SENTENZA N. 5
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimit costituzionale dellart. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dallart. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), promossi con ordinanze del 29 novembre 2002 dal Tribunale di Ferrara e del 14 gennaio 2003 (n. 5 ordd.) dal Tribunale di Torino rispettivamente iscritte ai nn. 99, 184, 185, 186, 187 e 248 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 11, 15 e 19, prima serie speciale, dellanno 2003.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 2003 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto in fatto
1.1. Con ordinanza emessa il 29
novembre 2002 il Tribunale di Ferrara ha sollevato, in riferimento agli artt.
24 e 25 della Costituzione, questione di legittimit costituzionale dellart.
14, comma 5-ter, del
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dellimmigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), aggiunto dallart. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189
(Modifiche alla normativa in materia di immigrazione e di asilo), nella parte
in cui punisce con larresto da sei mesi ad un anno lo straniero che, senza
giustificato motivo, si trattiene nel territorio dello Stato in violazione
dellordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis del medesimo articolo.
Il giudice a quo premette, in punto di fatto, di essere
investito del processo penale nei confronti di quattro stranieri
extracomunitari, imputati del reato di cui allart. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 per essersi
trattenuti, senza giustificato motivo, nel territorio dello Stato in violazione
dellordine, ad essi impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis dello stesso articolo, di lasciare detto
territorio entro il termine di cinque giorni.
Ad avviso del rimettente, la norma
impugnata violerebbe il principio di tassativit della fattispecie penale
sancito dallart. 25 Cost., in quanto la formula senza giustificato motivo,
che descrive uno degli elementi costitutivi dellipotesi criminosa contestata,
risulterebbe talmente indeterminata da rimettere, in sostanza, allarbitrio
dellinterprete lidentificazione del comportamento incriminato.
Il legislatore penale, in effetti,
potrebbe far ricorso ad espressioni indicative di comuni esperienze o a
termini presi dal linguaggio comunemente usato, giacch il principio di
legalit stabilito dallart. 25, secondo comma, Cost. non imporrebbe in ogni
caso una rigorosa descrizione del fatto, ma con il limite che il contenuto
precettivo della norma penale resti comunque comprensibile sulla base
dellinterpretazione della disciplina specifica ed in relazione ai fini che la
legge si propone. Nella specie, per contro, il significato della locuzione
senza giustificato motivo non sarebbe in alcun modo desumibile n
dallarticolo denunciato e dalla disciplina in cui esso si iscrive, n dalle
finalit che la disciplina stessa si prefigge. Se, infatti, lobiettivo
perseguito la tutela dellordine pubblico ed il rafforzamento dellordine di
espulsione, da ci solo non si potrebbe dedurre quando ricorra un giustificato
motivo di permanenza dello straniero espulso, posto che il raffronto con beni
costituzionali che riguardano anche lo straniero quali il diritto alla vita,
alla salute, alla famiglia o al lavoro offrirebbe ipotesi interpretative
talmente ampie da non potersi porre come argine ermeneutico.
Sotto tale aspetto, sarebbe
significativo il raffronto della norma incriminatrice denunciata con quella di
cui allart. 4, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme
integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle
munizioni e degli esplosivi), nella quale lespressione senza giustificato
motivo parimenti compare, relativamente allipotesi del porto fuori della
propria abitazione di strumenti da punta o da taglio, o comunque atti ad
offendere. In questultimo caso, difatti, dal contesto stesso della
disposizione incriminatrice sarebbe desumibile che il giustificato motivo
deve essere tale da escludere la finalit di offesa alla persona, tenuto conto
delle circostanze di tempo e di luogo in cui il porto dello strumento avviene.
La norma impugnata si porrebbe in
contrasto anche con il diritto di difesa, sancito dallart. 24, secondo comma,
Cost.: essa riverserebbe, difatti, sullo straniero destinatario dellordine di
allontanamento arrestato obbligatoriamente (ex art. 14, comma 5-quinquies, del d.lgs. n. 286 del 1998) in quanto si
trovi nel territorio nazionale lonere di dare giustificazione della propria
permanenza, senza peraltro che egli sia in grado di conoscere cosa possa
giustificarla e quindi di addurre prove, proprio per lindeterminatezza della
fattispecie.
La questione sarebbe rilevante,
infine, nel giudizio a quo,
in quanto, per poter fare applicazione della norma incriminatrice in parola, il
giudice dovrebbe, in ogni caso, preventivamente stabilirne la portata
precettiva: e ci indipendentemente dal fatto che gli imputati abbiano o meno
addotto un motivo di permanenza (nel caso di specie, non aver trovato lavoro
nei tempi ristretti concessi dalla legge).
1.2. Nel giudizio di
costituzionalit intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto
che la questione sia dichiarata non fondata.
Ad avviso della difesa erariale,
largomento di fondo che sostiene lordinanza di rimessione non sarebbe
convincente, avendo il legislatore stabilito, anche se con distinti
provvedimenti, in quali ipotesi il diritto al lavoro ed alla famiglia
giustifichi la presenza dello straniero extracomunitario nel territorio dello
Stato.
