PROPOSTA DI LEGGE

D’iniziativa dei deputati

 

Buffo,

 

 

Modifica della legge 30 luglio 2002, n. 189 in materia di asilo politico alle donne vittime di violenza

 

 

 

 

 

 

 

 


Onorevoli Colleghi! – Sono moltissimi i casi di violenza fisica e psicologica a cui sono sottoposte le donne in molte parti del mondo. A mostrarlo sono gli autorevoli Rapporti delle Nazioni Unite sullo stato della popolazione, dai quali emerge un panorama di sopraffazioni che stupisce per i numeri, per le modalità e per la geografia, giacché anche i paesi occidentali non risultano esserne immuni.

         Oggi che la "globalizzazione" è sempre più visibile, l'affermazione di una piena cittadinanza per milioni di donne nel mondo deve essere una priorità.

         Conosciamo la realtà dei paesi sotto l'influenza dell'integralismo religioso e la condizione di grave limitazione dei diritti e delle libertà fondamentali cui sono sottoposte le donne in numerosi paesi del mondo,  come pure il drammatico fenomeno delle mutilazioni genitali, che i Rapporti delle Nazioni Unite ci aiutano a definire con precisione. Abbiamo inoltre conosciuto la sconcertante violenza sulle donne durante il conflitto balcanico.

Per questo consideriamo necessario estendere il diritto d’asilo alle "vittime di violenza fisica o psicologica o sessuale per la loro appartenenza al genere femminile, o per le quali sussiste il pericolo di subire tali violenze". La politica deve essere un'agente di trasformazione della realtà, ma all’auspicata modifica in questo senso delle legislazioni nazionali, nulla di concreto è seguito. Eppure il nostro Parlamento si è mostrato consapevole della condizione drammatica delle donne in molte aree del mondo, quando ha invitato le autorevoli protagoniste di battaglie per i diritti del proprio sesso Kalida Messaoudi, Yolande Mukagasana e Jacqueline Mukansonera, Mercedes Merono e Elsa Manzotti, e Esther Kamatori.        

Nell’attuale disciplina in materia di diritto d’asilo il caso delle donne vittime di violenza non è contemplato. Occorre dunque prevedere uno specifico istituto che consenta di affrontare i numerosi e drammatici casi che si presentano continuamente.

E’ bene dunque che la norma nazionale fornisca a questo riguardo un riferimento preciso. Non si tratta di immettere nella legislazione sull’asilo, peraltro da aggiornare, una specificità “aggiuntiva”.

Normare l’asilo politico senza considerare il caso delle donne perseguitate in quanto tali, significa continuare ad occultare la dolorosa realtà di violenza sul genere femminile esistente in numerose aree del mondo.

Nella consapevolezza che una legge da sola non è in grado di modificare la condizione delle donne nel mondo, riteniamo doveroso adeguare la nostra legislazione sul diritto d’asilo al principio della dignità e dell'integrità della persona.

Bisogna in proposito ricordare che anche l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha sostenuto che le donne vittime di questo tipo di violenze devono essere considerate sotto la tutela della Convenzione sui rifugiati del 1951.

Le donne italiane in questi anni sono più volte, e in varie forme, intervenute a proposito della variegata collocazione femminile nel mondo. Ben sapendo che occorre tessere una tela costruita sull’incontro tra culture, tradizioni, coscienza e strumenti istituzionali oltre che sociali ed economici. Ciò che è chiaro è che questo paziente lavoro non può prescindere dalla decostruzione degli assetti patriarcali nel mondo intero.

        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 1

 (Articolo aggiuntivo alla legge 189)

 

1. Prima dell’art. 31 legge 189, al capo II, premettere il seguente articolo:

 

“Art. 30-bis (Titolari del diritto di asilo)


        1. Il diritto di asilo, nel territorio dello Stato, è garantito:


           a)
allo straniero o all'apolide al quale è riconosciuto lo status di rifugiato previsto dalla Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati del 28 luglio 1951, resa esecutiva con la legge 24 luglio 1954, n. 722, di seguito indicata come Convenzione di Ginevra, e dal protocollo relativo allo statuto dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e reso esecutivo con la legge 14 febbraio 1970, n. 95, e che, trovandosi fuori dal Paese del quale è cittadino o, se apolide, nel quale aveva residenza abituale, non possa o non voglia avvalersi della protezione di tale Paese a causa del fondato timore di essere perseguitato per motivi di razza, di religione, di nazionalità, di appartenenza ad un determinato gruppo sociale o etnico ovvero per le sue opinioni politiche;

b) alle donne straniere o apolidi che sono state vittime di violenza fisica o psicologica o sessuale per la loro appartenenza al genere femminile, o per le quali sussiste il pericolo di subire tali violenze;

c) agli stranieri o apolidi che sono stati vittime di violenza fisica o psicologica o sessuale a motivo del loro orientamento sessuale, o per i quali sussiste il pericolo di subire tali violenze.

            d) allo straniero o all'apolide che non possa o non voglia avvalersi della protezione del Paese del quale è rispettivamente cittadino o residente abituale, in quanto effettivamente impedito nell'esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana ed esposto a pericolo attuale per la vita propria o di propri familiari ovvero a restrizioni gravi della libertà personale.


        2. Nella presente legge, con il termine di "rifugiato" si intende qualsiasi straniero o apolide cui sia stato riconosciuto il diritto di asilo, salvo che sia diversamente disposto”.