Nota di CGIL e ARCI relativa all'audizione del 30 marzo 2004 in

Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, in relazione ai

Disegni di legge su "Cittadinanza" e "Diritto di voto per gli stranieri".

 

Il concetto di cittadinanza ha subito negli anni una involuzione ed

passata da espressione del livello di qualit delle democrazie, da indice

della condizione emancipativa dell'individuo, orizzonte culturale dei

diritti civili, sociali e politici ad elemento di esclusione di gruppi

sempre pi numerosi di uomini e donne presenti nelle nostre comunit.

La forza inclusiva di questo concetto che ha determinato la costruzione

di una uguaglianza formale tra componenti molto diverse della societ, ha

lasciato il posto ad una diversit che esclude basata sull'appartenenza

nazionale.

C' bisogno allora di rinnovare il concetto di cittadinanza legandolo

non pi all'appartenenza allo Stato - nazione, al vincolo di sangue

storicamente superato, che produce disuguaglianza, ma ad un vincolo moderno e

basato sulla condizione di vita delle persone in quanto appartenenti ad una

comunit locale e che pu rappresentare un nuovo spazio per l'uguaglianza

in un mondo globalizzato.

La residenza, scelta libera non legata all'identit nazionale, pu essere

l'elemento che propone un concetto di cittadinanza aperta e inclusiva che

promuove l'uguaglianza formale e sostanziale di diritti, a partire dai

diritti politici e civili.

Questo principio a nostro parere quello che dovrebbe stare alla base

delle scelte del legislatore sia in relazione al diritto di voto che all'accesso

alla cittadinanza.

Inoltre va respinta ogni logica premiale nel riconoscimento dei

diritti, sia quelli politici che quelli legati alla scelta della cittadinanza.

Infatti anche nei casi in cui venga riconosciuta formalmente parit di

diritti ai cittadini/e stranieri, come ad esempio in teoria nel caso

dei diritti sociali (cio il diritto da parte delle cittadine e dei

cittadini stranieri regolarmente residenti ad usufruire di prestazioni uguali a

quelle degli italiani in ambito sociale), la stessa normativa che lo

stabilisce, pone delle condizioni. Condizioni che nella maggior parte dei casi si

dimostrano irraggiungibili, e che determinano una sostanziale

esclusione dall'esercizio dei diritti sociali.  L'esempio pi evidente

l'introduzione della carta di soggiorno, il cui possesso comporta l'accesso ai

diritti sociali per gli stranieri in parit di condizione rispetto ai

cittadini italiani. Ottenere la carta di soggiorno per un'impresa

difficilissima e addirittura impossibile per la maggior parte degli stranieri

residenti.

Paradossalmente, vengono esclusi proprio i pi vulnerabili tra gli

stranieri, perch i requisiti per avere la carta partono da parametri

irraggiungibili: per esempio le condizioni, il possesso di un reddito

minimo e continuativo, legato anche al numero dei figli.

Sia le proposte che mirano a riconoscere il diritto all'elettorato

attivo e passivo, sia quelle di modifica in senso inclusivo della legge sulla

cittadinanza ancora in vigore, non sono in alternativa. Concorrono ad

allargare il concetto di cittadinanza. Dare priorit alla legge sulla

cittadinanza, significherebbe allargare lo spazio dell'italianit,

farvi entrare migliaia di persone di origine straniera nate o lungo

residenti nel Paese; ma non basta a garantire diritti fondamentali ad una fetta di

persone di origine straniera che per diversi motivi non potranno o non

vorranno accedere alla cittadinanza italiana (per molti significherebbe

rinunciare alla propria, tornare al luogo di origine da stranieri). Il non

accesso al riconoscimento della cittadinanza formale non dovrebbe impedire il

godimento di diritti fondamentali, come quello di poter partecipare alle scelte

che riguardano tutte e tutti, in quei luoghi che rappresentano comunque

gli ambiti di vita del presente e quasi sicuramente del proprio futuro.

L'ampio margine di discrezionalit di chi applica la normativa

relativa al riconoscimento della cittadinanza ai cittadini e alle cittadine

stranieri, unito all'introduzione di altri requisiti da parte della

giurisprudenza amministrativa, ha determinato un numero eccessivamente elevato di

reietti di richieste di cittadinanza per residenza. Secondo i dati del

Ministero dell'Interno riferiti al 2003, le reiezioni per residenza sono state

1.763 su un totale di 1.962  reiezioni.  Le concessioni di cittadinanza per

residenza sono state 2.111 su un totale di 13.382 concessioni. I criteri

di valutazione delle richieste, basati su parametri patrimoniali e di

ricchezza, costituisce una barriera di ordine economico che impedisce

il superamento di potenziali situazioni di marginalit sociale,

economica,politica e culturale. Ai poveri viene di fatto negata la possibilit

di diventare formalmente italiani.

In relazione al riconoscimento del diritto di voto agli stranieri residenti

va ricordato che l'Italia stato il primo paese dell'Unione Europea a

riconoscere il diritto di voto, costituzionalmente prerogativa dei

cittadini e delle cittadine italiane, anche per i cittadini e le cittadine

stranieri appartenenti ad altri paesi europei. Va sottolineato che al momento

della scrittura della Costituzione non esistevano categorie differenziate

sia di cittadini che di stranieri. La legge 9 del 1989 viene approvata

nonostante il dettato costituzionale, ne si pu ragionevolmente sostenere che la

nostra Costituzione neghi ai non comunitari ci che concede ai comunitari.

Va rifiutata l'idea di legare l'acquisizione del diritto di voto ai

criteri per l'acquisto della carta di soggiorno poich  in tal modo si

introdurrebbe un principio inaccettabile di discriminazione e quello che per tutti

rappresenta un diritto, per gli stranieri si configurerebbe come una

concessione sulla base di una valutazione dei requisiti attribuita

ancora una volta all'autorit di pubblica sicurezza.

Sulla base di quanto su esposto e in relazione ai disegni di legge in

discussione avanziamo le seguenti proposte: sull'acquisizione della cittadinanza:

1. adottare il principio jus soli e concedere la cittadinanza italiana

   a tutte le bambine e ai bambini nati in Italia, indipendentemente del tempo

   di residenza dei genitori;

2. concedere la cittadinanza italiana a tutte le cittadine ed a tutti

   i cittadini stranieri minorenni e maggiorenni residenti legalmente da

   tre anni nel territorio italiano, considerando come requisiti fondamentali il

   possesso del permesso di soggiorno e la residenza legale;

3. stabilire come sede per il riconoscimento della cittadinanza le

   sedi territoriali di Governo;

4. stabilire un anno come tempo massimo per dare risposta alla richiesta di                                  cittadinanza;

5. definire con precisione le modalit ed i requisiti richiesti,

   riducendo al minimo gli spazi di discrezionalit e di aggiunta di

   requisiti; sul riconoscimento del diritto di voto introdurre il diritto      all'elettorato attivo e passivo, con legge ordinaria, come affermazione della cittadinanza di residenza condizionandolo appunto esclusivamente al possesso del requisito della residenza, senza ulteriori limiti.

 

 

 

 

Resp. Immigrazione CGIL Naz.                   Resp.Immigrazione ARCI Naz.

     (Pietro Soldini)                                (Filippo Miraglia)