secondo le recenti normative sulla semplificazione,
anche i nuovi moduli di istanza contenenti le formule per le dichiarazioni
sostitutive che potranno essere rese in luogo dei documenti richiesti secondo
il disposto di cui all'art. 6 del D.P.R. n. 403/1998.
IL
DIRETTORE GENERALE
f.to Catalani
* *
*
CIRCOLARE N. K.8/2/99
Roma 24.11.1999
OGGETTO:
Generalità dei cittadini stranieri nei decreti di concessione della
cittadinanza italiana.
Pervengono
a questo Ufficio istanze di naturalizzazione italiana, inoltrate dagli
interessati ai sensi degli artt. 5 e 9 della Legge 5.2.1992 n. 91, per le quali
talvolta è dato riscontrare discordanze tra le generalità
indicate nei documenti rilasciati dal Paese di origine del naturalizzando e le
generalità riportate nei documenti italiani e nelle autocertificazioni
prodotte a corredo dell'istanza.
Ciò
si verifica in particolare per i cittadini appartenenti a Paesi il cui
ordinamento si ispira a criteri diversi rispetto a quelli previsti
dall'ordinamento italiano per quanto concerne l'attribuzione delle
generalità ai propri cittadini.
In
taluni ordinamenti, infatti, è previsto che il nome imposto alla nascita
sia seguito dal nome del padre, dal nome del nonno e dall'eventuale cognome,
mentre in altri le donne, a seguito del matrimonio, acquistano il cognome del
coniuge, anche se straniero e con quello vengono poi identificate per il loro
ordinamento, anche a seguito di divorzio. Ne consegue che l'istituto del cognome
è diversamente disciplinato dalle norme dei vari ordinamenti statali,
sebbene i cittadini stranieri debbano essere registrati con le originarie
generalità dalle nostre autorità amministrative le quali devono
rilasciare loro le relative certificazioni con i nomi previsti dagli
ordinamenti di appartenenza anche se diversi rispetto all'ordinamento italiano.
Al
riguardo, occorre sottolineare che il mantenimento dell'identità del
cittadino straniero appare pienamente in armonia con i principi generali
vigenti in materia di diritto all'identità personale, che, rientrando
tra quelli della personalità, va regolata dalla legge nazionale del
soggetto.
Tale
principio di "carattere generale" è contenuto nella
Convenzione di Monaco del 5.9.1980 ed è stato recepito nel diritto
interno italiano all'art. 24, comma 1 della legge 31.5.1995 n. 218 concernente
la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato.
Pertanto
deve ritenersi corretta la procedura in base alla quale le registrazioni delle
generalità del cittadino straniero residente nel nostro territorio,
ancorchè coniuge di cittadino italiano, debbano tener conto dei criteri
di identificazione degli ordinamenti di appartenenza.
I
problemi sorgono invece quando lo straniero viene registrato dalle nostre
Autorità solo con un nome ed un cognome, tenendo conto, cioè, dei
criteri previsti dall'ordinamento italiano.
In
tali ipotesi si riscontrano delle difformità in ordine alle
generalità contenute nei documenti rilasciati dalle Autorità del
suo Paese di origine (es. l'estratto di nascita, certificato penale) e quelle
contenute nei documenti rilasciati
dalle nostre Autorità (es. certificato di residenza, certificato
di matrimonio ecc.) e riferiti allo stesso soggetto.
Nei
casi in cui il procedimento di naturalizzazione viene avviato a seguito di
un'istanza corredata da documentazioni contenenti generalità difformi si
è posto il problema di individuare quali generalità devono essere
indicate nel decreto di attribuzione della cittadinanza, al fine di evitare
anche dubbi in ordine alla trascrizione del D.M. in questione nei registri di
stato civile e anagrafe.
Si
è quindi pervenuti - d'intesa con il Ministero della Giustizia -
all'adozione di un nuovo schema di decreto di concessione della cittadinanza.
Ciò anche al fine di evitare il ricorso all'autorità giudiziaria
per la rettifica degli atti di stato civile e di anagrafe successivamente al
giuramento prestato dagli interessati.
Sono
stati pertanto individuati due momenti.
Il
primo riguarda la presentazione da parte dell'interessato, ancora cittadino
straniero, dell'istanza di naturalizzazione con allegata la documentazione da
cui risultino le sue generalità secondo la legge dello Stato cui egli
appartiene. Con tali generalità egli viene indicato nel decreto in
questione nella parte riguardante la sua idoneità come istante e come
soggetto cui viene conferita la cittadinanza italiana. Ciò è in
linea con l'art. 24, comma 1, della legge 31 maggio 1995, n. 218 che, essendo
di carattere generale, si applica
indistintamente a tutti i cittadini stranieri che chiedono la naturalizzazione
italiana.
Il
secondo momento riguarda invece l'identità secondo la legge italiana, e,
in particolare, l'attribuzione del cognome che gli compete. Quando il neo
cittadino non può mantenere, in base alla normativa vigente in Italia,
il cognome originario straniero nello stesso decreto è precisato come va
individuato il nuovo cittadino secondo la legge italiana.
L'indicazione,
nel contesto del decreto concessorio della cittadinanza, del cognome originario
dell'interessato e di quello adeguato all'ordinamento giuridico interno,
consentirà all'ufficiale dello stato civile di trascrivere l'atto
originario di nascita con le generalità del paese di origine,
annotandovi le esatte generalità spettanti secondo il diritto italiano e
comunicando queste ultime, per le variazioni occorrenti, all'ufficiale di
anagrafe ai sensi dell'art.6 della Legge 24.12.1964, n. 1228 senza bisogno di
instaurare giudizio di rettificazione.
Si
prega di voler notiziare di quanto sopra esposto i comuni di codesta provincia.
IL
DIRETTORE GENERALE
f.to
(Catalani)
* * *
CIRCOLARE N. K.28.4
ROMA 13.11.2000
OGGETTO: Acquisto della cittadinanza italiana da
parte del minore straniero adottato – art. 3 della legge 31.12.1998, n.
476 – Effetti della trascrizione del provvedimento di adozione.
La legge 5 febbraio 1992, n. 91 concernente “Nuove norme sulla
cittadinanza”, stabilisce all’art. 3 che il minore straniero
adottato da cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana, confermando
la previsione già contenuta nell’art. 39 della legge 4 maggio
1983, n. 184 in materia di adozione e affidamento dei minori.
L’interpretazione data alla norma è stata quella di considerare
cittadino italiano l’adottato alla data in cui il provvedimento straniero
di adozione diveniva definitivo.
La recente legge 31 dicembre 1998, n. 476 di ratifica della Convenzione
dell’Aja del 29 maggio 1993, per la tutela dei minori e la cooperazione
in materia di adozione ha apportato modifiche alla predetta legge n. 184\1983.
Con tale ultima legge, infatti, è stata adottata una maggiore uniformità
delle procedure relative alla materia dell’adozione internazionale fra
gli Stati contraenti assicurando il riconoscimento delle adozioni realizzate in
ciascun Paese in conformità alla Convenzione.
Il nuovo procedimento di adozione internazionale comprende una fase in Italia
che termina con il decreto di idoneità pronunciato dal Tribunale dei
minorenni ed una fase all’estero che si conclude con la sentenza di
adozione emessa dall’autorità straniera.
Solo dopo tale pronuncia il bambino, previa autorizzazione della Commissione
per le adozioni internazionali - istituita dalla predetta legge n. 476 - entra
in Italia in una situazione di affidamento familiare (ex art. 34 della legge),
che dura tutto il tempo necessario al Tribunale per la verifica che il
provvedimento dell’autorità straniera sia conforme alle condizioni
richieste dalla Convenzione dell’Aja.
Se il Paese estero in cui è stato emesso il provvedimento di adozione
è uno dei Paesi che ha ratificato la Convenzione, il Giudice, dopo aver
verificato che non sussistono le condizioni previste dall’art. 24 per il
diniego - che cioè non è manifestamente contrario
all’ordine pubblico, tenuto conto dell’interesse superiore del
minore - e che sussistono le condizioni previste dall’art. 35 della
legge, che cioè non sia contraria ai principi fondamentali che regolano
nello Stato il diritto di famiglia dei minori, che sussista la certificazione
di conformità alla Convenzione nonchè l’autorizzazione
all’ingresso in Italia emessa dalla Commissione per le adozioni
internazionali, ordina la trascrizione del provvedimento di adozione nei
registri di stato civile (art. 35, n. 3).
Se, invece, l’adozione è avvenuta in un Paese che non ha
ratificato la Convenzione, o che non sia firmatario di accordi bilaterali, il
Tribunale dei minorenni deve espletare un’indagine più complessa
(art. 36, n. 2), che entra nel merito dell’adozione stessa, tra cui, ad
esempio, la verifica della prova della condizione di abbandono del minore.
Per quanto riguarda la questione di specifico interesse, relativa alla
decorrenza dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte del minore
adottato,
si fa presente che l’art. 34, n. 3 della legge n. 184\1983,
così come modificato dalla legge n. 476 stabilisce che questo
avverrà “...per effetto della trascrizione del provvedimento di
adozione nei registri di stato civile”.
Tale dizione ha fatto sorgere dubbi in merito alla effettiva decorrenza
dell’acquisto della nostra cittadinanza da parte del minore.
Dal tenore letterale della norma sembrerebbe, infatti, che l’acquisto
della cittadinanza italiana da parte del minore adottato abbia natura
costitutiva, e quindi efficacia ex nunc, a decorrere dal giorno successivo a
quello in cui si è provveduto alla trascrizione del provvedimento di
adozione.
C’è da osservare però che tale interpretazione conferirebbe
alla trascrizione del provvedimento di adozione natura costitutiva del nostro
status civitatis e non avrebbe, come più conforme a tale istituto, la
funzione di attribuire pubblicità e certezza giuridica all’atto
stesso.
Inoltre, poichè abbiamo visto che il giudice ordina la trascrizione dopo
aver espletato una procedura che può anche essere piuttosto complessa
(soprattutto per i Paesi che non hanno ratificato la Convenzione), ogni ritardo
della trascrizione del provvedimento di adozione potrebbe comportare un danno
nei confronti dell’adottato, come ad esempio nel caso in cui tale
trascrizione avvenisse successivamente al compimento della maggiore età
dell’interessato, pur se la pronuncia del giudice estero fosse avvenuta
durante la minore età. Ciò gli precluderebbe l’acquisto ope
legis della
nostra cittadinanza.
Ciò non sembra che si attagli allo spirito della legge n. 476\98 che
pone al centro di tutta la complessa procedura l’interesse primario del
bambino e sarebbe inoltre in netto contrasto con il disposto di cui
all’art. 27 della legge che equipara lo stato di figlio legittimo a quello
di figlio adottivo.
Attesa la rilevanza della questione è stato interessato il Ministero
della Giustizia, tuttora competente nella materia dell’ordinamento dello
stato civile, nonché la Commissione per le adozioni internazionali, che
hanno condiviso le perplessità manifestate da questo Ufficio confermando
che la trascrizione del provvedimento di adozione non può avere
efficacia costitutiva dell’acquisto della cittadinanza italiana, ma va
invece considerata come condizione per attribuire efficacia nel nostro
ordinamento al provvedimento di adozione che, una volta trascritto, " esplica
i suoi effetti con decorrenza retroattiva dalla data della sua
pronuncia”.
Tale interpretazione, secondo il citato Dicastero, risulta coerente con i
principi generali dell’Ordinamento di Stato Civile,
“nell’ambito del quale l’iscrizione o la trascrizione di un
atto nei registri ha la sola funzione di attribuire certezza giuridica e dare
pubblicità ai fatti registrati, giammai quella di incidere sul momento
costitutivo di uno status giuridico il cui sorgere scaturisce esclusivamente
dagli atti o dai fatti ai quali la legge attribuisce l’efficacia
costitutiva del rapporto giuridico”.
In tema di adozione internazionale, il titolo avente efficacia costitutiva del
nostro status civitatis non può che essere il provvedimento di adozione
in quanto, determinando il sorgere del rapporto di filiazione, incide anche
sull’acquisto della nostra cittadinanza.
In conclusione la trascrizione negli atti di stato civile del decreto di
adozione emesso dall’autorità giudiziaria non è condizione
costitutiva
dello status civitatis italiano. Rende solo possibile l’efficacia ex
tunc del
provvedimento divenuto definitivo e dà pubblicità e certezza all’atto
fondamentale, costitutivo del diritto di cittadinanza del minore straniero
adottato. Se così non fosse, ci troveremmo di fronte a due diversi
status giuridici trascritti sugli atti di stato civile del minore: di
affidamento familiare fino al momento della pronuncia, da parte del Tribunale
dei minori, dell’ordine di trascrizione e solo successivamente di
adozione con la conseguente acquisizione della cittadinanza italiana.
Il predetto Ministero ha altresì fornito il proprio avviso in ordine
alla eventuale applicabilità nella procedura di cui trattasi dell'art.
16, comma 8 del D.P.R. 12.10.1993, n. 572 concernente il "Regolamento di
esecuzione della legge recante nuove norme in materia di cittadinanza."
Com’è noto, l'attestazione riguardante le ipotesi di acquisto o
riacquisto della cittadinanza è emessa dal Sindaco sul presupposto che
si tratti di effetto riconducibile ad una specifica previsione normativa e
cioè che non richieda una dichiarazione dell'interessato. La predetta attestazione costituisce
l'atto in forza del quale l'ufficiale dello stato civile esegue la trascrizione
nei registri di cittadinanza e l'annotazione nell'atto di nascita.
Nel caso di adozione internazionale tale attestazione, oltre a non essere
necessaria, non è neanche più compatibile con la disposizione in
argomento (art. 3 della legge n.476/1998 che ha modificato l’art. 34
della legge n.184/1983).
Infatti, se il titolo costitutivo dello "status civitatis" –
che è il provvedimento straniero di adozione - acquista efficacia ex
tunc solo
con la trascrizione nei registri dello stato civile, la attestazione da parte
del Sindaco dell'avvenuto acquisto non ha più ragione di essere in
quanto non potrebbe essere emessa prima di tale registrazione, ed è solo
da quel momento che può dirsi perfezionato l'iter complesso che
determina a tutti gli effetti l'acquisto della cittadinanza. Ne discende,
pertanto, che nei casi di acquisto “ope legis” della cittadinanza
italiana per effetto di adozione di un minore straniero, l’adempimento
della trascrizione del provvedimento di adozione assorbirà quelli
ulteriori previsti invece dalla norma regolamentare citata per le altre
fattispecie di acquisto automatico previste dalle legge.
Attesa la particolare rilevanza e
urgenza della questione, tenuto conto che le disposizioni sulla procedura in
tema di adozione internazionale hanno piena efficacia con la pubblicazione
dell’albo degli Enti autorizzati (G.U. del 31 ottobre 2000), si invitano
le SS.LL. -competenti sulla vigilanza della tenuta dei registri di stato
civile-a voler disporre affinché il contenuto della presente circolare
venga portato a conoscenza dei Sigg. Sindaci dei Comuni ricadenti nell'ambito
territoriale di rispettiva competenza.
IL
DIRETTORE GENERALE
f.to Sorge
CIRCOLARE N. K.60.1
ROMA
8.1.2001
OGGETTO:
Efficacia retroattiva della sentenza n. 87 resa dalla Corte Costituzionale in
data 16.4.1975 - Nuovi orientamenti interpretativi per le donne coniugatesi
dopo il 1° Gennaio 1948 con stranieri.
A seguito di tale sentenza, il Legislatore, con la Legge di Riforma del
Diritto di Famiglia (n. 151 del 19.5.1975), nello stabilire che la moglie
conservava la propria cittadinanza indipendentemente dalle vicende di
cittadinanza del marito, formulò altresì l'art. 219 che
consentiva alle donne che avevano perso la cittadinanza per matrimonio con
straniero o per le vicende di cittadinanza del marito, di riacquistarla tramite
una espressa dichiarazione.
Tenuto conto del tenore letterale della disposizione
in argomento - "la donna che, per effetto del matrimonio con straniero
o mutamento di cittadinanza da parte del marito, ha perduto la cittadinanza
italiana prima dell'entrata in vigore della presente legge, la riacquista con
dichiarazione...." -
era stato ritenuto che per tutte le fattispecie cristallizzatesi anteriormente
all'entrata in vigore della predetta legge n. 151 la dichiarazione in argomento
avesse natura costitutiva. Ciò comportava che il riacquisto della
cittadinanza aveva effetto dal giorno successivo a quello della dichiarazione.
Tale interpretazione circoscriveva quindi gli
effetti temporali della sentenza n. 87 limitandone l'efficacia retroattiva,
così che le ex cittadine non ottenevano la reintegrazione "ope
legis" nella
originaria cittadinanza, ma solo la facoltà di riacquistarla.
Su tale questione è sorto un vasto
contenzioso.
Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione con la sentenza n.
12061 del
26.6.1998, hanno confermato la posizione già assunta in passato dalla
Suprema Corte, sostenendo che le pronunce di incostituzionalità "sopravvenuta"
per effetto
dell'introduzione del dettato costituzionale comportano l'eliminazione della
norma dichiarata incostituzionale dall'ordinamento giuridico solo ed
esclusivamente a decorrere dal 1°.1.1948, superando la giurisprudenza della
I° Sezione Civile di quella Suprema Corte (sentenze nn. 6297 e 10086
rispettivamente del 10.7.1996 e del 18.11.1996) di cui erano state rese note le
conclusioni da questo Ufficio con circolare pari numero in data 10.12.1996.
Secondo il costante orientamento delle Sezioni
Unite, gli effetti di una pronuncia di incostituzionalità, nel caso di
antinomia costituzionale sopravvenuta, "non possono retroagire oltre la
data del 1° gennaio 1948, sicchè i rapporti sorti e le situazioni
verificatesi anteriormente a questa data rimangono intangibili e non possono in
alcun modo essere incisi dalla sentenza stessa".
