Il centro di permanenza temporanea Serraino Vulpitta chiude il 17 dicembre del 2002 per alcuni lavori di ristrutturazione.

Riapre il 22 febbraio del 2003.

Nel mese di Settembre una commissione dellASL di Trapani effettua una ispezione  al centro rilevando numerose carenze igieniche.

Il Vulpitta chiude di nuovo il 22 novembre, ancora per dei lavori di ristrutturazione.

In quella data sono presenti circa trenta trattenuti.

Nei giorni precedenti  sedici erano stati rimpatriati con un volo charter in Tunisia e otto erano usciti al compimento del periodo di trattenimento.

Gli immigrati vengono condotti con mezzi di polizia a Palermo e l lasciati liberi con il foglio di via.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MARZO NOVEMBRE 2003

 

In questo nuovo dossier vi raccontiamo gli ultimi nove mesi del Vulpitta, dalla riapertura nel febbraio 2003 alla nuova chiusura in novembre per lennesima ristrutturazione.

Questi mesi sono trascorsi seguendo i ritmi di sempre: gli arrivi, i rimpatri, le rivolte, i tentativi di fuga, gli episodi di autolesionismo.

Come un tragico rituale che si ripete sempre uguale.

Vi raccontiamo di altri uomini, non la storia delle loro vite, perch la vita propria degli uomini liberi, ma frammenti della loro esistenza, legati alla condizione di clandestini trattenuti in un centro di permanenza temporanea.

Non abbiamo voluto imbellettare nessun aspetto, nessun particolare per rendere questi uomini pi idonei al ruolo di vittime, pi degni di compassione.

Abbiamo usato un linguaggio scarno, a volte monotono.

Abbiamo parlato di violenze, le violenze commesse nei loro confronti, commesse da loro verso gli altri e verso s stessi, perch per noi lorrore di un centro di permanenza temporanea sta tutto nelle storie di quelli che abbiamo incontrato.

Ragazzi giovanissimi, come Kaled per esempio, che la prima volta che li vedi sono  allegri, sempre un po spacconi, ti dicono che loro al paese non ci tornano, magari sposano unitaliana per avere il permesso di soggiorno, poi li rivedi la volta dopo e ti accorgi di quanto la paura e la terapia li abbiano gi segnati profondamente e per sempre.

Lorrore sta nelle parole di quelli che si tagliano per sfogare la rabbia,  perch ti verrebbe voglia di spaccare tutto ma poi ci stanno le manganellate e il carcere, quindi meglio tagliarsi, anche solo per fare passare il tempo, che l dentro non passa mai..  

Questo dossier dedicato a Dino Frisullo, perch ogni volta che abbiamo pensato che fosse tutto inutile, che le denunce non sarebbero servite a cambiare le cose, ogni volta che ci siamo creduti troppo fragili per affrontare il dolore e la disperazione di altri uomini e ci venuta voglia di tirarcene fuori,  abbiamo ricordato quelle parole che concludono il suo racconto sul rogo del Vulpitta:

Ho conosciuto molti Ahmet nella mia vita. Spero di ritrovarne qualcuno vivo prima o poi, e di poterlo salutare senza vergognarmi, di me e di noi, come ora mi vergogno

(da IL GIURAMENTO).

Anche noi vorremmo un giorno poterci vergognare un po meno di oggi.

 

 

KALED, marocchino, 18 anni.

Kaled lo incontriamo il  1 marzo. Da pochi giorni il Vulpitta e stato riaperto.

E sbarcato a Marsala tre mesi prima. Dopo essere stato fermato, finito in carcere con laccusa di far parte del gruppo degli scafisti. Lui nega: per venire in Italia ha pagato mille euro.

Si trova al centro dal 27 febbraio.

Kaled, nonostante sia cos giovane,  l dentro gioca a fare il capo: protesta per il cibo cattivo, per lacqua sempre fredda delle docce, per le scarpe di tela che gli vengono date e che si rompono dopo un paio di giorni, si lamenta del tempo troppo breve, solo mezzora, in cui si pu stare fuori a giocare a calcio.

Il 3 aprile, dopo trentanove giorni di detenzione, Kaled scappa.

Tentano la fuga in sei,  calandosi dalla finestra del bagno, solo in tre ce la fanno, tra loro Kaled. Uno viene fermato prima di gettarsi, gli altri due cadono a terra e finiscono in ospedale.

La fuga di Kaled non dura molto. Viene fermato in un bar di Alcamo il 15 aprile e riportato al Vulpitta. Ora il suo atteggiamento e diverso, ha paura.

