EMIGRAZIONE NOTIZIE N.9 ñ 12 MARZO
2003
IMMIGRATI: INCONTRO CGIL-CISL-UIL E GOVERNO
SULLE REGOLARIZZAZIONI
IMMIGRAZIONE ñ CALVISI (DS): ìDATI BERLUSCONI
MISTIFICANO LA REALTAíî
IMMIGRAZIONE - UN GIUDICE DI PADOVA: ìLA
BOSSI-FINI Ë INCOSTITUZIONALEî
ROMA: PRIMO CONVEGNO INTERNAZIONALE DEGLI
SCIENZIATI ITALIANI ALLíESTERO
ADRIANO BENEDETTI NUOVO DIRETTORE GENERALE
DELLA DGIEPM DELLA FARNESINA
UN MINISTRO DI ORIGINE MANTOVANA NEL GOVERNO
DI LULA
PROFICUO INCONTRO ABM- SINDACO DI BELLUNO
LA VISITA IN TOSCANA DI 150 STUDENTI
ARGENTINI
ROMA, 8-10 APRILE: ASSEMBLEA PLENARIA DEL
CGIE
BOLOGNA: UNA MOSTRA PER CONOSCERE I RAZZISMI
ABM: RINNOVATO E POTENZIATO IL SITO INTERNET
DISPENSA DAL SERVIZIO DI LEVA ANCHE PER I
GIOVANI ITALIANI DI VENEZUELA, BRASILE E URUGUAY
TRIESTE: IN ARRIVO MIGLIAIA DI CURDI IN FUGA
ìSICILIA MONDOî INDICE IL ìIV PREMIO
LETTERARIO GIOVANILE SICILIA MONDOî
CONTRO IL DISORDINE IMPERIALE, UN ORDINE
PUBBLICO DEMOCRATICO E UNIVERSALE
IMMIGRATI: INCONTRO CGIL-CISL-UIL E
GOVERNO SULLE REGOLARIZZAZIONI
Il 26 febbraio scorso cíË stato un incontro tra Cgil
Cisl e Uil e il sottosegretario allíInterno, Alfredo Mantovano, per monitorare
la situazione della regolarizzazione dei lavoratori immigrati. Allíordine del
giorno dellíincontro cíerano vari punti, di cui i tre pi˜ importanti erano
stati riassunti in un promemoria da parte dei sindacati: a) lo stato delle
pratiche di regolarizzazione; b) la possibilitý di uscire dallíItalia per chi Ë
in attesa del permesso; c) i casi di chi cambia lavoro prima dellíesame della
sua pratica.
Nel promemoria i sindacati ricordavano che: a) la
lentezza dei procedimenti di regolarizzazione Ë un dato di fatto, malgrado le
molte assicurazioni istituzionali: nelle Province con oltre 10.000 domande
vanno rafforzati gli uffici con adeguato personale, avviando una metodologia
che permetta di accantonare (senza respingere) le pratiche che pongono particolari problemi tecnici,
rendendo pi˜ spedita la procedura per la grande maggioranza delle richieste; le
domande accantonate vanno poi riesaminate; b) visto líallungamento dei tempi di
smaltimento delle pratiche, va studiata una forma tesa a garantire il ritorno
in patria di chi Ë in attesa di permesso di soggiorno, specie di fronte a casi
gravi. La proposta di Cgil-Cisl-Uil Ë un permesso di soggiorno di breve durata
capace di dare risposta a problemi di sicurezza, ma di rispondere anche ai
diritti della persona; c) nei casi di cessazione di attivitý dellíazienda,
licenziamento, dimissioni, in cui líimmigrato si presenta con un nuovo datore
di lavoro, si Ë proposto che da parte ministeriale venga un chiaro orientamento
alle prefetture, appoggiando quelle che giý Accettano la sostituzione del
datore di lavoro. Si tratta di aumentare, inoltre, la durata di sei mesi (giý
prevista in caso di morte del datore di lavoro), estendendola per gli altri
casi ad un anno.
Sul primo punto, Mantovano ha detto che la gara per
líassunzione di 1.250 lavoratori interinali (900 circa sono di competenza del
ministero degli Interni, mentre 350 vanno al Welfare) Ë giý stata assegnata e
che in pochi giorni il personale entrerý in funzione nelle varie aeree
nazionali, scelte con criteri che tengono conto della quantitý di pratiche
presentate e delle difficoltý incontrate dalle strutture locali. Dal punto di
vista organizzativo-logistico ci sono stati problemi iniziali ora in via di
superamento. In generale, comunque, ha assicurato che la macchina organizzativa
ìha ingranatoî. Mantovano ha citato alcuni dati: dallí11 novembre al 7 febbraio
sono arrivate alle prefetture dalle poste circa 140.000 pratiche, mentre negli
ultimi venti giorni ne sono arrivate oltre 52.000, a dimostrazione che le cose
andrebbero meglio.
Presso il ministero Ë stato istituito un tavolo di
monitoraggio settimanale composto da esperti del ministero dellíInterno, del
Lavoro, dellíInps, delle Poste e dei Prefetti a turno da tutto il territorio
nazionale. Líobiettivo Ë monitorare líandamento della sanatoria e correggere
gli errori in corso díopera. Quando perÚ i sindacati hanno chiesto dati certi
sullíandamento nazionale della regolarizzazione, non sono venuti numeri.
Apparentemente i dati in possesso centralmente non sono del tutto affidabili.
Sulla richiesta di permettere il rientro in patria di
regolarizzandi, la risposta Ë stata di fatto negativa, tranne una generica
disponibilitý a sensibilizzare Questure e Prefetture sui casi umani pi˜ gravi.
Secondo il ministero dellíInterno, la proposta sindacale di permesso
provvisorio potrebbe tradursi in una richiesta massiva di permessi per uscire,
che finirebbe per ritardare i tempi della sanatoria. Eí stato fatto notare come
il non permettere líuscita delle persone per periodi lunghi, in contrasto tra
líaltro con i tempi previsti dalla legge per la regolarizzazione, sia una
palese violazione dei diritti della persona, in contrasto con la normativa
europea e con i trattati internazionali. Il ministero Ë convinto che il
problema diminuirý sensibilmente in pochi mesi e che il prossimo Natale sarý
residuale il numero di persone non ancora regolarizzate che chiedono di uscire.
Il sindacato su questo punto si riserva di valutare líopportunitý di azioni
legali pilota anche in sede comunitaria.
Sui casi di licenziamento, dimissioni, cessazione
dellíattivitý aziendale, il sottosegretario Mantovano ha convenuto con le
argomentazioni del sindacato a favore delle dimissioni del lavoratore con líinstaurazione
di un nuovo rapporto di lavoro. Ci sono comunque problemi che impediscono di
fatto una disposizione formale da parte del ministero dellíInterno: a) la
competenza del tema Ë del ministero del Welfare che non si Ë ancora formalmente
espresso; b) il subentro di altro datore di lavoro, sia pur facilitato nei
fatti dalle prefetture, Ë teoricamente messo in discussione dalla non
regolaritý dellíimmigrato, il che
potrebbe comportare la contestazione in sede giudiziaria dellíassunzione e
regolarizzazione. In pratica, pur favorendo a livello locale le soluzioni
basate sul buon senso, il ministero dellíInterno non farý alcuna circolare in
materia, almeno fino a che il Welfare non si sarý espresso nel merito. Nel
frattempo perÚ Inps e Inail stanno accettando contributi dai nuovi datori di
lavoro.
ìIl tavolo del ministro dellíInterno Ë senzíaltro una
sede importante e positiva di confronto e di monitoraggio ñ osservano Cgil Cisl
Uil in una nota -, ma non puÚ essere esaustivo rispetto a tutti i nodi da noi
sollevati. Occorre, quindi, tenere alta la nostra iniziativa nei territori dove
la campagna di mobilitazione che abbiamo svolto ha avuto una funzione
importante per rimuovere pigrizie, inefficienze e pregiudizi burocratici.
Occorre continuare per generalizzare le intese fra Prefetture e Inps che
consentono il subentro di un nuovo datore di lavoro anche nel caso di
dimissioni. Occorre intensificare la nostra iniziativa nei confronti del
ministero del Lavoro che rimane il punto pi˜ arretrato e díimpasse per una
corretta gestione di tutta la materia sia in riferimento alla regolarizzazione,
sia per quanto attiene alla programmazione dei flussi che della predisposizione
dei regolamenti attuativi della Bossi-Finiî.
IMMIGRAZIONE ñ CALVISI (DS): ìDATI
BERLUSCONI MISTIFICANO LA REALTAíî
ìI dati sulle espulsioni forniti dal Presidente del
Consiglio sono, come gli capita spesso di fare in altre circostanze, un mix di
propaganda e di mistificazione. Non manca qualche omissione e qualche piccola
bugia che contribuisce a distorcere la realtý delle coseî. Lo ha dichiarato
Giulio Calvisi, responsabile Immigrazione Ds.
