Rassegna Stampa


dal 16 al 19 settembre 2003

 

 

1. Il sindaco di Roma Veltroni: "Avremo consiglieri comunali extracomunitari, faranno parte del consiglio comunale con voto (Stranieri in Italia)

2. PROSTITUZIONE – Pia Covre (Comitato diritti prostitute): ''Il Ddl adottato è inaccettabile per una società civile'' (Redattore Sociale)

3. IMMIGRAZIONE – Le imprese italiane intenzionate ad assumere nel 2003 224mila extracomunitari (+36,7%) (Redattore Sociale)

4. IMMIGRAZIONE – Nel 2003, a Milano, un assunto su 3 è extracomunitario. Richiesti 20mila lavoratori stranieri (Redattore Sociale)

5. MINORI – Nei paesi industrializzati quasi 3500 bambini sotto i 15 anni muoiono per abusi fisici e maltrattamenti. I dati dell'Unicef (Redattore Sociale)

6. MINORI – Maltrattamenti: chiara relazione tra i tassi di mortalità dei bambini e il livello di violenza delle singole società. Per l'80% a compiere violenza sono genitori naturali (Redattore Sociale)

7. ASILO POLITICO: Frattini a UNHCR,impegno armonizzazione in UE Lubbers alla Farnesina chiede impegno in paesi di origine (ANSA)

8. Comuni: sono in assegnazione i contributi del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo (Stranieri in Italia)

9. PROSTITUZIONE - La Regione Veneto finanzia progetti contro la tratta degli esseri umani. Definiti i criteri (Redattore Sociale)

10. MINORI – Save the Children: ''Ottanta milioni di bambini a rischio di vita nei prossimi 12 anni per malattie curabili'' (Redattore Sociale)

11. Dal 1998 ad oggi diminuita del 73% l'emigrazione albanese in Italia. Lo rivela l'istituto demoscopico di Pristina (Stranieri in Italia) 

12. IMMIGRAZIONE - Con 440mila euro la Regione Umbria finanzia 73 progetti d'integrazione degli immigrati (Redattore Sociale)

13. IMMIGRAZIONE: Mantovano, centri permanenza indispensabili  (ANSA)

14. IMMIGRAZIONE: Mantovano, centri permanenza indispensabili (2) (ANSA)

15. IMMIGRAZIONE: i CPT da Turco-Napolitano a Bossi-Fini/scheda (ANSA)

16. IMMIGRAZIONE: Assessore Marche, del CPT non sapevamo niente nessuna intesa con il governo, siamo indignati...(ANSA)

17. PSICHIATRIA – Una delegazione di psichiatri serbi in Italia per una visita di studio e confronto sulla salute mentale (Redattore Sociale)

18. IMMIGRAZIONE: la circolare del Viminale contestata dalla Lega (ANSA)

19. IMMIGRAZIONE: la circolare del Viminale contestata dalla Lega(2) (ANSA)

20. DIRITTI – Le iniziative dell'Aidos in Nepal e Russia per prevenire la violenza sulle donne e assistere le vittime (Redattore Sociale)

21. VIOLENZA – L'Aidos denuncia: ''Il Governo ha tagliato del 40% lo stanziamento per il Fondo delle Nazioni Unite per le donne'' (Redattore Sociale)

22. PACE - Presentato a Milano ''L'arcobaleno e il deserto'', il documentario di Emergency sull'Iraq (Redattore Sociale)

23. NOMADI – Per fermare le migrazioni di massa dei rom, protocollo d'intesa tra autorità locali rumene e napoletane (Redattore Sociale)

24. COOPERAZIONE – Gli incontri Icei: il 25 settembre a Milano incontro sui progetti internazionali e sul programma 2004 (Redattore Sociale)

25. MINORI - A Gubbio laboratorio extrascolastico per favorire l'integrazione scolastica dei bambini a partire dalla lingua (Redattore Sociale)

26. IMMIGRAZIONE – Bologna: cooperativa di 12 immigrate offrirà servizi di baby sitter a bambini italiani e stranieri (Redattore Sociale)

27. Convenzione ONU contro criminalità: Cuffaro, azioni comuni (ANSA)

28. DIRITTI – L'Unicef: ''Riaprono le scuole, ma milioni di famiglie non possono far studiare i propri bambini'' (Redattore Sociale)

29. DIRITTI – Rapporto di Amnesty International sull'Algeria. Critiche alle autorità: ''Basta promesse, occorrono fatti'' (Redattore Sociale)

30. MINORI – Stranieri non accompagnati. Su 258 albanesi rimpatriati tra il ’98 e il 2000, il 60% è tornato in Italia e rimpatriato altre 2 o 3 volte (Redattore Sociale)

31. MINORI - Stranieri non accompagnati, Save the Children: ''Sono necessarie nuove regole per il rimpatrio'' (Redattore Sociale)

32. IMMIGRAZIONE: Gibuti, esercito arresta centinaia clandestini (ANSA-REUTERS)

 

 

1. Il sindaco di Roma Veltroni: "Avremo consiglieri comunali extracomunitari, faranno parte del consiglio comunale con voto (Stranieri in Italia) 19 settembre 2003  MINORI - Stranieri non accompagnati, Save the Children: ''Sono necessarie nuove regole per il rimpatrio'' (Redattore Sociale) Roma, capitale della multietnicità, si appresta a vivere nuove realtà di integrazione. Il Comune di Roma, infatti, nominerà dei consiglieri comunali immigrati per favorire di più l'integrazione degli stranieri e per dare sostanza al diritto di cittadinanza. L'annuncio è stato fatto del sindaco Walter Veltroni, durante un intervento alla Festa nazionale dell'Unità di Bologna. Il sindaco capitolino ha spiegato che i consiglieri saranno quattro e avranno solo una funzione consultiva. "Con la prossima riunione del consiglio comunale - ha affermato Veltroni - approveremo l'ingresso dei consiglieri comunali immigrati che entreranno a far parte del consiglio con voto consultivo perché, per legge, non possiamo dargli la facoltà del voto pieno. Vogliamo rappresentare il senso di integrazione e sottolineare il diritto di cittadinanza che le comunità di immigrati hanno dentro una città nella quale quello che succede li riguarda direttamente. E' giusto che partecipino alle nostre decisioni".

 

2. PROSTITUZIONE – Pia Covre (Comitato diritti prostitute): ''Il Ddl adottato è inaccettabile per una società civile'' (Redattore Sociale) 19 settembre 2003 ROMA - "La scelta fatta in Commissione Giustizia di adottare il Ddl del Governo come testo base cancellando ogni altra proposta dei parlamentari è antidemocratica. Sappiamo perfettamente che anche all’interno della maggioranza di Governo non vi è accordo su questa proposta, e forse il Governo si illude di evitare in questa maniera una discussione che vedrebbe schierati con l’opposizione tanti Parlamentari della maggioranza”. A Parlare così è Pia Covre, responsabile del Comitato per i diritti civili delle prostitute. La dura critica è verso il disegno di legge adottato in Commissione Giustizia.“La legge proposta – precisa la Covre - è inaccettabile per le prostitute e per una società civile che crede nel rispetto delle libertà e dei diritti. Limitazione della libertà di movimento, carcere e multe salatissime, diritto alla casa in balia delle decisioni di altri cittadini: decisamente questa prostituzione non fa rima con costituzione. I cittadini devono sapere che esse sono entrambe in pericolo”.“Il Governo – continua - alimenta con la propria politica sull’immigrazione una situazione di coercizione e violenza contro le donne straniere che esercitano la prostituzione ed ora vuole anche poterle sbattere in carcere, carcere che vuole anche per le italiane naturalmente. Con ipocrisia dice di voler salvare le vittime di tratta e però con l’operazione “strade pulite” da un esempio di pulizia etnica, perché è così che si chiama la deportazione massiccia, numerosa e sistematica di gruppi di persone di uno stesso paese, come ad esempio si fa con i cittadini nigeriani”.“E’ di due giorni fa – conclude Pia Covre - la deportazione di Evelyn , una ragazza che aveva denunciato di essere stata trafficata e che è stata ri-consegnata ai trafficanti nel proprio paese, Evelyn non è il solo caso, molte ragazze non vengono neppure informate dei loro diritti quando sono fermate dalla polizia. Per fortuna le associazioni di volontariato e gli enti locali fanno un lavoro prezioso di aiuto e accoglienza per queste donne nonostante la carenza di finanziamenti destinati dalla Finanziaria. Cnclusione: si sta scrivendo una brutta pagina sul tema dei diritti dei cittadini e nella storia del nostro paese”.

 

3. IMMIGRAZIONE – Le imprese italiane intenzionate ad assumere nel 2003 224mila extracomunitari (+36,7%) (Redattore Sociale), 19 settembre 2003 MILANO - Dai dati elaborati dalla Camera di Commercio di Milano delineano un quadro italiano e un dettaglio milanese: le imprese italiane sono intenzionate ad assumere nel corso del 2003 un numero massimo di quasi 224.000 nuovi dipendenti extracomunitari (il 33,3% fra tutte le nuove assunzioni previste in Italia). Sono 60150 in più rispetto al 2002 (+36,7%).Le assunzioni di lavoratori extracomunitari previste dalle imprese milanesi sfioreranno nel corso del 2003 il tetto delle 20.000 unità: quasi 5.500 unità in più (+37,7%) rispetto alle previsioni del 2002. I neo assunti extracomunitari rappresenteranno complessivamente il 30,7% della nuova forza lavoro milanese.I settori delle imprese che assumono sono del comparto dei servizi (62,8% della richiesta di extracomunitari), seguite da quelle dell’industria (19,7%). Le restanti richieste provengono invece dal commercio (11,9%) e dal settore delle costruzioni (5,6%). In particolare, il 18,2% dei neo assunti extracomunitari è atteso da fornitori di servizi operativi alle aziende, il 15,8% da alberghi, ristoranti e società di servizi turistici, l’11,9% da imprese del commercio, l’11,8% dalle ditte di trasporti e servizi postali e il 5,9% da ditte di servizi sanitari privati. Tra tutte le imprese che arruoleranno extracomunitari l’8% saranno imprese artigiane. Il 48,5% dei nuovi assunti andrà a imprese con un numero di dipendenti superiore alle 250 unità e il 21% andrà in aziende da 50 a 249 dipendenti, il 19,3% si inserirà in imprese sino a 9 dipendenti e l’11,2% in ditte da 10 a 49 addetti.L’età degli extracomunitari da assumere non sarà, stando alle proiezioni della Camera di Commercio, una discriminante nel 41,6% dei casi, ma il 35,7% dei neo assunti dovrà avere dai 26 ai 35 anni e il 18,5% non oltre i 25. Solo il 4,3% delle nuove assunzioni saranno di persone con più di 35 anni. Al 54,8% dei nuovi assunti extracomunitari a Milano sarà richiesta la licenza di scuola media, mentre al 21,2% verrà richiesto un diploma di scuola superiore. Il 15,5% dovrà aver ottenuto una qualifica professionale e l’8,5% dovrà possedere la laurea.La maggior parte dei neo assunti extracomunitari a Milano verrà inserita in azienda come operaio e apprendista (78,2%), ma anche come impiegati e quadri (21,6%) e, in percentuale molto bassa, con mansioni dirigenziali (0,3%). Riguardo alle professionalità più richieste, invece, ai primi posti troviamo le professioni operative dei servizi e delle vendite (33,1%), seguite da quelle a bassa qualifica (30,1%), da quelle tipiche della produzione industriale (19,2%), da quelle specialistiche e tecniche (14,5%) e da quelle amministrative (3,1%).

