Sicurezza: informativa urgente del Ministro dell'Interno Pisanu alla Camera dei Deputati sulle misure adottate per fronteggiare il terrorismo internazionale e sui fatti di Napoli e Genova

“Né allarmi eccessivi né banali rassicurazioni, ma soltanto determinazione a fare il nostro dovere”: il Ministro dell’Interno Pisanu ha riferito alla Camera dei Deputati sulle misure di prevenzione adottate per fronteggiare il pericolo del terrorismo internazionale.
“Oggi i luoghi sottoposti a speciale vigilanza – ha dichiarato - sono 13.421”.
Oltre all’attività di prevenzione interna, contro la minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamica,  è in corso anche “un'articolata iniziativa di carattere internazionale”.
“La scelta della fermezza verso i violenti – ha riaffermato il Ministro Pisanu - è la naturale compagna della scelta del dialogo verso tutti gli immigrati onesti e laboriosi; verso quegli immigrati che, mentre chiedono rispetto per la loro identità religiosa e culturale, dimostrano eguale rispetto per la nostra identità, per i nostri ordinamenti democratici e le nostre leggi”.

Il Ministro dell'Interno Pisanu ha riferito alla Camera anche sull’attentato al commissariato Sturla di Genova e sulla recente tragedia a Napoli dove, nel corso di una sparatoria nel quartiere di Forcella, è rimasta uccisa una giovane innocente.

 

Informativa urgente del Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu sulla sicurezza dei cittadini e sull’ordine pubblico a Napoli, nonché sui recenti attentati di Genova

Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,

 la settimana scorsa si sono verificati tre eventi, assai diversi tra loro per fisionomia, contesto e conseguenze: l’uccisione della giovane Annalisa Durante nel popoloso quartiere di Forcella, a Napoli; l’esplosione di due bombe nei pressi di una caserma della Polizia a Genova e, infine, il rapimento, nella provincia di Trento, della signora Anita Simoni, fortunatamente restituita all’affetto dei suoi cari nel volgere delle ventiquattro ore.

 Su quest’ultimo episodio, inizialmente non previsto dall’ordine del giorno della seduta odierna, vorrei riferire subito.

 Tratterò quindi le altre due principali questioni.
 
Da ultimo, Signor Presidente, vorrei cogliere l’opportunità offerta da questa informativa per dare conto alla Camera, sia pur sinteticamente, dell’operazione preventiva contro il terrorismo internazionale che la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri hanno condotto, in varie parti d’Italia, lo scorso  venerdì.


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 Il rapimento della signora Anita SIMONI è stato denunciato nel tardo pomeriggio di  martedì 30 marzo.

Fin dalla prima ricostruzione dell’accaduto sono emerse alcune anomalie, che hanno fatto pensare ad autori poco esperti e non particolarmente organizzati.

Le indicazioni fornite dal marito della signora Simoni e le indagini subito avviate permettevano ai carabinieri di individuare un immigrato di nazionalità magrebina che teneva i contatti con i familiari della vittima e di stringere i controlli sulla zona Nord di Trento. Ciò ha costretto i rapitori ad abbandonare la vittima presso una cava.

Successivamente sono stati fermati i  marocchini El Mayer Abdelillah e Hammoudi Kalifa, trovati in possesso dell’arma utilizzata per il sequestro, del telefono cellulare con il quale avevano mantenuto i contatti con i familiari della vittima e dell’autovettura utilizzata per  il rapimento.

Il fatto appare del tutto anomalo e non sembra preludere ad una ripresa dei  sequestri di persona che abbiamo, purtroppo, conosciuto in passato, come opera di una criminalità  particolarmente violenta, ben organizzata e capace di pianificare le sue imprese nei minimi dettagli. 

Dobbiamo essere grati all’Arma dei Carabinieri, ancora una volta tempestiva ed efficace nella sua azione sul territorio.


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La morte di una giovanetta innocente, coinvolta per caso in una sparatoria tra delinquenti,  ha ferito profondamente i cittadini di Napoli e tutti gli italiani.

