le Sezioni unite penali della Cassazione hanno stabilito che l'ordinanza che dispone una misura
cautelare nei confronti di uno straniero che non conosce la lingua italiana
deve essere tradotta, a pena di nullit, in una lingua a lui nota.
Cassazione
Sezioni unite penali (cc) sentenza 24 settembre 2003-9 febbraio 2004, n.
5052
Presidente
Marvulli relatore Battisti
Pm Esposito ricorrente Zalagaitiz
1. Con ordinanza del 22 febbraio 2001 il Gip del
Tribunale di Taranto disponeva la misura della custodia cautelare in carcere
nei confronti di Zalagaitis Rimantas, cittadino lituano, perch gravemente
indiziato di avere, in concorso con altri, illecitamente detenuto, trasportato
e spedito in transito nel territorio italiano ingenti quantit di cocaina, di
cui 74 kg circa rinvenuti a bordo della motonave Filippo Lembo in Taranto e
in altri luoghi fino al 5 aprile 2000.
Il Gip poneva a fondamento dellordinanza anche le dichiarazioni rese, il 5
febbraio al Gip e il 9 febbraio al Pm, da Gadeikyte Jolanta, nei confronti
della quale, ritenuta una dei concorrenti, aveva disposto la stessa misura con
ordinanza del 26 gennaio 2001.
2. Il provvedimento cautelare nei confronti dello Zalagitis nel quale si dava
atto della reperibilit dellindagato e del non avere questi in Italia fissa
dimora rimaneva ineseguito.
3. Il Pm, dopo avere emesso, il 20 luglio 2001, lavviso di conclusione delle
indagini preliminari, previsto dallarticolo 415bis, il successivo 9 novembre chiedeva al Gip il rinvio a
giudizio dellimputato.
Lo Zalagaitis veniva arrestato in Olanda il 12 gennaio 2001 ed era estradato in
Italia con procedura abbreviata, avendo prestato il consenso alla estradizione
perch assolutamente estraneo al fatto addebitatogli, come aveva dichiarato
nelludienza per lestradizione.
4. Consegnato alle autorit italiane il 30 gennaio 2002, lo Zalagaitis il 2
febbraio veniva interrogato dal Gip con lassistenza di un interprete, il
quale gli dava lettura del capo di accusa e della indicazione degli elementi di
prova.
5. Lo Zalagaitis proponeva richiesta di riesame negando la sussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari e, con motivi aggiunti,
i difensori eccepivano la nullit per omesso avviso dalla data delludienza
camerale nonch la nullit del provvedimento cautelare perch non accompagnato
dalla traduzione in una lingua nota allimputato, cittadino lituano.
Il Tribunale del riesame di Taranto, con ordinanza del 22 febbraio 2002,
rigettava la richiesta, osservando, sulla omessa traduzione del provvedimento
custodiale, che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione
(Cassazione 5 maggio 1999, Metuschi; 23 maggio 2000, Ilir; 4 febbraio 2000,
Weizer), la necessit di garantire la consapevole partecipazione agli atti del
procedimento non pu essere prospettata in relazione allordinanza cautelare
perch questo provvedimento non contiene al proprio interno dati informativi
ovvero mirati avvertimenti in ordine allesistenza e alle modalit di esercizio
dei diritti e facolt dellindagato in relazione agli effetti dellatto, cui il
difetto della traduzione in lingua si porrebbe come concreto ostacolo.
6. Veniva proposto ricorso per cassazione e la Corte di cassazione, con
sentenza del 26 settembre 2002, annullava con rinvio il provvedimento impugnato
in accoglimento del motivo con il quale era stata denunciata la nullit per
omesso avviso ai difensori della data delludienza camerale.
7. In sede di rinvio, la difesa dello Zalagaitis presentava motivi nuovi.
Ribadiva, con il primo, leccezione di nullit dellordinanza custodiale perch
non accompagnata dalla traduzione in una lingua nota allimputato.
Eccepiva, con il secondo, linutilizzabilit delle dichiarazioni della
Gadeikyte, perch, rese prima dellentrata in vigore della legge 63/2003, che
aveva modificato, tra gli altri, larticolo 64 Cpp prevedendo alcune ipotesi di
inutilizzabilit ove linterrogatorio, con dichiarazioni sulla responsabilit
di terzi, non fosse stato preceduto da determinati avvisi non erano state riassunte
cos come prescritto dallarticolo 26, comma 2, della legge 63/2001 per il
caso, come quello di specie, in cui, nel momento di entrata in vigore della
legge, il procedimento fosse ancora nella fase delle indagini preliminari.
Contestava, con il terzo e con il quarto motivo, la sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
8. Il Tribunale, con ordinanza del 23 dicembre 2002, rigettava la richiesta,
riaffermando, per le ragioni gi esposte nellordinanza del 22 febbraio 2001, che
lordinanza che dispone la custodia cautelare non deve essere tradotta.
Aggiungeva che, anche se si fosse voluto aderire allopposto indirizzo
giurisprudenziale che ritiene dovuta la traduzione del provvedimento cautelare
in una lingua nota allo straniero, nel caso di specie, non era, comunque,
ipotizzabile alcuna menomazione del diritto dello Zalagaitis di essere al pi
presto informato con completezza ed in forma intelligibile della natura e dei
motivi dellaccusa a lui rivolta, perch, quando lordinanza di custodia
cautelare era stata emessa, lindagato era latitante, per cui non era stato
possibile accertare se conoscesse la lingua italiana e, una volta eseguita
lordinanza, lindagato era stato sentito dal Gip in sede di interrogatorio di
garanzia con lassistenza dellinterprete, il quale aveva proceduto alla
traduzione delle contestazioni e delle ragioni che avevano determinato
lemissione dellordinanza custodiale.
Quanto alleccezione di inutilizzabilit delle dichiarazioni della Gadeikyte
per inosservanza dellarticolo 26, comma 2, legge 63/2001, il Tribunale
rilevava che lordinanza impugnata era stata emessa il 22 febbraio 2001, prima
dellentrata in vigore della legge 63/2001 con la conseguenza che lomissione
della rinnovazione dellesame non rilevava e che il precedente esame poteva
essere utilizzato.
9. Il difensore dello Zalagaitis proponeva ricorso per cassazione chiedendo,
con tre motivi, lannullamento del provvedimento impugnato.
Denunciava, con il primo motivo, violazione degli articoli 143, 294 e 302
Cpp; deducendo che la necessit della traduzione dellordinanza che dispone la
custodia cautelare era stata affermata dalla sentenza della Corte di cassazione
citata anche nellordinanza impugnata (Cassazione 9 luglio 1999, Zicha) e sostenendo
che, in sede di interrogatorio di garanzia, lindagato non aveva avuto
integrale conoscenza del provvedimento restrittivo emesso nei suoi confronti.
