Allargamento dell'Europa e dei diritti di cittadinanza

 

 

 

 

L'UE dal prossimo primo maggio sar pi grande. Dieci nuovi paesi ne

entreranno a far parte modificandone in maniera sostanziale l'identit.

 

Ma il clima che si respira tutt'altro che buono.

 

La quasi totalit dei 15 vecchi paesi dell'UE, sta vivendo la scadenza

dell'allargamento con due psicosi:

 

* La prima la "classica" paura dell'invasione, utilizzata ad hoc per

l'occasione

* La seconda speculare la paura di un massiccio trasferimento

d'imprese in quei paesi.

 

 

 

Affrontare l'allargamento con queste due psicosi e quindi pensare di

bloccare la mobilit dei lavoratori e delle imprese una idea sbagliata e

velleitaria. Sbagliata perch le previsioni realistiche dei due fenomeni sul

piano dei numeri non appaiono ne allarmanti, ne incompatibili, con un

riassetto economico, sociale e demografico della nuova Europa. E inoltre

perch significa abbattere le barriere formali con i nuovi paesi mantenendo

alte le barriere sostanziali, con un atteggiamento "neocoloniale".

Velleitaria perch le persone provenienti da quei paesi potranno circolare

liberamente, senza visto e senza passaporto, per studio, turismo, affari,

lavoro autonomo ecc. tranne che per lavoro dipendente.

 

 

 

E' un'assurdit perch i lavoratori verranno comunque cos come vengono gi

adesso (abbiamo visto anche con la regolarizzazione ultima la massiccia

provenienza dai paesi dell'Est), con la differenza che saranno costretti

alla clandestinit ed al lavoro nero.

 

 

 

Il Governo italiano, come la totalit degli altri paesi, ad eccezione

dell'Irlanda, ha deciso di utilizzare la clausola prevista dagli accordi di

Atene dell'anno scorso e di introdurre una moratoria per i primi due anni

agli ingressi da quei paesi.

 

Con la moratoria si accentuer il fenomeno  della  immigrazione  di persone

che vengono a  lavorare in nero per 3-6 mesi e poi se ne vanno, e vengono

rimpiazzati  da altri in una turnazione a ciclo continuo anche negli stessi

lavori e con gli stessi datori di lavoro. Questi lavoratori non hanno nessun

interesse a regolarizzarsi e non sono interessati a percorsi d'integrazione

e rappresentano, essi si, effettivamente un serio fenomeno d'inquinamento,

istituzionalmente forzato, del mercato del lavoro sia nel nostro che nel

loro paese d'origine.

 

E'  impossibile che il Governo Italiano ignori questa verit e quindi

bisogna pensare che questa scelta sbagliata sia funzionale al fatto che

esiste in Italia un 25% di economia informale, in nero per essere pi

chiari, e che ad essa debba corrispondere la disponibilit di forza lavoro

irregolare, in nero, delle stesse dimensioni.

 

Altro che lotta al sommerso e politiche di emersione, il governo sta

lavorando in senso contrario.

 

Il problema vero, rispetto ai nuovi paesi che entrano, la diversit

profonda delle condizioni economiche e sociali, un dato reale e

sconcertante che il PIL procapite medio degli otto paesi sta 5 volte in

quello medio europeo e 10 volte in quello del Lussemburgo che in testa.

Cos come tragicamente vero che il salario medio degli  8 paesi sta 12

volte in quello medio europeo e 25 volte in quello della Danimarca che in

testa in Europa. E la strada maestra per affrontare con successo questo

problema quella di investire e scommettere sul percorso d'integrazione di

forte scambio di economie legali, mobilit di lavoratori e d'imprese

accelerando il processo di estensione ed omogeneizzazione del sistema di

regole, tutele e protezioni sociali .

 

Questo vale per l'Europa, ma vale per il mondo ed il punto pi tragico di

questa globalizzazione che pretende di esportare libero mercato e democrazia

senza diritti e welfare, producendo in realt nuovi squilibri, ingiustizie,

conflitti, odi e guerre.

