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Mercoledì 28 Aprile 2004 Chiudi chiudi finestra
Immigrazione/ Maltesi e ciprioti potranno cercare impiego liberamente dal primo maggio. Per gli altri tetto di 20.000 ingressi nel 2004
Nuovi Paesi Ue, dall’Est più facile il sogno italiano
La moratoria è aggirabile: blocco di 2 anni solo per i lavoratori dipendenti, via libera agli autonomi

di CORRADO GIUSTINIANI


ROMA - Entro come lavoratore autonomo e poi mi stabilisco come dipendente. E’ un blocco molto soft, una moratoria parziale e assai facile da aggirare quella decisa per i cittadini dei paesi dell’Est europeo che diventeranno comunitari il 1 maggio. Per due anni non potranno venire liberamente in Italia a cercare un impiego, ma la restrizione riguarda soltanto i rapporti subordinati, a tempo determinato o indeterminato che siano. In attesa che il Decreto della Presidenza del Consiglio sul tema venga pubblicato, sono trapelati ieri i dettagli di un Vademecum preparato dal ministero del Welfare e indirizzato ai cittadini degli otto Stati (per Malta e Cipro non è prevista infatti alcuna restrizione) e ai datori di lavoro interessati ad assumerli. Vademecum che, logicamente, interpreta il Decreto approvato il 20 aprile, il cui testo non è stato ancora ufficializzato.
«I cittadini neocomunitari che intendono esercitare in Italia un’attività di lavoro autonomo - è scritto nelle prime righe - godono di libera circolazione ai fini dell’accesso al mercato del lavoro». I subordinati, invece, saranno soggetti a una quota di 20 mila unità, che il governo ha fissato per il solo 2004. Ma cosa impedirà a un polacco o a un ungherese o a uno slovacco, di presentarsi come elettricista, giardiniere o idraulico, o anche come giornalista freela nc e ( mostrando di averne i requisiti, al limite aprendo una partita Iva) e contestualmente di chiedere la carta di soggiorno prevista dal Dpr n.54 del 2002, il testo unico per i lavoratori comunitari? Dopodiché sarebbe un giochetto decidere di passare a un lavoro subordinato.
Precisa anche, il documento del ministero del Lavoro, che le restrizioni «non si applicano ai cittadini neocomunitari occupati legalmente in Italia alla data di adesione e ammessi al mercato del lavoro per un periodo ininterrotto pari o superiore a 12 mesi». Insomma, chi ha già un impiego da un anno è a posto, così come il suo coniuge e i figli minori di 21 anni o a carico. E chi un impiego se lo viene a cercare dopo il 1 maggio, infischiandosene delle quote? Beh, non potrà essere certo rispedito indietro, visto che non è un clandestino ma un cittadino comunitario. A rischiare è l’impresa, che verrebbe sanzionata perché lo ha impiegato in nero. Lui potrebbe essere forse licenziato.
C’è poi la quota da 20 mila ingressi riservata ai soli cittadini dell’Est europeo per il 2004. A prima vista sembra sufficientemente ampia, soprattutto perché siamo già a metà anno e perché fra gli otto paesi interessati non c’è la Romania, che entrerà nel 2007, e che rappresenta per importanza la prima nazionalità degli immigrati in Italia, dopo il sorpasso effettuato lo scorso anno sul Marocco. Secondo una ricerca condotta dalla Caritas e presentata ieri al Cnel la pressione migratoria dei paesi dell’Est verso la nostra penisola è di 50 mila unità all’anno, 35 mila delle quali, però, da parte di bulgari e romeni, ancora fuori dalla Ue.
C’era dunque bisogno di questa fase transitoria di restrizioni, lanciando un segnale di scarsa apertura nei confronti dei neocomunitari? Segnale, naturalmente, in piena regola con il Trattato di Atene che, dopo la prima moratoria biennale ne ammette una seconda di tre anni e addirittura una terza di due, qualora sul mercato del lavoro di uno dei paesi membri si verifichino gravi perturbazioni. Mal comune mezzo gaudio, si dirà, perché la paura dell’invasione ha contagiato tutta l’Unione, se si esclude l’Irlanda, che non farà moratoria, e il Regno Unito, che la farà parziale (per le sole qualifiche basse) ritardando però di molti mesi l’accesso ai benefici del welfare da parte dei neocomunitari.
Il Vademecum precisa comunque che la procedura burocratica delle quote sarà alleggerita. Il datore di lavoro soggiornante in Italia presenterà una domanda alla Direzione provinciale del Lavoro, allegando pochi documenti: generalità sue e del lavoratore richiesto, fotocopia del passaporto, condizioni offerte. Infine, come in precedenti occasioni, è stato consentito l’accesso fuori quota di dirigenti, professori universitari, traduttori e interpreti, infermieri, lavoratori in ”contratto di appalto”, persone che svolgono periodi temporanei di addestramento e formazione presso imprese italiane.