Si respirava unaria strana, ieri, nellaula Giulio Cesare, dove
giunta in dirittura darrivo la delibera sui consiglieri stranieri aggiunti.
Tra consiglieri che andavano e venivano con il cellulare rovente, alcuni
immigrati tra i quali testimoni e protagonisti di tante lotte per
lestensione dei diritti degli ultimi quindici anni, altri arrivati pi di
recente riuscivano a carpire solo a tratti la rappresentazione dellesercizio
forse un po consumato della democrazia, che andava in scena nellaula
consiliare della citt che raccoglie la maggior parte dellimmigrazione in
Italia.
Tra le proposte di Sabbatani Schiuma, che proponeva un ordine del giorno in cui si vincolasse la possibilit di candidarsi, nonch quella di votare (sic!) allaccettazione di una carta dei valori con la quale il cittadino straniero si impegni a rifiutare la poligamia, linfibulazione, la guerra santa (testuale), le leggi coraniche che inneggino alla violenza religiosa (viene spontaneo domandare cosa legga il consigliere di AN per informarsi, sicuramente i teoremi immigrazione uguale islam uguale terrorismo fondati sul nulla, elaborati da Magdi Allam dalle colonne del Corriere della Sera), e le preoccupazioni contenute in un emendamento presentato dalle consigliere per garantire che almeno uno dei consiglieri aggiunti sia donna, si viveva come uno spaesamento temporale: il dibattito tra i due schieramenti avrebbe dovuto, e potuto, svolgersi qualche anno fa.
Eppure sono convinta che non tutto quello che accadeva ieri in
quellaula fosse scontato: la citazione di un documento di sostegno
allistituzione dei consiglieri aggiunti, ma con lindividuazione di una serie
di problemi rimasti aperti, redatto da Dino Frisullo dellAssociazione Senzaconfine
circa dieci anni fa, fatta dal consigliere che tra i primi si impegnato nella
battaglia, Silvio Di Francia, non stata rituale.
Dino insieme a Don Luigi e ad altri non ha mai risparmiato accese
critiche, alla destra xenofoba ma anche alla sinistra, le cui politiche
sullimmigrazione in questi anni in Italia e a Roma hanno fatto registrare un
ritardo e una mancanza di coraggio, mancando di raccogliere le istanze portate
avanti con le lotte sociali nellultimo decennio. Purtroppo, rispetto ad
allora, anche le battaglie per i diritti degli immigrati non hanno fatto
registrare grossi passi in avanti. Leggendo la bozza programmatica
sullimmigrazione a Roma, che un vasto arco di organismi (dalla Caritas di Don
Luigi Di Liegro, a Senzaconfine, ai centri sociali, al Coordinamento romano
degli immigrati, rifugiati e nomadi, ai sindacati) sottoponeva nel febbraio
1993 ai candidati alle elezioni comunali che si sarebbero svolte quellanno, si
trovano molti dei punti che dovrebbero essere qualificanti ancora oggi: le
proposte su alloggi, seconda accoglienza e Agenzia-casa (drammatica
ricordiamo era in quegli anni la situazione degli alloggi a Roma, con gli
strascichi dello sgombero della Pantanella, o dellincendio allex-oleificio
allOstiense, dove dormivano circa 120 immigrati algerini rimasti senzatetto,
decine di baraccopoli e rifugiati alloggiati nei residence ad libitum, con il risultato di arricchire i
proprietari); quelle su informazione, socialit e cultura, istruzione,
formazione-lavoro, servizi socio-sanitari; ancora, le proposte sui diritti
civili, pi a lungo termine ma alla lunga le pi strategiche. E allora: la
messa a disposizione di sedi, spazi e strumenti per lattivit e la
comunicazione delle associazioni e comunit straniere; il superamento delle
Consulte ghettizzanti e lintroduzione dei consiglieri aggiunti eletti a
suffragio universale, con diritto ad intervenire su tutti gli argomenti oggetto
di dibattito in consiglio e non solo sullimmigrazione, come sperimentazione in
vista del riconoscimento del diritto di voto amministrativo per tutti gli
stranieri residenti; la creazione di un servizio pubblico contro la
discriminazione e il razzismo, collegato alla Polizia municipale, ai servizi
legali, alla stampa democratica ed al volontariato, con compiti di denuncia ed
intervento nei casi di aggressione od offesa xenofoba o razzista e di
violazione dei diritti fondamentali da parte di singoli, associazioni ed
istituzioni.
E allora, anche a livello locale, si pu e si deve fare di pi.
Proprio mentre a livello nazionale si registra la proposta tutta strumentale
lanciata da alcuni partiti della maggioranza di governo per il diritto di
voto agli immigrati, vincolandola a requisiti di censo richiedendo il possesso
della carta di soggiorno, la sinistra almeno nelle situazioni locali dove
amministra la citt ha il compito di rilanciare e spostare in avanti il
dibattito, attraverso azioni concrete, riprendendo quelle battaglie e
perseguendo quegli obiettivi. Qualche passo in avanti stato fatto: ricordiamo
lapprovazione a Roma della delibera 26 di iniziativa popolare
sullassegnazione di spazi comunali a fini sociali, e registriamo oggi seppur
tardivamente la pur non scontata approvazione dellistituzione dei consiglieri
stranieri aggiunti.
Per costruire davvero una citt aperta, plurale e inclusiva, che
guardi allimmigrazione come una risorsa e non come ad un problema, o al
massimo come fenomeno folkloristico, le associazioni di immigrati insieme agli
altri protagonisti delle lotte per i diritti possono ancora, e devono farsi
portavoce della citt degli esclusi, costringendo lamministrazione a costruire percorsi di inclusione ed
integrazione attraverso iniziative concrete: le proposte non mancano.
Alessia Montuori Associazione Senzaconfine