TRIBUNALE DI
LUCCA
RICORSO EX ART. 737 C.P.C. e EX ARTT. 700 e
669 quater C.P.C.
Il Sig. *****
nato Kano (Nigeria) il ***** domiciliato in Lucca Via del Fosso n. 170 c/o
Caritas rappresentato e difeso dall Avv. Giovanni Biagi unitamente e disgiuntamente allAvv.
Cinzia Tiziana Pedonese con domicilio eletto presso lo studio del primo sito in
Lucca Via Di Poggio n.34 giusta nomina allegata al presente atto
ESPONE
Il ricorrente
un cittadino nigeriano di religione cattolica appartenenente altres al gruppo
etnico Hausa.
Egli giunto
in Sicilia il 21.06.01 dopo aver attraversato una serie di paesi e precisamente
Niger, Algeria e Tunisia.
La ragione
della fuga dal suo paese di origine deve essere ricercata nelle persecuzioni
perpetrate a danno dei cristiani nella parte settentrionale del paese ed in
particolare nelle citt di Kano e Kaduna. La nazione, infatti, come avremo modo
di approfondire nel prosieguo essenzialmente divisa in due blocchi: i
musulmani del nord ed i cristiani del sud.
Larrivo in
Italia, a fronte dei soprusi subiti, ha coinciso con la precisa volont di inoltrare
domanda di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione
Centrale e, in tal senso, si recato presso la Questura di Lucca dove ha
rilasciato le dichiarazioni di rito.
Con
provvedimento del 17.04.03 suddetta Commissione ha rigettato la domanda considerato
che le condizioni di pericolo esposte non provengono dallAutorit costituita
nel suo Paese, che anzi risulta garantire la libert di culto, e che esulano,
pertanto, dalle previsioni di cui alla Convenzione di Ginevra.
Il
provvedimento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato consegue ad una lettura
alquanto superficiale delle motivazioni personali del ricorrente nonch della
generale situazione politica della Nigeria e, pertanto, intenzione del Sig.
*****adire codesto Ill.mo Tribunale affinch gli venga riconosciuto lo status
di rifugiato.
In subordine,
qualora a fronte delle argomentazioni il Giudice adito dovesse concludere per
la legittimit del provvedimento di diniego, si chiede sin dora al medesimo
laccertamento del diritto di asilo garantito dallart. 10 comma 3 della
Costituzione.
2) Sulla
illegittimit del provvedimento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato
ComՏ noto la Convenzione relativa allo status di
rifugiato firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata in Italia con L.
722/1954, allart. 1 lett A) n.2 definisce rifugiato colui che nel fondato
timore di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua
cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue
opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza
e non pu, o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto
Stato.
Il sistema di
tutela predisposto dalla Convenzione di Ginevra verte sul presupposto
essenziale che il richiedente sia oggetto anche solo potenziale di una persecuzione per uno dei motivi
tassativamente elencati, tra i quali,
per ci che qui rileva, la religione.
Il Sig. *****, infatti, si
rifugiato nel nostro paese a causa di persecuzioni religiose, tuttora
esistenti, nella citt di Kano dove risiedeva.
Listante come anticipato
appartiene alla fede cristiana che, nel nord della Nigeria dominato dalla fede
musulmana, costituisce una minoranza.
Qui si registrano gli scontri pi
duri in quanto viene assolutamente
limitata la costruzione di scuole e chiese cattoliche ed altres negata la
conversione dallislam al cristianesimo.
La tensione esistente tra
musulmani e cristiani ben delineata in una serie di articoli che si offrono
allattenzione di questo Ill.mo Tribunale.
Lultimo di questi, in ordine
cronologico, riguarda luccisione di un prete cristiano e di sei membri della
sua famiglia proprio nella citt
di Kano teatro di un ennesimo episodio di violenza.
La causa scatenante sembra da
ricercarsi nel tentativo di conversione di alcuni musulmani alla religione
cristiana, azione non gradita ai militanti islamici i quali avrebbero pertanto
deciso di eliminarlo.