Denunciava, con il secondo motivo, violazione dellarticolo 26, comma 2, legge
63/2001, in relazione allarticolo 64, commi 3 e 3bis Cpp, per non avere il Pm provveduto alla
rinnovazione dellesame della Gadeikyte secondo le nuove forme previste
nellarticolo 64 Cpp della legge citata, entrata in vigore quando il
procedimento era ancora nella fase delle indagini preliminari: lomessa
rinnovazione imponeva che il precedente esame della Gadeikyte venisse ritenuto
inutilizzabile.
Denunciava, con il terzo motivo, difetto e illogicit di motivazione sulla
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
10. La terza sezione penale di questa Corte, con ordinanza del 29 aprile 2003,
disponeva la rimessione del ricorso alle Su, rilevata lesistenza di un
contrasto sulla questione, sollevata con il primo motivo di ricorso, se
lordinanza che dispone la custodia cautelare nei confronti di uno straniero,
che non conosca la lingua italiana, debba essere tradotta in una lingua a lui
nota.
Il primo presidente assegnava il ricorso alle Su.
Motivi della decisione
La questione che lordinanza di rimessione ha
sottoposto allesame delle Su se lordinanza che dispone una misura
cautelare nei confronti di uno straniero che non conosca la lingua italiana
debba essere tradotta, a pena di nullit, in una lingua a lui nota.
Il secondo motivo del ricorso impone, peraltro, di soffermarsi anche sulla
questione, risolta in termini contrastanti dalla giurisprudenza di questa
Suprema corte, se linosservanza della disposizione dellarticolo 26, comma 2,
legge 63/2001 determini, anche in sede cautelare, linutilizzabilit delle
dichiarazioni accusatorie rese, nellinterrogatorio disciplinato dallarticolo
64 Cpp, da persone il cui esame non sia stato rinnovato.
1. Lordinanza di rimessione, nel riportare le massime di alcune delle sentenze
che ritengono che lordinanza di custodia cautelare n on debba essere tradotta,
dopo avere richiamato Cassazione, 2128/99, Pm in proc. Metuschi ed altri, rv
213523, citata dalle due ordinanze del Tribunale del riesame, trascrive le
massime tratte da altre sentenze (Cassazione, 17829/02, Essid, rv 221442;
3759/00, Ilir, rv 216284), le quali giustificano la non necessit della
traduzione dellordinanza di custodia cautelare osservando che, nel caso
lindagato non conosca la lingua italiana, la tutela dello stesso assicurata
dalladempimento dellobbligo, previsto dallarticolo 94, comma 1bis, disp., att. Cpp del direttore dellistituto
penitenziario di accertare, se del caso con lausilio di un interprete, che
linteressato abbia precisa conoscenza del provvedimento che ne dispone la
custodia e di illustrargliene, ove occorra, i contenuti.
Lordinanza si sofferma, poi, sullopposto indirizzo riportando il principio
formulato dalle sentenze 11598/02, Zubieta Bilbao, rv 221608; 4841/99, Zicha,
rv 214495; 1527/99, Pm in proc. Braka ed altri, rv 214348.
Secondo queste sentenze dalla combinata lettura della sentenza della Corte
costituzionale 10/1993, con la quale stato affermato che il diritto
allinterprete di cui allarticolo 143 Cpp, comprende il diritto alla traduzione
del decreto di citazione a giudizio in tutti i suoi elementi, e dellarticolo
292 dello stesso codice, il quale elenca una serie di elementi che lordinanza
cautelare deve enunciare a pena di nullit, deriva che anche questultimo
provvedimento deve recare la traduzione in lingua nota al destinatario, ove
emesso nei confronti di straniero che non conosca la lingua italiana; anche
lordinanza custodiale, infatti, alla pari del decreto di citazione a giudizio,
un atto dal quale lindagato straniero che non comprende la lingua italiana
pu essere pregiudicato nel suo diritto di partecipare al processo libero nella
persona, in quanto, non comprendendo il relativo contenuto, non posto in
grado di valutare n quali siano gli indizi ritenuti a suo carico, n se
sussistano o meno i presupposti per procedere alla impugnazione dellordinanza,
a norma dellarticolo 292, comma 2 Cpp.
2. Queste Su aderiscono a questultimo indirizzo facendo propri i principi che
seguono, affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza, 10/1993,
interpretativa, di rigetto, dellarticolo 143 Cpp.
I. Grazie al collegamento con larticolo 143 Cpp che ad esse assicura la
garanzia delleffettivit e dellapplicabilit in concreto delle norme
internazionali, richiamate dallarticolo 2 della legge delega 81/1987 la
Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert
fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con
la legge 848/55 e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e
politici, firmato il 19 dicembre 1966 a New York, reso esecutivo in Italia con
la legge 88/1977 il diritto dellimputato ad essere immediatamente e
dettagliatamente informato, nella lingua da lui conosciuta, della natura e dei
motivi dellimputazione contestatagli deve essere considerato un diritto
soggettivo perfetto, direttamente azionabile.
II. Trattandosi di un diritto, la cui garanzia, ancorch esplicitata da atti
aventi il rango della legge ordinaria, esprime un contenuto di valore implicito
nel riconoscimento costituzionale, a favore di ogni uomo, cittadino o
straniero, del diritto inviolabile alla difesa articolo 24, comma secondo,
della Costituzione ne consegue che, in ragione della natura di questultimo
quale principio fondamentale, ai sensi dellarticolo 2 della Costituzione, il
giudice sottoposto al vincolo interpretativo di conferire alle norme, che
contengono le garanzie dei diritti di difesa in ordine alle esatta comprensione
dellaccusa, un significato espansivo, diretto a rendere concreto ed effettivo,
nei limiti del possibile, il sopra indicato diritto dellimputato.
III. Il sistema tracciato dallarticolo 143 Cpp, nel definire
significativamente il contenuto dellattivit dellinterprete in dipendenza
della finalit generale di garantire allimputato che non intende la lingua
italiana di comprendere laccusa contro di lui formulata e di seguire il
compimento degli atti cui partecipa, concepisce la figura dellinterprete,
innovativamente rispetto al codice precedente, in funzione del diritto di
difesa, quale strumento di reale partecipazione dellimputato al processo
attraverso leffettiva comprensione dei distinti atti e dei singoli momenti di
svolgimento dello stesso.
IV. Larticolo 143, comma uno, nellassicurare una garanzia essenziale al
godimento di un diritto fondamentale di difesa, deve essere interpretato,
pertanto, come una clausola generale, di ampia applicazione, desinata ad
espandersi e specificarsi, nellambito dei fini normativamente riconosciuti, di
fronte al verificarsi delle varie esigenze concrete che lo richiedano, quali il
tipo di atto cui la persona sottoposta al procedimento deve partecipare ovvero
il genere di ausilio di cui la stessa abbisogna.
V. Ci induce a ritenere che larticolo 143 suscettibile di unapplicazione
estensibile a tutte le ipotesi in cui limputato, ove non potesse giovarsi
dellausilio dellinterprete, sarebbe pregiudicato nel suo diritto di
partecipare effettivamente allo svolgimento del processo penale.
