Annamaria Rivera
Estranei e nemici
Discriminazione e violenza razzista in Italia
Con un Inventario dellŐintolleranza di Paola Andrisani
pp. 160
Euro 13,00
Isbn 88-88738-06-1
Al tempo in cui il fondamentalismo occidentale teorizza e pratica la guerra
preventiva, lŐetnocentrismo e il razzismo rischiano di diventare fenomeni
endemici. Estranei e nemici il risultato di unŐindagine su discriminazione,
xenofobia e razzismo condotta sul campo nellŐarco di diversi anni. Partendo
dalla definizione critica di tali concetti giunge a formulare un bilancio
dellŐattuale contesto italiano. Qui, la debole reattivit sociale nei confronti
delle espressioni razzistiche, anche pi esplicite, e una certa indifferenza
morale, prima che politica, rendono ancora pi temibile questo fenomeno.
Il razzismo non solo unŐideologia Đ cio un insieme di idee, opinioni,
rappresentazioni, stereotipi, pregiudizi Đ n solo un sistema di idee che
orienta lŐazione, ma un concreto rapporto sociale che pu inverarsi nelle forme
e nei gradi della discriminazione, della segregazione, del rifiuto, del
disprezzo, dellŐaggressione. Questo specifico rapporto sorretto a sua volta
da un potente apparato simbolico che in grado di agire direttamente sul
sociale, producendo e riproducendo la discriminazione, lŐineguaglianza, la
dominazione.
Estranei e nemici disegna il ritratto di una societ italiana che perlopi
non accetta di essere gi policulturale; una societ condizionata
dalla rappresentazione del fenomeno migratorio costruito dai media, talvolta
preda di ingiustificabili paranoie da invasione. Ne testimonia lŐapprofondita e
utile raccolta di casi realmente avvenuti, ragionata e divisa per categorie
(dalle discriminazioni in ambito lavorativo fino agli omicidi razzisti), curata
da Paola Andrisani.
Annamaria Rivera docente di Etnologia allŐUniversit di Bari. Fra i suoi
campi di ricerca vi lŐanalisi delle mutevoli forme dellŐetnocentrismo e del
razzismo nelle societ contemporanee. Ha scritto numerosi saggi tra i quali LŐimbroglio
etnico (Bari 2001) con R. Gallissot e M. Kilani. é curatrice e co-autrice de LŐinquietudine
dellŐislam (Bari 2002).
Paola Andrisani collaboratrice dellŐinsegnamento di Etnologia
(Universit di Bari). Si occupata del fenomeno migratorio e conduce una
ricerca sul campo in Senegal sullo scambio e il mtissage culturale fra societ
di partenza e societ di arrivo.
Il testo
LŐidea che ha ispirato questo libro discende da unŐannosa riflessione
teorica sul razzismo e sulle sue metamorfosi attuali, che mi induce a ritenere
che esso non possa essere rubricato come epifenomeno, come espressione
"sovrastrutturale", in definitiva secondaria, dei rapporti di
produzione, come pura e semplice ideologia che riflette e legittima i rapporti
di classe e lo sfruttamento. La tendenza, talvolta di pretesa ispirazione
marxista, che riduce il razzismo a ideologia esterna o estranea allŐinterazione
sociale, che avrebbe lŐunica funzione di giustificare lo sfruttamento e il
dominio, finisce per alimentare, mi sembra, quella sottovalutazione del
fenomeno razzista che connota il contesto italiano.
La debole reattivit sociale nei confronti delle espressioni razzistiche
anche le pi aperte e la diffusa indifferenza morale, prima che politica, verso
lo stillicidio quotidiano di discorsi, pratiche, atti di discriminazione e
razzismo rendono infatti ancora pi temibile nel nostro paese questo fenomeno.
