Extracomunitari
e lavoro atipico
Michele Tiraboschi
1. Il lavoro degli extracomunitari tra
autonomia e subordinazione e i limitati spazi per ipotesi di lavoro c.d.
atipico. 2.
In particolare: lassunzione di lavoratori extracomunitari per la fornitura di
prestazioni di lavoro temporaneo. 3. Segue: lingresso in Italia per lo svolgimento di collaborazioni coordinate e
continuative e di collaborazioni occasionali.
1. Il lavoro degli extracomunitari tra autonomia e subordinazione e i limitati spazi per ipotesi di lavoro c.d. atipico.
Il Testo Unico delle Disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (D.lgs. n. 286/1998) e il
relativo regolamento di attuazione (d.P.R. n. 394/1999) prevedono due ipotesi
centrali ed assorbenti di autorizzazione al lavoro del cittadino
extracomunitario. Lart. 22 del D.lgs n. 268/1998 e lart. 30 del d.P.R. n.
394/1999 disciplinano infatti lingresso per motivi di lavoro subordinato (a
tempo indeterminato e a termine, a cui si aggiunge il caso del lavoro
stagionale oggetto di una disciplina specifica ex art. 24 D.lgs. n. 286/1998 e art. 38
d.P.R. n. 394/1999), mentre lart. 26 del D.lgs n. 268/1998 e lart. 39 del
d.P.R. n. 394/1999 disciplinano lingresso per prestazioni di lavoro autonomo
(v., rispettivamente, i saggi di Ludovico e Marando che precedono in questo
stesso fascicolo, cui adde, per un quadro della normativa vigente e delle circolari
interpretative il Dossier Immigrazione di DML on-line, a cura di Caruso B., Lo
Faro A., 2000).
Accanto a queste due ipotesi che, nella contrapposizione tra
autonomia a subordinazione tertium non datur , ben rappresentano la tradizionale
configurazione binaria delle forme giuridiche di estrinsecazione del lavoro
umano pare non esservi spazio alcuno per ipotesi intermedie o sui generis, e cio, per utilizzare una
espressione abusata quanto diffusa nella pratica, per le forme di lavoro
atipiche, che pure rappresentano uno dei profili pi caratteristici, non solo
in Italia, della evoluzione del mercato del lavoro degli ultimi decenni.
Invero, talune ipotesi particolari di ingresso per motivi di
lavoro sono elencate allart. 27 del D.lgs. n. 268/1998. Ma in questo caso la
differenziazione posta dal legislatore non in ragione dello schema negoziale
adottato dalle parti che pur sempre di lavoro subordinato quanto
piuttosto in ragione delle caratteristiche peculiari della prestazione dedotta
in contratto, che hanno reso necessaria lintroduzione di una normativa ad
hoc nel regolamento
di attuazione del Testo Unico. Solo per ricordare le ipotesi pi rilevanti, si
pensi ai traduttori e interpreti, ai lettori universitari di scambio o di madre
lingua, ai professori universitari e ricercatori, ai dirigenti o personale
altamente specializzato di societ aventi sede o filiali in Italia, ai
lavoratori marittimi, ballerini, artisti e musicisti, sportivi destinati a
svolgere prestazioni di lavoro ai sensi della l. 23 marzo 1981, n. 91,
giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in Italia e dipendenti
regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o periodici, ovvero da
emittenti radiofoniche o televisive straniere ecc.
Nellelenco di cui allart. 27 D.lgs. n. 268/1998, in
effetti, soltanto lipotesi di cui alla lett. f) potrebbe aprire qualche vago
spiraglio per la sperimentazione di forme innovative di inserimento di
cittadini extracomunitari nel mercato del lavoro, laddove si pone espresso
riferimento a persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di
formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso
datori di lavoro italiani effettuando anche prestazioni che rientrano
nell'ambito del lavoro subordinato. Potrebbe essere in effetti questo il canale per riconoscere
in un quadro generale per la formazione
professionale per gli immigrati decisamente disorganico, caratterizzato da
mancanza di progettazione, frammentazione dellofferta, discontinuit
temporali, incertezze finanziarie, (), eccessiva burocrazia (Commissione
per le politiche di integrazione degli immigrati, 2000, Appendice B al 3.1)
quantomeno la possibilit di impiego di cittadini extracomunitari mediante
contratti di apprendistato (in questa prospettiva, tra i primi, cfr. Massi E.,
1998). E in questo senso si infatti espresso lart. 40 del regolamento di
attuazione del Testo Unico sullimmigrazione (d.P.R. 394/1999), laddove, una
volta previsto che per gli stranieri di cui all'articolo 27, comma 1,
lettera f), del testo unico, l'autorizzazione al lavoro rilasciata esclusivamente
per la durata del periodo di addestramento dichiarata dal datore di lavoro, che
non pu superare il biennio,
dipone espressamente che durante tale periodo di addestramento, il
lavoratore interessato pu svolgere le prestazioni di lavoro subordinato
mediante un rapporto di tirocinio Non sempre sar tuttavia agevole contemperare i percorsi
formativi previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva per
lapprendistato in considerazione della durata delladdestramento per
lextracomunitario che, come visto, non pu superare il biennio, quando la
legislazione sullapprendistato fissa la durata massima di detto contratto in
quattro anni (cinque per lartigianato).