E terrorizzato dalla prospettiva di dover ricominciare daccapo il periodo di trattenimento, non riuscirebbe a reggere altri sessanta giorni.

Non vuole pi uscire dalla cella neanche per andare a giocare e per riuscire a dormire prende quella che al Vulpitta si chiama la terapia, cio una massiccia dose di tranquillanti.

Uscir con il foglio di via lotto maggio.

Nel periodo di trattenimento gli sono stati in parte conteggiati i giorni della fuga.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ABDALLAH, tunisino, 27 anni.

Arriva al Vulpitta il 6 marzo, sbarcato con altri sette a Pantelleria.

Racconta che l, nella caserma in cui sono stati portati, hanno passato la notte dormendo per terra.

In Tunisia ha lasciato i genitori, tre fratelli e tre sorelle pi piccoli.

Lui faceva il macellaio e ora vorrebbe andare in Francia o in Germania a lavorare.

Abdallah  all inizio sempre tranquillo e gentile, allegro a volte, non sembra neanche tanto spaventato dalla prospettiva di un rimpatrio, se ci accadesse vuole a tutti i costi mandarci un regalo dal suo paese.

Regge per circa venti giorni, poi crolla: non vuole  mangiare e non riesce  pi a dormire.

Ci racconta che, dopo la fuga avvenuta nei giorni precedenti, ora la polizia entra nelle celle anche di notte per fare la conta.

Alla fine di marzo al Vulpitta scoppia una delle tante proteste per il cibo cattivo. Abdallah non vi partecipa, rimane nella sua cella.

In seguito la polizia entra nelle stanze per compiere una perquisizione alla ricerca degli oggetti usati come armi durante la rivolta.

La tensione altissima: Abdallah forse prova a protestare per i vestiti strappati e sparpagliati per terra o per le scarpe rotte, forse non protesta neanche ma riceve comunque una manganellata in testa.

Il 26 aprile, quando entriamo, Abdallah non cՏ. E in ospedale, ci dicono gli altri, ha avuto una crisi, non la prima volta.

Quando ritorna, sorretto da due agenti, noi stiamo parlando nella stanza della polizia con Moustaf, un tunisino di cinquantanni.

In ospedale gli stata fatta un iniezione di sedativi ma Abdallah continua a stare male.

Ci avviciniamo a lui, lo aiutiamo a sedersi ma ha una nuova crisi epilettica e cade a terra.

Moustaf guarda la scena e piange in silenzio. Quando Abdallah si calma un po, viene riportato in cella. Sapremo in seguito che quella notte finir di nuovo in ospedale.

Esce il 5 maggio con il foglio di via.

 

 

 

 

 

 

MOHAMMED E TAWFIK, tunisini. Hanno ventitr e ventidue anni.

Arrivano al Vulpitta il 26 marzo, sono sbarcati a Pantelleria.

Il 3 aprile tentano la fuga con Kaled, si calano dalla finestra del bagno, cadono a terra entrambi e finiscono in ospedale.

Mohammed ha la peggio: le sue braccia sono fratturate in pi punti e ha una profonda ferita sulla fronte.

Tawfik si rotto solo un braccio e dopo due giorni viene riportato al Vulpitta.

Mohammed rester in ospedale per altri tre giorni, non pu mangiare, lavarsi o cambiarsi i vestiti se non aiutato da qualcuno.

Dopo essere stato dimesso, viene portato al Vulpitta  per prendere le sue cose e da l trasferito al c.p.t. di Caltanissetta.

Le sue condizioni vengono dichiarate compatibili con la detenzione, nonostante la Croce Rossa, presente al centro di Caltanissetta, consigli il ricovero in una struttura sanitaria.

Mohammed ci racconta al telefono di non riuscire a mangiare e a dormire, chiede notizie di Tawfik: vorrebbe che lui lo raggiungesse.

In seguito sapremo che stato almeno altre tre volte in Italia in precedenza e che stato sempre rimpatriato, stavolta, per, non sar riconosciuto ed uscir dal centro di Caltanissetta alla fine dei sessanta giorni.

Tawfik invece sar riportato in Tunisia.

 

KALED, CHOCRI, KARIM e gli altri.

Sono tutti maghrebini.

Alcuni provengono dal carcere, altri sono stati fermati ad Alcamo e a Mazara dove lavoravano in campagna o sui pescherecci.

Sono i protagonisti della protesta scoppiata a fine marzo per il cibo cattivo e le condizioni di vita al Vulpitta.