VI. Il fatto che la suddetta norma sia contenuta nel titolo dedicato alla
traduzione degli atti e il fatto che il processo penale, a differenza di quello
civile, non distingua la figura del traduttore da quella dellinterprete,
inducono a ritenere che, in via generale, il diritto allinterprete possa
essere fatto valere e possa essere fruito, stando al tenore dello stesso
articolo 143 Cpp, ogni volta che limputato abbia bisogno della traduzione
nella lingua da lui conosciuta in ordine agli atti a lui indirizzati, sia
scritti che orali.
VII. Cos interpretato, larticolo 143, comma uno, Cpp impone la necessaria
nomina dellinterprete o del traduttore immediatamente al verificarsi della
circostanza della mancata conoscenza della lingua italiana da parte della
persona nei cui confronti si procede, tanto se tale circostanza sia evidenziata
dallo stesso interessato, quanto, se, in difetto di ci, sia accertata
dallautorit procedente.
3. Come pu agevolmente notarsi, la Corte costituzionale ha fatto discendere
questi principi, oltre che dagli articoli 2 e 24, comma secondo, della
Costituzione, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e
delle libert fondamentali e del Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici ricordano che larticolo 6, comma 3, lettera a), della
Convenzione stabilisce che ogni accusato ha diritto a essere informato, in una
lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi
dellaccusa elevata a suo carico.
Il Patto contiene una norma pressoch identica, disponendo larticolo 14, comma
3, lettera a), che ogni individuo accusato di un reato ha il diritto, in
posizione di piena uguaglianza, a essere informato sollecitamente e in modo
circostanziato, in lingua a lui comprensibile, della natura e dei motivi
dellaccusa e lui rivolta.
Inoltre, sia la Convenzione, sia il Patto prevedono espressamente che ogni
persona che venga arrestata deve essere informata al pi presto possibile e in
una lingua a lei comprensibile dei motivi dellarresto e di ogni accusa elevata
a suo carico (articolo 5, comma 2, della Convenzione) e che chiunque sia
arrestato deve essere informato, al momento del suo arresto, dei motivi
dellarresto medesimo e deve al pi presto avere notizia di qualsiasi accusa
mossa contro di lui (articolo 9, comma 2, del Patto).
Il richiamo, poi, della Convenzione e del Patto da parte della Corte
costituzionale ha il suo fondamento nella legge delega 81/1987, la quale,
nellarticolo 2, prevedeva che il codice di procedura penale deve attuare i
principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni
internazionali ratificate in Italia e relative ai diritti della persona e al
processo penale.
La Relazione al codice, nel titolo quarto Traduzione degli atti poneva, a
sua volta, in rilievo che larticolo 143, comma 1, conferendo allo straniero
che non conosce la lingua italiana il diritto di fruire di un interprete per
comprendere laccusa formulata contro di lui, e seguire il compimento degli
atti processuali a cui partecipa, si uniforma, in attuazione della
legge-delega, agli impegni internazionali sottoscritti dallItalia a questo
riguardo (articolo 6, comma 3, lettera a)) ed e), della Convenzione europea sui
diritti delluomo; articolo 14, n. 3 lettera a) ed f), del Patto internazionale
relativo ai diritti civili e politici).
4. Ebbene, se, come afferma la Corte costituzionale, larticolo 143, comma uno,
Cpp deve essere interpretato, anche alla luce delle Convenzioni internazionali,
come una clausola generale, di ampia applicazione, destinata ad espandersi e a
specificarsi, nellambito dei fini normativamente riconosciuti, di fronte dal
verificarsi delle varie esigenze concrete che lo richiedano, quali il tipo di
atto cui la persona sottoposta al procedimento deve partecipare ovvero il genere
di ausilio di cui la stessa abbisogna; se larticolo 143, proprio perch deve
essere interpretato come clausola generale di ampia applicazione, destinata ad
espandersi, non pu non trovare applicazione in tutte le ipotesi in cui
limputato, ove non potesse giovasi dellausilio dellinterprete, sarebbe
pregiudicato nel suo diritto di partecipare effettivamente allo svolgimento del
processo; se, infine, il diritto allinterprete pu essere fatto valere e pu
essere fruito, stando al tenore letterale dello stesso articolo 143 Cpp; ogni
volta che limputato abbia bisogno della traduzione nella lingua da lui
conosciuta in ordine a tutti gli atti a lui indirizzati, sia scritti che orali,
il provvedimento che dispone la custodia cautelare, per il contenuto che lo
contraddistingue la contestazione di un reato con la indicazione dei gravi
indizi di colpevolezza, che giustificano lemissione del provvedimento
coercitivo, e delle esigenze cautelari e per gli effetti che ne scaturiscono
la privazione della libert certamente uno degli atti rispetto ai quali
pressoch impossibile ipotizzare che colui che ne il destinatario non voglia
esercitare il diritto, inviolabile, di difesa.
Esercizio il cui imprescindibile, naturale, presupposto non pu essere, la
comprensione dellatto, impossibile per chi non conosca la lingua italiana,
nella quale, obbligatoriamente, come prevede il comma 1 dellarticolo 109, gli
atti del procedimento sono compiuti, donde lonere processuale per il giudice
di porre a disposizione dellindagato o dellimputato quei presidi, traduzione
dellatto, interprete, che lordinamento giuridico prevede nel titolo IV la
cui rubrica preannuncia che le norme che seguono disciplinano la traduzione
degli atti del libero secondo, destinato agli atti, del codice di rito.
Non pu, quindi, seguirsi lindirizzo giurisprudenziale, accolto dallordinanza
impugnata, secondo il quale, come si visto, la necessit di garantire la
consapevole partecipazione agli atti del procedimento non prospettabile in
relazione allordinanza cautelare non contenendo questultima, al proprio
interno, dati informativi ovvero mirati avvertimenti in ordine allesistenza e
alle modalit di esercizio di diritti e facolt dellindagato, in relazione
agli effetti dellatto, cui il difetto della traduzione in lingua italiana si
porrebbe come concreto ostacolo.
Se, infatti, non pu negarsi che lordinanza di custodia cautelare non contenga
quei particolari dati informativi ovvero quei mirati avvertimenti cui allude
lordinanza impugnata, perch si faccia luogo alla traduzione o alla nomina
dellinterprete non necessario, per, che latto li abbia, essendo
sufficiente che il codice di rito colleghi allatto determinati, ulteriori,
atti quali, nel caso dellordinanza che disponga la custodia cautelare,
linterrogatorio di garanzia, previsto dallarticolo 294 Cpp, e la possibilit
di impugnare il provvedimento custodiale con la richiesta di riesame
disciplinata dallarticolo 309 Cpp nei quali lintervento o liniziativa
dellinteressato hanno senso soltanto se questi, non a conoscenza della lingua
italiana, sia stato posto nelle condizioni di comprendere il significato
dellordinanza.