Lappiglio allart. 27 D.lgs. n. 268/1998, non assume invece
alcun rilievo in relazione alla disciplina dei tirocini formativi e di
orientamento, stante il disposto di cui allart. 8 del D.M. 25 marzo 1998, n.
142, di attuazione dellart. 18 l. 24 giugno 1997, n. 196, secondo cui le
disposizioni in materia di stage sono estese () ai cittadini
extracomunitari secondo principi di reciprocit e criteri e modalit da
definire mediante decreto del Ministro del lavoro e della Previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dellInterno, il Ministro della Pubblica istruzione
e della ricerca scientifica e tecnologica. Non tuttavia ancora stato attuato il
decreto di implementazione dellart. 8 D.M. 25 marzo 1998, n. 142, per cui,
nonostante da pi parti venga segnalata limportanza della integrazione tra
apprendimento teorico ed esperienza pratica nei percorsi formativi degli
extracomunitari (Commissione per le
politiche di integrazione degli immigrati, 2000, Appendice B al 3.1), pare al
momento possibile attivare convenzioni di stages di cui allarticolo 18, l. n. 196/1997
soltanto con riferimento a cittadini italiani e a cittadini di Paesi membri
della Unione Europea (contra: Pizzoli M., 2000, 43, ma con evidente confusione tra
tirocinio formativo e di orientamento e contratto di apprendistato che, sebbene
venga definito come tirocinio nel Codice Civile, a differenza dello stage un vero e proprio rapporto di
lavoro subordinato: cfr. lart. 40
d.P.R. 394/1999).
La circolare 22 febbraio 2000 del Ministero del lavoro, con
soluzione invero di dubbia praticabilit, dispone in attesa del decreto
ministeriale di attuazione dellart. 8 D.M. 25 marzo 1998, n. 142 sar lo
stesso Ministero del lavoro ad aesprimersi in merito alle istanze di
autorizzazione per tirocinio di cui allart. 27, lett f), del Testo Unico.
E dunque evidente, alla luce di questa breve rassegna, che la legislazione di regolamentazione del lavoro dei cittadini extracomunitari pare sostanzialmente inadeguata rispetto alla pi recente evoluzione di modi di lavorare e dei mercati del lavoro che da tempo sollecitano un definitivo superamento della schematica quanto oramai sterile contrapposizione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato. Losservazione della pi recente evoluzione dei mercati del lavoro mostra chiaramente che i rapporti di lavoro non solo sono meno subordinati e pi autonomi, come si rileva perfino nel lavoro dipendente, dove quanto meno cresce lautonomia di esecuzione, ma anche meno durevoli e meno uniformi, giacch lambito dei contratti di lavoro si avvia a essere pi circoscritto e pi diversificato, perfino individualizzato. Costante inoltre la crescita di forme e modalit di lavoro para-autonomo, o para-subordinato, che rendono meno rigida o meno nitida la distinzione convenzionale fra dipendenti e indipendenti (cos, per tutti, Accornero A., 2000 e, con specifico riferimento al lavoro degli immigrati, Garofalo M.G., McBritton M., 2000, 500).
I limiti della legislazione italiana nella regolamentazione del lavoro degli extracomunitari non si fermano comunque qui. Infatti, anche a prescindere dalla attualit della contrapposizione binaria tra autonomia e subordinazione, rispetto alla quale non pare ancora oggi possibile registrare una unanimit di vedute in dottrina (cfr., per un riepilogo del dibattito, Biagi M., Tiraboschi M., 1999), nessun tentativo di armonizzazione stato effettuato per rendere effettivamente fruibili talune tipologie contrattuali c.d. atipiche, da tempo riconosciute dalla nostra legislazione e che, almeno in astratto risultano fruibili per limpiego di forza lavoro extracomunitaria ([1]).
E questo in particolare il caso, che tratteremo nei
paragrafi che seguono, della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo e
delle collaborazioni coordinate e continuative. (Per quanto attiene ai profili
di criticit nellutilizzo del lavoro a tempo parziale cfr. invece il
contributo di Ludovico che precede). Ma, a ben vedere, anche lo stesso ricorso
a prestazioni di lavoro temporaneo con contratti a tempo determinato non appare
sempre praticabile, pur se formalmente ammesso dalla legge, specie laddove le
causali di utilizzo del lavoro a tempo determinato previste dalla legge e/o
dalla contrattazione collettiva ed ora, con la nuova disciplina introdotta
dallart. 1 del D.lgs. n. .., le comprovate
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo
riguardino rapporti di durata particolarmente breve e/o non preventivabile con
largo anticipo, stante la durata delle procedure di regolarizzazione del
cittadino extracomunitario (su questi aspetti cfr. Rymkevitch O., 2001).