Non sarebbe dunque corretto
affermare che la norma in esame, anche alla luce del generale contesto
normativo, non consenta al giudice lordinaria funzione interpretativa e
allimputato la propria difesa: e ci senza considerare che come lo stesso
rimettente ricorda lutilizzazione nel precetto penale di espressioni
indicative di comuni esperienze, o di termini presi dal linguaggio comune,
stata ritenuta pi volte compatibile con i precetti costituzionali.
2.1. Con ordinanza emessa il 14
gennaio 2003, nel corso di un processo penale nei confronti di uno straniero
extracomunitario parimenti imputato del reato di trattenimento senza
giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dellordine del
questore, il Tribunale di Torino ha sollevato questione di legittimit
costituzionale del medesimo art. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 in riferimento agli artt.
2, 3, 27 e 97 della Costituzione.
Il rimettente osserva come, alla
stregua delliter
amministrativo prefigurato per le ipotesi considerate, lordine del questore di
lasciare il territorio dello Stato, penalmente sanzionato dalla norma
impugnata, venga impartito quando siano decorsi sessanta giorni senza che sia
stato possibile eseguire il provvedimento di espulsione dello straniero: in
sostanza, ove non si possa trattenere lo straniero presso un centro di
permanenza temporanea e non si sia riusciti per i pi diversi motivi (quali
limpossibilit di munire linteressato di valido documento, o la mancanza di
disponibilit economiche per dotare tutti i destinatari della norma di
biglietto di viaggio) ad eseguire lespulsione, ci si affiderebbe alla buona
volont dellextracomunitario, punendolo peraltro con sanzione penale qualora
disattenda lordine di allontanamento. Nella pratica operativa, daltra parte
prosegue il giudice a quo
quella che dovrebbe costituire leccezione sarebbe divenuta la regola, non
tentandosi neppure, nella generalit di casi, di procedere preliminarmente
allespulsione con mezzi dello Stato.
In tale prospettiva, la norma
impugnata violerebbe, quindi, gli artt. 2, 3, 27 e 97 Cost., sotto i profili,
rispettivamente, della mancanza di solidariet sociale ed economica, della
disparit di trattamento, dellintroduzione di casi di responsabilit oggettiva
e del contrasto con il principio di buon andamento della pubblica
amministrazione.
La condotta imposta allo
straniero, infatti, risulterebbe in concreto inesigibile, richiedendosi in
pratica ad un soggetto che normalmente versa in condizioni di indigenza di
munirsi di biglietto di viaggio e di documenti nel termine di soli cinque
giorni, quando nemmeno lo Stato, in un termine assai pi ampio e con la
possibilit, almeno teorica, di superare tutta una serie di barriere
burocratiche, riuscito a dare esecuzione al precetto. Risulterebbe
introdotta, in tal modo, in violazione dellart. 27, primo comma, Cost., una
ipotesi di responsabilit oggettiva: lo straniero che, nonostante tutto,
volesse eseguire lordine per non incorrere nella sanzione penale, non avrebbe
altro mezzo che quello di commettere ulteriori illeciti, quali lattraversare
Stati confinanti regolati dal trattato di Schengen senza documenti o
approfittare clandestinamente di un vettore.
Daltro canto, se la norma dovesse
essere intesa nel senso che lo straniero, una volta arrestato, pu utilmente
dimostrare al giudice di essersi trovato nellimpossibilit di eseguire lordine,
per un verso il precetto si svuoterebbe di contenuto, risultando detta
situazione di impossibilit assolutamente comune; e, per un altro verso, si
verrebbe a sancire unirragionevole inversione dellonere della prova a carico
dellimputato.
Lattuazione della norma in esame,
da ultimo, sarebbe fonte in contrasto con il principio di cui allart. 97,
primo comma, Cost. di un rilevante aggravio per gli uffici giudiziari, con i
connessi costi attinenti allassistenza giudiziaria, al traduttore ed alle
scorte.
2.2. Nel giudizio di
costituzionalit intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, il quale ha
chiesto che la questione sia dichiarata non fondata, riportandosi alle difese
gi spiegate in rapporto ad analoghe questioni.
3.1. La disposizione di cui
allart. 14, comma 5-ter,
del d.lgs. n. 286 del 1998 stata ulteriormente sottoposta a scrutinio di
costituzionalit, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 24, secondo
comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino con quattro ordinanze di
identico tenore, emesse il 14 gennaio 2003 nellambito di altrettanti processi
penali nei confronti di persone imputate del reato previsto dalla norma
impugnata.
Il giudice a quo premette che alla stregua della vigente
disciplina legislativa dellespulsione dello straniero, a seguito delle modifiche apportate al
d.lgs. n. 286 del 1998 dalla legge n. 189 del 2002; e prescindendo da prassi
operative con essa contrastanti, che pure il rimettente assume diffuse
lespulsione amministrativa disposta dal prefetto deve essere sempre eseguita
dal questore tramite accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza
pubblica, ad eccezione del caso in cui il provvedimento consegua alla scadenza
da pi di sessanta giorni del permesso di soggiorno dello straniero, senza che
ne sia stato chiesto il rinnovo (art. 13, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 286 del
1998).
Il comma 1 del successivo art. 14
prevede, peraltro, in via di eccezione a tale regola, che quando non
possibile eseguire con immediatezza lespulsione perch occorre procedere al
soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari sulla sua identit o
nazionalit, o allacquisizione di documenti di viaggio; ovvero per lindisponibilit
di un vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo il questore dispone che lo
straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro
di permanenza temporanea e assistenza pi vicino, tra quelli individuati o
costituiti con apposito decreto ministeriale.
