TRIBUNALE DI LUCCA

RICORSO EX ART. 737 C.P.C. e EX ARTT. 700 e 669 quater C.P.C.

Il Sig. ***** nato Kano (Nigeria) il ***** domiciliato in Lucca Via del Fosso n. 170 c/o Caritas rappresentato e difeso dall Avv. Giovanni Biagi  unitamente e disgiuntamente allAvv. Cinzia Tiziana Pedonese con domicilio eletto presso lo studio del primo sito in Lucca Via Di Poggio n.34 giusta nomina allegata al presente atto

ESPONE

Il ricorrente un cittadino nigeriano di religione cattolica appartenenente altres al gruppo etnico Hausa.

Egli giunto in Sicilia il 21.06.01 dopo aver attraversato una serie di paesi e precisamente Niger, Algeria e Tunisia.

La ragione della fuga dal suo paese di origine deve essere ricercata nelle persecuzioni perpetrate a danno dei cristiani nella parte settentrionale del paese ed in particolare nelle citt di Kano e Kaduna. La nazione, infatti, come avremo modo di approfondire nel prosieguo essenzialmente divisa in due blocchi: i musulmani del nord ed i cristiani del sud.

Larrivo in Italia, a fronte dei soprusi subiti,   ha coinciso con la precisa volont di inoltrare domanda di riconoscimento dello status di rifugiato presso la competente Commissione Centrale e, in tal senso, si recato presso la Questura di Lucca dove ha rilasciato le dichiarazioni di rito.

Con provvedimento del 17.04.03 suddetta Commissione ha rigettato la domanda considerato che le condizioni di pericolo esposte non provengono dallAutorit costituita nel suo Paese, che anzi risulta garantire la libert di culto, e che esulano, pertanto, dalle previsioni di cui alla Convenzione di Ginevra.

Il provvedimento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato consegue ad una lettura alquanto superficiale delle motivazioni personali del ricorrente nonch della generale situazione politica della Nigeria e, pertanto, intenzione del Sig. *****adire codesto Ill.mo Tribunale affinch gli venga riconosciuto lo status di rifugiato.

In subordine, qualora a fronte delle argomentazioni il Giudice adito dovesse concludere per la legittimit del provvedimento di diniego, si chiede sin dora al medesimo laccertamento del diritto di asilo garantito dallart. 10 comma 3 della Costituzione.

Si fa richiesta affinch il giudice designato proceda alla nomina di un interprete di nazionalit inglese per fornire assistenza nel corso dellaudizione ed altres per tradurre parte della documentazione in atti.
DIRITTO
1) IN VIA PRELIMINARE sulla giurisdizione del giudice ordinario e sulla conseguente ammissibilit del ricorso in oggetto
In via preliminare occorre evidenziare che le domande oggetto del presente ricorso ovvero il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 (ratificata con L. 722/54) ed in subordine laccertamento del diritto di asilo costituzionale in capo al medesimo rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.
La Suprema Corte, infatti, con sentenza delle Sezioni Unite n. 907 del 17.12.99 (peraltro richiamata sotto forma di avvertenza a margine del provvedimento della Commissione Centrale) ha statuito che: la qualifica di rifugiato politico ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28.07.51 costituisce, come quella di avente diritto allasilo (dalla quale si distingue perch richiede quale fattore determinante un fondato timore di essere perseguitato, cio un requisito non richiesto dallart. 10 co. 3 Cost. ), una figura giuridica riconducibile alla categoria degli status e dei diritti soggettivi, con la conseguenza che tutti i provvedimenti assunti dai competenti organi hanno natura meramente dichiarativa e non costitutiva, e le controversie riguardanti il riconoscimento della posizione di rifugiato (cos come quelle sul riconoscimento del diritto di asilo) rientrano nella giurisdizione dellautorit giudiziaria ordinaria, una volta espressamente abrogato dallart.46 L. 40/98, lart. 5 d.l. n. 416/89 convertito con modificazioni nella L. 39/90 (abrogazione confermata dallart. 47 d.lgs. n. 286/98), che attribuiva al giudice amministrativo la competenza per limpugnazione del provvedimento di diniego dello status di rifugiato.
Quanto poi alla scelta di introdurre il presente giudizio con ricorso anzich con atto di citazione, nella stessa sentenza richiamata la Suprema Corte di Cassazione, sul presupposto anzidetto che la qualifica di rifugiato politico e quella di avente diritto allasilo costituiscono figure giuridiche riconducibili alla categoria degli status e dei diritti soggettivi, ha precisato che: poich proprio con riferimento ai procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone (titolo II del libro IV del c.p.c.) ma non soltanto in relazione ad essi il capo VI del medesimo libro detta la disciplina generale dei procedimenti in camera di consiglio e poich proprio lart. 737 pone la regola che tali procedimenti vadano proposti con ricorso, non par dubbio che il ricorso avanzato dinanzi al tribunale civile avverso il provvedimento negativo della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato sia stato correttamente proposto in rito...
Infine si osserva che proprio i provvedimenti relativi allo status della persona sono normalmente emessi allesito di procedimenti di volontaria giurisdizione i quali, tra laltro, si caratterizzano per limpulso sostanzialmente ufficioso con una prevalenza dei poteri del giudice e con una attenuazione dellapplicabilit delle regole generali concernenti lonere della prova.