Peraltro, anche i rari tentativi della contrattazione
collettiva di adattamento delle tipologie contrattuali esistenti, sono stati
oggetto di una serrata critica da parte di un filone dottrinale, a nostro
avviso eccessivamente formalista (Ichino P., 2000, ha parlato al riguardo di
giuristi ortodossi), che nel ricorso a tipologie contrattuali di lavoro
temporaneo ha intravisto possibili degenerazioni in senso discriminatorio. Si
pensi, in particolare, alla valorizzazione della possibilit concessa alla
contrattazione collettiva di tipizzazione, ex art. 23 l. n. 56/1987, di nuove e
ulteriori ipotesi di lavoro a tempo determinato, anche di tipo soggettivo,
realizzata dai sottoscrittori della nota intesa Milano lavoro, volta a
consentire (anche) mediante forme di lavoro temporaneo, coniugate a percorsi
formativi ad hoc,
linserimento nel mercato del lavoro milanese di cittadini extracomunitari
privi di occupazione (su questa vicenda cfr. gli interventi di Treu, Biagi e
Scarpelli apparsi sul n. 2/2000 di questa Rivista, cui adde Caruso B., 2000).
Non sorprende dunque che oggi, al di l della astratta
possibilit di ricorso a un numero significativo di tipologie contrattuali
atipiche, in ragione di un parimeti astratto riconoscimento del principio di
parit di trattamento (oltre al contributo di Ludovico in questo fascicolo cfr.
Viscomi A., 1998b e Lambertucci 1995),
i canali di accesso al mercato del lavoro italiano siano sostanzialmente
assorbiti dalle tradizionali tipologie di lavoro subordinato, con un marginale
ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale (plausibilmente nel settore
dei servizi alla persona e nelle collaborazioni domestiche) e a contratti a
contenuto formativo. I dati forniti dal Ministero del lavoro e contenuti nel Secondo
rapporto sullintegrazione degli immigrati in Italia (Commissione per le politiche di
integrazione degli immigrati, 2000, 3.1.1. Lintegrazione nel mercato
del lavoro), relativi
alle tipologie di lavoro dipendente e riportati nella tabella che segue, sono a
questo riguardo quanto mai indicativi. Al di l del giudizio di valore che si
voglia dare allintesa Milano Lavoro, si pensi, in particolare, che proprio a
Milano, e cio nella citt italiana che ha realizzato i maggiori sforzi per
ampliare le tipologie di lavoro regolare utilizzabili per limpiego di
cittadini extracomunitari (cfr. Pedersini R., 2001), si constata da qualche
anno a questa parte il permanere di un bassissimo di utilizzo dei contratti di
lavoro atipici (apprendistato, cfl, lavoro stagionale), con percentuali che a
stento raggiungono l1,5 per cento del totale, mentre quasi completamente
inutilizzato lo strumento delle collaborazioni coordinate e continuative
(Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, 2000, Appendice
A al 3.1 Il lavoro sommerso degli immigrati non regolari: lesito
dellultima regolarizzazione a Milano).
Lavoratori non UE
avviati per tipo di contratto Distribuzione percentuale
|
1991 |
1992 |
1993 |
1994 |
1995 |
1996 |
1997 |
1998 |
1999 |
Permanente |
59,6 |
62,6 |
57,5 |
52,4 |
51,1 |
36,5 |
38,2 |
37,8 |
35,9 |
A
tempo determinato |
23,3 |
19,8 |
27,9 |
32,2 |
34,3 |
54,2 |
43,9 |
46,8 |
48,7 |
A
tempo parziale |
10,3 |
13,2 |
10,4 |
11,0 |
9,8 |
3,8 |
12,1 |
10,9 |
11,3 |
Formazione
lavoro |
6,9 |
4,4 |
4,3 |
4,4 |
4,8 |
5,6 |
5,8 |
4,6 |
4,1 |
Totale |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
100,0 |
Pi difficile invece il monitoraggio delle tipologie di
lavoro autonomo, anche se lo stesso Secondo rapporto sullintegrazione degli
immigrati in Italia (Commissione
per le politiche di integrazione degli immigrati, 2000, 3.1.2. Immigrati
e lavoro indipendente)
chiaro nel segnalare che i persistenti vincoli alla possibilit di
ingresso e soggiorno per lesercizio di lavoro autonomo possono indirettamente favorire
limmigrazione irregolare, il lavoro nero e a volte anche forme gravi di
sfruttamento. Nonostante parte della dottrina abbia individuato in questa
tipologia contrattuale uno degli sbocchi lavorativi pi praticati dagli
stranieri immigrati (Garofalo M.G., McBritton M., 2000, 500), le ricerche empiriche disponibili
registrano comunque percentuali alquanto marginali di ricorso a prestazioni di
lavoro autonomo e comunque di gran lunga inferiori alla media nazionale (cfr.,
in particolare, i dati relativi alla provincia di Vicenza contenuti nel Dossier
Immigrazione 2000, in
<http://www.cestim.org>, che attestano il lavoro autonomo su percentuali di poco
superiori al 5 per cento e quelli del Dossier Statistico Immigrazione 2001
della Caritas, in
<http://www.cestim.org>, che per la citt di Roma indicano una percentuale intorno al
10 per cento).
