Studio legale

Canestrini

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Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

Ricorso

con istanza cautelare

del signor  XXX, nato a Bologna il 30.09.1945, residente in Chesa Plans Verts, Champfer (Svizzera) rappresentato e difeso giusta delega a margine del presente atto dallĠavv. Nicola Canestrini, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dellĠavv. Andrea Cannas, in Cagliari Via Dante, 19,

contro

il Ministero dellĠInterno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato difeso e domiciliato ex lege presso lĠAvvocatura Distrettuale dello Stato, in Cagliari Via Dante, 23

e contro

la Prefettura della Provincia di Sassari, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentata difesa e domiciliata ex lege presso lĠAvvocatura Distrettuale dello Stato in Cagliari Via Dante, 23, per

lĠannullamento, previa sospensione,

del decreto di rigetto dellĠistanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario sig. YYY  ex art. 33 L. 189/02, presentata dal signor  XXX, emesso dal Prefetto della Provincia di Sassari, in data 2 luglio 2003, Prot. N. 1170/P.A. - notificato al ricorrente in data 22 luglio 2003, e del provvedimento dd. 26.05.2003 del Questore di Sassari, con il quale  stato negato il relativo nulla osta, nonchŽ del provvedimento dd. 21 giugno 2003 emesso dal Questore di Sassari con il quale si rettifica la motivazione del diniego del nulla osta, e di ogni altro provvedimento presupposto, connesso e conseguente.

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Fatto:

In data 17 settembre 2002 il signor XXX  inviava alla Prefettura di Sassari, la dichiarazione di emersione di lavoro irregolare di YYY , nato in Polonia (Wegrow) il É, addetto al lavoro domestico, ex art. 33 L. 189/02, dichiarando di averlo occupato alle proprie dipendenze, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della citata legge.(sub all. 1)

Il ricorrente si impegnava a stipulare regolare contratto di soggiorno per lavoro subordinato adibendolo a lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, indicando in Û 439,00 la retribuzione mensile convenuta con il lavoratore suindicato, nel rispetto del relativo contratto di categoria.

Si impegnava altres“ a garantire al lavoratore una sistemazione alloggiativa in una appartamento sito in via Amalfi 7/a, in San Pantaleo.

Contestualmente il lavoratore richiedeva al Questore il relativo rilascio del permesso di soggiorno.

Verificata la regolaritˆ della domanda la Prefettura di Sassari provvedeva a richiedere alla Questura il prescritto nulla osta ai sensi del co. 4 art. 33 L. 189/2002.

Con lettera dd. 26 maggio 2003 la Questura di Sassari inviava alla Prefettura una comunicazione contentente il diniego del nulla osta per il seguente motivo:

Ònei confronti del cittadino extracomunitario espulso per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno: destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblicaÓ. (sub all. 2)

Dai carteggi estratti a seguito della richiesta di accesso agli atti inviata sia alla Questura che alla Prefettura, si evince che in forza di tale comunicazione la Prefettura emetteva un primo decreto di rigetto, di cui non  stata consegnata copia al ricorrente, trasmessa alla Questura con nota del 27.05.2003 indicante, probabilmente, la seguente motivazione: Òtrattasi di cittadino extracomunitario destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblicaÓ.

Con lettera dd. 21 giugno 2003 la Questura riscontrava al suddetto invio del primo decreto di rigetto invitando la Prefettura a rettificare il decreto emesso emettendo un nuovo decreto di rigetto indicante la seguente motivazione: Ò

Òtrattasi di cittadino extracomunitario espulso per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno che ha lasciato il territorio nazionale e si trova nelle condizioni di cui allĠart. 13 comma 13 del Testo unico di cui al D.L.vo 286/98 e successive modificazioniÓ.(sub all. 3)

In forza di tale comunicazione la prefettura provvedeva alla rettifica del provvedimento di rigetto con lĠemissione di un nuovo decreto nel quale veniva ritrascritto quanto ÒconsigliatoÓ dalla Questura.