2) Sulla illegittimit del provvedimento di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato

 ComՏ noto la Convenzione relativa allo status di rifugiato firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, ratificata in Italia con L. 722/1954, allart. 1 lett A) n.2 definisce rifugiato colui che nel fondato timore di essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non pu, o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato.

Il sistema di tutela predisposto dalla Convenzione di Ginevra verte sul presupposto essenziale che il richiedente sia oggetto anche solo potenziale  di una persecuzione per uno dei motivi tassativamente elencati, tra i quali,  per ci che qui rileva, la religione.

Il Sig. *****, infatti, si rifugiato nel nostro paese a causa di persecuzioni religiose, tuttora esistenti, nella citt di Kano dove risiedeva.

Listante come anticipato appartiene alla fede cristiana che, nel nord della Nigeria dominato dalla fede musulmana, costituisce una minoranza.

Qui si registrano gli scontri pi duri in quanto  viene assolutamente limitata la costruzione di scuole e chiese cattoliche ed altres negata la conversione dallislam al cristianesimo.

La tensione esistente tra musulmani e cristiani ben delineata in una serie di articoli che si offrono allattenzione di questo Ill.mo Tribunale.

Lultimo di questi, in ordine cronologico, riguarda luccisione di un prete cristiano e di sei membri della sua famiglia  proprio nella citt di Kano teatro di un ennesimo episodio di violenza.

La causa scatenante sembra da ricercarsi nel tentativo di conversione di alcuni musulmani alla religione cristiana, azione non gradita ai militanti islamici i quali avrebbero pertanto deciso di eliminarlo.

Fatte queste doverose se pur scarne premesse opportuno collocare il ricorrente nel quadro appena fornito.

Egli nella primavera del 2001 dovuto fuggire dalla citt di Kano a causa di alcuni scontri di stampo religioso ivi avvenuti.

Larticolo estrapolato da The Nigerian Observer del 20.04.2001 illuminante: La polizia nigeriana sta attualmente ricercando il Sig. ***** per aver avuto un ruolo attivo negli scontriSecondo il comando di polizia di Kano la scintilla che ha provocato i disordini tra cristiani e musulmani sarebbe stata una piccola postilla nella legislazione della Sharia. O.G.U. stato incriminato per aver chiesto ulteriori spiegazioni sul fatto che questa legislazione sia stata introdotta in unarea nella quale vivono contemporaneamente cristiani e musulmaniSe gli imputati venissero arrestati, sarebbero processati e, secondo la Sharia, condannati a morte tramite lapidazioneIl comando di Kano della polizia nigeriana ha chiesto alla popolazione di aiutarli nella ricerca di questa persona tramite qualunque informazione possa riguardarlo per il suo eventuale arresto.

Questa dunque la situazione del giovane al momento della fuga dal proprio paese.

In realt, da allora, niente cambiato come ci ha comunicato l avvocato Faith Osadolor in una lettera in atti del luglio scorso che non lascia spazio ad equivoci: ..Siamo spiacenti di informarla che, contrariamente alle nostre speranze di un suo rientro nel paese dopo le elezioni politiche, riteniamo opportuno che lei rimanga ancora nel paese dove si trova attualmente almeno fino a quando ogni questione legata al suo rientro non venga risolta, in ragione del fatto che il fondamentalismo islamico sta assumendo nel paese una forte influenza politica...

Allepoca della audizione individuale dinanzi alla Commissione centrale il richiedente non aveva con s la comunicazione anzidetta, n altre prove che testimoniassero la gravit della propria condizione: nei pochi minuti a sua disposizione ha ribadito quanto dichiarato al suo ingresso in Italia.