ìLíintento del Presidente del Consiglio ñ continua
Calvisi ñ Ë chiaro: vuole far credere agli italiani che le frontiere del nostro
paese durante il governo di centrosinistra e prima del suo avvento fossero un
colabrodo e che adesso, al contrario, líimmigrazione clandestina Ë finalmente
sotto controllo. Niente di pi˜ falso, naturalmente. Nei dati citati da
Berlusconi mancano infatti molte cose. Berlusconi dice che nel 2002 sono stati
eseguiti 88.501 provvedimenti di allontanamento effettivo dal territorio
nazionale. Non dice perÚ che nel í99 era 72.500 e nel 2001 75.000. Non dice poi
che la percentuale tra le persone espulse e quelle effettivamente allontanate Ë
rimasta grosso modo sempre intorno al 50-60%, cioË la stessa registratasi
durante i governi di centrosinistra. Anzi, se proprio vogliamo essere pignoli,
vi Ë stato un leggero decremento durante il 2002. Se si considera infatti che
circa 62.500 persone espulse mediante intimazione non hanno lasciato il
territorio nazionale e si confronta questo dato con quello degli anni
precedenti (le persone in questa situazione erano 40.000 nel í98, 64.000 nel
í99, 58.000 nel 2001) il calcolo Ë presto fattoî.
ìInoltre Berlusconi dice che nel 2002 i trasportatori
arrestati sono stati 277. Pi˜ 38% rispetto al 2001. Forse Ë vero se si
considera che in quellíanno i trasportatori arrestati furono 193; sicuramente
non Ë vero rispetto agli altri anni. Infatti nel 2000 gli arrestati furono 269
e nel í99 furono addirittura di pi˜, 350 per líesattezza. Anche per i mezzi
sequestrati adibiti al trasporto clandestino degli immigrati non vediamo tutto
questo grande incremento: 305 nel 2002 contro i 241 del í99 per citare ancora
una volta un anno in cui governava il centrosinistraî.
ìMa vi Ë una veritý di fondo che Berlusconi non dice,
ed Ë la veritý che parla pi˜ di tutte le cifre: líimmigrazione clandestina, la
pressione irregolare alle nostre frontiere Ë cresciuta, e di molto, in questi ultimi
due anni. Crescendo la pressione irregolare, in conseguenza del blocco dei
flussi di ingresso regolare e della rinuncia per lungo tempo attuata da questo
governo alla stipula di accordi bilaterali con altri paesi ñ Ë chiaro che puÚ
anche crescere il numero delle espulsioni, ma di fatto la nostra politica
sullíimmigrazione risulta peggiorata nel suo complesso. Il problema ñ conclude
Calvisi ñ non Ë solo fare pi˜ espulsioni, ma Ë evitare che qui vengano gli
irregolari.î
IMMIGRAZIONE - UN GIUDICE DI PADOVA:
ìLA BOSSI-FINI Ë INCOSTITUZIONALEî
Il giudice monocratico Sonia Bello di Padova, ha
imposto un clamoroso ìstopî allíapplicazione della legge Bossi-Fini,
allineandosi ad altri giudici della penisola che hanno come lei trasmesso gli
atti alla Corte costituzionale. Sonia Bello non ha giudicato i due immigrati
clandestini, che erano stati accompagnati davanti a lei per la convalida
dellíarresto e il conseguente processo per direttissima. Come prassi
consolidata.
Il reato di ingresso clandestino in Italia prevede,
infatti, líarresto da sei mesi ad un anno, líimmediata scarcerazione dopo il
processo e líespulsione dellíimmigrato. O, in alternativa, líaccompagnamento in
un Centro di permanenza temporaneo. Se verrý nuovamente trovato in Italia
scatterý nei suoi confronti un altro provvedimento restrittivo, con una
condanna pi˜ pesante. I primi malumori sullíapplicazione della legge sono
subito venuti alla luce, proprio nei tribunali, dove non passa giorno che non
sia in calendario una direttissima per questo reato. Con líextracomunitario
che, dopo la condanna a qualche mese di reclusione, torna libero in quanto non
Ë sempre possibile procedere al suo immediato rimpatrio.
Ai primi di marzo, un marocchino, arrestato a Padova
dalla polizia municipale in Via Locatelli, e un algerino preso dalla polizia al
Portello, sono comparsi davanti al giudice monocratico, accompagnati dal pm
Paolo Luca, che chiedeva la convalida degli arresti per violazione dellíordine
del questore. Proprio in questa fase Ë stata sollevata la questione di
illegittimitý costituzionale della norma sancita dallíarticolo 14 del Testo
unico sullíimmigrazione. E il giudizio Ë stato sospeso in attesa del
pronunciamento della Corte Costituzionale. In questo periodo, paradossalmente,
i due extracomunitari godranno di una sorta di impunitý, nel senso che non
potranno essere espulsi, in quanto mancherebbe il nullaosta del giudice Bello,
che ha rimesso gli atti processuali alla suprema corte motivando la decisione
con il fatto che la normativa Ë in aperto contrasto con cinque articoli della
Costituzione. Innanzitutto gli articoli 2 e 3, che tutelano líadempimento dei
doveri inderogabili di solidarietý politica, economica e sociale. Ritiene,
infatti, che il reato, di mera natura contravvenzionale, vada esclusivamente a
colpire lo straniero irregolare, dando vita ad un quadro repressivo che non si
concilia con i principi della solidarietý. Verrebbe poi violato líarticolo 13,
che tutela la libertý personale, in quanto la normativa non rientrerebbe in
quei casi eccezionali di urgenza e necessitý che impongono líarresto in
flagranza, ai quali soltanto Ë subordinata la limitazione della libertý
personale dellíindividuo. Il giudice sostiene infine che siano violati anche
gli articoli 97 e 111, che riguardano líorganizzazione della pubblica
amministrazione e líordinamento della magistratura, affermando che líarresto
obbligatorio, con conseguente giudizio per direttissima entro 48 ore, produce
conseguenze drammatiche sul regolare funzionamento degli uffici giudiziari. I giudici,
infatti, sarebbero costretti a restare in udienza a ritmo continuo, con
conseguente inevitabile rallentamento della trattazione dei processi ordinari.
ROMA: PRIMO CONVEGNO INTERNAZIONALE
DEGLI SCIENZIATI ITALIANI ALLíESTERO
Oltre cento scienziati italiani provenienti da ogni
parte del pianeta e numerosi Premi Nobel saranno ospiti, dal 10 al 12 marzo,
del Ministro per gli Italiano nel Mondo, On. Mirko Tremaglia, in occasione del
ìPrimo Convegno Internazionale degli Scienziati Italiani allíesteroî che si
svolgerý nelle prime due giornate presso la Sala Convegni del Consiglio
Nazionale delle Ricerche, con tavola rotonda finale nella Sala Conferenze
Internazionali della Farnesina.
Duplice líobiettivo dellíiniziativa, organizzata in
collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e díintesa con il Ministero
dellíIstruzione, dellíUniversitý e della Ricerca (MIUR) e il Ministero della
Salute: da un lato rendere il dovuto omaggio a una categoria di italiani
eccellenti che continua a dare lustro, nei settori pi˜ diversi, al nostro
Paese; dallíaltro, gettare le basi di un nuovo rapporto tra gli scienziati
allíestero ed i loro colleghi in Italia.
Il convegno si svolge sotto líAlto Patronato del
Presidente della Repubblica e una delegazione di partecipanti sarý ricevuta dal
Capo dello Stato al Quirinale.
ìHo voluto fortemente questo convegno ñ spiega il
Ministro Tremaglia ñ per far capire che non abbiamo regalato al mondo solo
braccia, volontý e spirito di sacrificio, ma anche cervelli. ìCervelliî che
hanno contribuito alla crescita dei Paesi ospitanti e recato prestigio e
credibilitý al nostroî.
Dopo la storica approvazione della legge sul voto, che
ha aperto per i connazionali lontani la ìstagione dei dirittiî e li ha inseriti
a pieno titolo nel Sistema Italia, il convegno rappresenta una prima tappa per
la diffusione della conoscenza di quanto di grandioso e irripetibile gli
emigrati hanno realizzato ovunque.
ìHo spesso affermato ñ sottolinea Tremaglia ñ che,
quando líItalia ufficiale e politica conoscerý le enormi potenzialitý
dellíAltra Italia, ne scaturirý una spinta irrefrenabile per stringere rapporti
e legami. Sono certo che anche questo convegno farý nascere intese, sinergie, e
contatti importantissimiî.
Il Convegno degli scienziati Ë il primo di una lunga
serie di appuntamenti che, di volta in volta, saranno dedicati a un particolare
settore dellíAltra Italia (imprenditori, ristoratori, giornalisti, missionari,
ecc.). ìAbbiamo voluto cominciare dai ricercatori ñ conclude il Ministro ñ
perchÈ sono spesso protagonisti silenziosi e sconosciuti di grandi conquiste
che tanto contribuiscono al progresso dellíumanitýî.
Sono previsti, dopo gli indirizzi di saluto di varie
personalitý della cultura e della politica, interventi, tra gli altri, dei
Premi Nobel Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia.