Ai famigliari della vittima rinnovo la solidarietà del Governo e mia personale.

Questo episodio ci chiama in causa tutti e, come la domanda di giustizia che si è levata dal popolo del rione Forcella, esige risposte pronte e persuasive dal Parlamento, dal Governo, dalla magistratura, dalle Forze dell’ordine, dalle amministrazioni locali e dal popolo napoletano.

Ma prima di tutto vorrei che fosse chiara una cosa: a Napoli lo Stato c’è, le istituzioni pubbliche, centrali e periferiche, ci sono, operano e parlano fra loro, con un dialogo intenso e  fecondo, al quale deve unirsi sempre di più e sempre più forte la voce della società civile, quella della “vera Napoli”, come l’ha chiamata Rosa Russo Iervolino.

Da quella collaborazione sono nate molte iniziative che, muovendosi su vari piani, convergono tutte verso un obiettivo: sconfiggere la criminalità organizzata e l’illegalità diffusa.
 Come è ben noto, la camorra è un fenomeno criminale estremamente articolato, quasi pulviscolare: i gruppi delinquenziali presenti sul territorio sono numerosi e violenti, poco inclini a forme di organizzazione in qualche modo assimilabili a quelle proprie delle altre associazioni di stampo mafioso come Cosa Nostra o la ‘Ndrangheta calabrese.

 Naturalmente ciò rende l’azione di contrasto particolarmente  complessa e la camorra, pur frequentemente colpita, come l’idra dalle sette teste riprende vita continuamente, permeando in profondità il tessuto socio-economico di importanti zone geografiche della Campania.

 Eppure, lo dicevo prima, i buoni risultati non mancano.    

       Soltanto nel 2003, le persone denunciate per associazione a delinquere sono 556, con un aumento rispetto al 2000 del 44,4%; mentre quelle deferite all’Autorità Giudiziaria per associazione di stampo mafioso assommano a 535, con un aumento percentuale, sempre rispetto al  2000, che è addirittura del  76,6%.

 Questa tendenza è confermata anche dall’andamento dei delitti  scoperti: l’aumento è del 75% e raggiunge addirittura il 93,5% per quelli riconducibili alle organizzazioni di tipo mafioso.

I camorristi latitanti catturati nel 2003 sono stati 35, uno dei quali, come ho prima detto, era inserito nell’elenco dei più pericolosi; 7 sono invece gli arrestati  dall’inizio di quest’anno ad oggi, tra questi il noto Francesco Schiavone.

  Nello stesso periodo, considerando soltanto le principali operazioni di polizia portate a termine, sono stati arrestati 335 presunti camorristi.

Nel 2003, l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali nei confronti di camorristi ha condotto al sequestro di 14 beni e alla confisca di altri  4.

 Di particolare rilievo appaiono anche i i risultati conseguiti dalle Forze dell’ordine a Napoli contro le estorsioni: nel 2003 le persone denunciate sono aumentate del 48,8% rispetto al 2000.


    Il particolare insediamento della delinquenza camorristica fa sì che  in quest’area la conoscenza ed il controllo del territorio siano il perno di ogni strategia anticrimine.

A questa impostazione risponde l’operazione “Alto Impatto” avviata  nel maggio dello scorso anno nella provincia di Napoli, come ben sa la Camera che con una mozione unitaria ne ha votato la prosecuzione “sino a quando le circostanze la rendano utile”.

Quel mandato è puntualmente rispettato dal Governo. Voglio qui  sottolineare che le 500 delle 1000 unità di rinforzo (200 poliziotti, 200 carabinieri e 100 finanzieri) a suo tempo mandate a Napoli in via provvisoria, sono state pressoché completamente trasferite in via definitiva presso la Questura ed i Comandi provinciali (per la precisione, gli ultimi 50 operatori verranno assegnati entro il corrente mese di aprile).

  Al fine del migliore controllo del territorio mira anche l’istituzione del Poliziotto e del Carabiniere di quartiere, che nel  comune di Napoli è stata introdotta dal 20 gennaio 2003 ed ha ora completato la fase sperimentale.