Fatte queste doverose se pur
scarne premesse opportuno collocare il ricorrente nel quadro appena fornito.
Egli nella primavera del 2001
dovuto fuggire dalla citt di Kano a causa di alcuni scontri di stampo
religioso ivi avvenuti.
Larticolo estrapolato da The
Nigerian Observer del 20.04.2001 illuminante: La polizia nigeriana sta
attualmente ricercando il Sig. ***** per aver avuto un ruolo attivo negli
scontriSecondo il comando di polizia di Kano la scintilla che ha provocato i
disordini tra cristiani e musulmani sarebbe stata una piccola postilla nella
legislazione della Sharia. O.G.U. stato incriminato per aver chiesto
ulteriori spiegazioni sul fatto che questa legislazione sia stata introdotta in
unarea nella quale vivono contemporaneamente cristiani e musulmaniSe gli
imputati venissero arrestati, sarebbero processati e, secondo la Sharia,
condannati a morte tramite lapidazioneIl comando di Kano della polizia
nigeriana ha chiesto alla popolazione di aiutarli nella ricerca di questa
persona tramite qualunque informazione possa riguardarlo per il suo eventuale
arresto.
Questa dunque
la situazione del giovane al momento della fuga dal proprio paese.
In realt, da allora, niente
cambiato come ci ha comunicato l avvocato Faith Osadolor in una lettera in
atti del luglio scorso che non lascia spazio ad equivoci: ..Siamo
spiacenti di informarla che, contrariamente alle nostre speranze di un suo
rientro nel paese dopo le elezioni politiche, riteniamo opportuno che lei
rimanga ancora nel paese dove si trova attualmente almeno fino a quando ogni
questione legata al suo rientro non venga risolta, in ragione del fatto che il
fondamentalismo islamico sta assumendo nel paese una forte influenza
politica...
Allepoca della audizione
individuale dinanzi alla Commissione centrale il richiedente non aveva con s
la comunicazione anzidetta, n altre prove che testimoniassero la gravit della
propria condizione: nei pochi minuti a sua disposizione ha ribadito quanto
dichiarato al suo ingresso in Italia.
La Commissione,
comՏ noto, ha concluso per il diniego considerato che le condizioni di
pericolo esposte non provengono dallAutorit costituita nel suo Paese, che
anzi risulta garantire la libert di culto, e che esulano, pertanto, dalle
previsioni di cui alla Convenzione di Ginevra.
Lorgano giudicante, nel caso di specie, non avrebbe
ritenuto esauriente e fondante la deposizione del giovane nigeriano unitamente
alla documentazione in atti.
Gli elementi in conclusione non
sarebbero stati sufficienti a provare la persecuzione personale e diretta nei
confronti del ricorrente da parte delle autorit nigeriane cos come prescritto
dalla Convenzione di Ginevra ai fini di una tutela e del conseguente
riconoscimento dello status.
Le conclusioni
alle quali giunta lautorit amministrativa sono il frutto di unistruttoria
svolta con tutta probabilit in modo frettoloso e superficiale, in assenza di
una effettiva valutazione delle argomentazioni fornite dal Sig. *****.
La brevit dellincontro con la
commissione il nodo centrale di molti ricorsi avverso il diniego del
riconoscimento dello status di rifugiato.
A titolo esemplificativo si
sottolinea che nel giugno scorso il Tribunale di Siracusa ha accolto il ricorso
di un cittadino sudanese facente leva essenzialmente sulla brevit dellaudizione
(solo tre minuti) dinanzi alla Commissione centrale (si produce al riguardo
articolo del 17.06.03 dal quotidiano La Sicilia).
Ma non solo.
Particolare attenzione in questa
materia deve essere attribuita al regime probatorio poich, se in linea di
principio lonere della prova spetta al richiedente, accade spesso che questo
non sia in grado di sostenere le proprie dichiarazioni con prove documentali o
di altro genere.