Pertanto, nella fattispecie oggetto della pronuncia
del 1998 (matrimonio
contratto
con straniero anteriormente al 1948) l'interessata, per effetto del matrimonio,
perse la cittadinanza italiana e può riacquistarla con efficacia ex
nunc avvalendosi
dell’art. 219, comma 1 della citata legge n. 151\1975.
C’è da osservare, peraltro, che le
Sezioni Unite nella recente sentenza non hanno toccato la posizione di
cittadinanza delle nostre connazionali coniugatesi con cittadino straniero dopo
il 1° gennaio 1948, non rientrando nel caso oggetto della pronuncia stessa.
Per tali fattispecie, questo Ufficio ha finora
ritenuto, di intesa con il Ministero della Giustizia e con il Ministero degli
Affari Esteri, che la dichiarazione di riacquisto della cittadinanza italiana
resa da parte dell’interessata ai sensi del citato art. 219 non potesse
che avere natura costitutiva.
Essendo pervenuta di recente, una pronuncia
giurisprudenziale in senso
contrario a
tale indirizzo, quest'Amministrazione ha interpellato l'Avvocatura Generale
dello Stato.
Il predetto Organo Legale, con nota n. 669482 del 23
giugno 2000, ha
espresso
l'avviso che gli effetti della soprarichiamata sentenza n. 87/75 retroagiscono
alla data del 1° gennaio 1948 e che la dichiarazione di cui al citato art.
219 non determina il riacquisto della cittadinanza italiana, ma disciplina solo
le condizioni per poter esercitare i diritti connessi alla detenzione del
nostro status civitatis.
Ne consegue che le nostre connazionali, coniugate
con cittadino straniero a decorrere dal 1° gennaio 1948, non sono incorse
automaticamente nella perdita della cittadinanza italiana.
In analogia, non hanno automaticamente perso la
cittadinanza italiana le
cittadine il
cui coniuge l’ha perduta dopo il 1° gennaio 1948.
Pertanto, alla luce del parere espresso dall'Avvocatura
Generale dello Stato d’intesa con i Ministeri della Giustizia e degli
Affari Esteri, deve ritenersi che alle coniugate dopo il 1° gennaio 1948 in
presenza di una manifestazione di volontà, ancorché già
espressa, vada riconosciuto il possesso ininterrotto del nostro status
civitatis.
Tale riconoscimento potrà avere luogo anche nel caso venga fatto
valere dai discendenti in linea retta.
L'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di nascita
o di ultima residenza o l'Autorità Consolare, in caso di residenza
all'estero, dovrà di conseguenza provvedere alla annotazione a margine
dell'atto di nascita dell’interessata del mantenimento della cittadinanza
italiana dandone comunicazione all'Ufficio Anagrafe per i conseguenti
adempimenti, riguardanti l'aggiornamento della relativa scheda anagrafica
individuale, dello schedario elettorale e l'eventuale iscrizione nell'A.I.R.E.
Poiché comunque alcune donne, benché
coniugate dopo il 1° gennaio 1948, non hanno potuto rendere la suddetta
manifestazione di volontà, in analogia alla opzione prevista in
relazione agli effetti conseguenti alla sentenza n. 30\1983 –secondo la
quale i figli di madre cittadina nati a decorrere dal 1° gennaio 1948
acquistavano alla nascita la cittadinanza italiana- anche i figli delle
predette, qualora manifestino una volontà in tal senso, si possono
considerare cittadini italiani.
Pertanto, ove gli interessati ne facciano richiesta,
gli operatori di stato civile dovranno procedere preliminarmente
all'annotazione del possesso ininterrotto del nostro status civitatis in favore
della genitrice e successivamente agli incombenti concernenti il riconoscimento
della cittadinanza italiana in favore dei richiedenti.
Per quanto concerne, invece, le fattispecie
anteriori al 1948, nulla vi è di
innovato, in
quanto la recente sentenza della Corte di Cassazione (Sez. I° Civ. n. 15062
del 22.11.2000), di cui è stato dato ampio risalto negli organi di
stampa, non ha fatto altro che confermare la linea adottata dalla stessa
sezione già in precedenza che, comunque, al momento, costituisce un
indirizzo isolato e pertanto esplica i suoi effetti esclusivamente tra le parti
in causa.
Ciò premesso, le SS.LL. vorranno disporre
affinché il contenuto della
presente
circolare venga portato a conoscenza di tutti i Sigg. Sindaci dei Comuni
ricadenti nell’ambito territoriale di competenza per l’esatta
osservanza degli orientamenti sopra evidenziati, fornendo un cortese cenno di
intesa ed assicurazione.
IL DIRETTORE GENERALE
f.to (Sorge)
* *
*
CIRCOLARE TELEGRAFICA N. K.78 ROMA 19.2.2001
OGGETTO: Legge
14 dicembre 2000, n. 379 concernente “Disposizioni per il riconoscimento
della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei
territori appartenenti all’Impero austro-ungarico e ai loro
discendenti”. Indirizzi
applicativi.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 295 del 19.12.2000
è stata pubblicata la legge 14 dicembre 2000, n. 379 concernente “Disposizioni
per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e
già residenti nei territori appartenenti all’Impero
austro-ungarico e ai loro discendenti”, entrata in vigore il giorno successivo a quello
della sua pubblicazione.
La normativa in argomento prevede che le persone
originarie dei territori individuati al comma 1° della legge, già
appartenuti all’impero austro-ungarico, emigrate all’estero prima
del 16 luglio 1920, ad esclusione dell’attuale Repubblica austriaca,
possono ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana qualora rendano
una dichiarazione in tal senso con le modalità di cui all’art. 23
della Legge 5 febbraio 1992, n. 91, entro cinque anni dalla data di entrata in
vigore della legge.
Pertanto,
poiché la legge suddetta è già in vigore, si rappresenta
che gli Ufficiali di stato civile competenti o le nostre Autorità
diplomatico-consolari per i residenti all’estero, dovranno accettare le
dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 1 della legge che, comunque,
benché iscritte nei registri di cittadinanza, saranno efficaci solo al
termine della procedura di riconoscimento che non potrà che essere
effettuata dagli Organi Centrali.
Le dichiarazioni ricevute saranno quindi trattenute
agli atti di quegli Uffici in attesa di successive direttive che verranno
emanate al riguardo.
Ciò premesso, le SS.LL. vorranno disporre
affinché il contenuto della presente comunicazione venga portato a
conoscenza di tutti i Sigg. Sindaci dei Comuni ricadenti nell’ambito
territoriale di rispettiva competenza.
Tornerà gradito un cortese cenno d’
intesa e di assicurazione.
IL DIRETTORE GENERALE
f.to (Sorge)
* *
*
CIRCOLARE N. K. 78
ROMA 24.12.2001
OGGETTO: Legge 14 dicembre 2000, n.379
concernente "Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza
italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti
all’Impero austro-ungarico ed ai loro discendenti" -Indirizzi
applicativi.
Con circolare p.n. in data 19
febbraio c.a. sono state impartite le prime direttive circa le modalità
applicative della legge 14 dicembre 2000, n. 379 concernente "Disposizioni
per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e
già residenti nei territori appartenuti all'Impero austro-ungarico e ai
loro discendenti".
In particolare, gli Ufficiali di
stato civile dei comuni di residenza degli interessati o le nostre
Autorità diplomatico-consolari per i residenti all’estero sono
stati invitati ad accettare le dichiarazioni rese dai soggetti interessati e
dai loro discendenti ai sensi dell'art. 1 della legge chiarendo che,
benchè iscritte nei registri di cittadinanza, le stesse sarebbero state
efficaci con effetto “ex tunc” solo al termine della procedura di
riconoscimento ove favorevole, esperita da parte degli Organi centrali
competenti.
Non appare superfluo ribadire
che destinatari della normativa in argomento sono le persone ed i loro
discendenti che risultano emigrate all'estero, ad esclusione della attuale
Repubblica austriaca, prima del 16 luglio 1920 ed originarie dei territori gia
appartenuti all’Impero austro-ungarico - costituitosi com’è
noto nel 1867 – attualmente facenti parte dello Stato italiano che si
identificano con i territori delle attuali province di Trento e Bolzano e nella
Venezia Giulia, con l'attuale provincia di Gorizia e con quelli gia italiani
ceduti alla Jugoslavia in forza del Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947 e
di Osimo del 10.11.1975 (v. elenco allegato).
La disciplina in esame indica,
pertanto, chiaramente sia i territori di emigrazione, sia l’arco
temporale entro cui l’emigrazione ebbe a verificarsi ovvero tra il 25
dicembre 1867, data della costituzione dell’impero austro-ungarico
(Ausgleich), ed il 16 luglio 1920, data di efficacia internazionale del
Trattato di S.Germano.
Relativamente al termine
discendenti deve altresì ritenersi che, in assenza di limitazioni poste
dalla Legge al grado di parentela, siano da ricomprendervi tutti coloro che
dimostrino la discendenza in linea retta dall’avo emigrato
all’estero, nell’arco temporale di interesse, originario dei
territori indicati.
Inoltre, per l'individuazione
degli ulteriori requisiti legittimanti l'applicazione del regime di particolare
favore, introdotto dalla nuova legge, si ritiene possa farsi riferimento sia
alle disposizioni pattizie, che hanno riguardato i territori considerati dal
testo legislativo, che alla disciplina vigente all’epoca dei fatti
giuridicamente rilevanti ai fini dell’acquisto per nascita del nostro
status civitatis.
Per quanto concerne le
disposizioni pattizie, richiamate nel testo legislativo, si rileva che il
Trattato di S. Germano, all’articolo 72, prevedeva per i residenti
all’estero, già pertinenti dei territori ceduti all’Italia
alla fine della prima guerra mondiale, il diritto di optare per la cittadinanza
italiana mediante una dichiarazione di volontà. Tale schema procedurale
risulta poi confermato nei Trattati di Parigi del 1947 (art.19) e di Osimo del
1975 (art. 3) con l’espressa indicazione oltre alla detenzione della
residenza in quei territori ad una certa data, dell’ulteriore requisito
dell’appartenenza al gruppo linguistico ed etnico italiano.
Inoltre, relativamente ai fatti
giuridicamente rilevanti in materia di trasmissione della cittadinanza alla
nascita, si osserva che fino al 1 gennaio 1948 le normative, che sono
succedute, nel riconoscere lo ius sanguinis, non ne consentivano però la derivazione in
via materna.
L’opportunità di
attenersi ad un simile quadro di riferimento appare determinata dalla fondata
ipotesi che, diversamente, potrebbe delinearsi la illegittimità
costituzionale della normativa di che trattasi sotto il profilo del vizio di
ragionevolezza delle relative disposizioni e delle eventuali disparità
di trattamento nei confronti degli altri discendenti di nostri connazionali
emigrati all’estero, incorsi successivamente nella perdita del nostro status
civitatis.
Peraltro, tenuto conto
dell’intricata situazione sotto l’aspetto etnico-linguistico delle
aree in questione, il preventivo esame della documentazione da prodursi a
corredo delle dichiarazioni di riconoscimento della cittadinanza sarà effettuato
da un’apposita Commissione Interministeriale, in analogia alla procedura
adottata per i mancati optanti ai sensi dei citati Trattati di Parigi e di
Osimo.
La predetta Commissione,
istituita con Decreto del Ministro dell'Interno del 2 marzo 2001 e composta da
Rappresentanti del Ministero degli Affari Esteri, della Giustizia,
dell'Università "La Sapienza" di Roma e di questo Dicastero,
si è riunita in data recente ed ha individuato, in linea di massima, la
documentazione sulla base della quale sarà effettuato
l’accertamento del possesso dei requisiti previsti dalla legge,
nonchè di quelli ulteriori, come sopra evidenziato, derivanti dal quadro
di riferimento ai citati Trattati, con particolare riguardo
all’accertamento dell’appartenenza al gruppo linguistico ed etnico
italiano.
Ne consegue che il
riconoscimento della cittadinanza sarà effettuato dal Ministero
dell’Interno sulla base del preventivo avviso rilasciato dalla predetta
Commissione.
Al fine, quindi, di acquisire
ogni utile elemento in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti, i
destinatari della disciplina introdotta dalla legge n.379/2000 dovranno
produrre presso l’Ufficiale dello stato civile del Comune interessato o
presso la competente Autorità consolare italiana, in caso di residenza
all’estero, i seguenti documenti:
1) atto di nascita, possibilmente su modello
internazionale;
2) certificato di residenza attuale;
3)
documentazione idonea a dimostrare la nascita e la residenza nei territori presi
in considerazione dalla legge ovvero la discendenza da soggetto originario di
tali zone, in quest'ultimo caso andrà esibita idonea documentazione a
dimostrazione della nascita e della residenza in quei territori del dante
causa;
4)
documentazione idonea a dimostrare l'emigrazione nell'arco temporale compreso
tra l’anno 1867 ed il 1920 (passaporto o lasciapassare, documentazione
attestante il trasferimento o il mantenimento all’estero della residenza
nel periodo indicato);
5) certificazione attestante il possesso
della cittadinanza straniera;
6)
attestazione rilasciata da Circoli, Associazioni, Comunità di italiani
presenti nel luogo (estero) di residenza contenente elementi idonei ad
evidenziare l’italianità dell'interessato quali i seguenti:
a) livello di notorietà
dell'appartenenza al gruppo etnico-linguistico italiano da parte
dell'interessato e dei suoi ascendenti;
b) dichiarazione di appartenenza
nazionale;
c) data di iscrizione
all’organismo che rilascia l’attestazione;
7) ogni altra
utile documentazione comprovante l'appartenenza al gruppo etnico - linguistico
italiano (ad es. copie autenticate di attestati di frequenza di scuole di
lingua italiana e pagelle scolastiche, corrispondenza familiare ecc.).
Per quanto concerne la ventilata
ipotesi che possano essere rese autocertificazioni in luogo dei documenti
originali da esibire, da parte degli interessati a corredo delle dichiarazioni,
si tiene ad evidenziare che, nei casi in cui si tratti di cittadini stranieri
comunitari residenti all’estero, gli stessi non possono rendere
dichiarazioni sostitutive della documentazione indicata.
L’Ufficiale dello stato
civile ovvero l’Autorità diplomatica e consolare raccolta la
dichiarazione mediante l’iscrizione negli appositi registri di
cittadinanza, ne trasmetterà copia, unitamente alla documentazione
prodotta dall’interessato, a questo Ministero competente ad emanare la
comunicazione in ordine alla sussistenza in capo all’interessato e al di
lui discendente dei requisiti e delle condizioni richieste per il riconoscimento
della cittadinanza italiana.
Ove il dichiarante non abbia
prodotto, in tutto o in parte, la prescritta documentazione
l’Autorità competente ai sensi dell'art. 26 del D.P.R. n.369 del 3
novembre 2000 lo inviterà a presentarla nel più breve tempo
possibile, fissando un congruo periodo di tempo, ferma restando la
validità, a tutti gli effetti, della data di presentazione della
dichiarazione. Decorso il termine assegnato, in caso di inadempimento la
documentazione prodotta, anche se incompleta, verrà comunque inviata.
L’Autorità che ha
ricevuto la dichiarazione, i cui effetti sono da ritenersi sospesi fino
all’emanazione della comunicazione dell'esito dell’accertamento,
nel trasmetterla allo scrivente Ufficio vorrà esprimere il proprio motivato
parere in ordine alla sussistenza in capo all’interessato, o al lui
discendente, dei requisiti e delle condizioni richieste per la configurazione
del diritto ad ottenere il beneficio invocato.
Per le dichiarazioni rese in
Italia, l'Ufficiale dello Stato Civile, ricevuta la comunicazione ministeriale
riguardante l'esito dell’accertamento ministeriale, ne farà
annotazione in calce all’atto di nascita del dichiarante, dopo averlo
trascritto.
Per le dichiarazioni raccolte
all’estero, l’Autorità diplomatica o consolare
trasmetterà copia della dichiarazione e della comunicazione
dell’esito dell’accertamento ministeriale all’Ufficiale dello
stato civile del comune italiano -da individuarsi ai sensi del medesimo art.
26, 1° comma, 2° periodo del D.P R. n.396-che provvederà alla
loro annotazione sull’atto di nascita dell’interessato ed ai
conseguenti adempimenti anagrafici, ai sensi del citato art. 26, 2° comma.
Della definizione di tali
incombenze ne verrà data notizia a questo Ministero, alle SS.LL. ed alle
locali Autorità di P.S.
Si precisa che il riconoscimento
della cittadinanza avrà effetto dal giorno successivo a quello in cui la
dichiarazione è stata resa, cosi come previsto dall’art.15 della
legge sulla cittadinanza n. 91 del 5 febbraio 1992.
Ciò premesso, si pregano
le SS.LL. di voler disporre affinchè il contenuto della presente
comunicazione venga portato a conoscenza di tutti i Sigg. Sindaci dei Comuni
ricadenti nell’ambito territoriale di rispettiva competenza, per
l’opportuna informazione circa gli adempimenti di spettanza.
Tornerà gradito un
cortese cenno di intesa ed assicurazione.
IL CAPO DIPARTIMENTO
f.to (D’Ascenzo)
A) TUTTI I COMUNI FACENTI PARTE DELLE ATTUALI
PROVINCE DI TRENTO, BOLZANO e GORIZIA
B) COMUNI RICONOSCIUTI FACENTI PARTI DEL REGNO
D’ITALIA IN BASE AL TRATTATO DI RAPALLO DEL 12.11.1920:
La Dalmazia limitatamente alla città ed al
Comune di Zara, alle frazioni di Borgo Erizzo, Cerno Boccagnazzo ed a parte
della frazione di Diclo, l’Istria con le isole di Cherso e Lussino con le
isole minori, le isole di Lagosta e Pelagosa con gli isolotti adiacenti (artt.