Desidero inoltre ricordare che nella Questura partenopea è stato istituito un “Ufficio Strategie per il Controllo del Territorio”: esso individua le zone in cui disporre interventi mirati, raccogliendo ed analizzando le informazioni desunte dalle rilevazioni statistiche sulla delittuosità e dai contributi conoscitivi delle indagini in corso.  L’ufficio è anche il “punto di contatto” per i soggetti pubblici e privati, per gli Enti locali e per le istituzioni spontanee della società civile che concorrono così alla realizzazione pratica della c.d. “polizia di prossimità”.
Per quanto riguarda le attività programmate ricordo, tra l’altro, la prossima apertura del Commissariato di Polizia nel rione Forcella e l’imminente accordo tra il mio Ministero e il Comune di Napoli per la costruzione della moderna “Cittadella della Polizia”.

A questo insieme di attività e di iniziative, occorre aggiungere anche l’operazione “Vie Libere” che nel corso del 2003 ha portato, sul territorio napoletano, alla denuncia di 1.915 persone, di  cui 739 in stato di arresto.

Sottolineo, infine, che sono più di mille le persone segnalate all’Autorità Giudiziaria dalle Forze dell’ordine, per le quali si è in attesa di provvedimenti relativi ai reati contestati.

Tutto questo è il frutto dell’impegno quotidiano delle 12.615 unità di personale che le Forze di polizia schierano sul territorio napoletano, realizzando un rapporto operatore/popolazione di 1/243,  migliore rispetto a quello del resto del Paese che è di 1 a 252.

Di fronte a tanto impegno diventano ancora più forti  le perplessità e lo sconcerto che si provano nel rilevare come – per fare esempi concreti - venga arrestato per rapina un tale che due mesi prima era già stato arrestato per rapina o per estorsione; o ancora come venga arrestato per possesso di armi un talaltro che due mesi prima era stato sottoposto ad analogo provvedimento per identico reato.

E’ anche così che le teste dell’idra una volta recise tornano al loro posto. Credo che ciò debba indurre Parlamento e Governo ad una prudente e scrupolosa  riflessione ordinamentale.

 Naturalmente, la particolare natura dei contesti socio-economici  dove la camorra tende ad insediarsi conferisce particolare risalto alle iniziative di partecipazione sociale tendenti a creare sinergie tra Stato, enti locali, associazioni e cittadinanza.

La Questura di Napoli, i Commissariati e il Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri hanno stretto una fitta serie di rapporti con i rappresentanti delle categorie imprenditoriali e degli ordini professionali,  mentre la Prefettura, da parte sua, ha monitorato le aree ad alta incidenza criminale interessate da investimenti pubblici, coordinando specifici gruppi di lavoro.

Cito, fra gli altri, il “Coordinamento per la sicurezza sugli appalti pubblici” istituito nell’ambito del “Protocollo sui problemi della legalità e sicurezza nei luoghi di lavoro”, sottoscritto dal Comune di Napoli con l’Unione Provinciale degli Industriali, l’Associazione dei Costruttori Edili, le Organizzazioni Sindacali ed altre Associazioni di categoria; e cito le numerose altre iniziative del PON per la sicurezza del Mezzogiorno che hanno una forte incidenza sull’area metropolitana di Napoli.

Esiste dunque, ed è ampio, lo spazio necessario affinché la società civile napoletana, che vuole ribellarsi alla violenza diffusa ed alla criminalità organizzata, possa far sentire la sua voce assieme a quella delle istituzioni pubbliche centrali e locali.

L’augurio è che l’addolorata indignazione di Forcella diventi una scelta attiva di tutti i napoletani a favore della legalità ed a sostegno di chi direttamente la tutela: c’è bisogno di questa partecipazione per dare forza vittoriosa alle istituzioni.

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Il 29 marzo scorso, alle tre del mattino, nelle vicinanze del Commissariato “Sturla” di  Genova è esploso un ordigno collocato in un cassonetto per l'immondizia.