In realt le ipotesi di mancanza
di prove a sostegno delle proprie istanze costituiscono la regola e non
leccezione poich nella maggioranza dei casi una persona che fugge da
persecuzioni arriva sprovvista addirittura dei propri documenti personali.
Pertanto, sebbene come detto
lonere probatorio spetti in linea di principio al richiedente, lapporto
concretamente dato allistruttoria il risultato di un impegno congiunto di
richiedente ed esaminatore: questultimo potr utilizzare tutti gli strumenti a
sua disposizione per raccogliere le prove necessarie a sostenere la domanda.
Questi principi hanno trovato
conforto negli scritti di autorevoli autori ed altres in una serie di pronunce
dei giudici amministrativi (prima dellabrogazione dellart. 5 d.l. 416/98 ad
opera dellart. 46 l. 40/98 che, ricordiamolo, ha attribuito la competenza in
materia al giudice ordinario): Lonere probatorio dovr essere assolto
compatibilmente con la pochezza di documentazione che un espatrio affrettato e
magari clandestino pu giustificare () La prova, anche indiziaria, potr
essere data a mezzo di elementi seri, precisi e concordanti, desumibili da
documenti, testimonianze, dichiarazioni anche dello stesso interessato che
consentono di ritenere, in base al comune buon senso e alle circostanze di
tempo e di luogo addotte, leffettiva sussistenza delle suddette persecuzioni
politiche (Tar Friuli Venezia Giulia, 19.05.93 n. 244; Tar Veneto, 6.3.95, n.
417).
In altra pronuncia si riconosce
che il giudizio sullesistenza dei requisiti per il riconoscimento dello
status possa raramente basarsi su accurate indagini in ordine ad affermazioni
fatte dallo straniero richiedente, essendo per lo pi forzatamente basato su
presunzioni logiche ovvero giudizi di verosimiglianza, fondati sulle stesse
dichiarazioni dellineressato (Tar Friuli Venezia Giulia, 22.12.93, n.633).
Quello che
emerge dal dato giurisprudenziale che il richiedente debba fornire quantomeno
un principio di prova della persecuzione subita, tenuto conto della
difficolt di rinvenimento di mezzi di prova a sostegno delle proprie
argomentazioni.
Le prove fornite, pertanto,
dovranno ritenersi sufficienti anche se di carattere indiziario o se collegate
a fatti notori, quali ad esempio le persecuzioni perpetrate dai musulmani nei
confronti dei cristiani nel nord della Nigeria documentate in atti.
Nel caso de quo, elemento indiziante di
innegabile valore probatorio dato dall articolo riguardante la persona del
ricorrente unitamente alla missiva dell avvocato nigeriano alla quale abbiamo
fatto riferimento.
Purtroppo, la produzione di tale
documentazione stata tardiva rispetto all adozione del provvedimento di
diniego ma questo non doveva condizionare loperato della Commissione comunque
chiamata a pronunciarsi avendo a disposizione le dichiarazioni del richiedente
ed una serie di elementi indiziari attestanti la grave situazione esistente in
Nigeria dove altamente compromesso lesercizio dei diritti e delle libert
fondamentali.
In concreto,
tuttavia, continuano a crescere le vittime della guerra di religione
soprattutto negli Stati federati del nord dove i musulmani cercano con ogni
mezzo di instaurare il codice coranico della Sharia in aperto contrasto con
il dettato costituzionale.
Per appurare
questo, sarebbe bastato aprire quegli stessi siti web e proseguire nella
lettura dei dati sulla reale e triste situazione dei cristiani residenti nel
nord.
La motivazione,
dicevamo, insufficiente: il relatore si limita a far coincidere la
persecuzione lamentata dal richiedente con il mancato esercizio del proprio
credo religioso.
Nessun accenno
ai fatti specifici posti alla base della richiesta.
Ed allora, se
lorgano giudicante ha ritenuto di essere al di fuori delle previsioni della
Convenzione di Ginevra, dobbiamo chiederci cosa debba intendersi per
persecuzione.