Nel decreto qui impugnato si legge indatti che ÒEĠ disposto il rigetto dellĠistanza presentata dal sig. XXX , per la regolarizzazione del lavoratore extracomunitario sig. YYY , in quanto trattasi di cittadino extracomunitario espulso per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno che ha lasciato il territorio nazionale e si trova nelle condizioni di cui allĠart. 13 comma 13 del Testo unico di cui al D.L. vo 286/98 e successive modificazioniÓ. (sub all. 4)

Con lettera dd. 16 luglio 2003 la Prefettura invitava poi il ricorrente a presentarsi il giorno 22 luglio 2003 presso lo Sportello Polifunzionale per lĠimmigrazione per la definizione della procedura di regolarizzazione. (sub all. 5)

In quella data veniva notificato al ricorrente ed al lavoratore il decreto di rigetto qui impugnato, e contestualmente la Questura provvedeva ad accompagnare coattivamente lĠextracomunitario alla frontiera costringendolo a lasciare lĠItalia (!). (all. 6)

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In diritto:

Il provvedimento impugnato  illegittimo ed andrˆ annullato, previa sospensione, per i motivi di seguito esposti:

I.Violazione di legge:

Mancata applicazione del co. 1 art. 33 legge 30 luglio 2002, n. 189 ed erronea e falsa applicazione del comma 4 e 7 lett. a) art. 33 legge 30 luglio 2002, n. 189.

Il provvedimento di rigetto dellĠistanza presentata dal ricorrente applica erroneamente quanto statuito dal comma 7 lett. a dellĠart. 33 legge n. 189 del 30 luglio 2002, cos“ come modificato dallĠart. 9 quinquies del D.L 9 settembre 2002, n. 195, violando conseguentemente quanto disposto dal comma 1 dellĠart. 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189 nella parte in cui consente al datore di lavoro di regolarizzare la posizione del personale di origine extracomunitaria adibito al lavoro domestico di sostengo al bisogno familiare.

Il Prefetto, infatti ha errato laddove ha ritenuto inammissibile la domanda di regolarizzazione in forza di un motivo ostativo in realtˆ non sussistente, richiamandosi peraltro ad una comunicazione negativa di nulla osta emessa dalla Questura per motivi del tutto diversi da quelli indicati dal Prefetto.

Per maggior chiarezza espositiva, si vuole anticipare qui il macroscopico errore commesso dalla Prefettura di Sassari, in merito al richiamo della comunicazione della Questura dd. 26 maggio 2003, con riserva di esporre ampiamente tale motivo di censura nel prosieguo del ricorso.

Vi sono infatti in atti due comunicazioni della Questura di Sassari:

a)        la comunicazione di nulla osta negativo dd. 26 maggio 2003 indicante, quale motivo di diniego la circostanza che lĠimmigrato espulso per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno era stato destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica;(sub all. 2)

b)        la comunicazione dd. 21 giugno 2003 con la quale si invita lĠUfficio Territoriale del Governo a modificare il decreto di rigetto emesso - il cui accesso  stato negato a questa difesa - adducendo una nuova e diversa indicazione del motivo ostativo consistente invero nella circostanza che il cittadino extracomunitario espulso per motivi diversi dal mancato rinnova del permesso di soggiorno ha lasciato il territorio e si trova nelle condizioni di cui allĠart. 13 co. 13 del Testo Unico di cui al D.L.vo 286/98 e successive modificazioni; (sub all. 3)

Il Prefetto di Sassari, nella motivazione del decreto di rigetto dd. 2 luglio 2003 richiama la prima comunicazione della Questura dd. 26 maggio 2003, ma adduce a fondamento della motivazione le condizioni ostative indicate nella seconda comunicazione dd. 21 giugno 2003.

Le censure relative alla contraddittorietˆ e lĠillogicitˆ del provvedimento ed in merito al difetto di istruttoria che appaiono nella loro fondatezza fin da queste prime deduzioni, verranno esaminate nei motivi sub II e III.