La norma dellarticolo 294 Cpp dispone, come noto, che, nel corso delle
indagini preliminari e fino alla trasmissione degli atti al giudice del
dibattimento, il giudice, se non vi ha proceduto nel corso delludienza di
convalida allarresto o del fermo di indiziato di reato, procede
allinterrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere
immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dallinizio dellesecuzione e
il comma 3 della norma prevede che mediante linterrogatorio il giudice valuta
se permangono le condizioni di applicabilit e le esigenze cautelari previste dagli
articoli 273, 274 e 275, aggiungendo, nella seconda parte, che, quando ne
ricorrono le condizioni, provvede, a norma dellarticolo 299, alla revoca o
alla sostituzione della misura disposta.
certamente innegabile che lindagato abbia il diritto, espressamente del
diritto di difesa, di contestare lordinanza applicativa della misura e,
quindi, di offrire contributi perch il giudice si convinca della non
permanenza delle condizioni di applicabilit della stessa e della insussistenza
delle esigenze cautelari, diritto, per, che lindagato pu esercitare soltanto
se sia stato in grado di comprendere il contenuto del provvedimento della
libert e soprattutto le ragioni che hanno portato il giudice a privarlo della
libert.
Limpugnazione del provvedimento con la richiesta di riesame laltro atto,
collegato allordinanza di custodia cautelare, del quale lindagato o
limputato pu avvalersi per negare la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza o, quanto meno, delle esistenze cautelari ed noto che il termine
dieci giorni per richiedere il riesame dellordinanza che ha disposto la
custodia cautelare decorre dalla esecuzione del provvedimento.
Linteressato deve poter fruire di questo termine per intero, sicch deve poter
cogliere il contenuto del provvedimento, che intende impugnare, immediatamente,
come afferma la Corte costituzionale, anche se, come la stessa precisa, nei
limiti del possibile e si vedr tra poco quale sia il valore di questa
espressione ed da ricordare che la giurisprudenza della Corte europea, nel
soffermarsi sullarticolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti delluomo, si pi volte pronunciata sulla finalit del diritto
riconosciuto allarrestato alla conoscenza dei motivi della privazione della
libert, sottolineandone proprio lo stretto collegamento con laltro diritto
riconosciuto ad ogni persona privata della libert mediante arresto o
detenzione di indirizzare un ricorso ad un tribunale affinch questo decisa,
entro brevi termini, sulla legalit della detenzione e ne ordini la
scarcerazione se la detenzione illegale (cfr., per tutte, caso Conka v.
Belgium: sentenza 5 febbraio 2002).
5. Non pu concludersi sul punto senza rilevare che il diritto dellindagato e
dellimputato di essere posti in grado di comprendere, in una lingua che
conoscano, il contenuto degli atti ad essi indirizzati stato riconosciuto,
dallarticolo 111 della Costituzione, modificato, con aggiunte, dalla legge
costituzionale 2/1999, come costitutivo del diritto inviolabile di difesa in
ogni stato e grado del processo previsto dallarticolo 24, comma secondo, della
Costituzione.
Larticolo 111, dopo avere affermato, nel primo comma, che la giurisdizione si
attua mediante il giusto processo regolato dalla legge e, nel secondo, che
ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, nel terzo comma,
nellindicare ci che la legge deve assicurare perch limputato possa
esercitare efficacemente, nel processo penale, il diritto di difesa, dispone,
nellultima parte, che la legge assicura anche che la persona accusata di un
reato sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua
impiegata nel processo e non pu dubitarsi che la norma trovi applicazione
anche nel procedimento, in tutti i casi, cio, in cui sia in questione,
direttamente o indirettamente, la libert personale.
Pu ritenersi quindi, che linterpretazione dellarticolo 143 Cpp che la Corte
costituzionale ha dato con la sentenza interpretativa di rigetto 10/1993,
fondandola sui valori della Costituzione e delle Convenzioni internazionali,
sia, a maggior ragione alla luce dellarticolo 111, irreversibile, dovendo
ragionevolmente escludersi che la legge ordinaria o linterprete possano
esprimersi, in futuro, in contrasto con linequivoco dettato dallarticolo 111
della Carta.
6. Dalla pi volte citata sentenza della Corte costituzionale emerge anche
quale sia il presupposto che fa sorgere il diritto alla traduzione o
allinterprete e, quindi, quando possa dirsi che lordinamento giuridico
imponga al giudice di disporre per la traduzione dellordinanza di custodia
cautelare o di avvalersi di un interprete, perch provveda ad illustrarne
allinteressato il contenuto.
Come stato osservato dalla dottrina, la sentenza della Corte costituzionale,
conferendo al diritto allinterprete un forte fondamento costituzionale
individuato nel diritto inviolabile alla difesa, a sua volta ritenuto un
principio fondamentale ex articolo
2 Costituzione, ha affermato che tale diritto va reso, s, concreto ed
effettivo, ma nei limiti del possibile, volendo significare che anche la
garanzia di un diritto inviolabile non pu essere scissa da un esame sulla
possibilit concreta della sua estrinsecazione e, dunque, da un confronto con
la realt storica in cui tale garanzia destinata a realizzarsi ed proprio a
questo limite generale della concreta possibilit che va ricollegata
laffermazione successiva della sentenza sulla rilevanza di ci che risulta
dagli atti in ordine alle conoscenze linguistiche dellimputato.
E laffermazione successiva della sentenza della Corte costituzionale, cui fa
riferimento la dottrina, quella in cui, distinguendo tra larticolo 143 e gli
articoli 109 e 169 Cpp, il giudice delle leggi afferma sia che la garanzia
apprestata dallarticolo 143 ha carattere generale e si estende a qualsiasi
persona, di qualunque nazionalit, che essendo sottoposta a procedimento penale
nel territorio dello Stato, risulta essere non in grado di comprendere la
lingua italiana, sia che, interpretato alla luce dei principi appena
ricordati, larticolo 143, primo comma, Cpp impone si proceda alla nomina
dellinterprete o del traduttore immediatamente al verificarsi della
circostanza della mancata conoscenza della lingua italiana da parte della persona
nei cui confronti si procede, tanto se tale circostanza sia evidenziata dallo
stesso interessato, quanto se, in difetto di ci, sia accertata dallautorit
procedente.
laccertamento della mancata conoscenza della lingua italiana, dunque, ci
che rende possibile dare immediata concretezza ed effettivit al diritto alla
traduzione o allinterprete ed da questo accertamento che, scaturendone il
diritto dellindagato alla traduzione o allintervento dellinterprete, sorge
anche lobbligo per il giudice di consentirne lesercizio.
Ne consegue che, mentre larticolo 169 terzo comma, - il quale prescrive
lobbligo di notificare allestero, tradotto nella lingua dellimputato
straniero, linvito a dichiarare o a eleggere domicilio nel territorio dello
Stato impone la redazione dellatto in una lingua diversa da quella ufficiale
in presenza del mero ricorrere della nazionalit straniera dellimputato, salvo
che dagli atti del processo non risulti la conoscenza da parte dellimputato
stesso della lingua italiana; mentre, cio, come commenta la dottrina,
lassenza di elementi sulle conoscenze linguistiche dellimputato straniero
sufficiente per rendere necessaria la traduzione nel caso previsto
dallarticolo 169, comma 3, lassenza di quegli elementi non , invece,
sufficiente per rendere operativo il generale diritto allinterprete, previsto
dallarticolo 143, comma 1, il quale richiede che risulti dagli atti la non
conoscenza della lingua italiana, sicch, se lindagato o limputato non ha
avuto alcun contatto con il giudice e se la non conoscenza della lingua
italiana non risulta in altro modo dagli atti, il giudice non tenuto alla
traduzione dellordinanza.