La Commissione, comՏ noto, ha concluso per il diniego considerato che le condizioni di pericolo esposte non provengono dallAutorit costituita nel suo Paese, che anzi risulta garantire la libert di culto, e che esulano, pertanto, dalle previsioni di cui alla Convenzione di Ginevra.

Lorgano giudicante,  nel caso di specie, non avrebbe ritenuto esauriente e fondante la deposizione del giovane nigeriano unitamente alla documentazione in atti.

Gli elementi in conclusione non sarebbero stati sufficienti a provare la persecuzione personale e diretta nei confronti del ricorrente da parte delle autorit nigeriane cos come prescritto dalla Convenzione di Ginevra ai fini di una tutela e del conseguente riconoscimento dello status.

Le conclusioni alle quali giunta lautorit amministrativa sono il frutto di unistruttoria svolta con tutta probabilit in modo frettoloso e superficiale, in assenza di una effettiva valutazione delle argomentazioni fornite dal Sig. *****.

La brevit dellincontro con la commissione il nodo centrale di molti ricorsi avverso il diniego del riconoscimento dello status di rifugiato.

A titolo esemplificativo si sottolinea che nel giugno scorso il Tribunale di Siracusa ha accolto il ricorso di un cittadino sudanese facente leva essenzialmente sulla brevit dellaudizione (solo tre minuti) dinanzi alla Commissione centrale (si produce al riguardo articolo del 17.06.03 dal quotidiano La Sicilia).

Ma non solo.

Particolare attenzione in questa materia deve essere attribuita al regime probatorio poich, se in linea di principio lonere della prova spetta al richiedente, accade spesso che questo non sia in grado di sostenere le proprie dichiarazioni con prove documentali o di altro genere.

In realt le ipotesi di mancanza di prove a sostegno delle proprie istanze costituiscono la regola e non leccezione poich nella maggioranza dei casi una persona che fugge da persecuzioni arriva sprovvista addirittura dei propri documenti personali.

Pertanto, sebbene come detto lonere probatorio spetti in linea di principio al richiedente, lapporto concretamente dato allistruttoria il risultato di un impegno congiunto di richiedente ed esaminatore: questultimo potr utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per raccogliere le prove necessarie a sostenere la domanda.

Questi principi hanno trovato conforto negli scritti di autorevoli autori ed altres in una serie di pronunce dei giudici amministrativi (prima dellabrogazione dellart. 5 d.l. 416/98 ad opera dellart. 46 l. 40/98 che, ricordiamolo, ha attribuito la competenza in materia al giudice ordinario): Lonere probatorio dovr essere assolto compatibilmente con la pochezza di documentazione che un espatrio affrettato e magari clandestino pu giustificare () La prova, anche indiziaria, potr essere data a mezzo di elementi seri, precisi e concordanti, desumibili da documenti, testimonianze, dichiarazioni anche dello stesso interessato che consentono di ritenere, in base al comune buon senso e alle circostanze di tempo e di luogo addotte, leffettiva sussistenza delle suddette persecuzioni politiche (Tar Friuli Venezia Giulia, 19.05.93 n. 244; Tar Veneto, 6.3.95, n. 417).

In altra pronuncia si riconosce che il giudizio sullesistenza dei requisiti per il riconoscimento dello status possa raramente basarsi su accurate indagini in ordine ad affermazioni fatte dallo straniero richiedente, essendo per lo pi forzatamente basato su presunzioni logiche ovvero giudizi di verosimiglianza, fondati sulle stesse dichiarazioni dellineressato (Tar Friuli Venezia Giulia, 22.12.93, n.633).

Quello che emerge dal dato giurisprudenziale che il richiedente debba fornire quantomeno un principio di prova della persecuzione subita, tenuto conto della difficolt di rinvenimento di mezzi di prova a sostegno delle proprie argomentazioni.

Le prove fornite, pertanto, dovranno ritenersi sufficienti anche se di carattere indiziario o se collegate a fatti notori, quali ad esempio le persecuzioni perpetrate dai musulmani nei confronti dei cristiani nel nord della Nigeria documentate in atti.

Nel caso de quo, elemento indiziante di innegabile valore probatorio dato dall articolo riguardante la persona del ricorrente unitamente alla missiva dell avvocato nigeriano alla quale abbiamo fatto riferimento.