Tuttavia, si vuole affrontare preliminarmente il vizio relativo alla violazione di legge ravvisata nel decreto impugnato in merito alla contestata sussistenza di un motivo ostativo allĠaccoglimento della domanda di regolarizzazione dellĠextracomunitario YYY .

La presente censura trova fondamento nellĠesame della normativa applicabile alla fattispecie in esame, con esclusione dellĠart. 13 co 14  cos“ come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 in quanto applicabile esclusivamente nei confronti degli immigrati espulsi successivamente allĠentrata in vigore di tale normativa.

LĠart. 33 comma 7 lett. a) della legge 30 luglio 2002, n 189, individuando i motivi ostativi allĠammissibilitˆ della dichiarazione di emersione, testualmente recita:

ÒLe disposizioni del presente articolo [dichiarazione di emersione di lavoro irregolare] non si applicano ai rapporti di lavoro che occupino prestatori dĠopera extracomunitari:

a) nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti lĠinserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non pu˜ essere in ogni caso disposta nellĠipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiaratocce il fatto non sussiste o non costituisce reato o che lĠinteressato no lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui allĠart. 13 comma 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e successive modificazioni. (É)Ó

La motivazione addotta dal Prefetto nel decreto di rigetto dd. 2 luglio 2003 qui impugnato, indica quale motivo ostativo alla regolarizzazione il seguente:

ÒÉin quanto trattasi di cittadino extracomunitario espulso per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno che ha lasciato il territorio nazionale e si trova nelle condizioni di cui allĠart. 13 comma 13 del Testo unico di cui al D.L. vo 286/98 e successive modificazioni

Dalla succinta e carente motivazione indicata nel provvedimento impugnato, che verrˆ nel prosieguo censurata anche sotto questo profilo, si evince che il diniego di regolarizzazione  stato emesso in quanto il lavoratore si trovava, a detta della Prefettura, nelle condizioni di cui allĠart. 13 comma 13 del Testo unico di cui al D.L.vo 286/98.

A ben vedere, se la Questura di Sassari avesse svolto lĠistruttoria necessaria a sostenere tale motivazioni, avrebbe appurato con facilitˆ che il lavoratore non si trovava nelle condizioni di cui allĠart. 13 comma 13 del T.U. 286/98 in quanto, espulso nel 1992 era tornato in Polonia ed era rientrato in Italia quando il divieto di ingresso aveva ormai perso la sua efficacia. (sub doc. 7 e cdco. 8)

LĠart. 13 comma 13 del Testo unico di cui al D.L.vo 286/98 recita:

ÒLo straniero espulso non pu˜ rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dellĠinterno. In caso di trasgressione lo straniero  punito con lĠarresto da sei mesi ad un anno ed  nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera

Ne consegue che la ratio del motivo ostativo indicato dallĠart. 33 comma 7 lett. a)  fondata sul presupposto che lĠimmigrato abbia commesso un reato.

Dalle considerazioni che si andranno ad esporre emerge con evidenza che il signor YYY  non ha commesso alcun reato in quanto la sua condotta ricade nellĠambito di applicazione di una legge che consentiva il rientro dopo 5 anni dallĠavvenuta espulsione.

LĠart. 13 comma 13 del Testo unico di cui al D.L.vo 286/98, richiamato nel decreto impugnato deve infatti essere letto alla luce del disposto normativo che disciplinava, allĠepoca del rientro, il divieto di reingresso per lĠextacomunitario espulso.

La normativa vigente in materia di immigrazione allĠepoca dellĠespulsione del signor YYY , il D.L. 30 dicembre 1989 n. 416, nulla prevedeva in tal senso.

Il divieto di reingresso era invece disciplinato dal co. 1 dellĠart. 151 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, c.d. T. U. Leggi di pubblica sicurezza, il quale subordinava il rientro dellĠextracomunitario espulso allĠautorizzazione del ministro dellĠinterno senza stabilire alcun termine di efficacia:

ÒLo straniero espulso a norma dellĠarticolo precedente non pu˜ rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del ministro dellĠinternoÓ.