Alla luce di questo quadro legale qui sommariamente
descritto non deve dunque neppure destare particolare sorpresa lenorme
difficolt di individuare, nella normativa attualmente vigente, adeguate
politiche attive di inserimento degli extracomunitari nel mercato del lavoro
ordinario e istituzionale, se vero che tra le tipologie tradizionali di
lavoro autonomo e subordinato e il mercato del lavoro sommerso non esistono
strumenti contrattuali intermedi in grado di canalizzare lofferta di
prestazioni di lavoro temporaneo o sui generis ai cittadini exstracomunitari. Prova ne
la circostanza che il maggiore contributo alla crescita
della occupazione regolare degli immigrati venuto dalle numerose
regolarizzazioni, che si sono via via rapidamente succedute nel corso del
tempo, dato che gli ingressi regolari per motivi di lavoro sono stati
relativamente pochi ed in gran parte con contratti stagionali (Commissione per le politiche di
integrazione degli immigrati, 2000, 3.1.1. e anche Commissione per le
politiche di integrazione degli immigrati, 1999).
Del resto, una
volta rilevato che la natura delloccupazione irregolare degli immigrati
diventata sempre pi simile a quella degli italiani, poich sono aumentati
quelli che lavorano in nero pur potendo avere unoccupazione regolare, in
quanto titolari di un permesso di soggiorno per lavoro (Commissione per le politiche di
integrazione degli immigrati, 2000, 3.1.1),
non si pu che ribaltare lopinione espressa da quanti hanno individuato
nellutilizzo di prestazioni di lavoro atipiche e temporaneo per linserimento
nel mercato del lavoro di extracomunitari uno strumento di discriminazione
indiretta. E vero semmai il contrario, visto che sono proprio i vincoli
(normativi e fattuali) alla utilizzazione di dette tipologie contrattuali a
tradursi in fattori di reale discriminazione dei cittadini extracomunitari che
risultano indubbiamente svantaggiati rispetto ai lavoratori italiani (e
comunitari) nellaccesso a occasioni di lavoro regolare (per i rapporti tra
discriminazioni nel mercato del lavoro e lavoro degli extracomunitari cfr., in
generale, Zanfrini L., 2000, 163-186, nonch, per alcuni importanti sollecitazioni
provenienti dalla esperienza del patto Milano Lavoro, Ichino P., 2000), e questo a maggior ragione se vero che la stipulazione di contratti
formativi, di apprendistato o di ingresso variamente denominati avviene il
pi delle volte mediante canali informali e reti amicali di vario genere (Lo Faro
A., 2000, 20).
Si deve peraltro
rilevare, a conclusione di queste note introduttive, che del tutto strumentale
sarebbe una linea argomentativa volta a giustificare la diffidenza del
legislatore italiano verso ipotesi di lavoro atipico in chiave preventiva
rispetto a pratiche praeter o contra legem, volte a favorire gli ingressi in Italia mediante lattivazione di
rapporti di lavoro fittizi. Premesso che il lavoro atipico, per quanto
precario o temporaneo, non un lavoro fittizio, in questa prospettiva il
legislatore avrebbe allora dovuto escludere in radice anche la stessa
possibilit di attivare contratti di lavoro a tempo determinato, quando invece
si fa oggi sempre pi strada (e non solo in Italia) lidea di gestire i flussi
di ingresso dei lavoratori extracomunitari mediante contratti di lavoro a tempo
determinato (su tale idea, oggetto di una proposta politica del nuovo Governo
che ha aperto un notevole dibattito, cfr. recentemente i rilievi di Boeri T.,
2001, che tengono conto delle principali politiche di immigrazione temporanea
adottata nei diversi ordinamenti).