A noi raccontano delle irritazioni alla pelle per le lenzuola che vengono cambiate solo dopo molti giorni, del medico che non cՏ mai e anche di otto persone ammassate in celle piccole e fino a quindici in quelle pi grandi.

Quella rivolta verr sedata dall intervento dei reparti mobili di polizia e carabinieri. Alcuni  degli immigrati rimarranno feriti.

In seguito saranno separati: in dieci verranno trasferiti a Caltanissetta.

 

 

AHMED, marocchino, sedici anni.

E sbarcato a Pantelleria.

Ha passato tre giorni in carcere a Marsala con laccusa di aver collaborato con gli scafisti.

Il suo avvocato esibisce al tribunale un tesserino da cui risulta che Ahmed minorenne. Il giudice di Marsala , dichiarandosi incompetente a giudicarlo, ne dispone la scarcerazione.

Uscito dal carcere, viene portato al Vulpitta.

Il giudice del Tribunale di Trapani, invece, convalida il trattenimento di Ahmed nel c.p.t., ritenendo quel tesserino  un documento non valido a comprovarne la minore et.

Due tribunali italiani, distanti fra loro solo 20 Km, decidono sulla sorte di Ahmed in maniera diametralmente opposta.

Alla fine lui in un carcere ci deve rimanere.

Al Vulpitta ci sta proprio male: dice di avere troppa paura, si taglia e minaccia di impiccarsi.

Infatti  il 29 aprile crea un cappio annodando le lenzuola, lo lega alle sbarre della finestra della sua cella e se lo mette attorno al collo. Viene fermato in tempo.

Ahmed uscir dal Vulpitta dopo aver ultimato i sessanta giorni di trattenimento.

 

 

 

SAMIR, algerino.

Arriva al Vulpitta il 20 maggio.

Viene chiamato da tutti mister Bean per la sua incredibile somiglianza con quel personaggio.

E stato fermato a Sanremo. L aveva passato tre mesi in ospedale per una caviglia rotta che gli fa ancora male. Si lamenta perch al centro gli mettono solo una pomata. In seguito la caviglia gli sar ingessata di nuovo allospedale di Trapani.

Samir fa richiesta di asilo ma non ottiene lammissione alla procedura: ha infatti una lunga serie di alias.

Per avere partecipato a una  delle rivolte che si susseguono al Vulpitta passa sei giorni in carcere, poi torna al centro. E uno dei tanti che prendono la terapia.

Esce il 20 luglio con il foglio di via.

 

 

 

 

AJIM, rom.

Al Vulpitta lo chiamano Jimmy. Arriva il 30 maggio, esce dal carcere di Augusta dove ha scontato una pena di due anni e mezzo per detenzione di armi, minacce e ricettazione.

In Italia sta dall 85,  ora vive a Napoli in una baraccopoli, ha una moglie e due figli di dieci e tre anni.

Lui si ritiene regolare anche se non ha  un vero e proprio permesso di soggiorno, ma in fondo sono pochissimi  i rom nei campi ad averlo, ci dice.

Ajim riesce a farsi inviare  dal Comune di Napoli una nota in cui si certifica che in effetti stato censito come residente nel campo nomadi della citt.

Grazie a questo, verr messo fuori dopo circa venti giorni di trattenimento.

 

TALLEL, algerino.

Arriva al Vulpitta il 18 maggio, proviene dal carcere dove ha scontato una condanna per spaccio di stupefacenti. Da 13 anni vive fra l Italia e la Francia.

Il 24 giugno tenta la fuga insieme ad altri scavalcando il cancello esterno durante una partita di calcio.

Solo uno riuscir a scappare, gli altri verranno tutti ripresi qualche ora dopo.

Tallel racconta  di essere stato investito da unauto della polizia, di essere stato preso a manganellate e a calci dagli agenti, prima fuori, poi di nuovo nel campo di calcio all interno del centro. La Questura di Trapani minaccer di presentare querela nei suoi confronti  per queste affermazioni. Tallel  vorrebbe essere trasferito al c.p.t. di Caltanissetta: al Vulpitta non ci vuole proprio stare.

Parla delle condizioni in cui sono costretti a vivere: continuamente chiusi per intere giornate dentro e, poi, nel settore in cui sta, quello p.s., ci sono solo quattro cessi e tre docce, ma una delle docce non funziona; le lenzuola, di carta, vengono cambiate una volta a settimana, i pasti confezionati emanano un cattivo odore e sono immangiabili.

Tallel sar trasferito a Caltanissetta il 20 giugno.