 

L'Europa ha approvato un Regolamento (n.1408) che definisce gli standard di

protezione e di discriminazione per quanto riguarda: sanit, assistenza,

previdenza ed accesso al mercato del lavoro per tutti i cittadini europei e

non comunitari residenti legalmente in Europa.

 

Questo regolamento dovrebbe essere lo strumento principe per informare le

politiche d'integrazione ed rispetto ad esso che tutti i paesi, vecchi e

nuovi devono impegnarsi  ad adeguare tempestivamente le proprie legislazioni

nazionali.. Purtroppo l'Europa che sta affrontando questa scadenza

dell'allargamento un Europa debole e resa ancora pi fragile dal

fallimento  della Conferenza Intergovernativa sul trattato costituzionale

Europeo.

 

Il trattato costituzionale non ha assunto per i popoli  europei l'importanza

che avrebbe dovuto ed rimasto uno strumento astruso di mercanteggiamento

di poteri dei singoli stati.

 

La stessa sinistra ed il sindacato hanno esitato  a far vivere un pensiero

critico e di merito nel timore di un fallimento che poi si comunque

consumato inesorabilmente.

 

Occorre superare ogni esitazione perch il processo costituzionale europeo

non si chiuder positivamente a condizione di non disturbare i manovratori,

ma si avr se si rafforza la consapevolezza dei cittadini, favorendo la

costruzione di una Europa dal basso. Per ottenerla necessario far vivere

un pensiero forte avanzato dell'Europa sociale  dei diritti di cittadinanza.

 

 

 

C' un punto forte, di merito, carico di significati concreti e simbolici

che connoterebbe il trattato costituzionale nella direzione di una

cittadinanza moderna e inclusiva: si tratta dell'idea di cittadinanza di

residenza.

 

 

 

Oggi sul testo della convenzione la cittadinanza europea riconosciuta

banalmente, come se il tempo non fosse passato e ci fossimo fermati alla

costruzione degli stati nazione, a tutti coloro che hanno la nazionalit di

uno stato membro. Questo taglia fuori gli altri 15/16 milioni di migranti,

uomini e donne che oggi risiedono stabilmente in Europa, relegando la

cittadinanza dentro i varchi, angusti e potenzialmente degeneri di

nazionalismi e processi identitari basati sul principio di sangue (jus

sanguinis).

 

Scrivere nel trattato costituzionale questo principio della cittadinanza

civile di residenza significa evolvere nella dimensione europea il principio

della cittadinanza incardinato sullo jus soli, un principio pi avanzato di

civilt giuridica e costituzionale che si radica nella realt sempre pi

complessa e pluralista delle nostre citt e delle comunit moderne.

 

C' un largo schieramento di forze che condividono questo obiettivo e quindi

c' la necessit di produrre un fatto politico concreto, lanciare una

campagna per una petizione popolare in tutti i paesi eruppi che assumano un

ruolo attivo e propositivo in grado di incidere nel processo costituzionale

europeo.

 

 

 

Questa scelta metterebbe in salvo l'Europa da una deriva razzista che,

partendo dal pretesto di una legittima lotta al terrorismo internazionale,

pretende di abbassare il livello di garanzie per tutti e in particolare per

i migranti. Nessuna scorciatoia antidemocratica e repressiva

giustificabile in nome della lotta al terrorismo e l'idea forte di una nuova

e moderna cittadinanza in questa fase politica impedirebbe il diffondersi di

intolleranze e violenze. L'idea di una identit pluralista e in continua

ri-definizione di una Europa  che guarda e si apre al mediterraneo e al

mondo, pu da sola rappresentare una opposizione politica e culturale al

modello dello scontro di civilt proposto dalle destre e da chi ha interessi

forti a sostenere la logica dell guerre interne ed internazionali.

 

 

Resp. Immigrazione Cgil Nazionale              Resp. Immigrazione Arci Nazionale

        (Pietro Soldini)                             (Filippo Miraglia)