 

4. IMMIGRAZIONE – Nel 2003, a Milano, un assunto su 3 è extracomunitario. Richiesti 20mila lavoratori stranieri (Redattore Sociale), 19 settembre 2003 MILANO - Nuovi assunti nel 2003 a Milano: 1 su 3 è extracomunitario. Il quadro è delineato dall’elaborazione dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Milano su dati Excelsior 2003 con le previsioni di occupazione per il 2003 delle imprese.Richiesti 20 mila, 5.500 in più rispetto al 2002, in particolare nei servizi. La manodopera reclutata fra gli extracomunitari dalle imprese milanesi sfiorerà nel corso del 2003 le 20.000 unità e la richiesta è in aumento di oltre 5.000 unità (+37,7%) rispetto alle previsioni del 2002. Nel complesso quasi 1 ogni 3 neo assunti (30,7%) dalle imprese della provincia milanese sarà un immigrato. Andranno a infoltire soprattutto le fila degli operai delle imprese dei servizi (62,8%) e di quelle industriali (19,7%); in particolare, ditte di servizi per le imprese (18,2%), alberghi, ristoranti e turismo in genere (15,8%) e attività di commercio (11,9%). I più richiesti sono gli extracomunitari con un’età compresa fra i 26 e i 35 anni (35,7%) e dovranno essere almeno in possesso della licenza media (54,8%). Andranno a ricoprire mansioni di operaio generico (78,2%).

 

5. MINORI – Nei paesi industrializzati quasi 3500 bambini sotto i 15 anni muoiono per abusi fisici e maltrattamenti. I dati dell'Unicef (Redattore Sociale), 19 settembre 2003 ROMA – L'Unicef presenta una ricerca sui maltrattamenti subiti dai bambini. Si tratta di una ricerca pubblicata oggi dal Centro di Ricerca Innocenti dell’organizzazione, che mostra una classifica comparata della mortalità dei bambini nei Paesi industrializzati. Lo studio richiama l’attenzione su un triste fenomeno, quello appunto del maltrattamento dei bambini, che per l’Unicef “sembra essere comune e diffuso e tuttavia riportato in modo insufficiente dalle statistiche”.Il rapporto in questione si occupa della violenza contro i bambini, degli abusi nei loro confronti e dei maltrattamenti come questioni fondamentali dei diritti umani e richiama l’impegno preso alla Sessione speciale sull’infanzia di proteggerla da ogni forma di violenza, negligenza e abuso. Esso costituisce anche il primo tentativo di tracciare un quadro comparativo degli abusi fisici subiti dai bambini nei 27 Paesi più ricchi del mondo. L’Unicef stessa, tuttavia, ammette che la classifica comparata “deve essere interpretata con una certa cautela, visto che copre un’area nella quale esiste una drammatica carenza di dati e nella quale la debolezza dei dati statistici è indice della natura nascosta del fenomeno, della scarsa priorità politica attribuita alla questione della violenza contro i bambini e delle resistenze sociali nel prenderne atto”. Un fatto che l’Unicef sottolinea nel suo rapporto sui maltrattamenti sui bambini è anche la mancanza di coerenza nei criteri di classificazione delle morti dei bambini e di una definizione comune del concetto di ‘abuso’ che rende scarsamente comparabili i dati esistenti sul fenomeno. Lo studio denuncia la “crescente certezza che le morti di bambini per maltrattamenti siano sottostimate nelle statistiche attualmente disponibili”. Dunque, il rapporto afferma che tutte le statistiche sugli abusi nei confronti dei minori devono essere considerate con estrema cautela e invoca “l’adozione di metodologie di ricerca e di raccolta dei dati più omogenee ed efficaci”. Nel tentativo di correggere tali divergenze nei criteri di classificazione delle morti, i ricercatori dell’Unicef hanno compilato allora una classifica comparata nella quale, per ogni Paese, il numero totale di morti di bambini sicuramente dovute ai maltrattamenti e alla trascuratezza è messo in relazione con il numero di morti infantili registrate come dovute a “causa indeterminata”. Il presupposto è che quando non possono essere individuate altre cause, la morte è probabilmente dovuta a maltrattamenti non dimostrabili in Tribunale. E dal calcolo riveduto con tale criterio risultano tassi di mortalità che per alcuni Paesi sono più che doppi rispetto a quelli ufficiali.
Comunque, dati alla mano l’Unicef stima che, nel mondo industrializzato, ogni anno quasi 3500 bambini di età inferiore ai 15 anni muoiono in seguito ad abusi fisici e a trascuratezza, con una percentuale di rischio più elevata per i bambini più piccoli. Un ristretto gruppo di Paesi, Grecia, Irlanda, Italia, Norvegia e Spagna, sembra avere un’incidenza particolarmente bassa di maltrattamento dei bambini. Il Belgio, la Francia, la Nuova Zelanda, la Repubblica Ceca e l’Ungheria hanno livelli di mortalità per maltrattamenti da 4 a sei volte superiori. Il Messico, il Portogallo e gli Stati Uniti hanno, invece, tassi tra i 10 e le 15 volte superiori a quelli dei Paesi in testa alla classifica. “Ma la buona notizia – afferma l’Unicef – è che le morti dovute ai maltrattamenti sembrano essere in declino nella grande maggioranza dei paesi industrializzati”.

 

6. MINORI – Maltrattamenti: chiara relazione tra i tassi di mortalità dei bambini e il livello di violenza delle singole società. Per l'80% a compiere violenza sono genitori naturali (Redattore Sociale), 18 settembre 2003 ROMA - La ricerca dell’Unicef sui maltrattamenti sui minori rileva anche che sembra esistere una chiara relazione tra i tassi di mortalità dei bambini per maltrattamenti e il livello di violenza di una società nel suo complesso. I paesi che hanno i minori tassi di morti di bambini per maltrattamenti hanno anche tassi molto ridotti di mortalità degli adulti dovuta ad aggressioni. Allo stesso modo, i tre paesi che hanno livelli eccezionalmente alti di morti di bambini per maltrattamenti (Messico, Portogallo e Stati Uniti) hanno anche tassi particolarmente elevati di mortalità di adulti.Il rapporto dell'Unicef si fonda su di un'ampia serie di indagini condotte in vari paesi che hanno esaminato i fattori più comunemente associati all’abuso fisico. La povertà e lo stress sono fattori strettamente correlati al maltrattamento e alla trascuratezza nei confronti dei bambini, anche se la relazione è lungi dall'essere costante. Contrariamente alla percezione comune, l'80 per cento di coloro che compiono abusi sui bambini sono i genitori naturali. Di tutti i problemi familiari registrati dai ricercatori in relazione a questo fenomeno, uno dei più diffusi e gravi è l'abuso di alcool e di stupefacenti. Esistono anche forti indicazioni dell’esistenza di una correlazione tra gli abusi fisici subiti dai bambini e la violenza tra gli adulti con cui vivono. Ma il rapporto cita anche alcuni studi di ricerca realizzati in Germania dai quali risulta che oltre il 50 per cento dei bambini che hanno assistito spesso in casa a scene di violenza tra adulti ha subito raramente, o non ha mai subito, abusi fisici. Lo studio espone inoltre le ultime ricerche sulla situazione giuridica in tutti i paesi dell'OCSE rispetto alle punizioni corporali. Attualmente, solo sette paesi, Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Islanda, Norvegia e Svezia, hanno in vigore leggi che proibiscono esplicitamente le punizioni corporali sui bambini. Tutti i paesi dell’OCSE hanno eliminato il ricorso alle punizioni corporali dal proprio sistema giudiziario, e la maggioranza di essi le ha dichiarate illegali nelle scuole. Diversi altri paesi stanno per adottare legislazioni in materia. Richiamandosi alla Convenzione sui diritti dell'infanzia e prendendo atto di una crescente pressione politica, giuridica e morale, il rapporto afferma che la violenza legalizzata nei confronti dei bambini costituisce una violazione dei diritti umani, anche quando questa avviene nell'ambiente domestico.

 

7. ASILO POLITICO: Frattini a UNHCR,impegno armonizzazione in UE Lubbers alla Farnesina chiede impegno in paesi di origine (ANSA) - ROMA, 18 SET - La presidenza di turno italiana dell' Unione europea "terrà in piena considerazione i contributi e i suggerimenti" per una armonizzazione delle discipline europee in materia di asilo politico che vengono dall' Agenzia dell' Onu per i rifugiati (Unhcr). Lo ha garantito il ministro degli Esteri, Franco Frattini, all' Alto Commissario dell' Unhcr, Ruud Lubbers, ricevuto oggi alla Farnesina. Lubbers ha illustrato a Frattini, in qualità di presidente del Consiglio dei ministri Ue, anche altre priorità dell' Unhcr come il contributo finanziario dell'Unione e degli Stati membri alle operazioni umanitarie. Frattini, al termine del colloquio, ha riferito che le considerazioni portate da Lubbers "potranno essere estremamente importanti per la costruzione di una politica europea sul diritto d'asilo". Dopo aver ribadito che la presidenza italiana "sta lavorando" su questi temi, il ministro ha spiegato che bisogna "bilanciare una politica rigorosa di prevenzione e contrasto all'immigrazione clandestina con una politica di supporto ai Paesi di provenienza".L'Alto Commissario per i rifugiati, che in serata incontrerà il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha osservato che "non è impossibile" trovare soluzioni al problema dell' immigrazione clandestina ricordando l'utilità dello strumento delle "quote" e la necessità di intervenire nei Paesi di provenienza dei flussi.

