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Bambini perduti nell'inferno della Bossi-Fini

Sabrina Deligia

Liberazione, 5 maggio 2004

Sono i figli delle detenute straniere in Italia. Vivono in carcere fino a tre anni, poi in affidamento. E se la madre viene rimpatriata la perdono. La mobilitazione delle associazioni.

«Dopo i tre anni i figli delle detenute straniere vengono dati in affido fuori del carcere e diventano di fatto italiani. Alla madre, quando uscirà, spetterà la scelta: lasciarli nella nuova situazione rinunciando al rapporto con loro o sradicarli e portarli in una situazione dove avranno molto meno di quello che hanno qui». Una scelta infame. Cecilia Massara, ex detenuta madre, ha riassunto nel suo intervento il succo dell'incontro-dibattito che si è tenuto ieri a Roma, presso la sala delle Colonne della Camera, sul tema: "Madri detenute straniere: misure legislative di sostegno a fine pena a tutela dei figli". Bambini che in Italia una volta "scarcerati" non hanno alcun diritto, nonostante le convenzioni sovrannazionali sull'infanzia. Bambini che rischiano di perdersi tra due patrie, affidamenti infiniti, abbandonati per legge.
Così l'incontro, organizzato dall'associazione di volontariato A Roma Insieme e dalla Consulta cittadina permanente per i problemi penitenziari, ha cercato di fare il punto sulle misure legislative di sostegno a fine pena a tutela dei figli delle migranti in carcere. Tra gli interventi in scaletta Leda Colombini presidente dell'associazione A Roma insieme, Sergio Briguglio della Fondazione Luigi di Liegro, Laura Braghetti coordinatrice di Arci Ora D'Aria, Umberto Saleri esperto delle politiche dell'immigrazione, Stefania Tallei della Comunità di Sant'Egidio, Paola Lamartina responsabile della casa d'accoglienza "Ain Karim" e Amira Omerovic ospite della stessa casa d'accoglienza. In sala anche deputate, detenute e volontari. Alla fine dei lavori è emersa una richiesta netta da parte delle associazioni: eliminare l'espulsione obbligatoria dal territorio nazionale a fine pena, dettata dalla Bossi-Fini, per tutte le madri. Quest'ultimo passaggio è un vero dramma per i bimbi che, dopo il trauma del carcere, quando finalmente potrebbero cominciare una esistenza normale, vengono invece espulsi con le loro madri.
La proposta, dunque, messa in campo dalle associazioni di volontariato è di una norma che dia la possibilità al giudice, in alcuni casi, di revocare l'espulsione. Questo solo se le donne hanno espiato la pena, compiuto un percorso di cambiamento attestato dagli operatori sociali, hanno un contratto di lavoro e un domicilio (anche in una casa di accoglienza) e hanno inserito i bambini nella scuola. In teoria, infatti, già oggi la legge prevede che le detenute madri di figli piccoli non debbano stare in carcere: ma nella realtà si verifica che la maggior parte di loro sono costrette a rimanervi perché non hanno un domicilio.
Nello specifico, secondo la legge 40 dell'8 marzo 2001 - la cosiddetta Simeone - queste donne, queste madri, avrebbero diritto agli arresti domiciliari sino al compimento dei dieci anni di età dei propri figli. Accade però che la legge venga «sospesa» nei casi di recidività (che spesso riguardano le nomadi) e di pericolosità sociale. Tutto dipende dal magistrato. E lui che può negare i domiciliari. Quanto alle migranti poi, la legge Bossi-Fini prevede per loro - una volta scontata la pena - l'espulsione immediata, anche nel caso in cui siano madri di bambini che hanno avviato o completato percorsi di inserimento sociale.
Le detenute madri in carcere oscillano, in Italia, tra le 50 e le 60. Solo nel carcere femminile di Rebibbia sono detenute 20 donne nella sezione "nido" con bambini da 0 a 3 anni che dividono con loro la dura condizione della vita reclusa. Soprattutto donne che non rappresentano un pericolo sociale, non hanno da scontare periodi lunghissimi, solo in minima parte usufruiscono di pene alternative al carcere ma, nonostante questo, da alcuni anni, il tribunale iscrive, in sentenza, l'espulsione a fine pena.
A sostenere la fine del supplizio di madri e figli un cartello di decine di associazioni, tra le quali le Acli, Antigone, Arci Ora d'Aria, Ass. naz. psicologi penitenziari, Positif, Biblioteche di Roma, Ceis, Centro Don Bosco, Circolo Mario Mieli, Cittadinanza attiva, Comunità di Sant'Egidio, Fondazione Villa Maraini, Arcitrans, Lila Lazio, Magliana 80, No. di, Papillon, Parsec, Pid, Uisp Roma, Vic Caritas.