Il quale, per poter essere efficacemente studiato e contrastato, esige che lo
si analizzi per ci che : non solo unŐideologia Đ cio un insieme di idee,
opinioni, rappresentazioni, stereotipi, pregiudizi Đ n solo un sistema di idee
che orienta lŐazione, ma esso stesso un concreto rapporto sociale, che pu
inverarsi nelle forme e nei gradi della discriminazione, della segregazione,
del rifiuto, del disprezzo, dellŐaggressione. Questo specifico rapporto sociale
sorretto a sua volta da un potente apparato simbolico che svolge una funzione
performativa, cio in grado di agire direttamente sul sociale, producendo e
riproducendo la discriminazione, lŐineguaglianza, la dominazione.
Ben analizzato dagli studiosi il meccanismo di causazione circolare che,
in questo specifico campo, lega le idee e le rappresentazioni ai rapporti
sociali: alla base della discriminazione e degli atti razzisti vi certo unŐideologia,
esplicita o implicita; ma, quando gli atti di razzismo si moltiplicano e quelli
di discriminazione si generalizzano e si routinizzano, fino a diventare
abituale modalit di relazione sociale, amministrativa, politica con i
"minoritari", non fanno che rafforzare le immagini negative degli
altri e la percezione di essi nei termini di gruppi vulnerabili, immagini e
percezione che a loro volta rafforzano la xenofobia e possono incrementare il
razzismo.
é esattamente questo il meccanismo che oggi vediamo in atto in Italia, e
non solo a causa dellŐavvento di un governo di centro-destra di cui il minimo
che si possa dire che ha incorporato imprenditori politici del razzismo. La
vicenda politica italiana mostra come la propensione a essere indulgenti verso
gli umori xenofobici serpeggianti nella societ, addirittura ad alimentarli o
compiacerli per trarne vantaggi sul piano elettorale, sia una tendenza che,
sebbene perfettamente incarnata nella destra nostrana, per alcuni versi appare
trasversale agli schieramenti politici. Ugualmente trasversale Đ anche se
interpretata con accentuazioni diverse Đ lŐispirazione di fondo alla base
delle politiche dellŐimmigrazione, nazionali ed europee, che muove dal
presupposto, accolto come un dogma, che lŐimmigrazione sia unŐemergenza e pone
lŐaccento anzitutto sulla cosiddetta tutela della sicurezza e dellŐordine
pubblico, sul contenimento dellŐimmigrazione e sul controllo, disciplinamento,
repressione dei migranti, piuttosto che sulla loro integrazione, sul rispetto dei
diritti universali, sullŐestensione dei diritti di cittadinanza. E comune
quella ideologia, raramente messa in discussione, che naturalizza la
nazionalit, ne fa un feticcio o una sorta di dono di natura, dal quale
discenderebbero diritti e privilegi esclusivi, non condivisibili con gli
stranieri presenti nel proprio territorio. é questa, si potrebbe dire, la madre
di tutte le discriminazioni: la distinzione fra diritti dei
"nazionali" e diritti degli stranieri. Che si tratti di una discriminazione
perfettamente legale non cancella il fatto che il diverso trattamento riservato
agli stranieri, lŐapplicazione nei loro confronti di misure di polizia,
pratiche di internamento, espulsioni di massa violino clamorosamente i principi
di libert e uguaglianza solennemente proclamati nelle Dichiarazioni
universali.
VŐ nondimeno un sovrappi che rende paradigmatico lŐattuale contesto
italiano. Il netto peggioramento della legislazione sullŐimmigrazione,
attraverso un insieme di norme integrative o sostitutive che ne rafforzano il
versante repressivo e che in definitiva concepiscono il migrante come semplice
merce-lavoro, subordinando la legittimit e la durata del soggiorno al
contratto di lavoro, contribuisce a rafforzare il meccanismo circolare cui si
faceva cenno. Queste norme, infatti, alimentando il processo di
clandestinizzazione, limitando il diritto dŐasilo e i ricongiungimenti
familiari, militarizzando la strategia contro gli ingressi irregolari,
riservando ai soli non-comunitari misure quali i "rilievi dattiloscopici",
moltiplicando i centri di detenzione amministrativa, rendendo routinaria la
pratica delle espulsioni collettive, oltre a peggiorare le condizioni di
esistenza degli stranieri, ne incrementano le rappresentazioni negative,
soprattutto lŐidea gi corrente di una presenza abusiva e minacciosa.