Il comma 5-bis del medesimo art. 14 introduce, a sua volta,
uneccezione alleccezione, stabilendo che quando non sia stato possibile
trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano
trascorsi i termini massimi di permanenza suscettibili di arrivare sino a
sessanta giorni senza che lespulsione sia stata eseguita, il questore ordina
con provvedimento scritto allo straniero di lasciare il territorio dello Stato
entro il termine di cinque giorni.
A tale disposizione si correla la
norma sanzionatoria di cui al comma 5-ter dellart. 14, oggetto di censura, in forza della
quale lo straniero che, senza giustificato motivo, si trattiene nel territorio
dello Stato in violazione dellordine del questore punito con larresto da
sei mesi ad un anno.
Ad avviso del rimettente, la
fattispecie penale cos delineata fattispecie che, quantunque la condotta
incriminata venga descritta in forma apparentemente commissiva (si
trattiene), ha in realt carattere omissivo, concretandosi propriamente nella
mancata ottemperanza allordine di allontanamento risulterebbe carente di
determinatezza. Se, infatti, alla stregua delle previsioni di legge, lordine
di allontanamento viene impartito solo in quanto vi siano difficolt tali da
impedire laccompagnamento alla frontiera difficolt a fronte delle quali o
non si interviene affatto, per limpossibilit di trattenere lo straniero in un
centro di permanenza; o non si procede allespulsione, pur dopo averlo trattenuto
per il tempo consentito (il che implica che le difficolt permangano) non si
comprenderebbe quale condotta dovrebbe tenere nei cinque giorni successivi il
destinatario dellordine, il quale versa nella stessa situazione di grave
difficolt presupposta dalla norma (per mancanza di documenti di riconoscimento
o di viaggio, di denaro, o per analoghe ragioni), onde evitare di incorrere
nella sanzione penale.
In tal ottica, il precetto penale
censurato risulterebbe persino pi generico di quello dellart. 7-bis, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1989,
n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei
cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari
ed apolidi gi presenti nel territorio dello Stato), convertito, con
modificazioni, in legge 28 febbraio 1990, n. 39 aggiunto dallart. 8 del
decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di trattamento
penitenziario, nonch sullespulsione dei cittadini stranieri), convertito, con
modificazioni, in legge 12 agosto 1993, n. 296 il quale puniva lo straniero
che non si adoperasse per ottenere dalla competente autorit diplomatica o
consolare il rilascio del documento di viaggio occorrente per lesecuzione del
provvedimento di espulsione: norma dichiarata incostituzionale da questa Corte
con sentenza n.
34 del 1995 per violazione del principio di legalit di cui al secondo
comma dellart. 25 Cost., sul rilievo che neppure la valorizzazione
dellelemento finalistico ( per ottenere il rilascio del documento)
risultava nella specie idonea a delimitare e specificare la condotta
delladoperarsi, dato che la natura omissiva del reato non consentiva di
prestabilire una relazione causale tra condotta e finalit.
La diversa tecnica descrittiva
seguita dal legislatore nellipotesi oggi in esame consistente
nellindividuare la condotta repressa non pi nellomissione di un
comportamento finalizzato ad uno scopo, ma direttamente nel risultato finale
che si intende evitare (si trattiene), con indicazione di un preciso termine
di adempimento (cinque giorni) non avrebbe peraltro superato il problema, ma
lo avrebbe anzi aggravato: giacch nella vecchia disposizione, ancorch in modo
indeterminato, era comunque stabilito che ci si dovesse adoperare per ottenere
il documento occorrente per lespulsione; nellattuale situazione, invece, non
si riuscirebbe neppure a capire che cosa si richieda allo straniero, per uscire
dalla descritta situazione di grave difficolt ed evitare di trattenersi nel
territorio dello Stato oltre il termine stabilito.
A rendere lodierna fattispecie
diversa da quella cancellata dalla sentenza n. 34 del
1995 non varrebbe, daltro canto, neanche la previsione della non
punibilit del fatto commesso in presenza di un giustificato motivo: e ci
per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, dovrebbe escludersi che il
giustificato motivo possa coincidere con quelle stesse difficolt che hanno
indotto il legislatore a prevedere una modalit di esecuzione dellespulsione
diversa dallaccompagnamento alla frontiera e, quindi, lintimazione stessa del
questore, posto che, in una simile prospettiva, la norma finirebbe per perdere
ogni significato. Ma se il giustificato motivo deve essere cercato in ragioni
diverse da quelle poste a base dellordine del questore, diventerebbe difficile
individuare situazioni idonee ad evitare la sanzione e, in ogni caso, esse
avrebbero unincidenza concreta del tutto marginale. In secondo luogo, poi, il
giustificato motivo, non essendo un requisito attinente alla condotta
incriminata, non potrebbe comunque valere a renderla meno indeterminata: tanto
pi che non risulterebbe neppure ben chiaro a quali situazioni esso faccia
riferimento.