 

8. Comuni: sono in assegnazione i contributi del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo  (Stranieri in Italia) 18 settembre 2003 Roma - I comuni che accolgono rifugiati e richiedenti asilo riceveranno a breve il contributo economico del "Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo". La Corte dei Conti ha infatti approvato il decreto di ripartizione del Fondo firmato dal Ministro dell'Interno il 23 luglio scorso. Il Fondo è stato istuito dalla Bossi-Fini proprio per finanziare gli enti locali che, come prevede la nuova legge sull'immigrazione, sono diventati protagonisti nell' accoglienza dei richiedenti asilo.  Ogni anno il Viminale destinerà ai comuni un contributo di sostegno a questo tipo di inteventi. I primi stanziamenti del 2003 andranno ai comuni che hanno attivato anche per quest'anno i servizi di assistenza e accoglienza già previsti dal "Programma Nazionale Asilo". Nato nell'aprile 2001, il P. N. A. ha coinvolto fino ad oggi 150 comuni e le maggiori associazioni impegnate nel settore, come Caritas, Centro Italiano di Solidarietà, Consiglio Italiano dei Rifugiati. Oltre ai richiedenti asilo ed ai rifugiati, beneficiano del programma anche gli stranieri che hanno un permesso di soggiorno per motivi umanitari o per protezione umanitaria

Elenco dei comuni assegnatari e ripartizione del fondo

Programma Nazionale Asilo

 

9. PROSTITUZIONE - La Regione Veneto finanzia progetti contro la tratta degli esseri umani. Definiti i criteri (Redattore Sociale), 18 settembre 2003 VENETO - Progetti regionali contro il fenomeno della prostituzione e della tratta degli esseri umani. Queste le azioni prioritarie che la Giunta regionale, su proposta dell’Assessore regionale alle politiche sociali Antonio De Poli, finanzierà nel 2003, secondo quanto prevede la legge regionale n. 41 del 1997 che determina le azioni della politica regionale di tutela e promozione della persona, della famiglia, della comunità locale a fronte dei fenomeni di abuso e sfruttamento sessuale. De Poli spiega che una deliberazione approvata oggi dalla Giunta veneta ha fissato i criteri e le modalità per presentare in Regione (direzione regionale per i servizi sociali), per l’anno 2003 “progetti che promuovano percorsi di prevenzione, tutela, contrasto e recupero delle persone sottoposte ad abuso e sfruttamento sessuale, attraverso progetti obiettivo. Con questa deliberazione si concorre alla realizzazione di tali progetti obiettivo che i soggetti istituzionali, individuati dall'articolo 4 della legge regionale (si tratta di enti locali e unità locali socio-sanitarie), potranno presentare entro il trentesimo giorno dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione”. L’Assessore veneto ricorda, inoltre, che la graduatoria di merito per l’ammissione al finanziamento regionale sarà formulata sulla base dei seguenti criteri di priorità: partecipazione di più Enti per il potenziamento e la realizzazione di un lavoro di rete; creazione di un raccordo con le Forze dell’Ordine e la Magistratura; realizzazione di percorsi di inserimento sociale: dagli interventi di strada per la prevenzione della salute della donna tramite l’informazione e l’accompagnamento ai servizi, alle iniziative di accoglienza tramite interventi di segretariato sociale e di comunità e gruppi famiglia; dalla formazione professionale all’inserimento lavorativo; dalla sensibilizzazione alla mediazione dei conflitti; saranno considerate le progettualità che prevedono nel loro ambito accordi di programma, convenzioni sottoscritte, protocolli d’intesa tra vari soggetti pubblici e privati, al fine di dare estensione territoriale al progetto. Le prestazioni e gli interventi compresi nei compiti d'istituto non devono rientrare tra le spese calcolate per la realizzazione del progetto. Saranno accolte anche le domande relative a progetti che costituiscono sviluppo o completamento di quelli già finanziati negli anni precedenti, purché conclusi e già rendicontati. In merito all’elaborazione dei progetti: la domanda di finanziamento, deve essere redatta su un apposito allegato e contenere una dettagliata esposizione delle attività attuate o in fase di programmazione da parte dei soggetti pubblici interessati alle problematiche di cui alla legge n. 41/1997, con una puntuale indicazione dei tempi e dei modi di realizzazione del progetto stesso pena l'esclusione dalla valutazione.

 

10. MINORI – Save the Children: ''Ottanta milioni di bambini a rischio di vita nei prossimi 12 anni per malattie curabili'' (Redattore Sociale), 18 settembre 2003 ROMA - Senza massicci investimenti a livello globale in campo sanitario, nei prossimi 12 anni 80 milioni di bambini rischiano di morire per malattie come malaria, diarrea e polmonite. E’ quanto emerge dal rapporto 80 million lives: Meeting the Millennium Development Goals in child and material survival presentato oggi a Londra dalla Grow Up Free from Poverty coalition, di cui fanno parte Save the Children e altre organizzazioni quali Cafod e Tearfund. Negli anni Novanta morivano circa 10,5 milioni di bambini l’anno, con una media mondiale di circa 93 bambini su 1000. Nel 2001 sono morti 10 milioni di bambini, con una media di 81/1000. Un ritmo troppo lento per sperare di ridurre di 2/3 la mortalità infantile entro il 2010, obiettivo dichiarato dalle Nazioni Unite nel “Millennium Development Goals”. In molti Paesi il tasso di mortalità infantile ha smesso di decrescere. A queste condizioni, alcuni Paesi africani avrebbero bisogno di 150 anni per ridurre gli obiettivi fissati dall’Onu. Ogni anno oltre 10 milioni di bambini sotto i 5 anni (30.000 al giorno) muoiono di malattie prevenibili. Ogni anno più di 500.000 donne muoiono durante la gravidanza o di parto. Nei Paesi dell’Africa sub-sahariana la mortalità alla nascita è cento volte maggiore che nei Paesi industrializzati. E’ bene precisare che molti bambini dei Paesi in via di sviluppo soffrono delle stesse identiche malattie dei bambini dei Paesi ricchi, ma non hanno la possibilità di essere curati. Per la stessa carenza di strutture sanitarie, in moltissimi Paesi rimane elevato il tasso di mortalità delle donne incinte. Agnes Mukandoli, rappresentante dell’Unione delle Madri del Rwanda, ha dichiarato: “Quando una donna rimane incinta dovrebbe essere felice e guardare al futuro con ottimismo. Ma nel mio Paese, come in tanti altri, l’attesa è un momento di paura perché il rischio di morire al momento del parto è altissimo. C’è bisogno di cose semplici, come acqua potabile e medicinali di base. Ma sembra che nessuno si accorga di quante mamme e quanti bambini muoiono in Africa ogni giorno. Siamo invisibili? Ogni minuto in Africa una donna muore per cause assurde. Ogni anno mezzo milione di donne sono uccise da infezioni banalissime. Chiediamo ai Paesi sviluppati di fermare questa strage”.

 

11. Dal 1998 ad oggi diminuita del 73% l'emigrazione albanese in Italia. Lo rivela l'istituto demoscopico di Pristina (Stranieri in Italia) 18 settembre 2003 L'Italia, America per molti anni degli emigranti albanesi, non è più nei sogni di chi decide di lasciare il paese delle Aquile. Secondo i dati registrati dall'istituto demoscopico di Pristina "Demoskos", che ha condotto un'indagine per il settimanale multimediale "Tribuna dell'Est", i flussi migratori verso l'Italia hanno subito un netto e progressivo calo negli ultimi cinque anni. Dal 1998 ad oggi si è registrata infatti una diminuzione del 73% della media complessiva di albanesi emigranti (calcolata rispetto alla media relativa agli antecedenti cinque anni 1993-1998). L'indagine è stata condotta su un campione di 3.300 famiglie albanesi con almeno un componente emigrato in Italia. E' emerso un costante e progressivo calo di preferenza dell'Italia rispetto ad altri paesi dell'Ue. Il calo è risultato del 65% negli anni compresi tra il 1998 e il 2000, rispetto alla media delle preferenze calcolata tra il 1993 e il 1998, e del 78% negli anni che vanno dal 2000 al 2003. Gli emigranti compresi nel campione di indagine di "Demoskos" hanno scelto altre mete d'Europa e del mondo. Inoltre, 1.564 tra quelli che avevano già scelto di venire in Italia hanno poi deciso di andarsene.

 

12. IMMIGRAZIONE - Con 440mila euro la Regione Umbria finanzia 73 progetti d'integrazione degli immigrati (Redattore Sociale), 18 settembre 2003 PERUGIA - "I dati più recenti su gli stranieri soggiornanti in Umbria ci collocano tra le regioni in cui l’arrivo di immigrati (+ 15,6% a fine 2002 rispetto al 2001) è annualmente al di sopra della media nazionale". Perciò la Giunta della Regione Umbria ha appena approvato il programma annuale 2003 in materia d’immigrazione, che si propone di sviluppare una politica organica, non più occasionale o dettata dall'emergenza, di integrazione fra immigrati e comunità umbra, "promuovendo la coesione tra vecchi e nuovi cittadini nel rispetto delle differenze, delle pari opportunità e dell’uguaglianza di diritti e doveri". Concretamente, il programma riguarda il finanziamento di 73 progetti, alcuni realizzati dalla Regione in collaborazione con altri soggetti, altri presentati da enti locali, scuole ed associazioni, che hanno appunto come obiettivo l’integrazione dei cittadini stranieri con la società regionale. L'importo complessivo del finanziamento è di 438 mila 988 euro: i progetti vanno dalle attività di educazione interculturale alla tutela del patrimonio culturale d’origine, dall’informazione alla ricerca e documentazione sull’immigrazione, a iniziative sociali, culturali e ricreative e riguardanti il diritto alla salute e l’assistenza sociale. Una parte consistente delle risorse è stata destinata all’assistenza di studenti provenienti da paesi extracomunitari, bisognosi e meritevoli: "Anche in considerazione della particolare vocazione dell’Umbria - spiega la Regione - ed alle proposte avanzate dalle scuole, secondo una metodologia di ripartizione dei finanziamenti che garantisce, comunque, il sostegno economico ad un numero ampio e rappresentativo di soggetti sociali ed istituzionali". Dice l'assessore regionale alle Politiche sociali Gaia Grossi: "Assistiamo ad un significativo processo di stabilizzazione dei cittadini stranieri, che va a modificare l’impatto dell’immigrazione sulla società d’accoglienza. L’inserimento più stabile degli immigrati nel mondo produttivo, in particolare nei settori agricoli, edilizio, del terziario avanzato, dell’assistenza familiare e domiciliare, la crescita del numero dei ricongiungimenti familiari e di minori stranieri presenti nelle scuole sono aspetti di una realtà in continua e inarrestabile evoluzione. Se da una parte occorre contrastare i flussi irregolari, dall’altra dobbiamo saper cogliere le opportunità offerte da un pluralismo culturale, quale contributo di innovazione e di sviluppo. E’ compito quindi delle istituzioni, in sinergia con la società civile – prosegue - adottare politiche di governo capaci di regolare in modo efficace ed equilibrato il fenomeno, e di promuovere e tutelare i diritti inviolabili di ogni persona immigrata valorizzandone la presenza sotto ogni aspetto, culturale, sociale ed economico”.