 

 

 

 

 

 

 

FAYSAL, tunisino, circa 30 anni.

Entra al Vulpitta il 9 maggio, arriva dal carcere di Campobasso dove ha scontato una pena di sei anni per reati di droga.

In carcere ha studiato, ora spera di non essere rimpatriato per poter sostenere gli esami di terza media.

Anche lui protesta: da settimane, ci dice, dopo le rivolte e i tentativi di fuga, non possono uscire pi neanche per giocare a calcio. in una cella finiscono per essere ammassate anche 14 persone e fa troppo caldo la notte per riuscire a dormire. Racconta anche di quando per una perquisizione sono stati portati al primo piano, costretti a spogliarsi e a fare le flessioni, i pi anziani si vergognavano e qualcuno piangeva.

Alla fine di giugno Faysal sostiene gli esami di terza media al Vulpitta, esce lotto luglio con il foglio di via.

 

SAMIR, algerino. 33 anni.

Dagli altri viene chiamato il professore. Arriva al Vulpitta il 21 maggio, stato fermato a Sanremo. Sta in Italia dal 94. Nel 2000 ha gi trascorso un mese al Brunelleschi, il c.p.t. di Torino.

Racconta che nel 98 ha pagato tre milioni e duecentomila lire per ottenere i documenti  ma stato ingannato.

Samir soffre di claustrofobia e spesso ha delle crisi: la notte non riesce a dormire, ma, ci assicura, lui la terapia non la prende.

Ottiene, per un breve periodo, di uscire fuori nel ballatoio un paio di volte al giorno a prendere un po daria ma non dura molto.

Anche Samir si lamenta perch nella sua cella  stanno in otto con i materassi per terra e lacqua da bere sempre caldissima.

Lui sta nel settore CC dove in questo  periodo si verificano continuamente proteste e  tentativi di fuga, ma Samir non vi partecipa.

Negli ultimi giorni di trattenimento ha crisi sempre pi frequenti anche se, come sapremo, anche lui prende dosi massicce di tranquillanti.

Uscir il 20 luglio con il foglio di via.

 

 

 

 

 

GABSI, tunisino.

In Italia e arrivato nel gennaio del 2002. Al Vulpitta sta dal 18 maggio. E stato preso a Mazara del Vallo dove lavorava su un peschereccio.

Aveva fatto la richiesta di sanatoria: allarmatore, ci racconta,  aveva consegnato duemila euro perch gli  pagasse i contributi ( che per ammontavano a soli 400 euro e avrebbero dovuto comunque essere a carico del datore di lavoro) ma cerano stati dei problemi, forse nella redazione del contratto,  per cui la domanda non era stata accettata e lui ora si trovava al Vulpitta.

A Mazara inoltre abitava in un locale di propriet sempre dellarmatore che glielo aveva affittato per 500 euro al mese.

Gabsi fa ricorso contro il decreto di espulsione. Allavvocato d altri 400 euro ma anche il ricorso rigettato.

Telefona al datore di lavoro per farsi restituire i soldi dei contributi e quello gli assicura che glieli porter al Vulpitta, naturalmente non lo fa.

Dopo 50 giorni di trattenimento Gabsi viene rimpatriato. 

 

AMIN, marocchino, 20 anni circa.

E sbarcato a Pantelleria il primo giugno. Per arrivare in Sicilia ha pagato mille dinari.

Il 23 giugno tenta la fuga insieme ad altri scavalcando il cancello esterno, durante la partita di calcio. Vengono ripresi quasi tutti.

Amin racconta al deputato regionale Santo Liotta e ai giornalisti che compiono una visita al Vulpitta il 25 giugno di essere stato picchiato dagli agenti sia fuori, subito dopo essere stato fermato, sia in seguito dentro il centro. Gli hanno messo pure le manette.

Ha lividi sugli zigomi e  sui polsi, graffi dappertutto, una lunga ferita sulla schiena, dove dice di aver ricevuto una manganellata.

La Questura di Trapani minaccer di presentare una querela nei suoi confronti per queste affermazioni. 

Amin uscir con il foglio di via il 29 luglio.

 

 

 

 

 

 

 

KARIM ed ALI, tunisini, 23 anni.

Sono fratelli gemelli, arrivano al Vulpitta il 12 giugno.

La loro storia al Vulpitta una lunga serie di crisi ed episodi di autolesionismo. Karim, soprattutto, si taglia quasi ogni giorno le braccia e i polsi, per sfogare la rabbia, ci dice. Gli verrebbe voglia di spaccare tutto la dentro e, in effetti, qualche volta ci prova davvero, ma per evitare problemi preferisce fare del male a se stesso. Poi riesce a star meglio, assicura.