Ne consegue che, allĠepoca dellĠespulsione del lavoratore, e quindi nel 1992, lĠimmigrato espulso poteva rientrare nel territorio solo a seguito di una speciale autorizzazione del ministero dellĠinterno.

Successivamente per˜ il suddetto articolo veniva abrogato dall'art. 46, l. 6 marzo 1998, n. 40. Tale abrogazione  stata confermata dall'art. 47, d.lg. 25 luglio 1998, n. 286.

QuestĠultima normativa, oggi modificata dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, prevedeva allĠart. 13 co. 14 che Òil divieto di cui al comma 13 [divieto di reingresso nel territorio senza una speciale autorizzazione del Ministro dellĠInterno] opera per un periodo di cinque anni,..Ó. (ev. aggiunte).

La Cassazione penale, chiamata a decidere in una fattispecie analoga, si  cos“ espressa:

ÒAllorchŽ, successivamente ad espulsione dal territorio dello Stato eseguita prima della data di entrata in vigore della l. n. 40 del 1998 abrogatrice della contravvenzione prevista dallĠart. 151 r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (cd. testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) e contestualmente ripristinatrice di analoga figura di reato, ma in termini pi favorevoli, perchŽ punitiva della sola violazione infraquinquennale del divieto di rientro lo straniero vi faccia ritorno senza autorizzazione, la sua condotta, dopo quella data, ricade nellĠambito di applicazione della legge sopravvenuta, sicch non  punibile qualora il rientro sia avvenuto oltre il quinquennio dalla data dellĠavvenuta espulsioneÓ. (Cass. Penale. Sez. I, 1 febbraio 2000). Conforme  la successiva sentenza della Cassazione Penale del 2001, che asserisce: ÒLĠart. 46 l. 6 marzo 1998 n. 40, ripreso dallĠart. 47 d.lg. 25 luglio n. 286, contente il T.U. delle disposizioni concernenti la disciplina dellĠimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ha abrogato espressamente lĠart. 151 t.u. di pubblica sicurezza, ma al tempo stesso, con lĠart. 13 comma 3 del citato d.lg. n. 286 del 1998,  stata ripristinata una corrispondente figura di reato limitata alla violazione infraquinquennale del divieto di rientro; costituisce pertanto reato il rientro non autorizzato in Italia dello straniero espulso qualora si accerti che esso  avvenuto nei limiti del quinquennio previsto dalla nuova normativa.Ó (Cass. Pen., sez I, 31 gennaio 2001, n. 15727, evidenziazioni aggiunte).

LĠimmigrato YYY  era rientrano successivamente al decorso del quinquennio previsto dalla normativa vigente a quellĠepoca, e quindi il rientro non integrava il reato previsto dallĠart. 13 comma 13 del Testo unico di cui al D.L.vo 286/98.

Infondata  pertanto la contestazione svolta dalla Questura, e richiamata dalla Prefettura, nei confronti del signor YYY  non avendo egli violato alcun divieto di rientro in Italia, in quanto abbondantemente trascorso il termine di efficacia del suddetto divieto indicato in 5 anni ex co. 14 dellĠart. 13 introdotto con la normativa vigente allĠepoca del rientro dellĠextracomunitario nel territorio italiano.

Tale interpretazione  stata condivisa anche da una recente pronuncia del T.A.R. Lombardia Brescia, 23 dicembre 2002, n. 2261 con la quale vine dichiarato che Ò Illegittimamente viene denegato il rilascio di un permesso di soggiorno ad un extracomunitario in forza di pregressa esistenza di un decreto di espulsione nellĠipotesi in cui al momento dellĠemissione del diniego era giˆ scaduto il termine quinquennale di efficacia della misura espulsiva ai sensi dellĠart. 13, comma 14, d. lg. N. 286 del 1998.Ó(sub all. 10)

Alla luce di quanto suesposto ne consegue che il provvedimento impugnato dovrˆ pertanto essere annullato perchŽ fondato su motivi ostativi non sussistenti ed emanato quindi in violazione dellĠart. 33 legge 30 luglio 2002, 189.

II Violazione di legge:

difetto di motivazione, art. 3 L. 7 agosto 1990, 241 e art. 97 Cost.