 

13. IMMIGRAZIONE: MANTOVANO, CENTRI PERMANENZA INDISPENSABILI  (ANSA) - ROMA, 18 SET - "I centri di permanenza temporanea sono indispensabili per l'applicazione della legge Bossi-Fini". A dichiararlo è il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, che in riferimento alle manifestazioni avvenute oggi ad Ancona contro la realizzazione di un 'cpt' nelle Marche, aggiunge: "mettiamoci dunque tutti l'animo in pace".Mantovano ricorda come i centri di permanenza temporanea dove i clandestini vengono trattenuti per essere identificati sono una realtà già dalla passata legislatura. "E' stata la legge Turco-Napolitano a prevederli - spiega - mentre la Bossi-Fini ha solo allungato di 30 giorni il termine massimo di trattenimento nel centro".

 

14. IMMIGRAZIONE: Mantovano, centri permanenza indispensabili (2) (ANSA) - ROMA, 18 SET - Dunque, aggiunge il sottosegretario all'Interno, "si può essere ideologicamente contrari al Cpt, é una posizione rispettabilissima, ma che ha il limite di non essere condivisa dal Parlamento, dal Governo attuale e neanche da quello passato".Diversa, secondo Mantovano, "la posizione di quelle forze politiche che contestano il centro in quanto tale e di chi non vuole il cpt vicino casa. E' un pò come chi vuole tornare nel suo appartamento e trovare sempre l'energia elettrica ma poi protesta se la centrale elettrica viene costruita a meno di 50 chilometri da casa sua". "E' un discorso miope e sbagliato rifiutare il cpt nel proprio territorio adducendo motivi di sicurezza - aggiunge - Se un clandestino, fermato ad Ancona, deve raggiungere il cpt di Brindisi perché nelle Marche non ci sono centri ci sarà bisogno, per il trasferimento, di distogliere personale delle forze dell'ordine dal controllo del territorio". Il sottosegretario insiste, dunque, sull'utilità e indispensabilità di un centro in ogni regione, ed assicura anche che i cpt italiani garantiscono standard di vita "che non temono confronti con il resto d'Europa". "Le condizioni sono comunque sempre perfettibili - aggiunge - e per questo si lavora per ampliarli". Per Mantovano, infine, si raggiunge il paradosso quando si arriva, come a Lampedusa, a protestare contro la creazione di un centro di prima accoglienza, "destinato -dice- a soccorrere ed assistere i clandestini solo per un periodo limitato di tempo". "Cosa preferirebbero gli isolani che si oppongono alla nuova struttura - chiede il sottosegretario - che ad ogni sbarco ogni famiglia fosse costretta ad accogliere in casa un certo numero di immigrati?".

 

15. IMMIGRAZIONE: i CPT da Turco-Napolitano a Bossi-Fini/scheda (ANSA) - ANCONA, 18 SET - I Cpt (Centri di permanenza temporanea) per immigrati sprovvisti di permessi di soggiorno, sono stati istituiti dall'articolo 12 della legge 40 del 1998 - divenuto poi articolo 14 del testo unico - la cosiddetta legge Turco-Napolitano.Impossibile identificazione dello straniero, mancanza del "vettore" (inteso come trasportatore), e dei documenti di viaggio sono le ragioni per le quali, nello specifico, era ed è previsto (nonostante la modifica operata dalla legge Bossi-Fini) il trattenimento.L'articolo 14 è stato in parte modificato, dalla legge numero 189 del 30 luglio 2002, la Bossi-Fini, sui tempi di trattenimento e sui metodi di espulsione. La detenzione é prolungata da 30 a 60 giorni: mentre prima della modifica la proroga del trattenimento era possibile solo quando era "imminente l'eliminazione della causa della mancata espulsione", ora invece la proroga può essere concessa sulla base di "gravi difficoltà per il reperimento dei titoli di viaggio o nelle pratiche di identificazione" (art.14 comma 5). Sui metodi di espulsione, invece, legati alla detenzione nei cpt, la legge del 2002 prevede che l'intimidazione a lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni venga prevista solo per coloro che non hanno rinnovato il permesso (art. 5 comma 5bis). Per tutti gli altri, invece, è previsto l'accompagnamento coatto alla frontiera e conseguentemente, per molti casi, il trattenimento nei cpt. A riguardo, la modifica inserisce anche una nuova ipotesi contravvenzionale, per coloro che non ottemperano all'ordine di lasciare l'Italia, seguita da una seconda espulsione. Prevede, inoltre, una più grave ipotesi delittuosa per coloro che continuano a non obbedire all'obbligo di lasciare il Paese. Questi verranno puniti con la reclusione fino a quattro anni. (ANSA).

 

16. IMMIGRAZIONE: Assessore Marche, del CPT non sapevamo niente nessuna intesa con il governo, siamo indignati...(ANSA) - ANCONA, 18 SET - "Siamo indignati, anzi incavolati neri con il Governo: la Regione Marche non era a conoscenza dell' ordinanza che istituisce nel territorio regionale un Centro di permanenza temporanea, e non c' stata nessuna intesa con l' esecutivo Berlusconi". L' assessore all' immigrazione delle Marche Ugo Ascoli è se possibile ancora più preoccupato dei Disobbedienti per l' ordinanza pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 maggio che prevede la nascita di un Centro di permanenza temporanea per immigrati nelle Marche, come frutto di "un' intesa" con la Regione. Ascoli ha incontrato Disobbedienti e giornalisti durante la protesta dei no global nella sede della Regione, e ha spiegato che né lui né il presidente della giunta Vito D' Ambrosio erano al corrente del contenuto dell' ordinanza. "La Regione Marche - ha aggiunto - non ha partecipato a nessuna commissione né stretto alcuna intesa sui Cpt, anzi, si sta muovendo in tutt' altra direzione, per risolvere i problemi dell' immigrazione".Il blitz dei no global insomma, conclusosi in un clima disteso poco prima delle 14, ha fatto sì che la vicenda venisse alla luce. Quando i Disobbedienti sono arrivati nel Palazzo regionale, Ascoli ha subito contattato la Protezione civile per sapere se per caso lì fosse giunta notizia dell' istituendo Cpt, ricevendo una risposta negativa. "In questa materia il ministero può fare il bello e il cattivo tempo - ha commentato l' assessore - superando anche i vincoli dei piani regolatori". Ma la Regione Marche non si dà per vinta: "entro 48 ore cercheremo di fare chiarezza su questa vicenda incredibile, e di informare la popolazione", ha assicurato Ascoli.(ANSA).

 

17. PSICHIATRIA – Una delegazione di psichiatri serbi in Italia per una visita di studio e confronto sulla salute mentale (Redattore Sociale), 18 settembre 2003 ROMA - Un confronto con altri modelli legislativi, in Italia e in Europa in ambito sanitario, con particolare attenzione al disagio mentale. Questo l'obiettivo della visita nel nostro Paese di una delegazione di psichiatri serbi, guidata dal Presidente del Gruppo di lavoro sulla Salute Mentale nominato dal Ministero della Sanità di Serbia e Montenegro.La visita a strutture alternative agli ospedali psichiatrici e lo scambio con i loro colleghi italiani avverranno a Milano, Rimini, Roma e Trieste, con la collaborazione delle Caritas diocesane locali. La riforma delle normative vigenti in Serbia e Montenegro per quanto riguarda la salute mentale appare sempre più urgente e necessaria. L' ospedale psichiatrico sembra infatti essere ancora l'unica offerta per il trattamento della malattia, senza possibilità di interagire con la persona del paziente, nel rispetto della sua dignità e dei suoi diritti. Lo stesso personale medico e paramedico di queste strutture, per quanto sensibile e professionalmente preparato, soffre in pratica, come i pazienti, di un'emarginazione dalla società che per lo più si disinteressa, anche dal punto di vista economico, di queste problematiche. L'impegno della Caritas, sia italiana che serbo-montenegrina, è iniziato nella seconda metà degli anni '90, rafforzandosi dal 2000, sempre in accordo con l'Organizzazione Mondiale della Sanità e con le Istituzioni locali. Due gli obiettivi generali: umanizzare il manicomio, migliorando le condizioni di vita dei pazienti ricoverati negli Ospedali Psichiatrici, in particolare in Serbia quelli di Kovin (Vojvodina, 50 km da Belgrado), Vrsac (Vojvodina, verso il confine con la Romania, 70 km da Belgrado) e Gornja Toponica (presso la città di Nis in Montenegro quello di Dobrota, nei pressi della città di Kotor; promuovere un'assistenza psichiatrica moderna, per favorire processi di deistituzionalizzazione e di reinserimento del malato mentale in un contesto sociale e/o familiare. Nel dicembre 2002 è stato varato un programma di censimento ed analisi della situazione in una trentina di località, per una contemporanea sensibilizzazione degli addetti ai lavori e della comunità circostante. Di questo progetto, concordato con Caritas e da essa sostenuto, fa parte la visita in Italia della qualificata delegazione, che si sta apprestando a presentare al Ministero i risultati del proprio lavoro. Un'iniziativa che conferma l'attenzione della Caritas Italiana al tema della salute mentale in Italia e nel mondo e il suo impegno per favorire realizzazione e consolidamento dei servizi territoriali, cura e riabilitazione, affinché la presa in carico e l'integrazione dei malati avvenga con continuità, rimuovendo eventuali ostacoli e agendo sulla sensibilizzazione delle istituzioni e della società civile.