Sono in questi termini, sul punto, dopo la sentenza della Corte costituzionale
tra le altre, Cassazione 2 luglio 1993, Bangula, 27 maggio 1995, Tounsi, 2
giugno 1995, Alegre, 26 aprile 1999, Braka, 14 novembre 2000, Tavanxhiu, Su 31
maggio 2000, Jakani, sentenza, questa, che ha anche affermato che
laccertamento della conoscenza della lingua italiana da parte dello straniero
costituisce unindagine di mero fatto il cui esito, se riferito dal giudice di
merito con argomentazioni esaustive e concludenti, sfugge al sindacato di
legittimit.
Il prevalente contrario indirizzo della giurisprudenza della Corte di
cassazione (Cassazione 6 febbraio 1992, Samire Tandoubis; 6 aprile 1993, Kamel;
20 maggio 1993, Osagie Anuanru; 4 febbraio 1994, Bouariz; 14 settembre 1994,
Puertas; 21 novembre 1996, Romero; 18 settembre 1997, Minoun Mohamed; 15 giugno
1998, Zymaj; 23 gennaio 1999, Daraji), secondo il quale onere dellindagato
dimostrare o, almeno, dichiarare di non conoscere la lingua italiana, spettando
allautorit giudiziaria unicamente il potere-dovere di valutarne la necessit,
non pu essere condiviso perch sottovaluta le affermazioni centrali della
sentenza della Corte costituzionale: essere il diritto alla traduzione o
allinterprete un diritto soggettivo perfetto direttamente azionabile
riconducibile al diritto inviolabile alla difesa (articolo 24, secondo comma,
Costituzione) ed essere compito del giudice, imposto dalla natura di quel
diritto, accertare, in assenza delliniziativa dellinteressato, la non
conoscenza, da parte di questultimo, della lingua italiana.
7. Il giudice, se non tenuto a disporre la traduzione dellordinanza nel
momento in cui la emette, ove dagli atti non risulti la non conoscenza della
lingua italiana da parte dellindagato, qualora accerti, dopo lesecuzione del
provvedimento e nel momento in cui procede allinterrogatorio di garanzia
previsto dallarticolo 294 Cpp, che lindagato non conosce la lingua italiana,
deve nominare un interprete conferendogli lincarico di illustrare allindagato
il contenuto dellatto, oltre che lincarico di spiegare allindagato il
significato degli ulteriori atti cui partecipa.
Merita di essere sottolineata, sul punto, la sentenza del 12 dicembre 2001,
Kislitsyn, la quale, dopo avere posto in rilievo che la nomina di un interprete
allimputato straniero subordinata allaccertamento della mancata conoscenza
della lingua straniera, osserva, con riferimento proprio alla mancata
traduzione, nella specie, dellordinanza applicativa della custodia cautelare,
sia che, in mancanza di alcun contratto tra le parti, prima della richiesta
del provvedimento restrittivo il giudice procedente non poteva ritenere
essenziale la nomina di un traduttore, sia che il momento della verifica della
suddetta condizione andava identificato nellinterrogatorio di garanzia.
Da quanto appena detto discende che, se soltanto in sede di interrogatorio di
garanzia lindagato stato posto in grado di comprendere il contenuto
dellordinanza di custodia cautelare, il termine per impugnare il provvedimento
decorre soltanto da questo momento, non essendovi alcuna ragione per non
consentire allindagato di avvalersi dellintero termine per impugnare previsto
dalla legge.
In questo senso anche la dottrina, la quale, dopo aver detto che lo
straniero indagato o imputato che abbia avuto notificato un atto scritto
redatto soltanto in italiano ha la facolt di rivolgersi allufficio che ha
emanato tale atto, facendo presente in modo verosimile che non conosce la
lingua italiana, aggiunge che, quindi, quello straniero ha il diritto di
ottenere la sollecita traduzione dellatto scritto, con la conseguenza che gli
eventuali termini collegati alla notifica medesima iniziano a decorrere
soltanto dalla consegna della traduzione.
8. Va, per, prestata attenzione anche a quellindirizzo giurisprudenziale,
pure citato nellordinanza di rimessone, secondo cui il giudice, il quale
ignori che lo straniero non comprende la lingua italiana, non ha il dovere di
disporre che il provvedimento di custodia cautelare emesso nei suoi confronti
gli sia notificato insieme con la traduzione, anche perch, qualora lo
straniero stesso non sia in grado di capire la lingua italiana, la concreta
conoscenza dellatto assicurata dal disposto dellarticolo 94, comma 1bis, disp. att. Cpp che pone a carico del direttore
dellistituto penitenziario o di un operatore da lui delegato lonere di
accertare, se del caso con lausilio di un interprete, che linteressato abbia
precisa conoscenza del provvedimento con cui stata disposta la sua custodia e
di illustrargliene, ove occorra, i contenuti (Cassazione 12 aprile 2002, Asilo;
10 maggio 2002, Essid; 12 aprile 2001, Tuschi; 26 giugno 2000, Ilir; 20 marzo
2000, Weizer; Su 31 maggio 2000, Jakani).
Questo indirizzo , in parte, nel vero.
Si detto in precedenza che, ove risulti dagli atti, nel momento in cui emesso
il provvedimento custodiale, che lindagato non conosce la lingua italiana, il
giudice deve disporre immediatamente che lordinanza sia eseguita con la
consegna anche di copia della traduzione della stessa nella lingua conosciuta
dallo straniero.
questo e non altro il significato dellaffermazione con la quale la Corte
costituzionale ha posto in rilievo il diritto dellimputato ad essere
immediatamente e dettagliatamente informativo nella lingua da lui conosciuta,
della natura e dei motivi dellimputazione contestatagli, immediatezza che il
giudice delle leggi ha ribadito trattando del presupposto per la traduzione e
dicendo che la traduzione deve essere disposta immediatamente al verificarsi
della circostanza della mancata conoscenza della lingua italiana da parte della
persona nei cui confronti si procede.
Non , pertanto, condivisibile Cassazione 14 novembre 2000, Tavanxhiu, quando
afferma, con riferimento allobbligo di traduzione dellordinanza impositiva
della misura cautelare gi allatto dellemissione, che lordinanza
impositiva della custodia cautelare in carcere non deve essere notificata
insieme alla sua traduzione allimputato od indagato alloglotta, perch in tal
caso la tutela di costui assicurata, a norma dellarticolo 94 delle disposizioni
di attuazione del codice di procedura penale, dallobbligo del direttore
dellistituto penitenziario di accertare, se del caso con lausilio di un
interprete, che linteressato abbia precisa conoscenza del provvedimento che ne
dispone la custodia e di illustragliene, ove occorra, i contenuti ponendolo,
quindi, in condizione di sapere di che lo si accusa e di predisporre gli
appositi rimedi.