Lart. 1 della
richiamata Convenzione fa riferimento al concetto di persecuzione di una persona
a motivo della sua razza, della sua religione , della sua nazionalit, della
sua appartenenza ad un certo gruppo sociale e delle sue opinioni politiche.
Questo,
tuttavia, non pu e non deve essere limitato alla sola minaccia alla vita
ovvero nello stretto ambito dellincolumit personale del perseguitato e del
suo nucleo familiare: perseguire taluno significa porre in essere altre forme
di violazione dei diritti fondamentali che, in via del tutto esemplificativa,
vanno dalla interdizione a manifestare il proprio credo religioso, a gravi atti
discriminatori nei confronti degli appartenenti ad un determinato gruppo
etnico, sino a tutte le forme di repressione nei confronti di coloro che hanno
opinioni politiche contrarie alla maggioranza o di critica alla politica
dellautorit al potere.
Il Sig. *****
stato perseguitato ed tuttora ricercato nel suo paese per essersi permesso
di chiedere delucidazioni in merito allinserimento della legislazione della
Sharia di stampo ovviamente musulmano in un ambito territoriale abitato anche
da cristiani.
Nei suoi
confronti, pertanto, stata esercitata una persecuzione sotto un doppio
profilo: religioso prima e politico poi.
In conclusione
laver insistito per professare la propria religione nella precisa convinzione di
non dover rispettare una norma musulmana, si tradotto per il richiedente in
un mandato di cattura tuttora valido che, ricordiamolo, nel suo paese significa
condanna a morte.
Da qui
limportanza di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato anche alla luce della norma
di cui allrt. 19 comma 1 D.Lgs
286/98 che fissa un divieto di espulsione o di respingimento verso uno Stato
nel quale lo straniero possa essere oggetto di persecuzione nei termini della
gi ricordata Convenzione di Ginevra.
3) Sul
diritto di asilo di cui allart. 10 comma 3 Costituzione
Lo
straniero, al quale sia impedito nel suo paese leffettivo esercizio delle
libert democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto dasilo
nel territorio della Repubblica...
Alla luce delle
argomentazioni e delle considerazioni sopra esposte ritenere che il Sig.*****,
nel suo paese dorigine, sia stato ostacolato nellesercizio delle libert
democratiche riconosciute dal nostro ordinamento eufemistico.
Non si di
fronte ad una semplice compressione dei diritti sanciti dagli artt.3, 19, 21
della Costituzione, ma ad una radicale abrogazione degli stessi operata da un
sistema giuridico-culturale che presenta come anima originaria ed inscindibile
il credo islamico nellaccezione, auspicata (purtroppo), pi integralista.
Il Sig.*****ha
cercato di opporsi con la propria voce e le proprie idee allinstaurarsi di un
tale tetro e drammatico scenario rischiando di perdere
definitivamente non solo quei diritti ma a questo punto addirittura la
vita.
Non una
esagerazione retorica. Sono le aberranti ed inumane conclusioni cui un
Tribunale Islamico, nellapplicazione letterale dei dettami del Corano, pu
giungere e giunge tuttora in granparte dei paesi Islamici.
Lungi da parte
dello scrivente voler dar giudizi su sistemi culturali e giuridici (in questo
caso collimano) diversi dal nostro, ma se crediamo nei nostri principi
costituzionali doveroso impegnarsi perch vengano riconosciuti a chiunque li
vede calpestati nel proprio paese.
Si consideri
altres, che la nozione di asilo cositituzionale riconosce una tutela pi ampia
rispetto a quella di rifugio prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951;
lunica condizione per il riconoscimento del diritto di asilo costituzionale in
capo al richiedente leffettivo impedimento, nel paese dorigine,
dellesercizio delle libert democratiche garantite dalla nostra Costituzione,
anche in assenza di un pericolo specifico di persecuzione del richiedente,
richiesto, invece, per lapplicabilit della Convenzione di Ginevra.