 

18. IMMIGRAZIONE: la circolare del Viminale contestata dalla Lega (ANSA) - ROMA, 17 SET - La circolare del Viminale che, secondo la Lega, "stravolge lo spirito della legge Bossi-Fini", è composta da due pagine inviate dal direttore centrale per l'immigrazione, Alessando Pansa, a tutti i prefetti e questori d'Italia per la "corretta applicazione della normativa".In primo luogo si sottolinea che, "posto il principio di non retroattività della legge, le nuove norme riguardano solo gli ingressi nel territorio italiano e i rinnovi dei permessi di soggiorno successivi alla data di entrata in vigore della stessa legge" Bossi-Fini. La circolare precisa che "per quanto riguarda l'ingresso in Italia, la legge è esplicita "nell'affidare al questore il potere di respingere gli immigrati condannati "per determinati reati", "mentre non si riscontra un pari automatismo e perentorietà nel caso del rinnovo del permesso di soggiorno". In quest'ultimo caso, si legge nella circolare, è rimessa al questore la decisione: "la condanna non comporta automaticamente il rigetto della domanda (di rinnovo del permesso - ndr)", ma rappresenta uno degli elementi di valutazione, insieme ad altri quali "la condotta complessiva del soggetto, il livello del suo inserimento sociale, la sua condizione familiare nel nostro Paese". La discrezionalità vale anche, in caso di rinnovo del permesso, per le condanne riportate prima dell'entrata in vigore della legge ed emerse nell'ambito della procedura di rinnovo. I reati cui fa riferimento la circolare sono quelli indicati dall'art. 4, comma 3 della Bossi-Fini, tra i quali - oltre quelli per cui è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza - i delitti riguardanti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e i reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite.

 

19. IMMIGRAZIONE: la circolare del Viminale contestata dalla Lega(2) (ANSA) - ROMA, 17 SET - La circolare del Viminale fa riferimento anche all'art. 7-bis del decreto legislativo 186 del '98, cosi' come è stato modificato dalla stessa legge Bossi Fini. Questo articolo prevede, tra l'altro, che la condanna irrevocabile per alcuni reati, relativi ad esempio alla tutela del diritto di autore o alla contraffazione di marchi, comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l'espulsione con accompagnamento alla frontiera.Secondo la circolare del Viminale, in questo caso la norma "collega chiaramente la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero all'emissione di una sentenza irrevocabile per questi reati senza che all'autorità di pubblica sicurezza sia lasciato margine di apprezzamento". Si tratta di effetti automatici che "non possono che riguardare", precisa la circolare, le condanne successive all'entrata in vigore della legge.

 

20. DIRITTI – Le iniziative dell'Aidos in Nepal e Russia per prevenire la violenza sulle donne e assistere le vittime (Redattore Sociale), 17 settembre 2003 ROMA – In occasione della presentazione del progetto per prevenire e combattere la violenza di genere attraverso la rete dei servizi sanitari, lanciato in 10 paesi (Ecuador, Guatemala, Nepal, Sri Lanka, Libano, Mozambico, Capo Verde, Romania, Russia Lituania) l'Aidos e l’Unfpa (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) hanno riunito a Roma 40 donne, tra le massime esperte mondiali su violenza di genere. Un’occasione per fotografare la situazione su violenza domestica, mutilazioni dei genitali femminili, delitto d'onore, tratta, prostituzione, abusi sui minori. Il progetto è stato presentato stamani all’Hotel Ritz durante una conferenza stampa sul tema “Violenza contro le donne: può la rete delle strutture sanitarie costituire la soluzione di un problema mondiale?”. Nei 10 Paesi coinvolti è stata messa in atto una nuova strategia. Il progetto - in parte finanziato dal governo italiano – “costituisce un'esperienza unica e innovativa per la metodologia utilizzata, le modalità d'intervento, il coinvolgimento diretto del sistema sanitario e l'attenzione rivolta alla crescita professionale delle risorse locali – riferisce l’Aidos -. A tal fine sono stati formati operatori dei centri antiviolenza locali, oppure si è proceduto alla formazione diretta del personale delle strutture sanitarie, che hanno poi condotto a loro volta corsi di formazione per operatori del settore medico-sanitario, in un processo moltiplicatore che ha raggiunto le realtà più diverse sparse sul territorio”. Grazie ai finanziamenti dell’Unione europea, in Nepal ha operato un’équipe di 20 persone formata da psicologhe, ginecologhe, assistenti sociali, avvocati, volontari. Quello della violenza domestica “è un fenomeno capillare sul territorio – ha evidenziato Daniela Colombo, presidente dell’Associazione donne italiane per lo sviluppo – che talvolta si risolve con il divorzio oppure con l’allontanamento donne dalla famiglia o con il sostegno psicologico. Gli operatori cercano anche di parlare con gli uomini che commettono la violenza”. Il Centro per la salute della donna di Kirtipur è stato aperto nel marzo ’99 e fornisce a 600 donne ogni mese assistenza sanitaria, informazioni e consigli sulla pianificazione familiare, gravidanza, cure pre e post parto, menopausa, oltre all’assistenza psicologica, sociale e legale. In Nepal il tasso di fertilità è di 4,5 figli per donna; solo l’8% dei parti è assistito da personale specializzato, mentre il 66% delle ragazze tra i 15 e i 24 anni e l’89% delle donne tra i 25 e i 69 anni è analfabeta.In Russia, invece, su un totale di 250mila donne vittime di violenza ogni anno (stima del Ministero dell’Interno), 14mila muoiono tra le mani del marito o di un altro membro della famiglia. Secondo alcune ricerche, una famiglia su 4 sperimenta qualche forma di violenza domestica, che provoca il 30% di tutti gli omicidi di donne. Avviato nel gennaio scorso, il progetto Aidos “Creare un network russo per combattere la violenza di genere” si concluderà a giugno 2004 e prevede la formazione di un gruppo di facilitatici composto da 2 donne di ciascuno dei 5 centri antiviolenza, che parteciperanno a una visita di studio in Italia (Bologna, Forlì, Napoli, Roma e Venezia) di 10 giorni per conoscere realtà significative pubbliche e private. Rientrate in Russia, le partecipanti organizzeranno 5 seminari in 5 regioni russe per diffondere l’esperienza e formulare insieme agli operatori locali alcuni progetti pilota mirati a creare una rete. L’iniziativa prevede anche due concorsi (fotografico e letterario) sulla violenza contro le donne.

 

21. VIOLENZA – L'Aidos denuncia: ''Il Governo ha tagliato del 40% lo stanziamento per il Fondo delle Nazioni Unite per le donne'' (Redattore Sociale), 17 settembre 2003 ROMA – "Il Governo italiano ha ridotto del 40% le cifre stanziate per l'Unifem, il Fondo delle Nazioni Unite per le donne, impegnato sul fronte della violenza di genere: i finanziamenti sono passati da 3 milioni 400mila euro nel 2002 ai 2 milioni di euro di quest'anno". La denuncia di Daniela Colombo, presidente dell'Aidos, che rileva anche i tagli del 29% al Fondo Onu per la popolazione, "in particolare per progetti a favore delle donne. Si dimentica che con pochi euro si fanno miracolo: le ong sono attrezzate in proposito”. La presidente dell’Associazione donne italiane per lo sviluppo è intervenuta stamani alla conferenza stampa presso l’Hotel Ritz, sul tema “Violenza contro le donne: può la rete delle strutture sanitarie costituire la soluzione di un problema mondiale?”. L’appuntamento con i giornalisti è stato convocato per presentare il Programma mirato a prevenire e combattere la violenza di genere attraverso la rete dei servizi sanitari, lanciato da Unpfa e Aidos. Infatti in Italia l’Aidos rappresenta l'Unfpa (agenzia delle Nazioni Unite per il fondo per le popolazioni).“In Italia siamo ancora indietro nel campo della formazione di operatori sanitari per prevenire la violenza di genere”, ha sottolineato Colombo, riferendo che nei paesi dove l’Aidos ha avviato alcuni programmi in questo ambito sono stati avviati “screening per identificare le donne a rischio di violenza o che l’hanno già subita. “Finora i politici e il personale del sistema sanitario hanno ritenuto che prevenire e combattere la violenza contro le donne fosse al di fuori del loro mandato – rileva l’agenzia Onu Unfpa -, ma le conseguenze psico-fisiche della violenza contro le donne ricadono in larga parte sulla salute sessuale e riproduttiva di donne e ragazze, quindi sui servizi sanitari preposti”.Secondo l’Aidos, nel mondo una donna su 3 ha subito abusi sessuali, più di un milione di donne all’anno sono vittime del traffico di esseri umani, mentre oltre 130 milioni di donne hanno subito mutilazioni genitali. In Italia il 52% delle donne che subiscono violenza non si confida con nessuno: soltanto il 15% ricorre ai servizi sanitari. “Quest’estate abbiamo visto come la violenza sulle donne avvenga in contesti ‘normali’, compiuta da uomini ‘normali’: si fa strada, quindi, una ‘normalità della violenza’ che dobbiamo contrastare”. A fine novembre l’associazione lancerà una nuova campagna, con lo slogan “Salviamo la vita delle donne”. Invece il Rapporto Unfpa 2003 sullo stato della popolazione nel mondo sarà lanciato l’8 ottobre prossimo, alle ore 11, presso la Sala della Stampa Estera.

