Lo studio che
presento si articola in cinque parti: nella prima viene descritto landamento
del flusso immigratorio nel contesto italiano ed in quello pi specifico della
regione Friuli-VeneziaGiulia; nella seconda vengono presentate sinteticamente
le modalit con cui la ricerca stata condotta (reperimento campione,
colloqui, ecc.); in quella successiva, dopo unintroduzione sulla situazione
femminile maghrebina in patria ed in Europa, esposta la ricostruzione dal
punto di vista tematico delle diverse storie confrontate fra loro. Seguono le
immagini fotografiche e la trascrizione delle interviste (corredate da
audiocassette).
Per avvicinarmi allimmigrazione maghrebina femminile nella nostra provincia ho scelto di ascoltare la voce di chi ne direttamente coinvolta accompagnando questo ascolto con lapprofondimento degli studi antropologici sullargomento presenti in letteratura. Ho incontrato ventitre donne che mi hanno raccontato le loro storie evidenziando le difficolt e i benefici dellessere stranieri in Italia ed in particolare a Udine.
Fondamento di questa mia ricerca qualitativa sono stati, quindi, i colloqui.
Inizialmente quella maghrebina si era dimostrata una comunit relativamente chiusa e, per conoscere le donne che formano il campione che ho intervistato, mi sono anche avvalsa dellaiuto del Centro di Ascolto per extracomunitari del Comune di Udine, di alcuni mediatori culturali e delle stesse intervistate che mi hanno presentato loro conoscenti.
Tutti i colloqui si sono svolti tra il novembre 2001 e il luglio 2002. Durante gli incontri ho lasciato che le donne mi raccontassero liberamente le loro storie enfatizzando quegli aspetti del percorso migratorio che loro ritenevano importanti e ho limitato i miei interventi per non influenzarle. Prima dellincontro ufficiale ci sono stati contatti telefonici e colloqui pi informali durante i quali ho cercato di farmi conoscere, di conquistare la loro fiducia e soprattutto di descrivere loro lindagine che mi accingevo a fare. Con il loro permesso ho infine registrato le nostre ultime conversazioni che poi ho trascritto.
Infine ho confrontato le storie tra loro cercando di rapportarle anche con gli stereotipi sulle donne mussulmane pi comuni. Da questi confronti sono emersi dei nodi tematici che tutte hanno incontrato nel loro percorso di migrazione e integrazione.
Le donne che ho incontrato (et compresa tra i venti ed i quarantaquattro anni) mi hanno guidato nel loro mondo di valori e tradizioni senza mai chiedermi di accettare o condividere le loro scelte ed i loro percorsi di vita.
Dallanalisi di
questi racconti ho notato subito come non fosse possibile individuare un unico
profilo di donna maghrebina n un unico modello di integrazione. Ho sentito
parlare infatti di storie di emarginazione e di fuga ma anche di amore e
solidariet, di donne nascoste dietro le mura domestiche e di altre che si sono
integrate nella nostra societ pur rimanendo orgogliose della propria origine e
identit. Ho incontrate donne diverse nellet, nel ceto sociale e nella
scolarizzazione (credo sia interessante notare come, su un campione di 23
intervistate, sei siano laureate e solo una non sia in possesso di alcun titolo
di studio); persone che hanno seguito il percorso migratorio del marito o dei
familiari e altre che hanno scelto autonomamente di lasciare il proprio paese
per cercare una realizzazione personale o per fuggire da una precaria
situazione economica. Da tutte le storie emerge la difficolt del vivere tra
due culture, del passare da una realt nota e familiare ad una poco conosciuta.