Anche qualora, peraltro, si
volesse adottare una interpretazione diversa ed allargata del concetto di
giustificato motivo, tale da ricomprendere in esso le difficolt esecutive
che stanno alla base dellordine del questore, la norma impugnata resterebbe
ugualmente lesiva dei principi costituzionali. Infatti, da un lato, la polizia
operante non sarebbe tenuta, n qualificata per verificare al momento
dellarresto lesistenza del giustificato motivo, con evidenti riflessi
negativi sulla libert personale dellinteressato; e, dallaltro lato, si
verificherebbe una pericolosa inversione dellonere della prova, in
violazione del diritto di difesa consacrato nellart. 24, secondo comma, Cost.:
violazione che questa Corte aveva pure ravvisato nella citata sentenza n. 34 del
1995, in rapporto allart. 7-bis del decreto-legge n. 416 del 1989. Nella specie,
difatti, pur a fronte del mutamento del tipo di prova che dovrebbe essere
offerta dallo straniero dovendo egli dimostrare, non pi di essersi
adoperato, bens di essersi trattenuto nel territorio dello Stato per un
giustificato motivo si determinerebbe ugualmente la situazione che questa
Corte aveva in precedenza censurato, con analoghe incertezze nel prevedere in
anticipo quale possa essere la prova sufficiente a far ritenere soddisfatto il
precetto.
3.2. intervenuto, in tutti i
giudizi costituzionalit introdotti dalle ordinanze da ultimo indicate, il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura
generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata non
fondata, riportandosi alle difese svolte in rapporto ad analoghe questioni.
Considerato
in diritto
1.1. Il Tribunale di Ferrara ed
il Tribunale di Torino questultimo con cinque distinte ordinanze dubitano
della legittimit costituzionale dellart. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dallart. 13, comma 1,
della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche alla normativa in materia di
immigrazione e di asilo), il quale punisce con larresto da sei mesi ad un anno
lo straniero che senza giustificato motivo si trattiene nel territorio dello
Stato in violazione dellordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis del medesimo articolo. Poich le ordinanze
propongono questioni identiche o connesse, i relativi giudizi vanno riuniti per
essere definiti con ununica decisione.
1.2. Lordinanza del Tribunale
di Ferrara si incentra sulla formula senza giustificato motivo, utilizzata
nella descrizione della fattispecie criminosa: formula che ad avviso del
rimettente per la sua assoluta indeterminatezza, rimetterebbe di fatto
allarbitrio dellinterprete lidentificazione del comportamento incriminato,
ponendo cos la norma impugnata in contrasto con il principio di tassativit
della fattispecie penale, sancito dallart. 25 Cost.
La facolt, che pur compete al
legislatore penale, di ricorrere ad espressioni indicative di comuni esperienze
o a termini tratti dal linguaggio corrente, i quali non implichino una
descrizione rigorosa del fatto, troverebbe infatti un limite nellesigenza
che il contenuto precettivo della norma penale resti comunque comprensibile
alla luce della disciplina complessiva della materia e dei fini che la legge si
propone. Nella specie, viceversa, il significato della locuzione senza
giustificato motivo non sarebbe in alcun modo ricavabile con i predetti
criteri: giacch se lobiettivo perseguito la tutela dellordine pubblico ed
il rafforzamento del provvedimento di espulsione, da ci solo non si potrebbe
dedurre quando ricorra un giustificato motivo di permanenza dello straniero,
posto che il riferimento a beni costituzionali riguardanti anche questultimo
quali il diritto alla vita, alla salute, alla famiglia o al lavoro offrirebbe
ipotesi interpretative talmente ampie da non poter costituire un serio argine
ermeneutico.
Ne deriverebbe anche una
violazione del diritto di difesa, in quanto la norma impugnata riverserebbe
sullo straniero, destinatario dellordine, lonere di giustificare la propria
permanenza nel territorio dello Stato, senza che egli sia in grado di
comprendere proprio per lindeterminatezza della fattispecie quale sia la
giustificazione idonea e conseguentemente di addurre prove.
1.3. Le cinque ordinanze del
Tribunale di Torino muovono, invece, da una ricognizione preliminare dei
presupposti dellordine del questore, la cui inosservanza integra il reato.
Esse pongono segnatamente laccento sul fatto che, alla stregua della vigente
disciplina legislativa dellespulsione dello straniero, a seguito delle
modifiche apportate al d.lgs. n. 286 del 1998 dalla legge n. 189 del 2002 e
prescindendo da prassi operative con essa contrastanti, che si assumono
peraltro diffuse lordine in parola viene impartito allorch sussistono
specifiche situazioni ostative allaccompagnamento dello straniero alla
frontiera a mezzo della forza pubblica: accompagnamento che costituisce la
modalit ordinaria di esecuzione dellespulsione amministrativa, fatta
eccezione per lipotesi in cui il provvedimento consegua alla scadenza da pi
di sessanta giorni del permesso di soggiorno senza che ne sia stato chiesto il
rinnovo (art. 13, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 286 del 1998). Pi precisamente,
in presenza di dette situazioni legate in particolare allesigenza di
prestare soccorso allo straniero; o a quella di effettuare accertamenti
supplementari sulla sua identit o nazionalit; ovvero allacquisizione dei
documenti per il viaggio; o alla indisponibilit di un vettore o altro idoneo
mezzo di trasporto il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il
tempo strettamente necessario presso il pi vicino centro di permanenza e
assistenza temporanea (art. 14, comma 1): e solo in ultima istanza ossia
quando il trattenimento non sia possibile; o siano spirati i termini massimi di
permanenza (che possono arrivare sino a sessanta giorni) senza che lespulsione
sia stata eseguita egli ordina con provvedimento scritto allo straniero di
lasciare il territorio dello Stato entro cinque giorni (art. 14, comma 5-bis).