Usciranno dopo i 60 giorni con il foglio di via.

 

CHOKRI, tunisino.

Arriva al Vulpitta il 18 luglio, stato fermato a Mazara del Vallo dove lavorava su un peschereccio.  Al suo datore di lavoro ha dato 1.500,00 euro per la sanatoria, inoltre dalla busta paga gli venivano tolti, ci racconta, altri 400,00 euro al mese per i contributi.

La sua richiesta di regolarizzazione stata rigettata perch nel 97 stato in carcere ed ha gi un precedente decreto di espulsione.

Chokri tranquillo e fin troppo ossequioso con tutti, non partecipa alle proteste dei suoi compagni.

La sua, infatti, una battaglia solitaria: poich non ha diritto ad un permesso di soggiorno, e rischia quindi di essere rimpatriato, rivuole indietro i soldi dei contributi che ha versato all INPS.

Inizia uno sciopero della fame.

Tentiamo di convincerlo che inutile: il denaro dei contributi degli immigrati che poi non saranno regolarizzati dovrebbe servire, secondo alcuni esponenti del governo, proprio a costruire nuovi c.p.t..

Ha spesso dei collassi per la pressione troppo bassa e frequentemente finisce in ospedale.

            Riuscir ad avere solo i 480,00 euro di un assegno di malattia della cassa marittima per un infortunio che gli era capitato sul peschereccio.

Chokri sar trasferito a  Caltanissetta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ADALLAH, marocchino, 24 anni.

E laureato in informatica.

E sbarcato il 19 giugno a Mazara del Vallo con altri otto. Ha passato quattro giorni al primo piano del Vulpitta, nei locali del cosiddetto centro di transito, e teme che questi giorni non gli vengano conteggiati nel periodo di trattenimento.

Quando aveva solo due anni Abdallah si ustionato la schiena e le braccia, ora ogni anno deve subire un intervento per ricostruire la pelle. E venuto in Italia alla ricerca di un lavoro proprio per potersi pagare queste operazioni.

Dal settore p.s., in cui si trova, viene trasferito al settore cc, dopo una rissa con un compagno di cella che lui accusa di avergli rubato del denaro.

Anche lui tenta di fuggire ma viene fermato subito.

Uscir dal Vulpitta il 20 agosto. Ha deciso di non rimanere in Italia, ora vuole andare in Francia per raggiungere la sua fidanzata.

 

MOHAMMED, tunisino.

E arrivato con Abdallah il 19 giugno e anche lui ha passato quattro giorni al primo piano del Vulpitta. Ha trentanni ma ne dimostra molti di pi.

Quella che ci racconta una storia drammatica.

Nellagosto del 1999 per la prima volta ha tentato di venire in Italia, erano in dodici su una barca di nove metri ma non sono mai arrivati: la barca affondata e nove dei suoi compagni sono annegati.

Lui rimasto in acqua per diciotto ore.

Anche adesso, dice, continua a risentire le urla di quelli ce stavano morendo e le parole del suo amico che lo pregava, se si fosse salvato, di andare a trovare sua madre.

Ritornato in Tunisia viene braccato dai parenti di quelli che sono morti perch lo ritengono responsabile della tragedia e si nasconde in campagna per paura di essere trovato.

Cerca una seconda volta di venire in Italia nel 2001, ma viene fermato e rimpatriato.

Ci racconta che gli altri due sopravvissuti sono impazziti. Quello che non dice che impazzito anche lui: sta male, non mangia.

Al Vulpitta solo in pochissimi accettano di stare in cella con lui.

Ha frequenti crisi, i tranquillanti che gli vengono somministrati non gli bastano per riuscire a dormire la notte, cos, ci confessa, ne compra altri dai suoi compagni.

Verr rimpatriato il 4 agosto. Appena arrivato in Tunisia verr messo in carcere.

 

 

BEN KALED, tunisini, 20 anni.

Quando lo incontriamo la prima volta, agli inizi di luglio, sta in cella di isolamento insieme ad un altro. Ci viene detto che si trovano li per avere aggredito degli agenti intervenuti per tentare di calmarli.

Ben Kaled ha un lametta, non si sa come abbia fatto a procurarsela, poich prima di entrare al Vulpitta tutti vengono sottoposti a perquisizione (anche noi naturalmente).

Con questa, minaccia chiunque si avvicini alla cella.

Lispettore ci avverte che saranno costretti ad entrare dentro e ad usare i manganelli per disarmarlo.