Molte di loro affermano di sentirsi tirate in direzioni opposte: da una parte
il desiderio di conoscere, capire e farsi accettare dalla societ ospitante e
dallaltro quello di preservare la propria cultura, la propria tradizione e
soprattutto il proprio credo religioso. In questo conflitto interiore gioca un
ruolo fondamentale il loro essere mogli e soprattutto il loro essere madri:
nella comunit mussulmana, infatti, la maternit considerata un passaggio
obbligato per la realizzazione femminile e viene intesa anche come il
contributo pi importante delle donne alla societ che si aspetta da loro, in
quanto prime educatrici, il rispetto e la continuit della tradizione e della
memoria storica del paese di origine. Molte delle donne che vivono qui si
sentono troppo responsabilizzate dalle aspettative, che peraltro condividono,
della loro comunit consapevoli delle difficolt di far crescere i propri figli
in un ambiente a loro estraneo ed in cui i valori e le tradizioni sono cos
diversi. Questo turbamento pi profondo nelle donne che hanno sposato uomini
italiani e che quindi anche in casa si trovano a vivere tra due culture. Credo
che leggendo le parole di una di loro, Hind, si possa capire lentit di questa
sofferenza interiore:
io non posso rinnegarmi per questo figlio, non sar mai italiana, io sono algerina. Potr vivere qui cent'anni, io amo questo paese, rispetto questa gente, mi piace il loro modo di vivere ma non sar mai come loro, questo il bello, io sono io, se divento come loronon sar mai come loro
(storia n. 1).
Un altro dato che le accomuna lappartenenza religiosa infatti sono tutte musulmane anche se con gradi diversi di osservanza. Infatti, ad esempio, solo tre portano lhijab e due il kimar (o velo).
Nella maggior parte dei casi lindossare o meno il velo una scelta personale svincolata dal luogo o dalla situazione in cui esse si trovano.
Per le donne osservanti stata fondamentale lapertura delle due macellerie mussulmane che oltre alla carne macellata con rito islamico vendono anche prodotti alimentari tipici come il cous-cous.
Oltre a questi, a Udine sono stati aperti altri esercizi pubblici gestiti da maghrebini tra i quali rosticcerie e negozi dabbigliamento, tutti situati nella zona vicina alla stazione.
Generalmente tutte le donne mostrano la volont di mantenere i legami con la cultura originaria e questo lo si pu notare, ad esempio, dalla scelta dei nomi per i figli o dalla decisione di farli circoncidere. Il mantenimento dei riti culturali e, in alcuni casi, la loro stretta osservanza sembra essere un modo per la salvaguardia dell identit. Per questo molte di loro amano indossare anche qui i vestiti tradizionali, preparare pietanze tipiche e seguire programmi televisivi in lingua araba. Inoltre tutte le donne marocchine mi hanno mostrato con orgoglio il loro salotto cos diverso dal nostro.
Tutte si sentono parte del mondo arabo e non
sono disposte a rinnegarlo in nome di una pi facile integrazione nella nostra
societ. La cultura, la storia, la religione sono tutti elementi che fondano il
senso dellesistenza e della coscienza di s; la loro perdita, comprometterebbe
la loro fiducia in s stesse e quindi la capacit di muoversi, confrontarsi e
vivere in una societ cos diversa da quella natia. Credo che lintegrazione
non dovrebbe contemplare la perdita dei codici culturali originari e la loro
completa sostituzione con quelli della nuova societ e proprio per questo il
ruolo che ricoprono alcune delle donne maghrebine con cui ho parlato sta
diventando (e per alcune lo gi) quello di mediatrici tra due culture.
Preservando la propria identit originaria ma accettando e adottando anche
parte degli usi e costumi del paese che le ospita, si stanno infatti
dimostrando lanello di congiunzione tra le due societ. Le madri, soprattutto,
sono motivate a cercare la convivenza e la compenetrazione tra le due culture
perch vogliono unintegrazione senza traumi per i loro figli. Vediamo quindi
bambini mussulmani che frequentano anche la catechesi Cattolica, tavole
imbandite con cous cous ma anche con la pasta, lasagne al rag fatto con la
carne macellata con rito islamico: tutti piccoli passi nel cammino verso una
societ multietnica e multiculturale.