2 e 3 del suddetto Trattato).
VARIAZIONI DERIVANTI DAL TRATTATO DI PACE DI
PARIGI DEL 10.2.1947
C) COMUNI PASSATI ALLA JUGOSLAVIA
- Comuni già appartenenti all’antica
prov. di Fiume:
1 Abbazia 6 Fiume 12
Valsanta Marina
2 Castel Jablanizza 7 Fontana del Conte (gia
Moschiena)
3 Castelnuovo d'Istria 8 Laurana 13
Villa del Nevoso
4 Clana 9 Matteria
5 Elsane 10
Mattuglie
11
Primano
- Comuni già appartenenti
all’antica prov. di Gorizia:
1 Aidussina 13
Idria
2 Bergogna 14
Merna Comeno
3 Cal di Canale 15
Montenero di Idria 24
San Martino Quisca
4 Canale d’Isonzo 16
Montespino 25
S. Croce di Aidussir
5 Caporetto 17
Opacchiasella 26
SantaLucia d’Isonzo
6 Castel Dobra 18
Plezzo 27
San Vito di Vipacco
7 Cernizza Goriziana 19
Ranziano 28
Sonzia
8 Chiapovano 20
Rifembergo 29
Tarnova della Selva
9 Circhina 21
Salona d’Isonzo 30
Temenizza
10 Comeno 22
Sambasso 31
Tolmino
11 Gargaro 23
San Daniele 32
Vipacco
12 Gracova Serravalle del
Carso 33
Zolla
- Comuni già appartenenti
all’antica prov. di Pola:
1 Albona 12
Gimino 22
Pisino
2 Antignana 13
Lanischie 23
Pola
3 Arsia 14
Lussingrande 24
Portole
4 Barbana d’Istria 15
Lussinpiccolo 25
Rovigno d’Istria
5 Bogliuno 16
Montona 26
Rozzo
6 Broni Maggiore 17
Neresine 27
Sanvincenti
7 Canfanaro 18
Orsera 28
Valdarsa
8 Cherso 19
Ossero 29
Valle d’Istria
9 Dignano d’Istria 20
Parenzo 30Visignano
d’Istria
10 Erpelle -Cosina 21
Pinguente 31
Visinada
11 Fianona
- Comuni già appartenenti all'antica
prov. di Trieste:
1 Bucuie 7
Duttogliano
12 Senosecchia
2 Cave Auremiane 8
Postumia Grotte
13 Sesana
3 Corgnale 9
San Giacomo in Colle 14
Tomadio
4 Cossana 10
San Michele di Postumia
15 Villa Slavina
5 Crenovizza 11
San Pietro del Carso
6 Divaccia San Canziano
- Comuni già appartenenti
all'antica prov. di Zara:
1 Zara 2
Lagosta
- Comuni facenti parte della zona B
dell'ex territorio libero di Trieste ceduti alla Jugoslavia in base al Trattato
di Osimo del 10.11.1975:
1 Buie d'Istria 5
Isola d’Istria 9
Umago
2 Capodistria 6
Maresego 10
Verteneglio
3 Cittanova d'Istria 7
Monte di Capodistria 11
Villa Decani
4 Grisignana 8
Pirano
D) COMUNI RESTITUITI ALL’ITALIA IN BASE
AL MEDESIMO TRATTATO DI OSIMO DEL 10.11.1975:
1 Duino Aurisina (Diocesi di Gorizia)
2 Monrupino (Diocesi di Trieste)
3 Muggia (Diocesi di Trieste)
4 San Dorligo della Valle(Diocesi di
Trieste)
5 Sgonico (Diocesi di Trieste)
6 Trieste (Diocesi di Trieste)
* *
*
CIRCOLARE N. K.73
ROMA 30.5.2002
OGGETTO: Chiarimenti in merito al
riacquisto della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 13, comma 1,
lettere c) e d) della Legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Pervengono
da parte degli Enti interessati richieste di chiarimenti in merito alle
disposizioni di cui all’art. 13 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91 ed in
particolare sul disposto delle lettere c) e d).
Al riguardo, si ritiene di formulare le seguenti
osservazioni.
Com’è noto, l’art. 13 disciplina
l’istituto del riacquisto della cittadinanza italiana a favore di chi
l’abbia dismessa ed a prescindere dai motivi della perdita.
Il riacquisto contemplato dall’art. 13 della
suddetta legge n. 91/1992, avendo carattere generale, è applicabile
anche nei confronti di quei soggetti già investiti della cittadinanza
italiana, ma che ne siano stati privati in conseguenza di un fatto
giuridicamente rilevante per l’ordinamento italiano vigente
all’epoca dell’evento stesso: ad esempio, il riacquisto con le
modalità contemplate dalle citate disposizioni può essere
utilizzato, oltre che da parte di coloro che avevano perso la cittadinanza
italiana in virtù delle disposizioni di cui agli artt. 8 o 12 della
legge n. 555 del 13.6.1912, anche da parte della donna che aveva perso la
cittadinanza italiana ex art. 10 della legge n. 555/1912 a seguito di
matrimonio contratto anteriormente al 1° gennaio 1948 con straniero, anche
se questa ipotesi è stata prevista espressamente dall’art. 219
della legge 19.5.1975, n. 151, è stata richiamata dal secondo comma
dell’art. 17 della medesima legge n. 91, che ha ribadito un regime di
particolare favore per le nostre ex connazionali residenti all’estero.
Relativamente alle disposizioni citate in premessa,
per quanto riguarda la lett. c), si rammenta che tale fattispecie recita che
chi ha perduto la cittadinanza la riacquista “se dichiara di volerla
riacquistare ed ha stabilito o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione,
la residenza nel territorio della Repubblica”.
La dichiarazione di cui sopra, quindi, può
essere resa anche all’estero, ma avrà efficacia – a norma
dell’art. 15 della legge n. 91/1992 - allorchè si sia realizzata
l’ulteriore condizione della residenza in Italia.
Il mancato trasferimento in Italia entro il termine
di un anno dalla data della dichiarazione rende inefficace la stessa resa in
precedenza dall’interessato.
In Italia, l’ex cittadino residente è
tenuto a manifestare la predetta volontà dinanzi all’Ufficiale di
Stato Civile del comune ove mantiene la propria dimora abituale o dove intende
fissarla, mentre risiedendo ancora all’estero dovrà renderla
esclusivamente dinanzi all’Autorità Consolare italiana.
Per quanto concerne, invece, il riacquisto ai sensi
della lettera d) del succitato articolo 13, tale fattispecie normativa prevede
il riacquisto automatico della cittadinanza italiana sul presupposto della mera
residenza sul territorio della Repubblica protratta per un anno, salva la
facoltà di rinunciarvi entro il medesimo arco temporale.
Si precisa che per entrambe le disposizioni il
concetto di residenza rilevante ai fini del riacquisto della cittadinanza
italiana, secondo le norme di cui all’ art. 13 della Legge 5.2.1992, n.
91, rimane quello assunto dall’art. 43 del C.C., costituito da un
elemento oggettivo, dato dalla dimora abituale sul territorio della Repubblica,
e da un elemento soggettivo, costituito dalla intenzione di eleggere una
località italiana quale sede dei propri affari e interessi.
Per quanto riguarda poi gli adempimenti relativi
all’accertamento della sussistenza dei requisiti, si applicano le
disposizioni di cui all’art. 16 del D.P.R. 12.10.1993, n. 572.
Si precisa, infatti, che a norma dei commi 3, 5 e 6
del suddetto art. 16, le dichiarazioni rese dagli interessati dinanzi
all’Autorità diplomatico-consolare volte all’acquisto, alla
perdita o al riacquisto della cittadinanza italiana devono essere iscritte, con
le modalità di cui al D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nell'apposito
registro di cittadinanza tenuto presso l'ufficio consolare italiano dove siano
state rese e dovranno, poi, essere trasmesse in copia conforme, unitamente
all’esito dell’accertamento, effettuato dalla Autorità
consolare che le ha ricevute, al comune italiano che sia stato individuato come
competente dalle norme contenute nel suddetto Ordinamento dello stato civile,
perché provveda alla trascrizione delle dichiarazioni stesse e
dell’esito dell’accertamento ad esse relativo negli analoghi
registri di cittadinanza.
Infine, le SS.LL. vorranno disporre affinché
venga richiamata l’attenzione degli Ufficiali di stato civile dei Comuni
compresi nel territorio della circoscrizione di interesse perchè diano
comunicazione delle generalità degli ex cittadini rientrati
dall’estero (ed iscritti nell’anagrafe della popolazione
residente), entro trenta giorni dall’avvenuto rientro.
Contestuale comunicazione dovrà essere data
alle locali Autorità di Pubblica Sicurezza che vorranno evidenziare la
eventuale sussistenza di gravi e comprovati motivi di inibizione del
riacquisto.
Ciò al fine di consentire a questo Ministero
l’esercizio del potere inibitorio previsto dal comma 3 dello stesso art.
13 entro il termine di un anno dal verificarsi delle condizioni stabilite per
il riacquisto della originaria cittadinanza.
Attesa la delicatezza degli adempimenti evidenziati,
si pregano le SS.LL. di portare quanto sopra a conoscenza degli Enti
interessati, fornendo un cortese cenno di intesa ed assicurazione.
IL
CAPO DIPARTIMENTO
f.to (Anna Maria
D’Ascenzo)
* *
*
Quadro Sinottico
_________________________
DISPOSIZIONI LEGISLATIVE
SULLA CITTADINANZA |
La legge
n. 91 del 5 febbraio 1992, concernente nuove norme sulla cittadinanza italiana, è stata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 1992, n. 38, è
entrata in vigore il 16 agosto 1992 ed ha abrogato tutte le leggi e le
disposizioni emanate precedentemente in materia.
Il
Regolamento di esecuzione della legge è stato introdotto con D.P.R. del 12 ottobre 1993 n. 572 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del
4.1.1994, n. 2).
Il
Regolamento recante la disciplina dei procedimenti di acquisto della cittadinanza
italiana è stato
introdotto con il D.P.R. del 18 aprile 1994, n. 362 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del
13.6.1994, n. 136).
La
legge 14 dicembre 2000, n. 379 recante “Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza
italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenenti
all’Impero Austroungarico e ai loro discendenti” (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
19.12.2000, n. 295) è entrata in vigore il 20 dicembre 2000.
PRINCIPI E DISPOSIZIONI
PRINCIPALI |
PRINCIPI
a)
La cittadinanza italiana si basa sul principio dello “ius
sanguinis” (diritto di sangue), in virtù del quale il figlio nato
da padre o da madre italiani è italiano anch’esso.
b)
L’uguaglianza tra l’uomo e la donna.
c) Possibilità di detenzione della
doppia o multipla cittadinanza ad eccezione per i casi contemplati dalla
Convenzione sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi
militari in caso di cittadinanze plurime firmata a Strasburgo il 6 maggio 1963.
d)
La volontà di evitare condizioni di apolidia.
DISPOSIZIONI
1)
Acquisto della cittadinanza italiana
a)
per filiazione (art. 1,
1.a)
b)
per nascita sul territorio italiano (“ius soli” o diritto di suolo) se i genitori sono ignoti
o apolidi, oppure se i genitori stranieri non trasmettono la propria
cittadinanza al figlio secondo le disposizioni della legge dello Stato di
appartenenza (art. 1, 1.b) o se il minore è stato rinvenuto in una
condizione di abbandono sul territorio italiano (art. 1.2).
c)
per riconoscimento di paternità o maternità o a seguito di
dichiarazione giudiziaria di filiazione durante la minore età del
soggetto (art. 2).
d)
per adozione (art. 3).
e)
per acquisto volontario:
·
dichiarazione
(art. 4): uno straniero
può acquisire la cittadinanza italiana dichiarando la sua volontà
di volerla conseguire, a condizione che sussistano determinati requisiti
(nascita sul territorio della Repubblica), oppure, se discendente da cittadino
italiano per nascita, svolgendo il servizio militare nelle Forze Armate
Italiane o assumendo un pubblico alle dipendenze dello Stato, anche
all’estero, oppure se risiede in Italia nei due anni precedenti la
maggiore età.
·
matrimonio
(art. 5):
Requisiti:
- residenza legale in Italia per
un periodo di almeno sei mesi dopo il matrimonio oppure tre anni di matrimonio
se residente all’estero;
- validità del
matrimonio;
- assenza di condanne penali nei
casi indicati dall’art. 6;
- assenza di impedimenti
connessi alla sicurezza nazionale (art. 6);
- acquisizione: per decreto del
Ministro dell’Interno, su domanda dell’interessato (art. 7).
· naturalizzazione (art. 9):
La cittadinanza italiana
può essere concessa con Decreto del Presidente della Repubblica, a
diverse categorie di stranieri a cui vengono richiesti determinati periodi di
residenza.
Il periodo ordinario di
residenza legale chiesto è di dieci anni (art. 9.1.f).
Vi sono, tuttavia, alcune
eccezioni:
- tre anni di residenza per i
discendenti di ex cittadini italiani e per gli stranieri nati sul territorio
italiano (art. 9.1.a);
- quattro anni di residenza per
i cittadini di uno Stato appartenente alle Comunità Europee;
- cinque anni per gli apolidi e
i rifugiati (art. 9.1.e. e art. 16.2), così come per gli stranieri
maggiorenni adottati da cittadini italiani (art. 9.1.b);
- non è richiesto alcun
periodo di residenza per gli stranieri che hanno prestato servizio allo Stato
per un periodo di almeno cinque anni, anche all’estero (art. 9.1.c).
La cittadinanza italiana
può essere concessa con Decreto del Presidente della Repubblica anche
nel caso lo straniero abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero
quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato (art. 9, comma 2).
·
Riconoscimento
ai sensi della legge 14.12.2000, n. 379:
La
cittadinanza italiana può essere riconosciuta alle persone nate e
residenti nei territori appartenuti all’ex Impero Austroungarico,
comprendenti quelli attualmente italiani e quelli già italiani ceduti
alla Jugoslavia con il Trattato di Pace di Parigi del 10.2.1947 e il Trattato
di Osimo del 10.9.1975, che abbiano trasferito all’estero la propria
residenza prima del 16 luglio 1920 ad esclusione nell’attuale Repubblica
Austriaca. Tale facoltà è consentita anche ai discendenti delle
persone di cui sopra.
E’ necessario che gli
interessati rendano una dichiarazione intesa a conseguire la cittadinanza entro
cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge.
2) Perdita della
cittadinanza italiana
a) per rinuncia: un cittadino italiano ha la facoltà
di rinunciare alla propria cittadinanza a mezzo di dichiarazione, qualora
risieda o stabilisca la propria residenza all’estero e se possegga,
acquisti o riacquisti un’altra cittadinanza (art. 11), qualora cessi
l’adozione per cause non imputabili all’adottato (art. 3, comma 4),
qualora abbia conseguito durante la minore età la cittadinanza italiana
e sia in possesso di un’altra straniera (art. 14).
b) automaticamente in virtù dell’art. 12: per
arruolamento volontario nell’esercito di uno Stato straniero o per
svolgimento di un incarico dirigenziale presso uno Stato estero malgrado il
divieto espresso dal Governo italiano.
c) in caso di revoca
dell’adozione,
purchè l’adottato detenga o riacquisti un’altra cittadinanza
(art. 3, comma 3).
3) Riacquisto della
cittadinanza italiana
a) per dichiarazione alle condizioni stabilite dall’art.
13;
b) automaticamente salvo
espressa rinuncia alle
condizioni stabilite dall’art. 13;
c) per dichiarazione entro i due anni successivi
all’entrata in vigore della legge (facoltà, poi, consentita fino
al 31.12.1997) per le persone che avevano perduto la cittadinanza italiana in
virtù della precedente normativa, senza l’obbligo della residenza
in Italia.
d) per dichiarazione da parte della donna che anteriormente al
1° gennaio 1948 aveva perso la cittadinanza italiana a seguito del
matrimonio contratto con cittadino straniero o per mutamento di cittadinanza
del coniuge (art. 17, comma 2 e art. 219 l. 19.5.75, n. 151).
4) L’Apolidia
L’apolidia di un soggetto può essere
riconosciuta sia in sede giudiziaria che in via amministrativa.
In via amministrativa è regolamentata
dall’art. 17 del D.P.R. 12.10.1993, n. 572 che attribuisce al Ministero dell’Interno
la competenza ad emettere il certificato di riconoscimento dello status di
apolide.
* * *
ACCORDI INTERNAZIONALI ATTUALMENTE IN VIGORE |
1. ACCORDI BILATERALI
·
Trattato del
Laterano tra l’Italia e la Santa Sede, Roma 11 febbraio 1929; scambio di
note dal 1940 al 1980 concernenti la cittadinanza dei cardinali residenti a
Roma.
·
Trattato di
Osimo tra l’Italia e la Jugoslavia, 10 novembre 1975 (art. 3 e scambio di
note tra i due Governi).
2. ACCORDI MULTILATERALI
·
Trattato di
San Germano, 10 settembre 1919 (artt. 70 e segg.).
·
Trattato di
Pace di Parigi, 10 febbraio 1947 (artt. 19 e 20).
·
Convenzione
sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari in caso
di cittadinanze plurime, Strasburgo, 6 maggio 1963, ratificata con legge
4.10.1966, n. 876.
·
Secondo
Protocollo di Emendamento alla Convenzione di Strasburgo, reso esecutivo con
legge 14.12.1994 n. 703.
In
base all’art. 26 della nuova legge sulla cittadinanza permane
l’applicabilità dei Trattati Internazionali anche se difformi
dalle disposizioni della legge.