Il Convegno si articola in tre Sezioni di lavoro: 1)
sessione di lavoro scienziati italiani in Nord America; 2) sessione di lavoro
scienziati italiani in Europa; 3) sessione di lavoro scienziati italiani in
Africa, Australia e Sud America. La tavola rotonda conclusiva avrý per tema
ìStrategie e sinergie per il futuroî, moderatori saranno il Prof. Enrico
Garaci, Presidente Istituto Superiore di Sanitý e il Prof. Luigi Rossi
Bernardi, Miur, introduce Letizia Moratti, Ministro dellíIstruzione,
dellíUniversitý e della Ricerca. Conclude i lavori il ministro Mirko Tremaglia.
ADRIANO BENEDETTI NUOVO DIRETTORE
GENERALE DELLA DGIEPM DELLA FARNESINA
Il Consiglio dei Ministri di venerdÏ 28 febbraio
scorso, su proposta del Ministro degli affari esteri, ha deliberato la nomina
di Adriano Benedetti in qualitý di Direttore generale della Direzione Generale
per gli Italiani allíEstero e le Politiche Migratorie della Farnesina (DGIEPM).
Il Consiglio dei ministri ha deliberato altresÏ le nomine di Direttore generale
alla Cooperazione allo sviluppo di Giuseppe Deodato, di Giandomenico Magliano
alla Cooperazione economica e finanziaria multilaterale e di Anna Blefari
Melazzi alla Rappresentanza permanente díItalia presso líONU in Roma.
Adriano Benedetti nasce a Vicenza il 9 aprile 1941 e
si laurea in Scienze politiche, presso líUniversitý di Padova, il 24 novembre
del 1966. Decorato con líOrdine al Merito della Repubblica Italiana con il
grado di ìCommendatoreî, la sua carriera diplomatica inizia nel 1970, quando,
dopo aver partecipato ai corsi di formazione professionale dellíIstituto
Diplomatico, Ë assegnato alla Direzione Generale degli Affari Politici del
Ministero degli Esteri italiano.
Tra gli incarichi ricoperti ricordiamo quelli di Secondo
Segretario commerciale, Primo Segretario di Legazione e Primo Segretario
commerciale a Lima (Per˜): Primo Segretario a Ottawa (Canada); Primo Segretario
presso la Rappresentanza Permanente díItalia allíOCSE a Parigi; Consigliere di
Legazione.
Nel 1981 Ë assegnato alla Direzione Generale del
Personale e dellíAmministrazione del Ministero degli Affari Esteri in Italia e,
líanno successivo, alla Segreteria Generale della Direzione della Direzione
degli Affari Economici del Ministero degli Affari Esteri. Nel 1983 Ë assegnato
allíUfficio di Consigliere Diplomatico presso il Senato della Repubblica e
presta servizio come collaboratore diretto del Direttore Generale
dellíEmigrazione e degli Affari sociali presso la Farnesina, di cui poi diviene
Capo della Segreteria. Nominato Consigliere di Ambasciata, nel 1985 Ë assegnato
alla Segreteria Generale della Presidenza della Repubblica, con funzioni di
Consigliere Diplomatico Aggiunto del Presidente della Repubblica. Primo
Consigliere presso la Rappresentanza Permanente díItalia presso le
Organizzazioni Internazionali di Ginevra. Primo Consigliere a Ottawa, nel 1991
Ë, poi, riconfermato nella stessa sede con funzioni di Ministro Consigliere.
Passa nel 1995 alla Direzione Generale degli Affari Economici del Ministero degli
Affari Esteri con funzioni di Capo dellíUfficio per líEnergia, Cooperazione
Nucleare, Innovazione Tecnologica e Telecomunicazioni. Nominato inviato
Straordinario e Ministro Plenipotenziario, nel 1997 diventa collaboratore
diretto del Direttore Generale degli Affari Economici. Nel 2000 Ë Ambasciatore
díItalia in Venezuela con
accreditamento secondario a Barbados, Dominica, Grenada, St. Lucia, St. Vincent
an The Granadines, Trinidad and Tobago.
UN MINISTRO DI ORIGINE MANTOVANA NEL
GOVERNO DI LULA
Nel novembre del 1998 una delegazione
dellíAssociazione Mantovani nel Mondo, nellíambito di una missione
socio-economica finanziata dalla Regione Lombardia al Ctim, ha visitato il
Brasile (S.Paolo, Campinas, Artur Nogueira, Curitiba e Porto Alegre) siglando
gemellaggi di cittý mantovane con cittý di lombardi in Brasile e avviando
rapporti socio-economici. Líiniziativa era patrocinata dal Comune di Mantova,
di Pegognaga di Sermide, di Suzzara e dallíAmministrazione Provinciale di
Mantova. La visita Ë stata ricambiata nel gennaio del 1999 ed ha toccato
Mantova in tutti i suoi vari aspetti socioeconomici ed istituzionali. Nel corso
della visita nello stato di Rio Grande do Sul, Marconcini ha incontrato con
líassessore Bonaffini del Comune di Mantova Miguel Rossetto, Vice Governatore
dello Stato di Rio Grande do Sul, la cui famiglia Ë mantovana e originaria di
S.Benedetto Po. Rossetto si Ë incontrato con líAMM molte volte negli anni
successivi. Nel corso dellíultima visita dellíAMM nel 2002, Miguel Rossetto Ë
stato invitato dallíAmministrazione provinciale di Mantova per una visita
ufficiale. A Rossetto vanno le congratulazioni dellíAMM e di tutta la comunitý
mantovana per la sua nomina a ministro nel nuovo governo brasiliano.
Miguel Rossetto, ministro dello sviluppo agrario,
appartiene, allíinterno del PT (Partito dei Lavoratori), alla corrente di
Democrazia Socialista. Rossetto, 42 anni, Ë nato a S“o Leopoldo (Rio Grande do
Sul). Eí tecnico in meccanica e ha frequentato il corso di scienze sociali
allíuniversitý. Ha iniziato la sua militanza politica alla fine degli anni 70.
Tra i fondatori del PT, ha fatto parte del primo esecutivo statale del partito
nel Rio Grande do Sul. Eí stato anche membro dellíesecutivo statale e della
segreteria nazionale della CUT. Eletto deputato federale nel 1996 e
vicegovernatore insieme con Olivio Dutra nel 1998. Nelle ultime elezioni si
presentava come vice di Tarso Genro alla stessa carica.
PROFICUO INCONTRO ABM- SINDACO DI
BELLUNO
Il Consiglio Direttivo dellíAssociazione Bellunesi nel
Mondo ha avuto un proficuo incontro con il Sindaco di Belluno Ermano De Col,
con il quale sono state toccate alcune attuali tematiche riguardanti
líAssociazione e la cittý di Belluno. In particolare si Ë parlato del vecchio
progetto di realizzare in cittý un istituto superiore di formazione
turistico-alberghiera per i giovani discendenti di connazionali allíestero,
progetto su cui da tempo líAssociazione sta lavorando. Si Ë parlato anche della
possibilitý che il Comune metta a disposizione in cittý uno spazio idoneo per
la collocazione di un museo provinciale dellíemigrazione; richiesta
dellíAssociazione alla Regione dello ìsportello informativoî per gli emigranti
che rientrano, previsto dalle recenti disposizioni regionali in materia; si Ë
parlato delle nuove tariffe ICI e smaltimento rifiuti per coloro che pur
essendo proprietari di una abitazione a Belluno, vivono gran parte dellíanno
ancora allíestero per lavoro. LíAssociazione infine ha ricordato la richiesta
che viene da Bariloche, líimportante centro turistico dellíArgentina fondato
dal castionese Primo Capraro e dove risiedono ancora numerosi bellunesi, di un
gemellaggio con Belluno.
LA VISITA IN TOSCANA DI 150 STUDENTI
ARGENTINI
Zainetti, macchine fotografiche, occhiali da sole e
guide alla mano: 150 turisti ìspecialiî sono stati accolti martedÏ 4 marzo a
Palazzo Bastogi dal vicepresidente vicario del Consiglio dei toscani
allíestero, Lorenzo Murgia. Si tratta di studenti argentini dellíIstituto
ìDante Alighieriî di Rosario, venuti in Italia per approfondire la conoscenza
della lingua e della cultura italiana, ragazzi che, data la grave condizione
economica del loro Paese, mai avrebbero potuto permettersi un viaggio
transoceanico se non fosse stato per il sostegno fornito da numerose
istituzioni italiane, tra cui la Regione Toscana.
I ragazzi, tutti iscritti alla scuola media superiore,
sono arrivati a Fiumicino lo scorso 27 febbraio. Hanno visitato la costa
amalfitana, Napoli e Roma, poi sono arrivati in Toscana, a Montecatini. Il
programma del tour, organizzato dallíAssociazione genitori e amici
dellíIstituto ìDante Alighieriî per líintegrazione italo-argentina, ha previsto
una breve sosta a Siena, quindi la visita al centro storico di Firenze ed ai
suoi musei e successivamente una tappa a Pisa prima di proseguire nella
scoperta delle bellezze italiane con il trasferimento a Padova, Verona,
Sirmione e Imperia.
La Toscana ha contribuito alla realizzazione del tour
mettendo a disposizione dei ragazzi tre autobus nei giorni 4 e 5 marzo.