LĠart. 3 della legge 7 agosto 1990, 241 ha introdotto lĠobbligo di motivazione del provvedimento amministrativo, al fine di ricondurre lĠazione amministrativa entro i binari del principio di legalitˆ. La norma  molto chiara e fornisce importanti indicazioni anche in ordine al contenuto e ai caratteri della motivazione:

Ż         in primo luogo, la motivazione deve far riferimento sia ai presupposti di fatto sia alle ragioni giuridiche;

Ż         in secondo luogo, da essa devono emergere le risultanze dellĠistruttoria;

La normativa in esame prescrive quindi che la motivazione indichi le ragioni giuridiche, cio le norme e i principi ritenuti applicabili al caso di specie, i presupposti del provvedimento in senso stretto, cio le circostanze il cui verificarsi  necessario per la sua emanazione, i dati acquisiti e gli interessi valutati nel corso del procedimento, i motivi del provvedimento e quindi le ragioni per le quali  stata eventualmente adottata una soluzione invece che unĠaltra. La Giurisprudenza  conforme nel ritenere che la motivazione non pu˜ comunque esaurirsi in enunciazioni generiche, in una clausola di stile o nella mera indicazione delle norme applicate. (Tar Piemonte, sez II , 28 febbraio 1995, n. 153, Tar Lazio, sez. III, 13 aprile 1995, n. 687; Cons. St. IV, n. 2491/2001).

La legge richiamata ha altres“ risolto positivamente il problema della c.d motivazione per relationem, giˆ ammessa dalla giurisprudenza precedente. Ne consegue quindi che le ragioni della decisione devono comunque risultare almeno da altro atto dellĠamministrazione, richiamato dalla decisione stessa, circostanza che, per le ragioni suesposte non si  verificata nella fattispecie in oggetto.

La violazione dellĠobbligo di motivazione determina lĠillegittimitˆ del provvedimento e ne consegue che illegittimo non  solo il provvedimento carente di motivazione o la cui motivazione  incompleta, ma anche quello la cui motivazione non dimostri lĠadeguatezza del provvedimento stesso alla situazione accertata nel corso del procedimento.

Alla luce di tali succinte premesse, ormai uniformemente riconosciute dalla giurisprudenza, il provvedimento impugnato deve ritenersi palesemente illegittimo per i seguenti motivi:

a)      carenza di motivazione

la motivazione  carente e non consente di ricostruire lĠiter logico seguito dalla pubblica amministrazione per lĠemanazione del suddetto provvedimento in quanto si esaurisce in una mera enunciazione delle normativa vigente in materia di immigrazione; vi  infatti il semplice richiamo della normativa, senza alcuna indicazione del provvedimento di espulsione di cui sarebbe stato oggetto il lavoratore.

Il motivo  fondato: si produce in allegato la sentenza del Tribunale amministrativo Regionale per il Veneto terza sezione che ha annullato il provvedimento di rigetto di istanza di regolarizzazione per difetto di motivazione, ritenendo indispensabile, per la legittimitˆ del diniego, la comunicazione non solo dellĠesistenza di un motivo ostativo ma anche del suo contenuto. (Sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto dd. 10 luglio 2003, n. 3700/03, sub all. 9).

b)        carenza di istruttoria ed erroneo riferimento allĠatto presupposto:

dalla succinta motivazione del provvedimento impugnato non emergono le risultanze dellĠistruttoria svolte dalla Prefettura ed anzi, lĠunico richiamo svolto alla comunicazione della Questura di Sassari del 26.05.2003 si appalesa erroneo e contraddittorio, oltrech illogico.

Il prefetto infatti, nelle premesse, dichiara di aver Òpreso atto della comunicazione della Questura di Sassari del 26.05.2003 di non concedere al riguardo il previsto nulla osta in quanto trattasi di cittadino extracomunitario espulso per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno che ha lasciato il territorio nazionale e si trova nelle condizioni di cui allĠart. 13 co. 13 del Testo unico di cui al D.lvo 286/98 e successive modificazioniÓ.