* * *
Si precisa infine che le
dichiarazioni di volontà di cui alla legge 5.2.1992, n. 91 vanno rese presso l’Ufficiale di
Stato Civile del Comune di residenza o, in caso di residenza all’estero,
presso le Autorità Diplomatiche o Consolari Italiane.
* * *
Appendice
l e l e g
g i
1. Leggi pregresse
********************
Legge 13 giugno
1912, n.555 sulla cittadinanza italiana
Art. 1.
– E’ cittadino per nascita:
1.
Il
figlio di padre cittadino;
Il figlio di ignoti trovato in Italia si presume fino a prova
in contrario nato nel [Regno].
Art.2.
– Il riconoscimento o la dichiarazione giudiziale della
filiazione durante la minore età del figlio che non sia emancipato, ne
determina la cittadinanza secondo le norme della presente legge.
[E’ a tale effetto prevalente la cittadinanza del
padre, anche se la paternità sia riconosciuta o dichiarata
posteriormente alla maternità] (3).
Se il figlio riconosciuto o dichiarato è maggiorenne o
emancipato conserva il proprio stato di cittadinanza, ma può entro
l’anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione giudiziale, dichiarare di
eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai
figli la cui paternità o maternità consti in uno dei modi
dell’articolo 279 del codice civile.
Art. 3
– Lo straniero nato nel [Regno] o figlio di genitori
quivi residenti da almeno dieci anni al tempo della sua nascita, diviene cittadino:
1.
Se
presta servizio militare nel [Regno] o accetta un impiego dello Stato;
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche allo
straniero del quale il padre o la madre o l’avo paterno siano stati
cittadini per nascita.
Art.4. (5)
– la cittadinanza italiana, comprendente il godimento
dei diritti politici, può essere concessa con decreto reale, sentito il
Consiglio di Stato;
E’ in facoltà del Governo di concedere in casi
eccezionali e per speciali circostanze, la cittadinanza italiana a persone nei
cui confronti non ricorrano le condizioni previste nei numeri 1 e 4 del
presente articolo.
Art. 5.
– Il decreto [ reale] di concessione non avrà
effetto se la persona cui la cittadinanza è conceduta non presti
giuramento di essere fedele al [Re e di osservare lo Statuto] e le altre leggi
dello Stato.
Art.6.
– [La cittadinanza può essere conceduta con
legge speciale a chi abbia reso all’Italia servigi di eccezionale
importanza] (7).
Art. 7.
– Salvo speciali disposizioni da stipulare con trattati
internazionali il cittadino italiano nato e residente in uno stato estero, dal
quale sia ritenuto proprio cittadino per nascita, conserva la cittadinanza
italiana, ma divenuto maggiorenne o emancipato, può rinunziarvi (8).
Art. 8.
– Perde la cittadinanza:
1.
Chi
spontaneamente acquista una cittadinanza straniera e stabilisce o ha stabilito
all’estero la propria residenza;
Può il Governo nei casi indicati ai nn. 1 e 2
dispensare dalla condizione del trasferimento dalla residenza all’estero;
La perdita della cittadinanza nei casi previsti da questo
articolo non esime dagli obblighi del servizio militare, salve le facilitazioni
concesse dalle leggi speciali.
Art. 9.
– Chi ha perduto la cittadinanza a norma degli articoli
7 e 8 la riacquista:
Tuttavia nei casi indicati ai nn. 2 e 3 sarà
inefficace il riacquisto della cittadinanza se il Governo lo inibisca. Tale
facoltà potrà esercitarsi dal Consiglio di Stato entro il termine
di tre mesi dal compimento delle condizioni stabilite nei detti nn.2 e 3 se
l’ultima cittadinanza straniera sia di uno Stato europeo, ed altrimenti
entro il termine di sei mesi.
E’ ammesso il riacquisto della cittadinanza senza
obbligo di stabilire la residenza nel [Regno], in favore di chi abbia da oltre
due anni abbandonata la residenza nello Stato cui apparteneva, per trasferirla
in altro Stato estero di cui non assuma la cittadinanza. In tale caso
però è necessaria la preventiva permissione del riacquisto da
parte del Governo.
Art. 10. (9)
– [La donna maritata non può assumere una
cittadinanza diversa da quella del marito, anche se esista separazione
personale fra coniugi.
La donna straniera che si marita ad un cittadino acquista la
cittadinanza italiana. La conserva anche vedova, salvoché, ritenendo o
trasportando all’estero la sua residenza, riacquisti la cittadinanza di
origine.
[La donna cittadina che si marita ad uno straniero perde la
cittadinanza italiana, sempreché il marito possieda una cittadinanza che
per il fatto del matrimonio a lei si comunichi (10). In caso di scioglimento
del matrimonio ritorna cittadina se risiede nel [Regno] o vi rientri, e
dichiari in ambedue i casi di voler riacquistare la cittadinanza. Alla
dichiarazione equivarrà il fatto della residenza nel Regno protratta
oltre un biennio dallo scioglimento, qualora non vi siano figli nati dal
matrimonio predetto.
Art. 11.
- [Se il marito cittadino diviene straniero, la moglie che
mantenga comune con lui la residenza perde la cittadinanza italiana,
sempreché acquisti quella del marito; ma può recuperarla secondo
le disposizioni dell’articolo precedente.
Se il marito straniero diviene cittadino, la moglie acquista
la cittadinanza quando mantenga comunque con lui la residenza.
Se però i coniugi siano legalmente separati e non
esistano figli del loro matrimonio i quali, a termini dell’articolo
successivo, acquistino la nuova cittadinanza del padre, può la maglie
dichiarare di voler conservare la cittadinanza propria.
Art. 12. (12)
– I figli minori non emancipati di chi acquista o
ricupera la cittadinanza, divengono cittadini, salvo che risiedendo
all’estero conservino, secondo la legge dello Stato cui appartengono, la
cittadinanza straniera. Il figlio però dello straniero per nascita
divenuto cittadino può entro l’anno dal raggiungimento della
maggiore età o dalla conseguita emancipazione, dichiarare di eleggere la
cittadinanza di origine.
I figli minori non emancipati di chi perde la cittadinanza
divengono stranieri, quando abbiano comune la residenza col genitore esercente
la patria potestà o la cittadinanza di uno stato straniero. Saranno
però loro applicabili le disposizioni degli articoli 3 e 9.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel
caso che la madre esercente la patria potestà o la tutela legale sui
figli abbia una cittadinanza diversa da quella del padre premorto. Non si
applicano invece al caso in cui la madre esercente la patria potestà
muti cittadinanza in conseguenza del passaggio a nuove nozze, rimanendo allora
inalterata la cittadinanza di tutti i figli di primo letto.
Art. 13.
– l’acquisto o il riacquisto della cittadinanza
in tutti i casi precedentemente espressi ha effetto dal giorno successivo a
quello in cui furono adempiute le condizioni e le formalità stabilite.
Le domande e dichiarazioni di acquisto o riacquisto sono
esenti da qualsiasi tassa e spesa.
Art. 14.
- Chiunque risieda nel [Regno] e non abbia la
cittadinanza italiana né quella di un altro Stato, è soggetto
alla legge italiana per quanto si riferisce all’esercizio dei diritti
civili e agli obblighi del servizio militare.
Art. 15.
–
E’
equiparato al territori del [Regno], per gli effetti della presente legge, il
territorio delle colonie italiane, salvo le disposizioni delle leggi speciali
che le riguardano.
Art. 16.
– Le dichiarazioni previste nella presente legge
possono essere fatte all’ufficiale di stato civile del comune dove il
dichiarante ha stabilito o intende stabilire la propria residenza, ad un
[regio] agente diplomatico o consolare all’estero.
La facoltà di ricevere le dichiarazioni potrà
essere estesa dal Governo del [Re* ad altri pubblici ufficiali.
Art. 17.
– Con l’entrata in vigore della presente legge
sono abrogati gli articoli 4 e 15 del codice civile, l’articolo 36 della
legge sull’emigrazione 31 gennaio 1901, n.23 la Legge 17 maggio 1906,
n.217 e tutte le altre disposizioni contrarie alla presente legge.
Nulla però è innovato alle leggi esistenti,
riguardo alla concessione per decreto reale della cittadinanza comprendente il
pieno godimento dei diritti politici agli italiani che non appartengono al
[Regno].
Restano salve le disposizioni delle convenzioni
internazionali.
Art. 18.
– Coloro che abbiano ottenuto la cittadinanza
anteriormente alla presente legge, senza godimento dei diritti politici,
potranno conseguirlo per decreto reale previo parere favorevole del Consiglio
di Stato, quando concorrano le condizioni previste nell’articolo 4.
Art. 19.
– Lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla
presente legge non si modifica, se non per i fatti posteriori all’entrata
in vigore di questa.
Ma coloro che al momento dell’entrata in vigore della
presente legge, hanno uno stato di cittadinanza diverso da quello che loro
competerebbe secondo le disposizioni degli articoli precedenti, potranno entro
l’anno dichiarare di eleggere la qualità di cittadino o di straniero,
che sarebbe loro spettata secondo le disposizioni medesime.
Coloro ai quali le disposizioni degli articoli precedenti
attribuiscono il diritto di eleggere la qualità di cittadino o di
straniero, potranno farne la dichiarazione entro un anno dal giorno
dell’entrata in vigore della presente legge, anche se i termini siano
scaduti, salvo che, potendo fare una dichiarazione analoga in forza della legge
anteriore, abbiano omesso di farla.
Art. 20.
– Il Governo stabilirà con decreto [reale],
udito il parere del Consiglio di stato, le norme per l’applicazione della
presente legge, che entrerà in vigore il 1° luglio 1912.
__________________________
NOTE
La legge n.555/1912 è qui riportata nel testo
emendato, in vigore al momento della sua abrogazione.
1.
Tra
parentesi quadra[….] le norme modificate o abrogate, i riferimenti al
soppresso ordinamento monarchico e le sentenze della corte Costituzionale.
2.
I
nn. 1 e 2 dell’articolo 1 furono modificati dall’articolo 5 della
Legge 21 aprile 1983, n.123, riportata di seguito. Il n.1 fu dichiarato
incostituzionale con sentenza n.30 del 28 gennaio 1983, della Corte
Costituzionale.
3.
Dichiarato
incostituzionale con sentenza del 28 gennaio 1983, n.30 della Corte
Costituzionale.
4.
Modificato
in 18° e 19° dalla legge 3 ottobre 1977, n.753.
5.
Modificato
con R.D.L. 1° dicembre 1934, n..1997 (G.U. 19 dicembre 1934, n.297)
Il testo originario
dell’articolo 4 era il seguente:
"La cittadinanza italiana,
comprendente il godimento dei diritti politici, può essere concessa per
decreto Reale, previo parere favorevole del Consiglio di Stato:
1) allo straniero che abbia prestato
servizio per tre anni allo Stato italiano, anche all’estero;
2) allo straniero che risieda da
almeno cinque anni nel Regno;
3) allo straniero che risieda da tre
anni nel Regno ed abbia reso notevoli servigi all’Italia od abbia
contratto matrimonio con una cittadina italiana;
4) dopo un anno di residenza a chi
sarebbe potuto diventare cittadino italiano per un beneficio di legge, se non
avesse omesso di farne in tempo utile espressa dichiarazione."
6.
Il
periodo tra parentesi era da ritenersi abrogato dall’articolo 1 e seg,
della Legge 21 aprile 1983, n.123.
7.
Abrogato
con R.D.L. 1° dicembre 1934, n.1997.
8.
I
doppi cittadini considerati da questa norma non erano tenuti ad optare per una
sola cittadinanza retta dalla legge n. 123/1983 articolo 5. Questa norma
disciplinava un’ipotesi di doppia cittadinanza diversa da quella retta
dall’articolo 7 della Legge n. 555/1912. La prima cittadinanza derivava
all’interessato iure sanguinis da uno dei genitori; la seconda
dall’essere nato in uno Stato che gliene l’aveva attribuita iure
soli.
9.
L’articolo
doveva considerarsi abrogato a seguito della legge 19 maggio 1975, n.151, della
Legge n. 123/1983 e della sentenza della Corte costituzionale n. 87/1975.
Rimaneva in vigore l’ultima parte del terzo comma, applicabile soltanto
alla donna che aveva rinunziato alla cittadinanza italiana avendone acquisito
per matrimonio una straniera.
10.
Questa
disposizione era stata dichiarata incostituzionale con sentenza n. 87 del 9
aprile 1975 della Corte costituzionale (G.U. 23 aprile 1975, n.108).
11.
L’articolo
11 era abrogato per effetto dell’articolo 143 ter della legge n.151 del
1975 e degli articoli 1 e 4 della legge n.123/1983.
12.
L'articolo
12 era da ritenersi abrogato dall'articolo 5 della legge n 123/1983
* * *
Legge
21 aprile 1983, n.123 “Disposizioni in materia di cittadinanza”
(G.U. 26 aprile 1983, n.112)
Art. 1.
– Il
coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza
italiana quando risieda da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica
ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato
scioglimento, annullamento e cessazione degli effetti civili e se non sussista
separazione legale.
Art. 2.
– Precludono
l’acquisto della cittadinanza:
La riabilitazione
fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.
L’acquisto
della cittadinanza è sospeso fino alla sentenza definitiva, se sia stata
promossa azione penale per uno dei delitti di cui al numero 1) del primo comma
ovvero per imputazione che possa comportare condanna superiore ad anni due di
reclusione.
Art. 3
– Ai sensi dell’articolo
1) la cittadinanza si acquista con decreto del Presidente della Repubblica su
proposta del Ministro dell’ interno, ad istanza dell’interessato,
presentata al sindaco del comune di residenza ovvero alla competente
autorità consolare.
L’istanza
può essere presentata anche dal coniuge cittadino italiano. In tal caso
essa viene comunicata al coniuge straniero od apolide, il quale, entro trenta
giorni, può manifestare volontà contraria all’acquisto
della cittadinanza. Tale dichiarazione preclude l’emanazione del decreto
previsto nel primo comma.
Art. 4.
– Con
proprio decreto motivato il Ministero dell’interno respinge
l’istanza ove sussistano le cause ostative previste nell’articolo
2. Ove si tratti di comprovate ragioni inerenti alla sicurezza della Repubblica,
il decreto è emanato su conforme parere del Consiglio di Stato. In tal
caso l’istanza può essere riproposta dopo cinque anni
dall’emanazione del provvedimento.
L’emanazione
del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando
dall’istanza stessa sia decorso un anno.
Art. 5.
– (1) E’ cittadino
italiano il figlio minorenne, anche adottivo, di padre cittadino o di madre
cittadina.
Nel caso di doppia
cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza entro un
anno dal raggiungimento della maggiore età(2).
Art. 7.
– La donna
che, per effetto di matrimonio con cittadino italiano contratto prima della
entrata in vigore della presente legge, ha acquistato la cittadinanza italiana
può entro due anni rinunciarvi con dichiarazione resa all’autorità
competente ai sensi dell’articolo 36 delle disposizioni di attuazione del
codice civile.
Art. 8.
– Sono abrogate tutte le
disposizioni incompatibili con la presente legge.
Art. 9.
-
La
presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzette Ufficiale della Repubblica italiana.
NOTE:
1.
Cfr. articolo 5 Legge 4 maggio 1983, n. 184,
sull’adozione di minori stranieri.
2.
Cfr.
legge 15 maggio 1986, n.180. – Modificazioni all’articolo 5 della
Legge 21 aprile 1983, n. 123, recante disposizioni in materia di cittadinanza (abrogata).
*
* *
2. leggi in vigore
********************
La Camera dei deputati ed il
Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PROMULGA la seguente legge:
Art. 1.
1. E’ cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre
cittadini;
b) chi è nato nel territorio
della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il
figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al
quale questi appartengono.
2. è considerato cittadino
per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non
venga provato il possesso di altra cittadinanza.
Art. 2.
1. Il riconoscimento o la
dichiarazione giudiziale della filiazione durante la minore età del
figlio ne determina la cittadinanza secondo le norme della presente legge.
2. Se il figlio riconosciuto o
dichiarato è maggiorenne conserva il proprio stato di cittadinanza, ma
puo' dichiarare, entro un anno dal riconoscimento o dalla dichiarazione
giudiziale, ovvero dalla dichiarazione di efficacia del provvedimento
straniero, di eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione.
3. Le disposizioni del presente
articolo si applicano anche ai figli per i quali la paternità o
maternità non puo' essere dichiarata, purchè sia stato
riconosciuto giudizialmente il loro diritto al mantenimento o agli alimenti.
Art. 3.
1. Il minore straniero adottato da
cittadino italiano acquista la cittadinanza.
2. La disposizione del comma 1 si
applica anche nei confronti degli adottati prima della data di entrata in
vigore della presente legge.
3. Qualora l'adozione sia revocata
per fatto dell'adottato, questi perde la cittadinanza italiana, sempre che sia
in possesso di altra cittadinanza o la riacquisti.
4. Negli altri casi di revoca
l'adottato conserva la cittadinanza italiana. Tuttavia, qualora la revoca intervenga
durante la maggiore età dell'adottato, lo stesso, se in possesso di
altra cittadinanza o se la riacquisti, potrà comunque rinunciare alla
cittadinanza italiana entro un anno dalla revoca stessa.
Art. 4.
1. Lo straniero o l'apolide, del
quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo
grado sono stati cittadini per nascita, diviene cittadino:
a) se presta effettivo servizio
militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler acquistare
la cittadinanza italiana;
b) se assume pubblico impiego alle
dipendenze dello Stato, anche all'estero, e dichiara di voler acquistare la
cittadinanza italiana;
c) se, al raggiungimento della
maggiore età, risiede legalmente da almeno due anni nel territorio della
Repubblica e dichiara, entro un anno dal raggiungimento, di voler acquistare la
cittadinanza italiana.
2. Lo straniero nato in Italia, che
vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della
maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la
cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
Art. 5.