Dopo circa mezz’ora, presso la porta carraia della stessa caserma è  esploso un secondo ordigno di maggiore potenziale, sistemato in un altro cassonetto. Questa seconda deflagrazione ha provocato un leggero trauma ad un operatore di Polizia intervenuto a seguito della prima esplosione e diversi danni. 

Sulla base dei primi sopralluoghi effettuati dalla Digos e dalla Polizia Scientifica di Genova, è stato possibile accertare che sul luogo c’erano anche alcuni bulloni metallici probabilmente assemblati con l'ordigno per renderlo maggiormente offensivo; e che la seconda deflagrazione avrebbe potuto provocare conseguenze letali agli agenti che fossero accorsi sul luogo della prima esplosione uscendo dalla porta carraia della caserma.


La mattina del 30 marzo 2004, il personale della Digos di Genova, ha intercettato una busta indirizzata alla redazione del quotidiano “Il Secolo XIX”. Questa conteneva  un comunicato di rivendicazione dell'attentato, scritto con normografo e siglato “F.A.I./Brigata 20 Luglio”. La F.A.I. - Federazione Anarchica Informale ha fatto la sua prima apparizione il 23 dicembre 2003, con la rivendicazione dell’attentato compiuto due giorni prima nei pressi dell’abitazione del Presidente della Commissione Europea, Prof. Romano Prodi.


Gli autori del volantino ricordano innanzitutto la ricorrenza della morte dell’anarchico Edoardo MASSARI, suicidatosi nel carcere di Torino nella notte tra il 27 e il 28 marzo del 1998, e affermano  di voler  “colpire i servi dello Stato”, “in accordo con la campagna Santa Claus”, iniziata in dicembre con i plichi incendiari inviati al Presidente Prodi e a diversi rappresentanti delle istituzioni europee. 

Il documento prosegue minacciando “sbirri, magistrati, politici e mestieranti della repressione” e facendo un implicito riferimento ( “non dimentichiamo la vostra responsabilità quando un posto di blocco diventa terreno di un’esecuzione sommaria”) alla morte del nomade Fabio HALILOVIC, morto nel febbraio 2002, a Roma, a causa dei colpi di arma da fuoco esplosi da un carabiniere durante un servizio di controllo del territorio.

Dopo aver preannunziato nuove azioni - “senza tregua continueremo a colpirvi. Ogni promessa è debito, mandanti ed esecutori lo tengano a mente” - il testo ricorda il giovane Carlo GIULIANI   “abbattuto a sangue freddo il 20 luglio 2001”  ed esprime solidarietà a Luca FARRIS, recentemente arrestato in Sardegna perché sospettato di appartenere alla “Anonima Sarda Anarchici Insurrezionalisti”. Si fa quindi menzione dei detenuti in Spagna sottoposti al regime carcerario “FIES” e vengono rivolte minacce al sovrano spagnolo Juan Carlos – “lo ricordi Juan Carlos prima di venire a Marassi o allo Yacht Club”.

Il documento si conclude con una citazione di Maria Soledad ROSAS, compagna dell’anarchico Edoardo MASSARI, anche lei morta suicida nel luglio 1998.

Nelle sue modalità, l'attentato presenta chiare analogie con quello compiuto ai danni della Questura Genova, il 9 dicembre 2002, alcuni giorni dopo l'esecuzione di 22 arresti relativi incidenti del vertice G8 del luglio 2001.

Ricordo che anche l’episodio del dicembre 2002 fu rivendicato con un volantino firmato “Brigata 20 Luglio”, nel quale, fra l’altro, si dichiarava di aver “colpito la Questura di Genova come prima risposta” per la morte di Carlo Giuliani e per le “torture” inflitte in occasione del G8. Il documento si concludeva con slogan, propri dell'anarchismo insurrezionale, contro lo Stato ed il Capitalismo in tutte le sue espressioni.

