PRESENTAZIONE

DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE 2003

Italia, paese di immigrazione

Roma - Teatro Orione, 28 ottobre 2003 ore 10.30

 

 

 

Saluto e ringrazio S. E. mons. Garsia, Presidente emerito della Fondazione Migrantes, il Ministro dellInterno on.Pisanu e i relatori che con i loro contributi ci aiuteranno a cogliere la ricchezza di dati e soprattutto di provocazioni che il Dossier Statistico Immigrazione 2003 ci consegna come motivo di riflessione, impegno e denuncia. Saluto e ringrazio tutti voi, anche a nome di Mons. Petris direttore generale Fondazione Migrantes e di Mons. Di Tora direttore Caritas diocesana di Roma, che ancora una volta, con la vostra presenza, volete esprimere lattenzione e la passione che continuate a manifestare nei confronti della dignit di persone costrette, il pi delle volte, ad emigrare da territori di estrema povert e conflittualit.

 

La presentazione di questo Dossier statistico 2003 sull'immigrazione in Italia offre qualche opportunit aggiuntiva rispetto alla consueta riflessione, che pure va fatta e sar fatta in questo incontro, sulle cifre, sulle tendenze e sulle prospettive del fenomeno. Intendo dire che nelle ultime settimane, in sede politica e nella pubblica opinione, ci sono stati fatti e dichiarazioni che reclamano l'attenzione di chi, come a noi accade, non svolge soltanto un compito di registrazione dei fenomeni sociali ma opera all'interno di essi con un impulso di umanizzazione e di solidariet.

 

Prima di tutto i fatti

Drammatici e indicibili. Sulle coste  meridionali dell'Europa arrivano solo i superstiti di una mortale  odissea che inizia dai luoghi del maggior dissesto africano e si consuma con vere e proprie decimazioni nella traversata dei deserti e dei mari. Giustamente si invoca una risposta Europea per un maggior controllo ad integrazione degli accordi bilaterali di contenimento gi in essere con i paesi dell'altra sponda. Ma giunto il momento di chiedersi se anche in questo campo non sia il caso di prendere in esame un disegno di interventi pi organici o, come oggi si dice, strutturali. Le bare che si allineano sulle nostre banchine come stato scritto - sono "l'icona del dramma di un intero continente, l'Africa, in balia dei flutti del disordine economico  mondiale". E' una sfida per la politica ed anche per la mentalit ed i costumi dei popoli europei. Se si vuole, come si afferma, stagnare l'emorragia non baster rafforzare la vigilanza e bloccare i mercanti dei nuovi schiavi, ma occorrer destinare allo sviluppo del continente africano le risorse necessarie per un tempo adeguato. Il turbamento della coscienza europea si supera solo se si affronta con decisione la sostanza della tragedia africana. E' una prova di solidariet che non chiede altre parole ma concrete manifestazioni di una volont che ancora non si sono avute.

 

Poi le dichiarazioni

Che pure hanno un valore quando si presentano come autorevoli ed impegnative. E' il caso di quelle  rese dal Vice Presidente del Consiglio ai primi d'ottobre a proposito dell'introduzione in Italia del voto amministrativo per gli immigrati regolari ed anche per un possibile superamento del sistema delle "quote". Le cronache si sono esercitate nella ricerca dei motivi contingenti di una simile presa di posizione, che stata variamente collegata ad esigenze particolari connesse agli equilibri ed alle tensioni in atto tra i partiti. E' questo un profilo che non ci appartiene e neppure pu interessarci, dati la nostra collocazione ecclesiale e gli atteggiamenti pastorali che ne conseguono. Ci interessa invece - e lo diciamo esplicitamente - il contenuto della proposta che, nel frattempo, ha preso la forma di un disegno di legge su cui, come sugli altri testi gi depositati, dovr pronunciarsi il Parlamento. E' insomma auspicabile al riguardo una positiva ricerca di convergenze, che appare del resto necessaria trattandosi di una riforma costituzionale che non gode, in partenza, di una maggioranza costituita e dovr quindi cercare consensi sul campo. Pu ricavarsene l'indice di un incipiente sentire comune su un tema impegnativo come quello dell'immigrazione, del modo di intenderla, delle soluzioni da approntare ai problemi che pone. Crediamo che nessuno oggi sia in grado di prefigurare i tempi e i modi di approdo della proposta ed bene mantenere al riguardo un atteggiamento di  prudenza.  Ma intanto doveroso prendere atto che un dibattito si aperto su un versante fin qui poco esplorato e che comporta scostamenti significativi dagli ormeggi abituali.