1. Il coniuge, straniero o apolide,
di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede
legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre
anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento,
annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione
legale.
Art. 6.
1. Precludono l'acquisto della
cittadinanza ai sensi dell'articolo 5:
a) la condanna per uno dei delitti
previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale;
b) la condanna per un delitto non
colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel
massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico
ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità
giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
c) la sussistenza, nel caso
specifico, di comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
2. Il riconoscimento della sentenza
straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha
sede l'ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il
matrimonio, anche ai soli fini ed effetti di cui al comma 1, lettera b).
3. La riabilitazione fa cessare gli
effetti preclusivi della condanna.
4. L'acquisto della cittadinanza
è sospeso fino a comunicazione della sentenza definitiva, se sia stata
promossa azione penale per uno dei delitti di cui al comma 1, lettera a) e
lettera b), primo periodo, nonché per il tempo in cui è pendente
il procedimento di riconoscimento della sentenza straniera, di cui al medesimo
comma 1, lettera b), secondo periodo.
Art. 7.
1. Ai sensi dell'articolo 5, la
cittadinanza si acquista con decreto del Ministro dell'interno, a istanza
dell'interessato, presentata al sindaco del comune di residenza o alla
competente autorità consolare.
2. Si applicano le disposizioni di
cui all'articolo 3 della legge 12 gennaio 1991, n. 13.
Art. 8.
1. Con decreto motivato, il
Ministro dell'interno respinge l'istanza di cui all'articolo 7 ove sussistano
le cause ostative previste nell'articolo 6. Ove si tratti di ragioni inerenti
alla sicurezza della Repubblica, il decreto è emanato su conforme parere
del Consiglio di Stato. L'istanza respinta puo' essere riproposta dopo cinque
anni dall'emanazione del provvedimento.
2. L'emanazione del decreto di
rigetto dell'istanza è preclusa quando dalla data di presentazione
dell'istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il
termine di due anni.
Art. 9.
1. La cittadinanza italiana puo'
essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il
Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno:
a) allo straniero del quale il
padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono
stati cittadini per nascita, o che è nato nel territorio della
Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni, comunque
fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera c);
b) allo straniero maggiorenne
adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della
Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione;
c) allo straniero che ha prestato
servizio, anche all'estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato;
d) al cittadino di uno Stato membro
delle Comunità europee se risiede legalmente da almeno quattro anni nel
territorio della Repubblica;
e) all'apolide che risiede legalmente
da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica;
f) allo straniero che risiede
legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
2. Con decreto del Presidente della
Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il
Ministro degli affari esteri, la cittadinanza puo' essere concessa allo
straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all'Italia, ovvero quando
ricorra un eccezionale interesse dello Stato.
Art. 10.
1. Il decreto di concessione della
cittadinanza non ha effetto se la persona a cui si riferisce non presta, entro
sei mesi dalla notifica del decreto medesimo, giuramento di essere fedele alla
Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato.
Art. 11.
1. Il cittadino che possiede,
acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma
puo' ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero.
Art. 12.
1. Il cittadino italiano perde la
cittadinanza se, avendo accettato un impiego pubblico od una carica pubblica da
uno Stato o ente pubblico estero o da un ente internazionale cui non partecipi
l'Italia, ovvero prestando servizio militare per uno Stato estero, non
ottempera, nel termine fissato, all'intimazione che il Governo italiano puo'
rivolgergli di abbandonare l'impiego, la carica o il servizio militare.
2. Il cittadino italiano che,
durante lo stato di guerra con uno Stato estero, abbia accettato o non abbia
abbandonato un impiego pubblico od una carica pubblica, od abbia prestato
servizio militare per tale Stato senza esservi obbligato, ovvero ne abbia
acquistato volontariamente la cittadinanza, perde la cittadinanza italiana al
momento della cessazione dello stato di guerra.
Art. 13.
1. Chi ha perduto la cittadinanza
la riacquista:
a) se presta effettivo servizio
militare per lo Stato italiano e dichiara previamente di volerla riacquistare;
b) se, assumendo o avendo assunto
un pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all'estero, dichiara di
volerla riacquistare;
c) se dichiara di volerla
riacquistare ed ha stabilito o stabilisce, entro un anno dalla dichiarazione,
la residenza nel territorio della Repubblica;
d) dopo un anno dalla data in cui
ha stabilito la residenza nel territorio della Repubblica, salvo espressa
rinuncia entro lo stesso termine;
e) se, avendola perduta per non
aver ottemperato all'intimazione di abbandonare l'impiego o la carica accettati
da uno Stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale, ovvero il
servizio militare per uno Stato estero, dichiara di volerla riacquistare,
sempre che abbia stabilito la residenza da almeno due anni nel territorio della
Repubblica e provi di aver abbandonato l'impiego o la carica o il servizio
militare, assunti o prestati nonostante l'intimazione di cui all'articolo 12,
comma 1.
2. Non è ammesso il
riacquisto della cittadinanza a favore di chi l'abbia perduta in applicazione
dell'articolo 3, comma 3, nonché dell'articolo 12, comma 2.
3. Nei casi indicati al comma 1,
lettera c), d) ed e), il riacquisto della cittadinanza non ha effetto se viene
inibito con decreto del Ministro dell'interno, per gravi e comprovati motivi e
su conforme parere del Consiglio di Stato. Tale inibizione puo' intervenire
entro il termine di un anno dal verificarsi delle condizioni stabilite.
Art. 14.
1. I figli minori di chi acquista o
riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, acquistano la
cittadinanza italiana, ma, divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in
possesso di altra cittadinanza.
Art. 15.
1. L'acquisto o il riacquisto della
cittadinanza ha effetto, salvo quanto stabilito dall'articolo 13, comma 3, dal
giorno successivo a quello in cui sono adempiute le condizioni e le formalità
richieste.
Art. 16.
1. L'apolide che risiede legalmente
nel territorio della Repubblica è soggetto alla legge italiana per
quanto si riferisce all'esercizio dei diritti civili ed agli obblighi del
servizio militare.
2. Lo straniero riconosciuto rifugiato
dallo Stato italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge o dalle
convenzioni internazionali è equiparato all'apolide ai fini
dell'applicazione della presente legge, con esclusione degli obblighi inerenti
al servizio militare.
Art. 17.
1. Chi ha perduto la cittadinanza
in applicazione degli articoli 8 e 12 della legge 13 giugno 1912, n. 555, o per
non aver reso l'opzione prevista dall'articolo 5 della legge 21 aprile 1983,
n.123, la riacquista se effettua una dichiarazione in tal senso entro due anni
dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Resta fermo quanto disposto dall'articolo
219 della legge 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 18.
1. Le persone già residenti
nei territori che sono appartenuti alla monarchia austro-ungarica ed emigrate
all'estero prima del 16 luglio 1920 ed i loro discendenti in linea retta sono
equiparati, ai fini e per gli effetti dell'articolo 9, comma 1, lettera a),
agli stranieri di origine italiana o nati nel territorio della Repubblica.
Art. 19.
1. Restano salve le disposizioni
della legge 9 gennaio 1956, n. 27, sulla trascrizione nei registri dello stato
civile dei provvedimenti di riconoscimento delle opzioni per la cittadinanza
italiana, effettuate ai sensi dell'articolo 19 del Trattato di pace tra le potenze
alleate ed associate e l'Italia, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947.
Art. 20.
1. Salvo che sia espressamente
previsto, lo stato di cittadinanza acquisito anteriormente alla presente legge non
si modifica se non per fatti posteriori alla data di entrata in vigore della
stessa.
Art. 21.
1. Ai sensi e con le
modalità di cui all'articolo 9, la cittadinanza italiana puo' essere
concessa allo straniero che sia stato affiliato da un cittadino italiano prima
della data di entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184, e che
risieda legalmente nel territorio della Repubblica da almeno sette anni dopo
l'affiliazione.
Art. 22.
1. Per coloro i quali, alla data di
entrata in vigore della presente legge, abbiano già perduto la
cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 8 della legge 13 giugno 1912, n.
555, cessa ogni obbligo militare.
Art. 23.
1. Le dichiarazioni per l'acquisto,
la conservazione, il riacquisto e la rinunzia alla cittadinanza e la prestazione
del giuramento previste dalla presente legge sono rese all'ufficiale dello
stato civile del comune dove il dichiarante risiede o intende stabilire la
propria residenza, ovvero, in caso di residenza all'estero, davanti
all'autorità diplomatica o consolare del luogo di residenza.
2. Le dichiarazioni di cui al comma
1, nonché gli atti o i provvedimenti attinenti alla perdita, alla
conservazione e al riacquisto della cittadinanza italiana vengono trascritti
nei registri di cittadinanza e di essi viene effettuata annotazione a margine
dell'atto di nascita.
Art. 24.
(abrogato dall’art. 110 del
D.P.R. 3.11.2000, n. 396)
1. Il cittadino italiano, in caso
di acquisto o riacquisto di cittadinanza straniera o di opzione per essa, deve
darne, entro tre mesi dall'acquisto, riacquisto o opzione, o dal raggiungimento
della maggiore età, se successivo, comunicazione mediante dichiarazione
all'ufficiale dello stato civile del luogo di residenza, ovvero, se residente
all'estero, all'autorità consolare competente.
2. Le dichiarazioni di cui al comma
1 sono soggette alla medesima disciplina delle dichiarazioni di cui
all'articolo 23.
3. Chiunque non adempia agli
obblighi indicati nel comma 1 è assoggettato alla sanzione
amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a lire duemilioni. Competente
all'applicazione della sanzione amministrativa è il prefetto.
Art. 25.
1. Le disposizioni necessarie per
l'esecuzione della presente legge sono emanate, entro un anno dalla sua entrata
in vigore, con decreto del Presidente della Repubblica, udito il parere del
Consiglio di Stato e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su
proposta dei Ministri degli affari esteri e dell'interno, di concerto con il
Ministro di grazia e giustizia.
Art. 26.
1. Sono abrogati la legge 13 giugno
1912, n. 555, la legge 31 gennaio 1926, n. 108, il regio decreto-legge 1›
dicembre 1934, n.1997, convertito dalla legge 4 aprile 1935, n. 517, l'articolo
143- ter del codice civile, la legge 21 aprile 1983, n. 123, l'articolo 39
della legge 4 maggio 1983, n. 184, la legge 15 maggio 1986, n. 180, e ogni
altra disposizione incompatibile con la presente legge.
2. è soppresso l'obbligo
dell'opzione di cui all'articolo 5, comma secondo, della legge 21 aprile 1983,
n. 123, e all'articolo 1, comma 1, della legge 15 maggio 1986, n. 180.
3. Restano salve le diverse
disposizioni previste da accordi internazionali.
Art. 27.
1. La presente legge entra in
vigore sei mesi dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del
sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. è fatto obbligo a chiunque spetti
di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 5 febbraio
1992
COSSIGA
ANDREOTTI, Presidente del Consiglio dei Ministri
DE MICHELIS, Ministro degli affari esteri
Visto, il Guardasigilli: MARTELLI
LAVORI PREPARATORI Senato della
Repubblica (atto n. 1460):
Presentato dal Ministro degli
affari esteri (ANDREOTTI) il 13 dicembre 1988.
Assegnato alla 1a commissione (Affari costituzionali), in sede referente, il 25
gennaio 1989, con pareri delle commissioni 2a, 3a, 4a e della giunta per gli
affari delle Comunità europee.
Esaminato dalla 1a commissione il 18 ottobre 1989; 27 giugno 1990; 13 dicembre
1990.
Relazione scritta annunciata il 26 marzo 1991 (atto n.1460/ A - relatore sen.
MAZZOLA).
Esaminato in aula e approvato il 23 maggio 1991.
Camera dei deputati (atto n. 5702):
Assegnato alla I commissione (Affari costituzionali), in sede legislativa, il 25
giugno 1991, con pareri delle commissioni II, III, IV, XI e della commissione
per le politiche comunitarie.
Esaminato dalla I commissione il 9 gennaio 1992 e approvato il 14 gennaio 1992.
AVVERTENZA:
Il testo delle
note qui pubblicato è stato redatto ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3,
del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di
facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali
è operato il rinvio. Restano invariati il valore e l'efficacia degli
atti legislativi qui trascritti.
Nota all'art.
6:
- I delitti
previsti nel libro secondo, titolo I, capi I, II e III, del codice penale, sono
quelli contro la personalità internazionale e interna dello Stato e
contro i diritti politici del cittadino.
Note all'art.
17:
- Il testo
degli articoli 8 e 12 della legge n. 555/1912 (Sulla cittadinanza italiana)
è il seguente:
"Art. 8. -
Perde la cittadinanza:
1) chi
spontaneamente acquista una cittadinanza straniera e stabilisce o ha stabilito
all'estero la propria residenza;
2) chi, avendo
acquistata senza concorso di volontà propria una cittadinanza straniera,
dichiari di rinunziare alla cittadinanza italiana, e stabilisca o abbia
stabilito all'estero la propria residenza.
Puo' il Governo
nei casi indicati ai numeri 1 e 2, dispensare dalla condizione del trasferimento
della residenza all'estero;
3) chi, avendo
accettato impiego da un governo estero od essendo entrato al servizio militare
di potenza estera, vi persista nonostante l'intimazione del governo italiano di
abbandonare entro un termine fissato l'impiego o il servizio.
La perdita
della cittadinanza nei casi preveduti da questo articolo non esime dagli
obblighi del servizio militare, salve le facilitazioni concesse dalle leggi
speciali (*)".
"Art. 12.
- I figli minori non emancipati da chi acquista o ricupera la cittadinanza
divengono cittadini salvo che risiedendo all'estero conservino, secondo la
legge dello Stato a cui appartengono, la cittadinanza straniera. Il figlio
però dello straniero per nascita, divenuto cittadino, puo' entro l'anno
dal raggiungimento della maggiore età o dalla conseguita emancipazione,
dichiarare di eleggere la cittadinanza di origine.
I figli minori
non emancipati di chi perde la cittadinanza divengono stranieri quando abbiano
comune la residenza col genitore esercente la patria potestà o la tutela
legale, e acquistino la cittadinanza di uno Stato straniero. Saranno
però loro applicabili le disposizioni degli articoli 3 e 9.
Le disposizioni
del presente articolo si applicano anche nel caso che la madre esercente la
patria potestà o la tutela legale sui figli abbia una cittadinanza
diversa da quella del padre premorto. Non si applicano invece al caso in cui la
madre esercente la patria potestà muti cittadinanza in conseguenza del
passaggio a nuove nozze, rimanendo allora inalterata la cittadinanza di tutti i
figli di primo letto".
(*) La Corte
costituzionale, con sentenza 11-19 ottobre 1988, n. 974 (Gazz. Uff. 26 ottobre
1988, n. 43 - 1a serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità
dell'art. 8, ultimo comma, della legge di cui sopra, nonché dell'art.
1, lettera b),
del D.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, nella parte in cui non prevedono che siano
esentati dall'obbligo del servizio militare coloro che abbiano perduto la
cittadinanza italiana a seguito dell'acquisto di quella di un altro Stato nel
quale abbiano già prestato servizio militare.
- Il testo
dell'art. 5 della legge n. 123/1983 (Disposizioni in materia di cittadinanza),
abrogata dall'art. 26 della legge qui pubblicata, è il seguente:
"Art. 5. -
è cittadino italiano il figlio minorenne, anche adottivo, di padre
cittadino o di madre cittadina.
Nel caso di
doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza
entro un anno dal raggiungimento della maggiore età".
- Il testo
dell'art. 219 della legge n. 151/1975 (Riforma del diritto di famiglia)
è il seguente:
"Art. 219.
- La donna che, per effetto di matrimonio con straniero o di mutamento di
cittadinanza da parte del marito, ha perduto la cittadinanza italiana prima
dell'entrata in vigore della presente legge, la riacquista con dichiarazione
resa all'autorità competente a norma dell'art. 36 delle disposizioni di
attuazione del codice civile.
è
abrogata ogni norma della legge 13 giugno 1912, n. 555, che sia incompatibile
con le disposizioni della presente legge".
Nota all'art.
19:
- L'art. 19 del
Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze alleate ed associate, firmato a
Parigi il 10 febbraio 1947, è così formulato:
"Art. 19.
- 1. I cittadini italiani che, al 10 giugno 1940, erano domiciliati in
territorio ceduto dall'Italia ad un altro Stato per effetto del presente
Trattato, ed i loro figli nati dopo quella data diverranno, sotto riserva di
quanto dispone il paragrafo seguente, cittadini godenti di pieni diritti civili
e politici dello Stato al quale il territorio viene ceduto, secondo le leggi
che a tale fine dovranno essere emanate dallo Stato medesimo entro tre mesi
dall'entrata in vigore del presente Trattato. Essi perderanno la loro
cittadinanza italiana al momento in cui diverranno cittadini dello Stato
subentrante.
2. Il governo
dello Stato al quale il territorio è trasferito, dovrà disporre,
mediante appropriata legislazione entro tre mesi dalla entrata in vigore del
presente Trattato, perché tutte le persone di cui al par.
1, di
età superiore ai diciotto anni (e tutte le persone coniugate, siano esse
al disotto od al disopra di tale età) la cui lingua usuale è
l'italiano, abbiano facoltà di optare per la cittadinanza italiana entro
il termine di un anno dall'entrata in vigore del presente Trattato.
Qualunque persona
che opti in tal senso conserverà la cittadinanza italiana e non si
considererà aver acquistato la cittadinanza dello Stato al quale il
territorio viene trasferito. L'opzione esercitata dal marito non verrà
considerata opzione da parte della moglie. L'opzione esercitata dal padre, o se
il padre non è vivente, dalla madre, si estenderà tuttavia
automaticamente a tutti i figli non coniugati, di età inferiore ai
diciotto anni.