 

22. PACE - Presentato a Milano ''L'arcobaleno e il deserto'', il documentario di Emergency sull'Iraq (Redattore Sociale), 17 settembre 2003 MILANO - Emergency apre le porte dei suoi ospedali iracheni alle telecamere, raccontando cinque anni di presenza ininterrotta in Iraq con il documentario "L'arcobaleno e il deserto", realizzato da Antonio di Peppo e Guido Morozzi. Girato in Iraq nel giugno 2003, il documentario illustra il lavoro che Emergency svolge nel Kurdistan iracheno, ripercorrendo tutte le attività svolte nel paese, descritto come uno dei più minati al mondo. I due registi hanno ripreso le attività nei Posti di Primo soccorso, nei Centri chirurgici di Sulaimaniya ed Erbil, nel Centro Riabilitazione, Protesi e Reintegrazione sociale e nelle cooperative che gli ex pazienti hanno avviato con il sostegno di Emergency. Attraverso i volti e le storie dei pazienti, si ripercorre la strada che porta a una completa reintegrazione concreta e attiva delle vittime delle mine antiuomo. "La cosa che mi ha più colpito in Iraq -ha raccontato Guido Morozzi- è la doppia devastazione provocata dalle bombe e da dieci anni di embargo, che ha lasciato dei segni di povertà e degrado ancora più forti dei solchi scavati nel terreno dalle azioni militari. Vivendo lì per alcuni giorni abbiamo condiviso con il popolo iracheno la loro assoluta mancanza di sicurezza e di controllo, e la rassegnazione nel credere che le truppe statunitensi non se ne andranno mai".I due registi non sono alla loro prima esperienza di informazione dal sud del mondo. Nel 2002 hanno trascorso sei settimane in Africa per la realizzazione di un film in collaborazione con la Ong Amref e nel marzo 2003 hanno percorso i territori dell'Afghanistan tra Kabul e la valle del Panshir catturando immagini per un videoclip della banda torinese "Africa Unite". Nel 2002 Di Peppo e Morozzi hanno fondato l'associazione culturale "Kroitnijz", che progetta e realizza lavori multidisciplinari come documentari, videoclip musicali e mostre fotografiche.

 

23. NOMADI – Per fermare le migrazioni di massa dei rom, protocollo d'intesa tra autorità locali rumene e napoletane (Redattore Sociale), 17 settembre 2003 NAPOLI - Un protocollo d’intesa che sarà sancito a Napoli il prossimo ottobre, tra autorità locali rumene e napoletane: è questo il risultato principale ottenuto dalla delegazione di rappresentanti di Comune e Provincia e di due associazioni vicine ai gesuiti (l’Associazione Italo-Rumena della Lega Missionaria Studenti e l’Avog), in missione in Romania per comprendere meglio e cercare soluzioni al fenomeno di emigrazione in massa di rom rumeni dalla regione di Calarasi ad alcune città europee, tra cui Napoli. Partita lo scorso 11 settembre, la delegazione - guidata dall’Assessore all’Educazione e ai Rapporti Internazionali del Comune di Napoli e coordinata con l’Assessore agli Affari Sociali Raffaele Tecce – ha incontrato sindaco, presidente di provincia e prefetto di Calarasi, la città a 100 chilometri da Bucarest che presenta la percentuale più alta di rom in Romania, il 10 per cento della popolazione, a fronte del 2-3% complessivo di tutto il Paese. Su 300 mila persone della provincia di Calarasi (secondo i dati diffusi oggi in conferenza stampa dall’Assessore Porta), 30 mila sono rom; nella città sono 3mila e 500 su 70mila abitanti. “Il tasso di disoccupazione – ha spiegato Porta – è del 30%, anche se esiste una forma di reddito minimo di garantito di 70 dollari al mese che fa scendere la percentuale tra il 5-6%”. Fatto sta che l’area resta una delle più povere in un Paese già angustiato da gravissimi problemi sociali, lasciati in eredità dal regime di Ceaucescu e ancora irrisolti nonostante gli oltre dieci anni passati dalla sua caduta: basti pensare al fenomeno dei “bambini delle fogne”, circa 33mila ragazzini tra gli otto e i 18 anni che sopravvivono nelle gallerie sotterranee di Bucarest. La missione in Romania della delegazione napoletana aveva soprattutto lo scopo di osservare la situazione locale per meglio comprendere il perché dell’emorragia migratoria verso il nostro Paese e verso Napoli, ma è riuscita ad ottenere anche l’impegno delle autorità locali ad un maggiore controllo dei flussi, che sembra avvengano grazie ad un’organizzazione di autisti che, dietro il pagamento di 200 euro, trasportano i rom rumeni in città più ricche, soprattutto francesi, spagnole e italiane. Porta ha smentito di aver avuto notizia di traffici illeciti, soprattutto di bambini, da parte di organizzazioni criminali; i rom rumeni verrebbero in Italia di loro spontanea volontà, muniti di regolare passaporto e decisi a trovare un po’ di fortuna per poi tornare al Paese d’origine. La delegazione napoletana si è impegnata a favorire l’integrazione dei rom rumeni presenti a Napoli e, allo stesso tempo, a partecipare all’integrazione della provincia di Calarasi che, secondo l’Assessore Porta, “ha molte potenzialità per i settori dell’agricoltura e del turismo, soprattutto perché è zona di caccia già nota ai cacciatori italiani”. Le autorità di Calarasi, dal canto loro, oltre a fare opera di prevenzione dell’emigrazione, si sono impegnate a favorire il reinserimento sociale dei rom che torneranno in Romania. Tutto sarà sancito ad ottobre con il protocollo d’intesa formale e ufficiale. “Con il protocollo – spiega in conclusione di conferenza l’Assessore agli Affari Sociali del Comune di Napoli, Raffaele Tecce - vogliamo metterci nelle condizioni di poter assistere chi rientra. Oggi conosciamo tutti i 300 rom che sono venuti a Napoli, e per loro vogliamo un rimpatrio non forzato ma socialmente garantito. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno nuovo che intendiamo affrontare nel rispetto della vita umana, dei bambini e dei loro diritti”. Resta – sebbene i rappresentanti amministrativi lo dicano già parzialmente arginato – il problema dei piccoli rom agli angoli di strada: un problema che “si tenterà di risolvere d’intesa con la Prefettura”, dice Tecce, e che sta già creando polemiche tra enti locali e associazioni, per la complessità morale, sociale e culturale che vi sta dietro, e per i diversi approcci nell’affrontarlo.

 

24. COOPERAZIONE – Gli incontri Icei: il 25 settembre a Milano incontro sui progetti internazionali e sul programma 2004 (Redattore Sociale), 17 settembre 2003 MILANO - I progetti di cooperazione delle Ong: aspettative e risultati" è il tema dell'incontro che si terrà giovedì 25 settembre alle ore 18.15 allo Spazio Solidea di viale Monza 40 a Milano. Organizzato dall'Icei (Istituto cooperazione economica internazionale) e dalle Ong Cosv e Acra vedrà la partecipazione di Jean-Leonard Touadi, giornalista televisivo africano, Patrizia Bettoli, curatrice della guida alla cooperazione e al volontariato internazionale e di Mirka Bettoli, collaboratrice dell'università di Forlì sui temi dell'Africa e del medio Oriente. Modera Céline Dissard del settore educazione allo sviluppo dell'Acra.Gli ultimi incontri del 2003 verteranno sulla partecipazione dei destinatari ai progetti delle Ong (23 ottobre) e sul commercio equo e solidale (informazioni ed esempi concreti il 20 novembre e vantaggi, svantaggi e prospettive il 18 dicembre). Il 25 settembre saranno anche presentati gli incontri mensili 2004. Un programma fitto e sfaccettato che parte il 16 gennaio con "L'informazione deviata" con Angelo Ferrari dell'agenzia Agi, Giuseppe Frangi direttore di Vita e Gian Micalessin inviato de Il Giornale. Il 13 febbraio Andrea Gavazza degli Esteri di Avvenire e Chawki Senouci di Radio Popolare parlano di "Informazioni negate: il ciclo della notizia nella globalizzazione". Il 13 marzo "Due fabbriche per l'identità collettiva: il cinema e la musica, il 10 aprile "Sviluppo locale e contesto globale: le mille facce da coinvolgere", che vedrà la partecipazione di Mohamed Ahmed Sheikh, ex ministro della Sanità e dell'Istruzione della Somalia. L'8 maggio sarà la volta di "Organizzazioni popolari e lotta alla povertà: il caso del Senegal", mentre il 5 giugno si chiude il primo ciclo con "Verso una globalizzazione solidale": ne parlano Giovanni Acquati di Mag 2 Finance, Andrea Avogadro, collaboratore di Altreconomia e Andrea Penazzi, dell'Osservatorio dell'economia di comunione. L'ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.Per sottoporre quesiti ai relatori ed essere informati sugli incontri ci si può iscrivere al gruppo telematico dibattitiacraicei-subscribe@yahoogroups.com.

 

25. MINORI - A Gubbio laboratorio extrascolastico per favorire l'integrazione scolastica dei bambini a partire dalla lingua (Redattore Sociale), 17 settembre 2003 GUBBIO (PG) - Un laboratorio extrascolastico per sostenere i bambini stranieri iscritti alle scuole elementari e medie inferiori del territorio, nell'apprendimento della lingua italiana: favorendo così la loro integrazione e socializzazione attraverso l'acquisizione di competenze linguistiche di base, e riducendo il rischio di svantaggio scolastico e di abbandono del percorso curriculare. Il laboratorio sarà avviato a novembre 2003 ed è promosso, in un'ottica di co-progettazione e di lavoro 'di rete', dall'Ufficio della cittadinanza dell'ambito 7 dell'Umbria (comprendente i comuni di Gubbio, Gualdo Tadino, Fossato di Vico, Sigillo, Scheggia e Pascelupo, Costacciaro) in collaborazione con la Caritas diocesana. Le attività si concretizzeranno in due incontri settimanali che si terranno per la zona di Gubbio presso il centro di aggregazione giovanile 'L'Urlo'; i Comuni di Gualdo Tadino e della fascia appenninica stanno lavorando per l'organizzazione tecnica del laboratorio."L'insegnamento della lingua italiana è affidato ad un nucleo di volontari opportunamente guidati e sostenuti dal mediatore culturale, cui è delegata la programmazione" spiegano gli operatori dell'Ufficio della cittadinanza del territorio eugubino."Oltre alla costante supervisione del mediatore, l'avvio del laboratorio sarà preceduto da un corso di preparazione rivolto ai volontari, durante il quale saranno fornite tutte le informazioni operative e le conoscenze tecniche necessarie". La collaborazione tra l'Ufficio della cittadinanza di Gubbio e la Caritas diocesana risale già all'anno scolastico 2002-2003 quando, evidenziato il problema sempre più pressante delle difficoltà scolastiche dei bambini stranieri connesse alla non conoscenza della lingua italiana, si è organizzato per loro un corso di lingua italiana. Sul solco di quella esperienza e dell'attenta lettura delle priorità sociali del territorio si colloca il laboratorio extrascolastico che bambini e ragazzi avranno l'opportunità di frequentare per tutto l'anno scolastico 2003-2004. Per informazioni anche sulla possibilità di prestare servizio volontario nell'ambito del laboratorio: Ufficio della Cittadinanza dell'ambito 7 dell'Umbria, assistente sociale Maria Grazia Fasano, tel. 075.9237521 oppure Caritas diocesana, Matteo Andresini, tel. 075.9221202.