Purtroppo, la produzione di tale documentazione stata tardiva rispetto all adozione del provvedimento di diniego ma questo non doveva condizionare loperato della Commissione comunque chiamata a pronunciarsi avendo a disposizione le dichiarazioni del richiedente ed una serie di elementi indiziari attestanti la grave situazione esistente in Nigeria dove altamente compromesso lesercizio dei diritti e delle libert fondamentali.

Il provvedimento, pertanto, deve ritenersi illegittimo poich assunto sulla base di una valutazione superficiale sulla veridicit di quanto dichiarato dal richiedente.
Prova di ci data dalla stessa motivazione del provvedimento assolutamente scarna nel contenuto e addirittura paradossale nel punto in cui afferma che il Paese del richiedente garantisce la libert di culto.
In effetti nei molti siti relativi allo Stato federale nigeriano si afferma che il governo generalmente rispetta la libert di culto e di pratica religiosa in presenza di una Costituzione che, a sua volta, proibisce di adottare una religione di Stato, bench lIslam goda di un trattamento privilegiato rispetto al cristianesimo.

In concreto, tuttavia, continuano a crescere le vittime della guerra di religione soprattutto negli Stati federati del nord dove i musulmani cercano con ogni mezzo di instaurare il codice coranico della Sharia in aperto contrasto con il dettato costituzionale.

Per appurare questo, sarebbe bastato aprire quegli stessi siti web e proseguire nella lettura dei dati sulla reale e triste situazione dei cristiani residenti nel nord.

La motivazione, dicevamo, insufficiente: il relatore si limita a far coincidere la persecuzione lamentata dal richiedente con il mancato esercizio del proprio credo religioso.

Nessun accenno ai fatti specifici posti alla base della richiesta.

Ed allora, se lorgano giudicante ha ritenuto di essere al di fuori delle previsioni della Convenzione di Ginevra, dobbiamo chiederci cosa debba intendersi per persecuzione.

Lart. 1 della richiamata Convenzione fa riferimento al concetto di persecuzione di una persona a motivo della sua razza, della sua religione , della sua nazionalit, della sua appartenenza ad un certo gruppo sociale e delle sue opinioni politiche.

Questo, tuttavia, non pu e non deve essere limitato alla sola minaccia alla vita ovvero nello stretto ambito dellincolumit personale del perseguitato e del suo nucleo familiare: perseguire taluno significa porre in essere altre forme di violazione dei diritti fondamentali che, in via del tutto esemplificativa, vanno dalla interdizione a manifestare il proprio credo religioso, a gravi atti discriminatori nei confronti degli appartenenti ad un determinato gruppo etnico, sino a tutte le forme di repressione nei confronti di coloro che hanno opinioni politiche contrarie alla maggioranza o di critica alla politica dellautorit al potere.

Il Sig. ***** stato perseguitato ed tuttora ricercato nel suo paese per essersi permesso di chiedere delucidazioni in merito allinserimento della legislazione della Sharia di stampo ovviamente musulmano in un ambito territoriale abitato anche da cristiani.

Nei suoi confronti, pertanto, stata esercitata una persecuzione sotto un doppio profilo: religioso prima e politico poi.

In conclusione laver insistito per professare la propria religione nella precisa convinzione di non dover rispettare una norma musulmana, si tradotto per il richiedente in un mandato di cattura tuttora valido che, ricordiamolo, nel suo paese significa condanna a morte.

Da qui limportanza di ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato anche alla luce della norma di cui allrt. 19 comma 1  D.Lgs 286/98 che fissa un divieto di espulsione o di respingimento verso uno Stato nel quale lo straniero possa essere oggetto di persecuzione nei termini della gi ricordata Convenzione di Ginevra.

3) Sul diritto di asilo di cui allart. 10 comma 3 Costituzione

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese leffettivo esercizio delle libert democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto dasilo nel territorio della Repubblica...

Alla luce delle argomentazioni e delle considerazioni sopra esposte ritenere che il Sig.*****, nel suo paese dorigine, sia stato ostacolato nellesercizio delle libert democratiche riconosciute dal nostro ordinamento eufemistico.

Non si di fronte ad una semplice compressione dei diritti sanciti dagli artt.3, 19, 21 della Costituzione, ma ad una radicale abrogazione degli stessi operata da un sistema giuridico-culturale che presenta come anima originaria ed inscindibile il credo islamico nellaccezione, auspicata (purtroppo), pi integralista.