3. Lo Stato al
quale il territorio è ceduto potrà esigere che coloro che si avvalgono
dell'opzione si trasferiscano in Italia entro un anno dalla data in cui
l'opzione venne esercitata.
4. Lo Stato al
quale il territorio è ceduto dovrà assicurare, conformemente alle
sue leggi fondamentali, a tutte le persone che si trovano nel territorio
stesso, senza distinzione di razza, lingua o religione, il godimento dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la
libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione
politica, e di pubblica riunione".
Nota all'art.
21:
- La legge n.
184/1983 reca: "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei
minori". La citata legge è entrata in vigore il 1› giugno
1983.
Nota all'art.
22:
- Per il testo
dell'art. 8 della legge n. 555/1912 si veda in nota all'art. 17.
Note all'art.
26:
- La legge n.
555/1912 recava norme sulla cittadinanza.
- La legge n.
108/1z926 recava: "Modificazioni ed aggiunte alla legge 13 giugno 1912, n.
555, sulla cittadinanza".
- Il R.D.L. n.
1997/1934 recava: "Modificazioni alla legge 13 giugno 1912, n. 555, sulla
cittadinanza".
- L'art. 143-
ter del codice civile, aggiunto dall'art. 25 della legge 19 maggio 1975, n.
151, era così formulato:
"Art. 143-
ter (Cittadinanza della moglie). - La moglie conserva la cittadinanza italiana,
salvo sua espressa rinunzia, anche se per effetto del matrimonio o del
mutamento di cittadinanza da parte del marito assume una cittadinanza
straniera".
- La legge n.
123/1983 recava: "Disposizioni in materia di cittadinanza". L'art. 5,
comma secondo, della medesima legge così disponeva: "Nel caso di
doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza
entro un anno dal raggiungimento della maggiore età".
- L'art. 39
della legge n. 184/1983 (Disciplina della adozione e dell'affidamento dei
minori) così recitava:
"Art. 39.
- Il minore di nazionalità straniera adottato da coniugi di cittadinanza
italiana acquista di diritto tale cittadinanza.
La disposizione
del precedente comma si applica anche nei confronti degli adottati prima
dell'entrata in vigore della presente legge".
- L'art. 1,
comma 1, della legge n. 180/1986 (Modificazioni all'art. 5 della legge 21
aprile 1983, n.
123, recante
disposizioni in materia di cittadinanza) così recitava: "Il termine
per l'esercizio dell'opzione di cui all'art. 5, secondo comma, della legge 21
aprile 1983, n. 123, è prorogato fino alla data di entrata in vigore
della nuova legge organica sulla cittadinanza".
* * *
D.P.R. 12
Ottobre 1993, n. 572 - Regolamento di esecuzione
della legge 5 febbraio 1992, n.91, recante nuove norme sulla cittadinanza
Art. 1.Definizioni
1. Nel presente regolamento la legge presente regolamento la legge 5
febbraio 1992, n. 91, e' indicata con la denominazione "legge".
2. Ai fini dell'acquisto della
cittadinanza italiana:
A) si considera legalmente
residente nel territorio dello stato chi vi risiede avendo soddisfatto le
condizioni e gli adempimenti previsti dalle norme in materia d'ingresso e di
soggiorno degli stranieri in italia e da quelle in materia d'iscrizione
anagrafica;
B) si considera che abbia prestato effettivamente servizio militare chi abbia
compiuto la ferma di leva nelle forze armate italiane o la prestazione di un
servizio equiparato a quello militare, a condizione che queste siano
interamente rese, salvo che il mancato completamento dipenda da sopravvenute
cause di forza maggiore riconosciute dalle autorita' competenti;
C) salvi i casi nei quali la legge richiede specificamente l'esistenza di un
rapporto di pubblico impiego, si considera cha abbia prestato servizio alle
dipendenze dello stato chi sia stato parte di un rapporto di lavoro dipendente
con retribuzione a carico del bilancio dello stato.
Art. 2. Acquisto della cittadinanza
per nascita nel
territorio dello stato
1. Il figlio, nato in italia da genitori
stranieri, non acquista la cittadinanza italiana per nascita ai sensi dell'art.
1, comma 1, lettera b), della legge, qualora l'ordinamento del paese di origine
dei genitori preveda la trasmissione della cittadinanza al figlio nato
all'estero, eventualmente anche subordinandola ad una dichiarazione di volonta'
da parte dei genitori o legali rappresentanti del minore, ovvero
all'adempimento di formalita' amministrative da parte degli stessi.
Art. 3. Dichiarazione di volonta'
1. La dichiarazione di volonta'
rivolta all'acquisto della cittadinanza di cui all'art. 2, comma 2, della legge
deve essere corredata della seguente documentazione:
A) atto di nascita;
B) atto di riconoscimento o copia autentica della sentenza con cui viene
dichiarata la paternita' o maternita', ovvero copia autentica della sentenza
che dichiara efficace in italia la pronuncia del giudice straniero, ovvero
copia autentica della sentenza con cui viene riconosciuto il diritto al
mantenimento o agli alimenti;
C) certificato di cittadinanza del genitore.
2. La dichiarazione di volonta' di
cui all'art. 4, comma 1, lettere b) e c), della legge deve essere corredata
della seguente documentazione:
A) atto di nascita;
B) certificato di cittadinanza italiana per nascita del padre o della madre o
di uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado;
C) documentazione relativa alla residenza, ove richiesta.
3. Ai fini dell'acquisto della
cittadinanza ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera c), della legge
l'interessato deve aver risieduto legalmente in italia senza interruzioni
nell'ultimo biennio antecedente il conseguimento della maggiore eta' e sino
alla data della dichiarazione di volonta'.
4. La dichiarazione di volonta' di
cui all'art. 4, comma 2, della legge deve essere corredata della seguente
documentazione:
A) atto di nascita;
B) documentazione relativa alla residenza.
Art. 4. Istanze per l'acquisto della cittadinanza
1. L'istanza prodotta ai sensi
dell'art. 7 della legge dallo straniero o apolide, coniugato con cittadino
italiano, deve essere corredata, oltre che dai documenti necessari a dimostrare
che egli si trova nelle condizioni previste dall'art. 5 della stessa legge,
anche dei seguenti altri documenti:
A) atto di nascita;
B) estratto per riassunto dai registri di matrimonio rilasciato dal comune
italiano presso il quale e' stato iscritto o trascritto l'atto;
C) certificazione penale rilasciata dagli stati stranieri di origine e di
residenza;
D) certificato di situazione di famiglia o documentazione equipollente.
2. L'istanza di cui al comma 1 deve
essere trasmessa al ministero dell'interno entro trenta giorni dalla data della
presentazione.
3. L'istanza prodotta ai sensi
dell'art. 9 della legge dallo straniero o apolide che vuole ottenere la
cittadinanza deve essere presentata, per il tramite del prefetto della
provincia di residenza, al ministero dell'interno e corredata, oltre che dei
documenti necessari a dimostrare che egli si trova in una delle condizioni
previste dal detto articolo, dei seguenti altri:
A) atto di nascita;
B) certificato di situazione di famiglia;
C) certificazione penale rilasciata dagli stati di origine e di residenza.
4. L'istanza di cui al comma 3 deve
essere trasmessa al ministero dell'interno entro trenta giorni dalla data della
presentazione.
5. E' facolta' del ministero
dell'interno di richiedere, a seconda dei casi, altri documenti.
6. Quando la legge prescinde dal
requisito della residenza attuale in italia, la domanda ed i documenti devono
essere presentati dallo straniero o apolide richiedente la cittadinanza
all'autorita' diplomatica o consolare italiana competente in relazione alla
localita' straniera di residenza, che li trasmette entro trenta giorni al
ministero dell'interno.
7. Le condizioni previste per la
proposizione dell'istanza di cui all'art. 9 della legge devono permanere sino
alla prestazione del giuramento di cui all'art. 10 della legge.
Art. 5. Reiezione delle istanze di concessione
1. L'autorita' competente a
respingere con proprio provvedimento motivato l'istanza prodotta ai sensi dell'art.
9 e' il ministro dell'interno.
2. L'istanza di cui al comma 1 puo'
essere riproposta dopo un anno dall'emanazione del provvedimento stesso.
Art. 6. Riconoscimento
della sentenza
straniera di condanna
1. Ai fini dell'applicazione del
comma 4 dell'art. 6 della legge, il procedimento di riconoscimento della
sentenza straniera di condanna si considera pendente con la formale richiesta
da parte del ministero dell'interno al ministero degli affari esteri per
l'avvio della procedura necessaria ad ottenere copia della sentenza stessa.
Art. 7. Notifica e giuramento
1. La notifica del decreto di
conferimento della cittadinanza deve essere effettuata dall'autorita'
competente ai sensi dell'art. 23 della legge entro novanta giorni dalla
ricezione del decreto medesimo.
2. Il giuramento di cui all'art. 10
della legge deve essere prestato entro sei mesi dalla notifica all'intestatario
del decreto di cui agli articoli 7 e 9 della legge.
3. Il giuramento di cui al comma 2 deve
essere prestato, in italia, dinanzi all'ufficiale dello stato civile del comune
di residenza e, all'estero, dinanzi all'autorita' diplomatica o consolare
italiana competente per la localita' straniera di residenza, la quale rilascia
all'interessato copia del verbale di giuramento e trasmette copia di questo e
del decreto di concessione all'ufficiale dello stato civile del comune della
repubblica competente secondo le norme dell'ordinamento dello stato civile.
4. L'ufficiale dello stato civile
dinanzi al quale e' stato prestato il giuramento, o al quale e' stata trasmessa
copia del verbale di cui al comma 3, provvede per la trascrizione e
l'annotazione del decreto negli atti dello stato civile e ne da' immediata
notizia al ministero dell'interno.
5. Trascorsi sei mesi dalla data
della notifica del decreto, l'interessato non e' ammesso a prestare giuramento
se non dimostri, con la produzione di nuovi documenti al ministero
dell'interno, la permanenza dei requisiti in base ai quali gli fu accordata la
cittadinanza.
6. Il giuramento deve essere
preceduto dal pagamento della tassa di concessione governativa e dell'imposta
di bollo assolta a norma delle vigenti disposizioni in materia.
Art. 8. Rinuncia alla cittadinanza (1)
1. All'estero, la rinuncia alla
cittadinanza deve farsi dinanzi all'autorita' diplomatica o consolare italiana
competente per il luogo dove il rinunziante risiede. Questa la iscrive in
apposito registro e ne rimette immediatamente copia al ministero dell'interno
ed al comune competente, secondo le norme dell'ordinamento dello stato civile
per la trascrizione e l'annotazione a margine dell'atto di nascita.
2. In italia, la rinuncia alla
cittadinanza italiana deve essere fatta dinanzi all'ufficiale dello stato
civile del comune di residenza.
3. La dichiarazione di rinuncia
deve essere corredata della seguente documentazione:
A) atto di nascita rilasciato dal
comune presso il quale detto atto risulta iscritto o trascritto;
B) certificato di cittadinanza italiana;
C) documentazione relativa al possesso della cittadinanza straniera;
D) documentazione relativa alla residenza all'estero, ove richiesta.
Art. 9. Decreto di intimazione
1. L'intimazione di cui all'art.
12, comma 1, della legge e' fatta con decreto del ministro dell'interno ed ha
effetto dal giorno della notificazione all'interessato.
2. Perde la cittadinanza, dal
giorno successivo al termine fissato dal decreto di intimazione, chi non ha
abbandonato, entro il termine medesimo, l'impiego o la carica accettati da uno
stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale, ovvero il
servizio militare per uno stato estero.
Art. 10. Riacquisto della cittadinanza
1. Le dichiarazioni di riacquisto
di cui agli articoli 13 e 17 della legge devono essere corredate della seguente
documentazione:
A) atto di nascita rilasciato dal
comune presso il quale detto atto risulta iscritto o trascritto;
B) documentazione da cui risulti il trascorso possesso della cittadinanza
italiana;
C) documentazione relativa al possesso della cittadinanza straniera, ovvero
allo status di apolidia;
D) certificato di situazione di famiglia o documentazione equipollente.
Art. 11. Inibizione al riacquisto
1. Agli effetti dell'art. 13, comma
1, lettera e), della legge la prova di aver abbandonato l'impiego o la carica
accettati da uno stato, da un ente pubblico estero o da un ente internazionale,
nonche' il servizio militare per uno stato estero deve essere data al ministero
dell'interno.
2. Il decreto di inibizione che
impedisce il verificarsi del riacquisto della cittadinanza nonostante
l'adempimento delle condizioni stabilite dal comma 1, lettere c), d) ed e),
dell'art. 13 della legge viene trasmesso al competente ufficiale dello stato
civile per la trascrizione e l'annotazione a margine dell'atto di nascita.
3. Ai fini dell'applicazione
dell'art. 13, comma 3, della legge il sindaco e' tenuto a dare comunicazione al
prefetto della provincia, nel cui territorio e' compreso il comune, delle
generalita' degli ex connazionali iscritti nell'anagrafe della popolazione
residente, entro trenta giorni dalla loro iscrizione.
Art. 12. Acquisto della cittadinanza da parte dei figli minori
1. Ai fini dell'applicazione
dell'art. 14 della legge l'acquisto della cittadinanza, da parte dei figli
minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, si verifica se
essi convivono con il genitore alla data in cui quest'ultimo acquista o
riacquista la cittadinanza.
2. La convivenza deve essere
stabile ed effettiva ed opportunamente attestata con idonea documentazione.
Art. 13. Decorrenza dell'acquisto e del riacquisto della
cittadinanza
1. In applicazione dell'art. 15
della legge, l'acquisto od il riacquisto della cittadinanza, di cui agli
articoli 4, comma 1, lettera a), e 13, comma 1, lettera a), della legge,
decorrono dal giorno successivo a quello del congedamento.
Art. 14. Dichiarazioni di cittadinanza
1. Le dichiarazioni per l'elezione,
l'acquisto, il riacquisto e la rinuncia alla cittadinanza devono essere
corredate, oltre che della documentazione rispettivamente indicata negli articoli
3, 8 e 10, anche di eventuali altri documenti necessari a dimostrare che il
dichiarante si trova nelle condizioni previste dalla legge.
2. Qualora le dichiarazioni di cui
al comma 1 non siano corredate della documentazione prescritta, nel riceverle
l'ufficiale dello stato civile o l'autorita' diplomatica o consolare competente
invita l'interessato a produrre detta documentazione.
3. La rinuncia alla cittadinanza ai
sensi degli articoli 3, comma 4, 13, comma 1, lettera d), e 14 della legge consente
di poter successivamente acquistare la cittadinanza soltanto in applicazione
degli articoli 5 e 9 della legge.
4. Ai fini dell'applicazione
dell'art. 23, comma 1, della legge, le dichiarazioni di cui al comma 1 e la
prestazione del giuramento di cui all'art. 10 della legge devono, in italia,
essere rese dinanzi all'ufficiale dello stato civile del comune dove
l'interessato risiede o intende stabilire la residenza, ove questa sia stata
indicata e non ancora definita la relativa procedura.
Art. 15. Sanzioni amministrative
1. L'autorita' competente ad
applicare la sanzione amministrativa di cui all'art. 24 della legge e', per il
cittadino italiano residente in italia, il prefetto della provincia nel cui
territorio e' compreso il comune di residenza e, per il cittadino italiano
residente all'estero, il prefetto della provincia nel cui territorio e'
compreso il comune nei cui registri deve essere trascritta, ai sensi
dell'ordinamento dello stato civile, la dichiarazione prevista dal medesimo
art. 24 della legge.
Art. 16. Adempimenti relativi allo stato civile (2)
1. L'ufficiale dello stato civile
che ha iscritto la dichiarazione dell'interessato, volta all'acquisto, alla
perdita, al riacquisto o al mancato riacquisto della cittadinanza, trasmette
copia della dichiarazione medesima e della documentazione che la correda
all'autorita' competente ad accertare la sussistenza delle condizioni che la
legge stabilisce per il prodursi degli effetti anzidetti.
2. L'autorita' competente, ai sensi
del comma 1, e' il sindaco del comune in cui la dichiarazione e' stata
iscritta, nelle ipotesi previste dagli articoli 2, commi 2 e 3; 3, comma 4; 4,
comma 1, lettera c); 4, comma 2; 11; 13, comma 1, lettere c) e d); 14 e 17
della legge.
3. Quando la dichiarazione, con la
documentazione che la correda, e' stata ricevuta dall'autorita' diplomatica o
consolare, e' questa competente, nelle ipotesi previste nel comma 2, ad operare
l'accertamento della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge.
4. In ogni altra ipotesi, diversa
da quelle menzionate nel comma 2, in cui pure sia prevista una dichiarazione
dell'interessato, competente all'accertamento e' il ministero dell'interno, al
quale l'ufficiale dello stato civile o l'autorita' diplomatica o consolare
trasmettono copia della dichiarazione ricevuta dall'interessato e della
documentazione da questi prodotta.
5. L'autorita' diplomatica o
consolare, nei casi in cui provvede direttamente all'accertamento, trasmette
all'ufficiale dello stato civile individuato ai sensi dell'art. 63, secondo
comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238, copia della dichiarazione
ricevuta e comunicazione dell'esito dell'accertamento. Il sindaco, nei casi di
sua competenza, trasmette all'ufficiale dello stato civile comunicazione
dell'esito dell'accertamento. Analogamente provvede il ministero dell'interno
nei riguardi dell'ufficiale dello stato civile che gli ha inviato gli atti;
quando questi gli sono pervenuti dall'autorita' diplomatica o consolare,
trasmette all'ufficiale dello stato civile individuato ai sensi del citato art.
63, anche copia della dichiarazione dell'interessato.