Il dubbio che il rinvio operato del legislatore
italiano a tipologie di lavoro rigide e tradizionali non sia altro che il
riflesso di un pi generale calcolo di convenienze relative, recentemente
segnalato da chi ci ricorda che lalto tasso di immigrazione irregolare e
clandestina, a cui non poco contribuisce limpossibilit di ricorre a tipologie
di lavoro atipiche, finisce per alimentare il lavoro sommerso, e ci, mentre
garantisce una flessibilit di fatto dei mercati settoriali e locali del
lavoro, salvaguarda pure il sistema di welfare (cos Caruso B., 2000, 6 e gi,
diffusamente, Ambrosiani M., 1999). Ma anche se cos non fosse, pare ben
difficile non riconoscere nella disciplina attualmente vigente in modo poi
non troppo difforme dal passato (cfr. Ghezzi G., 1982 e ora Garofalo M.G.,
McBritton M., 2000, 484) una filosofia complessiva pi attenta ai profili di
sicurezza e di ordine pubblico che non alle reali logiche di funzionamento del
mercato del lavoro (italiano), quando oramai anche a livello comunitario
nellambito di una pi generale evoluzione delle politiche europee
dellimmigrazione scaturita dalla entrata in vigore del Trattato di Amsterdam
(v. larticolo di Rimkevitch che precede) si preso formalmente atto della necessit
di un insieme
coerente di politiche che promuovano lintegrazione sociale () dei gruppi e
delle singole persone sfavorite o a rischio, al fine di evitare
l'emarginazione, la diffusione del fenomeno dei lavoratori poveri e
lesclusione
(cfr. la guide line n.
8 contenuta nella Decisione
del Consiglio del 19 gennaio 2001, relativa a orientamenti per le politiche
degli Stati membri a favore dell'occupazione per il 2001). In tale prospettiva
gli Stati membri sono invitati ad attuare adeguate disposizioni per
soddisfare le esigenze delle () delle minoranze etniche e dei lavoratori
migranti in relazione al loro inserimento nel mercato del lavoro e fiss(are)
obiettivi nazionali in tal senso, tenendo conto della situazione nazionale (ivi).
Nello studio dei rapporti a dir poco problematici tra extracomunitari e lavoro atipico una prima ipotesi di rilievo rappresentata dalla possibilit dei cittadini extracomunitari di essere assunti e regolarizzati con contratti per prestazioni di lavoro temporaneo di cui allart. 3, l. 24 giugno 1997, n. 196.
Dallesame congiunto della normativa sugli
extracomunitari di cui al Testo Unico immigrazione e della disciplina sul
lavoro temporaneo non si rileva alcun espresso divieto. Sembra dunque evincersi
la piena legittimit di ipotesi di contratto di lavoro temporaneo, sia a tempo
determinato (art. 3, comma 1, lett. a) sia a tempo indeterminato (art. 3, comma
1, lett. b).
Al di l del problema teorico circa la
possibilit di classificare la fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo
allinterno dei contratti di lavoro subordinato di cui allart. 2094 cod. civ.,
eventualmente alla stregua di una forma contrattuale di lavoro dipendente c.d.
speciale (per limpostazione del problema sia consentito rinviare a Tiraboschi
M., 1999), nessuno nega che il lavoro intermittente tramite agenzia rappresenti
una ipotesi di lavoro subordinato. Di conseguenza, lidentificazione del
contratto per prestazione di lavoro temporaneo quale rapporto di lavoro
subordinato, quale che sia poi la classificazione di colta in volta
prospettata, consente di collocare lautorizzazione per lo svolgimento di
prestazioni di lavoro temporaneo allinterno dellautorizzazione al lavoro di
cui allart. 22 del D.lgs. n. 286/1998 secondo cui il datore di lavoro
italiano, o straniero regolarmente soggiornante in Italia, che intende
instaurare un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o
indeterminato con un cittadino
extracomunitario residente allestero, deve presentare allufficio periferico
del Ministero del lavoro e della Previdenza sociale competente per il luogo in
cui lattivit lavorativa dovr svolgersi (cos ha precisato lart 30, comma 1,
d.P.R. n. 394/1999) apposita richiesta di autorizzazione al lavoro, la quale
potr essere nominativa oppure, nel caso non si conosca il lavoratore
straniero, effettuata mediante le apposite liste di disponibilit, istituite
nellambito di intese o accordi bilaterali di cui allart. 21, comma 5, del
D.lgs. n. 286/1998.
Naturalmente, il discorso diverso nel
caso in cui lagenzia di lavoro temporaneo intenda avvalersi delle prestazioni
di un cittadino extracomunitario regolarmente
presente nel territorio italiano, quale che sia la causale per il soggiorno in Italia (lavoro
autonomo, formazione, ricongiungimento familiare, ecc). A questo proposito
occorre infatti ricordare che sempre possibile convertire il permesso di
soggiorno per motivi non di lavoro subordinato in un permesso di lavoro
subordinato a tempo indeterminato o a termine. Si noti, infatti, che la
possibilit di conversione del permesso di soggiorno rilasciato per motivi di
studio o formazione in un permesso per motivi di lavoro esplicitamente
prevista dallart. 6, comma 1, D.lgs. n. 286/1998 e che a norma dellart. 14,
comma 1 del d.P.R. n. 394/1999 il permesso per lavoro autonomo e per
ricongiungimento familiare consente lesercizio di lavoro subordinato previa
iscrizione nelle liste di collocamento. Il permesso per motivi di turismo pu
invece essere convertito soltanto in un permesso per lavoro autonomo, nel
rispetto delle quote annuali (circ. n. 300 del 16 marzo del Ministero degli
interni)
E chiaro dunque che il problema della
compatibilit del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo con lo status
di cittadino extracomunitario si pone esclusivamente con riferimento ai
lavoratori extracomunitari che non siano gi regolarmente presenti nel
territorio dello Stato italiano (per i problemi relativi allo spostamento degli
extracomunitari nellambito del territorio della Unione Europa v. larticolo di
Rymkevitch in questo fascicolo).