A fronte di tale scansione
normativa delliter
dellespulsione, la prima delle ordinanze del Tribunale di Torino ritiene che
la disposizione impugnata violi gli artt. 2, 3, 27 e 97 Cost., sotto i profili,
rispettivamente, della mancanza di solidariet sociale ed economica, della
disparit di trattamento, dellintroduzione di casi di responsabilit oggettiva
e del contrasto con il principio di buon andamento della pubblica
amministrazione. La condotta imposta allo straniero sotto comminatoria di
sanzione penale risulterebbe difatti inesigibile, in quanto si richiederebbe
ad un soggetto che normalmente versa in condizioni di indigenza di munirsi di
biglietto e di documenti di viaggio in soli cinque giorni, quando nemmeno lo
Stato, in un termine assai pi ampio e fruendo di ben maggiori mezzi,
riuscito ad ottemperare al precetto. Si sarebbe configurata, cos, una
ipotesi di responsabilit oggettiva, dato che lo straniero che volesse eseguire
lordine non avrebbe altro mezzo che quello di commettere ulteriori illeciti
(attraversare Stati confinanti senza documenti, approfittare clandestinamente
di un vettore): dovendosi invero escludere che egli possa evitare la sanzione
penale dimostrando di essersi trovato nellimpossibilit di ottemperare (in
forme lecite) allintimazione, giacch, ove la norma fosse cos intesa, da un
lato, il precetto si svuoterebbe di contenuto essendo detta situazione di
impossibilit la regola e, dallaltro lato, si verrebbe a sancire unirragionevole
inversione dellonere della prova a carico dellimputato.
In pari tempo, la previsione
punitiva censurata sarebbe fonte di rilevante aggravio per gli uffici
giudiziari, anche sul piano dei costi, in contrasto con il principio espresso
dallart. 97, primo comma, Cost.
1.4. Le altre quattro ordinanze
del medesimo Tribunale, di identico tenore, ravvisano invece, nellassetto
considerato, una violazione del principio di determinatezza della fattispecie
penale, di cui allart. 25, secondo comma, Cost., assumendo che se lordine di
allontanamento viene impartito solo quando vi siano difficolt tali da impedire
laccompagnamento alla frontiera, non si comprenderebbe quale condotta debba
tenere nei cinque giorni successivi il destinatario che versa nella stessa
situazione di difficolt presupposta dalla norma onde non incorrere nella
sanzione penale. La disposizione censurata risulterebbe, sotto questo aspetto,
persino pi generica di quella dichiarata incostituzionale da questa Corte
con sentenza n.
34 del 1995 per violazione del principio di legalit di cui allart. 7-bis, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1989,
n. 416, convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1990, n. 39, che
puniva lo straniero il quale non si adoperasse per ottenere dalla competente
autorit diplomatica o consolare il rilascio del documento di viaggio
occorrente per lesecuzione del provvedimento di espulsione: e ci perch
mancherebbe, nella nuova norma, qualsiasi indicazione (presente invece nella
vecchia, sia pure in modo indeterminato) riguardo alla concreta attivit
richiesta allo straniero onde evitare di trattenersi nel territorio dello Stato
oltre il termine stabilito. N, a rendere lodierna fattispecie diversa da
quella gi dichiarata incostituzionale, varrebbe la previsione della non
punibilit dellinottemperanza per giustificato motivo: questultimo non
potrebbe consistere, difatti, nelle stesse difficolt che costituiscono il presupposto
dellordine del questore, pena la perdita di significato della norma, mentre
ragioni giustificative diverse (peraltro non agevolmente identificabili)
resterebbero di incidenza pratica affatto marginale; daltra parte, trattandosi
di requisito non attinente alla condotta incriminata, esso non potrebbe
comunque servire a renderla meno indeterminata.
Anche qualora si adottasse,
peraltro, una lettura allargata del concetto di giustificato motivo,
comprensiva delle difficolt esecutive che stanno alla base dellordine del
questore, la norma impugnata resterebbe secondo le ordinanze in esame
ugualmente lesiva dei principi costituzionali: giacch, da un lato, la polizia
giudiziaria non sarebbe tenuta a verificare lesistenza del giustificato motivo
in sede di accertamento del reato, con riflessi negativi sulla libert
personale dellinteressato in rapporto al regime di arresto obbligatorio
previsto dallart. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286 del 1998; e, dallaltro lato, si
verificherebbe una pericolosa inversione dellonere della prova, in
violazione del diritto di difesa sancito dallart. 24, secondo comma, Cost.:
violazione che questa Corte aveva pure ravvisato nella citata sentenza n. 34 del 1995, in
rapporto allart. 7-bis
del decreto-legge n. 416 del 1989.
2. Le questioni non sono
fondate.