Ci avviciniamo alle sbarre per convincere Ben Kaled a consegnare a noi la lametta ma fuori di testa. Prima accetta, poi comincia ad insultare i poliziotti schierati dietro di noi, infine d vita al suo tragico show: inizia a tagliarsi le braccia gi martoriate, recidendo i punti che chiudevano le ferite precedenti, poi anche le gambe.

Il suo sangue schizza dappertutto, sul pavimento, sui muri. Ben Kaled non urla, non piange. Solo qualche volta digrigna i denti per il dolore, ripulisce la lama sulla maglietta e continua.

I poliziotti e linfermiere non riescono a reggere la scena e girano la testa come noi.

Poi Ben Kaled decide di mettere fine allo spettacolo: mette la lametta in bocca e sembra proprio che la ingoi.

Dopo una lunga trattativa riusciamo a convincerlo a farsi portare in ospedale in cambio di un pacchetto di Marlboro.

L viene medicato, ricucito e riportato al Vulpitta.

Mentre Ben Kaled via, qualche inserviente va a ripulire il pavimento della cella dal sangue.

Sapremo poi che la lametta non laveva ingoiata ma aveva tentato di nasconderla tra i sedili dellauto della polizia durante il tragitto al pronto soccorso.

Esce con il foglio di via il 30 luglio.

 

 

 

 

 

 

 

 

RASHID, marocchino.

Sua madre venezuelana. Arriva al Vulpitta il 7 agosto dopo essere uscito dal carcere di Crotone dove ha trascorso dieci anni. Non ci dir mai il motivo di una condanna cos lunga.

In Italia ci sta dall 88 e ha una figlia di dieci anni da una donna italiana.

Nel 2000 gi stato rinchiuso a Ponte Galeria, il c.p.t. di Roma.

Rashid diventa presto il capo al Vulpitta ed molto temuto dagli altri, naturalmente conosce bene litaliano e fa da interprete anche per la polizia.

Gioca a fare il giustiziere: durante una partita di calcio, con un pezzo di ferro che si procurato, punisce con una profonda ferita al volto uno che aveva rubato i soldi a Jalil, detto il calabrese, un marocchino che si messo sotto la sua protezione.

La sera del 31 agosto, al Vulpitta scoppia un incendio. Il fuoco viene appiccato nel bagno del settore cc. in atto in quel momento una protesta perch, come ci sar raccontato dopo, Sicha, un ragazzo giovanissimo che l dentro tutti chiamano chihuaua, stato picchiato dalla polizia.

Arrivano i vigili del fuoco ma lincendio viene spento subito dagli stessi immigrati.

Dopo unora, nel settore della polizia, vengono dati alle fiamme alcuni materassi. Dalle celle esce un fumo denso e nero che si propaga anche nellaltro settore, si riescono ad intravedere anche le fiamme. Il suono dellallarme antincendio incessante.

Tutti cominciano ad urlare: dentro le celle si soffoca.

Lincubo del 28 dicembre del 1999 sembra potersi ripetere: il Vulpitta brucia di nuovo.

Dopo qualche interminabile minuto i cancelli delle celle aperti dai poliziotti e i ragazzi possono uscire dal ballatoio.

Tornano i vigili del fuoco e lincendio viene spento dopo una decina di minuti, ma il fumo continuer ad uscire per pi di mezzora.

Intorno a mezzanotte tutto tornato alla sua drammatica e lugubre normalit.

Rashid uscir con il foglio di via  il 6 ottobre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FARID, tunisino.

Sbarcato a Marsala arriva al Vulpitta l11 agosto, la seconda volta.

Circa due mesi prima, infatti, era gi stato trattenuto al centro di Trapani e dopo cinquantadue giorni era stato rimpatriato.

In Tunisia, per, era rimasto solo tre giorni: aveva deciso di ripartire subito.

Farid terrorizzato dalla prospettiva di essere rimpatriato di nuovo e fa di tutto per evitarlo: si taglia, beve della candeggina, tenta di impiccarsi, si imbottisce di tranquillanti, rifiuta di mangiare.

A noi racconta della moglie morta in un incidente a Cannes e del figlio di cui non riesce ad avere pi notizie.

La mattina presto del 15 novembre gli viene chiesto di prepararsi e di prendere le proprie cose, per essere portato in ospedale.

Farid capisce: ha gi pronta una corda e tenta di impiccarsi ma non riuscir ad evitare il rimpatrio.

Stavolta torner in Tunisia dopo trentatr giorni passati al Vulpitta.