Murgia, dopo aver ricordato lo stretto rapporto che
lega la Toscana e líArgentina, ha raccontato ai ragazzi del recente viaggio del
Presidente Martini in Sud America, delle visite alle numerose comunitý toscane
e della prossima Conferenza dei giovani toscani nel mondo, che si terrý il
prossimo aprile. Ad ogni ragazzo, in ricordo della visita, Ë stata donata una
spilla raffigurante Pegaso, simbolo della Regione.
ROMA, 8-10 APRILE: ASSEMBLEA PLENARIA
DEL CGIE
LíAssemblea Plenaria del Consiglio Generale degli
Italiani allíEstero si riunirý in via ordinaria nei giorni 8-10 aprile 2003, a
Roma nella Sala delle Conferenze internazionali, presso il Ministero degli
Affari Esteri, con inizio alle ore 15.000. Líordine del giorno Ë fissato come
segue:
MartedÏ 8 aprile - Ore 15.00 ñ 18.30
1)
Relazione
sulle attivitý del Governo verso gli italiani nel mondo
2)
Relazione
del Comitato di Presidenza
3)
Intervento
dei rappresentanti del Parlamento
4)
Dibattito.
MercoledÏ 9 aprile ñ Ore 09.30 - 13.30 / 15.00 ñ 18.30
5)
Commissioni
tematiche del Cgie: relazioni dei Presidenti sui lavori delle rispettive
commissioni / Dibattito
6)
Elezioni
per rinnovo dei Comitati degli Italiani allíEstero: riforma della Legge dei
COMITES ñ data delle elezioni e aspetti organizzativi
7)
Legge
istitutiva del CGIE: modifiche della Legge / Informazioni
8)
Voto
allíestero: anagrafe e regolamento
9)
Riforma
della Legge 153
10)
Piani
Paesi e interventi scolastici
GiovedÏ 10 aprile ñ Ore 09.30 - 13.00 / 14.30 ñ 18.00
11)
1^
Conferenza dei giovani italiani nel mondo
12)
Osservatorio
Donne: Disegno di Legge, informazioni
13)
Stato
di crisi nei Paesi dellíAmerica del Sud: intervento della Direzione Generale per la
Cooperazione allo Sviluppo (DGCS) del MAE
14)
Question
time
15)
Ordini
del giorno e mozioni
16)
Varie
ed eventuali
Il 7 aprile, dalle 10.30 alle 13.30 e dalle 14.30 alle
19.00 si riuniranno le Commissioni tematiche, la mattina dellí8 aprile, dalle
9.30 alle 13.30, si riuniranno le Commissioni continentali e, a conclusione dellíAssemblea Plenaria, si
riunirý lí11 aprile dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 16.00 il Comitato
di Presidenza.
BOLOGNA: UNA MOSTRA PER CONOSCERE I
RAZZISMI
Razzisti non si nasce, ci si diventa. Mentre líItalia
vive due primati, quello di essere líunico Paese europeo ad aver detto no alle
regole comunitarie contro il razzismo e la xenofobia; di classificarsi come uno
dei Paesi pi˜ razzisti díEuropa, perchÈ líimmigrazione Ë un fenomeno recente e
quindi avversato, al teatro Testoni di Bologna sbarca la mostra itinerante ìIo
non sono razzista ma Öî, un percorso didattico per gli alunni delle scuole
medie-superiori (ma non solo), che gira líItalia da pi˜ di un anno e che fino
al 22 marzo accompagnerý i ragazzi dellíEmilia nellíabisso del pregiudizio, con
líobiettivo di scardinarlo.
La mostra si rifý alla tesi di uníantropologa, Paola
Tabet, secondo la quale il razzismo non Ë un fenomeno innato, tanto meno Ë
originato dallíignoranza. Nasce, invece, proprio perchÈ si impara, sin da
piccoli.
Significativo il caso descritto dallíantropologa nel
testo che prende il nome della mostra (Anicia editore), di una bambina di
cinque anni che quando vede passare un nero per strada si aggrappa alla mamma e
dice di avere paura, perchÈ allíasilo le insegnanti le hanno fatto costruire
col pongo una capanna di un villaggio africano, con al centro un calderone dove
i bianchi venivano bolliti. Ma sono tanti gli esempi che istillano i semi del
disgusto e della paura. Come succede anche, scrive la Tabet, nel film Mission,
dove líeroe aiuta e civilizza gli indios, che sono perÚ descritti non come
individui, bensÏ come gruppo indistinto, che non parla neppure una lingua,
emette suoni incomprensibili. Razzismo come fatto culturale, quindi, ma anche
politico ed economico.
Ma come funziona la mostra, uníiniziativa di Coop
Adriatica? Ci sono tre percorsi, contraddistinti da altrettanti colori.
Il primo, giallo, spiega attraverso líausilio di
pannelli e di un animatore perchÈ la gente emigra.
Il secondo percorso Ë quello rosso, che si incunea nel
cuore del pregiudizio, ricordando che in passato ìloroî eravamo ìnoiî, gli immigrati
italiani alla ricerca di fortuna.
Il terzo Ë quello arancione, dove i ragazzi sono
chiamati davvero a calarsi nei ìloroî panni: cíË la frontiera, vengono
perquisiti, compilano i moduli (scritti in bergamasco, per rendere la
difficoltý della lingua), poi messi a lavorare. E la sera, quando tornano a
casa, gli tocca pure sentire i commenti della gente: ìCi rubano il
lavoroî.
Per informazioni e prenotazioni: 051/4153726 o cooplab
testoniragazzi.it.
ABM: RINNOVATO E POTENZIATO IL SITO
INTERNET
Eí uscito il numero di marzo di Bellunesi nel Mondo.
Vi viene dato grande rilievo al nuovo sito Internet dellíAssociazione
allíindirizzo www.bellunesinelmondo.it,
con ampie notizie sullíimpostazione, che si presenta agile e vivace. Il
giornale tocca poi alcuni problemi locali, tra cui il declino demografico della
Provincia. Molto ricca la pagina dedicata a notizie generali sullíemigrazione:
novitý in materia di rilascio di passaporti, censimento degli Italiani allíestero,
mostra itinerante sullíidentitý italiana nel mondo, involuzione della politica
migratoria in Svizzera, ecc. Viene ancora richiamata la situazione degli
Italiani díArgentina e ricordate le azioni che si stanno facendo in loro aiuto
in Provincia e nel Veneto. Con particolare rilievo viene ripreso líesame della
nuova legge della Regione del Veneto sullíemigrazione e la richiesta dellíABM
di ottenere lo ìsportello informativoî per gli emigranti che rientrano.
Presentazione di personaggi, storie di emigrazione e di migranti, interviste,
vita e attivitý delle Famiglie e altro ancora, nonchÈ le consuete rubriche,
arricchiscono e completano il giornale.
DISPENSA DAL SERVIZIO DI LEVA ANCHE
PER I GIOVANI ITALIANI DI VENEZUELA, BRASILE E URUGUAY
Il Ministro per gli Italiani nel Mondo, On. Mirko
Tremaglia, di intesa con il CGIE, ha ottenuto la concessione del beneficio
della dispensa del servizio di leva per i giovani connazionali residenti in
diversi Paesi dellíAmerica Latina.
Dopo líapplicazione della normativa del Ministero
della Difesa per i giovani che vivono in Argentina, in considerazione del
particolare momento che il Paese sta vivendo, anche i connazionali residenti in
Venezuela, Columbia, Per˜, Equador, Bolivia, Brasile ed Uruguay potranno essere
dispensati dagli obblighi del servizio militare.
Il Ministro Tremaglia aveva posto la questione al
Ministero della Difesa rilevando le condizioni di particolare disagio in cui si
trova la comunitý italiana in seguito alla crisi che vede coinvolti gran parte
dei Paesi latinoamericani.
TRIESTE: IN ARRIVO MIGLIAIA DI CURDI
IN FUGA
ìPresto arriveranno migliaia di clandestini curdi.
Sarý questo il primo segno concreto della guerra. E sarý vera emergenza.î. Lo
ha annunciato Gianfranco Schiavone del Consorzio italiano di solidarietý. Si
apre dunque proprio in cittý un nuovo fronte. Il numero di container e di
cassoni dei Tir stipati di disgraziati in fuga dalla miseria e dalla guerra Ë
destinato ad aumentare creando non poche difficoltý alle strutture di
accoglienza e di solidarietý ma anche alle forze dellíordine.
ìLa situazione che si Ë venuta a creare negli ultimi
tempi in Turchia e in Kurdistan
sta ma mano regredendo in modo preoccupante. A causa dellíimminente
guerra in Iraq, Ë stato di nuovo disposto lo stato di emergenza nel Kurdistan
turco giustificandolo con la probabile nuova seconda ondata di profughi in fuga
dalla guerra previstaî, si legge in una nota del gruppo Bastaguerre distribuita
in una conferenza stampa simbolicamente convocata in questi giorni davanti alla
stazione ferroviaria di Opicina, proprio a pochi metri da dove potrebbero
transitare i treni carichi di armi americane diretti in Turchia.