Il Sig.*****ha cercato di opporsi con la propria voce e le proprie idee allinstaurarsi di un tale tetro e drammatico scenario rischiando di   perdere  definitivamente non solo quei diritti ma a questo punto addirittura la vita.

Non una esagerazione retorica. Sono le aberranti ed inumane conclusioni cui un Tribunale Islamico, nellapplicazione letterale dei dettami del Corano, pu giungere e giunge tuttora in granparte dei paesi Islamici.

Lungi da parte dello scrivente voler dar giudizi su sistemi culturali e giuridici (in questo caso collimano) diversi dal nostro, ma se crediamo nei nostri principi costituzionali doveroso impegnarsi perch vengano riconosciuti a chiunque li vede calpestati nel proprio paese.

Si consideri altres, che la nozione di asilo cositituzionale riconosce una tutela pi ampia rispetto a quella di rifugio prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951; lunica condizione per il riconoscimento del diritto di asilo costituzionale in capo al richiedente leffettivo impedimento, nel paese dorigine, dellesercizio delle libert democratiche garantite dalla nostra Costituzione, anche in assenza di un pericolo specifico di persecuzione del richiedente, richiesto, invece, per lapplicabilit della Convenzione di Ginevra.

E da segnalare, infine, una pronuncia delle sezioni Unite della Cassazione che sancisce limmediata precettivit dellart.10 comma 3 Cost. anche in assenza di una legge organica di attuazione.

La Suprema Corte,  infatti, ha concluso per limmediata applicabilit del precetto costituzionale in quanto tale norma, pur necessitando in parte di disposizioni legislative di attuazione delinea con sufficiente chiarezza e precisione la fattispecie che fa sorgere in capo allo straniero il diritto di asilo, individuando nellimpedimento alleffettivo esercizio delle libert democratiche la causa di giustificazione del diritto ed indicando leffettivit quale criterio di accertamento della situazione ipotizzata (Cass.Sez.Un.n4674 del 26/5/97).

*****

ISTANZA EX ART. 700 C.P.C.

Alla luce degli elementi forniti e delle considerazioni svolte, si ritiene che sussistano, inoltre, i requisisti del fumus boni juris e del periculum in mora, affinch al ricorrente possa essere concesso il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo, in attesa della conclusione del  procedimento introdotto dal presente atto e finalizzato al riconoscimento dello status di rifugiato.

Nel considerare esaustiva la trattazione relativa al fumus boni juris, lo scrivente vuole invece soffermarsi ulteriormente sul periculum in mora poich le ripercussioni che il ricorrente potrebbe subire in forza delliniquo provvedimento della Commissione Centrale, sono molteplici.

Innanzi tutto il Sig. ***** allo stato un immigrato irregolare (o clandestino) in quanto non solo privo di permesso di soggiorno ma anche destinatario di un decreto prefettizio di espulsione dal territorio dello Stato mediante accompagnamento alla frontiera (in concreto non eseguito per  indisponibilit dei vettori) che si allega.

Egli pertanto passibile di pena detentiva da 6 mesi a 1 anno, cos come dispone il dettato normativo.

Daltra parte, qualora ottemperasse allordine del Prefetto, sarebbe costretto a tornare in Nigeria dove, per i motivi riportati non solo sarebbe oggetto delle persecuzioni gi subite in passato, ma sarebbe in pericolo la sua stessa vita.

Si ritiene pertanto che sussistano fondate ragioni, sia in ordine al fumus boni iuris che al periculum in mora, per il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo, nellattesa che sia definita la causa di merito.

Il provvedimento negativo della Commissione nonch lespulsione del ricorrente dallItalia, rendono attuale e concreto il suo interesse ad ottenere detto permesso nelle more della definizione del giudizio di merito, atteso che si ritiene pi che mai fondata la possibilit che, una volta espletata una corretta attivit istruttoria, venga riconosciuto il diritto del Sig. *****.

Vi sono peraltro dei precedenti giurisprudenziali in cui,  per casi analoghi a quello in esame, il permesso di soggiorno stato rilasciato temporaneamente a seguito di un ricorso ex art. 700 c.p.c..

Il Tribunale di Bologna, ad esempio, a fronte di diniego del rilascio del permesso di soggiorno temporaneo per la durata della procedura occorrente, ha disposto il rilascio da parte della autorit amministrativa competente del permesso stesso al fine di assicurare allo straniero il libero ed effettivo esercizio del diritto di promuovere e coltivare davanti al G.O. il giudizio per il riconoscimento dello stato di rifugiato, sostenendo altres che loggettiva ed incontrovertibile pendenza di un giudizio di cognizione ordinaria avente ad oggetto la controversia sul diritto di asilo, costituisca il presupposto necessario e sufficiente per il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo, valido fino alla definizione del giudizio di merito (Tribunale di Bologna ordinanza 05.09.01).