 

26. IMMIGRAZIONE – Bologna: cooperativa di 12 immigrate offrirà servizi di baby sitter a bambini italiani e stranieri (Redattore Sociale), 17 settembre 2003 BOLOGNA – Dodici donne immigrate, tra cui un'irachena, dai venti ai quarant’anni, tutte diplomate o laureate, per una cooperativa di baby-sitter promossa dalla Caritas cittadina. Una cooperativa sociale che gestirà un servizio ricreativo e di custodia per bimbi, sia italiani che stranieri, anche negli orari più strani, particolari, in genere non coperti dai servizi per l’infanzia. Il progetto, finanziato dal Fondo sociale europeo attraverso il consorzio NoiCon e gestito da Aeca e Ciofs/Fp-Er, ha previsto un periodo di formazione per le donne, dallo scorso aprile fino a novembre 2003, articolato in due corsi: uno di 70 ore, dedicato alla “gestione” del bimbo, uno di 90, relativo alla conduzione e organizzazione di una cooperativa. Le donne: vengono da Paesi e culture diverse (Marocco, Filippine, Kosovo, Perù), hanno un credo diverso, sono in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Tutte hanno studiato, alcune sono mamme; come Songul, 33 anni, irachena, originaria di Baghdad, che ha lasciato circa un anno fa. Songul è ingegnere, ha tre bimbi e, dice, “mi piace moltissimo prendermi cura dei piccoli”.Tramite la cooperativa sociale (di tipo A), che si costituirà formalmente a fine ottobre e di cui entreranno a far parte, le donne offriranno un servizio ricreativo per bambini da 0 a 3 anni e di custodia per bambini da 3 a 6 anni. Il servizio si svolgerà sia a domicilio che alla Parrocchia di Sant’Antonio da Padova, in zona Dozza. “Apriremo già alle sei del mattino per lavorare fino alle otto di sera” spiega la più giovane delle future baby-sitter, Merita, che viene dal Kosovo. Oltre alle donne, faranno parte della cooperativa – che sarà associata a Confcooperative – come soci fondatori alcune persone della Caritas e la cooperativa “La Piccola Carovana”, che sosterrà le baby-sitter nei primi tempi di “rodaggio” del servizio. “A monte di questo progetto c’è un duplice scopo – spiega Veronica Bettarelli, coordinatrice del progetto per il Ciofs/Fp-Er, l’ente formativo delle suore salesiane – : dare un’opportunità di lavoro a donne che non ce l’hanno, ma anche offrire a donne immigrate lavoratrici un servizio cui lasciare i propri bimbi in custodia. Certo, il servizio è sia per italiane che per straniere, e verrà gestito anche da tre persone della Caritas”. Quanti bimbi potranno essere seguiti dalla neo-cooperativa? “Diciamo quindici, venti, almeno all’inizio. Poi si vedrà. L’idea, poi, è di offrire un servizio flessibile che può durare un mese, più mesi, ma anche alcune settimane, giorni, una sera. Non si tratta di un asilo, dove il bimbo viene iscritto per tutto l’anno”. Sui prezzi si sta ancora discutendo, ma i promotori del progetto, fortemente voluto dalla Caritas, fanno sapere che saranno senza dubbio competitivi. “Coinvolgendo un gruppo di donne straniere in questo progetto – spiega don Giovanni Nicolini, direttore della Caritas di Bologna – abbiamo toccato con mano quanto la fragilità possa trasformarsi in risorsa. In genere, l’immigrato è uomo, nell’immaginario collettivo, che viene in Italia a lavorare. Qui ci troviamo di fronte a donne di Paesi e culture diverse; molte di loro sono mamme, e non hanno nonni e parenti che possono aiutarle a guardare i propri bimbi quando vanno al lavoro. Questo servizio, quindi, sarà utile alle mamme italiane, ma anche alle straniere, che si trovano spesso a gestire da sole la cura dei propri figli”.

 

27. Convenzione ONU contro criminalità: Cuffaro, azioni comuni (ANSA)- SIRACUSA, 16 SET - Intervenendo alla sessione inaugurale della Conferenza internazionale di Siracusa sulla Convenzione Onu contro la criminalità il presidente della Regione Siciliana Cuffaro ha sottolineato come "la Sicilia sia punto di riferimento e sede privilegiata per lo studio di un' azione comune conto ogni forma di criminalità: questo è il crocevia del Mediterraneo, l' area del mondo nella quale la convivenza pacifica ed operosa tra i popoli è realtà concreta da mille anni".Cuffaro ha quindi aggiunto che "sarebbe del tutto illusorio pensare di poter contrastare traffici illeciti che ormai non conoscono confini in assenza di strumenti normativi e forme di collaborazione sopranazionali. Ed in questo contesto anche il ruolo delle regioni risulta fondamentale essendo incontestabile che senza misure di risanamento economico ed adeguate politiche sociali ogni sforzo è destinato a rimaner vano". Cuffaro ha infine affrontato anche il nodo dell' immigrazione clandestina, di cui si occupa uno dei protocolli della Convenione Onu della quale si discute a Siracusa. "E' un fenomeno - ha concluso Cuffaro -, che per la Sicilia presenta aspetti di particolare gravità, che non può e non deve essere affrontato in un' ottica riduttiva di ordine pubblico, ma tenendo conto delle sue cause, dei conflitti che caratterizzano alcune aree e del dramma della povertà di alcuni Paesi. Una prospettiva che impone politiche ispirate al principio di solidarietà e fondata sul riconoscimento che il dovere di accoglienza è pratica sacra a tutte le culture ed a tutte le fedi

 

28. DIRITTI – L'Unicef: ''Riaprono le scuole, ma milioni di famiglie non possono far studiare i propri bambini'' (Redattore Sociale), 16 settembre 2003  ROMA – Nelle ultime due settimane in tutto il mondo è iniziato il nuovo anno scolastico, ma, secondo le ultime stime dell’Unicef, circa 123 milioni di bambini e bambine non entreranno in una classe. A tal proposito, il direttore generale dell’Unicef, Carol Bellamy, ha affermato: “Questo mese milioni di famiglie non avranno l’orgoglio di mandare a scuola i loro bambini. Questa è una deprimente realtà in un mondo dove l’educazione è un diritto di ogni bambino, e rappresenta un pesante ostacolo agli sforzi per ridurre la povertà. Quanti più bambini vengono oggi esclusi dalla scuola, tanti più adulti in pochi anni verranno tagliati fuori”. Secondo l’Unicef, in Africa sub-sahariana 46 milioni di bambini in età scolare non hanno mai messo piede a scuola, un dato che aumenta ogni anno. Altri 46 milioni di ragazzi dell’Asia meridionale non frequentano la scuola. Queste due regioni insieme rappresentano i 3/4 dell’intera popolazione che non frequenta la scuola. L’Unicef sottolinea che il 2% della popolazione che non va a scuola, pari a 2,5 milioni, vive nei paesi industrializzati. A livello globale, le femmine costituiscono la maggioranza – intorno al 56% - dei bambini che non vanno a scuola. Ci sono però anche esempi positivi: in Afghanistan oggi si comincia a riconoscere il valore dell’istruzione delle bambine per un sviluppo su lungo termine. Lo scorso anno l’Unicef ha promosso “Back to school”, la più grande campagna finora realizzata, grazie alla quale sono tornati a scuola più di 1,5 milioni di ragazzi e ragazze. Quest’anno 4,2 milioni di bambini frequentano le 7.000 scuole del paese, con una aumento del 37% del numero di ragazze rispetto ad un anno fa.Sempre l’Unicef ritiene che abbattere le barriere che impediscono alle bambine di andare a scuola sia una strategia essenziale per migliorare la qualità generale dell’istruzione e convincere le famiglie povere a mandare i figli a scuola. Rendere le scuole più accoglienti per tutti i bambini alimenterà e sosterrà un reale sviluppo umano. “L’istruzione delle bambine non può continuare a essere relegata in fondo alla lista delle priorità nell’agenda dello sviluppo”, ha detto Bellamy. Quest’anno l’Unicef ha lanciato l’iniziativa “25 entro il 2005”, che punta a ridurre rapidamente la disparità di genere nella scolarizzazione primaria, e più in generale ad aumentare le percentuali di scolarizzazione, in 25 paesi (tra questi tredici dell’Africa e sei dell’Asia meridionale), scelti in base a due criteri: in negativo, per la gravità del problema, e in positivo, per l’impegno di governi, ong e comunità locali, che rendono realistico l’obiettivo di una radicale trasformazione a breve termine. Si tratta di mobilitare le risorse necessarie, sia all’interno di questi paesi sia a livello di cooperazione internazionale, per sostenere una campagna a breve termine e dimostrare che l’obiettivo della “scuola per tutti” è concretamente realizzabile proprio a partire da una mobilitazione per garantire l’istruzione al gruppo più escluso, le bambine. L’Unicef Italia, oltre a sostenere il programma generale UNICEF per il diritto alla scuola, è impegnato a portare avanti specifici progetti per l’istruzione delle bambine in Bangladesh, Benin, Eritrea, Etiopia, Iraq.