Ma, diverso il caso in cui, non risultando dagli atti che lindagato non
conosce la lingua italiana, lagente incaricato di eseguire lordinanza gliene
consegni copia senza la traduzione e il direttore dellistituto penitenziario,
nel quale lindagato stato tradotto, o loperatore designato dal direttore,
accerti, se del caso con lausilio di un interprete, che linteressato abbia
precisa conoscenza del provvedimento che ne dispone la custodia e gliene
illustri, ove occorra, i contenuti.
La traduzione dellordinanza nel momento in cui emessa o la nomina di un
interprete per la traduzione in sede di interrogarono di garanzia non sono,
invero, fine a se stessi, ma sono strumenti, mezzi per conoscere il contenuto
del provvedimento e, quindi, per consentire allindagato di esercitare
effettivamente il diritto di difesa, sicch il giudice, quando proceda, allinterrogatorio
previsto dallarticolo 294 Cpp, pu legittimamente astenersi dalla nomina di un
interprete per la traduzione dellordinanza custodiale se accerti che
lindagato, grazie allintervento, previsto dalla legge, del direttore
dellistituto penitenziario, ne ha precisa conoscenza, soltanto dalla quale e
ci anche nel caso in cui lindagato ha avuto quella conoscenza nellistituto
penitenziario decorre, come si detto, il termine per impugnare.
N si obietti, come lo obietta il ricorrente nella memoria, che larticolo 94,
1bis, disp. att. prevede un
accertamento sommario, per giunta di carattere amministrativo, che non sfocia
in alcun atto del procedimento, che affidato alla buona volont del direttore
del penitenziario e del quale non neppure prevista la verbalizzazione.
, invero, da osservare che, se non pu negare che si tratta di un accertamento
da compiersi in sede amministrativa, certo, per, che la legge impone al
direttore di accertare se linteressato ha precisa conoscenza dellatto e di
illustrargliene, ove necessario, il contenuto, il che esclude categoricamente
che lintervento del direttore o delloperatore dellistituto penitenziario
possa risolversi in un accertamento sommario.
Sar, in ogni caso, compito del giudice, in sede di interrogatorio di garanzia,
rendersi conto se lindagato ha precisa conoscenza dellatto e, quindi, di
provvedere, eventualmente, alla nomina dellinterprete anche a tal fine.
9. Non pu, infine, condividersi quellulteriore indirizzo esposto anchesso
nella ordinanza di rimessione secondo il quale, nel caso non poco frequente
di ordinanza custodiale emessa nelludienza di convalida dellarresto dopo
linterrogatorio dellarrestato e dopo lordinanza di convalida, non occorre la
traduzione dellordinanza, perch, in questo caso, la presenza dellinterprete
alludienza di convalida e al relativo interrogatorio ha consentito di
informare larrestato in ordine allimputazione e agli elementi fondanti
laccusa, nonch di consentirgli di spiegare uneffettiva difesa rendendo la
versione dei fatti nella propria lingua in un momento antecedente lemissione
del titolo limitativo della libert personale, in maniera da non rendere
necessaria ai fini difensivi la traduzione dellordinanza impositiva nella lingua
straniera parlata dallindagato (Cassazione, 17 dicembre 2002, Bohm, rv
223487; 4 febbraio 2000, Weizer, rv 216526; 5 maggio 1999, Metuschi, rv
213523).
Nellinterrogatorio previsto dallarticolo 391, comma 2, seconda parte, Cpp
interrogatorio che la norma dellarticolo 294, comma 1, colloca espressamente
sullo stesso piano di quello in essa previsto lindagato, che non conosca la
lingua italiana, posto, grazie allintervento dellinterprete, nella
condizione di avere precisa conoscenza delle ragioni dellarresto e di
difendersi.
Ma, lordinanza di custodia cautelare, eventualmente emessa dopo lordinanza di
convalida, se, molto verosimilmente, nulla aggiunge a quanto gi noto
allarrestato in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, deve anche soffermarsi,
ritenendole sussistenti, sulle esigenze cautelari, rispetto alle quali
lindagato ha sentito, al pi, la richiesta del Pm, tradotta dallinterprete,
di applicazione della misura cautelare anche per determinate esigenze
cautelari, senza, per, essere in grado di sapere, se non leggendo il
provvedimento in una lingua a lui nota o sentendone la traduzione
dellinterprete presente, se e in quale misura il giudice della convalida le
abbia fatte proprie ed noto che lindagato, con la richiesta di riesame, pu
limitarsi a contestare la sussistenza delle esigenze cautelari.
10. La omessa traduzione del provvedimento custodiale nel momento in cui
emesso, ove ne ricorra il presupposto, o la m ancata nomina dellinterprete per
la traduzione in sede di interrogarono di garanzia, quando non si sia gi
provveduto ai sensi della norma dellarticolo 94, comma 1bis,
disp. att., causa di nullit dellatto rispettivamente, dellordinanza di
custodia cautelare o dellinterrogatorio di garanzia nullit che, come hanno
affermato queste Su nella sentenza Jakani, gi citata, deve annoverarsi, in
difetto di una specifica previsione della norma dellarticolo 143 Cpp, tra le
nullit contemplate dagli articoli 178, lettera c), e 180 Cpp, la cui
deducibilit soggetta a precisi termini di decadenza (in questo senso, quanto
alla omessa nomina dellinterprete, Cassazione 27 novembre 1992, Kamel, rv
198431, 198432; 2 ottobre 1994, Kourami, rv 199465; 10 aprile 1995, Polisi, rv
20156; 17 dicembre 1998, Daraji, rv 213068; 13 giugno 2001, Sharp, rv 220040).
11. Tutto ci chiarito, nella specie non pu, peraltro, non condividersi
laffermazione dellordinanza impugnata, conforme, sul punto, allaffermazione
della precedente ordinanza del Tribunale per il riesame annullata dalla Corte
di cassazione.
Lordinanza impugnata, se ha premesso, errando che il provvedimento che dispone
la custodia cautelare non deve essere tradotto, ha aggiunto che, nel caso in
esame, non ipotizzabile alcuna menomazione del diritto dello Zalagaitis di
essere al pi presto informato con completezza ed in modo intelligibile della
natura e dei motivi dellaccusa a lui rivolta, dovendosi osservare che, quando
lordinanza di custodia cautelare stata emessa, lindagato era latitante
per cui non risultava di fatto possibile alcun accertamento sulla conoscenza
della lingua italiana e che, sopravvenuta lesecuzione della ordinanza
custodiale, lo Zalagaitis stato sentito dal Gip in sede di interrogatorio di
garanzia con lassistenza di un interprete di lingua lituana che ha proceduto
alla traduzione delle considerazioni mosse allindagato e delle ragioni che
avevano determinato lemissione dellordinanza di custodia cautelare nei suoi
confronti.