LĠesame della suddetta comunicazione rivela in veritˆ che il nulla osta negativo era stato in un primo momento inoltrato per un motivo diverso: la comunicazione richiamata nel provvedimento e che quindi avrebbe dovuto costituire lĠatto presupposto sulla base del quale la Prefettura ha emesso il provvedimento recita: ÒIl nullaosta negativo  stato adottato per il motivo di seguito specificato: nei confronti del cittadino extracomunitario espulso per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblicaÓ.

DallĠesame della comunicazione del 26.05.2003 si evince che la stessa in primo luogo  fondata su di un presupposto errato ed  peraltro inidonea a soddisfare il requisito dellĠobbligo di motivazione previsto dalla legge.

Non corrisponde al vero che il signor YYY   stato destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

Vi  agli atti della Questura il provvedimento emesso dal Questore della Provincia di Livorno dd. 27.07.1992 con il quale viene intimato allĠextracomunitario di lasciare il territorio nazionale entro il quindicesimo giorno dalla data di notifica del provvedimento stesso.

Questa difesa ha altres“ prodotto la documentazione comprovante che in esecuzione del suddetto provvedimento, lĠextracomunitario  rientrato in Polonia, dove ha contratto matrimonio dal quale sono nati due figli.

La comunicazione della Questura dd. 26 maggio 2003 pertanto  invalida in quanto viziata da eccesso di potere per contraddizione tra provvedimenti, errore sui presupposti e difetto di istruttoria.

Peraltro tale comunicazione deve ritenersi invalida anche perchŽ costituita da un modulo contenente enunciazioni generiche prive del requisito di specificitˆ ed inidonee ed insufficienti a soddisfare lĠobbligo di motivazione richiesto.

III Eccesso di potere:

difetto di istruttoria, errore sui presupposti ed illogicitˆ

I profili di illegittimitˆ dellĠatto impugnato esposti rilevano anche al fine di una pronuncia di invaliditˆ dellĠatto in quanto viziato da eccesso di potere.

Il Prefetto della Provincia di Sassari si richiama ad un atto, la comunicazione della Questura di Sassari dd. 26.05.2003, carente nella motivazione e priva di qualsivoglia elemento istruttorio.  Si  giˆ chiarito che tale comunicazione era a sua volta fondata sullĠerrato presupposto che il lavoratore fosse stato destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento coattivo alla frontiera.

Non solo, una volta richiamato tale atto presupposto e prescritto dalla normativa in materia di immigrazione, la Prefettura emette un provvedimento di diniego dellĠistanza di regolarizzazione adducendo un motivo ostativo del tutto diverso da quello indicato dalla Questura. LĠillogicitˆ e la contraddittorietˆ del provvedimento impugnato  pertanto manifesta.

A nulla pu˜ peraltro rilevare che in atti sussiste una comunicazione della Questura di Sassari dd. 21 giugno 2003 con la quale si invita la Prefettura a modificare il precedente decreto di diniego della regolarizzazione. Tale atto infatti non viene citato nel provvedimento qui impugnato in merito al quale, incidentalmente, si vuole comunque evidenziare la violazione di legge per i motivi di cui al punto I).

IV Eccesso di potere:

irragionevolezza ed illogicitˆ

Nel nostro ordinamento il principio di ragionevolezza, secondo cui la pubblica amministrazione  tenuta a bilanciare gli interessi compresenti nel procedimento in modo plausibile e giustificabile,  ritenuto un principio assoluto che non pu˜ mai recedere di fronte ad un altro principio generale. Ci˜ significa che, nellĠadottare una decisione, lĠamministrazione dovrˆ innanzitutto verificarne la ragionevole corrispondenza a criteri di giustizia sostanziale.

Ci troviamo qui ad esaminare una fattispecie in cui lĠimmigrato non si  reso colpevole di alcun reato, ne pu˜ essere considerato una minaccia per lĠordine pubblico. Egli  stato destinatario di un provvedimento di espulsione nel lontano 1992. In esecuzione dello stesso egli  rientrato in Polonia e solo successivamente, decorsi abbondantemente i 5 anni prescritti dalla D.lvo 286/98, ha fatto rientro in Italia.