ìSono convinto ñ annuncia in proposito Schiavone ñ che
molto presto i convogli con le armi passeranno dal valico di Opicina. La presa
di posizione del parlamento turco nei confronti della guerra non Ë sicuro una
garanziaî. ìTemo che nei prossimi giorni ci sia la stretta finaleî, afferma
preoccupato Edi Pernice del gruppo ìBastaguerreî.
Con lui e Schiavone nei giorni scorsi a Opicina i
rappresentanti di tutte le associazioni e dei sindacati che aderiscono
allíoperazione pace: dalle Acli, a Rifondazione; dalla Cgil allíArci. Scrivono
gli organizzatori: ìSecondo i piani turco-americani, circa 20 mila soldati Usa entreranno
nel nord dellíIraq partendo dalla Turchia per aprire un secondo fronte contro
il regime di Saddam Hussein in caso di guerra. La Turchia invierý nel nord
dellíIraq un numero di suoi soldati doppio rispetto a quelli americani. PerchÈ
il nocciolo del problema riguarda la rivendicazione di Kirkuk e Mosul, ricche
cittý petrolifere che producono il 20 per cento del greggio irachenoî. ìQuesta
Ë una guerra nella guerraî, ha affermato Edvino Ugolini, del comitato
organizzatore. Poi Ë scattata davanti agli occhi dei poliziotti una sorta di
occupazione pacifica della stazione. Tre bandiere della pace sono state legate
agli alberi oltre il recinto della stazione. ìPer ora non entriamo e non
blocchiamo i treni. Ma se arriveranno quelli con le armi con ci tireremo
indietroî, hanno detto i manifestanti. I pacifisti della Slovenia e del Friuli
Venezia Giulia sono infatti giý mobilitati da giorni. Secondo un accordo
progettato tra i governi di Washington e di Lubiana, 26 convogli carichi di
mezzi blindati, carri armati, sistemi laser e munizioni dovrebbero seguire la
rotta sloveno-balcanica per raggiungere le basi statunitensi in Turchia e da
qui essere usati nel conflitto.
ìLe azioni pacifiche di contrasto ñ ha annunciato
qualche giorno fa Andrea Olivieri dei Disubbidienti triestini ñ saranno fatte
sia sul territorio italiano, sia nella vicina Repubblica ed eventualmente in
Croazia, se i percorsi dei convogli la dovessero interessareî.
ìSICILIA MONDOî INDICE IL ìIV PREMIO
LETTERARIO GIOVANILE SICILIA MONDOî
ìSicilia Mondoî indice per il 2003 il ìIV Premio
Letterario Giovanile Sicilia Mondoî sul tema ìLa sicilianitý: un valore da
coltivare tra i giovani della Tua generazione. Quali le tue motivazioni?î
REQUISITI ñ Il concorso Ë riservato ai giovani siciliani
residenti allíestero (max 35 anni) in grado di comprovare la loro origine
italiana.
TESTI ñ Il testo deve essere in lingua italiana, della
lunghezza massima di 15 cartelle, di 30 righe e per un massimo di 60 battute
dattiloscritte.
NUMERO COPIE ñ I concorrenti devono inviare due copie
in busta chiusa, di cui una contenente nome, cognome, data e luogo di nascita,
indirizzo, numero telefonico, eventuale e-mail e la documentazione anagrafica
che comprovi líorigine italiana. Il concorso non prevede alcuna quota di partecipazione.
SPEDIZIONE ñ Gli elaborati devono pervenire entro il
31 agosto 2003 a ìSicilia Mondoî, Via Renato Imbriani, 253 ñ 95128 Catania. I
lavori inviati non saranno restituiti.
PREMI ñ Al 1ƒ classificato: Viaggio in Sicilia
(biglietto aereo a/r, soggiorno gratuito per 7 giorni) ed abbonamento al
periodico díinformazione ìSicilia Mondoî.
Al 2ƒ classificato: Libro, targa ricordo ed
abbonamento al periodico díinformazione ìSicilia Mondoî.
Al 3ƒ classificato: Libro ed abbonamento al periodico
di informazione ìSicilia Mondoî.
Ai primi 10 classificati verrý consegnata una
pergamena ricordo.
GIURIA ñ La giuria, composta da personalitý del mondo
culturale, verrý resa nota al momento della premiazione.
PREMIAZIONE ñ Avverrý a Catania, a data da destinarsi.
RISULTATI ñ Tutti i partecipanti riceveranno
gratuitamente una copia della rivista ìSicilia Mondoî, con la classifica finale
del concorso.
I risultati ed i testi selezionati saranno pubblicati
sul sito Internet www.siciliamondo.it
ed ai vincitori sarý dedicato uno speciale su ìSicilia Mondoî.
di Ettore Masina
(editoriale apparso sul settimanale dellíAzione
Cattolica ìSegno nel mondoî e ripreso dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo)
Qualche volta, molto raramente, mio padre raccontava della
guerra che aveva combattuto: quella del 1915-1918, che a noi bambini, a scuola,
insegnavano a chiamare con venerazione (perchÈ l'Italia l'aveva vinta) "la
Grande Guerra".
Una sera mio padre narrÚ di quando gli austriaci avevano
lanciato i gas asfissianti sui nostri soldati alle falde del Monte San Michele
che sbarrava le porte di Gorizia. Diceva che da quel settore erano arrivate
dapprima urla altissime e un gran numero di spari, cui era seguito un profondissimo
silenzio. Per un gioco del vento lui e il suo battaglione non erano stati
investiti dalle nubi velenose. L'artiglieria aveva bloccato l'avanzata
austriaca e quando mio padre e i suoi compagni erano riusciti ad andare al
soccorso dei commilitoni, avevano trovato centinaia di cadaveri dal volto
verdastro, i ventri mostruosamente rigonfi. Ne avevano seppelliti a decine, poi
era sopraggiunta la notte. Allora, tornati in trincea, mio padre e i soldati
che erano con lui avevano sentito correre per la landa arsa e sconvolta del
campo di battaglia immense torme di topi che andavano a rodere quei corpi. Dopo
quel racconto, quella notte non riuscivo a dormire: anche a me, mentre mi
tiravo le coperte sul capo, sembrava di sentire il lavorio frenetico di migliaia
di piccole mandibole.
Ho ripensato spesso a quel racconto. L'orrore Ë rimasto ma
vi si Ë unita una considerazione anche pi˜ spaventosa, questa: i figli dei
poveri soldati morti sul San Michele furono condannati alla tragedia
dell'orfananza, ma l'arma che aveva ucciso i loro genitori non li raggiunse;
adesso, invece, le guerre si protraggono molto al di lý degli armistizi,
colpiscono per generazioni.
In Vietnam, a Hochiminhville, cioË Saigon, conobbi anni fa
la dottoressa Thi Ngoc Phuong. La chiamavano "la madre dei mostri"
perchÈ, con infinita pietý e con una maestria che le aveva valso una grande
fama internazionale, riusciva a dare sembianze umane a qualcuna delle creature
nate deformi (ma deformi Ë un eufemismo) in seguito alla irrorazione di defolianti
operata dagli americani per stanare i viet-cong. La guerra era formalmente
finita ventidue anni prima, ma nell'ospedale Tu Du continuavano ad arrivare
bambini che sembravano (non so come dirlo) granchi umani. Venivano da tutti i
villaggi dell'ansa del Mekong o dalla cordigliera centrale, ma erano una parte
minima di quella sfida della chimica di guerra al Creatore, perchÈ molti e
molti altri rimanevano senza cure nei villaggi devastati delle zone pi˜
impervie. Adesso la dottoressa Thi Ngoc Phuong, nel cui studio stavano due
grandi vasi di vetro con due bambini a due teste, nati-morti per fortuna, È
andata in pensione, ma migliaia di bambini deformi (ricordate: deformi È un
eufemismo) continuano a nascere nelle zone irrorate di diossina.
Nel Kosovo e in Iraq accade lo stesso per l'uso ormai
"antico" dei proiettili all'uranio impoverito. E negli Stati Uniti il
Pentagono ha un gran daffare a nascondere la quantitý di bambini
"anormali" nati dai veterani in Vietnam, nei Balcani e nel Golfo del
1991. Ogni tanto un giudice americano condanna una delle societý chimiche
produttrici di veleni a risarcire (anche questo È un eufemismo) i genitori di
quei piccini "sfigurati al punto da non parere pi˜ un uomo". Nessun
giudice si occupa dei bambini del Vietnam, del Kosovo e dell'Iraq. NÈ delle
altre devastazioni di guerre "di tanto tempo fa": anche la
catena alimentare, infatti, risulta ancora inquinata da radiazioni e
veleni; e molte falde acquifere. Tante piccole Hiroshima
"periferiche" continuano a perpetuare l'orrore radioattivo o (Dio non
voglia) ne preannunziano uno ben pi˜ grave.