Affermata infatti la piena legittimit sul piano astratto
dellassunzione di lavoratori extracomunitari con contratto per prestazioni di
lavoro temporaneo, anche nei confronti di quei soggetti non residenti in
Italia, si deve peraltro rilevare lesistenza a livello concreto di taluni
profili di criticit, con particolare riferimento ai lavoratori assunti a tempo
determinato, che rendono di fatto problematico il ricorso a tale ipotesi di
lavoro atipico. Tali soggetti infatti, una volta scaduto il termine della
singola missione per la quale sono stati assunti dovranno con ogni
probabilit lasciare lItalia, in considerazione del fatto che il permesso di
soggiorno per motivo di lavoro a tempo determinato solitamente rilasciato per il tempo equivalente
alla durata del rapporto lavorativo. Lart. 9, comma 4, del regolamento di
attuazione di cui al d.P.R. n. 394/1999 prevede, infatti, che il rilascio
condizionato alla esibizione della documentazione o di altri elementi
occorrenti per comprovare lesigenza del soggiorno, per il tempo richiesto.
La possibilit dunque di utilizzare tali
soggetti per altre missioni verrebbe alquanto pregiudicata e, in ogni caso, non
poche sarebbero le procedure burocratiche da seguire, tali da rischiare di
paralizzare lutilizzo di detto strumento, almeno con riferimento a missioni di
breve/brevissima durata (nellordine inferiore al mese).
La piena operativit dellistituto appare
dunque garantita soltanto nella ipotesi in cui lassunzione del lavoratore
avvenga mediante contratto per prestazioni di lavoro temporaneo a tempo
indeterminato, dal momento che in tal caso, per i periodi di non effettiva
occupazione lavorativa, viene comunque garantita allo straniero la permanenza
in Italia. Per le assunzioni con contratto a termine la compatibilit
dellistituto si presenta invece alquanto problematica, a meno che non si
introducano taluni particolari accorgimenti al fine di garantire la permanenza
del lavoratore anche dopo il termine della missione.
Uno di questi potrebbe essere quello di
procedere a una serie di rinnovi del permesso di soggiorno. A tal proposito
lart. 5, comma 4, D.lgs. n. 286/1998 prevede che il rinnovo deve essere
richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui si trova almeno 30
giorni prima della scadenza ed sottoposto alla verifica delle condizioni
previste dallo stesso D.lgs. n. 286/1998. Il permesso di soggiorno rinnovato
per una durata non superiore al doppio di quella stabilita con il rilascio
iniziale. Si deve rilevare, in proposito, che una circolare del Ministero del
lavoro (circ. n. 67/2000) ha precisato che la fase di attesa del rinnovo del
permesso di soggiorno non incide
sulla regolare prosecuzione del rapporto di lavoro in corso con lo
straniero, considerati i tempi lunghi di evasione delle pratiche di rinnovo di
che trattasi, in alcune Questure.
Altra soluzione potrebbe consistere nel
prevedere, da parte della agenzia di lavoro temporaneo, la partecipazione del
lavoratore temporaneo a corsi di formazione professionale nei periodi di non
lavoro, magari indicando, quale fonte prioritaria di finanziamento, il fondo
nazionale per le politiche migratorie di cui allart. 45, D.lgs. n. 286/1998 e
allart. 58 del d.P.R. n. 394/1999.
Pi specificatamente, il cittadino
straniero potrebbe entrare in Italia per motivi di formazione, possibilit
espressamente prevista dallart 5, comma 3, del D.lgs. n. 286/1998 e svolgere
nel periodo di durata del relativo permesso di soggiorno prestazioni di lavoro
temporaneo. Lart. 14, comma 4, del d.P.R. n. 394/1999 prevede infatti che il
permesso di soggiorno per motivi di studio o formazione consente, per il
periodo di validit dello stesso, lesercizio di attivit lavorative
subordinate sia pure per un tempo non superiore a 20 ore settimanali, anche
cumulabili per cinquantadue settimane, fermo restando il limite annuale di 1040
ore.