Infine, è da dire che la mattina di venerdi scorso 1° aprile, presso l’ufficio postale di Via  degli Arcelli,  in Roma, sono state segnalate due buste indirizzate, rispettivamente, al dottor Giovanni Tinebra, Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, e al dottor Sebastiano Ardita, Direttore Generale dei Detenuti e del Trattamento dell’Amministrazione penitenziaria.

L’intervento degli artificieri ha permesso di appurare che entrambe le buste contenevano una custodia per video-cassetta, al cui interno erano stati collocati circa cento grammi di  polvere pirica e alcuni chiodi. Una molletta collegata ad una batteria fungeva da interruttore. I due ordigni sono  molto simili a quello giunto alla Questura di Roma il 16 ottobre e, qualora attivati, avrebbero potuto causare serissimi danni a persone o cose.

Nel pomeriggio della stessa giornata è stato recapitato alla redazione del quotidiano la Repubblica un volantino dattiloscritto di rivendicazione, dalla “Federazione Anarchica Informale/Cellule Armate Per la Solidarietà Internazionale”. Con questa seconda parte della sigla era stato rivendicato il fallito attentato dell’8 ottobre 2003 agli uffici delle linee aere spagnole “Iberia”.

Siamo dunque nuovamente di fronte al manifestarsi del terrorismo anarco-insurrezionalista, che si caratterizza una volta di più per l’aggressione alle Forze dell’ordine ed alle istituzioni, spesso attuata anche nelle piazze e nei cortei, in un clima di odio verso chi lavora per la sicurezza dei cittadini.

E’ una minaccia grave, sulla quale ho ampiamente riferito alla Commissione Affari Costituzionali  nell’audizione dell’8 gennaio scorso.
Oggi come allora devo sottolineare con forza le potenzialità eversive del movimento anarco-insurrezionalista, capace di collegarsi sia con le organizzazioni similari presenti in altri Paesi europei, sia con i settori più radicali dell’”Autonomia di Classe” italiana, che vengono da tempo chiamati allo “scontro aperto contro ogni forma di Stato e di capitale”.

Per fare fronte a questa aggressione, nei mesi scorsi sono stati costituiti gruppi specializzati, che stanno lavorando a tempo pieno nell’analisi del fenomeno e nei conseguenti servizi investigativi. Tali gruppi operano attualmente in Sardegna, nel Lazio, a Bologna ed ora anche a Genova.

Un rilevante contributo, infine, è offerto dal Comitato Ristretto di Analisi Strategica Antiterrorismo, composto da esperti della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, dal Sisde e dal Sismi; comitato che, fra l’altro, segue l’evoluzione della minaccia ed aggiorna le linee investigative.
 
La stessa Unione Europea ha costituito, dopo gli attentati incendiari di fine d’anno, un  gruppo di lavoro denominato “Target Group Santa Claus”, che dovrà  raccogliere per Europol i dati messi a disposizione dei Paesi aderenti.


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Signor Presidente, Onorevoli Colleghi,

vi chiedo ora di poter dare alcuni chiarimenti, che peraltro mi sono stati sollecitati, sull’operazione di carattere preventivo contro il terrorismo internazionale condotta dalle Forze dell’ordine la scorsa settimana.

L’obiettivo dell’operazione era quello di controllare con scrupolo, in base alla legislazione vigente e secondo le procedure ordinarie da essa  previste, la posizione di 161 cittadini extracomunitari, sui cui gravano forti indizi di commistione con l’estremismo fondamentalista.

A seconda dell’esito delle verifiche, per ciascuno di loro viene valutata la possibilità di adottare misure di carattere amministrativo, ovvero, nei casi di violazione della legge penale, di deferimento all’autorità giudiziaria.

Finora sono stati effettuati 12 espulsioni per irregolarità amministrativa ed un arresto per resistenza a pubblico ufficiale, mentre è ancora al vaglio la copiosa documentazione sequestrata

Tengo a precisare che si è trattato non di una retata arbitraria, ma di una azione mirata caso per caso, e condotta sulla base di informazioni valutate con cura ad un tavolo interforze dove siedono esperti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e dei Servizi di Sicurezza.