E da
segnalare, infine, una pronuncia delle sezioni Unite della Cassazione che
sancisce limmediata precettivit dellart.10 comma 3 Cost. anche in assenza di
una legge organica di attuazione.
La Suprema
Corte, infatti, ha concluso per
limmediata applicabilit del precetto costituzionale in quanto tale norma, pur
necessitando in parte di disposizioni legislative di attuazione delinea
con sufficiente chiarezza e precisione la fattispecie che fa sorgere in capo
allo straniero il diritto di asilo, individuando nellimpedimento alleffettivo
esercizio delle libert democratiche la causa di giustificazione del diritto ed
indicando leffettivit quale criterio di accertamento della situazione
ipotizzata
(Cass.Sez.Un.n4674 del 26/5/97).
*****
ISTANZA EX
ART. 700 C.P.C.
Alla luce degli
elementi forniti e delle considerazioni svolte, si ritiene che sussistano,
inoltre, i requisisti del fumus boni juris e del periculum in mora, affinch al ricorrente possa essere
concesso il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo, in attesa della
conclusione del procedimento
introdotto dal presente atto e finalizzato al riconoscimento dello status di rifugiato.
Nel considerare esaustiva la
trattazione relativa al fumus boni juris, lo scrivente vuole invece
soffermarsi ulteriormente sul periculum in mora poich le ripercussioni che il
ricorrente potrebbe subire in forza delliniquo provvedimento della Commissione
Centrale, sono molteplici.
Innanzi tutto il Sig. *****
allo stato un immigrato irregolare (o clandestino) in quanto non solo privo di
permesso di soggiorno ma anche destinatario di un decreto prefettizio di
espulsione dal territorio dello Stato mediante accompagnamento alla frontiera
(in concreto non eseguito per
indisponibilit dei vettori) che si allega.
Egli pertanto passibile di
pena detentiva da 6 mesi a 1 anno, cos come dispone il dettato normativo.
Daltra parte, qualora ottemperasse allordine del Prefetto, sarebbe
costretto a tornare in Nigeria dove, per i motivi riportati non solo sarebbe
oggetto delle persecuzioni gi subite in passato, ma sarebbe in pericolo la sua
stessa vita.
Si ritiene pertanto che sussistano fondate ragioni, sia
in ordine al fumus boni iuris che al periculum in mora,
per il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo, nellattesa che sia
definita la causa di merito.
Il provvedimento negativo della
Commissione nonch lespulsione del ricorrente dallItalia, rendono attuale e
concreto il suo interesse ad ottenere detto permesso nelle more della
definizione del giudizio di merito, atteso che si ritiene pi che mai fondata
la possibilit che, una volta espletata una corretta attivit istruttoria,
venga riconosciuto il diritto del Sig. *****.
Vi sono peraltro dei precedenti
giurisprudenziali in cui, per casi
analoghi a quello in esame, il permesso di soggiorno stato rilasciato
temporaneamente a seguito di un ricorso ex art. 700 c.p.c..
Il Tribunale di Bologna, ad
esempio, a fronte di diniego del rilascio del permesso di soggiorno temporaneo
per la durata della procedura occorrente, ha disposto il rilascio da parte
della autorit amministrativa competente del permesso stesso al fine di assicurare
allo straniero il libero ed effettivo esercizio del diritto di promuovere e
coltivare davanti al G.O. il giudizio per il riconoscimento dello stato di
rifugiato,
sostenendo altres che loggettiva ed incontrovertibile pendenza di un
giudizio di cognizione ordinaria avente ad oggetto la controversia sul diritto
di asilo, costituisca il presupposto necessario e sufficiente per il rilascio
di un permesso di soggiorno temporaneo, valido fino alla definizione del
giudizio di merito (Tribunale di Bologna ordinanza 05.09.01).