 

Il dossier statistico sullimmigrazione 2003

In realt oggi in Italia esistono almeno 750.000 immigrati presenti da pi di 6 anni e solo 150.000 hanno avuto la carta di soggiorno, mentre migliaia di immigrati vivono la lunga attesa burocratica per avere accesso a uno strumento di cui hanno diritto. Inoltre, 350.000 persone immigrate sono presenti sul territorio nazionale da almeno 10 anni e di queste solo 100.000 di cui il 90% in seguito a matrimonio con italiani - hanno ottenuto la cittadinanza. L'idea del voto agli immigrati regolari pu essere tradotta in vario modo. Si pu operare sulla Costituzione, sulle leggi ordinarie, sulle regole di acquisizione delle cittadinanza. Ci si pu fermare all'elettorato attivo o si pu giungere all'elettorato passivo, come sarebbe giusto e desiderabile. Ma non ci si pu accostare all'idea del voto agli immigrati, o comunque ad un loro coinvolgimento partecipativo nella vita delle comunit, se prima non si presa confidenza con il concetto di integrazione delle persone nella societ in cui si innestano. Una carenza di sensibilit su questo versante avevamo evidenziato quando, in sintonia con l'avviso dei Vescovi italiani, abbiamo rilevato il carattere restrittivo dell'ultima legge votata in materia dal Parlamento. Non era, il nostro, un atteggiamento corrispondente alla caricatura che se ne faceva: quella che lo dipingeva come favorevole ad un'apertura indiscriminata e incontrollata. Non eravamo e non siamo contrari a politiche che includano forme efficaci di controllo alle frontiere sia su scala nazionale che comunitaria. Non accettiamo invece una visione delle migrazioni che riduca tutto a questione d'ordine pubblico e l'abbiamo contrastata sia sotto il governo attuale che i precedenti. Per questo anche ultimamente abbiamo segnalato ritardi, incertezze e limiti del corso delle "regolarizzazioni", cos come abbiamo espresso preoccupazioni per una tendenza europea che sembra promettere solo inasprimenti e respingimenti di massa, con un allarme speciale per la sorte dei rifugiati.

 

A maggior ragione non potevamo tacere, e non abbiamo taciuto, in presenza di affermazioni e scelte che rivelavano tracce evidenti di una cultura chiusa ed esclusivista, come quella che subisce l'immigrazione come una infezione inevitabile dalla quale liberarsi al pi presto. Non era tanto il legame tra contratto di lavoro e permesso di soggiorno a creare apprensione, quanto le pulsioni miranti a rendere tale rapporto il pi precario ed il pi breve possibile. Il richiamo di questi precedenti consente di mettere a fuoco in modo appropriato l'apprezzamento per una scelta - quella del voto -  che non avrebbe significato se non presupponesse uno scenario d'immigrazione non pi basato sulla precariet ma sulla (relativa) stabilit e quindi sull'integrazione delle persone, delle famiglie, dei gruppi nelle societ di arrivo.

 

Alla presa in considerazione di una prospettiva di integrazione si pu arrivare da vie diverse:

-       ci pu essere una motivazione umanitaria o di giustizia;

-       e ci pu essere una motivazione di realismo politico che vede l'integrazione come un argine al disordine sociale.

Con la filosofia semplice di Papa Giovanni XXIII noi diciamo che conta non il punto di provenienza ma quello di arrivo. Il voto agli immigrati non pu non essere, sotto tale profilo, che il riflesso di una scelta di campo, appunto, per un'integrazione graduale ma senza ripensamenti di quanti vengono da noi; perch noi ne abbiamo bisogno e perch hanno il diritto di essere considerati come esseri umani e non come strumenti "usa e getta".

Sono sotto gli occhi di tutti, del resto, episodi e situazioni in cui l'integrazione funziona e produce effetti positivi in ogni direzione. I "Fratellastri d'Italia", come li chiama il recente libro di Corrado Giustiniani (Laterza 2003) analizza e mette in bella copia ci che i nostri Centri d'ascolto e di accoglienza constatano ogni giorno:

-       un popolo altro da noi vive e lavora in mezzo a noi, spesso completando e spesso sostituendo le nostre funzioni;

-       una crescente presenza di immigrati imprenditori, venuti su dal nulla affrontano i rischi del mercato;

-       e non mancano neppure, come rivela il libro citato, casi di immigrati che hanno voluto scrivere le loro storie nella nostra lingua, qualificandosi come veri "ambasciatori di culture";

-       o casi controcorrente come quello che si verifica nel Nord Est, un'area comunemente assegnata alla pratica della xenofobia ma dove, esattamente a Monfalcone, l'assessorato ai lavori pubblici del comune retto da un ingegnere senegalese.

 

Dalle constatazioni che precedono trae forza l'istanza di provvedere da subito a garantire agli immigrati, prima ancora del voto, le condizioni di agibilit civile indispensabili per una vita dignitosa; e quindi:

-       la copertura sanitaria,

-       la praticabilit dell'istruzione,

-       la tutela delle famiglie,

-       l'accesso all'abitazione,

-       il sostegno sociale nei casi di estremo bisogno.