Per ciascuno dei 161 extra comunitari gli indizi raccolti erano tali da rendere necessaria l’immeditata verifica della loro posizione amministrativa e penale, ovviamente senza alcuna offesa alla dignità e ai diritti dei singoli.

Tanto meno si è trattato, come lasciano intendere talune polemiche, di una sorta di attacco intimidatorio agli immigrati islamici.

Non è così. E’ stata semplicemente una operazione di carattere preventivo, suggerita dal convincimento che, in fatto di sicurezza e ordine pubblico, il miglior risultato possibile è prevenire i reati. Contrastarli e reprimerli, infatti, è sempre una onerosa necessità. Prevenire, nella fattispecie, vuol dire, come recita testualmente il vocabolario Treccani: “Prendere tutte le precauzioni necessarie perchè un evento negativo o dannoso non si verifichi”.

Dove c’è carenza di prevenzione c’è, molte volte, eccesso di repressione, con danni ulteriori per i cittadini e per lo Stato.

L’iniziativa in questione si colloca nel contesto di una più ampia e articolata politica di prevenzione che va dalle attività di intelligence, al controllo del territorio (compresi “i territori mobili”, come i treni, e quelli “virtuali” come internet), alla sorveglianza degli obiettivi sensibili, all’interruzione dei canali di finanziamento, al monitoraggio di ambienti dove la minaccia può prendere forma e orientamento. Naturalmente questi dispositivi seguono la sua evoluzione: oggi, per esempio, i luoghi sottoposti a speciale vigilanza sono 13.421.

Quella del terrorismo internazionale di matrice islamica è una minaccia multiforme, poco prevedibile, che può scatenarsi sia per impulsi esterni, sia per autonoma decisione di gruppi o cellule dormienti presenti anche sul territorio nazionale.

Contro di essa, oltre alle diverse modalità di prevenzione interna, abbiamo promosso e stiamo sviluppando una articolata iniziativa di carattere internazionale sulla quale potrò,  se si riterrà opportuno, riferire diffusamente.

Con assoluta lealtà verso il Parlamento ed altrettanta esclusiva dedizione alla sicurezza del Paese, voglio comunque affermare che noi stiamo facendo tutto il possibile per valutare con realismo l’incombente minaccia terroristica e per fronteggiarla con la massima efficacia.

Nè allarmi eccessivi, dunque, nè banali rassicurazioni, ma soltanto determinazione a fare il nostro dovere, confidando nel primato della legge, nell’insostituibile ruolo della magistratura, nell’impegno generoso e nella professionalità delle nostre Forze dell’ordine e dei nostri Servizi di Sicurezza.

Mi sia consentito, infine, di ribadire che la scelta della fermezza verso i violenti è la naturale compagna della scelta del dialogo verso tutti gli immigrati onesti e laboriosi; verso quegli immigrati che, mentre chiedono rispetto per la loro identità religiosa e culturale, dimostrano eguale rispetto per la nostra identità, i nostri ordinamenti democratici e le nostre leggi.

 A tutti loro dobbiamo tenere spalancata la porta a due battenti dei diritti e dei doveri.

Vanno esattamente in questa direzione: l’avvenuta regolarizzazione di circa 600.000 lavoratori clandestini, la nostra iniziativa per il dialogo interreligioso fatta propria dai Capi di Stato e di Governo europei; il progetto per la costituzione di una Consulta islamica presso il Ministero dell’Interno.

Su questa linea vogliamo procedere, certi di aiutare così la stragrande maggioranza degli immigrati islamici a comprendere che l’estremismo fondamentalista è anche loro nemico: perchè ostacola, se non l’integrazione, almeno la loro pacifica convivenza nella nostra società, offrendo motivazione assai forti alla peggiore islamofobia.

L’accoglienza e l’apertura al dialogo, però, non debbono essere scambiate per debolezza e permissività. La società aperta deve restare chiusa, ferreamente chiusa, agli intolleranti ed ai violenti.

Questa convinzione è anche una scelta di Governo.

07/04/2004