Intanto in tutto il mondo, ogni giorno, in zone in cui
teoricamente la pace È tornata da anni e anni decine di bambini rimangono
mutilati dai milioni di mine sparse su campi di battaglie che sembrano
lontanissime nel tempo. Una mina rimane in funzione vent'anni e quando domandai
a uno dei tecnici della produzione italiana (i cui ordigni sono disseminati
tuttora in immense aree) perchÈ non si pensasse di dare a questi strumenti di
ferocia tecnologica una efficacia limitata nel tempo, mi guardo' sorpreso:
"Nessuno ce l'ha mai chiesto". Ricordo di avere visto a Beled Wayn,
nell'Ogaden, due bambini che erano saltati su una delle tante mine italiane
vendute imparzialmente alla Somalia e all'Etiopia in guerra fra loro. In un
fatiscente ospedale, li curavano amorosamente medici italiani. "Sono
condannati all'ergastolo" mi disse un dottore; e poichÈ io mostravo di non
capire, spiegÚ: "Sono figli di una trib˜ di pastori, nomadi che ogni
giorno si spostano per 15-20 chilometri. Quando usciranno di qui, i genitori
non potranno fare altro che appoggiarli all'ombra di un muretto dove camperanno
la vita del mendicante". La guerra era finita da quattro anni. E non È
soltanto questione di mali fisici: un orfano di soldato, un ragazzino che ha
visto morire la madre in un bombardamento, un bambino che ha vissuto terribili
traumi diventa assai spesso, ci dicono gli psicologi, un padre che trasmette ai
sui figli il marchio delle psicosi. Basterebbe questa constatazione - che le
guerre continuano per decenni, per generazioni successive a quella che ha
firmato un trattato di pace, a infierire su bambini (almeno loro!) totalmente
innocenti - per dire che le guerre moderne sono legate alla ferocia dei secoli
pi˜ bui della storia: o che forse, nonostante tanti progressi, questo in cui
viviamo È uno di quei secoli.
La guerra moderna ha anche un'altra caratteristica:
colpisce non pi˜ soprattutto i soldati ma soprattutto gli inermi. Sempre i
"civili" (le donne, i vecchi i bambini) sono stati coinvolti nella
tragedia delle guerre: guerra non significava soltanto vedove e orfani, ma
eserciti che avanzavano, si scontravano in battaglia, si ritiravano su ampi
territori; e dunque distruzione di ponti e di case, di strade, di coltivazioni
e di pozzi; e fame e terrore e stupri; e odio che sarebbe durato per decenni.
Ma dal 1937 in poi, dalla distruzione di Guernica ad opera dell'aviazione
nazista prestata ai falangisti, la guerra ha cominciato a uccidere
intenzionalmente anche e soprattutto lontano dai fronti di battaglia. I
generali hanno compreso che i nemici combattono pi˜ fiaccamente, demoralizzati
e sconvolti, quando sanno che la guerra sta distruggendo le loro case e i loro
figli. E' nata cosÏ la guerra-terrorismo, quella che colpisce gli inermi per
disarmare gli armati. La distruzione di cittý come Coventry in Gran Bretagna o
Dresda in Germania È l'emblema di questa violenza insieme selvaggia e astuta.
Hiroshima e Nagasaki sono la vergogna incancellabile della storia del mondo
cosiddetto libero, democratico. Avvennero nella prima metý del secolo XX: ma i
bombardamenti sulle popolazioni del Vietnam del Nord sono della fine degli anni
'60, quelli su Bagdad e su Belgrado sono degli anni '90, i missili sulle case
di Gaza, di Jenin e di Ramallah hanno inaugurato l'orrore del secolo XXI. Del
resto, tredicimila testate atomiche intatte sono l'ereditý lasciata dal
Novecento al nostro oggi.
I governanti che hanno scatenato le guerre hanno sempre
sostenuto di voler restaurare la giustizia e la razionalitý, cioË i presupposti
della pace. In realtý la guerra ha ormai trascinato nel fango tutte le sue
bandiere perchÈ ha assunto il peggio della storia. Come una conchiglia
oceanica, che costruisce il suo guscio non elaborandolo con un proprio materiale
ma usando pezzi di altre conchiglie, o come una spugna immersa in un liquido
velenoso, la guerra È andata assumendo in sÈ, lungo la storia umana, il peggio
delle ideologie distruttive, del nichilismo, delle perversioni, del fanatismo
scientifico che indaga le proprie potenzialitý e celebra le proprie vittorie
senza curarsi delle sofferenze dell'uomo.
Gli arsenali di certi paesi - forse l'Iraq, certamente gli
Usa, certamente Israele - sembrano essere progettati non tanto dal dottor
Stranamore, terribile macchietta inventata, quanto dal dottor Mengele, quello
dei lager nazisti che studiava la sopravvivenza dei torturati: sono armi
proibite da tutte le convenzioni internazionali eppure considerate "contro
l'umanitý" soltanto se in possesso degli avversari. La possibilitý di un
loro uso, giustamente negata ai dittatori, sembra resa lecita dal fatto che la
possa decidere un governante il cui nome sia uscito dalle urne di un processo
democratico (o quasi). Se il terrorismo È negazione dell'uomo, allora possiamo
leggere il suo contagio su tutte le divise e le bandiere: basterebbe
pensare alle condizioni in cui vengono tenuti i prigionieri delle nuove guerre.
Si nega loro la qualifica di combattenti, e cosÏ gli accordi umanitari
internazionali si perdono nel vento dell'ipocrisia. Si È andati alla guerra
contro il governo dei talebani (governo ex-amico, non lo si scordi,
riconosciuto ai massimi livelli in tutte le sedi internazionali, grazie al
patrocinio degli Usa) ma alle sue milizie non e' stato riconosciuto lo status
di prigionieri di guerra: perciÚ a centinaia i soldati di Kabul sono morti di
freddo, di fame, di mancanza d'ossigeno, chiusi in contenitori; centinaia sono
stati massacrati in carcere; centinaia sono stati deportati in un'isola
lontanissima della quale tuttora non conoscono l'ubicazione: trascinati su
aerei militari, incatenati mani e piedi, probabilmente drogati, gli occhi
bendati, tamponi alla bocca e alle orecchie in modo di non poter comunicare fra
loro, costretti a orinarsi e defecarsi addosso nel corso di un viaggio di 18 e
pi˜ ore. Viene in mente, anche se la citazione È impropria, la disperata
constatazione di Primo Levi: "Se questo È un uomo". Qualche centinaio
di casi, certamente, e non la mostruosa apocalisse nazista, imparagonabile con
qualunque altra tragedia della storia; e tuttavia quando aberrazioni del genere
vengono accettate e addirittura studiate dagli "esperti" di un
esercito, allora questo esercito regredisce ai tempi dell'Inquisizione.
Otto piccole suore americane sono state condannate il mese
scorso da sei a dodici mesi di reclusione per avere partecipato, nel novembre
2002, alle manifestazioni che si svolgono tutti gli anni davanti alla
"Escuela de las Americas", che ha sede in Georgia in una base
militare chiamata Fort Benning. La "Escuela", un tempo, era situata
nella Zona del Canale di Panama, poi È stata trasferita negli States. Vi sono
passati, complessivamente, in trent'anni di attivitý, decine di migliaia
(ottantamila, secondo alcuni) di "quadri" degli eserciti delle
dittature militari latino-americane: dal colonnello Noriega, losco dittatore di
Panama e giý figlio diletto della Casa Bianca al colonnello D'Aubuisson,
mandante dell'assassinio del vescovo Romero e agli autori dell'uccisione dei
sei gesuiti di San Salvador, dai torturatori brasiliani a quelli cileni a
quelli uruguaiani, Ricordate "L'Amerikano" di Costa Gravas? Ecco,
gente cosÏ: E' possibile - e quasi certo - che in altri paesi esistano scuole
"contro-insurrezionali" del genere, e certamente il regime di Saddam
Hussein non È secondo ad altri nell'uso della tortura e dell'eliminazione dei
torturati: ma, per l'appunto, parlando di Saddam Hussein, parliamo di un feroce
dittatore da rimuovere al pi˜ presto: la vergognosa bandiera di Fort Benning,
detta l'Universitý della Tortura, sventola invece nel cielo del grande paese
che fu di Lincoln e di Franklin Delano Roosevelt, il presidente che portÚ
l'America in lotta contro il nazismo.
Molte sono le ragioni per le quali non si puÚ vincere il
terrorismo con la guerra. La prima È che il terrorismo non È un'entitý statale,
non ha un esercito, non ha strutture pubbliche, non si immedesima con un
governo: L'Afghanistan È stato arato di bombe e di carri armati, ma È mancata
la cattura di bin Laden, dichiarato obiettivo della guerra. Ne', per quanto la
Casa Bianca parli di un Grande Satana Terrorista, c'Ë un solo terrorismo:
quello. filippino non ha niente a che vedere con quello palestinese o con l'Eta
o con gli epigoni delle Brigate Rosse italiane nÈ con il terrorismo di stato
nord-coreano o colombiano. PerciÚ la guerra a un dato paese non sradicherý mai
il terrorismo, il terrorismo puÚ essere vinto soltanto tagliandogli i
collegamenti con i grandi potentati economici che lo sostengono e risanando le
spaventose situazioni di ingiustizia dalle quali provengono tanti suoi
esponenti. Al contrario, le guerre, aumentando le zone dell'ingiustizia e della
disperazione dei popoli, aumentano a dismisura le nascite dei terrorismi. Da
questo punto di vista le guerre sono, con ogni evidenza, del tutto
controproducenti. Ma la ragione principale per la quale il terrorismo non puÚ
essere definitivamente vinto È che il terrorismo ha giý vinto molte battaglie e
continua a vincerne. Se infatti, per combatterlo, le democrazie rinunciano alle
garanzie proclamate dalle loro costituzioni, se un numero crescente di
cittadini si trova di fronte a uno stato di polizia, a pratiche illegittime, a
sospensioni o violazioni di diritti, alla degradazione (ormai evidente) del
diritto internazionale, alla violenza fatta alle grandi istituzioni, allora c'Ë
giý del terrorismo nel cuore di quegli stati, il serpente della ferocia ha giý
posto le sue uova nel nido delle aquile.