In una parola, tutto quel che rende sostanziale una cittadinanza che mediante il voto riconosciuta in modo significativo ma soltanto formale.

 

La segnalazione e l'apprezzamento del movimento in atto sul piano politico non copre tuttavia l'intero orizzonte delle questioni aperte o che si aprono in prospettiva. Pi volte abbiamo segnalato ritardi e anomalie nell'accoglienza di chi chiede asilo, una materia per la quale l'Italia si distingue per il perdurare di una preoccupante carenza normativa specifica, anche se -  notizia di questi giorni finalmente ripreso liter della legge  in Commissione Affari Costituzionali della Camera.

 

Vorrei per segnalare, alla fine di questa introduzione, un problema sul quale neanche noi, doveroso ammetterlo, abbiamo ancora riflettuto a sufficienza. Intendo riferirmi all'allargamento o meglio al completamento dell'Unione Europea ed al fatto che, conseguentemente, i cittadini dei paesi in procinto di entrarvi saranno a tutti gli effetti cittadini europei con i relativi diritti e doveri. Ad alcuni stati, tra cui l'Italia, si attribuisce la volont di usufruire della clausola che consente di dilazionare nel tempo il riconoscimento di tali diritti ed in particolare della libert di movimento. Se ci accadesse, si verrebbe a configurare, nella realt del paese, una nuova categoria di persone immigrate: accanto ai comunitari ed agli extra comunitari si collocherebbero infatti quelli che potremmo chiamare i paracomunitari titolari di una cittadinanza differita: una figura non facilmente configurabile sul piano giuridico e sicuramente portatrice di complicazioni sul piano pratico. Mi domando perci se non sarebbe preferibile semplificare le cose fin dall'inizio dando immediatamente respiro e consistenza ad una cittadinanza europea per tutti gli europei.

 

un problema questo che, approfittando della sua presenza, sottopongo all'attenzione del Ministro sapendo che sull'argomento esistono anche in Italia punti di vista diversi; e che quindi non sarebbe pregiudicato un orientamento positivo. Proprio in questi ultimi mesi e nelle ultime vicende abbiamo avuto la conferma di una nostra antica convinzione che, terminando, vorrei ribadire. La convinzione che nel governare e nellaccompagnare le migrazioni si va sempre fuori misura quando si cerca di incidere con atti volontaristici, in genere a sfondo ideologico, su una realt che viceversa si esprime come una dimensione vitale del divenire umano. Caritas Italiana, Fondazione Migrantes e Caritas diocesana di Roma, nel presentare questa edizione del dossier 2003, ribadiscono di considerare le migrazioni contemporanee come un dato con cui convivere. E come un'opportunit da non sciupare. Non abbiamo preclusioni o pregiudizi etnico-razziali. Accettiamo tutte le misure, comprese le pi sofisticate tecnologie, per combattere il traffico delle persone e le speculazioni sulla miseria. Lavoriamo perch siano percorse strade di giustizia e di sviluppo in questo mondo tanto globalizzato quanto frammentato in isole di egoismo.

 

Siamo contro ogni fondamentalismo. Riteniamo essenziale da un punto di vista giuridico il rispetto di ogni legge vigente in Italia e unampia azione di educazione alla legalit diffusa. E riteniamo altres importante dal punto di vista culturale la cura e il rispetto delle radici cristiane della nostra nazione e dellEuropa stessa.

 

Rappresentiamo un punto di vista che si accredita non solo per l'ispirazione cristiana che ci anima ma anche per un esercizio sul campo che affronta ogni giorno la prova dei fatti e il giudizio di tutti.  Sono questi i titoli che ci spingono ad insistere affinch il capitolo dell'integrazione non sia frettolosamente chiuso, magari come prezzo da pagare ad una improbabile ragion politica. Riteniamo infatti che solo nell'integrazione pu essere messo a frutto il contributo delle culture originarie degli immigrati, senza imposizione di formule di assimilazione che distruggono le identit e deformano le convivenze. Ma sappiamo altres che solo nell'integrazione si realizza una metamorfosi non superficiale e temporanea dei sopraggiunti da ospiti a nuovi cittadini; e che ci determina il superamento di equivoci, indecisioni e paure che ancora percorrono la societ e sono spesso alimentate senza motivo.

 

In definitiva noi crediamo che la vera integrazione sta nel rispetto e nella valorizzazione reciproca: rispettando le culture di origine degli immigrati che non si ostacola ma si facilita, in essi, la conoscenza e il rispetto per la cultura e le regole della nostra societ. Se immigrazione diventer sinonimo di coinvolgimento nei termini indicati, molte cose potranno cambiare.

 

Certamente in meglio. Grazie.