2.1. Quanto alle denunce di
violazione del principio di determinatezza della fattispecie penale, il
relativo dubbio ha motivo di porsi, in effetti, unicamente in rapporto alla
clausola negativa, a carattere elastico, senza giustificato motivo, che
figura nella descrizione dellipotesi criminosa: per il resto ed in positivo,
difatti, la condotta omissiva incriminata dallart. 14, comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 si presenta a differenza
di quella gi repressa dallart. 7-bis, comma 1, del decreto-legge n. 416 del 1989
pienamente definita sul piano contenutistico, ivi incluso il profilo temporale,
consistendo nel mancato abbandono del territorio dello Stato da parte dello
straniero nei cinque giorni successivi alla ricezione del relativo ordine.
evidente, nondimeno, come nella prospettiva dei giudici rimettenti il difetto
di determinatezza della clausola in questione travolgerebbe comunque lintera
fattispecie criminosa, stante il ruolo chiave che anche a fronte dei
particolari presupposti dellordine sanzionato detta clausola assolverebbe
nella determinazione dei limiti dellinadempienza penalmente rilevante.
Cos puntualizzato loggetto
dellindagine, giova peraltro osservare come la formula senza giustificato
motivo e formule ad essa equivalenti od omologhe senza giusta causa,
senza giusto motivo, senza necessit, arbitrariamente, ecc. compaiano
con particolare frequenza nel corpo di norme incriminatrici, ubicate tanto
allinterno dei codici (cfr. artt. 616, 618, 619, 620, 621, 622, 633, 652, 727,
731 cod. pen.; artt. 111, 113, 117, 123, 124, 125, 147, 148, 151, 243 cod. pen.
mil. pace; artt. 63, 94, 96, 100,
101, 126, 145, 146, 151, 168, 170, 184, 185, 218, 221, 222 cod. pen. mil.
guerra) che in leggi speciali (cfr., ex plurimis, art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110; art. 5
della legge 22 maggio 1975, n. 152; art. 180 del d.lgs. 24 febbraio 1998, n.
58; art. 56 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274; nonch art. 6, comma 3, dello
stesso d.lgs. n. 286 del 1998), e descrittive di reati di natura non soltanto
commissiva, ma anche omissiva, quale quello in esame (cfr., ad esempio, artt.
652 e 731 cod. pen.; artt. 113, 117, 123, 125, 147, 148, 151, 243 cod. pen.
mil. pace; art. 108 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361; art. 89 del d.P.R. 16
maggio 1960, n. 570; art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998).
Dette clausole sono destinate in
linea di massima a fungere da valvola di sicurezza del meccanismo repressivo,
evitando che la sanzione penale scatti allorch anche al di fuori della
presenza di vere e proprie cause di giustificazione losservanza del precetto
appaia concretamente inesigibile in ragione, a seconda dei casi, di
situazioni ostative a carattere soggettivo od oggettivo, di obblighi di segno
contrario, ovvero della necessit di tutelare interessi confliggenti, con rango
pari o superiore rispetto a quello protetto dalla norma incriminatrice, in un
ragionevole bilanciamento di valori.
Il carattere elastico della
clausola si connette, nella valutazione legislativa (come rileva, del resto, lo
stesso Tribunale di Torino nella prima delle sue ordinanze di rimessione), alla
impossibilit pratica di elencare analiticamente tutte le situazioni
astrattamente idonee a giustificare linosservanza del precetto. Una simile
elencazione sconterebbe immancabilmente a fronte della variet delle
contingenze di vita e della complessit delle interferenze dei sistemi
normativi il rischio di lacune: lacune che, peraltro, tornerebbero non a
vantaggio, ma a danno del reo, posto che la clausola in parola assolve al
ruolo, negativo, di escludere la punibilit di condotte per il resto
corrispondenti al tipo legale.
La frequenza dellimpiego di una
determinata formula nella legislazione ordinaria non equivale ancora,
ovviamente, ad una patente di legittimazione sul piano costituzionale:
rimanendo ferma, al contrario, lesigenza di accertare, in relazione al singolo
contesto di utilizzo, che la locuzione de qua in quanto incidente, sia pure in negativo, sulla
delimitazione dellarea dellilliceit penale non ponga la norma
incriminatrice in contrasto con il fondamentale principio di determinatezza,
rimettendo di fatto allarbitrio giudiziale la fissazione dei confini
dintervento della sanzione criminale.
Deve essere peraltro di guida, in
tale indagine, il criterio, reiteratamente affermato da questa Corte, per cui
la verifica del rispetto del principio di determinatezza va condotta non gi
valutando isolatamente il singolo elemento descrittivo dellillecito, ma
raccordandolo con gli altri elementi costitutivi della fattispecie e con la
disciplina in cui questa si inserisce. Linclusione nella formula descrittiva
dellillecito penale di espressioni sommarie, di vocaboli polisensi, ovvero
come nella specie di clausole generali o concetti elastici, non comporta un
vulnus del parametro
costituzionale evocato, quando la descrizione complessiva del fatto incriminato
consenta comunque al giudice avuto riguardo alle finalit perseguite
dallincriminazione ed al pi ampio contesto ordinamentale in cui essa si
colloca di stabilire il significato di tale elemento, mediante unoperazione
interpretativa non esorbitante dallordinario compito a lui affidato: quando
cio quella descrizione consenta di esprimere un giudizio di corrispondenza
della fattispecie concreta alla fattispecie astratta, sorretto da un fondamento
ermeneutico controllabile; e, correlativamente, permetta al destinatario della
norma di avere una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo
valore precettivo (cfr., ex plurimis, sentenze n. 34 del
1995; n. 31
del 1995; n.