 

29. DIRITTI – Rapporto di Amnesty International sull'Algeria. Critiche alle autorità: ''Basta promesse, occorrono fatti'' (Redattore Sociale), 16 settembre 2003  ROMA – "Dopo anni di parole, da parte delle autorità algerine, sul miglioramento della situazione dei diritti umani, tramutare le promesse di cambiamento in realtà non è mai stato così urgente”. A dichiararlo è Amnesty International in un rapporto pubblicato oggi. “È ora che le autorità algerine inizino a rendere concrete le loro promesse di cambiamento e contrastino gli abusi dei diritti umani in maniera efficace”, aggiunge Amnesty International.Il rapporto, intitolato “Algeria: passi avanti verso un cambiamento o vane promesse?”, prende in esame l’impatto delle iniziative assunte o annunciate dalle autorità algerine negli ultimi tre anni e mostra come il perdurante fallimento dello Stato nel volgere le promesse in azione abbia determinato una mancanza di fiducia nei confronti degli impegni proclamati dal governo.Dichiara Amnesty: “Per recuperare la fiducia degli algerini, le autorità devono mostrare che intendono seriamente impegnarsi ad affrontare le forti preoccupazioni della popolazione per la situazione dei diritti umani”. Infatti, sebbene migliorata tra la metà e la fine degli anni 1990, la situazione dei diritti umani nel paese resta grave. Ogni mese, fino a 100 persone continuano a venire uccise dai gruppi armati, dalle forze di sicurezza e dalle milizie armate dallo Stato, e sono i civili a subire il peso maggiore della violenza degli attentati indiscriminati e degli attacchi armati contro obiettivi precisi. La tortura durante lo stato di custodia resta una pratica assai diffusa e diventa sistematica nei casi legati a quelle che le autorità descrivono come attività “terroristiche”. Secondo le informazioni di Amnesty International, la grande maggioranza dei casi di tortura si verifica all’interno delle strutture dei servizi di sicurezza militari, l’organismo più segreto e meno chiamato a rispondere delle proprie azioni tra le forze di sicurezza del paese.“Negli ultimi anni – continua Amnesty International -, le autorità algerine si sono espresse sempre più in favore del cambiamento, indicando una serie di riforme in programma e gradualmente poste in essere nel campo legislativo e della struttura delle istituzioni statali. Alcune iniziative, durante gli ultimi tre anni, contenevano elementi positivi. Le modifiche legislative introdotte nel 2001, ad esempio, avrebbero dovuto in teoria migliorare le garanzie per la protezione dei detenuti dalla tortura e dalla detenzione segreta. Invece, come analoghe garanzie legali, sono rimaste largamente disattese”.Amnesty International si dice gravemente preoccupata per altre misure adottate recentemente dal governo algerino. “Ad esempio, l’amnistia del gennaio 2000 per circa 1000 membri dei gruppi armati e la successiva emanazione extralegale di atti di clemenza per i gruppi armati hanno ostacolato l’emergere della verità sui gravi abusi dei diritti umani e assicurato l’impunità per i responsabili, negando così a decine di migliaia di vittime il diritto al risarcimento”. Il rapporto evidenzia, comunque, come nessuna delle iniziative abbia affrontato il retaggio del decennio scorso, in cui l’Algeria è stata devastata da una crisi dei diritti umani di proporzioni terribili. “Nessuna indagine completa, indipendente e imparziale è stata avviata sugli abusi di massa dei diritti umani compiuti dal 1992, che costituiscono crimini contro l’umanità - si precisa -. Questi crimini includono decine di migliaia di uccisioni e migliaia di casi di tortura commessi dai gruppi armati, dalle forze di sicurezza e dalle milizie armate dallo Stato, così come migliaia di casi di “sparizioni” successive agli arresti da parte delle forze di sicurezze o delle milizie armate dallo Stato. Il governo algerino continua inoltre a negare che pubblici ufficiali si siano resi responsabili delle massicce violazioni dei diritti umani verificatesi nell’ultimo decennio”. Amnesty International rinnova l’appello a tutti i gruppi armati di porre fine agli attacchi deliberati contro i civili, rispettare il principale diritto umano fondamentale, quello alla vita, nonché porre fine al rapimento, allo stupro e alla tortura di donne e ragazze. “Le vittime di questi abusi hanno atteso già troppo. È ora che le loro voci siano ascoltate e che le promesse di cambiamento siano tramutate in azione”. In vista della prossima ratifica, di tutte le parti coinvolte, dell’Accordo di associazione euro-mediterranea firmato ad aprile 2002, l’organizzazione chiede alla presidenza italiana dell’Unione europea di occuparsi urgentemente del perdurare della grave situazione dei diritti umani in Algeria. “La presidenza italiana dell’Unione europea deve assumersi seriamente le proprie responsabilità riguardo all’Accordo di associazione euro-mediterranea che sta per essere ratificato e che contiene una clausola sui diritti umani reciprocamente vincolante - ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso l’Unione europea - Evitando ora di affrontare l’Algeria per aver fallito nell’occuparsi dei più gravi abusi dei diritti umani, alimenterà semplicemente la frustrazione sentita da molti cittadini algerini. In vista dei suoi prossimi colloqui con le autorità algerine, l’Unione europea deve cercare concretamente di migliorare la situazione e di occuparsi della mancanza di responsabilità per i crimini del passato”.In particolare, Amnesty International si appella all’Unione europea affinché essa richieda l’impegno delle autorità algerine per: “assicurare che l’organismo nazionale sulle “sparizioni” annunciato dal presidente Bouteflika il 6 agosto scorso avrà l’indipendenza necessaria e i poteri per aiutare a rivelare la verità circa le migliaia di “scomparsi” algerini e che privilegerà gli interessi delle vittime; porre fine all’impunità, fermando immediatamente la pratica di concedere l’esonero dalla prosecuzione ai membri dei gruppi armati che si consegnano alle autorità e dichiarando nulla e vuota l’amnistia del 10 gennaio 2000; assicurare che le conclusioni della Commissione d’inchiesta sull’uccisione delle decine di manifestanti inermi nella regione della Kabylia nel 2001 siano seguite da indagini complete, imparziali e indipendenti per identificare le persone responsabili per ciascuna uccisione e assicurare che siano consegnate alla giustizia con procedure che rispettino gli standard internazionali per il processo equo”.

 

30. MINORI – Stranieri non accompagnati. Su 258 albanesi rimpatriati tra il ’98 e il 2000, il 60% è tornato in Italia e rimpatriato altre 2 o 3 volte (Redattore Sociale), 16 settembre 2003 ROMA – Dall’intervento di Chiara Sami di Save the Children alla Seconda Conferenza Internazionale di Vilnius, in Lituania, anche alcuni dati interessanti sul rimpatrio dei minori straneri non accompagnati. Per la precisione, Save the Children ha citato uno studio del Servizio sociale italiano internazionale su un campione di 256 minori albanesi rimpatriati tra il 1998 e il 2000. Secondo quanto evidenziato dallo studio, all’inizio del 2001 soltanto 98 di loro erano ancora in Albania e soltanto 6 (il 2 per cento) avevano trovato lavoro. Il dato più significativo è che 155 ragazzi (60 per cento del totale) erano emigrati di nuovo, quasi tutti in Italia. Alcuni erano già stati rimpatriati due o tre volte. Una volta tornati in Italia, spesso alla ricerca disperata di un lavoro, i ragazzi diffidano delle strutture sociali che li hanno rimpatriati e finiscono spesso per legarsi a gruppi criminali.“Il rimpatrio deve divenire un’alternativa solo per un numero limitato di minori – ha concluso Chiara Sami -. Bisogna tenere conto che questi ragazzi vengono rimpatriati quasi sempre contro la loro volontà Per rendere questa procedura davvero efficace e giusta, dovrebbe essere necessario il consenso del minore e della sua famiglia. E’ altresì indispensabile pensare a programmi di reinserimento che coinvolgano anche i familiari del minore”.

 

31. MINORI - Stranieri non accompagnati, Save the Children: ''Sono necessarie nuove regole per il rimpatrio'' (Redattore Sociale), 16 settembre 2003 ROMA - "E’ assolutamente necessario trovare nuove procedure di decisione dei rimpatri dei minori stranieri non accompagnati. L’attuale sistema in vigore in Italia non assicura che venga sempre scelta la soluzione migliore per il minore”. Queste le conclusioni di Carlotta Sami di Save the Children Italia, intervenuta alla Seconda Conferenza internazionale su minori separati e traffico a Vilnius (Lituania). Ha affermato la Sami: “Il sistema italiano presenta senza dubbio diversi aspetti positivi. Innanzitutto la legge sull’immigrazione e il diritto d’asilo proibisce l’espulsione dei minori separati, ad eccezione dei casi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato. Il rimpatrio (decisione diversa dall’espulsione) del minore può essere invece deciso dalla Commissione per i minori stranieri del Ministero del Welfare. In 60 giorni la Commissione deve verificare le condizioni della famiglia d’origine e decidere se il rimpatrio sia la decisione più giusta per il minore. Non sempre questa procedura si rivela efficace: spesso la Commissione è influenzata dalle politiche del Governo contro l’immigrazione clandestina. Save the Children ritiene che solo un organismo completamente indipendente dall’esecutivo possa assicurare una reale imparzialità”.

 

32. IMMIGRAZIONE: Gibuti, esercito arresta centinaia clandestini (ANSA-REUTERS) - GIBUTI, 16 SET - L'esercito di Gibuti, piccolo Stato del corno d'Africa, ha arrestato oggi centinaia di immigrati clandestini con l'obiettivo di espellerli, dopo che a mezzanotte era scaduto il termine loro concesso per lasciare il Paese. Un ufficiale del ministero degli interni ha detto alla Reuters che i clandestini presi in consegna sono 185, e ha aggiunto che saranno riportati domani - in autobus e in treno - in Somalia e in Etiopia. "Non è stata un'operazione una tantum - ha spiegato -. Continueremo a farle ogni giorno e ogni settimana se serve. Potrebbero essere necessari uno o due anni per risolvere questo problema". Un testimone ha raccontato come si è svolto il blitz dell'esercito. "Hanno controllato i documenti di ciascuno, e quelli che ne erano sprovvisti sono stati portati alla stazione di polizia. C'erano quattro camion pieni di gente, quindi almeno 200 persone". Due settimane fa Gibuti, un Paese di 640.000 abitanti grande quanto la Toscana e con un tasso di disoccupazione al 50 per cento, aveva dato un ultimatum ai circa 100.000 clandestini affluiti sul suo territorio, attirati dai salari relativamente alti rispetto agli altri Stati della regione. Si calcola che 80.000 immigrati abbiano lasciato il Paese da soli. Il governo di Gibuti sostiene che le espulsioni sono semplicemente motivate da criteri economici, di sicurezza e di salute pubblica. Gli Stati Uniti, che stanno conducendo un'operazione antiterrorismo nel Paese, negano di aver premuto sul governo locale per accelerare le espulsioni.

 

 

 

 

 

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