6. L'ufficiale dello stato civile
provvede per la trascrizione della dichiarazione nei registri di cittadinanza
quando essa non sia stata a lui resa. Provvede altresi' per la trascrizione nei
medesimi registri della comunicazione ricevuta circa l'esito dell'accertamento
e per l'annotazione nell'atto di nascita dell'interessato della dichiarazione
gia' iscritta o trascritta e della comunicazione anzidetta.
7. La trasmissione degli atti e
delle comunicazioni indicati nel presente articolo deve essere effettuata senza
indugio. L'accertamento circa la sussistenza delle condizioni stabilite dalla
legge per l'acquisto, la perdita, il riacquisto, il mancato riacquisto della cittadinanza
deve essere compiuto dall'autorita' competente entro centoventi giorni dalla
ricezione degli atti.
8. Ad esclusione delle ipotesi
previste dall'art. 1 della legge e di quelle in cui sia richiesta una
dichiarazione dell'interessato, il sindaco, sulla base delle risultanze dello
stato civile ed anagrafiche, emette attestazione dell'acquisto, dalla perdita o
del riacquisto della cittadinanza da persone residenti nel comune o iscritte
all'aire del comune e la trasmette, ai fini della trascrizione nei registri di
cittadinanza e dell'annotazione nell'atto di nascita, all'ufficiale dello stato
civile.
9. La certificazione di
cittadinanza e' rilasciata, sulla base delle risultanze dello stato civile ed
anagrafiche, in Italia dal sindaco del comune di residenza degli interessati e
all'estero dall'autorita' diplomatica o consolare competente per territorio.
Non possono essere rilasciati certificati o documenti che abbiano per
presupposto l'essersi prodotto uno degli effetti previsti dalla legge senza che
sia stata previamente accertata dall'autorita' competente la sussistenza di
tutte le condizioni stabilite perche' tale effetto si sia prodotto.
Art. 17. Certificazione della condizione d'apolidia
1. Il ministero dell'interno puo'
certificare la condizione di apolidia, su istanza dell'interessato corredata
della seguente documentazione:
A) atto di nascita;
B) documentazione relativa alla residenza in italia;
C) ogni documento idoneo a dimostrare lo stato di apolide.
2. E' facolta' del ministero
dell'interno di richiedere, a seconda dei casi, altri documenti.
Art. 18. Regime transitorio delle rinunce al riacquisto
1. Le dichiarazioni di rinuncia al
riacquisto di cui all'art. 13, comma 1, lettera d), della legge possono essere
rese alla competente autorita' entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente regolamento qualora effettuate da coloro i quali, non avendo
ancora riacquistato la cittadinanza secondo le disposizioni di cui all'art. 9,
primo comma, n. 3, dell'abrogata legge 13 giugno 1912, n. 555, abbiano maturato
o maturino nel termine predetto il periodo di residenza previsto dal citato
art. 13, comma 1, lettera d).
Art. 19. Abrogazione di norme
1. E' abrogato il regio decreto 2 agosto
1912, n. 949, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.
NOTE
_____________________________________________________________________________
1.
ai
sensi dell’art. 110 del D.P.R. 3.11.2000, n. 396 è abrogato il
secondo periodo dell’art. 8, n. 1;
2.
ai
sensi dell’art. 110 del D.P.R. 3.11.2000, n. 396 all’art. 16 sono
apportate le seguenti modificazioni:
a)
nel
comma 5, le parole”all’ufficiale di stato civile individuato ai
sensi dell’art. 63, secondo comma, del regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238”
sono sostituite dalle seguenti: “all’ufficiale dello stato civile
competente;
b)
il
comma 6 è abrogato;
c)
al
comma 8 è aggiunto il seguente periodo “Le attestazioni per i
minori residenti all’estero, di cui all’art. 14 della legge 5 febbraio
1992, n. 91 vengono emesse dall’autorità diplomatica o consolare
sulla base delle risultanze dello stato civile ed anagrafiche anche straniere,
e di quanto disposto dall’art. 12 del presente regolamento (ndr del
D.P.R. n. 396\2000); l’autorità diplomatica o consolare le
trasmette all’ufficiale dello stato civile competente per
l’annotazione sull’atto di nascita”:
* * *
Decreto del Presidente della
Repubblica 18.4.1994, n. 362
Regolamento recante disciplina dei
procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana
Articolo 1
Presentazione della domanda
1. L'istanza per l'acquisto o la
concessione della cittadinanza italiana, di cui all'articolo 7 ed all'articolo
9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, si presenta al prefetto competente per
territorio in relazione alla residenza dell'istante, ovvero, qualora ne
ricorrano i presupposti, all'autorita' consolare.
2. Nell'istanza devono essere
indicati i presupposti in base ai quali l'interessato ritiene di aver titolo
all'acquisto o alla concessione della cittadinanza.
3. L'istanza dev'essere corredata
della seguente documentazione, in forma autentica:
a) estratto dell'atto di nascita, o
equivalente;
b) stato di famiglia;
c) documentazione relativa alla
cittadinanza dei genitori, limitatamente all'ipotesi in cui trattisi di
elemento rilevante per l'acquisto della cittadinanza;
d) certificazioni dello stato
estero, o degli stati esteri, di origine e di residenza, relative ai precedenti
penali ed ai carichi penali pendenti;
e) certificato penale dell'autorita'
giudiziaria italiana;
f) certificato di residenza;
g) copia dell'atto di matrimonio o
estratto per riassunto del registro dei matrimoni, limitatamente all'ipotesi di
acquisto della cittadinanza per matrimonio.
4. Ai fini della concessione, di
cui all'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, il ministro dell'interno
e' autorizzato ad emanare, con proprio decreto, disposizioni concernenti
l'allegazione di ulteriori documenti.
Articolo 2
Istruttoria
1. L'autorita' che ha ricevuto
l'istanza di cui all'articolo 1 ne trasmette in ogni caso immediatamente copia
al ministero dell'interno, ed entro trenta giorni dalla presentazione, salvo il
caso previsto dal comma 2, inoltra al ministero stesso la relativa
documentazione con le proprie osservazioni.
2. Nel caso di incompletezza o
irregolarita' della domanda o della relativa documentazione, entro trenta
giorni l'autorita' invita il richiedente ad integrarla e regolarizzarla, dando
le opportune indicazioni ed i termini del procedimento restano interrotti fino
all'adempimento.
3. Una volta che l'interessato
abbia adempiuto a quanto richiesto, l'autorita' procede a norma del comma 1,
seconda parte. qualora l'adempimento risulti insufficiente, o la nuova
documentazione prodotta sia a sua volta irregolare, l'autorita' dichiara
inammissibile l'istanza, con provvedimento motivato, dandone comunicazione
all'interessato ed al ministero.
Articolo 3
Definizione del procedimento
1. Per quanto previsto dagli articoli
2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per la definizione dei
procedimenti di cui al presente regolamento e' di settecentotrenta giorni dalla
data di presentazione della domanda.
Articolo 4
Comunicazioni e notificazioni
1. Ai fini previsti dall'articolo 7
del regolamento emanato con decreto del presidente della repubblica 12 ottobre
1993, n. 572, il decreto del ministro e' immediatamente trasmesso all'autorita'
che ha ricevuto la domanda. quest'ultima ne cura la notifica all'interessato,
entro i successivi quindici giorni.
Articolo 5
Disposizioni sul termine
1. Il ministro dell'interno, entro
quindici giorni dall'entrata in vigore del presente regolamento, provvede alla
modifica del decreto ministeriale 2 febbraio 1993, n. 284, di attuazione degli
articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, indicando i termini previsti
dal presente regolamento. 2. resta salva la facolta' del ministro, ai sensi
dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, di stabilire ulteriori
riduzioni dei termini.
Articolo 6
Verifiche periodiche
1. Il ministro dell'interno
verifica periodicamente la funzionalita', la trasparenza e la speditezza dei
procedimenti disciplinati dal presente regolamento e adotta tutte le misure di
propria competenza per l'adeguamento della relativa disciplina ai principi ed
alle disposizioni delle leggi 7 agosto 1990, n. 241, e 24 dicembre 1993, n.
537, e del presente regolamento.
2. I risultati delle verifiche
svolte e le misure adottate in esito ad esse sono illustrate in un'apposita
relazione che viene inviata, entro il 31 marzo di ogni anno, alla presidenza
del consiglio dei ministri - dipartimento della funzione pubblica.
Articolo 7
Disposizioni transitorie
1. Dalla data di entrata in vigore
del presente regolamento, per i procedimenti gia' in corso, iniziano a
decorrere i termini previsti dal regolamento stesso, purche' piu' favorevoli
per l'interessato rispetto a quelli indicati dalle norme previgenti.
Articolo 8
Norme abrogate
1. Ai sensi dell'articolo 2, comma
8, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, a decorrere dalla data di entrata in
vigore del presente regolamento sono abrogate, limitatamente alle parti
modificate con il presente regolamento, le seguenti norme: l'articolo 7, comma
1, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, e gli articoli 4, 7, 14, commi 1, 2 e 4
del decreto del presidente della repubblica 12 ottobre 1993, n. 572.
Articolo 9
Entrata in vigore
1. Il presente regolamento entra in
vigore centottanta giorni dopo la sua pubblicazione nella gazzetta ufficiale
della repubblica.
* * *
Legge 14
dicembre 2000, n. 379
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 295 del 19 dicembre 2000
Art. 1.
1. La
presente legge si applica alle persone di cui al comma 2, originarie dei
territori che sono appartenuti all’impero austro-ungarico prima del 16 luglio
1920, e ai loro discendenti. I territori di cui al presente comma comprendono:
a) i territori attualmente appartenenti allo
Stato italiano;
b) i territori già italiani ceduti alla
Jugoslavia in forza:
1) del Trattato di pace fra
l’Italia e le Potenze Alleate ed Associate, firmato a Parigi il 10
febbraio 1947 e reso esecutivo in Italia con decreto legislativo del Capo
provvisorio dello Stato 28 novembre 1947, n. 1430;
2) del trattato tra la Repubblica
italiana e la Repubblica socialista federativa di Jugoslavia firmato ad Osimo
il 10 novembre 1975, ratificato e reso esecutivo in Italia ai sensi della legge
14 marzo 1977, n. 73.
2. Alle
persone nate e già residenti nei territori di cui al comma 1 ed emigrate
all’estero, ad esclusione dell’attuale Repubblica austriaca, prima
del 16 luglio 1920, nonchè ai loro discendenti, è riconosciuta la
cittadinanza italiana qualora rendano una dichiarazione in tal senso con le
modalità di cui all’articolo 23 della legge 5 febbraio 1992,
n. 91, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente
legge.
3. È
abrogato l’articolo 18 della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
1. La presente legge entra in
vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale.
* * *
Convenzione sulla Riduzione dei Casi di Cittadinanza Plurima
Gli Stati membri del Governo
d’Europa, firmatari della presente Convenzione:
Considerando che il fine del Consiglio
d’Europa è quello di realizzare una più stretta unione fra
i suoi Membri;
Considerando che il cumulo di
cittadinanza è fonte di difficoltà, e che un’azione comune
al fine di ridurre, per quanto è possibile, nelle relazioni fra Stati
membri, i casi di cittadinanza plurima, risponde ai fini perseguiti dal
Consiglio d’Europa;
Considerando che è
auspicabile che un individuo che possegga la cittadinanza di due o più
Parti Contraenti non abbia a compiere i propri obblighi militari che nei
riguardi di una sola di dette Parti;
Hanno convenuto su quanto segue:
CAPITOLO I
Della
Riduzione dei Casi di Cittadinanza Plurima
1. I cittadini
maggiorenni della Parti Contraenti che acquistano, a seguito di una espressa
manifestazione di volontà, per naturalizzazione, opzione o
reintegrazione, la cittadinanza di un’altra Parte, perdono la loro
cittadinanza precedente: essi non possono essere autorizzati a conservarla.
2. I cittadini minorenni delle
Parti Contraenti che acquistano, nelle stesse condizioni, la cittadinanza di
un’altra Parte, perdono ugualmente la loro cittadinanza precedente se,
qualora la loro legge nazionale preveda la possibilità per i minori di
perdere in simile caso la loro nazionalità, sono stati dovutamente
abilitati o rappresentati; non possono essere autorizzati a conservare la
precedente cittadinanza.
3. Perdono ugualmente la loro
nazionalità precedente i minori, con esclusione di quelli che sono o
sono stati coniugati, che acquistano di pieno diritto la cittadinanza di
un’altra Parte Contraente al momento e per il fatto di naturalizzazione,
di opzione o reintegrazione del loro padre e della loro madre. Allorché
solo il padre o la madre perde la loro precedente cittadinanza, la legge della
Parte Contraente della quale il minore possedeva la cittadinanza
determinerà quello dei suoi genitori di cui seguirà la
condizione; in quest’ultimo caso, essa potrà subordinare la
perdita della cittadinanza col preventivo consenso dell’altro genitore o
di un rappresentante legale per l’acquisizione della nuova cittadinanza.
Tuttavia,
e senza pregiudizio delle disposizioni della legislazione di ognuna delle Parti
Contraenti relativamente al recupero della propria nazionalità, la Parte
di cui i minori previsti al comma precedente possedevano la cittadinanza
avrà facoltà di fissare delle particolari condizioni che
permettano loro, raggiunta la maggiore età, di recuperare detta cittadinanza
a seguito di una espressa manifestazione di volontà.
4.
Per la perdita della cittadinanza prevista al presente articolo la maggiore
età o la minore età, come pure le condizioni di abilitazione e di
rappresentanza, sono determinate dalla legge della Parte Contraente di cui
l’individuo possiede la cittadinanza.
1. Ogni
individuo che possegga la cittadinanza di due o più Parte Contraenti
potrà rinunciare all’una o alle altre cittadinanze, con
l’autorizzazione della Parte Contraente alla cittadinanza della quale
intende rinunciare.
3.
Questa
autorizzazione non sarà rifiutata dalla Parte Contraente di cui il
cittadino maggiorenne possiede di pieno diritto la cittadinanza se questi ha,
oltre o
4.
almeno da
dieci anni, la residenza abituale fuori di detta parte e a condizione che egli
abbia la propria residenza abituale sul territorio della Parte di cui intende
conservare la nazionalità.
L’autorizzazione non sarà
rifiutata dalla Parte Contraente di cui il cittadino minorenne sia in regola
con le condizioni previste al comma precedente, se la propria legge nazionale
permette al minorenne di perdere la sua nazionalità con semplice
dichiarazione e se è stato dovutamente abilitato o rappresentato.
1.
La maggiore
età, la minore età come pure le condizioni di abilitazione e di
rappresentanza sono determinate dalla legge della Parte Contraente alla
cittadinanza della quale l’individuo intende rinunciare.
La
Parte Contraente, alla nazionalità del quale l’individuo desidera
rinunciare, non percepirà, in questa occasione, alcun diritto o tassa
speciale.
Le
disposizioni della presente Convenzione non si oppongono all’applicazione
delle disposizioni più favorevoli alla riduzione di casi di cittadinanza
plurima, contenute o che saranno introdotte ulteriormente sia nella
legislazione nazionale di ogni Parte Contraente, sia in ogni altro trattato,
convenzione o accordo fra due o più Parti Contraenti.
Degli Obblighi Militari in Caso di Cittadinanza Plurima
1. Ogni individuo che possiede la
cittadinanza di due o più Parti Contraenti non è tenuto a
soddisfare i propri obblighi militari che nei riguardi di una sola di dette
Parti.
2.
Accordi speciali fra le Parti Contraenti interessate potranno determinare le
modalità di applicazione della disposizione prevista al paragrafo 1.
In
mancanza di accordi speciali conclusi o da concludersi, le disposizioni
seguenti sono applicabili all’individuo in possesso della cittadinanza di
due o di più Parti Contraenti:
1. L’individuo sarà
sottoposto agli obblighi militari della Parte sul territorio della quale egli
risiede abitualmente. Ciononostante, detto individuo avrà
facoltà, fino a 19 anni, di sottoporsi agli obblighi militari in una
qualunque delle Parti di cui possiede ugualmente la cittadinanza sotto forma di
arruolamento volontario per una durata totale ed effettiva almeno uguale a
quella del servizio militare attivo nell’altra Parte.
2. L’individuo che ha la
propria abituale residenza sul territorio di una Parte Contraente di cui non
è cittadino o di uno Stato non contraente, avrà la facoltà
di scegliere fra le Parti Contraenti di cui possiede la nazionalità
quella nella quale desidera compiere i propri obblighi militari.
3. L’individuo che, conformemente
alle disposizioni previste ai paragrafi 1 o 2, avrà soddisfatto i propri
obblighi militari nei riguardi di una Parte Contraente, nelle condizioni
previste dalla legislazione di detta Parte, sarà considerato come avente
soddisfatto agli obblighi militari nei riguardi della o delle Parti di cui egli
è ugualmente cittadino.
4. L’individuo che,
anteriormente all’entrata in vigore della presente Convenzione fra le
Parti Contraenti di cui possiede la cittadinanza, ha soddisfatto in una
qualunque di dette Parti gli obblighi militari previsti dalla legislazione di
quest’ultima, sarà considerato come avente soddisfatto quegli
stessi obblighi nella o nelle Parti di cui è ugualmente cittadino.
5. Quando
l’individuo abbia soddisfatto i propri obblighi militari effettivi
nell’una delle Parti Contraenti di cui possiede la cittadinanza, in
conformità del paragrafo 1, e trasferisca ulteriormente la propria
residenza abituale sul territorio dell’altra Parte di cui possiede la
cittadinanza, non potrà essere sottoposto, se necessario, agli obblighi
militari di riserva che in quest’ultima Parte.
6.
L’applicazione delle disposizioni del presente articolo non pregiudicano
in nulla la nazionalità degli individui.
7. In caso di mobilitazione
in una delle Parti Contraenti, gli obblighi derivanti dalle disposizioni del
presente articolo non sono applicabili per quanto concerne questa Parte.