122 del 1993; n.
247 del 1989; v., altres, sentenza n. 263 del
2000; ordinanza
n. 270 del 1997).
2.2. Il criterio suddetto appare
rispettato nel caso di specie. Contrariamente a quanto sostenuto dai
rimettenti, e in particolare dal Tribunale di Ferrara, la valenza della
clausola senza giustificato motivo riceve infatti adeguata luce dalla
finalit dellincriminazione e dal quadro normativo su cui essa si innesta.
Sotto il primo profilo, deve
tenersi conto della circostanza che la norma incriminatrice, mirando a rendere
effettivo il provvedimento di espulsione, persegue lobiettivo di rimuovere
situazioni di illiceit o di pericolo correlate alla presenza dello straniero nel
territorio dello Stato, nella cornice del pi generale potere che al
legislatore indubbiamente compete di regolare la materia dellimmigrazione,
in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi
problemi connessi a flussi migratori incontrollati (cfr. sentenza n. 105 del
2001): avendo detto provvedimento come presupposto, a mente dellart. 13,
commi 1 e 2, del d.lgs. n. 286 del 1998, motivi di ordine pubblico o di
sicurezza dello Stato, nel caso di espulsione disposta dal Ministro
dellinterno; ovvero, la condizione di clandestinit (ingresso nel territorio
dello Stato con elusione dei controlli di frontiera), irregolarit (carenza di
valido permesso di soggiorno) o pericolosit sociale dello straniero
(appartenenza a talune delle categorie indicate nellart. 1 della legge 27
dicembre 1956, n. 1423, o nellart. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575), nel
caso di espulsione disposta dal prefetto. Situazioni, queste, alle quali
lordinamento peraltro reagisce, di regola come ricordano e sottolineano gli
stessi rimettenti con laccompagnamento immediato dello straniero alla
frontiera a mezzo della forza pubblica o, in subordine, con il suo
trattenimento in un centro di permanenza temporanea; salvo ricorrere in via
di eccezione al meccanismo dellintimazione penalmente sanzionata, quando
sussistano speciali ragioni impeditive, legalmente tipizzate.
Sotto il secondo profilo,
listituto dellespulsione si colloca in un quadro sistematico che, pur nella
tendenziale indivisibilit dei diritti fondamentali, vede regolati in modo
diverso anche a livello costituzionale (art. 10, terzo comma, Cost.)
lingresso e la permanenza degli stranieri nel Paese, a seconda che si tratti
di richiedenti il diritto di asilo o rifugiati, ovvero di c.d. migranti
economici. E cos, per laspetto che qui interessa, mentre il pericolo di
persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di
religione, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali preclude
lespulsione o il respingimento dello straniero (art. 19, comma 1, del d.lgs.
n. 286 del 1998), analoga efficacia paralizzante negata, in linea di
principio, alle esigenze che caratterizzano la seconda figura.
In simile prospettiva, la clausola
in questione, se pure non pu essere ritenuta evocativa delle sole cause di
giustificazione in senso tecnico lettura che la renderebbe pleonastica, posto
che le scriminanti opererebbero comunque, in quanto istituti di ordine generale
ha tuttavia riguardo a situazioni ostative di particolare pregnanza, che
incidano sulla stessa possibilit, soggettiva od oggettiva, di adempiere
allintimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa; non
anche ad esigenze che riflettano la condizione tipica del migrante economico,
sebbene espressive di istanze in s e per s pienamente legittime, sempre che
come ovvio non ricorrano situazioni riconducibili alle scriminanti previste
dallordinamento.
Il coordinamento della norma
incriminatrice con le altre disposizioni del d.lgs. n. 286 del 1998 (si pensi,
ad esempio, alle indicazioni ricavabili, anche a contrario sensu, dallart. 19, in tema di divieti di
espulsione e respingimento) e con gli ulteriori testi normativi riguardanti lo
straniero offre daltro canto puntuali agganci, onde riempire di pi precisi
contenuti la clausola considerata. In particolare per quanto attiene al
profilo di maggior rilievo, anche ai fini della risoluzione degli odierni
incidenti di costituzionalit i motivi che a mente dellart. 14, comma 1, del
d.lgs. n. 286 del 1998 legittimano la pubblica amministrazione a non procedere,
in deroga al drastico imperativo di cui allart. 13, comma 4 (lespulsione
sempre eseguita ), allaccompagnamento coattivo dello straniero alla
frontiera necessit di soccorso; difficolt nellottenimento dei documenti
per il viaggio; indisponibilit di vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo
(non, per, ovviamente, la mera difficolt di accertare lidentit o la
nazionalit dello straniero, che debbono presumersi a lui ben note) non
possono non costituire sicuri indici di riconoscimento di situazioni nelle
quali pu ravvisarsi, per lo straniero, la sussistenza di giustificati motivi
per non ottemperare allordine del questore. E ci in specie (ad
impossibilia nemo tenetur)
quando linadempienza dipenda dalla condizione di assoluta impossidenza dello
straniero, che non gli consenta di recarsi nel termine alla frontiera (in particolare
aerea o marittima) e di acquistare il biglietto di viaggio; ovvero dipenda dal
mancato rilascio, da parte della competente autorit diplomatica o consolare,
dei documenti necessari, pure sollecitamente e diligentemente richiesti
(conclusioni, queste, sulle quali concorda, in effetti, la giurisprudenza di
merito largamente maggioritaria).