 

MOHAMMED, tunisino.

Lo chiamano Maradona e al calciatore assomiglia davvero.

In Italia ci sta da sedici anni. Lo hanno preso a Marsala dove lavora in campagna. Al Vulpitta arrivato l8 agosto. Ha fatto la richiesta di sanatoria ma gli stata rigettata perch  nel 2000 finito in carcere. Al suo datore di lavoro ha comunque pagato 1000,00 euro per il disturbo.

Nel 2000 stato anche trattenuto al c.p.t. di Agrigento.

Mohammed finisce in ospedale per unoperazione di appendicite: ci rimarr due settimane perch i punti della ferita suppurano.

Dimesso, viene riportato al Vulpitta ma continua a stare male.

Verr rimpatriato il 15 settembre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MOURAD, tunisino.

Arriva al Vulpitta la sera del 19 settembre. Noi lo incontriamo il giorno dopo.

E stato fermato ad Alcamo, in piazza. Si trovava l per cercare lavoro in campagna per la vendemmia.

Sono i suoi stessi compagni a chiederci di parlare con lui: sta proprio male, ci dicono.

E vero Mourad sta male, ha una tosse fortissima e non si regge in piedi.

Non parla bene litaliano, ma quando gli chiediamo se sa quale malattia abbia, risponde di avere la tubercolosi, cos gli ha detto un medico dellospedale civico di Palermo, dove stato ricoverato per un mese e da dove, lo sapremo dopo, scappato.

Nessuno degli altri lo vuole vicino, lo hanno costretto a sistemarsi con la branda vicino la finestra e ora minacciano di farlo dormire nel corridoio. Lui ascolta e piange.

Chiediamo di parlare con linfermiere. Vogliamo sapere se quando Mourad arrivato sia stato visitato, perch al Vulpitta, si dovrebbe entrare con un certificato che attesti un buono stato di salute.

Linfermiere ci invita a non creare inutili allarmismi e a non credere sempre a tutto ci che loro raccontano: simulano di stare male per farsi portare in ospedale o per tentare di scappare, del resto, prima di entrare al centro, si viene sottoposti a precisi controlli, ci dice.

Sia Mourad che i suoi compagni negano di avere mai fatto analisi.

La sera del 20 settembre Mourad sta malissimo: viene chiamata la guardia medica che, dopo averlo visitato, dispone che sia isolato dagli altri. Mourad passa la notte e il giorno seguente al primo piano del Vulpitta, da solo. In seguito viene condotto in ospedale, ma tutto a posto, ci dice, e ci fa vedere il foglio di via che gli hanno dato i poliziotti. Non deve tornare al Vulpitta, il suo trattenimento non stato convalidato dallautorit giudiziaria.

Sul braccio Mourad ha un piccolo quadrato nero, segno che gli stata fatta la tubercolina.

Non vuole aspettare il risultato delle analisi, torner ad Alcamo per tentare di trovare lavoro, anche se sta malissimo.

Sapremo in seguito dal medico che lo ha visitato ad Alcamo che Mourad ha davvero la tubercolosi conclamata e in fase attiva.

I poliziotti e i carabinieri di turno al Vulpitta nei giorni in cui Mourad rimasto l si sottoporranno agli accertamenti per scongiurare il contagio e anche noi.

Nessuno dei suoi compagni di cella invece verr sottoposto a controlli.

 

 

 

TAREK, tunisino, 25 anni.

Tarek stato preso a Marsala dove lavorava in campagna. Dal 6 settembre al Vulpitta.

Ha lulcera e vomita sangue, ci dice. Il medico gli ha prescritto di mangiare in bianco, ma quasi sempre gli vengono forniti gli stessi pasti degli altri.

Vuole andare in ospedale quindi, per due volte, beve shampoo e detersivi e si taglia le gambe e le braccia. E vittima di una spedizione punitiva: una mattina Najib, tunisino, che ha passato in galera 14 anni per tentato omicidio, entra nella sua cella e gli taglia la faccia per punirlo di un presunto furto.

Tarek viene rimpatriato il 20 ottobre.

 

NASIM e KALIFA.

Nasim tunisino. E arrivato al Vulpitta il 7 ottobre. E stato fermato a Mazara mentre era in macchina con tre connazionali e una ragazza minorenne. E un ex tossicodipendente, ma, ci dice, con la droga ha chiuso da tempo.