Tra il signor  XXX ed il signor YYY  si  instaurato un rapporto di fiducia per la preziosa collaborazione domestica svolta dal signor YYY.

Peraltro, se nel corso del procedimento, lĠAmministrazione avesse informato il lavoratore extracomunitario che si riteneva sussistere un motivo ostativo allĠammissibilitˆ del nulla osta, egli si sarebbe attivato per richiedere la prescritta autorizzazione del Ministero dellĠInterno.

La Pubblica Amministrazione, nellĠemettere il provvedimento di diniego di regolarizzazione impugnato non ha peraltro rispettato i principi di adeguatezza e proporzionalitˆ che, pena lĠillegittimitˆ dellĠazione, devono essere sempre rispettati.

La ratio della normativa che disciplina la dichiarazione di emersione deve essere individuata nella sollecitazione della dichiarazione della irregolaritˆ della presenza dello straniero sul territorio nazionale al fine di regolamentare la sua posizione giuridica.

Appare quindi del tutto irragionevole aver sollecitato lĠemersione non solo del lavoro irregolare, ma anche della irregolaritˆ della presenza dello straniero sul territorio nazionale, e poi aver sanzionato lĠirregolaritˆ dello straniero - con la conseguente esecuzione immediata dellĠespulsione - sulla base di un provvedimento di espulsione emesso da ben pi di 10 anni fa, che ha ormai perso efficacia a seguito dellĠentrata in vigore del D.lvo 286/98 ed in merito al quale, il lavoratore, se debitamente informato, avrebbe potuto presentare richiesta di autorizzazione al Ministero dellĠInterno sanando pertanto la sua situazione di irregolaritˆ.

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ISTANZE CAUTELARI

1. Sospensione del provvedimento

Dalle premesse suesposte emerge con evidenza la fondatezza del ricorso ed il grave ed irreparabile pregiudizio che a seguito della giˆ intervenuta espulsione del lavoratore il ricorrente subirebbe nelle more del procedimento.

La richiesta di sospensione  giustificata, per quanto riguarda il requisito del Òfumus boni iurisÓ, dai vizi di legittimitˆ illustrati nella narrativa con i motivi del ricorso.

Per quanto attiene al requisito del pericolo di danno grave ed irreparabile si fa presente che il signor  XXX ha instaurato con il signor YYY  un rapporto di fiducia ed ha giˆ istruito il lavoratore in merito alle mansioni da svolgere, e ad oggi si trova nella difficoltˆ di reperire un nuovo collaboratore domestico.

Attualmente, il signor  XXX  privo di un collaboratore domestico che custodisca il suo domicilio in Sassari, nel corso della sua permanenza per motivi di lavoro in Svizzera.

Non si pu˜ peraltro non considerare, il gravissimo pregiudizio che subirebbe il lavoratore nelle more del procedimento a seguito della giˆ intervenuta illegittima espulsione eseguita peraltro senza lĠemissione di un provvedimento di espulsione ad hoc ma, come riferito dallĠaddetto allĠufficio stranieri della Questura di Sassari, Ò in esecuzione del precedente decreto di espulsioneÓ (!).

Proprio perchŽ coinvolge delicatissimi interessi tra loro in conflitto - quello pubblico al rispetto delle condizioni giuridiche per lĠingresso e il soggiorno sul territorio nazionale e quello dellĠimmigrato al rispetto della propria esistenza - lĠesame giurisdizionale di legittimitˆ e, incidentalmente dellĠistanza cautelare, richiede un attento accertamento dei fatti, in concorso con le fonti normative di rango superiore, come la norma costituzionale e le norme di diritto internazionale recepite dallĠordinamento italiano, nonchŽ la normativa europea ed in particolare il sistema dei diritti posto in essere dalla Convezione europea dei diritti dellĠuomo.

Ai fini della concessione della sospensione del provvedimento si dovrˆ pertanto considerare che sono in gioco i diritti fondamentali dellĠimmigrato.