Non pu negarsi che, in questo
particolare contesto come segnalano i giudici a quibus la formula senza giustificato motivo
riduce notevolmente, in fatto, lambito applicativo della norma incriminatrice.
Nel sistema della legge, in effetti e prescindendo dalle deviazioni della
prassi cui pure accennano i rimettenti, le quali, proprio perch contrastanti
con la norma, non potrebbero comunque influire sulla valutazione della stessa
lordine di allontanamento viene emesso, in surroga dellaccompagnamento,
proprio nei casi in cui il destinatario versa in una situazione di rilevante
difficolt ad adempierlo.
Si tratta peraltro di fenomeno
che, per un verso, discende non dalla sola norma incriminatrice denunciata, ma
dallarchitettura complessiva della nuova disciplina dellespulsione, di cui
detta norma costituisce un semplice e conclusivo tassello; e, per un altro
verso, incide comunque sul piano dellopportunit delle scelte
politico-criminali sottese a tale disciplina, e non su quello della loro
legittimit costituzionale.
2.3. Le considerazioni da ultimo
svolte valgono, per altro verso, a rendere palese linsussistenza dei profili
di contrasto con gli artt. 2, 3 e 27 Cost. dedotti nella prima ordinanza del
Tribunale di Torino.
Della eventualit, infatti, che
lottemperanza allordine del questore risulti concretamente inesigibile
anche, ed in primis, per
la ragione indicata dal giudice a quo: ossia per la pratica impossibilit, in cui si trovi
lo straniero, di munirsi di documenti e di biglietto di viaggio nel breve
termine di cinque giorni il legislatore si fatto carico proprio con la
clausola senza giustificato motivo, la quale esclude la configurabilit del
reato in una simile eventualit. La norma impugnata, pertanto, non delinea
alcuna ipotesi di responsabilit oggettiva, n prefigura un trattamento
irragionevolmente parificato di situazioni eterogenee (quali quelle dello
straniero che in grado di adempiere allintimazione e dello straniero che non
lo ).
2.4. Esclusa la configurabilit
di un vulnus al principio
di determinatezza, cade, di riflesso, anche la correlata censura di violazione
del diritto di difesa, sotto il profilo della non conoscibilit a priori delle situazioni idonee ad integrare il
giustificato motivo, da parte del destinatario del precetto.
N, daltra parte, pu
condividersi lassunto per cui la clausola in parola implicherebbe
uninversione dellonere della prova in danno dellimputato. Sintende,
infatti, che, come in tutti gli altri casi in cui compare la formula senza
giustificato motivo fermo restando il potere-dovere del giudice di rilevare
direttamente, quando possibile, lesistenza di ragioni legittimanti linosservanza
del precetto penale lo straniero avr, dal canto suo, un semplice onere di
allegazione dei motivi non conosciuti n conoscibili dal giudicante. Nellun
caso e nellaltro ossia tanto nel caso di rilievo ex officio che in quello di allegazione da parte
dellimputato le situazioni integrative del giustificato motivo si
tradurranno, quindi, in altrettanti temi di prova per le parti e per i poteri
officiosi del giudice.
Priva di fondamento risulta, per
il resto, la doglianza inerente al fatto che la polizia giudiziaria non sarebbe
tenuta a (n qualificata per) apprezzare la sussistenza del giustificato
motivo in occasione dellarresto dello straniero per il reato in esame. A
prescindere dal rilievo che la censura appare riferibile pi al trattamento
processuale della fattispecie criminosa (e, in particolare, alla previsione
dellarresto obbligatorio) non posto in discussione in questa sede - che non
alla definizione legale del tipo, si deve osservare, in contrario, che lart.
385 cod. proc. pen. esclude in via generale larresto quando, tenuto conto
delle circostanze, il fatto appare compiuto nelladempimento di un dovere o
nellesercizio di una facolt legittima, ovvero in presenza di una causa di non
punibilit: e la stessa regola non pu non valere, a fortiori, quando si tratti, come nella specie, di
elemento negativo interno allo stesso fatto tipico.
2.5. Quanto, infine, alla
dedotta violazione dellart. 97 Cost., la giurisprudenza di questa Corte
costante nel ritenere che il principio del buon andamento della pubblica
amministrazione, pur potendo riferirsi anche allamministrazione della
giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti lordinamento degli
uffici giudiziari e il loro funzionamento sotto laspetto amministrativo,
mentre del tutto estraneo allesercizio della funzione giurisdizionale (cfr.,
ex plurimis, sentenza n. 115 del
2001; ordinanze
n. 458 del 2002 e n. 152 del 2000).
per
questi motivi
LA
CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimit
costituzionale dellart. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
(Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dellimmigrazione e
norme sulla condizione dello straniero), aggiunto dallart. 13, comma 1, della
legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche alla normativa in materia di
immigrazione e di asilo), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25, 27
e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Ferrara e dal Tribunale di Torino con
le ordinanze in epigrafe.
Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2004.