In relazione allingresso del cittadino extracomunitario in
Italia per lo svolgimento di collaborazioni coordinate e continuative (c.d.
lavoro parasubordinato) ed occasionali, occorre premettere che non esiste
alcuna norma specifica. Sembra quindi logico ritenere che tali lavoratori
debbano rientrare nella categoria dellautorizzazione al lavoro per prestazioni
di lavoro autonomo. Tale considerazione oggi pacifica, sebbene talune
rappresentanze diplomatiche allestero tendano erroneamente ad assimilare il
lavoro parasubordinato al lavoro subordinato vero e proprio, dando cos luogo
alle procedure di cui allart. 22 del D.lgs. n. 286/1998 potrebbe tuttavia
essere radicalmente messa in discussione laddove venisse approvata una
normativa di tipizzazione del lavoro coordinato e continuativo alla stregua di
un tertium genus tra
lavoro autonomo e lavoro subordinato, secondo il noto modello delineato nel
D.D.L. Smuraglia (cfr. Biagi M., Tiraboschi M., 1999). Senza lintroduzione
di appositi accorgimenti normativi per il coordinamento con la disciplina del
lavoro dellextracomunitario, una tale regolamentazione delle collaborazioni
coordinate e continuative verrebbe di colpo a precludere lingresso in Italia
per lo svolgimento di prestazioni di lavoro parasubordinato.
Posta questa premessa, si deve ricordare che lingresso dei
lavoratori autonomi non si richiede una vera propria autorizzazione ma soltanto
una verifica dei requisiti economici (alloggio e minimo reddito) e
(eventualmente) professionali richiesti dalla legge. Pi specificamente lart.
39, comma 1, del d.P.R. n. 394/1999 prevede che chi intende svolgere in Italia
attivit per le quali richiesto il possesso di unautorizzazione o licenza o
liscrizione in apposito registro o albo, () tenuto a richiedere alla
competente autorit amministrativa, anche tramite il proprio procuratore, la
dichiarazione che non sussistono i motivi al rilascio del titolo abilitativi o
autorizzatorio, comunque denominato, osservati i criteri e le procedure
previsti per il rilascio stesso.
Per le restanti attivit, non richiedenti cio titoli, lo
straniero tenuto comunque ad acquisire presso la Camera di Commercio,
industria, artigianato e agricoltura competente per il luogo in cui lattivit
lavorativa autonoma deve essere svolta, o presso il competente Ordine
professionale, lattestazione dei parametri di riferimento riguardanti la
disponibilit delle risorse finanziarie occorrenti per lesercizio
dellattivit (art. 39, comma 2, d.P.R. n. 394/1999). Nei casi di prestazioni
per le quali non sia competente la Camera di Commercio, pu essere sufficiente
una dichiarazione di non competenza da parte della stessa Camera di Commercio.
Ottenuta la dichiarazione in questione, se lo straniero
gi in Italia con un regolare permesso di soggiorno, potr immediatamente
chiedere alla questura competente per il luogo in cui si intende esercitare
lavoro autonomo la conversione del permesso di soggiorno. A tal fine dovr
per produrre lattestazione della Direzione provinciale del lavoro che la
richiesta rientra nellambito delle quote di ingresso (vedi art. 39, comma 7,
d.P.R. n. 394/1999). Diversamente, se lo straniero si trova fuori dallItalia
(o senza permesso di soggiorno), dovr prima chiedere (tramite anche un suo
procuratore) il nulla osta provvisorio alla questura territorialmente
competente. Tale nulla osta verr posto in calce alla dichiarazione, previa
verifica che non sussistano motivi ostativi allingresso e al soggiorno nel
territorio dello stato per motivi di lavoro autonomo. Lo straniero dovr poi
presentare la dichiarazione provvista di nulla osta, alla rappresentanza
diplomatica o consolare competente al fine di ottenere il visto di ingresso per
lavoro autonomo. Infine, una volta giunto in Italia, entro 8 giorni lavorativi
dovr chiedere al questore della provincia in cui si trova il permesso di
soggiorno per lattivit lavorativa prevista dal visto di ingresso.
Al di l delle prospettive de iure condendo ricordate allinizio del paragrafo, persistono tuttavia ancora oggi talune incertezze circa lutilizzo di forza-lavoro extracomunitaria mediante contratti di collaborazione coordinata e continuativa: alcuni autori hanno infatti espresso rilevanti perplessit circa ladozione della procedura per lingresso dei lavoratori autonomi nei confronti dei lavoratori parasubordinati, sottolineando in particolare la necessit di unautorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle relative Direzioni provinciali (in questo senso cfr. Pizzoli M., 2000, 43). Il carattere del rapporto di lavoro parasubordinato strettamente legato alla presenza di un committente potrebbe infatti, almeno secondo tali indirizzo interpretativo, comportare ai fini dellingresso in Italia una richiesta di autorizzazione dello stesso committente allufficio periferico del Ministero del lavoro competente per territorio, sulla falsariga di quanto previsto per i lavoratori subordinati dallart. 22, D.lgs 286/1998. Accolta questa tesi le difficolt interpretative e conseguentemente applicative della legge sarebbero tuttavia destinate ad aumentare (invece che diminuire), posto che il parasubordinato , a tutti gli effetti, un lavoratore autonomo. Quale procedura si dovrebbe allora adottare? Quella dio cui allart. 22 o quella di cui allart. 26 D.lgs. n. 286/1998? Invero tale impostazione non ha alcun appiglio normativo diretto n indiretto, a meno che non si intenda utilizzare a questo proposito, per relationem, la disciplina previdenziale che, dal prossimo anno, assimila il parasubordinato al lavoratore subordinato a fini contributivi.