DŐaltra parte, i discorsi e gli atti discriminatori e razzisti, non poche
volte fomentati o compiuti da politici e amministratori di partiti al governo,
si vanno a tal punto moltiplicando e banalizzando che il razzismo rischia di
divenire idioma culturale del Belpaese. Un idioma costantemente rafforzato dal
ruolo svolto dai mezzi di comunicazione di massa, potenti ripetitori e
amplificatori del senso comune pi degradato, che da essi viene legittimato e
incrementato.
é doveroso aggiungere che un tale idioma culturale non pu che
avvantaggiarsi della temperie presente che vede nella guerra preventiva e
permanente uno dei suoi elementi costitutivi. Dopo lŐ11 settembre, la
cosiddetta lotta al terrorismo internazionale ha prodotto non solo una drastica
accentuazione del controllo poliziesco, ma anche legislazioni di emergenza che
tendenzialmente cancellano le garanzie democratiche e prendono di mira
soprattutto gli stranieri provenienti da paesi a maggioranza musulmana. Non
un fenomeno inedito: a tutte le guerre si accompagna la propensione a
costituire un nemico interno, stigmatizzato o addirittura perseguitato come
complice soggettivo od oggettivo del nemico esterno. Oggi, per, la stessa
evanescenza del nemico ad alimentare una diffusa e pervasiva
"nemicizzazione" di chiunque sia reputato estraneo allŐOccidente.
In Italia, lŐislamofobia e il pregiudizio anti-musulmano, che gi
rappresentavano una componente ben affermata dellŐintolleranza nostrana grazie
allŐopera svolta soprattutto dalla Lega nord, vanno configurandosi come una
tendenza in netta crescita. Essa tuttavia non ha affatto soppiantato umori ed
espressioni di antisemitismo, che anzi Đ favoriti dalla polarizzazione seguita
allŐ11 settembre e dallŐesacerbarsi del conflitto mediorientale Đ registrano
inquietanti impennate, sia pure non cos gravi e numerose come in Francia.
Rispetto a tutto ci, debole, si diceva, appare la reattivit anche da
parte dei partiti e dellŐopinione pubblica democratici e perfino da parte della
variegata galassia associativa antirazzista o almeno di alcune sue componenti.
I primi hanno spesso sottovalutato la discriminazione e la violenza razziste
per lo pi reputandole, quando sono stati capaci di riconoscerle, come effimere
ed estranee alla tradizione italiana; la seconda, pur contrastandole
quotidianamente e coraggiosamente, d talvolta lŐimpressione di coglierle non
come un fenomeno unitario, bens come manifestazioni, certo gravi, ma isolate e
secondarie, dello sfruttamento economico e dellŐingiustizia sociale e/o come
effetto di norme e dispositivi legislativi funzionali allo sfruttamento: queste
ultime spiegazioni, pur essendo del tutto fondate, sono riduttive poich non
colgono la complessit e la globalit del fenomeno razzista nonch il
meccanismo circolare di cui prima si detto. Forse non casuale che, per fare
un solo esempio, La rabbia e lŐorgoglio, scomposto e volgare pamphlet razzista
scritto dopo lŐ11 settembre dalla giornalista italiana Oriana Fallaci, in Francia
sia stato oggetto di denunce legali da parte di associazioni antirazziste,
mentre in Italia non abbia suscitato pari indignazione: a nessuno venuto in
mente che una cos palese istigazione allŐodio razzista potesse essere oggetto
di querela, non gi per impedire che il libello circoli e venga letto, ma allo
scopo di sottolinearne la gravit, di sollecitare il dibattito pubblico e di
tentare cos di contrastare il processo di occultamento o banalizzazione del
razzismo.