Queste proposizioni dicono con chiarezza che il giudice di merito ha accertato,
valutando il relativo latto linterrogatorio di garanzia che lindagato,
in quella sede, era stato posto in grado di rendersi conto delle contestazioni
mossegli nellordinanza di custodia cautelare e delle ragioni, nella stessa
esposte, che le avevano determinata.
A questo accertamento in fatto, adeguatamente motivato, non pu eccepirsi, come
si fa nel ricorso, che linterrogatorio stato reso senza che il prevenuto
abbia avuto integrale conoscenza del provvedimento restrittivo emesso nei suoi
confronti, che evidente lirrilevanza processuale di questa eccezione.
Se, infatti, lordinanza custodiale non pu non essere completamente tradotta
allorch, risultando dagli atti la non conoscenza, da parte dellindagato,
della lingua italiana, venga eseguita con la consegna di copia, non solo
delloriginale in lingua italiana, ma anche della traduzione, lintervento
dellinterprete che, in sede di interrogatorio ex articolo 294 Cpp, esponga allindagato, dinanzi al giudice
e con la garanzia della presenza del difensore, la contestazione che gli
stata mossa indicandogli le ragioni ivi comprese le ragioni relative alle
esigenze cautelari non pu, invece, non esonerare il giudice dal disporre la
traduzione letterale dellordinanza custodiale.
Pu astrattamente verificarsi, anche se la presenza del giudice e del difensore
lo fanno pi che ragionevolmente escludere, che la traduzione dellinterprete
trascuri i dettagli rilevanti.
Il ricorrente, per, si limitato ad eccepire che la traduzione non stata
dettagliata, senza escludere espressamente che, come ha affermato lordinanza
impugnata, linterprete ha indicato allindagato la contestazione e le ragioni
che lavevano determinata, ha indicato, cio, i dettagli rilevanti, quanto era
necessario per consentire allindagato di difendersi.
12. Il secondo motivo fondato.
Con questo motivo il ricorrente pone lulteriore questione, risolta in termini
contrastanti dalla giurisprudenza di questa Suprema corte, dellutilizzabilit
delle dichiarazioni nella specie, delle dichiarazioni della coindagata
Gadeikyte Iolanta, assunte dal Gip il 5 febbraio e dal Pm il 9 febbraio 2001
rilasciata prima dellentrata in vigore della legge 63/2001 pubblicata il
successivo 22 marzo.
Questa legge, dando attuazione ai principi sul giusto processo dettatati
dallarticolo 111 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale
2/1999, ha modificato, tra le altre, le regole generali da osservarsi
nellinterrogatorio dellindagato disciplinato nellarticolo 64 Cpp.
Ha, innanzitutto, sostituito il comma tre di questarticolo nel senso che,
prima che abbia inizio linterrogatorio, la persona deve essere avvertita che:
a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
b) salvo quanto disposto dallarticolo 66, comma 1, ha facolt di non
rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguir il suo corso;
c) se render dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilit di altri
assumer, in ordine a tali fatti, lufficio di testimone, salve le
incompatibilit previste dallarticolo 197 le garanzie di cui allarticolo 197bis.
Ha introdotto poi, nellarticolo il comma 3bis prevedendovi che linosservanza delle disposizioni di cui
al comma 2, lettere a) e b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla
persona interrogata e che in mancanza dellavvertimento di cui al comma 3,
lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su
fatti che concernono la responsabilit di altri non sono utilizzabili nei loro
confronti e la persona interrogata non potr assumere, in ordine a detti fatti,
lufficio di testimone.
La legge, inoltre, nei cinque commi dellarticolo 26 ha previsto regole di
diritto intertemporale disponendo, nei commi 1 e 2, che qui interessano, che
comma 1 - nei processi in corso alla data di entrata in vigore della presente
legge si applicano le disposizioni degli articoli precedenti salvo quanto
stabilito nei commi da 2 a 5 e che comma 2 - se il procedimento ancora
nella fase delle indagini preliminari, il Pm provvede a rinnovare lesame dei
soggetti indicati negli articoli 64 e 197bis del Cpp, come rispettivamente modificato ed introdotto
dalla presente legge, secondo le norme ivi previste.
Relativamente al regime intertemporale si posta, dunque, la questione
dellapplicabilit dellarticolo 64 Cpp, come modificato dalla legge in esame,
nella fase delle indagini preliminari ed, in particolare, dellutilizzabilit,
ai fini della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, di cui allarticolo
273, comma 1, Cpp, delle dichiarazioni rese, nel corso delle predette indagini,
prima come nel caso in esame della novella legislativa e, quindi, senza le
formalit previste dallarticolo 64 Cpp, cos come modificato.
Nel senso dellapplicabilit dellarticolo 64, come modificato, e
dellinutilizzabilit delle dichiarazioni assunte prima della novella
legislativa si sono espresse Cassazione 16 novembre 2001, Gullace, rv 220604;
13 novembre 2002, Fiore, rv 222714; 1 luglio 2002, Qira, rv 223359; 11 febbraio
2002, Giuliano, rv 220997, 13 novembre 2001, Romanelli; 25 marzo 2002, Perna.
Secondo queste sentenze, le dichiarazioni che concernono la responsabilit di
altri rese da indagati il cui interrogatorio ovvero le cui dichiarazioni ai
sensi dellarticolo 350 Cpp sono stati assunti senza losservanza delle
garanzie di cui allarticolo 64, comma tre, lettera c), Cpp, non sono
utilizzabili ai fii della valutazione della sussistenza dei gravi indizi, ai
sensi dellarticolo 273, comma 1, Cpp, anche se linterrogatorio o le
dichiarazioni sono stati resi prima dellentrata in vigore della legge 63/2001,
ma non siano stati rinnovati dalla pubblica accusa in osservanza delle
prescrizioni di cui allarticolo 26, comma 2, della medesima legge.
Secondo lopposto indirizzo, invece, la chiusura delle indagini preliminari
costituisce lo sbarramento delliniziativa del Pm per la rinnovazione
dellesame dei soggetti indicati negli articoli 64 e 197bis Cpp, con la conseguenza che deve escludersi che
gli atti legittimamente compiuti ed esauriti nel procedimento de libertate
in base alla previdente
disciplina, tra cui lacquisizione e valutazione, ai fini della sussistenza del
grave quadro indiziario, della prova dichiarativa, debbano ritenersi non pi
utilizzabili ai fini dello stesso procedimento; tali atti, una volta che siano
stati acquisiti e valutati legittimamente nella vigenza del pregresso regime e
si sia esaurita lattivit di indagine, che ha portato allapplicazione e alla
conferma della misura cautelare, sono, quindi, utilizzabili nel suddetto
procedimento incidentale, comportando lesaurimento della fase delle indagini
preliminari la loro inutilizzabilit nel giudizio di merito (Cassazione 20
novembre 2001, Andolfi, rv 221548; 29 gennaio 2002, Deodato, rv 221553; 16
ottobre 2001, Calfato, rv 20042).