Kalifa marocchino. Esce dal carcere di Prato dove ha scontato due anni per spaccio. Al Vulpitta arrivato il 9 ottobre. E gi stato trattenuto una volta al c.p.t. di Caltanissetta e due volte al Brunelleschi di Torino, ma non mai stato identificato.

E un giornalista e in Marocco lavorava per un giornale dellopposizione, racconta. Prima di finire in carcere aveva presentato richiesta di asilo politico in Italia.

Entrambi partecipano ad uno sciopero della fame organizzato per protestare contro il cibo cattivo e le condizioni di vita allinterno del centro.

La sera del 18 ottobre Nasim viene portato in ospedale. Prima si ipotizza  un collasso dovuto al prolungato digiuno, successivamente, un malore per lassunzione di una dose massiccia di tranquillanti. Il giorno dopo il ricovero di Nasim, i reparti antidroga della polizia, con i cani, compiono una perquisizione al Vulpitta.

Nasim infatti andato in overdose di eroina.

A Kalifa verranno sequestrati un involucro contenente presumibilmente sostanza stupefacente e tre frammenti di involucro contenenti presumibilmente sostanza stupefacente

( tratto dal verbale di sequestro).

Nasim, ritornato al Vulpitta, e Kalifa verranno sottoposti per tre giorni ad interrogatorio. Nasim nei giorni seguenti andr spesso in crisi di astinenza. Kalifa finisce in carcere a Trapani per scontare un residuo di pena. Nasim, infine uscir il 22 novembre per la chiusura del Vulpitta, dopo quarantaquattro giorni di trattenimento.

 

MOKTAR, tunisino, 27 anni.

Arriva al Vulpitta il 10 ottobre dal carcere dove ha scontato una condanna per rissa.

La stessa notte del suo arrivo ha una lite con un agente perch si rifiuta di andare a dormire. Racconta di essere stato preso a calci e ci mostra i segni degli anfibi sui jeans.

Moktar diventa il capo indiscusso del settore p.s. ed organizza uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di vita al centro: nelle celle, la notte, fa troppo freddo perch non ci sono i vetri alle finestre ; a volte, quando arrivano quelli appena sbarcati e il centro gi pieno, si costretti a dormire con i materassi per terra; le docce vanno fatte la mattina prestissimo perch poi non cՏ pi acqua calda sufficiente per tutti; il cibo fornito immangiabile e quando togli la confezione emana un odore terribile.

La sera del 16 ottobre alcuni immigrati del settore p.s. capeggiati da Moktar, che erano fuori nel ballatoio per prendere un po daria, si rifiutano di rientrare nelle celle fino a quando, dicono, non otterranno risposte alle loro richieste.

Rientreranno solo dopo aver ricevuto rassicurazioni dai funzionari della questura.

Lindomani alle finestre delle celle vengono fissate lastre di plexiglass a protezione dal freddo ma quella notte stessa un forte vento le riduce in frammenti.

Alcuni giorni dopo, in seguito a un forte temporale, le celle del Vulpitta verranno completamente sommerse dallacqua.

Moktar sar rimpatriato il 17 novembre.

 

IDRISS, tunisino.

Arriva il 18 novembre dal carcere di  Trapani ma al Vulpitta cera gi stato tre mesi prima. Allora il suo trattenimento al centro si era interrotto: un giorno, infatti, Idriss accusa forti dolori al ventre e viene portato in ospedale.

Da l tenta di fuggire e aggredisce il poliziotto che gli fa la guardia. Viene fermato, processato e condannato.

Dopo aver scontato la pena ritorna al Vulpitta ma qui anche stavolta resta solo quattro giorni: la sera del 22 novembre , infatti, insieme agli altri, verr condotto con i mezzi della polizia a Palermo, e l lasciato libero con il foglio di via perch il centro chiude.

 

 

 

 

 

 

 

SABER e HABIB, iracheni.

Il 10 novembre sono stati soccorsi in mare nel Canale di Sicilia, al largo di Pantelleria da un motopeschereccio. Si trovavano su un gommone di 4 metri, senza pi viveri, acqua e carburante, erano in sei: cinque stremati dalla fatica, dalla fame e dal freddo con i primi segni di assideramento, uno morto. Raccontano di essere partiti dalla Libia e di aver viaggiato per dieci giorni, durante i quali hanno terminato il cibo e la benzina. Per giorni hanno bevuto solo acqua di mare.

Hanno passato 11 giorni in ospedale a Palermo. Uno dei loro compagni si trova ancora l per un blocco renale. Hanno le mani e i piedi gonfi, pieni di piaghe e lividi.

Usciranno il 22 novembre per la chiusura del Vulpitta.