La propaganda di guerra tiene altissima la voce come fanno
i ciarlatani e sventola immagini a non finire per alimentare il furore
irrazionale del pubblico. Ma poi la guerra dei nostri anni agisce nella
segretezza assoluta alla stregua degli assassini. Fu nel 1983 che il Grande
Comunicatore, il presidente Ronald Reagan, nel momento in cui mandava le sue
truppe a invadere la piccola repubblica di Grenada, troppo vicina a Cuba per i
suoi gusti, decise che i giornalisti non potessero pi˜ seguire le operazioni
delle forze armate americane. Egli non dimenticava che il ritiro degli Usa dal
Vietnam era dovuto al fatto che quella guerra era stata portata dai mass-media
sin nelle case degli States e che la vista di quegli orrori aveva provocato una
profonda rivolta politica. Oggi Reagan brancola nelle nebbie dell'Alzhaimer ma
i due Bush, suoi legittimi discendenti ideologici, e del resto anche Clinton a
suo tempo, hanno fatto tesoro di quella prudenza. Giornalisti al seguito, ma
sottoposti a una censura, la quale, naturalmente, si chiamerý "necessitý
militare": abbiamo visto e vedremo, delle guerre di questi anni, soltanto
quello che i comandi supremi vorranno farci sapere: giochi di luce, eventi
elettronici e, tutt'al pi˜, le immagini dei profughi a stimolare il buon cuore
del pubblico televisivo. E anche questa segretezza indica la volontý di
spossessare l'opinione pubblica di ogni responsabilitý e capacitý di reazione.
E' un'altra negazione della democrazia: una casta politico-militare pretende di
avere mano libera e di agire "per il nostro bene".
Viviamo giorni terribili e meravigliosi. Contro ogni previsione
dei professionisti della politica e della psicologia delle masse, da tutta la
Terra si È levata un'ondata di no alla guerra, una immensa protesta globale.
BenchÈ io abbia ormai vissuto una lunga vita, non ricordo di avere mai
assistito a un fenomeno cosÏ imponente. E' una gigantesca forza politica della
quale È impossibile prevedere come si esprimerý localmente ma i cui principi
appaiono inequivocabili: no alla ferocia, alla degradazione del diritto, alla
logica delle armi, SI' alla custodia del Creato, alla giustizia internazionale,
al dialogo, alle istituzioni di pace. Proprio nel momento in cui l'arroganza
imperiale minaccia di smantellare politicamente il Palazzo di Vetro, sembra
risuonare la parola del Dio di Isaia. "Non indugiatevi a parlare del
passato... Ecco - non vedete? - io sto creando in mezzo a voi una cosa
nuova". La volontý di pace apre nuove strade all'ecumenismo. Le grandi
chiese cristiane, da Mosca a Canterbury, riecheggiano le parole del Vecchio di
Roma; una delegazione della Chiesa metodista americana, cui appartiene il
presidente Bush, viene a dire a Giovanni Paolo II affetto e consenso:
dall'epoca della "Pacem in terris" il vangelo di giustizia e di
pace non era apparso agli uomini cosÏ amabile e forte. Tocca a noi,
adesso, esserne viventi testimoni.
(Ettore Masina)
CONTRO IL DISORDINE IMPERIALE, UN ORDINE
PUBBLICO DEMOCRATICO E UNIVERSALE
di Monique Chemillier-Gendreau, Professore allíUniversitý
Parigi VII-Denis Diderot
(articolo dal periodico ìLe Monde Diplomatiqueî)
La societý mondiale Ë entrata in una forma di
imperialismo che non riguarda soltanto un governo ma tutto un sistema, quello
di un capitalismo finanziario contemporaneamente multinazionale e
intergovernativo. Non Ë tollerata la benchÈ minima resistenza all'ordine cosÏ
imposto. Incapacitý dopo l'11 settembre di opporsi alla guerra in Afghanistan,
silenzio di piombo sulla Cecenia, mutismo doloroso sulla Palestina, debolezza
dell'opposizione alla guerra contro l'Iraq per paura di sembrare favorevole al
regime al potere a Baghdad: sono queste, sui conflitti pi˜ gravi, le vittorie
dell'ordine imperiale che ormai prende in ostaggio l'umanitý intera e spinge
nell'impasse funesta del terrorismo i suoi membri meno equilibrati. Siamo
condannati a lasciar fare, o siamo costretti a spingere l'unica comunitý
politica ancora in grado di esprimersi, vale a dire l'Europa, ad impegnarsi
nella competizione militare per ritornare (ma fra quanto tempo, e con quale
scopo?) a una situazione bipolare? No, perchÈ ci resta ancora un'arma troppo
poco utilizzata, quella delle idee, e quindi dei valori che le idee esprimono.
Il popolo vietnamita, il popolo algerino, i popoli dell'Africa colonizzati dai
portoghesi, non hanno vinto le loro guerre contro l'Occidente grazie ad un
rapporto favorevole di forze materiali. Anzi. Le hanno vinte con la forza di
un'idea, quella della emancipazione, e con l'irrompere di un cambiamento della
norma giuridica, con l'affermazione del principio del diritto dei popoli
all'autodeterminazione, che ha ribaltato la validitý del colonialismo fino
allora riconosciuta. CiÚ che ha permesso di vincere guerre locali deve
consentire, seguendo altre modalitý, di opporsi al dominio globale. Purtroppo,
il diritto internazionale Ë screditato dall'immagine che ne offre il Consiglio
di sicurezza, e gli immensi progressi compiuti nelle assise internazionali sul
piano della formulazione dei diritti sono paralizzati dall'assenza di
meccanismi attuativi efficaci. Tuttavia, il diritto e i valori ad esso
soggiacenti, continuano ad essere un'arma non priva di efficacia, se la societý
civile - quella parte dell'umanitý decisa a entrare in azione - potrý far
proprio il problema del diritto internazionale, controllarne l'utilizzo e
contribuire cosÏ a valorizzare i principi a cui non Ë consentita alcuna deroga
e che dovrebbero costituire le fondamenta stesse di una societý mondiale
democratica. Il capitalismo militare-finanziario ha imposto le condizioni per
potersi espandere all'infinito. A tale scopo esige che nulla, in nessuna parte
del globo, possa sottrarsi alla legge del mercato. Laddove l'accesso alle
risorse Ë di vitale importanza per i predatori del mondo (Medioriente,
Caucaso), il fatto che interi popoli vengano schiacciati Ë soltanto un episodio
marginale e contingente. Bisogna imporre a tutto lo status di merce, anche al
pensiero, al creato, agli elementi dell'ambiente, la sanitý, l'istruzione,
l'essere umano e il suo corpo. E tutto ciÚ dev'essere negoziato per contratto -
il punto culminante di una transazione in cui nessun valore Ë tutelato, proprio
perchÈ tutto Ë negoziabile. Se Ë vero che il contratto Ë uno strumento di
libertý tra i soggetti di diritto, Ë anche vero che presenta tale vantaggio
soltanto tra partner paritetici. Per contro, diventa mezzo di sfruttamento
allorchÈ Ë negoziato su posizioni di ineguaglianza. L'unico ostacolo a tale
sfruttamento consiste in principi intangibili, che esprimono i valori sociali
fondanti di un gruppo umano. Ma allora, bisogna dichiarare senza equivoci che
esistono valori dotati di uno status giuridico superiore alle altre norme, in
particolare quelle contrattuali. Questa architettura consente al corpus sociale
di coagularsi attorno ad un ´ordine pubblicoª. Si tratta di un concetto ben
noto nel diritto interno, in particolare nei paesi dell'Europa continentale, in
cui si distingue l'ordine pubblico di direzione e quello di tutela. Il primo
impone una certa qual concezione dell'interesse generale e della pubblica
utilitý, mentre il secondo Ë destinato a tutelare alcune categorie di
contraenti, troppo fragili per poter negoziare i propri interessi senza che
questi vengano schiacciati. Ma per fondare un ordine pubblico, occorre che il
gruppo abbia coscienza di appartenere ad una comunitý politica che si
struttura, e allora si pone il problema dei mezzi di tale strutturazione. Essi
possono consistere nelle leggi pi˜ importanti, definite leggi di ordine
pubblico. Il Codice civile francese recita all'articolo 6: ´Non Ë consentito
derogare con convenzioni particolari alle leggi attinenti all'ordine pubblico e
al buon costumeª. Ma questo puÚ valere anche per i principi direttivi, non
necessariamente scritti, ma calati nella coscienza collettiva. Non si
sottovaluterý in questa sede la difficoltý che pone il concetto in una
prospettiva di democrazia, cosÏ come non si dimenticherý quanto spesso Ë stato
travisato nel corso della storia. Infatti, l'idea di ordine pubblico puÚ essere
confiscata da poteri repressivi che la trasformano in un ordine securitario o
morale - tendenza decisamente operante in talune ´democrazie europeeª. Si dirý
quindi che l'ordine pubblico, se Ë indispensabile, deve anche essere oggetto di