Lo stesso Tribunale con decreto
del 29.05.02 , oltre a riconoscere la propria giurisdizione relativamente alla
domanda cautelare proposta, si pronunciato in favore del richiedente
disponendo il rilascio da parte della locale Questura di un permesso di
soggiorno per motivi umanitari valido quantomeno fino alla definizione del
procedimento di merito sul presupposto che nel caso di specie il rilascio
del permesso di soggiorno in favore del richiedente appare senzaltro
strumentale allutile esperimento dellazione promossa, che rischierebbe di
terminare in una pronuncia inutiliter data qualora costui fosse costretto a
fare ritorno nel Paese di origine.
In una pronuncia ancora pi
recente, risalente al luglio scorso,
il Tribunale di Roma Prima sezione nelle more della procedura
giurisdizionale ordinaria avente ad oggetto limpugnazione del diniego della
Commissione centrale, ha disposto
non solo il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo fino alla
definizione del giudizio ma, altres, la sospensione del provvedimento di
espulsione notificato al ricorrente.
Infine, si segnala la pronuncia
del Tar Friuli Venezia Giulia n. 53/1989 secondo cui, in base al principio
espresso dalla Convenzione di Ginevra agli artt. 31-33, il rifugiato non ancora
riconosciuto tale non pu essere sottoposto a misure restrittive, atteso che
lespulsione, ove attuata, vanificherebbe la stessa possibilit del
riconoscimento formale: questo non
sarebbe ammissibile poich lo Stato italiano pur non avendo lobbligo di
concederglielo deve quantomeno esaminare la richiesta.
Si noti comunque che la domanda
relativa allasilo ex art. 10 comma Cost., non stata vagliata dalla
Commissione Centrale in quanto di competenza del G.O.
Giova ricordare che la norma
citata non richiede, come nel caso di riconoscimento dello stato di Rifugiato,
il requisito della persecuzione personale, essendo sufficiente laccertamento
della impossibilit di esercizio delle libert democratiche a causa delle
autorit del paese di origine.
Nel caso in esame pacifico
che al Sig. *****attraverso il ricorso alla violenza stato impedito lesercizio di tali libert tra cui il
diritto a scegliere e professare una qualsivoglia religione.
Alla luce di tali
considerazioni opportuno che le suddette circostanze siano valutate, nel caso
di mancato riconoscimento dello status di rifugiato, ai fini della
concessione dellasilo ex art. 10 Cost.
Tutto ci
premesso, il Sig. ***** come sopra rappresentato difeso e domiciliato
affinch
lautorit giudiziaria in epigrafe indicata, previa audizione
dellinteressato, Voglia
accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
-
In via
cautelare:
-
disporre che
la Questura di Lucca, valutata la ricorrenza dei presupposti di cui allart.
700 c.p.c., conceda in favore del ricorrente un permesso di soggiorno
temporaneo fino alla definizione del giudizio per il riconoscimento dello status di rifugiato.
-
Nel
merito:
-
in via
principale accertare e dichiarare
lillegittimit del provvedimento n. 112378 emesso nella seduta del giorno 17/04/03 dalla Sezione 2 della Commissione
Centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato con il quale stato deciso di non riconoscere lo
status di rifugiato ai
sensi della Convenzione di Ginevra del 28/07/1951, ratificata in Italia con L.
722/54 e conseguentemente dichiararsi lo status di rifugiato ai sensi della
medesima a favore del ricorrente;
-
in via
subordinata nella denegata ipotesi in cui lautorit giudiziaria adita non
ritenesse sussistere nel caso de quo i presupposti per lapplicabilit della
Convenzione di Ginevra, accertarsi e dichiararsi il diritto del ricorrente
allasilo costituzionale sul territorio nazionale ai sensi e per gli effetti di
cui allart. 10 comma 3 Costituzione.
In via
istruttoria
Si offrono in
comunicazione i documenti richiamati nel corpo dellatto.
Il presente
ricorso, relativo allo status delle persone e trattabile in sede di volontaria
giurisdizione, soggetto, ai fini del pagamento del contributo unificato, al
versamento dellimporto pari ad . 62.
Con ossequio.
Lucca,
11.09.2003