Lo stesso Tribunale con decreto del 29.05.02 , oltre a riconoscere la propria giurisdizione relativamente alla domanda cautelare proposta, si pronunciato in favore del richiedente disponendo il rilascio da parte della locale Questura di un permesso di soggiorno per motivi umanitari valido quantomeno fino alla definizione del procedimento di merito sul presupposto che nel caso di specie il rilascio del permesso di soggiorno in favore del richiedente appare senzaltro strumentale allutile esperimento dellazione promossa, che rischierebbe di terminare in una pronuncia inutiliter data qualora costui fosse costretto a fare ritorno nel Paese di origine.

In una pronuncia ancora pi recente, risalente al luglio scorso,  il Tribunale di Roma Prima sezione nelle more della procedura giurisdizionale ordinaria avente ad oggetto limpugnazione del diniego della Commissione centrale,  ha disposto non solo il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo fino alla definizione del giudizio ma, altres, la sospensione del provvedimento di espulsione notificato al ricorrente.

Infine, si segnala la pronuncia del Tar Friuli Venezia Giulia n. 53/1989 secondo cui, in base al principio espresso dalla Convenzione di Ginevra agli artt. 31-33, il rifugiato non ancora riconosciuto tale non pu essere sottoposto a misure restrittive, atteso che lespulsione, ove attuata, vanificherebbe la stessa possibilit del riconoscimento formale: questo  non sarebbe ammissibile poich lo Stato italiano pur non avendo lobbligo di concederglielo deve quantomeno esaminare la richiesta.

Si noti comunque che la domanda relativa allasilo ex art. 10 comma Cost., non stata vagliata dalla Commissione Centrale in quanto di competenza del G.O.

Giova ricordare che la norma citata non richiede, come nel caso di riconoscimento dello stato di Rifugiato, il requisito della persecuzione personale, essendo sufficiente laccertamento della impossibilit di esercizio delle libert democratiche a causa delle autorit del paese di origine.

Nel caso in esame pacifico che al Sig. *****attraverso il ricorso alla violenza  stato impedito lesercizio di tali libert tra cui il diritto a scegliere e professare una qualsivoglia religione.

Alla luce di tali considerazioni opportuno che le suddette circostanze siano valutate, nel caso di mancato riconoscimento dello status di rifugiato, ai fini della concessione dellasilo ex art. 10 Cost.

Tutto ci premesso, il Sig. ***** come sopra rappresentato difeso e domiciliato

RICORRE

affinch lautorit giudiziaria in epigrafe indicata, previa audizione dellinteressato,  Voglia accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

-               In via cautelare:

-               disporre che la Questura di Lucca, valutata la ricorrenza dei presupposti di cui allart. 700 c.p.c., conceda in favore del ricorrente un permesso di soggiorno temporaneo fino alla definizione del giudizio per il riconoscimento dello status di rifugiato.

-               Nel merito:

-               in via principale accertare e dichiarare  lillegittimit del provvedimento n. 112378 emesso nella seduta del giorno 17/04/03 dalla Sezione 2 della Commissione Centrale per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato con il quale stato deciso di non riconoscere lo status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28/07/1951, ratificata in Italia con L. 722/54 e conseguentemente dichiararsi lo status di rifugiato ai sensi della medesima a favore del ricorrente;

-               in via subordinata nella denegata ipotesi in cui lautorit giudiziaria adita non ritenesse sussistere nel caso de quo i presupposti per lapplicabilit della Convenzione di Ginevra, accertarsi e dichiararsi il diritto del ricorrente allasilo costituzionale sul territorio nazionale ai sensi e per gli effetti di cui allart. 10 comma 3 Costituzione.

In via istruttoria

Si offrono in comunicazione i documenti richiamati nel corpo dellatto.

Il presente ricorso, relativo allo status delle persone e trattabile in sede di volontaria giurisdizione, soggetto, ai fini del pagamento del contributo unificato, al versamento dellimporto pari ad . 62.

Con ossequio.

Lucca, 11.09.2003

Avv. Giovanni Biagi
 
Avv. Cinzia Tiziana Pedonese