una vigilanza particolare sul contenuto che gli si dý in un momento definito,
onde evitare che si ponga al servizio di valori regressivi. A questo punto la
qualitý di un sistema giudiziario ha un ruolo molto importante, cosÏ come
l'autentica libertý d'informazione, nella misura in cui consente a tutte le
parti del popolo di incidere nel dibattito sulla natura dei principi a cui non
Ë consentito derogare. A tale proposito ci troviamo in una deriva che Ë
necessario interrompere ad ogni costo, perchÈ questa strutturazione sociale
indispensabile, che sembrava ormai acquisita nelle societý interne, attualmente
viene erosa o confiscata e i timidi tentativi avviati nella societý mondiale
dopo il 1945 sono ormai paralizzati. Le societý interne sono sottoposte alla
pressione ideologica della deregulation. Nessun principio deve intralciare
l'espansione del mercato nÈ imbrigliare il negoziato contrattuale che ne Ë il
mezzo. Le sinistre europee hanno perduto continuamente terreno, proprio per la
loro incapacitý di opporsi a tale situazione in maniera convincente agli occhi
dei loro elettori. I paesi del terzo mondo hanno rinunciato a salvare le loro
societý, accettando di consegnarsi al mercato mondiale, allorchÈ le posizioni
di debolezza iniziale in cui si trovavano li condannavano in partenza a
precipitare nell'abisso. Il servizio pubblico, o quel che ne resta, Ë costretto
alla difensiva, dappertutto; il concetto di interesse pubblico, che ne
costituiva la giustificazione e che presuppone un lavoro costante di democrazia
in atto, Ë messo da parte per procedere alle transazioni pi˜ discutibili. Un
esempio per tutti: la voracitý senza limiti del sistema finanziario ha indotto
le banche francesi a negoziare per contratto benefici finanziari a loro
vantaggio, per effettuare i controlli e le verifiche che devono effettuare
sugli assegni emessi dai loro clienti, nella lotta contro la falsificazione
degli assegni. Ma, in realtý, le banche sono tenute ad effettuare tali
verifiche, in ogni caso, dalla legge e dalla giurisprudenza. Tuttavia, le
banche hanno trovato una fonte di utili non indifferente, assicurando i loro
clienti che avrebbero svolto tali controlli previa remunerazione. Far pagare,
con una transazione, l'assicurazione che si adempiranno gli obblighi imposti
dalla legge, Ë una deriva del concetto di ordine pubblico, una ´prevaricazioneª
bella e buona. Secondo questa logica, gli insegnanti potrebbero far pagare gli
studenti, assicurando che rispetteranno le regole di vigilanza agli esami,
oppure chiunque potrebbe far pagare ai suoi vicini l'assicurazione che non si
lascerý andare ad atti di violenza nei loro confronti ... Ma se l'ordine
pubblico si perde nelle societý interne, non si Ë ancora ritrovato nella
societý globalizzata. Questa Ë retta dalla legge del ´tutto contrattoª, sia che
si tratti di accordi fra gli stati (i trattati) in cui i pi˜ deboli non hanno
alcun margine di trattativa, che di contratti economici o commerciali tra stati
e imprese. Il concetto di diritto superiore al contratto non costituisce
comunque una novitý assoluta, e la categoria di norme corrispondenti Ë quella
delle regole di diritto imperativo generale. Superiori a qualsiasi altra, tali
norme dovrebbero comportare la nullitý dei trattati che entrino in
contraddizione con loro. Ma questa Ë pura teoria. Nessun trattato che conceda
alle grandi potenze vantaggi finanziari, territoriali, militari o di polizia
sul territorio di piccoli stati Ë mai stato minacciato di nullitý, per quanto
gravi potessero essere le sue conseguenze sul piano umano. Il che vuol dire che
la contraddizione esistente tra tali trattati e le grandi norme di tutela dei
diritti fondamentali non Ë oggetto di alcuna sanzione. In tal modo, il diritto
rimane essenzialmente intersoggettivo, frutto di relazioni tra gli stati, in
cui i pi˜ deboli non possono tutelarsi, in quanto le regole oggettive di valore
universale che potrebbero dare un senso alla societý globalizzata sono esse stesse
carenti. L'assalto alla Corte penale La Carta delle Nazioni unite era apparsa
nel 1945 come struttura embrionale di diritto mondiale. Per quanto di natura
contrattuale, aveva una vocazione universale, che Ë stata confermata
dall'adesione in massa degli stati. Il testo stesso afferma il suo valore
fondante, in quanto gli obblighi derivanti dalla Carta prevalgono su qualunque
altro accordo internazionale (articolo 103). Purtroppo, autoescludendosi dal
rispetto della Carta, il Consiglio di sicurezza ha spezzato questo movimento
verso un ordine pubblico mondiale sotto l'egida dell'Onu. Lo mostrano le
manovre che hanno portato al voto della risoluzione 1441 dell'8 novembre scorso
sull'Iraq. E nessuna interpretazione di tale risoluzione potrý trasformare la guerra
annunciata in un'esperienza di sicurezza collettiva nel rispetto della legge.
PerchÈ la Carta non lascia alcuna possibilitý di aprire furtivamente agli stati
il diritto di fare la guerra. La sicurezza collettiva Ë responsabilitý totale e
completa del Consiglio, dall'inizio alla fine di un'operazione militare
autorizzata. ´I piani per l'impiego delle forze armate sono stabiliti dal
Consiglio di sicurezza con l'aiuto del Comitato di stato maggioreª (articolo
46). CosÏ, la guerra annunciata degli Stati uniti contro l'Iraq non sarý
legalizzata ricorrendo alla scappatoia di una risoluzione con una pesante
allusione di compromesso sul testo. Non sarý altro se non l'ennesima
manifestazione dell'ordine imperiale. L'idea di un ordine pubblico mondiale Ë
perdente anche sul piano della impunitý penale, e lo spirito di compromesso Ë
stato una vera e propria cancrena per quanto riguarda le possibilitý di fare
giustizia. La trattativa sul testo fondante della giustizia penale
internazionale ha incrinato gravemente lo status della Corte penale
internazionale (Cpi), e alcuni stati non aderenti si adoperano ancora per
limitarlo ulteriormente. Fra questi, gli Stati uniti sono particolarmente
accaniti nell'ottenere, tramite l'accordo del massimo numero di stati, la certezza
che i loro cittadini godranno dell'impunitý in qualsiasi circostanza. Si
snaturano cosÏ il diritto penale, che Ë essenzialmente ´di ordine pubblicoª, e
la sua applicazione inderogabile. Infine, l'assenza di un ordine pubblico che
stabilisca una gerarchia fra le norme applicabili alle relazioni transnazionali
Ë infinitamente dannosa per i popoli nella sfera dei diritti umani. BenchÈ ci
si accordi a riconoscere un valore superiore all'affermazione di tali diritti,
i meccanismi giuridici sono cosÏ sommari che al momento sono fin troppo rare le
possibilitý di far annullare le decisioni che siano direttamente o pi˜
indirettamente portatrici della loro violazione. Il liberalismo sostenuto dalla
Organizzazione mondiale del commercio (Wto) amplia a tutta velocitý il suo
campo di applicazione. Nulla consente di risolvere in maniera adeguata le
contraddizioni esistenti tra norma commerciale e diritti umani che essa
distrugge. I discorsi generici o lo sdegno a botta calda non servono
assolutamente a nulla. Dobbiamo dar corpo ad una norma fondamentale, quella
dell'interesse pubblico universale, ed esigere che costituisca in ogni
circostanza la norma di controllo dell'uso della forza e dei limiti del
mercato. Ma due condizioni sono indispensabili: la prima consiste in una
elaborazione teorica sul concetto di interesse pubblico universale, che deve
essere al centro del progetto di democrazia mondiale, e l'utilizzo di tale
concetto non deve essere confiscato da un organo non democratico quale Ë il
Consiglio di sicurezza. La seconda riguarda il rafforzamento del giudice
internazionale a cui deve essere possibile sottoporre tutti i casi in cui si
sospetti che le potenze superarmate sfruttino la loro posizione a danno della
tutela delle popolazioni, o in cui si sospetti che i meccanismi di mercato
abbiano causato una violazione dei diritti fondamentali. Il che vuol dire che,
da una parte, dovremo sottoporre il Consiglio di sicurezza ad una forte
sorveglianza democratica, in attesa della sua riforma ormai indispensabile e,
dall'altra, dovremo esigere che la competenza dei tribunali internazionali,
civili o penali, diventi obbligatoria. Sarebbero queste le espressioni iniziali
di un ordine pubblico internazionale in grado di costituire un argine di fronte
all'ordine imperiale.
(Traduzione di R. I.).