Queste Su ritengono di dovere aderire al primo indirizzo, con alcune
puntualizzazioni.
Secondo Cassazione, 6 novembre 2001, Gullace, dal dato letterale delle
disposizioni di diritto transitorio dettate dallarticolo 26 di evince che
fatte salve le eccezioni previste nei commi da 3 a 5, che si riferiscono alla
fase del giudizio e mutuano la loro legittimit costituzionale dallarticolo 2
dalla legge costituzionale 2/1999 - le modifiche introdotte dalla legge
63/2001 devono trovare immediata applicazione non solo nei processi in corso,
in base al disposto di cui al primo comma del citato articolo 26, ma anche
nella fase delle indagini preliminari, avendo il legislatore espressamente
previsto, nel comma due del citato articolo 26, che il Pm deve provvedere a
rinnovare lesame dellindagato con losservanza delle garanzie di cui
allarticolo 64 Cpp, come modificato dalla novella, anche con riferimento
allipotesi che questi possa assumere la qualit di testimone, ai sensi
dellarticolo 197bis Cpp.
Dal combinato disposto dei primi due commi dellarticolo 26 deriva quindi, che
anche nella fase delle indagini preliminari trova applicazione la sanzione
della inutilizzabilit, ai sensi dellarticolo 64, comma 3bis, Cpp, delle dichiarazioni rese dallindagato su
fatti che concernono la responsabilit di altri, se linterrogatorio non
stato preceduto dallavvertimento di cui al terzo comma lettera c) del medesimo
articolo, ai fini della valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, alla cui
sussistenza larticolo 273, comma uno, Cpp subordina lapplicazione di misura
limitative della libert personale.
Ebbene, linterpretazione dellarticolo 26, comma 2 della legge 63/2001 non pu
non essere preceduta, per coglierne il valore, dallinterpretazione del comma 1
dello stesso articolo, il quale dispone che nei processi penali in corso alla
data di entrata in vigore della presente legge si applicano le disposizioni
degli articoli precedenti salvo quanto stabilito nei commi da 2 a 5.
Come stato osservato dalla dottrina, non vՏ alcuna ragione di dubitare che
il termine processi usato dalla legge debba essere inteso quale sinonimo di
procedimenti, senza alcuna distinzione di fasi o gradi ed proprio la
mancanza di un ulteriore limite di riferimento che induce a cogliere, nella
formula impiegata dalla disposizione in esame, una norma singolare dai
contenuti, ben diversi dal principi generale tempus regit actum in virt del quale gli atti legittimamente
compiutisi in un determinato momento storico conservano validit.
Lactus preso in
considerazione della legge attuativa del giusto processo non , infatti, -
prosegue la dottrina il singolo atto probatorio ovvero una fase o un grado
delliter processuale, ma si identifica con lintero arco del procedimento in
corso e, allinterno di tale spazio, lefficacia immediata della nuova
disciplina riguarda, indistintamente, tutti gli atti processuali compiuti o da
porre in essere.
Ne consegue che, se il principio tempus regit actum neutralizza lefficacia della nuova disciplina
rispetto agli atti ormai acquisiti, la norma singolare contenuta nellarticolo
26, comma 1, laddove prescrive limmediata operativit dello ius
superveniens ai processi in corso,
impone al giudice di vagliare la legittimit dellatto probatorio alla luce
della disciplina vigente, non gi al momento dellacquisizione, bens al tempo
della decisione, e quindi della sua utilizzazione processuale.
Si osserva, dalla stessa dottrina, che una simile chiave di lettura comporta,
peraltro, conseguenza meno dirompenti di quanto appaia a prima vista, ove si
consideri come i divieti probatori introdotti dalla legge 63/2001 possiedano
una comune ratio ispiratrice
individuabile nellattuazione del metodo del contraddittorio enunciato
allarticolo 111, comma 2, della Costituzione, sicch poich i nuovi canoni
costituzionali estendono la loro efficacia a tutte le vicende nate allindomani
del 7 gennaio 2000, leffetto retroattivo della legge 63/2001 interessa uno
spazio gi investito in gran parte del divieto di acquisire conoscenze formate
al di fuori del metodo dialogico e sotto questa luce ben si comprende la scelta
a favore di una parziale retroattivit delle nuove regola probatorie compiuta
dallarticolo 26, comma 1, non dovendo trascurarsi, inoltre, come il precetto
in discorso conosca varie deroghe, di entit differenziata a seconda della fase
del procedimento presa in considerazione.
Se questo lambito dellarticolo 26, comma 1, della legge in esame, la regola
transitoria del comma due Ǐ destinata ad operare nella fase delle indagini
preliminari e guarda allipotesi in cui gli organi investigativi abbiano gi
assunto dichiarazioni nel corso di un interrogatorio alla data di entrata in
vigore della legge, facendosi carico, in tal caso, al Pm di rinnovare,
secondo le forme ex articoli 64
e 197bis, rispettivamente
modificato e introdotto dalla presente legge, lesame dei soggetti indicati.
Larticolo 26, comma 2, significa, allora, che il Pm deve procedere ad un nuovo
interrogatorio, avendo voluto il legislatore meglio garantire la funzionalit
del sistema, premurandosi rispetto al rischio di dispersione delle conoscenze
raccolte nel corso delle indagini.
Lo ius superveniens la legge
63/2001 stato, dunque, reso applicabile, anche alla fase delle indagini
preliminari e anche ai procedimenti de liberatate, dalla regola di cui al comma 1 dellarticolo 26, con la
conseguenza che, dopo lentrata in vigore della legge, un interrogatorio,
assunto ai sensi dellarticolo 64 nella formulazione anteriore allintervento
delle modifiche introdotte dalla legge 63/2001, inutilizzabile sia,
ovviamente, nel successivo dibattimento, sia nel corso delle indagini
preliminari e, in particolare, nellambito delle decisioni de libertate.
La rinnovazione dellesame, prevista dal comma 2 dellarticolo 26, importa,
invece, che linterrogatorio possa essere utilizzato nel dibattimento e, prima
ancora, nella fase delle indagini preliminari e nel procedimento de
libertate.
Nel caso di specie il Pm non ha proceduto a rinnovare linterrogatorio della
Gadeikyte e questa omissione fa s che agli atti retino le dichiarazioni,
inutilizzabili, della coindagata rese, in due occasioni, in data antecedente a
quella dellentrata in vigore della legge 63/2001.
Il Tribunale del riesame non avrebbe potuto utilizzarle, mentre lordinanza
impugnata d atto che hanno avuto un ruolo determinante nel rigetto della
richiesta di riesame.
14. Una volta ritenute inutilizzabili le dichiarazioni della Gadeikyte,
lordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio, spettando la giudice di
merito accertare se e in che misura i gravi indizi di colpevolezza continuino a
sussistere e, conseguentemente, se e in quale misura persistano le esigenze
cautelari.
PQM
La Corte di cassazione, a Su, annulla lordinanza
impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Taranto; manda alla
Cancelleria per gli adempimenti di cui allarticolo 94, comma 1ter, disp. att. Cpp.