CAPITOLO III
Applicazione della Convenzione
1. Ognuna delle
Parti Contraenti applica le disposizioni dei capitoli 1° e 2°.
Tuttavia,
ognuna delle Parti Contraenti può, al momento della firma, o al momento
del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione o di adesione,
dichiarare che Essa non applicherà che le disposizioni del capitolo II.
In tale caso, le disposizioni del capitolo I non sono applicabili nei riguardi
di questa Parte.
Essa
potrà ulteriormente, in ogni momento, notificare al Segretario Generale
del Consiglio d’Europa che Essa applica anche le disposizioni del
capitolo I. Detta notifica avrà effetto dalla data di ricezione e le
disposizioni del capitolo I diverranno da quel momento applicabili nei riguardi
di questa Parte.
2. Ognuna delle
Parti Contraenti che applica le disposizioni del paragrafo 1°, comma primo,
del presente articolo può, al momento della firma, o al momento del
deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione o di adesione,
dichiarare che Essa non applicherà le disposizioni del capitolo II che
nei riguardi delle Parti Contraenti che applicano le disposizioni dei capitoli
I e II. In questi casi, le disposizioni del capitolo II non sono applicabili
fra la Parte che fa una tale dichiarazione e la Parte che applica le
disposizioni del secondo comma del paragrafo 1.
CAPITOLO
IV
Clausole Finali
Articolo
8
1. Ognuna delle
Parti Contraenti può, al momento della firma della presente Convenzione
o al momento del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione o
di adesione, dichiarare di formulare una o più riserve contenute
nell’annesso alla presente Convenzione. Nessuna altra riserva può
essere ammessa.
2. Ciascuna
delle Parti Contraenti può ritirare in tutto o in parte una riserva da
Essa formulata in virtù del paragrafo precedente a mezzo di una notifica
indirizzata al Segretariato Generale del Consiglio d’Europa, la quale
avrà effetto alla data della ricezione.
3. Una parte Contraente che, in
virtù del presente articolo, ha formulato una riserva nei riguardi di
una disposizione della Convenzione, non può pretendere
l’applicazione di detta disposizione da parte di un’altra Parte.
Essa può tuttavia, se la riserva è parziale o condizionale,
pretendere l’applicazione di detta disposizione nella misura in cui Essa
l’accetta.
Articolo
9
1. Ogni Parte
Contraente potrà, a mezzo di dichiarazione fatta al Segretariato
Generale del Consiglio d’Europa al momento della firma e del deposito del
proprio strumento di ratifica, di accettazione o di adesione, o in ogni altro
momento in seguito, per quanto concerne gli Stati e territori di cui essa
assume la responsabilità internazionale o per i quali è abilitata
a stipulare, definire il termine “cittadino” e determinare i
“territori” ai quali la presente Convenzione sarà applicabile.
2. Ogni dichiarazione in
virtù del presente articolo potrà essere ritirata, per quanto
concerne i cittadini e territori designati in detta dichiarazione, alle
condizioni previste dall’art.12 della presente Convenzione.
1. La presente Convezione è aperta alla firma dei Membri
del Consiglio d’Europa. Essa sarà ratificata o accettata. Gli
strumenti di ratifica o di accettazione saranno depositati presso il
Segretariato Generale del Consiglio d’Europa.
2. La presente
Convezione entrerà in vigore un mese dopo la data di deposito del secondo
strumento di ratifica o di accettazione.
3. Nei riguardi
di ogni firmatario che la ratificherà o la accetterà
ulteriormente, la Convenzione entrerà in vigore un mese dopo la data di
deposito del proprio strumento di ratifica o di accettazione.
Articolo
11
1.
Dopo
l’entrata in vigore della presente Convenzione, il Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa potrà decidere all’unanimità,
di invitare ogni Stato non membro del Consiglio ad aderire ad essa. Ogni Stato
che abbi ricevuto detto invito potrà aderire alla Convenzione
depositando il proprio strumento di adesione presso il Segretariato Generale
del Consiglio d’Europa.
2.
Per ogni Stato aderente, la Convenzione
entrerà in vigore un mese dopo la data di deposito del proprio strumento
di adesione.
1. La presente Convenzione
rimarrà in vigore senza limitazione di durata.
2. Ogni Parte
Contraente potrà, per quanto concerne, denunciare la presente
Convenzione indirizzandone notifica al Segretariato Generale del Consiglio
d’Europa.
3. La denuncia
avrà effetto un anno dopo la data della ricezione della notifica da
parte del Segretariato Generale.
Il
Segretariato Generale del Consiglio d’Europa notificherà agli
Stati membri del Consiglio e al Governo di ogni Stato aderente alla presente
Convenzione:
a)
ogni firma e
deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione o di adesione;
b)
ogni data di
entrata in vigore della presente Convenzione conformemente agli articoli 10 e
11;
c)
ogni riserva
formulata in applicazione del paragrafo 1 dell’articolo 8;
d)
il ritiro di
ogni riserva effettuato in applicazione delle disposizioni del paragrafo 2
dell’articolo 8;
e)
ogni
dichiarazione e ogni notifica ricevuta in applicazione delle disposizioni
dell’articolo 7 e del paragrafo 1 dell’articolo 9;
f)
ogni notifica
ricevuta in applicazione delle disposizioni del paragrafo 2 dell’articolo
9 e delle disposizioni dell’articolo 12, nonché la data nella
quale la denuncia avrà effetto.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti, debitamente
autorizzati a questo effetto, hanno sottoscritto la presente Convenzione.
FATTO
a Strasburgo, il 6 maggio 1963, in francese e in inglese, facendo i due
testi ugualmente fede, in un solo esemplare che sarà depositato negli
archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretariato Generale ne comunicherà
copia conforme autenticata a ciascuno dei Governi firmatari e aderenti.
Per il Governo della Repubblica
d’Austria: Kreisky
Per il Governo del Regno Belga:
Per il Governo della Repubblica di Cipro:
Per il Governo del Regno di Danimarca:
Per il Governo della Repubblica francese:
Il Governo della Repubblica francese
dichiara di valersi della riserva prevista al punto 2 dell’Annesso alla
Convenzione: Michel Habib-Deloncle.
Per il Governo della Repubblica Federale
Tedesca:
E’ considerato come cittadino della
Repubblica Federale di Germania, in applicazione della Convenzione sulla
riduzione dei casi di cittadinanza plurima e sugli obblighi militari in caso di
cittadinanza plurima, ogni persona che è tedesca nel senso
dell’articolo 116 della Legge Fondamentale della Repubblica di Germania:
Carstens
Per il Governo del Regno di Grecia:
Per il Governo della Repubblica
d’Islanda:
Per il Governo d’Irlanda:
Per il Governo della Repubblica italiana:
Edoardo Martino
Per il Governo del Granducato di Lussemburgo:
Per il Governo d’Olanda: H.R. van
Houten
Per il Governo del Regno di Norvegia:
Harvard Lange
Per il Governo del Regno di Svezia:
Per il Governo del Repubblica Turca:
Per il Governo del Regno Unito di Gran
Bretagna e d’Irlanda del Nord: Edward Heath.
Annesso
Ognuna
delle Parti Contraenti può dichiarare che Essa si riserva:
1.
Di subordinare la perdita della sua
cittadinanza ai paragrafi 1, 2 e 3 dell’articolo 1 a condizione che la
persona interessata risieda abitualmente o fissi la sua residenza abituale in
qualunque momento al di fuori del suo territorio, a meno che, trattandosi di
una acquisizione per espressa manifestazione di volontà, la stessa
persona sia dispensata dalla autorità competente dalla condizione di
risiedere abitualmente all’estero.
2.
Di non considerare come
un’opzione, ai sensi dell’articolo 1, la dichiarazione sottoscritta
dalla moglie in vista di acquisire la nazionalità del marito al momento
e per effetto del matrimonio.
3.
Di permettere all’uno dei
cittadini di conservare la propria nazionalità precedente se la Parte
Contraente di cui chiede di acquisire la cittadinanza, a termini
dell’articolo 1, vi consenta preventivamente.
4.
Di non applicare le disposizioni degli articoli
1 e 2 della presente Convenzione quando la moglie di uno dei suoi cittadini ha
acquisito una nuova cittadinanza per tutto il tempo in cui il proprio marito
conservi la cittadinanza di detta Parte.
(TRADUZIONE
NON UFFICIALE)
SECONDO PROTOCOLLO DI EMENDAMENTO DELLA
CONVENZIONE SULLA RIDUZIONE DEI CASI DI NAZIONALITÀ MOLTEPLICI E SUGLI
OBBLIGHI MILITARI IN CASO DI NAZIONALITÀ MOLTEPLICI, RATIFICATO CON
LEGGE 14 DICEMBRE 1994, N.703.
Gli
Stati membri del Consiglio d’Europa, firmatari del presente Protocollo,
Avendo
ritenuto necessario di modificare il capitolo 1 della Convenzione sulla
riduzione dei casi di molteplicità di nazionalità, e sugli
obblighi militari in caso di molteplicità di nazionalità, firmata
a Strasburgo. Il 6 maggio 1963, di seguito denominata “la
Convenzione”;
Considerato
il numero importante di migranti insediati in maniera permanente negli Stati
membri del Consiglio d’Europa e la necessità di portare a termine
la loro integrazione, in particolare quella dei migranti della seconda
generazione, nello Stato di accoglienza mediante l’acquisizione della
nazionalità di tale Stato;
In
considerazione del numero importante di matrimoni misti negli Stati membri e
della necessità di facilitare l’acquisizione da parte di uno dei
coniugi; della nazionalità dell’altro coniuge, come pure
l’acquisizione da parte dei figli, della nazionalità di entrambi i
genitori, al fine di promuovere una univocità di nazionalità in
seno alla stessa famiglia;
Considerando
che la conservazione della nazionalità d’origine è un
fattore importante per la realizzazione di tali obiettivi e tenendo conto delle
Risoluzioni (77) 12 e 13 del Consiglio d’Europa relative alla
nazionalità dei coniugi di nazionalità diverse ed alla
nazionalità dei figli nati in costanza di matrimonio, nonché
dell’evoluzione delle legislazioni nazionali degli Stati membri in
materia,
Hanno convenuto quanto segue:
Articolo 1
All’articolo 1 della Convenzione sono
aggiunti tre paragrafi formulati come segue:
“5.
Nonostante le disposizioni del paragrafo 1 e qualora applicabile, del paragrafo
2 di cui sopra, quando un cittadino di una Parte contraente acquisisce la
nazionalità di un’altra Parte contraente sul di cui territorio
è nato e risiede, oppure vi ha risieduto abitualmente per un periodo
avente inizio prima dell’età di 18 anni, ciascuna di queste Parti
può disporre che conservi la sua nazionalità d’origine.
6. Nonostante le disposizioni del paragrafo
1 e qualora applicabili, dei paragrafi 2 e 5 di cui sopra, in caso di
matrimonio tra cittadini di Parti contraenti diverse, ciascuna di tale Parti
può disporre che il coniuge che acquisisce di sua libera volontà
la nazionalità dell’altro coniuge, conservi la sua
nazionalità d’origine.
7. Nonostante le disposizioni del paragrafo
2 di cui sopra qualora applicabile, se un cittadino minorenne di una Parte
contraente i cui genitori sono cittadini di Parti contraenti diverse,
acquisisce la nazionalità di uno dei suoi genitori, ciascuna di tali
Parti può disporre che conservi la sua nazionalità
d’origine”.
Articolo 2
Le
dichiarazioni dell’Articolo 4 della Convenzione non si applicheranno a
questioni previste dal presente Protocollo.
Articolo 3
1. Nelle relazioni tra gli Stati Parti alla
presente Convenzione che applicano le disposizioni del Capitolo I di tale
Convenzione e che sono altresì Parti al presente Protocollo, sarà
applicabile il Capitolo I della Convenzione:
a. come modificato dal presente Protocollo;
oppure
b. qualora gli Stati interessati siano
anche parti al Protocollo del 24 Novembre 1977 di emendamento della
Convenzione, come modificati da detto Protocollo e dal presente Protocollo:
2. Nelle relazioni tra gli Stati Parti alla
Convenzione che applicano le disposizioni del Capitolo I di detta Convenzione,
le Parti al presente Protocollo, e gli Stati Parti alla Convenzione che
applicano le disposizioni del Capitolo I di quest’ultima senza essere
Parti al presente Protocollo, sarà applicabile il Capitolo I della
Convenzione:
a) nel suo contenuto originale; oppure
b) qualora gli Stati interessati siano
anche Parti al Protocollo del 24 novembre 1977 recante emendamento alla
Convenzione, nel suo contenuto modificato da detto Protocollo.
Articolo 4
1. Il presente Protocollo sarà
aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa firmatari
della presente Convenzione, che possono esprimere il loro consenso ad essere
vincolati da:
a. firma senza riserva di ratifica, di
accettazione o di approvazione;
b. firma sotto riserva di ratifica, di
accettazione o di approvazione, seguita da ratifica, da accettazione o da
approvazione.
2. Uno Stato membro del Consiglio
d’Europa non può firmare senza riserva di ratifica, di
accettazione o di approvazione, oppure depositare uno strumento di ratifica, di
accettazione o di approvazione, se non è già o se non diviene
contestualmente uno Stato contraente alla Convenzione, ed a patto che applichi
le disposizioni del Capitolo I della Convenzione.
3. Gli strumenti di ratifica, di
accettazione o di approvazione saranno depositati presso il Segretario Generale
del Consiglio d’Europa.
Articolo 5
1. Il presente Protocollo entrerà in
vigore un mese dopo la data alla quale due Stati membri del Consiglio
d’Europa, Stati contraenti alla presente Convenzione, hanno espresso il
loro consenso ad essere vincolati dal presente Protocollo in conformità
con le disposizioni dell’Articolo 4.
2. Per quanto concerne ogni altro Stato
membro che successivamente esprime il suo consenso ad essere vincolato dal
Protocollo, tale Protocollo entrerà in vigore un mese dopo la data della
firma del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di
approvazione.
Articolo 6
1. Dopo l’entrata in vigore del
presente Protocollo, ogni Stato che avrà aderito alla Convenzione,
potrà aderire al presente Protocollo a condizione di avere accettato le
disposizioni del Capitolo I della Convenzione.
2. Ogni Stato non membro del Consiglio
d’Europa invitato ad aderire alla Convenzione sarà considerato
come invitato ad aderire al presente Protocollo, a condizione di avere
accettato disposizioni del Capitolo 1 di quest’ultima.
3. Per ogni Stato aderente, il presente
Protocollo entrerà in vigore un mese dopo la data di deposito dello
strumento di adesione presso il Segretario Generale del Consiglio
d’Europa.
Articolo 7
1. Ciascuna Parte può, in ogni
momento, denunciare il presente Protocollo indirizzando una notifica al
Segretario Generale del Consiglio d’Europa.
2. La denuncia avrà effetto un anno
dopo la data alla quale sarà stata ricevuta la notifica da parte del
Segretario Generale.
3. La denuncia della Convenzione comporta
di diritto quella del presente Protocollo.
Articolo 8
Nessuna
riserva è ammessa alle disposizioni del presente Protocollo.
Articolo 9
Il
Segretario Generale del Consiglio d’Europa notificherà agli Stati
membri del Consiglio d’Europa ed al Governo di ogni Stato avente aderito
o essendo stato invitato ad aderire alla Convenzione:
c. ogni firma del presente Protocollo;
d. il deposito di ogni strumento di
ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione;
e. ogni data di entrata in vigore del
presente Protocollo in conformità con i suoi articoli 5 e 6;
f. ogni notifica ricevuta in attuazione
delle disposizioni dell’articolo 7 e la data alla quale la denuncia ha
effetto.
In
fede di che, i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno firmato
il presente Protocollo.
Fatto
a Strasburgo, il 2 febbraio 1993, in francese ed in inglese, i due testi
facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli
Archivi del Consiglio d’Europa. Il Segretario Generale del Consiglio
d’Europa ne comunicherà copia certificata conforme a ciascuno
degli Stati membri del Consiglio d’Europa e ad ogni Stato invitato ad
aderire al presente Protocollo.
(seguono firme)
(traduzione non ufficiale)
______________________________
F. Degni “Della Cittadinanza”- Napoli E. Marghieri – Torino Unione
Tip.-Editrice Torinese – 1921
A.N.U.S.C.A. – M. Lepri Gallerano “La nuova legge sulla
cittadinanza italiana – Commento alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, al
D.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572 e al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 362” – Maggioli Editore – 1994
P. Guglielman – G. Zampaglione “La Cittadinanza –
Commento teorico pratico alla normativa vigente – Testi –
Formulario” – Casa
Ed. Stamperia Nazionale – Roma – 1995.
Caritas di Roma – Forum per l’Intercultura “Migrazioni,
Paesi e Culture – Esperienze Europee a confronto” – Sinnos Editrice - 1998
______________________________
commento alla normativa ………………………………………. ” 5
l’acquisto della cittadinanza .................................. ” 13
1.
per nascita ....................................................... ” 13
2.
per riconoscimento o dichiarazione giudiziale della filiazione ............................................................. ” 25
circolare n. k.60.1/86 del 7.11.1996 “procedimenti
di concessione della cittadinanza italiana
d.p.r. 18 aprile 1994, n. 362, concernente
il regolamento recante disciplina dei
procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana.
competenze delle autorità riceventi le istanze” .......... ” 148
circolare n. k.69/89 del 18.2.1997
legge 5.2.1992, n. 91 – “ norme in materia di
residenza
legale nello stato italiano per il cittadino straniero”
” 158
______________________________
A cura
di Giuseppina Buono, in servizio presso l’Ufficio
Cittadinanza
della Direzione Centrale per i Diritti Civili,
la
Cittadinanza e le Minoranze