Da un giorno allĠĠaltro infatti YYY  ha perso il lavoro con il quale sosteneva lĠintera famiglia, la moglie e i due figli minori, e sta vivendo serie difficoltˆ per trovare una nuova fonte di sostentamento.

Sotto questo profilo si evidenzia altres“ che lĠaccoglimento della richiesta sospensione del provvedimento eviterebbe la produzione del danno che riceverebbe la pubblica amministrazione in caso di accoglimento del ricorso.

Si chiede pertanto che, stante il concreto grave ed irreparabile pregiudizio che subirebbe il ricorrente nelle more del procedimento, il Tribunale adito Voglia disporre la sospensione del decreto di rigetto dellĠistanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario sig. YYY  ex art. 33 L. 189/02, presentata dal signor  XXX, emesso dal Prefetto della Provincia di Sassari, in data 2 luglio 2003, Prot. N. 1170/P.A. - notificato al ricorrente in data 22 luglio 2003, e del provvedimento dd. 26.05.2003 del Questore di Sassari, con il quale  stato negato il relativo nulla osta, nonchŽ del provvedimento dd. 21 giugno 2003 emesso dal Questore di Sassari con il quale si rettifica la motivazione decreto di diniego dellĠistanza di regolarizzazione.

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Tutto ci˜ premesso e considerato, il ricorrente come in epigrafe rappresentato e difeso presenta le seguenti

CONCLUSIONI

Per le ragioni sopra esposte ed in relazione ai vizi di legittimitˆ fin qui enunciati, con riserva espressa di motivi aggiunti, il ricorrente chiede che lĠIllustre Tribunale Amministrativo Regionale adito, contrariis rejectis, Voglia:

Ż         in via cautelare:

sospendere il provvedimento impugnato ed ogni altro atto presupposto connesso o consequenziale, fissando allĠuopo apposita udienza in cui sentire i difensori delle parti;

Ż         nel merito:

annullare il decreto di rigetto dellĠistanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario sig. YYY  ex art. 33 L. 189/02, presentata dal signor  XXX, emesso dal Prefetto della Provincia di Sassari, in data 2 luglio 2003, Prot. N. 1170/P.A., notificato al ricorrente in data 22 luglio 2003, e del provvedimento dd. 26.05.2003 del Questore di Sassari, con il quale  stato negato il relativo nulla osta, nonchŽ del provvedimento dd. 21 giugno 2003 emesso dal Questore di Sassari con il quale si rettifica la motivazione del diniego del nulla osta, e di ogni altro provvedimento presupposto, ed ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale;

emanare i provvedimenti necessari alla riattivazione della procedura di legalizzazione ai fini della stipulazione del contratto di soggiorno ed al rilascio del relativo permesso di soggiorno.

Ż         in via istruttoria:

ordinarsi ai convenuti la produzione in giudizio di tutti gli atti relativi allĠemanazione del provvedimento impugnato.

Con rifusione delle spese processuali.

Si dichiara che ai sensi e per gli effetti dellĠart. 9 della L. 488/99 il valore della causa  indeterminabile.

Con il ricorso saranno depositati anche i seguenti documenti:

1.          Dichiarazione di emersione 17 settembre 2002.

2.         Comunicazione della Questura dd. 26.05.2003.

3.         Comunicazione della Questura dd. 21 giugno 2003.

4.         Decreto di rigetto dellĠistanza di regolarizzazione dd. 2 luglio 2003.

5.         Convocazione dd. 16 luglio 2003.

6.         Relata di notifica del decreto al lavoratore dd. 22 luglio 2003.

7.         Decreto di espulsione emesso dal Prefetto della Provincia di Livorno dd. 27.07.1992.

8.        Certificato di matrimonio e di nascita del signor YYY .

9.         Sentenza Tar Veneto n. 3700/03

10  Sentenza Tar Brescia 23 dicembre 2002, n. 2261

Rovereto, Cagliari, 18 settembre 2003               Avv. Nicola Canestrini