Accorsero A. (2000), Spunti per una agenda sui
cambiamenti del lavoro, in
DML, n. 2
<http://www.lex.unict.it/dml-online>.
Ambrosini M. (1999), Utili invasori, Angeli, Milano.
Biagi M., Tiraboschi M. (1999), Le proposte
legislative in materia di lavoro parasubordinato: tipizzazione di un tertium genus o codificazione
di uno Statuto
dei lavori?, in
LD, n. 4.
Boeri T. (2001), Immigrati a tempo, in Il Sole 24 Ore, 17 aprile 2001.
Caruso B. (2000), Le politiche di immigrazione
in Italia e in Europa: pi Stato e meno Mercato?, in DML on-line, Dossier n. 5 - Dottrina,
<http://www.lex.unict.it/dml-online>.
Caruso B., Lo Faro A. (2000), Il lavoro degli
immigrati, in DML
on-line, Dossier
n. 5, <http://www.lex.unict.it/dml-online>.
Commissione per le politiche di
integrazione degli immigrati (2000), Secondo rapporto sullintegrazione
degli immigrati in Italia, Roma,
30 gennaio 2001, in <http://www.affarisociali.it/> e anche in
<http://www.cestim.org>.
Commissione per le politiche di
integrazione degli immigrati (1999), Primo rapporto sullintegrazione degli
immigrati in Italia, Roma,
30 novembre 1999, in <http://www.affarisociali.it/> e anche in
<http://www.cestim.org>.
Garofalo M.G., McBritton M. (2000), Immigrazione e lavoro:
note al T.U. 25 luglio 1998, n. 286, in RGL,
483 ss.
Ghezzi G. (1982), Il lavoratore extracomunitario
in Italia: problemi giuridici e sindacali, in PD, 195 ss.
Ichino P. (2000), Voce agli esclusi, in Il Sole 24 Ore, Mercoled 2 febbraio 2000.
Lambertucci P. (1995), I lavoratori
extracomunitari immigrati: la disciplina del rapporto di lavoro e la garanzia
dei diritti, in ADL,
n. 2, 113 ss.
Lo Faro A. (2000 ma 1997), Immigrazione, lavoro,
cittadinanza: appunti per una ricerca, in DML on-line, Dossier n. 5 - Dottrina,
<http://www.lex.unict.it/dml-online>.
Pizzoli M. (2000), La disciplina del rapporto di
lavoro degli stranieri, in
GL, 41 ss.
Massi E. (1998), Cittadini extracomunitari e
disciplina del lavoro,
in DPL, 835 e
ss.
Pedersini R. (2001),
Milan employment pact assessed one year on, in
<http://www.eiro.eurofound.ie/2001/03/features/it0103278f.html>
Rymkevitch O. (2001), Contratto a termine e
assunzione di extracomunitari,
in Biagi M. (a cura di), Il nuovo lavoro a tempo determinato. Commentario al D.lgs. , Giuffr, Milano.
Tiraboschi M. (1999), Lavoro temporaneo e
somministrazione di manodopera, Giappichelli, Torino.
Viscomi A. (2000), Profili giuridici del lavoro
sommerso, in DML,
379 ss.
Viscomi A. (1998a), Prime riflessioni sulla riforma
della disciplina del lavoro immigrato extracomunitario, in LI, n. 8, 13 ss.
Viscomi A. (1998b), La legge italiana del 1998
sul lavoro immigrato extracomunitario, in Cappelletti F.A., Gaeta L. (a cura
di), Diritto del lavoro e alterit. Figure della diversit e modelli
culturali, ESI,
Napoli, 283 ss.
Zanfrini L. (2000), La
discriminazione nel mercato del lavoro, in Fondazione
Cariplo I.S.MU., Quinto rapporto sulle migrazioni 1999, Angeli,
Milano, 163 ss.
[1] A ci si aggiunga, in termini pi generali, che lesigenza di estrema flessibilit di mercati occupazionali, sempre pi volatili e temporalmente instabili male si attaglia alla procedura amministrativa di programmazione dei flussi di ingresso, che appare oltremodo complessa e, comunque, a una struttura normativa che presenta indubbi elementi di rigidit. Cos: Caruso B., 2000). In questa prospettiva cfr. anche Viscomi A., 1998a, 13 e Id., 2000, 394, che denuncia lassenza nella attuale legislazione di politiche attive di inserimento degli extracomunitari.